lazzaro spallanzani e louis pasteur

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lazzaro spallanzani e louis pasteur
ANTONIO CASOLARI
LAZZARO SPALLANZANI
E LOUIS PASTEUR
LA TEORIA DELLA GENERAZIONE SPONTANEA
E’ STATA CONFUTATA DA SPALLANZANI,
NON DA PASTEUR
INDICE
Premessa … 7
Introduzione… 15
Nota biografica su Lazzaro Spallanzani…17
Nota biografica su Louis Pasteur… 23
CAPITOLO 1 _ La teoria della generazione spontanea… 27
CAPITOLO 2 _ La sterilità e la generazione spontanea … 37
CAPITOLO 3 _ Turbervill Needham…45
CAPITOLO 4 _ Lazzaro Spallanzani…49
4.1 _ La termoresistenza microbica… 51
4.2 - La sterilità delle infusioni……53
4.3 _ La ‘forza vegetatrice’… 57
4.4 – L’ultima obiezione di Needham… 59
4.5 -_ I microscopi… 63
4..6 _ La teoria della generazione spontanea é confutata… 69
CAPITOLO 5 _ Sterilizzazione e pastorizzazione…71
CAPITOLO 6 _ Pasteur e la generazione spontanea… 77
CAPITOLO 7_ Osservazioni alle esperienze di Pasteur… 83
7.1 _ Impiego di una sola soluzione colturale… 85
7.2 _ La soluzione impiegata da Pasteur é acida… 87
7.3
_ Eucarioti e procarioti… 93
7.4 _ Fermentescibilità della soluzione di Pasteur… 97
7.5 _ La soluzione impiegata da Pasteur non é sterile…100
7.6 _ Perché un trattamento di 2-3 minuti a 100°…103
7.7 _ Contaminazione dell’aria…109
7.8 _ Particelle solide disseminate nell’aria…113
7.9 _ Esperienze con ‘aria calcinata’… 117
7.9.1 _ Aria ‘calcinata’ e urina…124
7.9.2 _ Aria ‘calcinata’ e latte… 125
7.10 _ Palloni a collo ritorto… 127
7.11_Termoresistenza delle mucedinées’… 139
7.12 _ ‘Gas, fluid diverses’…141
7.13 _ Appert…143
7.14 _ ‘…nutrition des mucedinées’…145
7.15 _ Observation verbales… 147
7.16 _ Premio Alhumbert… 149
CAPITOLO 8 _ Storia della scienza, whig o anti-whig… 151
CONCLUSIONI…159
Tabella 1 … 165
Bibliografia…167
APPENDICI
Attribuzioni della ‘confutazione’a Pasteur…175
Contestazioni ad alcuni testi di storia della scienza…181
F. Crick…181
J. Rostand…183
W. Bernardi…186
In copertina: Batterio anaerobio Clostridium botulinum, a 1.250 ingrandimenti.
Disegni ed elaborazioni al computer: Laura Botti.
Ai miei Genitori,
scandianesi
PREMESSA
A metà degli anni ’70 un amico di Reggio Emilia, biologo anche lui, mi lasciò in
custodia per qualche tempo le Opere di Lazzaro Spallanzani. Alcune parti mi
sorpresero in modo particolare, perché mi resi conto con entusiasmo, che Spallanzani
aveva sperimentato - per la prima volta forse, nella storia della scienza – la resistenza
dei microrganismi al calore. Ero in grado di avere un’opinione piuttosto precisa in
merito, visto che stavo facendo determinazioni di resistenza microbica al calore da
una quindicina d’anni, impiegando microrganismi diversi, e le diverse tecniche
sperimentali. Lavoravo al Centro Studi sulla Sterilizzazione, di cui il Consiglio
Nazionale delle Ricerche aveva dotato la Stazione Sperimentale di Parma. Tuttavia,
in quegli anni ero molto preso, affondato, nello studio di una teoria che potesse
spiegare molti aspetti proprio della resistenza microbica agli agenti fisici e chimici. E
così rimandai l’approfondimento delle esperienze di Spallanzani.
Alcuni anni or sono, rilessi i Pensieri di un biologo di Jean Rostand; rimanendone una
seconda volta molto colpito. Ciò che m’indusse a ritornare ad un secondo Rostand:
Lazzaro Spallanzani e le Origini della Biologia Sperimentale. Di nuovo rimasi
affascinato dalla perizia che Spallanzani dimostrò nel fare esperienze che potessero
confutare la dottrina della generazione spontanea.
Mi convinsi, rileggendo Rostand, che Spallanzani aveva davvero eseguito
osservazioni fondamentali, per la soluzione della questione. Sembrava però che il suo
competitore principale, Turbervill Needham, i suoi contemporanei e lo stesso
Rostand, tra gli altri, non se ne fossero resi completamente conto. In più, lo stesso
Rostand, pur profondendo lodi senza fine all’operato del nostro grande scienziato,
attribuiva il merito di aver confutato la tesi della generazione spontanea, al suo
connazionale Pasteur. Eppure, scorrendo i cenni che Rostand faceva alle esperienze
del grande chimico-biologo francese, mi sorse qualche dubbio. É chiaro che non ci si
può avvicinare all’operato del grande Pasteur, se non con estremissima cautela. Prima
andai quindi a leggermi la traduzione delle sue opere curata dal nostro famoso
biologo O. Verona (Opere di Louis Pasteur, UTET, 1972); poi cercai le opere
originali. All’Institut Pasteur di Parigi, trovai la raccolta delle Opere curata dal nipote
Pasteur Vallery-Radot, pubblicata nel 1922. Stampai tutto ciò che mi pareva più
interessante. Più avanti, recuperai tutta l’opera; e lessi quanto Pasteur aveva
sperimentato per confutare la generazione spontanea. É forse inutile dire che mi
convinsi in modo definitivo – seppure non senza esitazione - che tutte le esperienze
intraprese da Pasteur per confutare la generazione spontanea, erano sbagliate. Pasteur
aveva fatto esperienze inutili, proprio come sostenevano alcuni suoi competitori al
premio Alhumbert – tuttavia inascoltati dall’Académie des Sciences. Aveva cercato
di dimostrare, senza peraltro riuscirci, che erano nell’aria, i microrganismi che
crescevano nelle infusioni degli eterogenisti. Alcune esperienze erano piuttosto
spettacolari, e si prestavano parecchio ad incantare i presunti savants dell’epoca, che
riuniva alla Sorbona (1864), o alla Société chimique de Paris (1861), sorprendendo la
loro inesperienza, e conquistandoli alla sua convinzione personale.
Diversi storici, oltre a Pasteur stesso, avevano affermato che non esisteva alcuna
esperienza che potesse confutare definitivamente la generazione spontanea.
Eppure, intuivo che Spallanzani aveva risolto il problema; ma come, con quale
esperimento?
Dopo qualche tempo, compresi finalmente che tale esperimento era proprio l’aver
eseguito quella prima determinazione di resistenza dei microrganismi al calore: aveva
ottenuto lo splendido risultato, che dopo 45 minuti di trattamento termico, le sue
infusioni erano divenute sterili. Ecco qual' era l’experimentum crucis che aveva
eseguito Spallanzani; quell’esperimento giudicato impossibile. Aveva dimostrato che
esisteva la sterilità, e che tale condizione si manteneva nel tempo. La sterilità, infatti,
é incompatibile con la generazione spontanea; non sarebbe possibile per definizione,
mantenere sterile un substrato - adatto allo sviluppo microbico - se da un momento
all’altro potesse crescervi – spontaneamente o no – anche un solo microrganismo. Le
due condizioni biologiche sono assolutamente incompatibili: o sterilità o generazione
spontanea. Non esiste prova migliore dell’innammissibilità della generazione
spontanea. Valevole ovunque, e in ogni tempo storico. Concettualmente e in sostanza
inequivocabile.
Dunque Spallanzani aveva confutato davvero in modo ‘inequivocabile’ la dottrina
della generazione spontanea. Non so se lui n’ebbe la completa consapevolezza. Ma é
certo molto probabile. Visto che con le sue esperienze aveva inseguito le obiezioni di
Needham una dopo l’altra, istituendo tutte le esperienze più appropriate, in modo che
non rimanessero dubbi sulla completa disfatta dell’inglese e della sua teoria. Furono
piuttosto i suoi contemporanei, e gli sperimentatori dell’800, Pasteur compreso, oltre
agli storici della scienza dell’epoca – a partire almeno dal 1870 (Strick, 2003) - e i
nostri contemporanei, a non aver capito il risultato ottenuto da Spallanzani. Rostand,
ad esempio, non era l’unico biologo, né l’unico storico della scienza a ritenere che
invece il merito della confutazione della generazione spontanea andasse a Pasteur;
anzi, da una breve inchiesta ho potuto facilmente verificare come in pratica la totalità
delle enciclopedie, dei testi scolastici, di quelli di storia della biologia e della
microbiologia; di storia della scienza, fossero tutti della stessa opinione di Rostand
(in Appendice é riportata una breve raccolta di affermazioni in tal senso, tratte da una
varietà di testi a grande diffusione, scolastici, universitari, scientifici,ecc.).
Ma Pasteur, non aveva proprio data nemmeno una seconda soluzione al
problema?Allora, ripresi a leggere e riflettere.
Stranamente, pareva che nessun microbiologo si fosse presa la responsabilità di
analizzare da vicino le esperienze dello Spallanzani; e nemmeno avesse notato che
quelle di Pasteur, erano così vacue, così senza senso; e così evidentemente errate.
Erano citate le 'magistrali’ esperienze di Pasteur con i palloni a collo di cigno, senza
spiegare perché con queste esperienze si dovesse ritenere che la generazione
spontanea fosse definitivamente confutata. Come se i lettori fossero in grado di
comprendere, autonomamente, indipendentemente dalla loro preparazione, questo
grande mistero, dei lunghi colli ritorti. Quando invece, a ben (microbiologicamente)
vedere, tali esperienze non provavano nulla.
La ragione, sottintesa da chi affermava che Pasteur aveva confutata la teoria della
spontaneità dell'insorgenza dei microrganismi, con le sue 'magistrali’ esperienze, era
che Pasteur aveva dimostrato, secondo costoro, che i microrganismi erano nell'aria;
ed era dall'aria, e da tutto ciò che poteva venire a contatto con l'aria, che i
microrganismi entravano nei dispositivi sperimentali utilizzati dai sostenitori
dell'eterogenesi e/o dell'abiogenesi, traendoli in inganno, viziando le loro esperienze,
promuovendo sviluppi microbici da contaminazione; ma non per spontaneismo. Allo
stesso tempo, sembrava che nessuno si fosse mai chiesto: ma come mai i
microrganismi sono presenti nell'aria, da dove provengono? Saranno pur nati da
qualche parte. Hanno origine proprio nel fango, nelle sostanze vegetali e animali in
decomposizione, e sono trasportati dopo nell'aria, sollevati dal terreno ad opera del
vento? Ma in queste sostanze organiche in decomposizione, hanno origine
spontaneamente o da genitori uguali a loro? Insomma, apparentemente non ci si era
resi conto che, anche se si fosse dimostrato che con un’elevata probabilità era proprio
l’aria contaminata da microrganismi ad inficiare le esperienze dei cultori della
generazione spontanea, questi 'contaminanti’ dovevano pur aver avuto origine da
qualche parte. E l’alternativa persisteva intatta. Quindi, l'eventuale dimostrazione
della presenza dei microrganismi nell'aria, cui Pasteur aveva dedicato circa un lustro
di esperimenti, non confutava assolutamente niente; spostava solamente il problema,
fisicamente e logicamente.
Nella letteratura scientifica, non c'era un’analisi corretta, puntuale degli esperimenti
dei due studiosi; ma si trovavano solo deformazioni degli aspetti sperimentali – forse
per insipienza –delle esperienze di Spallanzani; e addirittura cecità, impreparazione
professionale e culturale; gregarismo; mancanza della capacità di un minimo
esercizio logico, verso i risultati ottenuti da Pasteur.
Decisi così che avrei dovuto esprimere questa mia opinione; che avrei potuto osare,
visto che per la mia più che trentennale attività di ricerca sulla microbiologia della
sterilizzazione con quasi qualunque mezzo fisico (dal calore, alle radiazioni
ultraviolette, alle radiazioni ionizzanti da cobalto-60) e chimico (iodio, bromo, cloro;
disinfettanti; antimicrobici, conservanti; ecc.); oltre che di studio dei fattori chimicofisici che condizionano lo sviluppo microbico (pH, acidità, attività dell'acqua e
pressione osmotica, temperatura, componenti nutrizionali solubili, inibitori diversi,
ecc.), potevo ritenere di aver acquisito le conoscenze e l’esperienza necessarie e
sufficienti. Inoltre, attribuire al mio concittadino Spallanzani un merito
supplementare, mi faceva particolarmente piacere: non che fosse proprio necessario,
visto che é famoso dall’Alaska alla Nuova Zelanda; ma visto che gli spettava anche
questo merito, perché non cercare di restituirglielo?
Ma l’icona Pasteur é piuttosto intoccabile; lo strapotere degli storici della scienza,
anche.
Ecco perché ho scritto tutto ciò che segue.
Antonio Casolari
Nota - Per facilitare la comprensione dei principali fenomeni connessi all’attività
microbica, così spesso richiamati nel testo, sono stati aggiunti, in Appendice, brevi
Appunti di microbiologia (con frequenti richiami alla microbiologia alimentare, per
diversi aspetti, particolarmente prossima ai temi trattati), che potrebbero costituire
utili riferimenti.
Note biografiche. Spallanzani e Pasteur: due modi differenti di fare scienza.
Spallanzani studia un numero straordinario di fenomeni; verifica le sue osservazioni
confrontando fra loro una quantità di soggetti, d’organismi diversi, e ripete le sue
osservazioni un numero infinito di volte. Pasteur si accontenta di poche osservazioni,
anche una sola, in una sola circostanza, collega fra loro le osservazioni di altri
studiosi, fidandosi di un fiuto per la verità dei fatti, del tutto singolare; dice del resto:
“Il caso favorisce solamente le menti preparate.”. (Geison, 1995).
Lazzaro Spallanzani.
Lazzaro Spallanzani é nato a Scandiano di Reggio Emilia, nel 1729, da Lucia
Zigliani e Gian Nicola, noto giureconsulto. Dopo gli studi di filosofia al Collegio dei
Gesuiti di Reggio Emilia, é avviato agli studi di giurisprudenza, che però abbandona
nel 1752. Si dedica agli studi di matematica e fisica, incoraggiato dalla cugina, la
famosa Laura Bassi (fisica, matematica e filosofa all'Università di Bologna). Nel
1754 insegna filosofia e letteratura nello stesso Collegio di Reggio. “ .. dal 1757 al
1759, dai ventotto ai quarant'anni, Spallanzani insegnò fisica, prima all'Università di
Reggio, poi in quella di Modena. A Reggio tenne la cattedra di fisica e matematica
per sei anni accademici, dal 1757-58 al 1762-63, insegnando contemporaneamente il
greco al Seminario Collegio; a Modena fu dal 1763 al 1769 lettore di filosofia
all'Università e insegnante di greco e matematica nel Collegio San Carlo. ..
dimostrandosi un newtoniano convinto.” (Cavazza, 2000). Nel 1760 inizia gli studi di
biologia, dedicandosi agli animaletti delle infusioni. La sua prima pubblicazione
sull'argomento ('Saggio di osservazioni microscopiche concernenti il sistema della
generazione, dei Signori di Needham e Buffon', del 1765) gli procura subito il
consenso e la stima degli studiosi europei, con molti dei quali entra in contatto
epistolare. Gli vengono offerte diverse cattedre Universitarie, ma preferisce restare a
Modena, vicino ai suoi (Castellani, 1978).
Nel 1770 é chiamato a ricoprire la cattedra di Scienze Naturali all'Università di Pavia.
Qui compirà la maggior parte delle sue ricerche. Ebbe riconoscimenti e fama
considerevoli. Fece parte di pressoché tutte le Accademie d'Europa. Nel 1796 gli fu
offerta la cattedra di Storia Naturale a Parigi, ma Spallanzani rifiutò per l'età
avanzata.
In tutta la sua attività di studio, Spallanzani cercò sempre di riprodurre artificialmente
i fenomeni naturali, al di fuori dell’organismo, isolandone gli aspetti chimici e fisici,
come a dimostrare ch'erano separati da ipotesi che li caratterizzassero come propri di
un non ben identificato principio vitale, biologico.
Come metodo generale, Spallanzani confidò costantemente nella molteplicità dei
soggetti, impiegando diversi animali, diverse modalità di ricerca, e una quantità
'esagerata’ (Hunter) di ripetizioni.
Le sue principali osservazioni scientifiche possono essere considerate le seguenti:
1 – Confutazione della teoria della generazione spontanea degli infusori.
2 – Resurrezione dei rotiferi, dei tardigradi e delle anguilline, dopo completa
disidratazione. Altri autori avevano osservato che i rotiferi possono ritornare vitali,
dopo protratta essiccazione. Spallanzani ha dimostrato che non si tratta di vita
'latente', interrotta, ma di vera morte: “..rimane tolta per intero la vita..”; infatti prova
che tali organismi ritornano vitali anche dopo esposizione, disidratati, a diversi fattori
letali, quali congelamento, vuoto, canfora, fumi di zolfo, olio, aceto, inchiostro, urina,
acquavite, vetriolo. Tale resurrezione può essere ripetuta fino a 15 volte. Diversi
autori hanno dimostrato, fin dopo la metà del 1900, che organismi microscopici
possono essere essiccati, o mantenuti in aria liquida per diverso tempo, e poi
riprendere vitalità dopo molti anni con la reidratazione o con il ritorno a temperatura
ambiente. Per i microrganismi, la liofilizzazione e la conservazione allo stato
congelato, e la persi-stenza della vitalità sono assolutamente comprovate. Spallanzani
aveva ragione.
3 - Rigenerazione di tessuti negli animali: Con un'ampia serie di esperienze,
osserva che si rigenerano naturalmente, dopo asportazione, le zampe e la coda del
girino; la testa delle lumache; gli arti del tritone: nelle zampe, in cui Spallanzani
conta 99 ossa, si rigenerano tutte le ossa, i tendini, le ghiandole, i vasi, i nervi.
4 – Circolazione sanguigna (1768). Spallanzani descrive i movimenti di
allungamento (diastole) e accorciamento (sistole) cardiaco; il passaggio del sangue
dalle arterie alle vene, tramite i capillari; descrive gli eritrociti e scopre i leucociti;
rileva che nella salamandra é possibile interrompere l'aorta per 20 ore con legatura,
quindi riattivarla; tritoni e rane sono più sensibili all'ablazione del cervello che del
cuore.
5 – Digestione (1780). La digestione artificiale era stata già tentata da Réaumur.
Spallanzani estrae il succo gastrico dallo stomaco – a digiuno, quando nelle 'galline
d'india’ e nelle oche ce n'è di più - pone il succo a contatto con carne o con frumento,
lo tiene sotto le ascelle, al caldo, e scopre che i succhi gastrici digeriscono gli
alimenti. La digestione avviene anche in vitro, senza il concorso di misteriose forze
vitali. I succhi sono attivi anche a 10°, di più a 22° e fino a 40-45°. Dimostra l'azione
dei succhi gastrici anche negli uccelli da preda – civetta, gufo, falco, aquila - oltre a
cornacchia, gatto, cane , rane, salamandre; e se stesso: inghiotte tubicini di legno
contenenti pezzetti di carne, recuperandoli, e analizzandone il contenuto.
6 - Animaletti spermaticì, o spermatozoi. Comincia a studiarli sul serio dal 1771:
quelli di cavallo, toro, coniglio, montone, uomo, carpa, rana, rospo, tritone. I risultati
che ottiene non sono particolarmente brillanti; sono soprattutto una preparazione alle
successive esperienze di fecondazione artificiale.
7 – La fecondazione artificiale (1770-1780). Spallanzani studia e realizza le prime
fecondazioni artificiali. Comincia con le rane verdi, poi i rospi, la rana arborea, il
rospo verde, i tritoni (salamandre acquatiche); poi una cagna; mette a contatto il
liquido seminale dei maschi con le uova, o i genitali delle femmine, e ottiene lo
sviluppo degli organismi completi. Pochi anni dopo, altri eseguiranno la
fecondazione artificiale nella specie umana. Spallanzani stabilisce diverse
caratteristiche del liquido spermatico (diluizione attiva, temperatura/tempo e vitalità,
ecc.). “L'esperienza della fecondazione artificiale .. era facile a concepirsi; il difficile
era di tradurla in pratica in modo chiaro e dimostrativo: questo fu il grande merito di
Spallanzani.” (Rostand, 1963).
8 - Esperienze sugli uccelli notturni: dimostrò che non é vero che gli uccelli
notturni riescono a vedere nel buio: possono vedere con una luce molto debole,
insufficiente per gli occhi umani, ma non nel buio totale.
SCOPRÌ invece che i pipistrelli era come vedessero nel buio più assoluto, grazie ad
un organo nuovo, non ancora descritto. Centocinquant’anni dopo (1920) si scoprirà
che i pipistrelli emettono un ultrasuono che, riflesso dagli ostacoli, viene percepito
dagli orecchi, segnalandone la presenza.
9 - Respirazione: scopre che tutti i tessuti respirano; il polmone é importante perché
nel polmone avviene lo scambio gassoso: ma la respirazione é un fenomeno generale
dei tessuti animali: uomo, lombrico, ape, farfalla, tritone, lucertola, pesci, rane,
cavallette, gamberi, sanguisughe, uccelli, mammiferi; la respirazione avviene in tutti i
tessuti di tutti gli animali.
10 - Ibernazione: marmotte, ricci, pipistrelli, topi muschiati, porcospini, topi
quercini, ghiri, con il raffreddamento dell'atmosfera, si ibernano. Spallanzani osservò
che non hanno il sangue eccessivamente freddo, ma comunque a temperature che
sarebbero letali in condizioni di vita normali; nell'ibernazione si ha un rallentamento
degli scambi gassosi, fino a non potersi più essere messo in evidenza; alcuni animali
ibernati possono sopravvivere per un certo tempo nel vuoto, in atmosfera d'azoto, a 12°C, ecc.
11 - Resistenza animale al freddo di rondini, passeri, fringuelli, cardellini, picchi
verdi, e tendenza alla migrazione.
12 - Luminescenza nelle lucciole, nelle meduse; osserva che la luminosità perdura
dopo la morte dell'animale; ritorna dopo umidificazione. PRIME esperienze fatte
sulla LUCE animale.
13 - Elettricità animale nelle torpedini.
14 - Geologo, petrografo e vulcanologo, é considerato uno dei fondatori della
vulcanologia. Rivela ai turchi l'esistenza di una miniera di rame nell'isola di Chalki, e
una di ferro nell'isola dei Principi. Fa un'ascensione sull'Etna durante un'eruzione,
fino al cratere. Misura la temperatura della lava. Descrive per primo l'ossidiana.
Spallanzani muore a Pavia nel 1799.
Louis Pasteur
Pasteur nasce nel 1822 a Dole, nel dipartimento del Jura, Francia orientale.
Dal 1829 al 1848 frequenta i normali corsi di studio ad Arbois e poi a Besancon.
Dal 1849 al 1854 insegna chimica alla Facoltà di scienze di Strasburgo; per 2 anni
come supplente, poi come titolare. In seguito (1854-1857) si trasferisce alla facoltà di
scienze di Lille, dove comincia ad occuparsi di questioni microbiologiche.
Come sono scolpiti nella cappella sepolcrale all'Institut Pasteur di Parigi, i suoi
maggiori campi di ricerca furono: (1) la disimmetria molecolare (1848); (2) le
fermentazioni (1857); (3) la generazione spontanea (1862); (4) gli studi sul vino
(1863); (5) le malattie del baco da seta (1865); (6) gli studi sulla birra (1871); (7) le
malattie virulente; (8) i vaccini-virali; (9) la profilassi della rabbia (1885).
1 - Isomeria ottica dei tartrati. Dal 1849 al 1857 Pasteur si dedica allo studio
dell'isomeria ottica dell'acido tartarico e dell'asimmetria dei cristalli di tartrato in
relazione alla loro attività ottica.
2 – Fermentazione alcoolica (1856), lattica (1857), acetica (1861). Nel 1857
intraprende l'attività sperimentale sulle malattie del vino e del sidro che si
trasformano in aceto, determinando gravi danni all'economia nazionale; scopre che
l'agente dell'acetificazione é il Mycoderma aceti; standardizza il processo di
acetificazione. Ottiene la stabilizzazione del vino (1865) mediante il modesto
trattamento termico di pochi minuti a 50-60°C (detto in seguito pastorizzazione).
Nello stesso periodo comincia a studiare il fenomeno della generazione spon-tanea.
3 – Insegnamento. Dal 1857 sarà direttore scientifico all'Ecole Normale di Parigi, per
una decina d'anni; quindi insegnerà Chimica alla Sorbona per almeno sette anni. Dal
1865 al '70, dirige il Laboratorio di chimica fisiologica all'Ecole Normale.
4 – Malattie del baco da seta. Dal 1865 al 1870 si occupa delle malattie del baco da
seta, che stavano provocando danni enormi all'economia nazionale, soprattutto al sud
della Francia. Scopre che un corpuscolo microscopico, presente nel baco da seta e
nella farfalla, si trasmette tramite le uova, infettando generazioni successive (più tardi
si é scoperto trattarsi non di un batterio, ma di un protozoo); trova il sistema di
controllare la malattia.
5 – La birra. Studia la possibilità di migliorare la produzione della birra (1871),
evitandone l'alterazione per acidificazione e putrefazione.
6 – Malattie infettive. Il concetto di malattia provocata e diffusa dai microrganismi
nei prodotti semplici, quali il vino, l'aceto, la birra, e poi nel baco da seta, lo inducono
a considerare allo stesso modo le malattie degli animali di maggiori dimensioni e
l'uomo stesso. Dal 1877 al 1895 si dedica allo studio dell' eziologia e della profilassi
di alcune malattie infettive, tra le quali il carbonchio nelle pecore, la cancrena
gassosa, il colera dei polli, l'osteomielite, le infezioni puerperali, l'erisipela dei maiali,
ed infine l'idrofobia. Davaine aveva visto (1850) nel sangue delle pecore morte di
carbonchio, dei bacilli che riteneva responsabili della malattia. Koch ne aveva viste le
spore, che resistevano nel terreno, infettando le pecore al pascolo. Pasteur e
collaboratori isolano il batterio (Bacillus anthracis) e si accorgono che i polli infettati
con il batterio sopravvivono quando la loro temperatura si eleva verso i 42-43°. Con
diversi passaggi a tali temperature, la virulenza delle colture in effetti si attenua.
Vengono compiute le prime prove di immunizzazione delle pecore, con risultati
positivi. Del tutto simili i risultati con le colture di colera dei polli, che attenuate,
seppure diversamente, perdono la virulenza, e proteggono i polli da infezioni con
ceppi virulenti. Si configura il principio dell'immunizzazione; e si conferma il
principio dell'origine microbica delle malattie. Pasteur intraprende gli studi sulle malattie umane.
Nel 1884 Pasteur presenta i principi generali della vaccinazione contro le malattie
virulente. Nel 1885 esegue la prima vaccinazione antirabbica sull'uomo, con esito
favorevole. La gloria di Pasteur é alle stelle. Viene fondato un Centro antirabbico a
Parigi, denominato Institut Pasteur.
6 – Institut Pasteur. Dal 1888 alla sua morte (1895) dirige l' Institut Pasteur di
Parigi.
Capitolo 1. La teoria della generazione spontanea.
Per secoli si era pensato che molti animali nascessero dalla materia inanimata; ossia
non da entità preformate come semi, uova, ecc., ma dal nulla, da una specie di
assemblaggio spontaneo delle molecole organiche liberate nell’ambiente dagli
organismi vegetali e animali in decomposizione. Ne era sorta la teoria della
cosiddetta generazione spontanea.
L’origine della teoria può essere fatta risalire ai pensatori greci, ma probabilmente
veniva ipotizzata anche molto tempo prima. Sembra sia stato Anassimandro (611-547
ac) a far riferimento per primo alla generazione spontanea, con chiarezza, affermando
che gli organismi acquatici emergevano da materia organica inanimata. Dello stesso
parere pare fossero Anassimene (588-524 ac) e Xenofane (576-480 ac), con
l’aggiunta che nel processo dovesse intervenire anche un’abbondante esposizione
solare. Pare che tale opinione fosse condivisa anche da Parmenide (544- ). In vario
modo, Empedocle (495-435), Democrito e Anassagora ritenevano possibile la
generazione degli organisni da materiali non più vitali. Aristotele (384-322 ac)
condivideva la tesi della spontaneità, e nella sua ‘Historia animalium’ sosteneva che i
molluschi e tutti gli animali non-copulanti si riproducevano appunto da materiale
organico in putrefazione, che conservava ancora una specie di calore vitale,
essenziale alla ricostituzione di organismi viventi [Cutler, 2002; Wilkins, 2004].
Sempre nella Storia degli animali, scrisse “.. alcuni animali nascono dai loro
genitori, altri crescono spontaneamente .. da materiale terrestre o vegetale in
putrefazione, e fra questi gli insetti; mentre altri si generano all’interno di animali,
dalle secrezioni di diversi organi…Tutti i testacei crescono per generazione
spontanea nel fango; .. le ostriche e le conchiglie nei fondali sabbiosi, le ascidie e i
cirripedi nelle cavità delle rocce .. alcuni insetti nascono sulle foglie cadute,
generalmente in primavera.. ma anche d’inverno, .. altri nel pelo degli animali, o
nelle loro carni, .. altri negli escrementi all’interno degli animali (elminti e vermi
intestinali) o all’esterno; .. ci sono delle triglie che saltano fuori dal fango e dalla
sabbia;.. alcuni pesci nascono spontaneamente, non da uova o
copulazione;”.(Aristotele, Libro V, cap. 1, 15, 19, 32). Teofrasto (circa 370-288 ac)
indica nella sua ‘Historia plantarum’, che una delle modalità di generazione delle
piante é quella spontanea; che però si verificherebbe per le erbe e le piccole piante
annuali e solo occasionalmente nelle piante di maggiori dimensioni; in sostanza, non
ne é molto convinto. Lucrezio (95-55 ac) scrisse nel ‘De Rerum Natura’ :” .. nihil
posse creare de nihilo..” (De Rerum Natura, I, 153-154), ma anche “... nunc etiam
existunt animalia terris, imbribus et calido solis concreta vapore.” (De rerum Natura,
V, 747-748).
Ovidio (43 ac – 17 dc) e Plinio (23-79 dc) pare fossero convinti che le rane – come
qualsiasi altro animale – potessero nascere dalle paludi con vapori malsani e gli
insetti dall’ambiente umido delle grotte. Luciano (117-180) riteneva che le mosche
fossero generate dal corpo umano. Pomponio Mela (.. 40 ) affermava che dalle acque
del Nilo nasceva ogni tipo di animale, dai pesci ai coccodrilli, ai grandi selvatici.
Ancora nel 1500, van Helmont (1579-1644), che mise sossopra il mondo
dell’alchimia e della chimica del tempo, e che godeva di un’enorme reputazione in
Europa, riteneva che le rane, le lumache e le sanguisughe si generassero
spontaneamente; addirittura diede la ricetta per la generazione dei sorci: “.. bisogna
mettere una camicia sporca dentro un vaso contenente del grano, ed entro circa 21
giorni il puzzo prodotto dalla camicia, mischiato all’odore del grano, avrebbe
trasformato il grano stesso in sorci.”. Addirittura Harvey (1578-1657) il cui
‘Exercitatio anatomica de cordis et sanguinis motu’ (1648) é ancora considerato un
testo esemplare di fisiologia sperimentale, affermava categoricamente che la ‘sponte
nascentia’ é una delle due modalità con le quali si generano gli animali (la seconda,
era dai genitori). Secondo Descartes (1596-1650) gli animali e i vegetali inferiori,
oltreché la vita stessa, si originavano per effetto del calore sui materiali organici in
putrefazione, con un processo esclusivamente fisico di accumulazione e
organizzazione. Maupertius (1698-1759) vi aggiunge una specie di memoria,
immanente nella compagine molecolare degli organismi in decomposizione, che ne
dirige la strutturazione in nuovi organismi. Kircher (1601-1680) ipotizzava che le
molecole fossero attratte le une alle altre, da una specie di energia vitale, persistente
anche nei materiali non più vitali.
La Chiesa si é sempre schierata per la generazione spontanea, dato che nella Bibbia
[Libro dei Giudici 14:8] si riferisce di api nate dalla carogna di un leone. Era anche
molto diffusa la sciocca convinzione religiosa, che ogni vivente avesse origine da
altri organismi necessariamente non più vitali: “Il seme deve morire prima che possa
dare origine alla nuova piantina.” (S. Paolo, lettera ai Corinzii); ancor oggi può
accadere di sentir ripetere questa citazione, soprattutto in occasione di cerimonie
funebri di rito cattolico; la qualcosa é con molta evidenza un’idiozia, poiché da un
seme morto, non crescerà mai una piantina nuova; chiunque può comprenderlo.
Ma le tradizioni sono sradicate sempre con molta difficoltà. Nel Medioevo
dominavano ancora le tesi di Aristotele; la dottrina della Chiesa non incoraggiava
certo l’indagine sperimentale. E così accadde che la teoria della generazione
spontanea, giunse ancora vitale dopo circa 2000 anni, ai piedi della rivoluzione
scientifica del 17° secolo.
Francesco Redi [1626-1697] intraprese nel 1668 una serie magistrale – e allo stesso
tempo elementare - di esperienze, che confutarono per la prima volta la tesi della
generazione spontanea, almeno negli insetti: “Cominciai col pensare che i vermi che
si trovavano così spesso sulle carni in decomposizione, derivavano dalle mosche.” E
cominciò le osservazioni i cui risultati furono pubblicati poi nelle ‘Esperienze intorno
alla generazione degli insetti’ (1688).
Fig.1_ L’esperienza di F. Redi: le larve delle mosche si sviluppano nelle ‘fiasche’ aperte, ma non in
quelle protette con garza dall’accesso delle mosche.
Redi dimostrò infatti che le larve non avevano origine dalla carne in decomposizione,
come si riteneva correntemente, ma dalle uova che vi erano state deposte sopra dalle
mosche.
Le esperienze di Redi furono di esemplare semplicità e chiarezza (Fig. 1), e forse
rappresentano davvero l’inizio della biologia sperimentale. Redi apprestò due serie di
fiasche a collo largo, e in fiasche diverse aveva introdotto carni di pesce, di anguille,
di serpi o di vitello, come substrato per lo sviluppo delle larve; in una delle due serie
di fiasche il collo era chiuso con carta o con garza (velo di Napoli), in modo che le
mosche non riuscissero a raggiungere le carni in putrefazione; nell’altra serie, le
fiasche erano lasciate aperte, all’aria.
Le mosche, richiamate dal puzzo delle carni in putrefazione, ebbero accesso solo a
questa seconda serie di fiasche aperte, e sul materiale in decomposizione deposero le
uova: solo in questa serie di recipienti si svilupparono le larve; nelle fiasche protette
dall’accesso delle mosche, le carni andarono in putrefazione, ma non vi crebbero
sopra le larve di mosca. Redi eseguì lo stesso tipo di esperimenti con una trentina di
insetti, ottenendo sempre risultati inequivocabili e dello stesso tipo; provò
naturalmente anche con le api: le larve non crebbero nelle fiasche contenenti interiora
di bovini ma protette dall’accesso degli insetti. Scrive così Redi: “ Io mi sento
inclinato a credere che tutti quei vermi si generano dal seme paterno; e che le carni e
l'erbe e l'altre cose tutte .. non facciano altra parte .. se non d'apprestare un luogo..
in cui dagli animali .. sieno portati .. i vermi, o l'uova o l'altre semenze dei vermi.. i
quali in esso trovano sufficiente alimento per nutricarsi; e se in quello non son
portate dalle madri queste suddette semenze, niente mai, e replicatamente niente, vi
s'ingeneri e nasca.” (Redi, in Esperienze, pag.16). Tuttavia, più in là, Redi sembra
ammettere che in certe condizioni, le larve degli insetti possono formarsi all'interno di
frutti e galle, per trasformazione diretta del materiale vegetale in animale: “ .. per me
stimerei .. che quell'anima e quella virtù, la quale genera i fiori ed i frutti nelle piante
viventi, sia quella stessa che generi ancora i bachi di esse piante. .. nei ricci legnosi
del cerro, né ricci stellati della quercia, nelle galluzze della foglia del leccio si vede
evidentissimamente, che la prima e principale intenzione della natura é formare
dentro di quelle un animale volante. ” (Redi, in Esperienze, pag.129). Allo stesso
modo, Redi riteneva potessero formarsi i parassiti all'interno dell'organismo animale.
Redi riteneva altresì che la biogenesi potesse dirsi omogenesi, quando nella
generazione del nuovo organismo venivano attraversate le stesse fasi di sviluppo del
genitore; eterogenesi, invece, quando il discendente attraversava fasi di sviluppo
differenti dall'organismo parentale. Il termine eterogenesi venne in seguito applicato
costantemente alla dottrina della generazione spontanea che sosteneva l'insorgenza
dei nuovi organismi, da materiale biologico non necessariamente dello stesso tipo –
di qualunque origine appunto – in decomposizione, o comunque non più vitale.
Lo schema sperimentale ideato da Redi é di tale semplicità e chiarezza, e i risultati
furono talmente dirimenti, che in seguito, nello studio della generazione spontanea, lo
schema dei vasi aperti e dei vasi chiusi venne costantemente adottato, seppure con
qualche modificazione.
Swammerdham [1637-1680] e Vallisneri [1631-1730], nel XVII° secolo, e poi
Reaumur [1683-1757] nel XVIII°, continuarono il lavoro del Redi, ottenendo
analoghi risultati [Rostand, 1963].
Con lo sviluppo del microscopio da parte di Leeuwenhoek (1632-1723), era stata
evidenziata l’esistenza di nuove forme di vita, e nessuno sapeva da dove potevano
trarre origine questi organismi microscopici, detti infusori (il termine di infusori
venne dato da Ledermuller (1719-1769), nel 1763, agli organismi, soprattutto
protozoi, che popolano le infusioni).
Muller (1730-1784) e Gleichen (1717-1783), illustri micrografi tedesci, ritenevano
che gli infusori provenissero dalle molecole organiche delle infusioni (“ex moleculis
brutis”) per aggregazione spontanea (Rostand, 1963). Secondo Buffon (1707-1788)
gli animali erano costituiti da molecole indistruttibili, che si separavano una dall’altra
con la decomposizione degli organismi e in condizioni favorevoli si aggregavano
nuovamente, formando i “..’prima stamina’ of all animals and vegetable bodies ,
simple, uniform, common to all, and consequently to be found in a certain quantity in
every portion of food, aliment or nutritive juice; ..” (Needham, 1748, p. 633). I
sostenitori della generazione spontanea, come Buffon, erano dunque sostenitori della
teoria embriologica della epigenesi, ossia della formazione graduale degli organismi,
a partire da materiale organico privo di qualunque struttura particolare; da molecole
liberatesi da organismi non più vitali, che conservavano la proprietà di privilegiare
l’esistenza, aggre-gandosi con altre simili molecole: “.. corruptio unius est generatio
alterius”, secondo un adagio del tempo (Needham, 1748, p. 638).
Lamarck (1744-1829) credeva nella generazione spontanea: “.. In the waters ..very
small masses of mucilagineous matter were collected. Under the influence of light,
certain elements, caloric and electric entered these little bodies. These corpuscles
become capable of taking in and exhaling gases; vital movements began, and thus an
elemental plant or animal sprang into existence. Possibly higher forms of life, such as
infest the intestines, originate in this way. Nature is thus always creating.” (1802)(da
Wilkins, 2004).
Riferendosi alle esperienze di Redi, Joblot (1645-1716) cercò di dimostrare che gli
infusori si accrescevano solamente in recipienti contenenti soluzioni portate
all’ebollizione e tenuti aperti all’aria, ma non in quelli chiusi ermeticamente
(Doetsch, 1976). Tuttavia, un buon numero di noti studiosi sposarono la tesi della
generazione spontanea, guidati dal grande Buffon che sviluppò diversi aspetti della
teoria, in senso meccanicistico; tesi che si associava facilmente con quella
dell’epigenesi, sostenuta da Harvey a metà del 1600.
Un gruppo più sparuto di scienziati, come Bonnet (1720-1793), Haller (1708-1777),
Reaumur (1683-1757) e altri, si professavano preformisti (Adams, 1929; Doetsch,
1976; Strick, 2003; Wilkins, 2004).
Buffon e Needham (1713-1781) dubitavano che la tecnica sperimentale di Redi fosse
applicabile con vantaggio agli organismi microscopici, e contestavano le osservazioni
di Jablot.
Needham cercò di esaminare la questione mediante una serie di osservazioni
sperimentali.
I risultati ottenuti da Needham, discepolo prediletto di Buffon, pubblicati nel 1748
nelle Phylosophical Transactions of the Royal Society, rivitalizzarono la dottrina
della generazione spontanea.
L’esame delle esperienze condotte tra il 1750 e il 1850 in merito alla valutazione
della teoria della generazione spontanea, costituiscono un buon esempio della
necessità di un’analisi whig (vedere cap. VII sulla storiografia whig) per individuare
il valore probante delle attività sperimentali; e per converso, dell’errore compiuto da
una schiera di storici della scienza, con una valutazione anti-whig delle stesse
esperienze. Farley, che é un convinto sostenitore della storiografia scientifica antiwhig, concorda sulla circostanza che l’attività sperimentale su tale argomento é
addirittura paradigmatica in relazione alla visione whig (‘..this controversy provides a
paradigmatic case of whig historiography of science.” (Farley, 1974-77)
Molti storici si sono occupati della questione; si può senz’altro affermare che tutti
riconoscono i meriti di Spallanzani; ma la quasi totalità afferma che le sue esperienze
furono incomplete, e che sono state le magistrali esperienze eseguite da Pasteur ad
aver sconfitto definitivamente la teoria della generazione spontanea (vedere più
avanti un breve elenco dell’interminabile numero di pubblicazioni che fanno tale
affermazione).
Non si può trascurare la circostanza emblematica, in relazione a quanto detto sopra,
che tra questi sedicenti ‘storici della scienza’ ci sono anche biologi, come il famoso
Jean Rostand (1894-1977) o il nostro contemporaneo altrettanto famoso E.O. Wilson
(1929) – che però non erano/sono microbiologi – e che entrambi concordano sulla
prevalenza determinante delle esperienze di Pasteur nella soluzione della questione.
Inutile dire che invece sono le esperienze di Spallanzani ad avere tutte le richieste
caratteristiche, anche e soprattutto alla luce delle conoscenze attuali – quindi da un
punto di vista strettamente whig – tanto che si deve affermare che é stato Spallanzani
a dimostrare senza ombra di dubbio la insussistenza della teoria della generazione
spontanea. Naturalmente, é solo l’esame delle esperienze eseguite dai due che può
provarlo, dimostrarlo alla luce delle conoscenze attuali – ossia é solo il modo whig di
analizzare la storia della scienza, che può dire una parola definitiva sulla questione,
come verra dimostrato di seguito.
Le sperimentazioni eseguite allo scopo di verificare la tesi della generazione
spontanea hanno caratteristiche di carattere pratico, quali l’impiego di infusioni di
vegetali e di carni, o altre soluzioni impiegate come substrati colturali; processi di
pastorizzazione o sterilizzazione; flaconi da laboratorio aperti o chiusi; ecc., proprie
del laboratorio microbiologico e della pratica tecnologica. E quindi possono essere
analizzate vantaggiosamente sulla base delle attuali conoscenze di microbiologia, ed
in particolare di microbiologia alimentare.
Nota. I diversi autori fanno riferimento a recipienti di vetro di diversa forma, palloni,
fiasche, bevute, flaconi, ecc.; nel seguito si farà riferimento per semplicità
prevalentemente a palloni di vetro, con una capacità di circa 300 ml, provvisti di
un’apertura a collo non troppo largo, tale da poter essere chiusa agevolmente per
fusione del vetro.
Capitolo 2. Sterilità e generazione spontanea
Diversi autori, Pasteur compreso, avevano affermato che non é possibile dimostrare
sperimentalmente se la generazione spontanea può o non può verificarsi. E si sono
così affezionati al concetto che l’esperimentum crucis non é individuabile (Huxley,
1870; Farley, 1974; Strick, 1997; Harris, 2002). Pasteur, ad esempio, scrive: “ .. la
question des générations dites spontanées .. il est impossible, dans l’état actuelle de
la Science, de prouver, a priori, que la manifestation de le vie ne peut avoir lieu de
prime-saut, en dehors de toute vie antérieure semblable. ” (Pasteur, p. 459). E
ancora: “ .. je n’ai pas la prétension d’établir que jamais il n’existe de générations
spontanées. .. on ne peut pas prouver la négative. ” (Pasteur, p. 295). Ma molti
ripetono questo stesso tipo di convinzione: “.. the question was not resolvable by
experimental means ..” (Child, 1864;_ from Farley, 1977, p. 123). “.. Not that there
was ever an experimentum crucis that settled he matter once and for all; ..” (Harris,
2002, Prefazione). Al contrario, si può ragionevolmente ritenere che tale possibilità
esista, e consista propriamente nella dimostrazione che é raggiungibile quella
condizione biologica che definiamo come sterilità, e che come tale perdura
indefinitamente nel tempo. Tale possibilità é unica, certo; nessun’altra prova
scientifica può raggiungere lo stesso risultato, lo stesso valore probante. Sterilità
significa assenza di microrganismi vitali. É facilmente comprensibile che sarebbe
impossibile raggiungere e preservare la sterilità di un substrato, se i microrganismi
fossero indistruttibili, e soprattutto se nuovi microrganismi fossero in grado di
generarsi autonomamente nei substrati sterilizzati, da un giorno all’altro; se si
potessero formare a partire dai materiali costitutivi la sostanza organica sterilizzata,
non più vitale; o in qualunque altro modo possa essere immaginato. In tal caso infatti,
l’emersione spontanea di microrganismi da qualunque mezzo sterilizzato,
comporterebbe l’immediata perdita della sterilità. Per sua stessa definizione, la
sterilità coincide appunto con il raggiungimento della distruzione di tutti i
microrganismi, la realizzazione della condizione dell’assenza di microrganismi vitali;
una condizione che é tale se é permanente nel tempo.
La sterilità, come ogni altra condizione, deve assumere un valore scientificamente
attendibile, per poter rappresentare un valore probante. Le caratteristiche della
sterilità sono definite dalla termomicrobiologia, più spesso detta termobatteriologia,
poiché sono i batteri gli organismi microscopici che sono capaci di resistere alle
temperature più elevate, e per i tempi di trattamento più lunghi. Come indicato più
specificamente in Appendice, la distruzione dei microrganismi per effetto di
qualunque agente fisico o chimico, ha andamento esponenziale; esattamente come la
maggior parte, se non proprio la totalità, dei fenomeni fisici e chimici. Si può ritenere
infatti ragionevole che la morte delle cellule microbiche – entità le cui caratteristiche
sono esclusivamente fisiche e chimiche – debba avvenire per effetto di fenomeni sia
fisici sia chimici. Per qualsiasi fenomeno che abbia carattere esponenziale, non esiste
un punto d’arrivo, finale, definitivo; ma solamente una condizione di probabilità
ridotta quanto si vuole, che il fenomeno avvenga ancora. Quindi, il fatto che
l’andamento di morte delle cellule sia esponenziale, comporta necessariamente,
matematicamente, che non esista un punto finale, una condizione di assenza assoluta
di elementi vitali in un’operazione di sterilizzazione. Ma cosa significa assenza
assoluta di microrganismi vitali? Anche in questo caso, come appunto in qualunque
altro, le possibilità di accertamento della realtà sono inevitabilmente soggette alle
leggi della statistica. Non possiamo affermare che una condizione é vera oppure non
é vera in assoluto, in ogni circostanza; possiamo solamente, esclusivamente affermare
che un evento ha una probabilità X o Y di verificarsi. La realtà é costituita da eventi
che si verificano con probabilità molto elevata. Eventi molto improbabili,
praticamente non fanno parte della realtà. Ci si può chiedere quanto elevata debba
essere la probabilità che un evento si verifichi, perché possa costituire la realtà;
ugualmente, ci si può chiedere quanto debba essere improbabile un evento, perché si
possa considerarlo praticamente impossibile. Molto semplicemente, riteniamo
correntemente che sia poco probabile un evento, se si produce una volta su cento –
diciamo che si presenta con una probabilità dell’1%. Molto probabile, al contrario,
sarà un evento che si verifica molto frequentemente, con elevata probabilità, quasi nel
90% dei casi, o più. Tali valori percentuali di probabilità sono comunque
relativamente elevati, perché rappresentano le situazioni, gli eventi che accadono o
non accadono correntemente, quotidianamente o quasi, e quindi rappresentano la
realtà come la conosciamo direttamente. Ma ci sono eventi che hanno una probabilità
molto diversa di verificarsi; e in particolar modo, una probabilità molto ridotta di
accadere. Se un evento si verifica con una probabilità sufficientemente bassa, allora
possiamo affermare che l’evento é non solo molto improbabile, ma addirittura
impossibile. Possiamo affermare, ad esempio, che la probabilità di vedere un
incidente, percorrendo in auto 100 chilometri di strada, é compresa – per ipotesi - tra
lo 0.5 e il 2%, ossia é probabile che si veda se si percorrono 200 chilometri, oppure se
ne vedano due in solo 100 chilometri. Possiamo al contrario affermare che é
estremamente improbabile che una persona si metta a volare semplicemente agitando
le braccia come fosse una tortora; tanto é vero che non ne abbiamo mai vista una
volare. In questo caso, se nessuno ha mai visto una persona volare, possiamo tentare
di dare un valore numerico alla probabilità che praticamente corrisponde
all’impossibilità che una persona si metta a volare. Trascurando le fantasie
eventualmente trasmesseci dal passato – che sono del tutto non-verificabili –
possiamo affermare che non si é mai visto nessuno dei circa 6 miliardi di abitanti del
pianeta, volare. Quindi, possiamo affermare che semmai una persona può volare,
potrà farlo al massimo con una probabilità inferiore ad uno (quella persona che non si
é mai vista volare) su 6 miliardi. Allo stesso modo, tale ridottissima probabilità che
questo evento si verifichi, ci autorizza a ritenere che nella realtà nessuno di noi possa
volare. Ossia, un evento molto improbabile, si deve ritenere praticamente
impossibile. Tutte le nostre conoscenze si basano su questi valori di probabilità. Gli
eventi molto probabili sono gli eventi che avvengono; gli eventi molto improbabili,
sono quelli che non avvengono mai.
La stesso criterio generale vale per la sterilizzazione. La sterilità é tanto più probabile
quanto minore é la probabilità di ritrovare un elemento non sterile, tra quelli
assoggettati ad un processo di sterilizzazione. Nella pratica, possiamo riscontrare ad
esempio, che dopo aver sottoposto ad un determinato trattamento termico 100
bottiglie di latte, 10 di queste in pochi giorni di permanenza alla normale temperatura
dell’ambiente, mostrano il latte cagliato, con separazione di siero, svolgimento di
bollicine di gas, che in qualche caso determinano addirittura l’esplosione della
bottiglia. Potremo dire che il trattamento termico applicato é stato sufficiente
solamente per sterilizzare 90 bottiglie su 100. Aumentando il tempo di trattamento di
poniamo 10 minuti – oppure la temperatura di cinque gradi – possiamo ad esempio
verificare che nessuna delle 100 bottiglie di latte si altera: tutte e 100 risultano sterili.
Ma se invece che 100 bottiglie, ne trattiamo mille, in queste ultime condizioni, ci
accorgiamo che non abbiamo aumentato abbastanza la temperatura, o il tempo di
trattamento, perché 5 bottiglie su 1000 si guastano nel corso della permanenza in
magazzino. Possiamo allora aumentare ancora o il tempo o la temperatura di
trattamento, o entrambi, e verificare che in queste ultime condizioni risultano tutte
sterili non solo le 10.000 bottiglie di latte, ma anche tutte le 100.000 bottiglie che
assoggettiamo successivamente a quest’ultimo trattamento. In quest’ultimo caso
diremo quindi che la probabilità che vi siano bottiglie non-sterili é inferiore a
1/100.000, visto che non ne abbiamo riscontrata nessuna non-sterile su appunto cento
mila. Tale probabilità si esprime abitualmente come pari a 10-5 , che corrisponde
appunto a 1/100.000 (5 é il logaritmo decimale di 100.000).
Possiamo affermare anche che quest’ultimo trattamento é sufficiente per ottenere la
sterilità? Non necessariamente, poiché potrebbe non bastare per sterilizzare un
milione di bottiglie. Il numero di bottiglie che risultano non sterili potrebbe essere di
9 bottiglie su un milione, ossia un valore appena inferiore a 1/100.000, e pari a
0.9/100.000. Poiché un’efficiente industria per la produzione del latte in bottiglia, può
sottoporre a steriliz-zazione 100 mila bottiglie al giorno, ciò che corrisponde a un
milione di bottiglie in 10 giorni, 10 milioni di bottiglie in 100 giorni, e quasi 30
milioni di bottiglie all’anno, ne deriva che potrebbero non risultare sterili 9x30=270
bottiglie all’anno. Se i microrganismi sopravvissuti in queste 270 bottiglie sono
patogeni, e i consumatori non si accorgono di questa mancanza di sterilità e
consumano il latte di queste bottiglie non sterili, potrebbero tutti o in parte
manifestare segni di intossicazione. Certo, il consumatore può sentirsi protetto da
quest’eventualità, considerando che gli Istituti preposti al controllo delle bottiglie di
latte, non si lasciano sfuggire un errore di questa grandezza. Eppure, se un laboratorio
di controllo, analizza 100 bottiglie al giorno, e le condizioni operative dell’ipotetico
produttore sono tali da consentirgli di avere 9 bottiglie non-sterili su un milione, ossia
in dieci giorni di produzione – come nell’esempio proposto – é molto probabile che le
solo 100 bottiglie analizzate risultino sterili, visto che le unità non sterili potranno
essere non più di 9, in media, ogni milione di unità. Non solo; i controlli risulteranno
negativi con elevata probabilità anche in 10 giorni di analisi, quando saranno
controllate 1000 bottiglie, poiché la probabilità che sia riscontrato un elemento
difettoso sarà pur sempre pressappoco di 1 a 1000 (1000/1.000.000); e così via. Ed é
abbastanza probabile che risultino sterili per almeno 100 giorni di analisi (10 mila
bottiglie). Quindi, la probabilità che un laboratorio di controllo ritrovi un difetto di
sterilità del tutto infrequente, é piuttosto ridotto. Tuttavia, si consideri che nessun
produttore responsabile produrrebbe bottiglie di latte che abbiano subito un
trattamento così modesto, da non assicurare che la frazione di bottiglie non-sterili sia
inferiore a 9 su 1 milione di bottiglie. Nella pratica usuale, la sterilizzazione comporta
un trattamento termico di entità minima, effettuato a temperature abbastanza elevate
da non danneggiare significativamente il prodotto, in grado di ridurre la probabilità di
non sterilità a valori molto inferiori a 10-12 , ossia, nell’esempio proposto, ad una
sola bottiglia non sterile ogni mille miliardi di bottiglie. Il nostro produttore, che
sterilizza circa 30 milioni di bottiglie all’anno, ha dunque la probabilità di mettere in
commercioo una sola bottiglia non sterile ogni 100 mila anni all’incirca di attività.
Questa probabilità di fallimento della sterilizzazione é talmente bassa, che coincide
con l’impossibilità pratica che ci sia in commercio una bottiglia non sterile. A ciò si
aggiunga, come indicato nell’Appendice di microbiologia, che nella realtà i
trattameni di sterilizzazione dei prodotti alimentari sono molto più energici di quello
minimo – pari a 3 minuti a 121°C - che riduce la probabilità di sopravvivenza
microbica a 10-12 - in realtà tale valore di sopravvivenza si riferisce alle spore del
batterio più termoresistente tra quelli patogeni – ma é di un tempo compreso tra 2.5 e
5 volte maggiore - che comporta una probabilità di sopravvivenza del Clostridium
botulinum ulteriormente ridotta fino a valori inferiori a 10-30 , ciò che corrisponde
approssimativamente alla probabilità che vi possa essere un campione non sterile in
una massa di materiale equivalente a quella solare. Anche se si tien conto solamente
della quantità di materiale sterile prodotto nella pratica in più di cent’anni di attività
produttiva (ci sono almeno un centinaio di aziende che producono qualche decina di
milioni di unità di pro-dotto all’anno), ci si convince agevolmente che la probabilità
di fallimento della sterilità é davvero bassissima, e quindi l’assenza di generazione
spontanea, é talmente improbabile (talmente inferiore a 10-16 , corrispondente ad un
trattamento minimo per una sopravvivenza microbica pari o superiore almeno a 10 -12
x 102 anni x 102 produttori ) da dover esser considerata senz’altro impossibile. Una
probabilità così ridotta, corrisponde infatti all’impossibilità che l’evento non-sterilità
possa verificarsi. Si é affermato quindi il concetto che la sterilità consista nella totale
distruzione dei microrganismi, e nella sua durata indefinita. In ordine alla questione
della probabilità che possa verificarsi un evento di spontanea insorgenza di
microrganismi, da materiale appunto non più vitale, e sterile, se tale evento non si é
mai verificato in un numero così elevato di occasioni – ossia in più di dieci milioni di
miliardi di occasioni - é inevitabile infatti dedurne che tale probabilità é talmente
ridotta, da coincidere in pratica con l’assoluta impossibilità.
La sterilità e la generazione spontanea sono due condizioni biologiche assolutamente
antitetiche, che non possono coesistere; né teoricamente, né praticamente. Quando
insorgesse una delle due condizioni, verrebbe necessariamente, per definizione, a
cessare l’altra: o sterilità, o germinazione spontanea. Sono due condizioni
assolutamente e inequivocabilmente inconciliabili.
Esiste dunque la possibilità di confutare definitivamente e ine-quivocabilmente la tesi
della generazione spontanea; esiste dunque la possibilità di individuare
l’experimentum crucis che risolve definitivamente la questione. Se si può dimostrare
sperimentalmente che la sterilità é raggiungibile – ecco appunto l’experimentum
crucis – si dimostra altresì che la generazione spontanea é impossibile.
Ne consegue direttamente che la confutazione della tesi della generazione spontanea
può avvenire in un solo modo: con la dimostrazione sperimentale che la sterilità é
raggiungibile, e che perdura indefinitamente nel tempo.
Capitolo 3. Turbervill Needham
Le esperienze di Needham, sono divenute iconiche, e si può affermare che la teoria
stessa della generazione spontanea ne ha tratto il vigore simbolico fondamentale che
le é proprio.
Turbervill Needham fece nel 1745 le seguenti osservazioni: mise del brodo di
montone in un flacone di vetro, lo tenne per pochi minuti su cenere calda, quindi lo
conservò a temperatura ambiente (era estate). Dopo quattro giorni, Needham trovò il
liquido torbido; lo osservò al microscopio e lo trovò affollato da organismi
microscopici : ” .. My phial swarm’d with life..”, (Needham, 1748, p. 638). Tali
organismi erano del tutto simili a quelli che potevano riscontrarsi in analoghi flaconi
non prima tenuti su cenere calda. Ripetuta la prova con substrati diversi, il risultato
era sempre lo stesso. Needham, da sperimentatore inesperto, pensava che il calore
della cenere calda avesse ucciso tutti i microrganismi dei suoi flaconi. Dunque,
cominciò a sostenere che gli organismi che crescevano nei suoi flaconi in pochi
giorni a temperatura ambiente, erano sorti per un certo tipo di auto-assemblaggio di
molecole liberate nei flaconi dai materiali scaldati, che si andavano decomponendo.
Needham si era proposto di dimostrare che gli organismi microscopici (animalcula)
che crescevano nei suoi flaconi erano prodotti da sostanza organica senza vita, che si
riorganizzava, riprendeva a vivere, spontaneamente; e non si trattava invece di
comuni organismi che entravano nei flaconi dall’ambiente esterno. Per dimostrarlo, le
esperienze di Needham avrebbero dovuto avere due caratteristiche assolutamente
determinanti dal punto di vista metodologico, per poter affermare con soddisfacente
probabilità che eventuali emersioni di microrganismi si producevano per generazione
spontanea: (a) le infusioni avrebbero dovuto essere private completamente dei
microrganismi contenuti naturalmente nelle infusioni, e presenti sulle pareti interne
dei flaconi; occorreva dunque che il trattamento termico fosse di entità sufficiente
alla distruzione di tutti i microrganismi presenti all’interno dei flaconi; (b) i flaconi
avrebbero dovuto esser chiusi in modo assolutamente sicuro, per avere la certezza che
l'interno dei flaconi era completamente isolato da eventuali influenze esterne, e i
microrganismi non sarebbero potuti entrare nelle infusioni dall’ambiente circostante,
nel corso del magazzinaggio a temperatura ambiente, successivo al trattamento
termico.
Needham é apparentemente consapevole dell’importanza delle due condizioni
sperimentali, e annota: “.. besides the precautions I took .. no supposed germs might
either be conveyed through the air or the water, or remain adhering to the substances
infused; I have often, for the purpose, made use not only of the broths, immediately
closed up in a phial, but also of pure animal substances, such as urine, blood, etc.,
with the same success; and in these I believe, no one will suppose that germs, eggs or
spawn, are precontained, if care is taken to close the phials immediately.” (Needham,
1748, p. 660). Egli riteneva che il trattamento termico che applicava alle infusioni
potesse essere sufficiente per distruggere tutti i microrganismi: “I neglected no
precautions, even as far as to heat violently in hot ashes the body of the phial; that if
any thing existed, even in that little portion of air which filled up the neck, it might be
destroyed, and lose its productive faculty.” (Needham, 1748, p. 638). In realtà non
aveva definito sperimentalmente l’entità del trattamento termico necessario alla
distruzione dei microrganismi; aveva trascurato così di eseguire una prova
preliminare assolutamente indispensabile. Allo stesso modo, riteneva che i flaconi
fossero chiusi a sufficienza: “.. in a phial, closed up with a cork so well masticated,
that my precautions amounted to as much as if I had sealed my phials hermetically. I
thus effectually excluded the exterior air.. “ (Needham, 1748, p. 637); ma non aveva
dimostrato sperimentalmente che la chiusura che applicava ai suoi flaconi era
veramente ermetica. E così, malgrado avesse compreso l’importanza delle due
condizioni fondamentali per ottenere risultati ottimali dalle sue esperienze, non portò
a termine correttamente né l’applicazione di un trattamento termico efficace alle sue
infusioni, né realizzò l’ermeticità della chiusura degli stessi flaconi; tant’è vero che
scrisse: ”..upon three or four scores of different infusions of animals and vegetables
substances.. all which constantly give me the same phenomena with little variations,
and uniform in their general results,..phials closed or not closed, the water
previously boiled or not boiled, the infusions placed upon hot ashes.. (or not)..
appeared so nearly the same, that I neglected every precaution of this kind, as plainly
unnecessary.” (Needham, 1748, p. 639). Affermazioni di questo tipo dimostrano
incontestabilmente che sia il sistema di chiusura dei flaconi, sia il trattamento termico
applicato da Needham, furono entrambi insufficienti, visto che i risultati ottenuti
hanno messo in evidenza l’incompletezza di entrambi. Needham semplicemente
assunse erroneamente che entrambi fossero efficaci, senza provarlo. Comunque, il
difetto di chiusura e di riscaldamento sono talmente condizionanti da invalidare
completamente sia i risultati ottenuti con le sue esperienze, sia ovviamente la teoria
che Needham ne aveva trat-ta. Le dichiarazioni di Needham possono rappresentare
solamente la prova incontestabile, invece, che sia la chiusura dei flaconi, sia il
trattamento termico applicato alle sue infusioni erano inadeguati. Ne consegue
direttamente che le esperienze classiche di Needham, non avevano dimostrato che la
generazione spontanea poteva avvenire, se non altro nelle condizioni sperimentali
messe in atto. Al più dimostravano che in un substrato, un’infusione di carne o di
vegetali, esposto all’aria, si sviluppavano sempre microrganismi. Si può annotare,
anche, che Needham usa molto spesso il singolare, nella descrizione delle sue
esperienze (Needham, 1748); ossia parla di phial, non di phials, come se avesse
impiegato in ogni sua esperienza, un solo flacone per volta. Eppure le esperienze di
Redi, che Needham conosceva, in cui venivano impiegati diversi elementi
sperimentali, fiasche, e una trentina di insetti differenti, avrebbero potuto costituire
un riferimento chiaro della forza probante derivante dalla molteplicità degli elementi
sperimentali. L’aver trascurato l’effetto statistico che sarebbe potuto emergere
dall’impiego di una molteplicità di phials, collega curiosamente Needham a Pasteur,
in qualche modo; anche quest’ultimo usò ad esempio una sola soluzione colturale di
riferimento, e non sempre abbondò con gli elementi sperimentali.
É certo che la microbiologia sperimentale doveva cominciare pressappoco così, ossia
con l’evidenziare anzitutto che i microrganismi potevano accrescersi in ambienti
artificiali, definiti, in determinate condizioni sperimentali, quali ad esempio le
infusioni di vegetali o di carni tenute all’aria. In un secondo momento, doveva essere
verificata sperimentalmente la possibilità di applicare con efficienza sia il trattamento
termico, sia l’isolamento dell’ambiente sperimentale dall’esterno; opportunità
sfuggita di mano a Needham.
Needham ha ottenuto solamente la primissima fase; ossia come realizzare
l’accrescimento dei microrganismi in ambienti circoscritti appositamente: i flaconi di
vetro contenenti infusi di vegetali o di carni.
Spallanzani ha mostrato subito dopo, che chiudendo ermeticamente i flaconi
contenenti infusi sterilizzati termicamente, lo sviluppo microbico non avveniva.
La seconda fase é determinante, nella storia della microbiologia, sia perché (1)
dimostra che la generazione spontanea non esiste; sia perché (2) ha fornito la base
sperimentale e concettuale indispensabile perché la microbiologia potesse sviluppare
la tecnica di coltivazione programmata dei singoli microrganismi, previa
sterilizzazione delle soluzioni colturali; sia anche (3) perché l’aver individuato la
possibilità di distruggere i microrganismi, apre la strada alle tecniche di protezione
igienica dei materiali più diversi, oltre che ai processi di disinfezione, asepsi, ecc. “ ..
Nessun altro scienziato ha servito più (di Spallanzani) la medicina, senza essere
medico.” (Dechambre; da Rostand, p. 188).
Capitolo 4. Lazzaro Spallanzani, sperimentatore.
“Il y avait alors en Italie l’un des plus habiles physiologistes dont la science puisse
s’onorer, le plus ingénieux, le plus difficile à satisfaire, l’abbé Spallanzani.”
(Pasteur, 213, 297).
“Vous passez pour le meilleur observateur de l’Europe. Toutes vos experiences ont
été faites avec la plus grande sagacité. Quand un homme tel que vous annonce qu’il
a ressuscité des morts, il faut l’en croire..” (Voltaire, 1776).
Fig. 2. Rappresentazione semplificata della prova di resistenza microbica al calore, eseguita da
Spallanzani. Palloni scuri: sviluppo microbico; palloni chiari: sterili.
4.1 - La termoresistenza microbica.
Spallanzani sembra proprio aver intuito qual’era la questione centrale che avrebbe
potuto portare alla soluzione della disputa sull’origine dei microrganismi, poiché ideò
ed eseguì il primo esperimento di sterilizzazione. Come sua abitudine, frammentò il
problema in più parti da analizzare separatamente. Cominciò con l’eseguire una
rudimentale determinazione di resistenza dei microrganismi al calore; la prima, nella
storia della scienza. É stato il primo passo, indispensabile per comprendere il
significato della sterilizzazione. Invece di un solo substrato colturale, come fece
Pasteur cento anni dopo, ne impiegò da otto a undici, ognuno ottenuto con un tipo
diverso di vegetale, tra cui: “fagioli bianchi, veccia, formento saraceno, orzo,
granturco, semi di malva e semi di bietole” (Saggio , p. 14), oltre a tuorlo d’uovo.
Fuse alla fiamma il collo dei flaconi di vetro contenenti gli infusi di tali vegetali – per
proteggerli da contaminazioni esterne (pare che da tempo gli studiosi fossero tutti
d’accordo nel ritenere che nell’aria c’erano sospesi microrganismi) - e poi li pose a
bollire per tempi crescenti, da 0.5 a 60 minuti - con incrementi di 0.5 minuti, almeno
per i tempi brevi - quindi li incubò a temperatura ambiente. Spallanzani osservò così
che già mezzo minuto di ebollizione era sufficiente per inattivare gli organismi
microscopici di dimensione “massima, mediocre e piccola” (Opuscoli, p. 30); ossia,
verosimilmente protozoi, alghe, lieviti, muffe, che erano gli organismi definiti
“d’ordini superiori”, secondo il suggerimento di Bonnet (Opuscoli, p. 30); mentre
due minuti erano risultati senza alcun effetto sugli “.. Animaletti infinitamente piccoli,
che chiamerò d’ultimo ordine.” (Opuscoli, p. 30). Lo spettacolo che si presentò a
Spallanzani analizzando la situazione al microscopio, lo sorprese. Poté osservare
infatti che la sopravvivenza microbica diminuiva all’aumentare del tempo di
ebollizione, per circa mezz’ora: “...La bollitura di mezz’ora non si oppose al
nascimento degli animaletti d’ultimo ordine..” (Opuscoli, p. 33). Spallanzani segnala
nel testo che la frequenza della sopravvivenza microbica diminuiva con l’aumentare
del tempo di trattamento, pur senza darne valutazioni numeriche . Ciò non può
meravigliare, poiché non si conosceva ancora la legge di decadimento esponenziale
della vitalità cellulare, definita con maggiore precisione solo poco meno di 200 anni
dopo (intorno al 1910). Dopo 45 minuti e oltre, in nessuna delle infusioni riscontrò
più sviluppo microbico. Quindi, i substrati bolliti per 45 minuti e oltre, erano risultati
sterili: “.. la bollitura di tre quarti d’ora .. ebbe la forza di rendere affatto sterili di
Animaletti tutte sei le infusioni.” (Opuscoli, p. 33). Questo fu il risultato
fondamentale; di valore epocale. Dimostrava ch’era possibile ottenere ambienti
circoscritti, privi di microrganismi. La sterilità; la sterilizzazione. Una condizione
protetta dall’ambiente esterno, che permaneva durevolmente priva di microrganismi,
in un ambiente circostante in cui la probabilità di contaminazione era elevatissima.
Una quantità innumerevole di condizioni di interesse medico-sanitario ne sarebbero
derivate, a cominciare dal secolo successivo, e a partire dal suggerimento che un
ambiente sterile veniva contaminato dal contatto con l’esterno, con tutto ciò che non
era naturalmente sterile, come l’aria, possibile veicolo di fermenti, di organismi
capaci di alterare i vini, di infestare le colture di bachi da seta, di far ammalare le
pecore, ecc. Il suggerimento che tra i primi, fu raccolto da Pasteur.
4.2 _
La sterilità delle infusioni
Spallanzani fa osservare che le infusioni, molto probabilmente raggiunsero
temperature superiori a 100°C, perché aveva osservato che dopo pochi minuti molti
flaconi esplodevano rivelando una pressione interna elevata, cosicché fu indotto a
reperire flaconi con un maggiore spessore di vetro. Infatti, essendo le infusioni chiuse
in recipienti a volume fisso (i flaconi di vetro con il collo saldato alla fiamma) la
temperatura doveva essere determinata dall’equazione di stato (Castellan, 1972):
PV = nRT
come era già noto a quel tempo: “.. noto essendo già ai fisici, che l’acqua ove bolla in
un vaso chiuso acquista maggiore intensità di calore, di quello faccia bollendo in
vaso aperto.” (Opuscoli.., 1776, p. 34). Si può stimare – sempre tenendo conto
dell’equazione indicata sopra e dall’effetto sterilizzante del tempo di trattamento che in 45 minuti di ebollizione sia stata raggiunta dalle sue infusioni una temperatura
compresa tra 112° e 118°C, probabilmente intorno a 116°C.
In ogni caso, i microrganismi che si accrescevano dopo tratta-menti pari e inferiori a
30 minuti, non potevano che essere, con assoluta certezza, cellule vegetative di spore
batteriche sopravvissute al trattamento termico e germinate. Nessun microrganismo
che non sia un batterio sporigeno può sopravvivere a trattamenti termici di tale entità.
E una volta sopravvissute, le spore batteriche non possono sottrarsi al ciclo biologico
della germinazione e dell’accrescimento vegetativo, quando si trovano in ambiente
favorevole.
Con riferimento alle esperienze di Needham, e visto che gli organismi microscopici
di maggiori dimensioni erano così termolabili da essere inattivati in soli 0.5 minuti di
ebollizione, Spallanzani annotò che l’eventuale sviluppo di tali organismi nelle
infusioni bollite non poteva che essere dovuto alla loro penetrazione nei flaconi, dopo
la cessazione della bollitura. Egli era indotto a ritenere così che il trattamento termico
applicato da Needham dovesse essere equivalente a meno di mezzo minuto di
ebollizione. Tuttavia, se i flaconi di Needham erano chiusi in modo talmente
inefficace che gli organismi degli ordini superiori erano potuti entrare nei flaconi
dall’esterno durante il raffreddamento (‘post process contamination’) (Lopez, 1987) possibilità ben considerata da Spallanzani, che riteneva inefficienti le chiusure dei
flaconi con tappi di sughero, permeabili - allora sarebbero potuti entrare organismi di
qua-lunque dimensione, e a maggior ragione quelli ‘infinitamente piccoli’,
dell’ultimo ordine.
I microrganismi presenti nei flaconi di Needham erano pressoché gli stessi: “..
microscopical animals of most dimensions, from some of the largest I had ever seen,
to some of the least.” (Needham, 1748, p. 638), independentemente dal trattamento
applicato ai flaconi: “..phials closed or not closed, .. boiled or not boiled,..placed
upon hot ashes…(or not)..” (Needham, 1748, p. 639). Avendo Spallanzani
dimostrato che occorrevano almeno 45 minuti di ebollizione per sterilizzare le
infusioni, con la massima probabilità i flaconi di Needham non erano stati sterilizzati,
visto che non li aveva davvero scaldati poi troppo a lungo: “ .. infusions (were)
placed upon hot ashes..”; ma nemmeno avevano raggiunto i 100° per il breve tempo
necessario all’inattivazione degli organismi di maggiori dimensioni, visto che nelle
infusioni erano ancora presenti e vitali. Infine, poiché la flora microbica era la stessa
sia nei flaconi chiusi che in quelli aperti, riscaldati o non riscaldati (Needham, 1748,
p. 639), allora non é più possibile decidere se la flora microbica era derivata da
insufficiente riscaldamento o ricontaminazione; o da entrambe le cause. Questa
opinione di Spallanzani corrisponde totalmente ai criteri che attualmente sono
adottati nella diagnosi microbiologica applicata ai risultati dell'analisi dei fallimenti
della sterilità dei materiali assoggettati a trattamenti termici di sterilizzazione.
Si può concludere che le esperienze di Needham furono apprestate ed eseguite in
modo così imperfetto, che non é nemmeno possible stabilire se i flaconi furono
scaldati inadeguatamente, o inadeguatamente chiusi; o avevano entrambi i difetti.
L’esecuzione del trattamento termico é descritta in modo così approssimato, che si é
portati a credere che con elevata probabilità i flaconi furono anzitutto scaldati in
modo insufficiente. Ne deriva infine che Needham dimostrò una sola cosa: che nelle
infusioni i microrganismi di molti – se non tutti – i tipi più diversi, potevano
benissimo svilupparsi. Le esperienze di Needham non dimostrarono affatto che gli
organismi microscopici potevano generarsi spontaneamente; ma solamente che nelle
soluzioni, o infusioni non sterilizzate e nemmeno protette dalla contaminazione
ambientale, se lasciate a se stesse, in pochi giorni si sviluppa- vano microrganismi.
La conseguenza immediata é che la teoria sostenuta da Needham e Buffon era
immediatamente e completamente confutata dai risultati sulla resistenza microbica al
calore, ottenuti da Spallanzani. In assenza delle esperienze di Spallanzani, che
dimostrarono la termolabilità degli organismi degli ordini superiori e la necessità di
45 minuti all’ebollizione in ambienti ermetici e a volume fisso, per raggiungere la
sterilità, si sarebbe potuto continuare a ritenere qualunque riscaldamento, di
qualunque entità, applicato a flaconi qualsivoglia, come capace di produrre flaconi
sterili, cosicché i microrganismi che fossero cresciuti negli infusi si sarebbe continuato a credere che si fossero sviluppati per generazione spontanea. Ma dopo le
osservazioni di Spallanzani, non sarebbe più stato possibile: i flaconi sperimentali
avrebbero dovuto necessariamente essere sterilizzati e protetti dall'ambiente esterno,
mediante chiusura ermetica, perché le esperienze pro o contro la generazione
spontanea potessero essere attendibili.
Quindi queste prime esperienze di Spallanzani dimostrarono che quelle di Needham
non significavano nulla, in relazione alla tesi della generazione spontanea. E
conseguentemente, che la tesi stessa propugnata da Needham e Buffon non essendo
sostenuta da alcuna prova sperimentale valida, era una pura ipotesi; senza basi
scientifiche; nient'altro che un “ .. puro, pretto lavoro di fantasia ..” (Opuscoli,
pag.24) come dirà più tardi Spallanzani, a proposito della ‘forza vegetatrice’,
quell'altro ipotetico attributo della natura, che Needham sosteneva essere presente
nelle sostanze organiche.
Batteri: cellule vegetative e cellule con spore (sporangi).
4.3 _ La ‘forza vegetatrice’non esiste.
Dopo questa prima indicazione fondamentale sul tempo richiesto per sterilizzare le
infusioni, Spallanzani ripeté l’esperienza di riferimento pubblicizzata da Needham a
sostegno della tesi della generazione spontanea, prendendo però due accorgimenti
importanti: chiuse ermeticamente i flaconi con i substrati colturali, mediante fusione
alla fiamma dell’apertura (Spallanzani aveva precedentemente sperimentato
l’inadeguatezza della chiusura con turaccioli di bambagia, di sughero, di legno, di
carta, ecc.) (Saggio, p. 134); e trattò le soluzioni per un’ora, per essere certo di
sterilizzarle.
In nessuno dei 19 substrati colturali così trattati si svilupparono infatti microrganismi
durante l’incubazione a temperatura ambiente: la generazione spontanea non
avveniva in nessuna delle infusioni.
Dopo aver quindi dimostrato sperimentalmente che in ambienti sterilizzati non si
sviluppavano microrganismi – proprio perché la generazione spontanea non esiste bisognava anche dimostrare che le infusioni erano rimaste sterili non perché erano
divenute inadatte allo sviluppo microbico per effetto del trattamento termico – ossia
per effetto della distruzione della fantomatica forza vegetatrice ipotizzata da
Needham - ma perché i microrganismi non si generavano per nulla, partendo da
substrati colturali sterilizzati. Scrive Needham a proposito della forza vegetatrice: “É
certo che c'è una forza vegetatrice in ogni punto microscopico di materia, in ogni
filamento visibile da cui sia costituita la tessitura dell'animale e della pianta. É
probabile che ogni sostanza animale o vegetale proceda, seppure con velocità
diversa, verso un condizione di primitiva risoluzione verso una forma di principio
comune, fonte di ogni cosa, una specie di seme universale; da cui gli atomi
costituenti si riorganizzano, riformando nuovi esseri vitali..” (Needham, 1748).Per
accertare l'eventuale presenza della forza vegetatrice, Spallanzani trattò
all’ebollizione per 0.5, 1, 1.5, e 2 ore, sette infusioni, che poi pose ad incubare a
temperatura ambiente. I flaconi però non li chiuse ermeticamente, ma “ .. solo con
lenti turaccioli .. giacchè .. erami prefisso .. di cercare se l’azione del bollire a lungo
protratta indebolisca o distrugga il potere delle materie infuse in ordine al produrre
gli Animaletti; la qual cosa se é vera, deve succedere tanto né vasi aperti, quanto né
chiusi.” (Opuscoli, p. 16). In tutte le infusioni si svilupparono microrganismi.
Spallanzani provò anche a tostare, arrostire, carbonizzare le diverse semenze e il
tuorlo d’uovo impiegati per le infusioni, ma sempre i microrganismi si accrescevano
negli infusi che ne otteneva. Se ne doveva dedurre così che negli infusi sterilizzati,
non si erano determinate condizioni fisico-chimiche inadatte all’accrescimento
microbico; e allo stesso tempo, che non esisteva nessuna forza vegetatrice che fosse
in grado di attivare e sostenere l’accrescimento cellulare – come sosteneva Needham
– e che potesse essere danneggiata dal trattamento termico di sterilizzazione.
Corpo fruttifero di Aspergillus, con catenelle di spore (conidi).
4.4 _ L’ultima obiezione di Needham.
Rimaneva solamente da dimostrare che nelle esperienze eseguite da Spallanzani per
saggiare la termoresistenza microbica e la sterilizzabilità delle infusioni – che peraltro
rimanevano adattissime allo svi-luppo microbico – non si erano create altre
condizioni ambientali eventualmente capaci di impedire lo sviluppo microbico. Il
sospetto, manifestato da Needham, era che l’atmosfera all’interno dei flaconi ermetici
fosse stata resa inadatta allo sviluppo microbico, probabilmente per effetto di una
diminuzione della concentrazione di ossigeno, avvenuta a causa del trattamento
termico. Questa ultima obiezione di Needham é all’ origine delle incertezze che
persistettero negli studiosi contemporanei, ma anche fino a quelli di metà '800, sulla
confutazione definitiva della teoria della generazione spontanea da parte di
Spallanzani. Anche Pasteur accennerà alla non completa irragionevolezza di coloro
che ritenevano fosse proprio per effetto di una tale modificazione dell'atmosfera
all'interno delle fiasche sperimentali sterilizzate, che i microrganismi non si erano
accresciuti nelle infusioni di Spallanzani. Tale modificazione veniva fatta risalire
esplicitamente - da Pasteur – (Pasteur, pag. 215-217) alla diminuzione della
concentrazione di ossigeno nello spazio di testa delle fiasche sterilizzate, dovuta a
fenomeni di ossidazione di componenti delle infusioni, promossa da un trattamento
termico protratto per 45 minuti. In realtà, come ora ben sap-piamo, i trattamenti
termici di sterilizzazione non determinano la completa scomparsa dell’ossigeno
dall’aria rimasta all’interno dei recipienti riscaldati, anche se le temperature di
trattamento sono ben più elevate di quelle raggiunte nelle esperienze di Spallanzani
(Lopez, 1987; Hamblin et al., 1987; Bertoli, 1990; Whiting & Naftulin, 1991). In più,
il collo d’apertura dei flaconi impiegati da Spallanzani nelle prove di resistenza
termica, era stato chiuso per fusione del vetro, dopo averlo stirato sempre alla fiamma
fino alle dimensioni di un capillare e aver atteso che la pressione atmosferica interna
ai flaconi si fosse equilibrata con quella esterna, e quindi avesse lo stesso contenuto
di ossigeno. Si può ricordare, a proposito della pratica attuale di sterilizzazione, che
le confezioni sono chiuse ermeticamente a caldo, con poco spazio di testa, sotto
vuoto, come si dice abitualmente, e comunque evitando nella massima misura
possibile che rimanga ossigeno all’interno. Quindi, se in simili condizioni si ritrova
ancora ossigeno nello spazio di testa, nei flaconi di Spallanzani dovevano esserne
rimaste quantità molto importanti.
Comunque, é ben noto ai tecnologi alimentari che a seguito di errori nel trattamento
di sterilizzazione – consistenti in tempi e/o tempera-ture di trattamento inferiori al
dovuto – vi sono diverse spore bat-teriche che sopravvivono e inducono in tempi
brevi di magazzinaggio la completa alterazione dei prodotti trattati. Tra i batteri che
più spesso si rendono responsabili di tali fenomeni di sopravvivenza e alterazione, ve
ne sono di capaci di svilupparsi in assenza di ossigeno – batterio di riferimento il
Clostridium sporogenes – e altri capaci di svilupparsi sia in assenza che in presenza
di ossigeno, come il batterio aerobio- anaerobio facoltativo Bacillus
stearothermophilus. Entrambi sono in grado di svilupparsi negli alimenti confezionati
sotto vuoto e che abbiano subito trattamenti di sterilizzazione anche di poco inferiori
al necessario (Richards, 1968; Stumbo et al., 1950; Pflug and Odlaug, 1978; Stumbo,
1983; Casolari, 1994). Senza dubbio, i flaconi di Spallanzani devono aver raggiunto
temperature intorno a 115 - 118°C, dopo 30-60 minuti di ebollizione; però non
rimasero che pochi minuti a tali temperature; si può quindi presumere che in ogni
caso le concentrazioni di ossigeno all’interno dei flaconi potessero consentire lo
sviluppo dei microrganismi sia anaerobi che aerobi-facoltativi, con accettabile
probabilità.
Né si può sospettare che un elevato contenuto residuo di ossigeno abbia potuto
impedire lo sviluppo microbico. Pasteur stesso dichiarerà apertamente, a suo tempo,
che l'ossigeno non aveva avuto certamente alcuna influenza sui risultati ottenuti da
Spallanzani e quelli che stava ottenendo – nei primi decenni dell'800 – Appert,
affermando che l'ipotesi di Gay-Lussac, che era di quel tipo, era del tutto errata:
“…l’absence de l’oxygène n’est pas comme le pensait Gay-Lussac, une condition
nécessaire de l’inaltérabilité des conserves d’Appert.“ (Pasteur, pag. 217, 300).
Eppoi, come dice Pasteur stesso, le esperienze di Schwann (1810-1882) con aria
calcinata, dimostrando che l’assenza di sviluppo microbico poteva esserci sia in
assenza che in presenza di ossigeno, avevano convincentemente: “ .. donné raison à
Spallanzani contre Needham.” (Pasteur, pag. 300).
Tuttavia, Pasteur non riconobbe mai, esplicitamente, che Spallanzani aveva confutato
la generazione spontanea; anche se, superata dunque quest'ultima obiezione di
Needham, la conclusione doveva risultare del tutto evidente. Né apparentemente
riconobbe mai esplicitamente, Pasteur, che le centinaia, migliaia di tonnellate di
prodotti alimentari prodotte nei primi decenni dell’Ottocento da Appert, secondo il
metodo di Spallanzani, dimostravano incontrovertibilmente che la generazione
spontanea non esisteva.
Spallanzani comunque aveva già dimostrato in esperienze precedenti, che anche una
rarefazione dell’aria – una concentrazione di ossigeno nettamente inferiore a quella
atmosferica - non era in grado di impedire lo sviluppo microbico (Saggio, 1745, p.
135-136).
Si può aggiungere infine, l’opinione ancora diffusa tra gli astrobiolo-gi, che l'origine
abiologica – nel brodo inorganico primordiale - della vita sulla terra sia avvenuta in
atmosfera riducente (Oparin, 1832; Urey, 1952; Harada & Fox, 1965; Crick, 1983).
Colonie adiacenti di Penicillium crustosum; ben visibili zone di reciproca inibizione
dello sviluppo.
4.5 _ I microscopi
É stato sostenuto da diversi autori che Spallanzani disponeva di un microscopio
nettamente meno potente di quello di Needham, e che da questo sia dipesa la
discordanza tra i loro risultati: “Spallanzani, not Buffon and Needham, was the
technically handicapped party in this debate…” (Sloan, 1992). Si potrebbe sospettare
ragionevolmente che osservazioni di questo tipo possano essere avanzate solo da
storici incompetenti.
Prima di tutto, Spallanzani ha usato sia “ .. microscopj che dir sogliamo
levenoecchiani, o sia formati di una sola lente..sia microscopi composti .. lavoro di
peritissimo artefice .. ” (Saggio, p. 142). Egli dedica un’intera pagina degli ‘Opuscolì
(p. 32) ad affermare che aveva acquisito una considerevole esperienza in ‘molti, e
molti anni ‘ di eserciziosu i Microscopj’; che era perfettamente in grado di
distinguere il moto browniano delle particelle (un movimento involontario che hanno
le particelle microscopiche sospese in acqua) dal movimento volontario degli
organismi infinitamente piccoli (Opuscoli, p. 34) che ora chiamiamo batteri.
Inoltre, nel 1700, con i microscopi si ottenevano ingrandimenti di 100-150 diametri
(Stein, 1931; Sloan, 1988; Casida, 1976). Come ben noto ai microbiologi, i batteri del
genere Bacillus sono visibili con gli attuali microscopi, anche senza contrasto di fase,
a 100 ingrandimenti. Casida (1976) poi ha dimostrato che batteri come E. coli,
Bacillus e Arthrobacter possono essere visti con un microscopio di Leeuwenhoek a
100-150 diametri (verifica effettuata con una copia del microscopio originale di
Leeuwenhoek, messagli temporaneamente a disposizione dalla American Society for
Microbiology) altrettanto bene quanto si possono osservare ora con un corrente
microscopio composto, senza l'utilizzo del condensatore. Posso testimoniare di aver
verificato personalmente la visibilità dei batteri anche a solo 100x in microscopi
d’uso corrente, senza utilizzare il contrasto di fase.
Come riportato più sopra, Spallanzani fa notare come già mezzo minuto di
ebollizione nelle condizioni sperimentali adottate: ' .. sia stato fatale agli animali di
statura massima, mediocre e piccola .. quando il bollore di due minuti era stato
innocente riguardo agli animaletti infinitamente piccoli, che chiamerò dell'ultimo
ordine.” (Opuscoli, p. 30). E li vede, “col microscopio” (Opuscoli, p. 29) tali
organismi 'menomissimi, infinitamente piccoli’, tanto che “ .. differiscono fra loro
nella forma e nella grandezza.” (Opuscoli, p. 31); “ .. animaletti tanto esili, che
sembravano punti .. immagini il lettore di avere due laghi, in un de' quali nuotino
pesci d'ogni grandezza, cominciando dalle balene , e venendo giù per gradi
d'impicciolimento fino ai più minuti, e nell'altro lago nuotino sol-tanto pesciolini
niente più grandicelli delle formiche, ed avrà una sensibile idea degli animali .. che
mi apparvero..” (Opuscoli, p. 30). Quindi, poiché é fuori dubbio che Spallanzani ha
avuto a che fare con i batteri, é anche fuori dubbio che disponeva di microscopi che
gli consentivano di vedere tali organismi; non solo, ma anche di percepirne le diverse
grandezze e forme; e quindi i microscopi di Spallanzani erano dotati di idonei
ingrandimenti e sufficiente potere di risoluzione.
Ne consegue che l'ipotesi – soprattutto, ma non solo, di Sloan - che il disaccordo tra
le osservazioni di Needham e Spallanzani possa essere attribuito alla diversa qualità
dei loro microscopi, e soprattutto a sfavore di Spallanzani, é piuttosto improbabile;
soprattutto, infine se si tien conto dell’abilità di osservatore, di: “ .. chi per molti, e
molti anni si esercita su i Microscopj, ed ha fatto uno studio particolare, e ben lungo
intorno a questi diversi ordini d'infinitamente piccoli.” (Opuscoli, p. 32).
Comunque, i risultati delle esperienze di Needham e Spallanzani potevano essere
giudicati positivi o negativi, con la semplice osservazione dei flaconi ad occhio nudo,
poiché le infusioni sterili rimangono limpide, mentre quelle nelle quali si sono
accresciuti i microrganismi, contengono almeno da alcune centinaia di migliaia a
oltre un miliardo di cellule/g e quindi sono molto torbide.
Le soluzioni torbide per effetto dello sviluppo microbico, hanno anche caratteristiche
addizionali rivelatrici di tale condizione, quali odori sgradevoli, sviluppo di bolle di
gas e schiume superficiali, modificazione (generalmente aumento) dell’acidità, ecc.
Le sospensioni che contengono meno di 3x105 batteri/g, all’incirca, non sono torbide,
quindi non riconoscibili come contenenti microrganismi vivi se guardate ad occhio
nudo; ma anche con il microscopio a 100x-200x - soprattutto se di un tipo primitivo sono difficilmente riconoscibili. Quindi le soluzioni non torbide sono con molta
probabilità giudicate sterili, sia ad occhio nudo che all’osservazione microscopica.
Nella figura di seguito si possono osservare: da sinistra a destra: bevuta con substrato
colturale sterile; bevuta con accrescimento di muffe in superficie, e soluzione
pressoché limpida; bevuta con sviluppo di microrganismi diversi, e soluzione quindi
torbida.
Bevuta con soluzione colturale sterile (limpida); con vegetazione micotica
superficiale; con sviluppo microbico deciso (torbida).
Inoltre, poiché le infusioni non erano acide, il livello di contaminazione non poteva
per alcun motivo arrestarsi a poche centinaia di migliaia di cellule / ml, ma doveva
raggiungere necessariamente i livelli che sono comunemente raggiunti nelle colture
batteriche, intorno a un miliardo di cellule batteriche / ml (come nella bevuta (3) della
figura); tale concentrazione comporta un livello estremo di torbidità
inconfondibilmente riconoscibile come accrescimento microbico.
Infine, ma della massima importanza, i risultati ottenuti da Spallanzani non
richiedono alcun esame microscopico, per essere interpretati. Essi sono interamente,
inequivocabilmente interpretati in base alle nozioni fondamentali della termomicrobiologia, ossia della branca che studia l’effetto delle alte temperature sulla
vitalità dei microrganismi.
Le infusioni, chiuse ermeticamente in contenitori ‘rigidi’ (i vasi di vetro), quando
sono stati mantenuti per tempi lunghi all’ebollizione, hanno certamente raggiunto
temperature molto più elevate dei 100° dell’ebollizione – quindi pressioni elevate come dimostra il fatto che “ .. i vasi, dopo l’aver provato il bollore dell’acqua per
pochi minuti, cominciavano l’uno or l’altro a scoppiare, e per avere de vasi un
numero sufficiente alle mie esperienze, posso dire che me ne andarono a male per ben
due terzi. Vetri più acconci a resistere al fuoco mi riuscì ad avere in appresso, i quali
perciò potei soggettare più a lungo all’ebollizione .. altrimenti si era sicuro di vedere
scoppiare tutti i vasi.” (Opuscoli, p. 33). É del tutto probabile che entro i 30-45 minuti
di ebollizione, siano state effettivamente raggiunte temperature intorno a 115° 118°C, in accordo con l’equazione di stato:
T = P*V/n*R
Spallanzani ne é ben consapevole: “.. noto già essendo ai fisici che l’acqua ove bolla
in un vaso chiuso acquista maggiore intensità di calore, di quello faccia bollendo in
un vaso aperto.” (Opuscoli, p. 34). Ne consegue che la temperatura é andata
aumentando minuto dopo minuto fino a 115° almeno, e che i microrganismi che
crescendo hanno intorbidato le infusioni trattate meno di 45 minuti dovevano essere
senza ombra di dubbio cellule vegetative derivate da spore batteriche germinate,
poiché solo le spore batteriche possono sopravvivere a temperature così elevate
(Stumbo, 1973; Lopez, 1987; Casolari, 1988). Tutti gli altri microrganismi sono
distrutti da trattamenti a temperature di 70-90°C, anche per tempi brevissimi; e comunque nessun microrganismo non-sporigeno é in grado di sopravvivere alla
temperatura di 100°C in soluzioni ad elevatissimo contenuto d'acqua, quali erano le
infusioni di Spallanzani.
La resistenza microbica al calore aumenta in condizioni di disidratazione parziale o
totale. Ma la constatazione che dopo solo mezzo minuto di permanenza alla
temperatura di ebollizione, i microrganismi di maggiori dimensioni, d'ordini
superiori, non sono più risultati vitali, dimostra che le infusioni avevano un contenuto
acquoso elevatissimo, come ci si aspetta da semplici infusioni di materiali organici i
più vari.
Esaminando il tipo di organismi sopravvissuti nei vasi tenuti all’ebollizione per meno
di 45 minuti, Spallanzani li distingue in animaletti e germi. Egli ritiene che la
funzione dei germi possa essere di generare glì animaletti dell’ultimo ordine, che
attualmente chiamiamo cellule batteriche vegetative. Si direbbe quindi che
Spallanzaini identifichi i germi con le spore batteriche. Tale ipotesi sembra
confermata dalle argomentazioni che espone sulla probabilità che gli organismi
dell’ultimo ordine siano penetrati nei vasi dall’esterno, invece che essere
sopravvissuti al trattamento termico. Poiché gli animaletti hanno una certa
dimensione seppure minima, anche i germi debbono avere una certa dimensione; e
siccome l’aria, l’acqua e sostanze odorose – certamente di dimensioni inferiori sia ai
germi che agli animaletti – non sono penetrate all’interno dei vasi – come ha
direttamente sperimentato - nemmeno i germi e gli animaletti sono potuti entrare
all’interno dei vasi. Inoltre, siccome negli infusi chiusi in scatole con l’apertura
saldata con lo stesso metallo – e quindi in ambiente con porosità certamente superiore
a quella del vetro - non si sono accresciuti microrgani-smi dopo 45 minuti di
trattamento all’ebollizione, evidentemente i germi non sono penetrati nemmeno nelle
scatole di metallo.
Conseguentemente, conclude Spallanzani, tali animaletti potrebbero derivare dai
germi originariamente presenti negli infusi, che “.. per un dato tempo resistano alla
violenza del fuoco, ma infine soccombano.” (Opuscoli, p. 42). Attualmente, tali
germi, unità resistenti al calore, e che danno origine con la germinazione a cellule
vegetative, sono chiaramente identificabili con le spore batteriche. Si potrebbe quindi
sostenere che Spallanzani ha per primo individuato – o almeno ipotizzato
fondatamente – la possibile presenza le spore batteriche.
Ciononostante, il significato delle sue esperienze - e massime del valore straordinario
che ebbe in tutta l’evoluzione della biologia sperimentale, la possibilità di ottenere e
mantenere la sterilità dei substrati colturali – forse sfuggì ai contemporanei; e
sicuramente non fu compreso – o evidenziato - dagli sperimentatori del secolo
successivo, Pasteur compreso. Infatti Pasteur si affannò a cercare di dimostrare che
nell’aria c’erano dei microrganismi. Mentre non era al di fuori dei flaconi
sperimentali che si doveva cercare la soluzione del problema della generazione
spontanea; ma al loro interno.
Anche i sostenitori della generazione spontanea, gli eterogenisti, ritenevano che
proprio all’interno delle infusioni si realizzassero le condizioni chimico-fisiche
necessarie all’insorgenza di microrganismi nuovi; non all’esterno.
4.6 _ La generazione spontanea é confutata
Ci sono almeno due motivi forti per ritenere che Spallanzani abbia confutato
definitivamente la teoria della generazione spontanea: la dimostrazione dell'erroneità
delle esperienze di Needham sulle quali si basava la teoria, e la dimostrazione che la
sterilità può essere conseguita e mantenuta nel tempo.
Spallanzani ha infatti ripetuto la classica esperienza di Needham, della carne scaldata
in un ampolla e in cui erano cresciuti una quantità di microrganismi, dimostrando che
le condizioni sperimentali da lui applicate erano almeno doppiamente errate, sia per
l'insufficienza del trattamento termico, sia per la mancanza di chiusura ermetica delle
ampolle. Lo dimostrò impiegando non una sola, bensì diciannove infusioni di
materiali diversi. Tutte le altre obiezioni le aveva ribattute, dimostrando sia che i
microrganismi potevano ac-crescersi anche a tensioni ridotte di ossigeno; sia che le
chiusure delle ampolle potevano divenire ermetiche solo saldandone il collo di vetro
alla fiamma; sia che il trattamento necessario per sterilizzare le ampolle era di almeno
45 minuti all'ebollizione, effettuando la prima determinazione di resistenza dei
microrganismi al calore.
In più, si può affermare che Spallanzani dimostrò in modo incontrovertibile e
definitivo, che la generazione spontanea non avveniva, provando che un gran numero
di soluzioni nutritive erano sterilizzabili e si conservavano sterili, seppure in
condizioni fisico-chimiche peraltro adattissime alla crescita microbica.
La sterilità é una condizione di estrema importanza, primaria, basilare: confuta, sì, la
generazione spontanea; ma ha consentito di fondare l’esercizio pratico della
microbiologia: solo impiegando substrati colturali sterili é stato possibile coltivare i
microrganismi in laboratorio, individuare mezzi fisici e chimici per proteggerci dalla
loro attività invasiva; riconoscere praticamente quelli patogeni; saggiarne la
diffusione e la resistenza nell’ambiente esterno; la possibilità di fermarli, distruggerli,
per migliorarci l’esistenza quotidiana; ha consentito di fondare il concetto e la pratica
dell’asepsi, della disinfezione, della sterilizzazione dei materiali chirurgici e dei
dispositivi della clinica medica che hanno salvato milioni di vite; non ultimo, ha
consentito l’affermazione dell’industria della conservazione dei farmaci e degli
alimenti, che in tal modo sono diventati disponibili indipendentemente dalle distanze
delle zone di produzione.
Le opinioni di diversi studiosi sono esplicite, in merito al significato determinante
rivestito dalla sconfitta della teoria della generazione spontanea in relazione allo
sviluppo della microbiologia e della medicina. Dice Farley: “Tyndall thought that it
was only through the complete elimination of the spontaneous generation viewpoint
that medicine could hope to conquer disease.” (Farley, 1974). Si può riaffermare
quindi, a proposito di Spallanzani, che: “Nessuno scienziato ha servito di più la
medicina, senza essere medico.” (Duchambre, da Rostand, 1963, p. 188).
Lo sviluppo della microbiologia sperimentale non é immaginabile, se non fosse stata
definita la possibilità di ste-rilizzare.
Capitolo 5. Sterilizzazione e pastorizzazione
"Sterilization is the removal of all life of any kind from an object or material."
(Richards, 1968). Si può affermare con accettabile approssimazione che nessun
microrganismo sopravvive alla sterilizzazione; e più precisamente, che la probabilità
di sopravvivenza delle spore dei batteri più resistenti al calore – che sono gli
organismi più resistenti al calore in assoluto - é compresa tra 10-5 e 10-12 , vale a
dire che dopo un trattamento convenzionale di sterilizzazione con Fo = 10 (il valore
di Fo indica il tempo in minuti di trattamento reale alla temperatura di riferimento di
250°F = 121.1°C; il trattamento reale é comprensivo dei contributi termici dovuti al
tempo di salita della temperatura per il raggiungimento di quella di steriliz-zazione e
dei contributi dovuti al tempo di permanenza a temperature letali, nel corso del
raffreddamento), una sopravvivenza potenziale di 10-5 e 10-12 significa che non si
possa escludere che meno di una unità su centomila unità – o meno di una su mille
miliardi di unità – rispettivamente, possa essere non sterile. La termoresistenza di
alcune specie di spore batteriche é talmente elevata, che per raggiungere livelli di
probabilità di sopravvivenza intorno a 10-5 e 10-12 di tali spore, occorrerebbero
trattamenti termici più elevati di quelli adottati nella pratica; ma tali trattamenti
determinerebbero un peggioramento della qualità dei prodotti, che li renderebbe tanto
meno appetibili al consumatore quanto più protratto fosse il trattamento di
sterilizzazione. Quindi nella pratica si sceglie un compromesso accettabile – risultato
sperimentalmente accettabile (quello che le migliaia di miliardi di unità prodotte in
quasi 200 anni di sterilizzazione pratica testimoniano) – applicando temperature
comprese tra 118° e 145°, per tempi compresi all'incirca tra 20 minuti e 2.4 secondi,
rispettivamente.
L'entità dei trattameti termici di sterilizzazione applicati abitualmente determina un
livello di distruzione degli eucarioti – lieviti, muffe, protozoi – e delle cellule
vegetative batteriche, tale da ridurre la probabilità di sopravvivenza intorno a valori
di molto inferiori a 10-40 , ciò che significa una probabilità di sopravvivenza della
Salmonella typhi, o del Vibrio colerae, inferiore a una cellula in una massa di
prodotto superiore ad almeno 10 milioni di masse solari.
La sterilizzazione distrugge irreversibilmente la capacità di ri-produzione.
L’incapacità di riproduzione é il criterio stesso della morte microbica.
In un prodotto sterile, tutte le molecole organiche costitutive del materiale biologico
originario rimangono pressoché intatte, e assolutamente disponibili per la
neoformazione di organismi nuovi, tanto é vero che i prodotti sterili sono in grado di
sostenere lo sviluppo microbico – sostenere, non significa assolutamente generare con il massimo vigore. La dimostrazione incontrovertibile la si può ottenere
inoculando qualsiasi microrganismo nel prodotto sterilizzato. Una condizione di
questo tipo può verificarsi quando il contenitore del prodotto sterilizzato é portatore
anche solamente di perdite microscopiche di ermeticità, che consentono a
microrganismi dell’ambiente esterno di entrare a contato con il prodotto. Il prodotto
si trasforma letteralmente in un completo substrato colturale per lo sviluppo del
microrganismo che lo contamina, che si accresce nei brevissimi tempi canonici di 2448 h a temperature prossime a 30°, alterando completamente il prodotto, ossia
ingenerando fenomeni putrefattivi, fermentativi, ecc.
Ma un prodotto sterile rimane indefinitamente inalterato e privo di microrganismi
vitali, in assenza di macro- e/o micro-perdite di ermeticità, che ne promuovano la
contaminazione da parte dell’ambiente esterno. Ne sono la riprova sperimentale,
pratica, se occorresse, i miliardi di tonnellate di prodotti alimentari sterilizzati, messi
in commercio dai tempi di Appert (dal 1810 circa).
Sterilità e generazione spontanea sono dunque due condizioni biologiche
assolutamente antitetiche: non possono coesistere. La prima esclude la seconda,
poiché la sterilità é impensabile in presenza di generazione spontanea, perché la
sterilità non sarebbe né ottenibile né mantenibile se i microrganismi non potessero
essere distrutti, se potessero recuperare la loro vitalità – o se comparissero
microrgani-smi di nuova generazione – nei materiali sterilizzati.
Le spore batteriche sono le forme biologiche più resistenti al calore. Sulla base delle
attuali conoscenze sulla sterilizzazione e la fisiologia microbica (Richards, 1968;
Stumbo et al., 1950; Pflug & Odlaug, 1978; Stumbo, 1973; Casolari, 1988; Casolari,
1994) tutti i microrganismi sono distrutti se mantenuti per un tempo pari o superiore a
tT compreso tra 1.4 ore e 2.4 secondi a temperature (T) comprese tra 112°C e 145°C,
rispettivamente, secondo la relazione:
tT = tTr * 10 (Tr-T)/z
[1]
(dove la temperature di riferimento Tr = 121.1°C = 250°F, e z = 10°C = 18°F, e t é in
minuti).
I trattamenti di sterilizzazione adottati nella pratica sono di entità tale da ridurre la
probabilità di sopravvivenza microbica a valori inferiori al livello di rilevabilità dei
metodi analitici. Quindi, a tutti gli effetti pratici, la sterilizzazione equivale alla
completa distruzione dei microrganismi presenti nel materiale trattato, visto che la
presenza eventuale di unità non sterili é talmente ridotta, da rendere praticamente
impossibile rilevarla analiticamente. I trattamenti di sterilizzazione debbono essere
applicati a materiali previamente chiusi in contenitori ermetici (all’acqua, all’aria, e ai
microrganismi, ovviamente). Ciò comporta direttamente che i prodotti sterilizzati
possono essere conservati inalterati indefinitamente; almeno finché non viene a
mancare l’ermeticità del contenitore (per rottura, danneggiamento, corrosione con
perforazione del metallo, ecc.), che protegge il materiale dalla contaminazione
ambientale. Infatti, il prodotto sterile non contiene sostanze che inibiscano lo
sviluppo microbico (altrimenti non avrebbe senso sterilizzarli; basterebbe aggiungere
un’ adeguata concentrazione di antimicrobico); cosicché se il prodotto viene
contaminato, con l’apertura o la perdita di ermeticità del contenitore, é
inevitabilmente alterato dai microrganismi che vi si sviluppano in brevissimo tempo a
temperatura ambiente.
La differenza tra sterilizzazione e pastorizzazione é di fondamentale importanza.
La condizione biologica raggiunta con la pastorizzazione é del tutto differente;
completamente diversa. In accordo con le direttive della International Dairy
Federation (1994) lo scopo della pastorizzazione non é infatti di distruggere la totalità
dei microrganismi presenti in un substrato – come per la sterilizzazione - ma
solamente “ .. di ridurre il numero dei microrganismi di alterazione.” (IDF, 1994).
Tale risultato é raggiungibile con trattamenti di 30 minuti a 63°C oppure 15 secondi a
~72°C. (IDF, 1994), o equivalenti:
t = 237.9 – 3.3 * T
[2]
Tenendo conto che un trattamento di sterilizzazione richiede l’esposizione del
materiale ad una temperatura di 121.1°C per 10 minuti – o ad una temperatura e per
un tempo equivalenti, secondo l’equazione [1] – si può ottenere, sempre
dall’equazione [1], che si potrebbe avere teoricamente lo stesso risultato, ossia lo
stesso livello di sterilità, solo se il trattamento avesse la durata di un anno e mezzo
circa alla temperatura di pastorizzazione di 72°C. All’opposto, si otterrebbe lo stesso
risultato dei 15 secondi a 72° - ossia un effetto pastorizzante – in 3 milionesimi di
minuto se la temperatura applicata fosse quella di sterilizzazione di riferimento, ossia
121.1°C, invece di 72°.
Appare ovvio quindi come trattamenti di entità così modesta come quelli di
pastorizzazione, che sono all’incirca un milionesimo di volte meno efficaci dei
trattamenti di sterilizzazione, non possano distruggere che una minima parte dei
microrganismi presenti in un substrato; e in ogni caso non distruggono assolutamente
le spore batteriche, che sono gli organismi più resistenti al calore. La pastorizzazione
distrugge solamente una frazione delle cellule microbiche più sensibili al calore.
Infatti, il numero di microrganismi che sopravvivono alla pastorizzazione é
generalmente compreso tra 10 e 10,000 cellule per grammo di prodotto (pari a 10
mila, 10 milioni di batteri per litro, rispettivamente). La pastorizzazione, comunque,
non elimina necessariamente le ascospore termoresistenti delle muffe del tipo
Byssochlamys, Neosartorya e Talaromyces (Pitt & Hocking, 1987), e le spore
batteriche di Sporolactobacillus, Alicyclobacillus, Bacillus macerans e B. polymyxa
[Vaughn et al., 1952; Casolari e Giannone, 1966; Cerny et al., 1984; Doores e
Whestoff, 1981; Pitt & Hocking, 1985; Pieckova e Samson, 2000].
Ne consegue che i substrati solamente pastorizzati, non sono stabili se mantenuti a
temperatura ambiente; possono essere alterati – per effetto dello sviluppo dei
microrganismi – in 2-4 giorni. Per evitarne l’alterazione microbica, i prodotti
pastorizzati debbono essere trattati con pratiche tecnologiche aggiuntive, quali
l’essere acidificati o essere naturalmente acidi quanto basta; oppure essere conservati
a temperature di refrigerazione, oppure essere congelati; essere concentrati, o
aggiunti di zucchero – come le confetture, le marmellate, le gelatine di frutta – o
essere abbondantemente salati, oppure essiccati; essere aggiunti di sostanze
antimicrobiche; oppure assoggettati a fermentazione.
Quindi la differenza fondamentale tra sterilizzazione e pastorizzazione é che la prima
comporta la completa distruzione dei microrganismi; mentre la pastorizzazione
reduce solamente il numero dei microrganismi vitali. I substrati sterilizzati non si
alterano microbiologicamente anche se mantenuti indefinitamente a temperatura
ambiente; i substrati pastorizzati, sono invece molto alterabili a temperatura
ambiente, e quindi per mantenerli inalterati necessitano di interventi supplemen-tari.
Un'altra differenza importante, ancorché ovvia, dopo quanto é stato detto, é che nei
prodotti pastorizzati sono contenuti una varietà e un numero di microrganismi vitali
non indifferente. Nei prodotti acidi, concentrati, essiccati, refrigerati e congelati, i
microrganismi sopravvissuti alla pastorizzazione, rimangono vitali per tutto il tempo
in cui permangono tali condizioni - acidità, ridotto contenuto acquoso, o
congelamento – che ne impediscono lo sviluppo. Taluni possono svilupparsi in tempi
lunghi di permanenza a temperature di refrigerazione.
Vento tra i Penicillium, come tra gli alberi.
Capitolo 6 . Pasteur e la generazione spontanea
Pare che a metà dell’800 la teoria della generazione spontanea non godesse di un gran
credito: “By the ends of the 1850 there was virtual unanimity in the Académie des
Sciences in Paris that spontaneous generation did not exist.” (Harris, 2002, p. 101).
Però, un membro dell’Accademia, Félix Pouchet (1800-1872), direttore del Museo di
Storia Naturale di Rouen, aveva presentato (1855) all’Accademia stessa una memoria
sull’evidenza sperimentale della generazione spontanea, ottenuta con infusioni di
fieno. Nel 1859 Pouchet pubblicò addirittura un volume – ‘Hétérogénie, ou traité de
la génération spontanée’ - interamente dedicato a sostenere la tesi della generazione
spontanea.
Nel 1860, una serie di cinque contributi di Louis Pasteur (1822-1895), di tenore
completamente opposto, uscirono a stampa sulla rivista di grande credito scientifico, i
Comptes Rendus. Nello stesso anno, l’Académie des Sciences istituì il premio
Alhumbert di 2500 franchi sul tema: “Essayer par des expériences bien faites de jeter
un nouveau jour sur la question des générations dites spontanées.” (Pasteur, p. 636).
Si riaprì così una nuova stagione di attività sperimentale tesa ad approfondire la
questione della generazione spontanea.
Le esperienze eseguite da Pasteur, contrariamente all’opinione corrente degli storici
della scienza, che evidentemente hanno analizzato il problema da un punto di vista
non-whig (vedere cap. VII), sono tutte assolutamente sbagliate, come le esperienze di
Needham, anche se per motivi differenti. Pasteur eseguì le sue esperienze un secolo
dopo Needham e Spallanzani; ma ciononostante, conferì loro un orientamento del
tutto diverso.
Pasteur non aveva una sua idea propositiva in merito alle esperienze da eseguire per
dimostrare inconfutabilmente che la generazione spontanea non si verificava. Si
interessava alla teoria della spontaneità solamente perché intendeva dimostrare che
gli agenti della fermentazione erano nell'aria e da lì, contaminando i diversi materiali,
ne provocavano poi la fermentazione. Intendeva provare che gli oppositori di tale
ipotesi (tra i quali Liebig, Lavoisier, Gay-Lussac .), che sostenevano come gli agenti
microbici visibilmente presenti nei prodotti fermentati erano un prodotto della
fermentazione, invece che gli agenti causali, avevano torto. Questo, era l'in-teresse
predominante di Pasteur. In realtà tale evenienza, anche qualora fosse stata dimostrata
sperimentalmente, avrebbe avuto un interesse esclusivo in relazione all'origine dei
microrganismi delle fermentazioni; ma nessuno in relazione alla generazione
spontanea. E ciò indipendentemente dalla sua volontà di propugnare, verbalmente e
per iscritto, la coincidenza dei due fenomeni: se si dimostra che i microrganismi sono
nell'aria, si dimostra altresì che non nascono spontaneamente dai materiali
fermentescibili; questa era la tesi corrente a metà dell’Ottocento; e ciò avrebbe
comportato parimenti, che l'insorgenza spontanea dei microrganismi in generale, non
sussisteva.
Ne consegue che le esperienze di Pasteur non sono organizzate in maniera idonea a
dimostrare direttamente l’insussistenza della generazione spontanea; ma piuttosto
indirettamente, attraverso vari tentativi di accreditare la tesi della presenza nell’aria
dei microrganismi; quegli stessi microrganismi che gli eterogenisti vedevano
moltiplicarsi nelle loro infusioni.
Pasteur quindi non ha condotto a termine esperienze intese a dimostrare direttamente
che la generazione spontanea non avveniva correntemente, o non era avvenuta in
tempi prebiologici.
Pasteur ha eseguito tutta una serie di esperienze, tese alla dimostrazione che nell'aria
c'erano microrganismi, al duplice scopo di dimostrare (1) che gli altri studiosi – gli
eterogenisti e non, contemporanei e non – si erano sbagliati, perché gli organismi che
crescevano nelle loro infusioni erano sempre dovuti al contatto diretto o indiretto con
l’aria, con la polvere, con il mercurio (contaminato), e comunque con l'ambiente
esterno alla più intima struttura sperimentale; alla contaminazione ambientale,
insomma: “.. j'ai la prétension de démontrer avec rigueur que dans toutes les
expériences où l'on a cru reconnaitre l'existence de générations spontanées ..
l'observateur à été victime d'illusions ou de causes d'erreur qu’il n'a pas apercues ou
qu’il n'a pas su eviter.” (Pasteur, p. 295).
Nemmeno Spallanzani, secondo Pasteur, aveva risolto il problema: “ .. Needham ne
pouvait .. abandonner sa doctrine en presence des traveaux de Spallanzani ..”
(Pasteur, p. 297). Pasteur pensa ai 45 minuti necessari alla sterilizzazione, che
alterano, secondo Needham, la condizione dell'atmosfera all'interno dei palloni: “ ..
nous allons voir les objections de Needham légitimées..” (Pasteur, p. 298). Anche
senza un motivo chiaro, dichiarato, scrive poco dopo, dimosrando di non aver capito
nulla: “ .. Spallanzani n'avait pas trionphé des objections de Needham..” (Pasteur, p.
302); e ciò a conferma che non voleva riconoscere (vedere di seguito a pag.63), o non
aveva compreso, il potere risolutivo, probante, delle esperienze di Spallanzani.
(2) “ .. Mais quel besoin avais-je donc de m'attacher à cette étude?.. un besoin
impérieux.” (Pasteur, p. 303). Pasteur sperava soprattutto di accreditare
‘imperiosamente’ la sua tesi sulla natura e l’origine delle fermentazioni; per cui se gli
organismi delle fermentazioni si fossero originati eterogenicamente, la sua tesi
avrebbe avuto scarsa, nessuna attendibilità; ma se i microrganismi o loro precursori, o
germi, si fosse potuto dimostrare che provenivano dall’aria, allora avrebbe potuto
sostenerne con maggiore credibilità la sua tesi; consacrarla come un dato di fatto.
Coniugò strettamente l'obiettivo che gli interessava maggiormente – ossia la necessità
di dimostrare l'origine aerea degli agenti della fermentazione – con l'ipotesi che tale
realtà avrebbe dimostrato conseguentemente errate – per effetto di avvenuta
contaminazione ambientale - le esperienze degli studiosi sulla generazione spontanea;
e allo stesso tempo ancora, avrebbe dimostrato la falsità della dottrina stessa. “ Au
point où je me trouvais de mes etudes sur les fermentations, je devai donc me former
une opinion sur la question des générations spontanées. J’y rencontrerais peut-etre
une arme puissante en faveur de mes idées sur les fermentations proprement dites.
Les recherches j’ai maintenant à rendre compte n’ont été par conséquente qu’une
digression oblijé de mes études sur les fermentations.” (Pasteur, p. 224). Ma tale
consequenzialità non era per nulla giustificata. Dimostrare che le osservazioni sulla
presunta generazione spontanea di microrganismi erano dovute alla contaminazione
aerea, sarebbe stata comunque una osservazione utile da contrapporre
all'interpretazione degli eterogenisti; una possibile dimostrazione dell'erronea
conduzione delle loro esperienze; ma non una dimostrazione che l'eterogenia in se
stessa non poteva verificarsi. Le due realtà erano piuttosto indipendenti, anche se fra
loro sussisteva ovviamente una relazione, soprattutto per quanto atteneva alle
modalità di attuazione delle occasioni sperimentali.
Da Redi a Spallanzani, il rilievo che rivestiva la probabilità della contaminazione
ambientale nella progettazione e nella conduzione dell'attività sperimentale, era già
stato definito con l'apprestamento di recipienti, aperti e chiusi con carta o garza (Redi
doveva semplicemente isolare il materiale sperimentale dagli insetti, che hanno un
diametro minimo intorno al mil-limetro); e da Spallanzani, aperti e completamente
chiusi, ermeticamente, per fusione del collo di vetro dei palloni (Spallanzani doveva
isolare gli infusi dai microrganismi, che hanno un diametro minimo intorno al
millesimo di millimetro). Spallanzani aveva dimostrato errata l'esperienza iconica di
Needham, proprio rifacendola ma con palloni ermeticamente chiusi per fusione del
vetro alla fiamma, invece che chiusi con tappi di sughero. Il problema della presenza
dei microrganismi nell'aria non era quindi più in discussione. Mancava una
dimostrazione sperimentale, diretta, forse; ma non una serie di esperienze che
inducessero a ritenere che tale contaminazione fosse reale, visto che: “ .. La plupart
des naturalistes .. admettaient l'ancienne hypothese de la dissemination aérienne des
germes..” (Pasteur, p. 304).
Pasteur, invece di ripercorrere in qualche modo l’esperienza di Spallanzani,
modificandone eventuali aspetti che poteva ritenere migliorativi, adottò – forse
proprio perché gli agenti delle fermentazioni di cui si stava occupando crescevano più
selettivamente in substrato acido - condizioni sperimentali che forse riteneva
potessero soddisfare entrambe le sue necessità, ma che nella pratica diminuivano la
probabilità di accrescimento microbico in generale, e dei microrganismi più comuni
soprattutto, che avrebbero potuto eventualmente crescere spontaneamente. Infatti, i
procarioti, i comuni batteri, sono organismi enormemente più semplici degli eucarioti
di immediato suo interesse, quali sono i lieviti, gli agenti primi della fermentazione
vinaria, ecc. Dedicandosi caparbiamente all’ esecuzione di esperienze che avrebbero
dovuto dimostrare la presenza nell'aria degli agenti microbici delle fermentazioni,
non avrebbe potuto dimostrare direttamente l’inconsistenza pratica della dottrina
della generazione spontanea. Sembra piuttosto ipotizzabile, che Pasteur presumesse
di individuare la condizione fondamentale, l'experimentum crucis, capace di
confutare definitivamente la generazione spontanea, nella realizzazione di una
condizione sperimentale molto particolare, che discendeva direttamente dalle
dichiarazioni di Needham (vedere p. 103). Ciononostante, nell’impostazione delle sue
esperienze compì tutta una serie di errori fondamentali, ponendosi fin dall’inizio nella
condizione di esplorare il comportamento di una frazione limitata della flora
microbica; e malauguratamente, di una frazione con caratteristiche tali, ben delimitate
– gli eucarioti - non riferibili al comportamento più generale degli organismi
microscopici più comuni e più diffusi, anche se del massimo interesse per lo studio
delle fermentazioni. Conseguentemente, qualunque risultato avesse ottenuto con le
sue esperienze, non avrebbe potuto essere considerato auto-maticamente la prova di
un comportamento più generale, che avrebbe dovuto essere invece necessariamente
riferibile alla maggior parte della popolazione microbica, se non proprio alla totalità
di procarioti ed eucarioti. Ma cercando di dimostrare solamente che nell'aria c'erano
microrganismi, non avrebbe comunque dimostrato alcunché in relazione alla
generazione spontanea.
Pasteur aveva assunto insomma una definita posizione ideologica, che intendeva
affermare e difendere ad ogni costo. Era anche credente, e in quel periodo la teoria
della generazione spontanea era considerata una forma di materialismo (Harris,
2002). Certamente, Pasteur sapeva bene che l’Académie des Sciences era
unanimemente avversa alla dottrina della generazione spontanea (Farley, 1974;
Harris, 2002); “... a panel unanimously unsympathetic to spontaneous generation
from the outset. ” (Farley & Geison, 1974). Annota infatti con soddisfazione Pasteur:
“ ... dit M. Flourens (forse il più importante membro dell’Académie) ... Pasteur met
ensemble de l’air et des liqueurs putrescibles et il ne se fait rien. La génération
spontanée n’est donc pas. Ce n’est pas comprendre la question que de douter
encore.” (Pasteur, p. 351).
In più, oltre ad essere affette da questo vizio di impostazione generale, di
fondamentale importanza, la descrizione delle sue esperienze sollevano dubbi su
molti altri aspetti, connessi alle modalità di esecuzione, oltre che all’interpretazione
dei risultati, in diretta relazione con il loro valore probante.
Pasteur intraprese le sue sperimentazioni, all’età di 37 anni: “..aveva appena
cominciato ad affrontare problemi di natura bio-logica .. ”, ( Farley e Geison, 1974;
Narashiman, 2001), quali la produzione e la stabilizzazione dell’aceto e del vino,
oltre che la fermentazione alcolica. É probabile che a tale condizione si possano far
risalire alcune scelte basilari, erroneamente da lui effettuate, come la scelta di un
substrato colturale acido, e l’orientamento sperimentale alla dimostrazione della
contaminazione aerea come causa prima dei processi fermentativi, più che
all’individuazione di evidenze utili per una verifica frontale, diretta, della dottrina
della generazione spontanea.
Capitolo 7. Osservazioni alle esperienze di Pasteur.
Le esperienze di Pasteur sono riportate in tre gruppi di pubblicazioni: 5 rapporti
presentati all’Accademia delle scienze di Parigi nel 1860 (Comptes rendus de
l’Académie des sciences, 1860, pp. 187-209), e nove pubblicazioni – le cosiddette
Mémoires - riportate sia negli Annales des sciences naturelles, 4° ser., XVI, p. 5-98,
nel 1861, sia negli Annales de chimie e de physique, 3° ser., LXIV, p. 5-110,
nell’anno successivo. Di seguito sono analizzate le principali condizioni sperimentali,
che apparentemente privano di ogni valore probante le esperienze eseguite da Pasteur
in merito alla confutazione della teoria della generazione spontanea: (i) impiego di un
solo substrato di riferimento; (ii) impiego di un substrato acido, inadatto allo sviluppo
della totalità dei microrganismi; (iii) un substrato non sterile, ma solo pastorizzato;
(iv) erronea identificazione della contaminazione aerea con la teoria della
spontaneità; e diverse altre.
7.1 _ Impiego di una sola soluzione colturale.
Il primo errore di Pasteur é stato quello di aver usato quasi costantemente un solo
substrato per la coltura dei microrganismi. La probabilità dell’accrescimento dei
microrganismi dipende in misura rilevante dall’ambiente in cui vengono a trovarsi.
Variazioni delle condizioni biofisiche ambientali influiscono sulla velocità di
sviluppo e in molti casi anche sul tipo di sviluppo; si possono fare poche
generalizzazioni. Si conoscono microrganismi dalle più varie esigenze nutrizionali.
L’acqua é indispensabile; nell’acqua debbono essere contenuti macroelementi diversi,
quali carbonio, azoto, fosforo, potassio e magnesio, ma anche microelementi quali
ferro, zinco, rame, manganese, e talvolta calcio. Tutti questi elementi minerali sono
richiesti in tracce anche per la crescita delle piante, quindi gli infusi di vegetali
generalmente li contengono tutti. Alcuni gruppi microbici sono incapaci di utilizzare
l’azoto inorganico; altri crescono soddisfacentemente solo in presenza di sali di
ammonio o meglio aminoacidi, ma non sono in grado di utilizzare i nitrati. Per
l’accrescimento di ogni microrganismo é necessario che siano presenti determinati
componenti nutritivi (Guirard & Snell, 1981), oltre che definite condizioni biofisiche
(Costilow, 1981). I microrganismi richiedono per l’accrescimento una fonte di
energia e composti accessori. Il glucosio é la fonte di carbonio più comunemente e
facilmente utilizzata; ma diversi microrganismi hanno esigenze molto particolari per
altri composti organici. Alcuni microrganismi necessitano addirittura di composti
organici complessi, quali le vitamine (più spesso tiamina, biotina), ecc. Non mancano
microrganismi capaci di accrescersi in substrati sintetici di composizione molto
semplice. Variando le condizioni colturali, si può quindi ottenere lo sviluppo di
gruppi diversi di microrganismi (Onions et altri, 1981; Banwart, 1981; Shapton &
Shapton, 1991), o impedirlo. La maggior parte dei microrganismi é comunque in
grado di accrescersi nei substrati d'uso generale, che sono substrati non acidi, con pH
prossimo alla neutralità; vanno impiegati ad una tensione di ossigeno intermedia, e a
temperature prossime a 28°C. Gruppi particolari di microrganismi preferiscono – e
taluni esigono – substrati acidi, e/o ridotte tensioni di ossigeno, e/o elevata pres-sione
osmotica; temperature molto elevate (superiori a 55°C), oppure molto basse (inferiori
a 12°C).
Basando tutte le sue argomentazioni sui risultati ottenuti usando un solo substrato
guida, in pratica,in tutte le sue esperienze, Pasteur non ha tenuto conto di aver escluso
dalla possibilità dell’accrescimento, una grande quantità di microrganismi
diffusissimi nell'ambiente esterno, che si sarebbe potuta verificare con probabilità
molto più elevata, impiegando una molteplicità di substrati nutritivi, di differente
composizione. Lui stesso ne é consapevole. Infatti inizia l’esposizione delle sue
osservazioni dicendo, nella prima sua pubblicazione: “Les recherches dont j’ai
l’honneur de communi-quer les resultats à l’Académie ne s’appliquent encore qu’à
un seul liqueur … Je vais étudier d’autres liqueurs .. “ (Pasteur, pp. 187-191). In
realtà, Pasteur compirà solo occasionalmente delle esperienze con pochi altri substrati
colturali; descriverà soprattutto quelli eseguiti impiegando urina; pochissime
osservazioni eseguite con latte e la sua soluzione dopo neutralizzazione (Pasteur, p.
253); lasciando intendere di aver usato anche acqua di pepe, e di barbabietole, ma
equiparandone molto vagamente i risultati a quelli ottenuti con la sua soluzione di
riferimento, e difficilmente caratterizzabili fisico-chimicamente.
La sua soluzione di riferimento, che chiama Eau sucrée albumineuse, é costituita da :
10 g di saccarosio e 0.2 – 0.7 g di un derivato del lievito di birra, disciolti in 100 g
d’acqua (Pasteur, p. 188). Tale soluzione aveva un contenuto elevato di saccarosio
(circa 10 volte quello impiegato correntemente) e tale da diminuire seppure in misura
molto ridotta il valore di attività dell’acqua (˜ 0.994) che é più comunemente
impiegato nei comuni substrati colturali per la generalità dei microrganismi. Ma
soprattutto sarebbe stato più opportuno utilizzare il glucosio, al posto del saccarosio,
poiché il glucosio é assimilato dalla quasi totalità dei microrganismi; contrariamente
a quanto avviene per il saccarosio. Nella stessa soluzione, il contenuto proteico é
invece scarso, quando si consideri che il più semplice terreno colturale d’impiego
generale, contiene intorno allo 0.8% di peptone (American Society of Microbiology,
1981, “Manual of methods for general bacteriology”).
Se Pasteur avesse impiegato un infuso vegetale, avrebbe soddisfatto con maggiore
probabilità le necessità fisiologiche della maggior parte dei microrganismi, poiché,
date le caratteristiche fisiologiche dei vegetali, tutti i componenti chimici richiesti dai
microrganismi sarebbero stati presenti con elevata probabilità nei loro infusi.
Si può anche ricordare, a titolo di confronto, che invece di un solo terreno colturale,
come fece Pasteur, Spallanzani impiegò addirittura 19 infusioni (Saggio, p. 137), per
confutare l'esperienza fondamentale eseguita da Needham.
7.2. La soluzione impiegata da Pasteur é acida
Il substrato di riferimento impiegato costantemente – ed erro-neamente - da Pasteur é
acido (Pasteur, pp. 233, 247, 248, 250, 350, 357), ossia ha pH basso. Non é possibile
sapere qual'era il reale valore di pH, ma si può ragionevolmente ritenere, in base al
tipo di microrganismi che crescevano in quell'ambiente, che fosse prossimo a 4,0.
Come é ben noto, soprattutto ai microbiologi ed ai tecnologi alimentari, l’acidità di
un substrato é una condizione fisico-chimica della più elevata rilevanza in relazione
alla possibilità di sviluppo del più ampio gruppo di microrganismi: “The control of
pH, temperature and oxygen supply, is critical with every bacterial culture “
(Costilow, 1981); “Hydrogen ions concentration is among physico-chemical factors
of major concern affecting microbial growth.” (Casolari, 1989); “..there are always
at least three factors controlling microbial growth: the pH, the water activity and
temperature.” (Robert & Jarvis, 1983). Infatti, pressoché tutti i microrganismi sono in
grado di svilupparsi nei substrati cosiddetti d’impiego generale, che hanno appunto
un pH prossimo alla neutralità, e quindi non sono acidi. Mentre solamente pochi
gruppi microbici – detti acidofili e/o acidotrofici – ed in particolare gli eucarioti
aerobi che appartengono alla categoria dei lieviti e delle muffe, possono crescere nei
substrati acidi.
Nella Tab. 1 é riportato un elenco dei microrganismi - sia procarioti sia eucarioti che sono incapaci di crescere in ambienti con pH = 4 (il pH della soluzione di Pasteur
non é noto). L’ambiente acido non é privilegiato nemmeno dagli eucarioti del gruppo
dei protozoi (Tremaine and Mills, 1991; Baldwin and Campbell, 2001).
La soluzione impiegata da Pasteur era acida e lo riconosce lui stesso; non solo, ma ne
rivendica l’idoneità a dimostrare ciò che lui stesso intende dimostrare; tanto che a
Meunier, che gli contesta giustamente i risultati delle sue esperienze come dovuti alla
natura stessa della sua soluzione, Pasteur risponde: “Je le crois bien: c’est là un
résultat qui m’appartient et que je revendique.” (Pasteur, p. 350), affermando
almeno in apparenza una precisa consapevolezza dei vantaggi offerti da tale tipo di
soluzione; aggiungendo che ha anche fornito una ‘formule generale’ mediante la
quale preparare soluzioni ‘à réaction légèrment acide..’ di modo che si possano
ottenere risultati analoghi ai suoi. Pasteur infatti sapeva benissimo – o quantomeno
aveva avuto la possibilità di constatare – che in ambienti neutri o alcalini – come il
latte e come la sua soluzione aggiunta di carbonato di calcio - non si ottenevano gli
stessi risultati che producevano le soluzioni leggermente acide come la sua, se non si
variavano opportunamente alcune condizioni sperimentali, quale ad esempio l’entità
del trattamento termico: “ .. les infusions à réaction légèrment acides n’exige qu’une
température de 100°, ou inférieure de 100°, et que les liquides neutres, au mieux très
légèrement alcalins, doivent etre portés, comme le lait, à plus de 100°.” (Pasteur, p.
352). Ma in più, Pasteur aveva potuto annotare la diversità dei tipi di microrganismi
che si accrescevano nelle soluzioni non acide, rispetto a quelli che si sviluppavano
nella sua soluzione: ” Je n’ait jamais vue former dans le lait ainsi traité (portato ad
alta temperatura) autre chose que des vibrions et des bacteriums, aucune mucédinée,
aucune torulacée, aucune ferment végétale. ” (Pasteur, p. 255); ossia aveva visto
crescere, nel latte trattato ad alta temperatura, batteri di vario tipo, ma non lieviti e
muffe. E ancora: “ .. j’ai reconnu que l’on peut faire produire des vibrions, à l’aide
de l’eau de lévure sucrée . . il suffit de faire bouillir la liqueur à 100° en présence
d’un peu de carbonate de chaux, qui rend la liqueur neutre ou légèrement alcaline. ”
(Pasteur, p. 356).
La conseguenza più diretta dell’acidità della sua soluzione colturale é che i
microrganismi che vi si accrescevano erano quasi esclusivamente lieviti e muffe.
Infatti Pasteur descrive gli organismi che crescono nei suoi recipienti sperimentali,
come muffe: “.. penicillium, des ascophora, des aspergillus..” (Pasteur, p. 189),
muffe e lieviti: “.. les mucoracées, les torulacées, les mucédinées..” (Pasteur, p. 244);
in qualche occasione: “des vibrions”, da assimilare a batteri necessariamente
acidotrofi, probabilmente acetobatteri e gluconobatteri, che sono generalmente
mobili, come lui li descrive. Usando la sua soluzione acida, Pasteur scelse di
impedire che nella sua soluzione crescessero – spontaneamente o no - la maggior
parte dei microrganismi più comuni, la generalità dei batteri, i procarioti. Quando
Pouchet gli obiettò che nella sua (di Pasteur) soluzione non crescevano i più comuni
protozoi, “ciliated infusoria, kolpodes, vorticelles” (Pasteur, p. 311), Pasteur rispose
semplicemente che nei suoi flaconi crescevano i microrganismi che si accrescevano
quando i flaconi erano lasciati all’aria aperta, senza nessun trattamento preliminare
(Pasteur, p. 311), confermando così che nella sua soluzione i microrganismi di quel
tipo non erano comunque in grado di svilupparsi – indipendentemente dal trattamento
di ebollizione applicato - e che comunque non tutti i microrganismi potevano
svilupparvisi. Pasteur sapeva dunque benissimo che nella sua soluzione non
crescevano diverse categorie di microrganismi, quali la maggior parte dei batteri e i
protozoi; ma non prese provvedimenti.
Sapeva benissimo che sia la sua soluzione neutralizzata con carbonato, sia il latte,
contengono microrganismi che si possono distruggere solamente innalzando la
temperature oltre i 100° e che quindi in tali ambienti si accrescono una maggiore
quantità di microrganismi, con ogni probabilità provvisti anche di più elevata
resistenza termica (gli sporigeni). Quindi non si può immaginare che Pasteur non
avesse compreso che per dimostrare l’infondatezza della tesi della generazione
spontanea, si sarebbero dovute adottare condizioni sperimentali idonee allo sviluppo
della maggior parte possibile di microrganismi. Eppure, continuò a fare esperienze
con la sua soluzione acida di riferimento, in cui crescevano un numero minore di
gruppi microbici (quasi solamente lieviti e muffe); non solo, ma decisamente
differenti da quelli più comuni – i batteri - che si accrescevano quasi esclusivamente
negli ambienti non acidi.
Pare che già Leeuwenhoek avesse notato che gli animalculi morivano, se nella
soluzione veniva aggiunto dell’aceto (Stein, 1931). In ogni caso, Spallanzani aveva
osservato che l’acqua salata, l’aceto, l’inchiostro, il brandy e l’alcool di vino, erano
fatali agli animalculi (Opuscoli, p. 102). Lo stesso Pasteur aveva osservato che
aumentando l’acidità in un succo di pera non crescevano più i batteri, ma solo gli
agenti della fermentazione alcolica, i lieviti: “ Le jus sucré des poires, par example,
donnerà toujours des bacteriums mélés à la levure, mais il ne furnirà que de la levure
si l’on à le soin de le rendre préalablement un peu acide..” (Pasteur, pag.152).
Forse il desiderio di dimostrare che gli agenti delle fermentazioni alcolica, lattica,
ecc., provenivano dall’aria ambiente era per Pasteur talmente pressante, che
prevaleva sullo scopo – seppure complementare - di voler confutare anche la
generazione spontanea. Si é detto più sopra, infatti, che egli voleva dimostrare errata
la tesi della generazione spontanea, ma quasi esclusivamente per poter rafforzare la
sua proposta – peraltro corretta – che le fermentazioni erano determinate da
microrganismi che con l'aria si depositavano sulle materie organiche fermentescibili,
e non che i microrganismi erano prodotti dal processo di fermentazione, come
sostenevano i suoi oppositori. Pasteur sperimentava dunque come se la dottrina della
generazione spontanea fosse confutabile dimostrando sperimentalmente che nell'aria
c'erano microrganismi, appunto; mentre avrebbe in tal modo provato solamente che
gli eterogenisti stavano commettendo degli errori sperimentali, non impedendo con la
necessaria cura la contaminazione delle loro infusioni da parte dell'ambiente esterno.
Pasteur dice che quando le infusioni bollite sono lasciate all’aria, si popolano di
‘infusoires et moisissures’; e che tali vegetazioni sono un pò diverse da quelle che si
formano nelle infusioni non previamente bollite. Afferma che i germi di tali
vegetazioni non possono che venire dall’aria, perché l’ebollizione distrugge quelli
che sono naturalmente presenti nell’infuso e sulle pareti interne del flacone. In realtà,
Pasteur non ha dimostrato sperimentalmente che il calore uccide i microrganismi; egli
assume che accada, sulla base di una quantità di osservazioni che lo inducono a
supporlo. Suppo-sizione però che é contraddetta dalla constatazione che la semplice
ebollizione per 2-3 minuti può non privare della vitalità una quantità di
microrganismi, anche nelle infusioni acide. Pasteur trascura di confrontare l'entità del
debole trattamento termico che applica alla sua soluzione, con i 45 minuti che
Spallanzani aveva stabilito come necessari per sterilizzare le infusioni vegetali.
O meglio, ha addirittura verificato che nei substrati non-acidi (latte e la sua soluzione
previamente neutralizzata con carbonato di calcio) i trattamenti termici di 2-3 minuti
all'ebollizione non sono assolutamente sufficienti per stabilizzarli (impedire che vi
crescano microrganismi); ma Pasteur non ne discute, non ne approfondisce il
significato, che avrebbe invece potuto assumere un valore determinante, per
modificare l'impostazione generale delle sue esperienze, qualora ne avesse
riconosciuta la portata più generale, il coinvolgimento generale, complessivo, in
relazione alla popolazione microbica nella sua totalità. Pasteur tiene vincolata
(volontariamente?) la sua serie di esperienze ad una limitata frazione soltanto del
multiforme complesso dei microrganismi.
.3 _ Eucarioti e procarioti
Si può ritenere particolarmente rilevante la circostanza che, impiegando una
soluzione acida, Pasteur consente lo sviluppo quasi esclusivo di lieviti e muffe, ossia
di organismi eucarioti. Gli eucarioti hanno una struttura molto più complessa dei
batteri (Singleton e Sainsbury, 1995); quindi gli eucarioti avrebbero potuto non
svilupparsi spontaneamente, ma avrebbero potuto farlo però i procarioti, che sono di
struttura e composizione molto più semplice degli eucarioti (questi ultimi comparvero
sul pianeta circa due miliardi di anni dopo i proca-rioti).
Nella soluzione di Pasteur si sviluppano talvolta anche procarioti, ma poco
frequentemente e in ogni caso sono un gruppo molto limitato di batteri, appunto quei
pochi che riescono a crescere in ambiente acido: qualche batterio lattico, oltre a
batteri acidofili mobili (dovrebbero essere acetobatteri e/o gluconobatteri, che sono
generalmente mobili).
Negli eucarioti (alghe, funghi e muffe, protozoi) i cromosomi sono separati dal
citoplasma da una speciale membrana nucleare, e contengono tipicamente istoni; la
membrana citoplasmatica contiene steroli; i mitocondri sono generalmente presenti;
nel citoplasma i ribosomi sono del tipo 80S; la parete cellulare contiene cellulosa o
chitina – ma mai peptidoglicani; i composti di riserva apparentemente non sono mai
costituiti da poli-ß-idrossibutirrato; i flagelli e le ciglia, quando presenti, sono
organelli strutturalmente molto complessi (Singleton e Sainsbury, 1995).
Protozoi e batteri (eucarioti e procarioti), a ˜ 400 ingrandimenti.
Nei procarioti (i batteri), invece, i cromosomi fluttuano liberi nel citoplasma, non
sono contenuti in un nucleo con propria membrana; la membrana citoplasmatica non
contiene steroli; non ci sono mitocondri; i ribosomi sono del tipo 70S; la parete
cellulare é tipicamente presente e contiene peptidoglicani o pseudomureina; i
materiali di riserva comprendono gene-ralmente poli-ß-idrossibutirrato; i flagelli sono
relativamente semplici; i procarioti sono i soli capaci di fissare l’azoto atmosferico e
si accrescono anche in ambiente esclusivamente minerale (Singleton e Sainsbury,
1995).
La diversità tra le due categorie di microrganismi é tale, che davvero la generazione
spontanea avrebbe comunque potuto presentarsi nei più semplici, elementari
procarioti, e non presentarsi del tutto nei più complessi eucarioti. In tale eventualità,
la scelta di Pasteur dell’uso di una soluzione colturale acida, che consente lo sviluppo
assolutamente prevalente di eucarioti, e solo di una minima frazione dei procarioti
(appunto i generi: Lactobacillus, Gluconobacter, Acetobacter) gli ha sottratto
completamente la possibilità di provare alcunché in merito alla probabilità che la
generazione spontanea potesse manifestarsi nei microrganismi più diffusi
nell’ambiente.
Come dire che lo scopo delle esperienze di Pasteur, in relazione alla possibilità di
confutare la generazione spontanea, é dunque completamente fallito sin dall’origine.
Le condizioni sperimentali che ha adottate erano invece adatte piuttosto alla
dimostrazione che sono i lieviti (eucarioti), gli agenti delle fermentazioni alcoliche,
che andava studiando; proprio ciò che gli premeva massimamente di dimostrare. Ma
non altro.
Penicillium viridicatum (muffa, eucariote), a 400 ingrandimenti.
7.4 _ Fermentescibilità della soluzione di Pasteur
Pasteur definisce un'infinità di volte la sua soluzione di riferi-mento, come un
substrato dei più adatti allo sviluppo microbico:“.. une seule liqueur, mais des plus
altérables.“ (Pasteur, p. 187).
Non é vero che la soluzione impiegata da Pasteur sia una delle più alterabili, nel
senso che lui attribuisce a questo termine e al fenomeno cui intende fare riferimento.
Pasteur infatti intende affermare, con tale definizione, che la sua soluzione é la più
adatta a mettere in evidenza l’accrescimento di qualsiasi microrganismo. Le soluzioni
più alterabili sono invece quelle nelle quali la probabilità di sviluppo microbico é la
più elevata, naturalmente; ossia quelle soluzioni nelle quali possono svilupparsi
davvero pressoché tutti i microrganismi, o quantomeno il maggior numero possibile
dei tipi più comuni di microrganismi. Tali soluzioni – dette comunemente d'impiego
generale - debbono rigorosamente avere un pH prossimo alla neutralità; non debbono
essere acide, come invece é la soluzione impiegata da Pasteur. Nelle soluzioni acide,
può svilupparsi solo un numero ridotto di microrganismi: prevalentemente eucarioti
(lieviti e muffe) e pochi gruppi batterici. Ad esempio, nei prodotti con pH < 4.6 si
sviluppano prevalentemente microrganismi provvisti di scarsissima resistenza al
calore, quali soprattutto i più comuni lieviti e le muffe, fatta eccezione per le
ascospore di poche specie fungine (Neosartoria fischeri, Byssochlamis fulva e B.
nivea, Paecilomyces, Talaromyces), le spore di rari batteri sporigeni (Bacillus
macerans, Bacillus polymyxa, clostridi butirrici, Sporolactobacillus e
Alicyclobacillus) [Vaughn et al., 1952; Casolari e Giannone, 1966; Doores e
Whestoff, 1981; Cerny et al., 1984; Pitt & Hocking, 1985; Pieckova e Samson,
2000]; ma nessun batterio dei più comuni (Enterobacteriaceae, Bacillaceae, ecc.) e
dei più resistenti al calore (Bacillaceae, Clostridium). La stabilizzazione dei substrati
acidi, ottenibile con l’applicazione del calore, é meno problematica che per i substrati
non-acidi, data la relativa prevalenza degli organismi termolabili nei mezzi acidi.
Bastano minori trattamenti termici, ottenuti con la pastorizzazione per 30 minuti a
65° oppure 15 secondi a 72°C (IDF, 1984), come visto più sopra; o comunque con
trattamenti termici di entità all'in-circa 20 milioni di volte inferiori a quella della
sterilizzazione . Anche la radioresistenza é generalmente meno elevata; per cui
bastano minori dosi di radiazioni ionizzanti, ottenute con la radio-pastorizzazione, o
radurizzazione, ossia con l’applicazione di solo 0.1 – 0.3 gray, che sono almeno 10
volte inferiori ai trattamenti di radio-sterilizzazione (Casolari, 1988). Quindi, da un
punto di vista strettamente microbiologico, la soluzione di Pasteur, che é acida, non é
affatto delle più alterabili; anzi. É alterabile solamente da quel limitato numero di
microrganismi che sono capaci di svilupparsi in ambiente acido, quali i lieviti e le
muffe appunto, e con minore probabilità da uno sparuto gruppo di batteri. Certo, le
spore fungine sono molto rappresentate nell’ambiente aereo, e di conseguenza
inquinano con elevata frequenza i materiali esposti all’aria. Ma le muffe non sono
considerate agenti di fermentazione; anche perché le muffe notoriamente si
sviluppano solamente in presenza di ossigeno, mentre la fermentazione é comunque
un’attività metabolica che si sviluppa – per definizione - in assenza di ossigeno. Le
muffe hanno assoluta necessità di ossigeno per svilupparsi; solo una ridotta frazione
di specie sono in grado di accrescersi a ridotte tensioni di ossigeno . I lieviti sono
invece generalmente considerati gli agenti d’elezione delle fermentazioni, vista la
loro diretta attività nella fermentazione alcolica, indispensabile alla preparazione del
vino e della birra; e costituiscono la flora prevalente nei succhi di frutta e comunque
negli ambienti acidi (Beuchat, 1978; Banwart, 1981; Casolari, 1989). Negli ambienti
con pH prossimo alla neutralità, si accrescono soprattutto, e più rapidamente, i
batteri; ma anche, praticamente, tutti i microrganismi.
Inoltre, dicendo che un substrato é dei più alterabili, pare si sottintenda anche che é di
quelli in cui i microrganismi si ac-crescono nel minor tempo; mentre anche questo
non corrisponde per nulla alla realtà, perché sia le muffe che i lieviti – eucarioti
privilegiati in ambiente acido - crescono piuttosto lentamente, e comunque in un
tempo più lungo che i batteri. In substrati di impiego generale, in cui si sviluppano
ovviamente anche muffe e lieviti, i batteri si sviluppano completamente – con
evidente attività fermentativa - in 24-48 ore; mentre lieviti e muffe si sviluppano con
la massima evidenza solo in 4-5 giorni.
7.5 _ La soluzione impiegata da Pasteur non é sterile.
Un altro serio errore di Pasteur é relativo al trattamento termico applicato ai suoi
flaconi. “Henry Milne-Edwards…argued that there was no proof that high
temperatures destroyed the germs of infusions ..” (Farley, 1974, p. 93). Pasteur
invece ha scritto: “En faisant bouillir, j’ai detruit les germes qui pouvaient exister
dans le liquide et à la surface des parois du vase .” (Pasteur, pp. 341, 343), in realtà
senza averlo mai dimostrato sperimentalmente. Pasteur avrebbe dovuto trarre profitto
dalle modalità di sperimentazione di Spallanzani: per dimostrare che il calore
distrugge i microrganismi, Spallanzani ha sottoposto le sue infusioni contaminate a
tempi crescenti di trattamento all'ebollizione; non ad un solo trattamento. Così
Spallanzani di-mostrò incontrovertibilmente l'effetto letale del calore. Mentre Pasteur
impostò le sue esperienze su una sola condizione sperimentale, comunque poco
probante, e non in modo da dimostrare una gradualità di effetti, che avrebbe avuto
invece un accettabile valore scientifico.
Ai suoi competitori non riconosceva di aver distrutto i microrganismi con il
trattamento termico che avevano applicato alle loro infusioni: “ le docteur Schwann
penchait à croire que, par la chaleur, il détruisait des germes; .. mais ce n’était là
qu’une hypothèse.“ (Pasteur, p. 218); costoro, Schwann, Schulze e Schroeder: “..
n’avaient pas plus de preuves à l’appui de leur opinion que ceux qui pensaient que
cela pouvait etre un gas, un fluid, des miasmes.. “ (Pasteur, p. 222); ma solo di aver
distrutto “.. un principe inconnu qui était la condition de la vie dans les infusions ..”
(Pasteur, p. 222). Insomma riservava alle sue esperienze la discoperta di questa realtà,
senza tuttavia disporre nulla di più di una ulteriore ipotesi, esattamente come per i
suoi competitori; senza una sua prova sperimentale. Certo, si può presumere che ne
avesse una consapevolezza non disgiunta da personale esperienza, visto che ben
sapeva tra l’altro che il vino poteva essere stabilizzato con un trattamento di
pastorizzazione a 50°C (Pasteur, p. 351). Ma si trattava comunque sempre di ipotesi
verosimili; non di prove sperimentali. Non aveva mai eseguita una valutazione di
resistenza termica di microrganismi, come aveva fatto Spallanzani. Egli comunque,
supera queste mancanze, con le sue opinioni personali.
La sua soluzione acida é trattata costantemente per solo 2-3 minuti all’ebollizione
(Pasteur, pp. 188, 234, 235, 237, 249, 253, 260, 310, 313, ecc.); era pastorizzata, e
quindi non sterile, ma solamente stabilizzata. La stabilità microbiologica ha solo
l’apparenza della sterilità, in quanto in un prodotto sterile i microrganismi non si
sviluppano perchè non sono più vitali, sono stati distrutti; mentre in un prodotto
pastorizzato, stabilizzato perché acido, non si sviluppano, malgrado siano
sopravvissuti al trattamento termico, perché non sono in grado di accrescersi in
ambiente acido. Il fatto che un semplice trattamento di pastorizzazione comporti la
stabilità, ossia la non-alterabilità di una soluzione acida, é nozione ben acquisita da
tempo in tecnologia alimentare: ".. pH is the most important factor that determines
the degree of thermal processing needed to achieve product stability because of the
inhibitory effect of acidity on survival and outgrowth of microorganisms." (Lopez,
1987). La resistenza microbica al calore é generalmente minore in ambiente acido,
che in ambiente prossimo alla neutralità; e i microrganismi acidofili, inoltre, sono
distrutti molto facilmente dal calore: non resistono a temperature di pastorizzazione
(63° – 72°C), salvo poche eccezioni. I protozoi non sopravvivono se trattati a
temperature superiori a circa 70°C (Rose and Sifko, 1999; ICMSF, 1999; Fujino et
al., 2002). Comunque, diversi microrganismi formano spore capaci di resistere ai
trattamenti all’ebollizione applicati da Pasteur, anche in ambienti acidi - e tra questi:
Bacillus macerans, B. polymyxa, Clostridium pasteurianum, Cl. butyricum,
Sporolactobacillus, Alicyclobacillus, e ascospore di Paecilomyces, Byssochlamys,
Neosartoria, Talaromyces , ecc. [Vaughn et al., 1952; Casolari e Giannone, 1966;
Cerny et al., 1984; Doores e Whestoff, 1981; Pitt & Hocking, 1985; Pieckova e
Samson, 2000]. Questi stessi microrganismi sono capaci di accrescersi in ambienti
acidi (a pH < 4). Quindi, la sopravvivenza e il conseguente sviluppo di microrganismi
di questo tipo avrebbero necessariamente indotto Pasteur ad ammettere erroneamente
l’esistenza della generazione spontanea. Eventualità che sarebbe stata invece
assolutamente eliminata da un corretto trattamento di sterilizzazione, poiché nessuno
di tali microrganismi avrebbe potuto sopravvivere al trattamento di riferimento –
come d’uso corrente - di 10 minuti a 121°C, o ad uno equivalente. Secondo diversi
Autori, Pasteur a volte riferiva solo i risultati delle esperienze che erano favorevoli
alla sua tesi (Farley e Geison, 1974; Geison, 1995). In realtà, nei suoi lavori ci sono
tracce di atteggiamenti laconici, come quando dice: “ .. je ne publiai pas ces
expériences; les con-séquences qu’il fallait en déduire étaient trop graves.. “
(Pasteur, p. 236); quindi non é da escludere che abbia avuto risultati anomali dovuti
all’accrescimento di microrganismi resistenti al calore e capaci anche di crescere in
ambiente acido, ma che non ne abbia fatto cenno.
In ogni caso, una quantità di spore batteriche sono in grado di sopravvivere a
trattamenti termici di 2-3 minuti all’ebollizione, anche in ambiente acido. La
distruzione di tali spore richiede temperature e tempi d’applicazione ben più elevati.
Quindi, le soluzioni di Pasteur non erano sterili. Mentre solo partendo da soluzioni
sterili, si sarebbe potuto dimostrare che la generazione spontanea non esiste. Ossia
impiegando soluzioni/infusioni del tutto prive di organismi vitali.
7.6 _ Perché un trattamento di solo 2-3 minuti a 100°
Pasteur intende suggerire che Spallanzani non aveva in realtà superate del tutto le
obiezioni di Needham: “Les résultats des experiences de Spallanzani sur le point le
plus délicate de la question conservaient donc aux objections de Needham toute leur
valeur.“ (Pasteur, p. 215). E quale sarebbe questo punto più delicato, secondo
Pasteur? É l’entità del trattamento termico necessario per sterilizzare le infusioni,
ossia i 45 minuti all’ebollizione in recipiente ermetico. Scrive infatti Pasteur: “.. cette
durée obbligée d’une température de 100° pendant trois quarte d’heure ne justifiaitelle pas les craintes de Needham sur une altération possible de l’air des vases?“
(Pasteur, pag 215). Questa osservazione di Pasteur é talmente fragile e inconsistente,
che non varrebbe la pena di considerarla ulteriormente, anche perché Pasteur sapeva
benissimo che la quantità di ossigeno rimasta all’interno dei flaconi sterilizzati non
aveva certo alcun peso sulla inalterabilità delle infusioni sterilizzate. Infatti proprio
lui rimprovera a Gay-Lussac di aver compiuto l’errore di aver attribuito all’assenza di
ossigeno la causa della stabilità sia delle infusioni di Spallanzani, sia delle conserve
di Appert: “ .. Non, l’absence de l’oxygène n’est pas, comme le pensait Gay-Lussac,
une condition nécessaire de l’inaltérabilité des conserves d’Appert.“ (Pasteur,
pag.300). Eppoi, perché era stato proprio Pasteur ad aver rilevato che vi erano
nell’ambiente sia microrganismi che si sviluppano in presenza di ossigeno (gli
aerobi), ma anche microrganismi che si accrescevano invece in assenza (anaerobi) di
ossigeno (Pasteur, p. 136, 148, 159).
Tuttavia questa stessa osservazione potrebbe avere un rilievo determinante, per
giustificare l’atteggiamento di Pasteur nei confronti dell’impiego della sua soluzione
acida – cui non ha mai rinunciato – che gli consentiva appunto di ottenerne la
stabilità, ossia solo una apparente sterilità, senza applicare i 45 minuti all’ebollizione,
ma solo 2-3 minuti. Pasteur riteneva insomma che l’obiezione di Needham non
avrebbe più avuto senso in rapporto ad un trattamento di solo 2-3 minuti
all’ebollizione, molto inferiore a quello rimproverato a Spallanzani. Infatti Needham
stesso aveva scritto che avrebbe ritirato tutte le sue obiezioni, se Spallanzani avesse
trattato termicamente le sue infusioni per un tempo sufficiente solo alla brinatura di
un uovo: “ .. qu’il les plonge ensuite dans l’eau bouillante pendant quelques minutes,
le temps seulement qu’il faut pour durcir un oeuf de poule .. s’il ne trouve à
l’ouverture de ses vases .. rien de vital ni aucun signe de vie, .. j’abandonne mon
système et je renonce à mes idées.” (Needham, in Nouvelles recherches sur les
découvertes microscopiques, etc.', p. 216-218_ da Pasteur, p. 215). Questa
affermazione di Needham non aveva alcun senso, dopo che Spallanzani aveva
dimostrato che occorrevano 45 minuti all'ebollizione in un vaso ermetico, per
ottenere la sterilità, e non solamente un trattamento all'ebollizione per il breve tempo
necessario alla brinatura d'un uovo di gallina. Ma data questa asserzione del fautore
primo della risorta teoria della generazione spontanea, che se dopo un tempo
brevissimo di ebollizione non fossero più cresciuti microrganismi, si sarebbe
addirittura dichiarato vinto, battuta definitivamente la sua teoria, e avrebbe
abbandonato le sue idee, Pasteur colse l’occasione all’istante. É possibile che siccome
stava lavorando alla stabilizzazione dell’aceto e del vino, gli sia capitato di osservare
che le soluzioni acide erano stabilizzabili in una manciata di minuti all’ebollizione,
invece che in tempi lunghi. Scelse così di battere la generazione spontanea secondo le
indicazioni dello stesso Needham; ossia operando con una soluzione stabilizzabile in
pochi minuti a 100°, ossia con una soluzione acida, che non richiedeva 45 minuti di
ebollizione per essere privata dell’accrescimento microbico. Forse aveva capito che
Spallanzani aveva dato una risposta definitiva al problema; e l’aveva data appunto
mediante un trattamento termico definitivo, che aveva prodotto la sterilità delle
infusioni comuni, non acide. E che quindi l'obiezione di Needham era priva di
qualsiasi valore. Sapeva anche che l'obiezione di Needham in relazione alla presenza
o assenza di ossigeno era ininfluente sul significato delle esperienze di Spallanzani
(che comunque aveva realizzato nelle sue esperienze condizioni sia di maggiore sia di
minore tensione di ossigeno). L’unico modo per ottenere lo stesso risultato di
Spallanzani, era di percorrere la stessa strada, senza che fosse una mera
sovrapposizione di esperienze; ma solo una buona imitazione del risultato finale:
l'assenza di sviluppo microbico in soluzioni apparentemente sterili (quelle di Pasteur)
e chiuse ermeticamente, appunto facendo riferimento alla dichiarazione definitiva di
Needham. Pasteur non solleva mai la questione della differenza tra i 45 minuti
ritenuti necessari da Spallanzani, e i suoi soli 2-3 minuti a 100°. Solo operando con
una soluzione acida – e Pasteur se ne convinse vieppiù con il procedere delle sue
osservazioni – si potevano mimare le esperienze di Spallanzani, riducendo però a solo
poco tempo all’ebollizione, il trattamento termico, come richiedeva la dichiarazione
di Needham. Riducendo il tempo d’ebollizione a 2-3 minuti – il tempo per brinare un
uovo di gallina - le in-dicazioni di Needham sarebbero state rispettate – in quanto non
si sarebbe più potuta sollevare la questione della modificazione dell'aria all'interno
dei palloni sperimentali - e quindi, conseguentemente, la tesi della generazione
spontanea sarebbe stata confutata: parola di Needham; quindi, definitivamente;
quindi, si sarebbe dovuta allo stesso tempo accettare necessariamente la sua ipotesi
che i fermenti non si formavano spontaneamente dalle soluzioni in fermementazione;
ma erano nell'aria, da cui contaminavano le soluzioni fermentescibili. Si può ritenere
ragionevolmente – anche perché diversamente non é individuabile alcun altro motivo
– che fu per questa ragione che Pasteur non abbandonò mai la sua soluzione di
riferimento, acida appunto. E ciò, malgrado avesse constatato che nel latte e nella sua
soluzione dopo neutralizzazione cresceva un numero maggiore di microrganismi, e di
tipi differenti da quelli che si sviluppavano nella sua soluzione acida, ecc. ecc. E
quindi dopo aver capito – perché dubitarne? – che sarebbe stato più opportuno, più
razionale impiegare una soluzione, un’infusione non acida, per poter affermare
veramente che i microrganismi più comuni – i microrganismi in generale - non si
formano spontaneamente. Non si può dubitare che Pasteur non si sia reso conto – tra
l’altro diversi suoi competitori glielo avevano fatto rilevare – che nella sua soluzione
si sviluppavano solo certi gruppi microbici; ma non i più diffusi; e avesse anche
capito che erano meno resistenti al calore di quelli che si sviluppavano nel latte e
nella sua soluzione neutralizzata (Pasteur, p. ). E che quindi a ben vedere i 45 minuti
di Spallanzani erano probabilmente indispensabili, per sterilizzare – questa volta sì,
non pastorizzare – infusioni neutre. Ma si lasciò tentare dalla sirena di Needham, che
gli semplificava le cose: senza perdere troppo tempo a sbrogliare la matassa, per
confutare la teoria della generazione spontanea sarebbe bastato individuare
condizioni sperimentali che consentissero di negare lo sviluppo microbico anche
impiegando un trattamento termico di soli pochi minuti all’ebollizione, quanto basta
per far sodo un uovo. Senza fermarsi troppo a considerare che la dichiarazione di
Needham a proposito della richiesta di far bollire le infusioni quanto basta per far
sodo un uovo, “.. pour durcir un oeuf de poule..“ , era priva di qualsiasi sostegno
teorico e sperimentale: era dovuta esclusivamente ad un gesto privo di qualsiasi giustificazione razionale, ma semplicemente dovuta ad un tentativo di contrastare le
osservazioni di Spallanzani, a qualsiasi costo, perché dimostravano la insussistenza
della sua teoria, oltre che l’erroneità delle sue – di Needham - esperienze. Una pura
invenzione, istintiva, primitiva, irrazionale, l'obiezione di Need-ham.
Anche perché, alla fine, il risolvere la questione in fretta avrebbe consentito a Pasteur
di vedersi attribuire il merito della confutazione della teoria della generazione
spontanea, sotto l'ombrello della dichiarazione di Needham, assieme ai 2500 franchi
del concorso Alhumbert.
In alternativa, bisognerebbe ammettere che Pasteur non aveva compreso il significato
definitivo delle esperienze di Spallanzani – anche se teneva appeso sul caminetto
dell’appartamento in cui abitava all’Institut Pasteur di Parigi, un gran ritratto di
Spallanzani, difronte al suo (Caullery, 1939, da Rostand, 1963). Né avrebbe colto il
significato – benché molto esplicito – dell’argomentazione finale di Needham. Ma
allora, non avrebbe nemmeno compreso il significato della differenza tra i risultati
che otteneva con le soluzioni neutre, e quelli che produceva la sua soluzione acida,
benché dichiarasse che la diversità dei tipi microbici che crescevano nelle soluzioni
neutre, così come la maggiore entità del trattamento termico necessario per la loro
stabilizzazione, dipendeva appunto dall’acidità degli uni, e dalla neutralità o alcalinità
degli altri. É più ragionevole pensare che Pasteur non fosse un allocco; e quindi che
possa corrispondere alla realtà l’interpretazione suggerita più sopra, di adesione alla
affermazione di Needham, che risolveva in fretta, e in una volta sola il suo problema
dell’origine delle fermentazioni, così strettamente legato alla questione della
generazione spontanea. Non sembra nemmeno irragionevole pensare che Pasteur si
sia permesso un tale comportamento, ben sapendo che alcuni suoi competitori Pouchet, Musset, Joly - (Farley & Geison, 1974) l’ avrebbero potuto ritenere non
corretto; che però non lo avrebbero sospettato tutti coloro che in fondo non
comprendevano qual’era la sostanza della materia trattata; tutti coloro che non erano
in grado di valutare se le sue esperienze avevano veramente dimostrato qualcosa.
L’opinione pubblica, poi, che lui istruiva personalmente con dichiarazioni
inequivocabili nel corso di incontri pubblici, alla Sorbona e alla Societé de chimie,
comunque seguiva inevitabilmente l’opinione sua e della Académie des Sciences,
tanto favorevole a Pasteur. L’Académie infatti, gli attribuì la palma della vittoria del
premio Alhumbert , prima ancora (Farley & Geison, 1974) di esaminare le esperienze
dei competitori: “Le prix Alhumber est accordé à l’unanimité au travail de M. Pasteur
sur les ‘Corpuscules organisés qui existent dand l’atmosphère’ “ . (Pasteur, p. 636).
Ne deriva pertanto che, a parte l'intenzione dichiarata – ed erronea - di voler
confutare la tesi della generazione spontanea mediante la dimostrazione della
contaminazione aerea, le esperienze basate sull’unicità del substrato colturale, la sua
acidità e il trattamento termico impiegato, siano condizioni assolutamente non-adatte
all’esame della possibilità che possa verificarsi la generazione spontanea dei più
comuni microrganismi.
7.7 _ Contaminazione dell’aria
Scrive Pasteur: “Il y à donc dans l’air, à toutes les époques de l’année, des
corpuscules organisés. Sont-ce des germes féconds de productions végétales ou
d’infusoires? Voilà bien la question à résoudre.” (Pasteur, pag 188). La questione, in
realtà, non é poi così importante. Dopo qualche pagina, Pasteur ricorda come era
opinione diffusa che l’aria fosse naturalmente contaminata da microrganismi: “ .. tout
le monde admet que la plus petite quantité d’air commune mise au contact d’une
infusion, y détermine en peu de temps la naissance de mucédinées au d’infusoires."
(Pasteur, p. 198). Già van Leeuwenhoek, duecento anni prima aveva affermato che
“.. gli animalculi potevano essere trasportati .. dalle particelle di polvere, per azione
del vento ..“ (Stein, 1931). E con questo termine generico di animalculi, si
comprendono tutti i microrganismi.
Spallanzani, riferendosi alla condizione dei vasi di infusioni bollite, in cui crescevano
tuttavia i microrganismi, scriveva: “ .. quantunque dentro a vasi levata sia la
speranza di qualunque seminale principio, nell'atto che investiti sono dal fuoco, pure
in progresso di tempo può ella novellamente risorgere, creata e rinvigorita da altri
semi là dentro di fresco per ventura portati dal favorevol soccorso dell'aere esterno ..
” (Saggio.., 1765, pag, 130).
Astier e coll. lo avevano sostenuto nel 1813. Scrive ancora Pasteur: ".. exist-t il des
germes dans l’air? Personne ne le nie, parce que l’on comprend qu’il ne peut pas en
ètre autrement.“ (Pasteur, p. 225). Eppure, malgrado appunto fosse convinzione
diffusa che l'aria trasportasse microrganismi, pare mancasse la dimostrazione
sperimentale di tale occorrenza. Dunque, o Pasteur era in grado di dimostrare
sperimentalmente, indubitabilmente tale presenza, oppure non poteva che ripetere le
osservazioni dei suoi contemporanei e competitori, aggiungendo presunzioni a
presunzioni, ma nessuna prova incontestabile. Scrive Pasteur, a proposito degli
studiosi suoi contemporanei: “.. Schwann (1810-1882), Schulze (1815-1873) et
Schroeder (1810-1885) n’avait fait que démontrer l’existance dans l’air
atmosphérique d’un principe inconnu qui était la condition de la vie dans le
infusions. Ceux qui affirmaient que ce principe n’était autre chose que des germes,
n’avaient pas plus de preuves à l’appui de leur opinion, que ceux qui pensaient que
cela pouvait ètre un gas, un fluide, des miasmes, etc., .. “ (Pa-steur p. 222). Ma
questa stessa considerazione può essere riferita anche a Pasteur: egli ammonticchiò
una massa di osservazioni dello stesso tipo di quelle dei suoi contemporanei, che
suggeriscono la presenza di un quid nell’atmosfera, che é distrutto dal calore,
trattenuto per filtrazione su cotone, ecc., che con elevata probabilità é costituito dai
microrganismi che crescono nelle infusioni. Ma non l’ha dimostrato scientificamente;
anche se ha continuato ad affermarlo spesso, forse per convincerne i suoi lettori e i
suoi uditori. Non solo. Ma afferma che tutta la sua attività sperimentale é consistita
nel cercare di dimostrare che l'aria trasporta microrganismi: “Tout le progrés de mon
travail est là. Soit une infusion organique qui à subi l’ébullition. Exposé à l’air elle
s’altère .. il est prouvé par mes expériences que son altération est uniquement due à
la chute des particules solides que l’air charrie toujours. ” (Pasteur, p. 310); il che
non é vero, perché non l’ha dimostrato; ha solo fatto delle osservazioni che inducono
a supporlo. E subito dopo riconferma, come a convincere anche se stesso: “ Rien, rien
autre est la cause de la vie dans les infusions qui ont été portées à l’ébullition.”
(Pasteur, 310). Spallanzani esponeva lo stesso concetto cent'anni prima: “ ..
suggellate ermeticamente le bocce .. sien le materie bollite .. tai bestioluzze mai non
s'ingenerano, qualora almeno non s'introduca nuov'aria dentro ai vaselli.”
('Saggio..', 1765, p. 140). Per quanto riguarda le osservazioni di Pasteur, é chiaro che
tale affermazione potrebbe valere al massimo, e comunque, se riferita alla sua
soluzione acida; e quindi agli eucarioti solamente, e a nient’altro; non certo alla
totalità degli organismi microscopici.
Esercitando un certo grado di vuoto mediante una pompa ad acqua, Pasteur raccoglie
su ovatta attraversata da volumi d’aria differenti, una quantità di polvere da
esaminare al microscopio.
Assieme a granuli d’amido, frammenti di silice, frustoli vegetali ed altro, vi sono
delle particelle la cui ‘forme et structure’ é simile a quella delle particelle organizzate
che vede nella sua soluzione. Stabilire con certezza se tali corpuscoli microscopici
siano le particelle biologiche che danno origine alle productions vegetales e agli
infusori, é veramente di primaria importanza. Ma un pò sconsolato, Pasteur afferma:
“ Peut-on dire: celui-ci est une spore, celui-là est un oeuf? .. la spore de telle
moisissure et l'oeuf de tel infusoire? Vraiment je ne le crois pas. On peut affirmer la
ressemblance parfaite.., mais voilà tout. ” (Pasteur, p. 306). Invero, se non si risolve
questa questione, serve a poco presumere che tali corpuscoli siano i progenitori dei –
oppure gli stessi - microrganismi che Pasteur vorrebbe dimostrare siano presenti
nell’aria. La sola rassomiglianza formale e dimensionale tra queste particelle e alcune
strutture delle productions vegetales, non rappresenta una dimostrazione della
corrispondenza tra le due. E Pasteur lo annota anche più avanti. Ma intanto afferma
che tali particelle sono ‘probablement (non con certezza) les spores des mucédinées’,
poiché vi assomigliano in tutto e per tutto. Tuttavia, non é possibile dire nulla di più;
vale a dire che non si può affermare che le siano veramente.
Pasteur annota nelle Mémoires che l’unico modo (“.. ce qu’il y aurait le mieux de
faire et le plus direct …”) (Pasteur, p. 233) per essere certi che tali particelle sono
germi di organismi inferiori, vitali, fertili, sarebbe di seguirne lo sviluppo al
microscopio. Ma tale osservazione Pasteur non ha potuto farla, poiché il dispositivo
che aveva fatto costruire a tale scopo, non gli é mai stato consegnato. Quindi, la
prova indiscutibile che le particelle di polvere simili alle productions vegetales, ne
sono i germi, i primordi, Pasteur non l’ha ottenuta, stando alla sua stessa dichiarazione.
Pasteur continua caparbiamente, tuttavia, a mettere in atto esperienze che dovrebbero
consentire alla fine di dimostrare comunque la presenza nell’aria dei germi che
crescono nelle infusioni, e che gli eterogenisti sono indotti invece a sostenere siano
microrganismi generatisi spontaneamente. Ma non ne portò la prova. E anche se
l’avesse dimostrato, avrebbe solamente gettato le basi dell’aerobiologia; ed
individuata una “puissante” argomentazione a favore della sua prediletta tesi sulla
diffusione aerea degli agenti biologici responsabili delle fermentazioni.
Non avrebbe provata comunque l’inesistenza della generazione spontanea.
La sterilità, é la sola alternativa alla generazione spontanea: o l’una o l’altra; i due
fenomeni sono i soli completamente incompatibili. Solo la sterilità é la prova
definitiva dell'inesistenza della generazione spontanea.
7.8 _ Particelle solide disseminate nell’aria
Pasteur intende dimostrare che la distribuzione della contaminazione aerea non é
continua, ma quantizzata; che possono esserci certi volumi d’aria che non contengono
microrganismi; se ci sono condizioni atmosferiche e/o ambientali che inducono a
supporre che la contaminazione aerea non sia 'continua’, allora i differenti risultati
sperimentali, in accordo con tali presunte differenze, proverebbero che é appunto la
diversa contaminazione aerea a determinare la variabilità dei risultati; e che quindi
esistono nell’aria tali contaminanti. L’ipotesi è veramente acutissima. Ma tuttavia
non scientificamente sufficiente. Cioè Pasteur procede di supposizione in
supposizione. Non dà prove irrefutabili, come pretende. Ma solo deduzioni, anche se
non prive di una loro logicità e probabilità. Pasteur stesso dice che tali osservazioni “
tendent à prouver..”; non che lo provino direttamente. “Pasteur fornisce i numeri per
ogni esperimento, ma é consapevole della loro debolezza statistica..” (Harris, 2002).
In fondo, Pasteur ha fornito solo singoli punti di contaminazione differente: 2 flaconi
da una terrazza dopo la pioggia; 4 dalla stessa terrazza dopo una “.. violente ondée à
très grosses gouttes de pluie..” (Pasteur, p. 269); 6 da una zona del laboratorio; 10
dalle “caves de l'Observatoire” (Pasteur, p. 274); 11 dal cortile in una giornata di
vento; 20 dalla campagna; 20 dal Jura, e 20 in prossimità della mère de glace. I
risultati ottenuti da queste esposizioni all'aria sembrano davvero influenzati dai
diversi livelli di contaminazione, che Pasteur suggerisce come dovuti alle condizioni
ambientali. Tuttavia, sono osservazioni singole. Avrebbe almeno dovuto ripetere le
prove, un sufficiente numero di volte, quanto poteva bastare per trarne un’inferenza
attendibile statisticamente; insomma un risultato scientifico, probante.
Quindi, che si tratti di densità microbica o di qualunque altra cosa, atta a favorire – o
determinare – lo sviluppo microbico, apparentemente diminuisce al variare delle
condizioni ambientali. Ma solo deduttivamente, ipoteticamente.
Pasteur non precisa per quanto tempo ha tenuto aperti i flaconi [“ont recu de l’aire”]
nelle diverse località e condizioni; quindi le proporzioni di substrati alterati non
rispecchiano con certezza le diverse altezze, purezza dell’aria, o condizioni differenti.
Tredici palloni aperti sul ghiacciaio, ma che sono rimasti aperti tutta la notte nella
camera d’albergo ('le petit auberge de Montanvert') in cui Pasteur ha dormito: solo in
10 c’è stato sviluppo microbico. Abbastanza pochi – osserva Pasteur stesso con
sorpresa - visto che nella stanza la contaminazione dell’aria doveva essere piuttosto
normale, dato che tale stanza doveva essere abitualmente frequentata – come indicato
da Pasteur – da diversi ospiti e di diversi Paesi. Supposizioni, sempre supposizioni.
Pasteur afferma “.. les poussières en suspension sont l’origine exclusive, la condition
première et necessaire de la vie dans les in-fusions, …». Ma non ha fatto una
osservazione precisa sulla densità della ‘poussière’ nelle diverse località nelle quali
ha tenuto aperti i flaconi. Ha solamente osservato minore frequenza di flaconi sterili,
in una unica esposizione di 20 flaconi; una osservazione che potrebbe avere lo stesso
valore di una valutazione quantitativa, se fossero stabilite con una certa precisione le
condizioni operative adottate, e massime se i palloni fossero stati tenuti aperti per
tempi crescenti - ad esempio - prima di essere richiusi; e se la frequenza della
contaminazione fosse aumentata in qualche modo all’aumentare del tempo di
apertura all’aria; in tal modo avrebbe potuto verificare, che veramente a 2000 metri
d'altezza i suoi vasi si contaminavano di meno; mentre in pianura, si contaminavano
di più; ecc., ecc. Invece, in tutti questi tipi di prove, si capisce benissimo che non ha
fatto ripetizioni; ha aperto 4 palloni dopo la pioggia, e 2 sono risultati contaminati; ne
ha esposti 6 dopo un pioggia violenta, e solo 2 sono risultati contaminati; e lo stesso
nelle prove di aperture in campagna e in alta montagna. Senza metodo ‘scientifico’.
Questi risultati sono di incerta accettabilità, anche se non del tutto prive di una certa
aura statistica; ma lo scopo dichiarato era di dimostrare che la generazione spontanea
non poteva verificarsi, soprattutto perché più che farne una questione statistica,
Pasteur affermava che i risultati negativi erano una prova che la generazione
spontanea non avveniva, mentre i vasi positivi erano stati contaminati dai
microrganismi dell’aria. E i suoi competitori sostenevano invece che i microrganismi
che erano cresciuti nei vasi positivi derivavano da generazione spontanea; mentre in
quelli rimasti negativi non dovevano evidentemente esserci condizioni fisicochimiche favorevoli alla generazione. L’ambiguità rimaneva totale. Oggi sappiamo
che Pasteur aveva in qualche misura ragione. Ma in ogni caso le sue esperienze non
potevano essere accettate come una prova; potevano essere presentate a presumibile
conferma di un’ipotesi, solamente.
Dunque le affermazioni di Pasteur non sono supportate da osservazioni sperimentali
sufficientemente attendibili; sono solo indicazioni troppo sparse, non organizzate in
modo da poterne trarre indicazioni statisticamente valide, scientificamente
convincenti, probanti.
Eppoi, era pur sempre Pasteur che dava una spiegazione dei risultati, partendo dal
presupposto che i microrganismi erano nell'aria; mentre era questa ipotesi, che
doveva essere dimostrata. Insomma, si rimaneva nel campo delle ipotesi. Inoltre
sembra che neppure Pasteur fosse poi talmente sicuro del significato dei risultati che
aveva ottenuto – malgrado le altisonanti dichiarazioni - tanto che non accettò mai di
ripetere lo stesso tipo di esperienze sui Pirenei, in contraddittorio con Pouchet, che
aveva invece ottenuto risultati completamente differenti (Farley, 1974; Geison, 1995;
Harris, 2002). Infine, Pasteur ha fatto delle osservazioni anche alzandosi con
l'aerostato; ma ci dice che tali risultati in qualche modo preliminari (Pasteur,
pag.275), gli avevano consigliato di condurre le prove in campagna e in montagna,
preferibilmente; si può immaginare quindi, che i risultati ottenuti non fossero poi stati
soddisfacenti, e secondo la sua abitudine (Gerald e Geison, 1974; Geison, 2002 ), non
ce li illustri proprio per questo. Pasteur non amava discorrere dei suoi risultati
negativi.
7.9 _ Esperienze con aria ‘calcinata’.
Per aria calcinata, Pasteur intende l’aria ambiente passata attraverso un tubo di
platino scaldato al color rosso ( ˜ 900 – 950°C ?).
Pasteur intende dimostrare che l’aria calcinata non contiene più microrganismi;
almeno di quelli che crescono nella sua soluzione acida: ”On fait bouillir le liquide
pendant deux ai trois minutes, puis on le lasse refroidir, .. il se remply d’aire brulé..
Le ballon placé .. à une temperature constante de 28 à 32°, peut y demeurer
indefiniment sans que son liquide éprouve la moindre altération.” (Pasteur, p. 188).
Questa é la prima descrizione delle esperienze con palloni contenenti la sua
soluzione, che risultano stabili nel corso del magazzinaggio, quando la depressione
interna formatasi con l’ebollizione, sia stata eliminata con aria calcinata. La soluzione
che impiega usualmente é mantenuta all’ebollizione per 2-3 minuti e fatta raffreddare
tenendo collegato il collo d’apertura ad un tubo di platino arroventato, che avrebbe la
funzione di sterilizzare l’aria ambiente che entra nel pallone riequilibrando la
depressione che si forma all’interno del pallone per effetto del raffreddamento della
soluzione.
Quindi il pallone é chiuso per fusione del vetro del collo d’apertura. Tale soluzione é
stabile per 4-6 settimane a temperature di magazzinaggio intorno a 30°. Essendo la
soluzione acida, non meraviglia che bastino 2-3 minuti di ebollizione per inattivare i
microrganismi all’interno del pallone. Infatti, con tale trattamento termico viene
distrutta la maggior parte dei microrganismi capaci di svilupparsi in ambiente acido
(lieviti, muffe, batteri acidofili), perché tali microrganismi sono poco-nulla resistenti
a temperature prossime a 100°C.
Fig. 2 - Dispositivo impiegato da Pasteur per dimostrare che l’aria ‘calcinata’ non contiene
microrganismi.
Ovviamente, la soluzione privata di microrganismi acido-trofi non deve essere
ricontaminata nel corso del raffreddamento con aria calcinata. Nel dispositivo
rappresentato in Fig.2, la frazione di tubazione che va dal collo assottigliato e
allungato del pallone sino all'uscita dell'aria dal tubo di platino arroventato, dovrebbe
essere sanificata dal passaggio del vapore che si libera dalla soluzione nel corso dei
2-3 minuti di ebollizione.
É piuttosto improbabile che il semplice attraversamento di un tubo metallico al calore
rosso, comporti la distruzione dei microrganismi dell’aria, anche se quelli del tipo
capaci di crescere in ambiente acido, sono poco resistenti al calore. Solitamente, i
dispositivi utilizzati per sterilizzare fluidi, hanno una struttura che comporta percorsi
molto complessi, allo scopo di favorirne il contatto con l'agente letale.
Nel caso specifico, non va trascurato il fatto che il platino al calore rosso potrebbe
catturare l'ossigeno dell'aria (“The heated metal (platinum) absorb oxygen...” (The
Merk Index, 1983), riducendone il contenuto all'interno dei palloni termosaldati con
aria calcinata. Dal testo non si ricava se l’aria che attraversa il tubo di platino
arroventato, é raffreddata prima che raggiunga la soluzione, oppure se la raggiunge
quando é ancora a temperatura elevata. Se é a temperatura molto elevata, potrebbe
contribuire a sanificare le pareti interne della tubazione che precede il pallone con la
soluzione. Se invece l’aria calcinata é raffreddata – come farebbe supporre una
particolare indicazione della Figura (Fig. 10, in Pasteur, p. 234), raffigurante una
pioggia d'acqua sul tubo di vetro che esce dal cilindro di platino al calor rosso – allora
la parte di tubazione che sta tra il dispositivo di raffreddamento e la soluzione,
potrebbe aver subito solamente il trattamento termico operato dal vapore. Se tale
trattamento non fosse stato sufficiente, e l'aria calcinata raggiungesse già a
temperatura insufficientemente bassa la soluzione, si avrebbe come conseguenza
inevitabile che la soluzione sarebbe certamente insemenzata di microrganismi
presenti all’interno del dispositivo, trascinati per effetto del passaggio appunto
dell’aria calcinata ma raffreddata. Al contrario, il dispositivo impiegato
precedentemente é modificato in modo che consenta di introdurre nella soluzione un
tubicino di vetro contenente un batuffolo di cotone caricato con polvere, raccolta
filtrando un certo volume d’aria. L’introduzione del tubicino contenente le particelle
di polvere avviene con le modalità seguenti. Pasteur lava il dispositivo, nel tratto che
si trova tra il tubo di platino portato al calore rosso e la chiusura del flacone
contenente la soluzione non alterata, facendo 10-12 volte il vuoto e togliendolo con
aria calcinata. Quindi rompe la punta saldata del flacone, attraverso il tubo di gomma,
e fa scivolare nel pallone il tubicino con il cotone arricchito delle polveri trattenute
dall’aria. I microrganismi si sviluppano in pochi giorni. Se l’aria calcinata fosse stata
talmente calda da sterilizzare le pareti interne del dispositivo, avrebbe inattivato
anche – con probabilità veramente molto elevata - buona parte delle particelle, se non
proprio tutte - presenti nel tubicino carico di polvere.
Dispositivo con tubetto di raccolta della contaminazione aerea.
Pasteur precisa: “…sans introduire autre chose que ces poussiéres.” (Pasteur, p.
238), come se l’aria calcinata avesse sterilizzato solo la parte di dispositivo a monte
del tubicino con le polveri, e non le polveri stesse.
Ma é impensabile che l’aria calda abbia sterilizzato il dispositivo, e abbia invece
lasciato intatte le polveri sul batuffolo di cotone. I lavaggi non hanno sterilizzato le
pareti interne dello strumento, né le pareti esterne del tubicino con cotone; anche
perché con l’alternarsi di vuoto e rottura del vuoto, i microrganismi raccolti sul
cotone si saranno certamente dispersi ogni volta all’intorno, estendendo, e non
riducendo, la contaminazione all’interno del dispositivo. Se ne dovrebbe dedurre che
l’aria calcinata poteva anche essere molto calda, ma non in grado di distruggere i
microrganismi raccolti sull’ovatta. Ma se non era calda quanto basta per distruggere i
microrganismi raccolti sull'ovatta, non era nemmeno in grado di distruggere gli altri
microrganismi dello stesso tipo presenti all'interno del dispositivo.
Ora, nell’apparecchio con tubo di platino portato al calore rosso, Pasteur dice che
tutte le parti attraversate dall’aria sono state portate al calore rosso : “.. toutes les
parties on étè portées au rouge” (Pasteur, p. 234). Ossia quest'aria calcinata doveva
essere priva di particelle capaci di crescere nella sua soluzione acida. Sembra
impossibile che tutte le parti in vetro abbiano potuto raggiungere temperature molto
elevate; anche perché le parti in gomma si sarebbero probabilmente bruciate. E le
connessioni di gomma sono indispensabili per l'apprestamento del dispositivo, così
come raffigurato. L’aria, per quanto riscaldata dal tubo di platino al calore rosso, non
poteva portare al rosso anche le parti in vetro, che hanno una temperatura di fusione ( ˜
1000°C), seppure di poco, superiore a quella del platino (900-950°C-?-).
Ora, se gli eucarioti presenti all’interno dell’apparecchiatura non fossero stati
distrutti, l’aria passata attraverso il tubo di platino al rosso ed entrata poi nel pallone
che si andava raffreddando, avrebbe certamente trasportato dei microrganismi dalle
pareti interne del dispositivo, alla soluzione nutritiva. Se la temperatura dell’aria era
sufficientemente elevata, può aver sterilizzato le pareti interne del dispositivo – ferme
restando le incertezze sui tubi di gomma – ma deve necessariamente aver distrutto
anche gli eucarioti presenti sul batuffolo di cotone carico di polvere. Ma Pasteur non
dice che il cotone si sia bruciato al passaggio dell’aria calcinata; quindi l’aria
calcinata non doveva essere a temperatura molto alta. Anche se tutto il dispositivo é
stato lavato 10-12 volte (Pasteur, p. 239), per allontanare i microrganismi
contaminanti le pareti interne del dispositivo, non si può credere che abbia avuto la
richiesta - e necessaria - efficacia. In ogni caso, non può esserne certo per volumi
capaci di contenere poche centinaia di microrganismi.
Insomma, o l’aria calcinata era ancora a temperatura molto elevata quando
raggiungeva la soluzione nutritiva, e quindi avrebbe distrutti i microrganismi presenti
all’interno dell’apparecchiatura, compresi quelli contenuti nel batuffolo di cotone, ma
allora Pasteur non avrebbe dovuto rilevare alcuno sviluppo microbico dopo
l’operazione; oppure l’aria calcinata non era a temperatura sufficientemente elevata
per distruggere i microrganismi presenti all’interno dell’apparecchio, così come
quelli presenti sul batuffolo di ovatta, e allora si giustifica lo sviluppo microbico
riscontrato; sviluppo, che in tal caso sarebbe stato determinato sia dalle particelle
presenti sul cotone, sia dai microrganismi contaminanti l'interno del dispositivo
sperimentale. In questo caso, però, se nella soluzione sono entrati sia gli organismi
presenti sul batuffolo di ovatta, sia quelli presenti sulle pareti interne – non sanificate
– del dispositivo sperimentale, Pasteur non ha dimostrato che quelle particelle
presenti nell'aria e raccolte su cotone, molto simili a quelle che si sviluppavano nella
sua soluzione, erano in realtà le stesse, o quantomeno dello stesso tipo, e vitali. Ha
rilevato solamente che nella sua soluzione in qualunque modo inoculata – con
organismi raccolti su cotone, o presenti all'interno dell'apparecchiatura e trasportati
dalla corrente d'aria calcinata - si accrescono microrganismi. E che quindi l’aria
calcinata non impediva lo sviluppo microbico.
Per provare che il cotone servito per raccogliere la polvere e i microrganismi non ha
alcuna influenza sull’esito delle esperienze col dispositivo di Fig. 3, Pasteur
sostituisce il cotone con fibre di amianto (Pasteur, p. 190). Nella soluzione inoculata
con amianto caricato di polvere e inserito nel tubicino di vetro, Pasteur ha osservato
sviluppo microbico in pochi giorni; come nella prova con cotone. Ma il risultato delle
prove con amianto calcinata, prima o dopo caricamento con la polvere dell’aria,
entrambe con esito negativo, potrebbe essere dovuto addirittura ad un’azione inibente
dell’amianto calcinato. L’amianto non ha inibito lo sviluppo microbico, prima di
essere calcinato. Ma l’amianto calcinato potrebbe averlo inibito. Pasteur avrebbe
dovuto dimostrare che in presenza di amianto calcinato – nel suo ambiente acido - i
microrganismi possono accrescersi; ma non lo ha fatto. Come prova di controllo,
avrebbe dovuto inoculare i microrganismi nella sua soluzione contenente amianto
calcinato. La forma più comune di amianto, la chrysotile, é attaccata dagli acidi
(Merk Index, 1983); e non é noto se la miscela di amianto calcinato, in soluzione
acida, inibisce i microrganismi. É però noto che l’amianto non é innocuo, per le
cellule ( U.S. Dept. of Health and Human Services, 2001), tanto che l’EPA lo ha
classificato come carcinogeno (Second Annual Report on Carcinogens, NTP 81-43,
Dic. 1981).
In ogni caso, osservando i microrganismi crescere nella soluzione inoculata con il
cotone che ha raccolto la polvere dell’aria, Pasteur non dimostra in modo
incontrovertibile che sono i germi dei microrganismi presenti nella polvere, che si
moltiplicano. Per quanto piuttosto ragionevole sia tale ipotesi – però alla luce delle
conoscenze attuali - potrebbero tuttavia essere ancora le particelle inerti che danno
origine spontaneamente a nuovi microrganismi, coadiuvate dalle altre particelle di
polvere. I germi riscontrati tra la polvere dell’aria raccolta su cotone, potrebbero
essere incapaci di generare microrganismi in generale, ossia in infusioni con pH
prossime alla neutralità; ma ancor meno nella sua soluzione acida, senza il contributo
di altri componenti della polvere. O quantomeno, tali obiezioni avrebbero potuto
essere fatte dagli eterogenisti.
Quindi, i risultati presentati da Pasteur non sono probanti.
Pouchet, Schwann e Mantegazza non hanno ottenuto lo stesso risultato di Pasteur
(Pasteur, p. 235); nei loro palloni crescevano microrganismi, anche dopo la
sostituzione con aria calcinata. Però Pasteur impiegava una soluzione nutritiva acida;
mentre gli altri usavano soluzioni non acide, e quindi alterabili da un gran numero e
tipo di microrganismi, che le condizioni operative descritte per il dispositivo ad aria
calcinata non potevano distruggere.
Questo potrebbe significare quindi che la temperatura in uscita dal tubo di
raffreddamento era sì elevata, ma non quanto sarebbe stato necessario per inattivare
microrganismi termoresistenti (spore batteriche, ascospore, clamidospore); ma allora
permangono le incertezze sul livello di distruzione che può essersi determinato anche
sulla popolazione degli organismi acidofili presenti sul batuffolo di cotone, e in
specie sulle ascospore di muffe termoresistenti del tipo Talaromyces, Byssochlamys,
Neosartoria, ecc.
Non si può escludere che siano stati ottenuti risultati variabili; e che Pasteur abbia
comunicato solo quelli favorevoli alla sua tesi. Pare del resto, che solo nel 10% delle
sue esperienze Pasteur abbia ottenuto i risultati a lui favorevoli (Geison, 1995), e ne
abbia reso conto.
In tutte le esperienze condotte con aria calcinata, l'incubazione é sempre stata fatta in
presenza di ossigeno. Tale condizione di aerobiosi, favorevole soprattutto a lieviti e
muffe, non ha certamente consentito lo sviluppo di eventuali anaerobi, soprattutto del
tipo capace di crescere in ambiente acido, quali i clostridi butirrici, o i Bacillus di tipo
macerans e polymyxa; ciò che rappresenta un'ulteriore limitazione al già scarso valore
probante di queste esperienze.
7.9.1_ Aria calcinata e urina.
Pasteur dice che le due prove: urina raffreddata con aria calcinata e, dopo, alterata se
inoculata con il tubicino di cotone contenente la polvere, dimostrano che i
microrganismi sono nell’aria (Pasteur, pag.252). Niente affatto. Questa non é una
dimostrazione; é solamente un’illazione di Pasteur. Anzitutto l’urina impiegata da
Pasteur era acida, e quindi ogni deduzione può rapportarsi esclusivamente ai
microrganismi acidotrofi, eucariotici, e soprattutto lieviti e muffe; secondariamente,
la polvere trattiene certamente particelle che sembrano organizzate, come dice
Pasteur; ma solo questo si può dire; anzi, come lui stesso afferma, la presenza di
particelle molto simili a quelle organizzate non autorizza a ritenere che siano i germi
degli organismi che crescono nelle infusioni, e che siano vitali.
Eppoi, valgono sempre le osservazioni discusse nel paragrafo precedente, sulla
temperatura dell’aria calcinata e la incerta probabilità di sanificazione delle pareti
interne delle tubazioni.
Il fatto che introducendo nell’urina l’amianto calcinato e quindi privato dei
microrganismi – come presume Pasteur (pag.193) - non si abbia sviluppo microbico
non costituisce una prova in bianco completa. Nell’amianto calcinato potrebbero
essere presenti sostanze in grado di inibire lo sviluppo microbico. Quindi, come già
indicato, Pasteur avrebbe dovuto inseminare le polveri contenenti presumibilmente
microrganismi nei palloni contenenti amianto calcinato, per fare questo controllo; che
non ha fatto.
Le stesse osservazioni di carattere generale, esposte nel capitolo precedente, si
applicano ovviamente a queste sperimentazioni con urina.
7.9.2 _ Aria calcinata e latte.
Ma il latte, trattato nello stesso dispositivo e con le stesse modalità, si caglia: pieno di
“bacterium termo.. vibrio lineola .. et bacterium… », ma nessun eucariote: «
…aucune mucedinée, aucune torulacée, aucune ferment vegetale.” (Pasteur, p. 253259). Occorre portare il latte a 110° per 1-2 minuti, perché non ci sia più alterazione.
Lo stesso risultato, dopo ‘prolongé’ trattamento a 100°. Il motivo, dice Pasteur, é che
“ces liquides sont trés faiblement acides, tandis que le lait est alkalin.”. Infatti, si
producono gli stessi vibrions nella sua soluzione acida aggiunta di ‘carbonate de
chaux que rends la liqueur neutre ou légèrment alcaline”. Quindi la differenza é
dovuta all’alcalinità del latte. Non é che il latte perda la capacità di lasciar crescere i
microrganismi; poiché inoculato con la polvere su amianto, i microrganismi
crescono.
A parte le incertezze che possono emergere in relazione alle esperienze eseguite con
latte, che sono descritte molto incompletamente, le stesse osservazioni di carattere
generale, esposte nel capitolo precedente, si applicano ovviamente anche a queste
bozze di sperimentazioni.
7.10 _ Palloni a collo ritorto (avec curbures).
Pasteur appresta palloni di vetro contenenti acqua di lievito, acqua di lievito
zuccherata, urina, succo di bietole, acqua di pepe, poi stira alla fiamma il collo dei
palloni, in modo da curvarlo in vario modo (vedere figura 4); porta il liquido
all'ebollizione per pochi minuti, fino a far uscire il vapore dall'estremità dei colli
ricurvi, e quindi lascia che si raffreddino all'aria, senza nessuna precauzione (Pasteur,
p. 260).
Esperienza di Pasteur: impiego di palloni a collo ritorto.
Una serie di egual numero di palloni di controllo, subiscono l'allungamento e la
flessione del collo, e sono lasciati esposti liberamente all'ambiente esterno, ma senza
essere previamente bolliti. Gran parte – non tutti - dei palloni bolliti rimangono privi
di sviluppo microbico. I palloni di controllo, sono tutti invasi da vegetazioni
microbiche. Poiché tutta la serie parallela di vasi a collo ritorto, nei quali il liquido
colturale non é stato bollito, va soggetta in pochissimi giorni a sviluppo microbico,
contrariamente a quanto é accaduto nei vasi in cui la soluzione é stata bollita, é
evidente anzitutto che l'ebollizione é stato il fattore determinante il risultato:
l'ebollizione infatti ha distrutto semplicemente i microrganismi presenti nelle
soluzioni nutritive, per cui senza ebollizione c'è stato lo sviluppo dei microrganismi
naturalmente presenti nella soluzione, mentre dopo l'ebollizione, essendo distrutti i
microrganismi originariamente presenti nelle soluzioni nutritive, non c'è stato
sviluppo microbico. Tutto qui. A prima vista, l'esito di questa esperienza é
indubitabilmente questo. Del resto, tutti gli studiosi che si sono occupati del problema
della generazione spontanea, Pasteur compreso, per iniziare le loro esperienze con
soluzioni prive di microrganismi vitali – almeno apparentemente – bollivano le loro
soluzioni, per eliminare i microrganismi naturalmente presenti nelle soluzioni o
infusioni, e pareti interne dei palloni di vetro sperimentali. Quindi non ci si può
meravigliare del risultato ottenuto con i palloni a collo ritorto.
Una seconda conclusione, altrettanto immediata, é necessariamente che nel liquido
dei palloni in cui non si sono accresciuti microrganismi, l'aria rientrata dall'esterno
con il riequilibrarsi della depressione interna con la pressione esterna, é priva di
microrganismi capaci di crescere in quelle soluzioni. Si potrebbe dire che si é trattato
di aria sanificata, al posto di sterile, perché sterile sappiamo – dai capitoli precedenti che non é.
Pasteur affida un notevole valore probante a questo tipo di esperienze: “Le grand
intérét de cette méthode, c’est quelle achève de prouver sans réplique que l’origine
de la vie , dans les infusions qui ont été portées à l’ébullition, est uniquement due aux
particules solides en suspension dans l’air.» (Pasteur, p. 263).
Nell'opinione della storiografia ufficiale, e prima di tutto nell'opinione dell'Académie
de France, se corrispondeva al vero – in accordo con l'affermazione di Pasteur - che i
microrganismi erano nell'aria, allora bisognava considerare falsa l'alternativa posta da
chi non condivideva l'opinione di Pasteur, ossia che i microrganismi si generavano
autonomamente dai materiali in fermentazione, e quindi che in pratica l'eterogenia
non esisteva. Ma tale corrispondenza non poteva essere così immediata. Anzitutto
perché l'esperienza dei palloni con il collo ritorto non dimostrava per niente che i
microrganismi sono nell'aria; ma non dimostrava neppure in alcun modo né che i
microrganismi erano nell'aria perché ivi generati spontaneamente, né perché erano
stati generati nell'aria da riconoscibili genitori. Anche sotto le suole delle scarpe ci
sono microrganismi; ma non per questo possiamo decidere che si sono originati sotto
le suole spontaneamente, né per qualche tipo di naturale derivazione genitoriale.
Pasteur, per dimostrare che avevano torto i suoi contemporanei propensi a ritenere i
materiali in fermentazione responsabili della produzione spontanea, autonoma dei
lieviti, si era proposto di provare sperimentalmente che, al contrario, gli agenti delle
fermentazioni, i lieviti, erano nell'ambiente esterno, nell'aria. Essendo provato –
secondo Pasteur – che i microrganismi erano nell'aria, veniva confutata
automaticamente la possibilità alternativa. Ma non si teneva conto, che era stato
Pasteur stesso a porre quell'alternativa, in contrapposizione con gli eterogenisti. E ciò
malgrado fosse convinzione universale che nell'aria c'erano microrganismi, come si é
visto nei paragrafi precedenti. E non sarebbe servito a nulla provarlo
sperimentalmente, perché l'alternativa sarebbe sopravvissuta: infatti, nell'aria,
nascono spontaneamente, tali organismi, oppure da genitori regolari? Se Pasteur
avesse posto l'alternativa in questi termini: 'se i microrganismi sono apportati dalle
Drosofile (gli insetti del vino) sui materiali in fermentazione, allora i microrganismi
non si generano con modalità spontanee nei materiali in fermentazione’, forse che
avremmo ritenuta confutata la spontaneità dell'origine dei microrganismi, qualora ci
avesse dimostrato che davvero i microrganismi erano nelle zampette delle Drosofile?
Certamente no. Infatti, se nella realtà i lieviti erano gli agenti delle fermentazioni,
presenti naturalmente nell'ambiente esterno, rimaneva intatto il quesito: ma
nell'ambiente esterno, dove zampettano le drosofile, si generano spontaneamente,
oppure da bravi genitori ?
Il richiamo esercitato dal risultato di questa esperienza sugli osservatori ingenui e
incompetenti (soprattutto gli storici e/o filosofi della scienza, quindi) é forse dovuto
anche al sospetto – mitizzato da Needham in poi – che qualora anche in presenza di
ossigeno atmosferico non ci fosse stato accrescimento nelle soluzioni bollite, allora si
sarebbe raggiunta la prova definitiva che la generazione spontanea non esisteva.
La questione di una influenza dell'ossigeno atmosferico sulla probabilità della
spontanea generazione di organismi, aveva fatto mettere in discussione – già da parte
di Needham - le osservazioni di Spallanzani, lasciando intendere che se le ampolle
avessero contenuto una quantità sufficiente di ossigeno, la generazione spontanea si
sarebbe manifestata. Lo stesso Pasteur, invece, aveva ritenuto tale obiezione
infondata, affermando che Gay-Lussac era in errore, quando aveva creduto di
individuare nell’assenza di ossigeno la causa della inalterabilità delle infusioni di
Spallanzani e delle conserve di Appert, perché subito dopo i trattamenti termici di
sterilizzazione, c'era certamente ossigeno in entrambe le circostanze: “ ..Le resultat
(di Schwann) .. repondait à toutes les craintes de ce dernier (Needham) sur
l’altération possibile de l’air dans les expériences de Spallanzani; cela détruisait
enfin l’assertion de Gay-Lussac sur le role de l’oxygène dans les procédes de
conserves d’Appert .. ” (Pasteur, pag.217). Quindi, i palloni con i colli ritorti stavano
a dimostrare chiarissimamente – almeno secondo Pasteur - che anche in presenza di
ossigeno, non si aveva generazione spontanea.
All'incirca cent'anni prima, Spallanzani aveva effettuate esperienze di sterilizzazione
di infusioni in atmosfera ricca di ossigeno, quando chiuse i palloni alla normale
pressione atmosferica, saldandone il collo alla fiamma, tanto che dopo pochi minuti
all’ebollizione, diversi palloni esplodevano, e dovette sostituirli con altri di vetro
molto più resistente (Spallanzani 1776, p. 26); e c’era stato sviluppo microbico anche
dopo circa mezz’ora di trattamento all’ebollizione; non dopo solo 2-3 minuti.
Pasteur ha dichiarato che anche tra i vasi a collo ritorto, (l’esperienza spettacolare che
aveva presentato all’uditorio della Sorbona) ce n’erano una frazione che a volte erano
contaminati da microrganismi: “..je n’ai jamais dit que dans la séries de mes
expériences avec matras à col recourbés ou sinueoux, cent expériences sur cent
réussissent.” (Pasteur, p. 351).
Ovviamente, Pasteur metteva l’accento solamente sui risultati che confortavano la sua
opinione, contraria alla generazione spontanea (Farley & Geison, 1974; Geison,
1995). E continuava a ripetere, a corollario di ogni sua esperienza, che la
conseguenza diretta dei risultati ottenuti era che i microrganismi provenivano
dall’aria ambiente; evidentemente per radicare il concetto che gli premeva affermare.
A Pasteur comunque non sfugge che i risultati di questa esperienza dimostrano che
l'aria entrata nei palloni é sostanzialmente priva di microrganismi capaci di
svilupparsi nelle soluzioni impiegate: ”.. S'il n'y a pas d'altération du liquide, c'est
évidemment que le volume d'air introduit ne renfermait rien qui peut amener
l'altération de la liqueur.” (Pasteur, p. 313). Ma siccome intende dimostrare che i
microrganismi nell’aria ci sono, comunque, argomenta opportunamente sul motivo
per cui nonostante la presenza di microrganismi nell'aria, non c'è stato sviluppo nei
palloni a collo ritorto; ossia é accaduto quanto ci si sarebbe aspettati, se l'aria entrata
a contatto con la soluzione, fosse stata per davvero precedentemente sanificata.
Pasteur si trova quindi nella necessità di giustificare questa presunta sanificazione, e
lo fa sostenendo che i microrganismi dell’aria prima raggiungono il liquido ancora
caldissimo, quando la velocità di aspirazione dell’aria ambiente che entra nei palloni
per compensare la rarefazione interna dovuta all’ebollizione é molto elevata per
effetto del gradiente di pressione, e qui sono inattivati per l'alta temperatura della
soluzione; poi, quando anche la velocità di rientro dell’aria é rallentata per il minore
gradiente termico e pressorio tra interno ed esterno dei palloni, i microrganismi sono
catturati sulle pareti dei colli allungati, per un fenomeno puramente fisico di
adesione: “.. l’air rentrant trés lentement laissait tomber ses poussiéres à l’ouverture
du col, ou les déposes en route sur les parois intérieures.” (Pasteur, p. 190).
A prima vista questo meccanismo di sanificazione sembra possibile, se non proprio
probabile. Tuttavia, sorgono subito delle incertezze sul fatto che i germi raggiungano
la soluzione solo quando la temperatura é ancora talmente elevata da inattivarli, e
nessuno – o quasi - la raggiunga quando la temperatura si é già abbassata a valori non
più letali. Anche perché non tutti i germi hanno la stessa, identica resistenza al calore,
che si può ragionevolmente ritenere che sarà invece – per qualunque cluster di
particelle – distribuita normalmente attorno a determinati valori medi. Inoltre, non si
vede da quale principio potrebbe dipendere questa coincidenza tra violenza
dell’aspirazione ed effetto letale determinato nei confronti dei microrganismi; si
tratterebbe di una coincidenza quantomeno molto incerta, se non del tutto
improbabile. Insomma, poiché l’aspirazione per il riequilibrio della pressione interna
del pallone diminuisce con una certa gradualità e non d’un sol tratto, non si vede
come l’accesso dei microrganismi alla soluzione debba interrompersi invece con
elevata probabilità – d'un sol tratto - con elevato esito favorevole, anche se non del
100% dei casi, esattamente dopo che la temperatura della soluzione non é più a valori
letali per la totalità della flora microbica capace di crescere nella soluzione.
In realtà, se nei palloni a collo ritorto, che hanno aspirato una certa quantità di aria,
non si é avuto sviluppo microbico, ciò significa anzitutto – prioritariamente,
esclusivamente - che i microrganismi non sono nell’aria; ossia il significato
dell’assenza di accrescimento dei microrganismi é solamente che ciò che é venuto a
contatto con la soluzione nutritiva non conteneva microrganismi capaci di svilupparsi
in quella stessa soluzione, cioè in ambiente acido e in presenza di ossigeno.
Si può anche ritenere che il processo di sanificazione dell'aria, suggerito da Pasteur,
possa essere avvenuto nella realtà; ma non é stato dimostrato.
Pasteur svolge la sua argomentazione partendo dalla ferma convinzione che i
microrganismi sono nell’aria; ed é chiaro che data questa premessa, per l’assenza di
accrescimento nei palloni a collo ritorto si deve trovare una giustificazione in un
meccanismo del tipo da lui indicato, o in varianti diversamente probabili. Ma se non
c’è stato accrescimento nella soluzione nutritiva che é stata a contatto con l’aria
ambiente, il significato immediato, incontrovertibile, é che tale aria non era
sicuramente contaminata. E non si può sostenere in alcun modo invece, che tale
aria era contaminata.
Quando si eseguono valutazioni di sterilità, nei laboratori microbiologici, se le
soluzioni adatte allo sviluppo microbico venute a contatto con materiali diversi, non
risultano contaminate, se non presentano sviluppo microbico, ciò significa
necessariamente che nel prodotto esaminato NON ci sono microrganismi. Perché nei
palloni di Pasteur il significato dovrebbe essere l’opposto? Non c’è alcun motivo. Per
dimostrare che i microrganismi sono nell’aria, bisogna dimostrare al contrario
che nelle soluzioni nutritive, nelle infusioni esposte all’aria – in opportune
condizioni - i microrganismi si sviluppano; ma non che NON si sviluppano. Se
nei palloni ritorti di Pasteur fosse entrata aria comunque sterilizzata - con raggi
ultravioletti, ad esempio, di origine solare - il risultato sarebbe stato lo stesso:
nella sua soluzione NON si sarebbero sviluppati microrganismi, ovviamente.
Quindi, l’esperienza dei palloni con i colli ritorti non ha alcun senso; é
assolutamente inutile, priva di significato, poiché non consente di dimostrare se
l’aria esterna é sterile oppure contaminata (o eventualmente sanificata lungo il
percorso dall'esterno all'interno del pallone contenente la soluzione nutritiva, come
propone Pasteur) visto che in entrambi i casi, il risultato sarebbe stato identico:
assenza di sviluppo microbico.
Insomma, Pasteur avrebbe dovuto affermare, visto che le soluzioni contenute nei
palloni a collo allungato e ritorto non hanno mostrato accrescimento microbico, che
l’aria entrata nei palloni con il riequilibrarsi della depressione interna con la pressione
esterna, era priva di microrganismi: assenza di accrescimento microbico nella
soluzione, significa necessariamente e solamente, esclusivamente assenza di
microrganismi in ciò che é venuto a contatto con la soluzione, ossia l’aria esterna, in
questo caso. Null'altro.
L’argomentazione di Pasteur é tautologica; essendo convinto che l’aria sia
contaminata, cerca di dimostrare che é davvero contaminata, ipotizzando che i
microrganismi – che Pasteur ipotizza ci siano, ma non lo ha mai dimostrato - siano
stati distrutti a contatto con la soluzione bollente, o siano adesi alle pareti interne dei
colli ritorti; cercando così di dimostrare che l’aria venuta a contatto con la sua
soluzione é priva di microrganismi – visto che i microrganismi non si sono
accresciuti – perché l'aria raggiunge sì la soluzione, che però non é raggiunta dai
microrganismi durante il raffreddamento. Invece, non ci sono alternative possibili:
se nella sua soluzione non si sono accresciuti i microrganismi, si può affermare
solamente, esclusivamente, senza alternative, che l’aria entrata non conteneva
microrganismi. Non si possono fare ipotesi credibili, per dimostrare che il risultato
avrebbe dovuto essere diverso da quello che é stato, e così capovolgerne il
significato. Amenoché non lo si dimostri visibilmente, sperimentalmente, che una
parte dei microrganismi sono stati distrutti a contatto con la temperatura elevata della
soluzione e del collo ritorto, e che un'altra frazione é stata intrappolata nel collo
ritorto, per adesione, o altro meccanismo. Ma questi eventi non sono stati dimostrati;
solo ipotizzati.
Lo sviluppo microbico in una certa percentuale dei palloni (Pasteur dice che l’assenza
di accrescimento non é del 100%; ma non specifica valori percentuali definiti), prima
o dopo scuotimento, potrebbe sempre derivare – come sostenevano gli eterogenisti –
da generazione spontanea. Gli eterogenisti infatti sostenevano che nei palloni nei
quali non c'era stato sviluppo microbico, le condizioni fisico-chimiche non erano
evidentemente idonee alla generazione spontanea; semplicemente. E non del tutto a
torto, o comunque non senza motivo, visto che la soluzione di Pasteur era acida,
favorevole quasi esclusivamente all'accrescimento degli eucarioti, organismi
molto più complessi dei batteri – procarioti - che possono essere ritenuti
certamente più adatti a formarsi spontaneamente.
Il fatto poi, che agitando bruscamente (“très brusque agitation”, Pasteur, p. 262)
dopo qualche tempo i flaconi a collo allungato, si siano sviluppati i microrganismi,
potrebbe esser imputato semplicemente ad uno scambio di aria indotto tra interno ed
esterno del flacone, e quindi inquinamento della soluzione da parte di aria esterna
contaminata, come di norma – oggi si sà - o per circostanze diverse (ad esempio,
trascinamento da parte dell’aria di contaminazioni presenti sulle mani di chi agita i
palloni), non ultima la contemporanea introduzione di particelle di diversa natura, la
sola miscela capace – potrebbero affermare gli eterogenisti – di sostenere la
generazione spontanea dei microrganismi.
Pasteur scrive che l'esperienza dei palloni a collo ritorto si può ripetere anche
impiegando latte come mezzo di rivelazione dei microrganismi; ma le modalità che
dice di aver seguito per realizzare la prova, non sono tanto convincenti, né
apparentemente le stesse impiegate con le altre soluzioni acide, anche perché la
compensazione della depressione interna dopo il trattamento termico, avverrebbe
mediante aria calcinata, non aria ambiente: “.. laisser le ballon se refroidir pendent
qu’il y rentre de l'air calciné.” (Pasteur, pag.262).
In ogni caso rimane evidente – solamente e sicuramente - che se il latte sterilizzato é
rimasto senza accrescimento microbico, e quello non-sterilizzato é stato invaso da
microrganismi, il trattamento termico ha distrutto i microrganismi presenti nel latte
prima del trattamento. Nient’altro.
Come mai la tesi di Pasteur possa aver ricevuto tanto credito, non é immediatamente
evidente. Soprattutto considerando che egli propone tutta una serie di ipotesi, che
possono trovare spazio solamente in alternativa all’evidenza, e cioè che l’assenza di
sviluppo, corrisponde necessariamente all’assenza di microrganismi nell’aria; la sua é
tutt’altro che una dimostrazione sperimentale della presenza di microrganismi
nell’aria; é solo l’elaborazione di una sua convinzione aprioristica. Basterebbe il solo
buon senso per convincersi che se nei palloni a collo ritorto non c'è stato
accrescimento microbico, l'aria entrata nei palloni era priva di microrganismi. A
questa spiegazione del risultato, si aggiunge quella altrettanto ovvia, che se c'è stato
sviluppo microbico in tutte le unità sperimentali non bollite – di contro all'assenza di
sviluppo in quelle bollite – si é indotti a ritenere, necessariamente, inevitabilmente,
che il risultato consegue alla distruzione dei microrganismi contenuti naturalmente
nelle soluzioni impiegate, determinata dal trattamento all'ebollizione. Tutte le altre
ipotesi che si possono formulare, sono gratuite; non dimostrate dalla risultanza
sperimentale. Chiarissimo. Incontrovertibile, sulla base del tipo di esperienze
esaminate.
Perché allora un così cospicuo numero di storici osannano la magistrale esperienza
dei palloni a collo ritorto?
Viene da chiedersi, ancora una volta, se tali storici possiedono le conoscenze
necessarie per comprendere i risultati sperimentali che si ottengono in ambiti così
diversi – quali sono le scienze biologiche, ad esempio, ma non solo, ovviamente – da
quelli che sono i loro parametri colturali. L’opinione espressa dalla maggior parte dei
sedicenti storici della scienza su risultati di questo tipo, opinione che é addirittura
opposta a quanto indica anche il solo buonsenso, ne rappresenta di per sé una
deludente dimostrazione di totale impreparazione culturale.
Anche nelle esperienze con i palloni a collo ritorto persistono comunque le
condizioni sperimentali pregiudiziali dell'impiego di soluzioni acide, incubate in
aerobiosi, adatte pressoché esclusivamente all'accrescimento degli eucarioti e
pochissimi gruppi batterici aerobi.
In più, nei vasi a collo ritorto non si sarebbero accresciuti, se fossero stati sospesi
nell'aria, né i microrganismi aerobi, né gli anaerobi, né i facoltativi – ossia la grande
maggioranza dei microrganismi – che, come é noto, non sono in grado di accrescersi
in ambiente acido e aerato; ma avrebbero potuto costituire un buon gruppo di
organismi capaci di generarsi autonomamente, spontaneamente.
Lo stesso può dirsi in merito alla generazione spontanea che potrebbe aver avuto
luogo nella soluzione di Pasteur; ossia non avrebbero potuto svilupparsi né i
microrganismi aerobi, né gli anaerobi, né i facoltativi – ossia la grande maggioranza
dei microrganismi – che, come é noto, non sono in grado di accrescersi in ambiente
acido.
Insomma non pare corrispondente alla realtà la dichiarazione di Pasteur d'essere
proprio riuscito ad ‘acculer’ (Pasteur, p. 264, 311) – come ripete almeno due volte,
forse un pò impietosamente - i partigiani della generazione spontanea.
La danza dei palloni a collo ritorto, sotto la luna.
7.11 _ Termoresistenza delle mucedinées.
Pasteur ha compiuto un tentativo – mal riuscito, anche questo - di determinare la
resistenza delle spore di mucedinee al calore (per ‘mucedinées’, Pasteur intende
“penicillium, ascophora, aspergillus…autres genres, moisissures diverses..” –
pag.189).
Pasteur ha lasciato cadere un tubicino con amianto caricato di polvere o di spore di
mucedinées, preventivamente trattato a temperature comprese tra 120° e 132°C, nella
sua solita soluzione acida, o in latte o in urina – tutti substrati non alterati da tempo,
poiché la depressione interna ai palloni bolliti era stata compensata con aria calcinata
- rilevando lo sviluppo soprattutto di miceli fungini dopo tempi diversi di sosta a
temperature intorno a 30°.
Stando a quanto risulta dalle sue dichiarazioni, in aria secca – o nel vuoto (?) – le
'mucedinées' sopravvivono anche per una ora a 120-125°; trenta minuti a 127-132°
sono loro letali (Pasteur, p. 287). In acqua, invece, non sopravvivono, se portate
anche solo qualche minuto a 100° (Pasteur, p. 208, 209).
Figura 3. Dispositivo impiegato da Pasteur per la valutazione della termoresistenza delle
‘mucedinées’.
.
Il dispositivo impiegato é quello della Figura 3. L'ambiente disidratato sarebbe stato
realizzato ponendo tra il condotto dell'aria calcinata e il tubo di vetro a forma di U,
contenente un tubicino con le spore su fibre di amianto, e immerso nel bagno
termostatico, un secondo tubo ad U contenente una miscela disidratante (“ ..
desséchant a ponce sulfurique..”, p. 282). É estremamente improbabile che tale
dispositivo abbia potuto determinare la disidratazione delle polveri e delle spore
fungine.
Inoltre, come risulta anche dallo schema della Fig. 3 (Figura 28 nelle Opere di
Pasteur, p. 281), e come dichiara esplicitamente più avanti Pasteur: “..Un
thermomètre donnerà la température exacte du bain.” (Pasteur, p. 309), il
termometro era immerso nel bagno termostatico, erroneamente, invece che a contatto
con le mucedinées alloggiate nel tubicino posto dentro il tubo ad U immerso nel
bagno riscaldante. Una corretta disposizione del termometro é assolutamente
indispensabile per ottenere una valutazione esatta delle temperature cui erano state
sottoposte le mucedinées. L’aver invece immerso il termometro nel bagno
termostatico, é un errore talmente grossolano, da inficiare del tutto l’esperienza.
Da questo tentativo di determinazione della termoresistenza delle mucedinées,
Pasteur ha ovviamente tratto valori di temperature letali del tutto sbagliati, di nessun
interesse.
7.12 _ ‘Gas, fluid diverses,..
Pasteur ha scritto: “Gas, fluides divers, électricité, magnétism, ozone, choses connues
ou choses occultes , il n’y a absolument riens dans l’air atmosphérique ordinaire qui
soit la condition de la putréfaction ou de la fermentation des liquides que nous avons
étudiés...“. (Pasteur, p. 191, 263, 310); ma non ha mai dimostrato sperimentalmente
che fluidi diversi, elettricità, magnetismo, ozono – e ancor meno cose note e occulte,
ovviamente – possano influire sulla putrefazione e la fermentazione. Ha
evidentemente voluto sgombrare d’un sol colpo il campo da un bel gruppo di
ipotetiche influenze da fattori fisici e chimici, per poter affermare con maggior
nettezza che nell’aria c’erano microrganismi; ancora una volta, pur senza averlo
dimostrato.
7.13 _ Appert
Pasteur non tenne conto dei quasi 50 anni di esperienza di Appert (1810), che
dimostravano quanto fosse elevata la probabilità che avessero successo gli
esperimenti dell’industria conserviera, che: “... performed on an enormous scale
every day .. Meat, fruits, vegetables, the very materials of the most fermentable and
putrescible infusions, are preserved to the extent.. of thousands of tons every year, by
a method which is a mere application of Spallanzanis experiment. .. By this
method they may be kept for years without putrefying, fermenting, or getting
mouldy.” (Huxley, 1870); e i tempi di trattamento applicati dall’industria conserviera
erano dell’ordine di grandezza dei 45 minuti e oltre, individuati da Spallanzani; e non
di 2-3 minuti all’ebollizione! Pasteur non intende giustificare esplicitamente la sua
scelta di un così breve trattamento termico. E nemmeno, ovviamente, spiegare che la
sua scelta non é dovuta solamente al vantaggio sperimentale immediato, pratico; ma
alla complicazione di dover affrontare un quadro microbiologico più esteso, e
certamente non scevro di difficoltà supplementari. Anche perché forse un tale tipo di
riconoscimento avrebbe comportato direttamente un confronto con Pouchet e la sua
infusione di fieno, non sterilizzabile in soli 2-3 minuti. Pasteur non ha mai voluto
confrontarsi con questa situazione.
A p. 216, Pasteur scrive che “Appert appliqua à l’économie domestique les résultats
des expériences de Spallanzani effectuées selon la méthode de Needham.” Tale
affermazione é assolutamente errata, visto che Needham nemmeno chiudeva i suoi
flaconi sperimentali, mentre Appert li chiudeva bene, ed ermeticamente, come aveva
fatto Spallanzani. Dopo le prime esperienze, Needham invece non scaldava nemmeno
più i suoi recipienti sperimentali, dicendo che scaldate o non scaldate le sue infusioni
davano gli stessi risultati. Insomma, Pasteur non aveva compreso il significato delle
esperienze di Spallanzani; o non voleva riconoscerne la forza probante.
Inoltre, mentre negli infusi di Needham si sviluppavano costantemente tutti i possibili
microrganismi, tanto da indurlo a proporre e sostenere la tesi della generazione
spontanea; i prodotti di Appert rimanevano invece sterili; proprio come gli infusi di
Spallanzani; non quelli di Needham!
.
7.14 _ ‘Sur la nutrition des mucedinées’ .
Pasteur mostra che le vegetazioni microbiche hanno luogo anche in soluzioni
minerali (Pasteur, P. 287-294). Gli eterogenisti sostenevano generalmente che la
generazione spontanea aveva luogo in substrati di materiale organico senza più vita.
Alcuni, come Pouchet, non credevano nell'abiogenesi, ossia nella generazione di
microrganismi a partire da soluzioni esclusivamente minerali (Pouchet, 1859_ da
Geison, 1995); ma altri non negavano questa possibilità. Qualche eterogenista poteva
sostenere che la cenere del lievito di birra, derivava pur sempre da organismi viventi.
E tale cenere, Pasteur l’ha sempre messa nei suoi terreni minerali.
E comunque, anche queste sue soluzioni inevitabilmente contenevano un certo
numero di cellule microbiche, anche se probabilmente meno di centomila cellule per
centimetro cubo, visto che a concentrazione inferiore o uguale a tale valore non é
rilevabile alcuna torbidità. Quindi la esclusiva mineralità di tale soluzione poteva
essere messa in discussione. La soluzione sarebbe stata perfettamente minerale, solo
se fosse stata filtrata a-microbicamente. Quale poteva essere l'effetto di tale contenuto
biologico della soluzione minerale, dal punto di vista della dottrina eterogenista?
Secondo Pouchet, l'eterogenesi poteva aver luogo anche a partire da organismi vivi
(Geison, 1995). E in ogni caso, dopo ebollizione, una certa frazione di tali organismi
non era più vitale. Quindi, il fatto che anche nella soluzione minerale di Pasteur
crescessero le mucedinées, non é una prova contro la spontaneità di una generazione,
che avvenisse per attivazione da cellule batteriche vive, o non più vitali.
7.15 _ da ‘Observations verbales…’
Sangue e orina di cane, non preventivamente bolliti, sono risultati stabili in palloni
con i colli ritorti. Quindi non c'era stata generazione spontanea, secondo Pasteur.
A parte le incertezze che può suscitare la possibilità di effettuare sterilmente un
prelievo di sangue e di orina da un cane, anche in questo caso Pasteur presenta un
singolo evento, un'osservazione isolata, non una serie di eventi appropriatamente
organizzati, che possano nel loro insieme convalidare la situazione descritta,
sostenuta.
E inoltre, Pasteur non riferisce di aver eseguito la prova di controllo, indispensabile
per confermare il risultato di sterilità dei prelievi; avrebbe dovuto seminare
microrganismi in quel sangue e quell’orina, per accertare che non sussistevano
impedimenti fisici e/o chimici allo sviluppo microbico. In più, tali impedimenti
potevano non sussistere per lo sviluppo di microrganismi inoculati, ma solo – o
esclusivamente – per il manifestarsi spontaneo dello sviluppo microbico.
Come é ben noto oggi, qualunque agente fisico o chimico letale, é tanto più efficace
quanto minore é la concentrazione microbica. Ad esempio, la relazione che intercorre
tra numero minimo di cellule Nm necessario perché ci sia accrescimento (Campanini
e al., 1977) é tanto maggiore quanto minore é il pH della soluzione:
Nm = e A ( B – pH)
in cui il valore di A dipende dal tipo di microrganismo, e il valore di B corrisponde al
pH al quale anche una sola cellula può svilupparsi (valore compreso generalmente tra
6.5 e 7.5).
7.16 _Premio Alhumbert
Pasteur non convinse del tutto gli studiosi suoi contemporanei. Convinse molti
‘spettatori’, estranei, della ricerca scientifica. E ovviamente, gli storici della scienza,
che sono generalmente privi delle conoscenze necessarie per analizzare con la dovuta
accuratezza le esperienze scientifiche, si accodarono all’atteggiamento prevalente.
Farley e Geison (1974), Geison (1995) e Harris (2002) esaminano tutta una serie di
circostanze di ordine sociologico, politico e culturale, che hanno caratterizzato
l'atteggiamento sia di Pasteur, sia dell'Accademia di Francia, in merito alla
generazione spontanea. Motivi che non hanno nulla a che vedere con il valore
scientifico delle esperienze di Pasteur, quello che Harris definisce il valore probante
delle esperienze. Non sono mancate, in proposito, le rogazioni di qualche membro
della stessa Accademia, che ha cercato di imbandire con una veste scientifica, le
conclusioni del grande, infallibile Pasteur. Si é così indotti a ritenere che già a partire
dalla attribuzione del premio Alhumbert, da parte degli Accademici di Francia, non
sia stato colto, determinato, il valore probante appunto, delle esperienze descritte
nelle famose Mémoires. Anche Huxley, nel 1870, é abbagliato dalle descrizioni che
Pasteur fa delle sue esperienze, e così non vede che in realtà il loro valore scientifico
é del tutto inesistente.
Gli aspetti tecnici esaminati, che apparentemente inficiano completamente le
esperienze di Pasteur, si contrappongono di conseguenza all'opinione espressa dai
componenti il comitato dell'Accademia di Francia, per l'attribuzione del Premio
Alhumbert a Pasteur. Tale comitato era costituito da 5 membri: Claude Bernard
(1813-1878) (fisiologo; riteneva che il processo di fermentazione non richiedesse
l'azione di microrganismi), Coste (scopritore della vescicola germinativa dell'uovo
dei mammiferi), Milne-Edwards (zoologo), Brongniart (botanico, studioso di piante
fossili) e Flourens (una specie di segretario perpetuo dell'Accademia). Pare che
nessuno di loro credesse nella generazione spontanea – seppure privi della
competenza necessaria; alcuni di loro addirittura si espressero pubblicamente a favore
di Pasteur, prima di aggiudicare il Premio (Harris, 2002). Accadde così che Bernard e
Coste furono sostituiti da due chimici, che sembravano meno ‘partigiani’: Dumas e
Balard. Con la relazione del 1862, a firma di Milne-Edwards, Flourens, Brongniart,
Coste e Claude Bernard, il premio Alhumbert é attribuito a Pasteur, perché il suo
lavoro “.. renferme un noimbre considérable d'expériences originales et
remarquables par leur précision..” e dopo che la Commissione ha avuto l'opportunità
di “ .. constater l'exactitude des résultats et d'admirer l'habilité expérimentale bien
connue de leur autor.” (Pasteur, p. 636). Quindi, un branco di imbecilli che non
avevano capito niente di niente.
Nella relazione del 1865, a firma Flourens, Dumas, Brongniard, Milne-Edwards e
Balard, dove si riferisce di una seconda convocazione della Commissione, a seguito
delle istanze di Pouchet, Joly e Musset, si afferma ancora che “.. les faits observés
par M. Pasteur et contestés par MM. Pouchet, Joly et Musset, sont de la plus parfaite
exactitude.”. Confermando così la tesi che un branco di imbecilli si è reso
responsabile dell’opinione dell’Académie.
A questo punto, le voci discordi furono in buona parte zittite; e in ciò favorite dalla
impreparazione culturale degli stessi studiosi che cercavano di contestare il risultato
dell'Accademia. Gli storici, già a cominciare dal XIX° secolo, si sono lasciati
coinvolgere dall’aura corretta che santificava l’icona Pasteur (basti ricordare, per
l’impreparazione microbiologica che hanno dimostrato, biologi della vaglia di
Huxley e Rostand, ad esempio.
Capitolo 8. Gli storici della scienza, whig , o anti-whig
“ ..sperimentando di nuovo .. insegnommi quanto sia facile ad un filosofo andar
errato..” (Spallanzani, 1765, p. 117).
Un’annotazione su questo argomento é assolutamente necessaria, poiché il tema della
generazione spontanea coinvolge precise competenze, del tutto trascurate da - o
comunque assenti in - coloro che, nelle veci di storici della scienza, si sono prodotti
in attribuzioni tecnicamente sbagliate sul merito relativo che ebbero i due seppur
famosissimi studiosi, Lazzaro Spallanzani (1729-1799) e Louis Pasteur (1822-1895),
nella confutazione della millenaria teoria della generazione spontanea.
É vero, che già gli storici della scienza del secolo scorso e ancora prima, ci hanno
tramandato l’errore dell’aver attribuito a Pasteur tutto il merito della confutazione,
tratti in inganno forse dall'attribuzione del premio Alhumber da parte dell'Académie
de Paris, aprioristicamente contraria (Farley, 1974) alla tesi della generazione
spontanea. Ma allo stesso tempo, e successivamente, hanno certamente influito
sull'atteggiamento degli storici della scienza una evidente incapacità di analizzare le
osservazioni sperimentali dell’uno e dell’altro, oltre ad una forma molto diffusa di
deteriore gregarismo e di colpevole disinformazione.
Lo scopo degli storici della scienza era correntemente individuato – in accordo con
quanto riteneva Auguste Comte (1798-1857) – con l'annotazione del processo di
accumulazione delle conoscenze valide, senza dimenticare che lungo il percorso si
sono verificati errori e confusioni, e senza trascurare di identificarli chiaramente
come tali (Brush, 1974). Tali valutazioni possono derivare solo dalla approfondita
conoscenza della ‘verità’ scientifica attuale.
É accaduto invece nei primi decenni del 1900, che la teoria della storiografia
scientifica si sia modellata su basi nuove, a dir poco, incomplete; conseguentemente
gli storici aderenti a questa visione moderna del fare storia della scienza, hanno perso
di vista, colpevolmente, l'obiettivo di una attribuzione corretta dei meriti
corrispondenti alle acquisizioni sperimentali dei singoli studiosi.
La teorizzazione più recente di questo nuovo modo di fare storia della scienza,
dev'essere fatta risalire al testo di un peraltro ignobile sconosciuto, Butterfield 'The
Whig Interpretation of History', del 1931, nel quale l'autore applica i termini whig e
whiggish alle elaborazioni storiche che hanno come riferimento la situazione
corrente, presente (da cui il termine presentismo, usato in alternativa a whig e
whiggish): “ It is part and parcel of the whig interpretation of history that it studies
the past with reference to the present” (Butterfield, 1931, pag.10). Butterfield ha
applicato tale espressione, facendo riferimento alla consuetudine degli storici
costituzionalisti inglesi di considerare gli eventi storici nell’ottica di una progressiva
estensione dei diritti umani, per la quale i migliori, i liberali forward-looking, whigs
appunto, dovevano continuamente lottare contro i backward-looking, conservatori
(Meyr, 1990). Si può facilmente essere d'accordo con Hyman (1996) quando ritiene
che la “complete elimination of whiggism is impossible.”. Molto probabilmente la
storia non può essere perfettamente neutrale, in questo senso. É difficilmente
pensabile che si possa evitare un certo atteggiamento whig, nell'analisi degli eventi
storici. Ogni generazione scrive di storia inevitabilmente in termini delle acquisizioni
ultime; il non confrontarsi con la situazione culturale del presente, precluderebbe
dopotutto la possibilità di descrivere correttamente l'ininterrotto flusso di idee e di
eventi sperimentali che ha condotto alle realizzazioni del presente.
Gli storici della scienza, moderni, anti-whig, condividono, con Butterfield anche una
particolare avversione all'attenzione per le grandi figure di studiosi che hanno
contribuito maggiormente al progresso scientifico (Jardine, 2003); e tendono a non
metterle in evidenza, in proporzione all'entità del loro personale contributo ideativo,
sia teorico che sperimentale. Anche se é perfettamente condivisa l'opinione che “ Le
idee e i concetti scientifici sono fondamentalmente opera di singoli individui .. e il
successo del nostro mondo (Occidentale) dipende, ormai da secoli, dalle
realizzazioni di geni isolati.” (Mendelsshon, 1981). Malgrado ciò, si é sempre più
diffuso da allora, da parte degli storici della scienza, l'impiego dei termini whig e
whiggish, con sapore piuttosto denigratorio di atteggiamento sempliciotto,
campagnolo - Whig era in origine il Country Party (i Tory, il Court Party), divenuto
nel 19° secolo Liberal Party (i Tory, il Conservative Party; i Whig avevano però
ottenuto l' Habeas Corpus, nel 1679) – quello che guarda a grandi panoramiche di
storia della scienza, spesso piuttosto trionfalistiche, agiografiche. Si é correntemente
inclini, infatti, ad individuare e privilegiare gli eventi che hanno concorso alla
formazione delle conoscenze attuali, soprattutto in relazione alle personalità che più
si sono distinte nel progresso della scienza; e quindi la cui attività di studio ha
prodotto risultati validi tuttora; piuttosto che rivolgere l'attenzione – se non
occasionalmente - agli studiosi che hanno prodotto risultati non più validi al presente.
Si direbbe infatti più che legittima la curiosità prevalente verso quegli aspetti delle
attività sperimentali e di pensiero che hanno preparato la condizione attuale del
sapere scientifico. D'altra parte, “Non vi é un campo più conservatore della scienza,
poiché ogni mutamento presuppone necessariamente le conoscenze precedenti, e la
scienza cresce come un albero, anello dopo anello.” (Holton, 1996). Ed é inevitabile
che “Il metodo scientifico dirige gli sforzi umani.. perché convoglia i nostri progressi
su quelle strade che hanno una ragionevole probabilità di condurci dove speriamo di
arrivare.” (Mendelsson, 1981). Tuttavia, é anche fuori dubbio che per discutere
l'attività dei ricercatori, o semplicemente studiosi del passato, occorre avere una
buona conoscenza dei valori e delle idee scientifiche del presente; molto più che dei
problemi contestuali da cui erano afflitti gli studiosi nel loro lavoro quotidiano, e ai
quali si dedica prevalentemente la storiografia anti-whig (Brush, 1974).
Comunque, il punto di vista whig, é stato assunto in senso così dichiaratamente
spregiativo dalla storiografia ufficiale, che “.. nessuno vuol passare per whiggish.”
(Wilson & Ashplant, 1988). Ernst Mayr (1990) rilevava come nella critica recente dei
libri e degli articoli di storia della scienza gli autori siano sempre accusati di aver
scritto storia whig. Da un certo tempo, i diversi autori temono talmente l’epiteto
whig, di sapore decisamente infamante, che preferiscono non esprimere opinioni sul
passato, piuttosto che sentirselo appioppare.
Le giustificazioni dell'atteggiamento anti-whig, però, sembrano abbastanza
inconsistenti.
Si é piuttosto indotti addirittura a sospettare che la posizione della storiografia nonwhig, anzi anti-whig, sia imputabile direttamente ad una malcelata incapacità degli
storici di definire il valore delle scoperte scientifiche, così come delle teorie
scientifiche e degli uomini di scienza. Le valutazioni di merito infatti, si possono fare
solamente tenendo presente le conoscenze attuali, ossia da un punto di vista
propriamente whig; poiché é del tutto impossibile stabilire quanto sia stata foriera di
progresso scientifico qualunque osservazione, scoperta, teoria, senza poterla
confrontare con le acquisizioni sopravvissute, con le conoscenze scientifiche correnti,
che sono necessariamente le più avanzate culturalmente. A tale impossibilità
consegue direttamente che non si può rendere giustizia giusta a quei ricercatori che
hanno raggiunto risultati preminenti, perché non vengono distinti da coloro che non
hanno apportato che modesti o nessun contributo allo sviluppo scientifico reale. Tale
considerazione é apparentemente così ovvia, che diversi storici ribelli non
condividano questo moderno, anti-whig modo di fare storia della scienza. Harrison
(1987), ad esempio, annotando che l’interpretazione whig della storia, che valuta il
passato nei termini delle conoscenze presenti, é derisa dai nuovi storici della scienza,
afferma che la loro interpretazione anti-whig é pedante, oltre a mancare di dare
rilievo ai portati della ricerca sperimentale di successo.
Poiché é indubbio che i migliori conoscitori degli eventi scientifici siano i diretti
cultori dei diversi rami della scienza, ci si chiede dunque se debbano essere gli stessi
scienziati a scrivere la storia della scienza; o se invece chiunque, anche se non é
versato profondamente nella materia, possa essere autorizzato a farlo impunemente.
C'è addirittura chi ha proposto di definire scienza-storia quella scritta dagli scienziati
e storia della scienza quella scritta dai soliti storici (Debus, 1971). Ovviamente, gli
scienziati sono scandalizzati dalla possibilità che la storia della scienza possa essere
gestita da storici, che sono naturalmente privi della necessaria preparazione
scientifica. Tuttavia, gli storici moderni continuano correntemente a stigmatizzare la
scienza-storia con la sprezzante qualifica di interpretazione whig della storia della
scienza (Brush, 1995).
Gli storici della scienza tendono dunque a svalutare, sdrammatizzare il contenuto
tecnico degli eventi scientifici e di coloro che li hanno prodotti. Ma non potrebbe
essere altrimenti, dato per certo che non ci si può aspettare che gli storici della
scienza posseggano quelle conoscenze tecnico-scientifiche che sono prerogative
esclusive dei singoli studiosi. Però, una storiografia cosiffatta, anti-whig, non
potrebbe facilmente essere definita in qualche modo inutile? Sembra infatti del tutto
ovvio, che una valutazione del contributo personale dei ricercatori al progresso delle
conoscenze scientifiche, possa essere fatta solamente da chi le conoscenze
scientifiche necessarie le possiede; da chi é in grado di ricostruire, per mezzo delle
sue specifiche competenze, il filo logico, e consequenziale che unisce le conoscenze
attuali a quelle storicamente precedenti. Ossia, il valore delle osservazioni
scientifiche conseguite nel passato nel campo della fisica, della biologia, della
medicina, della chimica, ecc., può essere determinato solamente, esclusivamente da
esperti nel campo appunto della fisica, della biologia, della medicina, della chimica,
ecc.
Al contrario, una circostanza singolare sembra giustificare l’atteggiamento antiwhig degli storici della scienza: sono formati generalmente negli Istituti
universitari di Filosofia. Sembra che ci si sia dimenticati per strada – ulteriore
cecità apparente della filosofia – che dall'inizio della rivoluzione scientifica, non
spetta più alla filosofia cercare di interpretare il mondo sensibile, bensì a questo
nuovo, rivoluzionario istituto che é la scienza sperimentale, quella tattile,
positiva, strumentale. Non spetta più ad Aristotele stabilire quante zampe
possiedono le mosche – dichiarando poi , come infatti fece, che ne avevano solo
quattro invece che le note sei gambette (Mendelsshon, 1981) - o se la vita può
generarsi spontaneamente, o per mezzo di uova. Come dice Comte, con la legge
dei tre stadi, lo sviluppo dell'evoluzione storico-sociale attraversa tre fasi: quella
teologica o fittizia, in cui prevalgono spiegazioni favolistiche dei fenomeni, con
categorie antropomorfiche coinvolgenti varie divinità e pratiche misticomagiche; quella metafisica o astratta, nella quale le spiegazioni dei fenomeni e
del fine ultimo delle cose sono entità astratte, invenzioni filosofiche; e quella
scientifica o positiva, infine, nella quale alla fantasia e al ragionamento si
sostituisce l'analisi dei fatti e la ricerca non più del loro fine ultimo, ma delle
leggi che possono dar conto dei fatti, collegandoli fra loro, e possano consentire
previsioni . Ora, tra le prerogative del terzo stadio non c'è posto per la logica
astratta, in quanto la scienza, ogni scienza, si costruisce da sé i propri
procedimenti metodologici e la propria logica. In ogni caso, é anche
assolutamente improbabile che i filosofi, siano allo stesso tempo esperti di
chimica, o fisica, o biologia, medicina, ecc., per definizione, per attribuzione
automatica, self-attribution. Esperti di filosofia potranno avere delle nozioni –
comunque approssimate - di queste materie, ma non sono assolutamente in
grado di possedere queste materie così diverse dalla loro specializzazione, come
invece le possono avere con maggiore, infinitamente maggiore probabilità, i
ricercatori in ambito fisico, chimico, biologico, ecc. In ogni ambito della ricerca
scientifica poi, le singole specializzazioni sono così differenziate, in relazione alle
tecniche sperimentali e alle organizzazioni teoriche prevalenti cui fanno
riferimento, che solo gli specialisti sanno come destreggiarsi per riconoscerne il
valore. Quindi, la storia della scienza possono farla solamente gli esperti nei
diversi campi del sapere scientifico; non solo; ma solo gli esperti di quel
particolare settore di cui si sono occupati i diversi ricercatori. Nemmeno un
biologo, ad esempio, é necessariamente in grado – per effetto della sola
professionalità di biologo - di valutare l’operato di un microbiologo, o di un
biochimico, o di un biofisico, soprattutto quando questo operato si dispiega in dettagli
tecnici propriamente famigliari solo agli specialisti di un campo particolare della
biologia, di coloro che affondano la mente e le mani quotidianamente nella materia. I
sedicenti storici della scienza – che poi sarebbero al massimo, conoscitori di storia
della filosofia - non avendo le conoscenze necessarie e indispensabili per fare delle
valutazioni scientifiche, possono solo occuparsi dei pettegolezzi, delle situazioni di
contorno agli eventi storici che esaminano, delle diatribe tra sperimentatori che
competevano fra loro, degli aspetti politici e sociali; delle influenze esercitate dalle
reciproche amicizie e posizioni di potere; insomma degli aspetti folkloristici delle
situazioni storico-scientifiche.
D’altra parte, essendo gli storici della scienza soprattutto impossibilitati ad
esaminare con competenza l’operato degli scienziati, hanno ben volentieri
ripiegato sulla posizione anti-whig, perché una tale scelta non implica giudizi di
merito – del resto impossibili per loro da formulare essendo loro incompetenti – ma
solo elaborazioni di situazioni politiche e sociali, vacue, come é appunto il
chiacchiericcio obnubilato dei filosofi. Certo, non sarebbe male se tali
autoqualificantisi storici della scienza lasciassero esaminare ed esporre la storia della
scienza, agli studiosi che sanno di cosa parlano, quando abbiano voglia di farlo. Si
potrebbero evitare, con maggiore probabilità, incomprensioni e malintesi, come é
avvenuto per Spallanzani e Pasteur, in relazione alla dottrina della generazione
spontanea.
O più propriamente, forse si dovrebbero davvero elaborare due tipi di storia della
scienza: una, scritta dagli storici anti-whig, che si occupa delle circostanze politicosociali nelle quali si é svolto il lavoro scientifico; l'altra, scritta dagli studiosi delle
singole specializzazioni, volta all'evidenziazione della rilevanza delle opere e dei
protagonisti, in relazione a ciò che costituisce la conoscenza scientifica presente.
A riprova della manifesta incompetenza diffusa tra gli storici della scienza, sono
annotate in Appendice (p. 187 e segg.), brevemente, le prime, e più immediate
osservazioni che si possono fare ad un testo di un biofisico, a quello di un biologo e a
quello di uno storico, tutti e tre in veste di storrici della scienza – nessuno di loro
provvisto delle necessarie cognizioni sugli infusori, e la microbiologia in generale, in
relazione alla specifica deformazione e disinformazione di cui possono divenir
portatori, nel riferire e discutere le sperimentazioni condotte da Spallanzani e da
Pasteur, a proposito della generazione spontanea degli infusori appunto.
CONCLUSIONI
Si può affermare con assoluta tranquillità che le esperienze di Needham, sulle quali si
basò la teoria della generazione spontanea, furono senza significato alcuno. Le
esperienze di Needham mancarono su due fronti essenziali: l’inefficienza/assenza di
un trattamento termico in grado di azzerare la inevitabile contaminazione iniziale
delle infusioni; così come la mancanza di un’efficiente protezione degli elementi
sperimentali, nei confronti della contaminazione ambientale.
Spallanzani, pur accreditando inizialmente le esperienze di Needham come probanti
la spontaneità della generazione, ne dimostrò l'assoluta erroneità di impostazione,
individuando appunto nella necessità di un trattamento termico e di una chiusura dei
palloni sperimentali all’ingfluenza ambientale, che fossero assolutamente efficaci, le
prerogative inevitabili per esperienze tese alla dimostrazione di una tale teoria. Poi
condusse le esperienze probanti definitivamente la reale insussistenza della teoria
della generazione spontanea, mediante quell'experimentum crucis, consistente nel
conseguimento della sterilità delle infusioni. Infatti, la sterilità è assolutamente
incompatibile con la generazione, spontanea o non spontanea, ovviamente, di
microrganismi. Nessun’altra esperienza si rendeva più necessaria a riprova del
risultato.
Malgrado ciò, la teoria sopravvisse e fu oggetto di discussioni durate più di 150 anni,
fino agli inizi del Novecento, coinvolgendo eminenti studiosi, tra i quali lo stesso
Pasteur, che venne a trovarsi al centro stesso dell’interminabile disputa.
Nel novembre del 1863, Flourens, membro autorevole e molto ascoltato
dell’Académie de France, si é così espresso: “Gli esperimenti di Pasteur sono
decisivi. Se la generazione spontanea avvenisse veramente, di cosa sarebbe
necessario disporre per ottenere gli animalculi? Aria e un liquido putrescibile. Pasteur
ha messo assieme l’aria e un liquido putrescibile, e non é successo niente. Dunque la
generazione spontanea non esiste.” (Farley, 1974). Come dire, che la stupidità può
raggiungere vertici sorprendenti.
Flourens si riferisce ovviamente all’esperienza dei palloni con i colli ritorti. Tale
considerazione derivava direttamente dal sospetto ingenerato da Needham che i
palloni di Spallanzani rimanessero sterili perché non contenevano abbastanza
ossigeno; quell’ossigeno che i fenomeni di ossidazione a carico degli infusi
avrebbero sottratto ai palloni per effetto del trattamento termico di 45 minuti. Tale
opinione persisteva, malgrado Spallanzani stesso avesse dimostrato sperimentalmente
che (1) i microrganismi si accrescevano anche a ridottissime tensioni di ossigeno
(Saggio, p. 136); (2) che anche chiudendo i palloni a pressione atmosferica – e quindi
alla massima tensione di ossigeno – i microrganismi non si sviluppavano nelle
infusioni sterilizzate. Inoltre, quando Gay-Lussac raccolse la stessa ipotesi
dell’influenza determinante dell’assenza di ossigeno sulla stabilità delle conserve di
Appert e quindi dei palloni di Spallanzani, Pasteur stesso lo contraddisse, come si é
ricordato sopra, affermando che la stabilità dei palloni di Spallanzani non dipendeva
dallo scarso contenuto di ossigeno (Pasteur, pag. 217, 300). Probabilmente Pasteur
averva capito tutto, ma egocentrico com’era, evitò di confessarlo, cercando di
appropriarsi lui stesso della soluzioone della disputa.
In ogni caso, l’affermazione di Flourens esprimeva l’opinione corrente. In realtà
conteneva più di un errore, tra i quali: (1) già a quel tempo si sapeva che esistevano
microrganismi capaci di svilupparsi in assenza di ossigeno, quindi avrebbe potuto
esserci sviluppo microbico anche a ridotte tensioni di ossigeno; (2) la soluzione di
riferimento usata da Pasteur – quella appunto tanto putrescibile, come affermava lui
stesso – era invece acida, quindi adatta a mettere in evidenza l’accrescimento dei soli
eucarioti, ma non certo della maggior parte dei microrganismi più semplici – i
procarioti, i batteri - e che con maggiore probabilità avrebbero potuto andare soggetti
a generazione spontanea; (3) dimostrare che nell’aria c’erano microrganismi non era
per nulla equivalente a dimostrare che non esisteva la generazione spontanea: infatti,
tali microrganismi presenti nell’aria, nascevano – e dove ? – spontaneamente, o da
genitori dello stesso tipo e natura? Il dilemma rimaneva assolutamente intatto. Anche
se Pasteur avesse dimostrato che l’aria trasportava microrganismi, non avrebbe quindi
provato nulla, in relazione alla generazione spontanea. (4) le modalità con le quali
Pasteur aveva messo a contatto l’aria con la soluzione putrescibile non erano tali da
dimostrare che l’aria fosse contaminata; tanto é vero che fosse stata l’aria sterile o
fosse stata contaminata, in entrambi i casi non ci sarebbe stato sviluppo microbico;
quindi l’esperienza dei palloni con il collo ritorto non provava assolutamente nulla, e
tantomeno che l’aria fosse contaminata, visto che rimasero per la gran parte senza
sviluppo microbico.
Ma Pasteur stesso affidava un enorme valore probante a tale esperienza; seppure
erroneamente. Tutte le esperienze eseguite da Pasteur, e descritte nelle famose
Mémoires, hanno teso a dimostrare l’origine aerea della contaminazione; lo afferma
lui stesso (Pasteur p. 310), come si é visto sopra. Attribuirono erroneamente un
valore probante definitivo a tale esperienza, anche una quantità di studiosi del tempo,
seguiti a ranghi ristretti dagli storici della scienza; insomma, tutti vittime della loro
incompetenza. Anche se potrebbe sembrare talmente evidente la mancanza di
consequenzialità tra presenza di microrganismi nell’aria, e negazione della
generazione spontanea, che il più semplice esercizio di logica avrebbe dovuto
rivelarla (questa mancanza di logica afflisse anche i filosofi (?)-storici; come mai?
Smarrirono il loro strumento fondamenbtale, la logica, per strade ignote!)
Pasteur, era pressato dalla necessità di dimostrare che gli agenti della fermentazione
erano microrganismi (lieviti) provenienti dall'aria, e non erano semplicemente un
prodotto dei materiali in fermentazione, o comunque organismi che si formavano con
diverse modalità, ma eterogenicamente, come sostenevano i suoi contemporanei più
famosi, tra i quali Liebig, Schwann, Lavoisier e altri. Provando sperimentalmente
che gli agenti della fermentazione provenivano dall’aria, poteva sembrare che venisse
screditata automaticamente l’ipotesi alternativa, quella cioè che si generassero
spontaneamente. Mentre nella realtà, anche dimostrando che gli agenti della
fermentazione provenivano dall’aria, non si dimostrava né che nascessero
spontaneamente da qualche parte, né che nascessero non-spontaneamente.
Semplicemente, il problema rimaneva esattamente nelle condizioni di partenza.
Solamente veniva contraddetta l’opinione degli antagonisti di Pasteur, che tali
microrganismi fossero originati dai succhi in fermentazione. Tuttavia, Pasteur
alimentò vigorosamente l’opinione di una esatta corrispondenza tra dimostrazione
dell’origine aerea dei microrganismi, a contestazione della teoria della generazione
spontanea. Malgrado la contraddizione fosse non solo evidente, ma addirittura
lampante, i suoi uditori e lettori gli credettero, si accodarono. Sia all’Académie de
France, sia all’esterno, la generalità degli studiosi e degli storici della scienza; con
qualche rara, inascoltata diserzione.
Comunque, poiché l'obbiettivo primario della sperimentazione di Pasteur rimaneva la
necessità di dimostrare qual'era la natura e l'origine degli agenti della fermentazione,
che veniva studiata nelle soluzioni zuccherine dei succhi di frutta (d'uva, soprattutto),
Pasteur compì diversi errori sperimentali, come quello di basare tutte le sue
osservazioni, praticamente su una sola soluzione, acida, per di più, adatta allo studio
degli agenti delle fermentazioni – i lieviti, e gli eucarioti in generale - ma inadatta,
assolutamente inadatta a rilevare il comportamento dei procarioti. Quando invece
erano proprio i procarioti, gli organismi unicellulari assolutamente più semplici e più
diffusi, che avrebbero potuto generarsi spontaneamente con probabilità estremamente
più elevata. Oltre a questo errore basilare, gli errori sperimentali di Pasteur furono
molteplici: esecuzione di esperienze tendenti a testimoniare i motivi che potevano
essere ritenuti alla base dei fallimenti sperimentali di molti eterogenisti – ossia la
contaminazione dei loro dispositivi ad opera dell’aria; scarsa evidenza sperimentale,
per effetto dell'impiego di un'unica soluzione; impiego di una soluzione solo
pastorizzata, non sterile, e quindi contenente microrganismi vitali, ossia una
condizione sperimentale in ogni momento contestabile dagli eterogenisti; incertezze
determinanti sulle esperienze con aria calcinata; inutilità delle osservazioni eseguite
con i palloni a collo ritorto; ecc. Tra gli studiosi dell'800 che non ritennero probanti le
esperienze di Pasteur, vanno ricordati Pouchet, Joly e Musset, secondo i quali, giustamente, le esperienze di Pasteur non dimostravano 'assolutamente nulla‘ (Pouchet
e altri, 1864).
Bastian (1837-1915) continuò a contestare le esperienze di Pasteur fino al 1905
(Harris, 2002). Ma l'attribuzione del Premio Alhumbert ebbe ovviamente un certo
peso, anche per la notorietà e credibilità di alcuni membri della Commissione
dell'Accadémie de France (soprattutto Flourens, Milne-Edwards e altri), così come
una specie di consacrazione di Pasteur da parte di Huxley nel 1870. Certamente,
Pasteur aveva ragione, nel ritenere che l'aria fosse un veicolo di contaminazione
microbica. Solamente, non era stato in grado di dimostrarlo in modo convincente; e
soprattutto, non esisteva comunque alcuna dipendenza diretta tra questa realtà e la
teoria della generazione spontanea. Il successo della sua teoria, che le malattie erano
provocate da germi, e non viceversa, comportò che venisse accreditata la sua
affermazione sulla naturale presenza dei microrganismi nell'ambiente, ritenendola
automaticamente – anche se irrazionalmente - la negazione della generazione
spontanea. Questa convinzione, si diffuse non sulla base di un esame accurato del
valore probante delle esperienze di Pasteur; bensì come conseguenza forse del
successo della teoria dell'origine microbica delle malattie. Gli storici non seppero
districare la materia; anche perché gli storici generalmente non posseggono per nulla
la competenza specifica per effettuare i necessari approfondimenti.
In realtà la confutazione della teoria della generazione spontanea dei microrganismi,
é stata dimostrata sperimentalmente, definitivamente, nell'unico modo possibile,
cento anni prima di Pasteur, da Lazzaro Spallanzani.
C’era un solo modo possibile per confutare inequivocabilmente la teoria della
generazione spontanea: dimostrare che era possibile ottenere la sterilità e che tale
sterilità durava indefinitamente nel tempo. In tal caso infatti, si dimostrava che la
sostanza organica inanimata, non più vitale, non si ricostituiva in altre forme di vita,
ed in particolar modo nella forma di quegli organismi microscopici – e soprattutto
procarioti - che la teoria della generazione spontanea asseriva potessero organizzarsi
in assenza di cellule vitali dello stesso tipo.
Un cesto di alloro per Lazzaro Spallanzani
Tabella 1. Valori di pH che limitano l’accrescimento microbico (Singleton &
Sinsbury, 1995; I.C.M.S.F., 1996)
Principali microrganismi incapaci di svilupparsi a pH = 4 : Acidaminococcus sp. ,
Aeromonas sp. , Azotobacter sp. , Bacillus alcalophilus, B. amylolyticus, B.
anthracis, B. brevis, B. cereus, B. circulans, B. firmus, B. licheniformis, B.
megatherium, B. mycoides, B. pumilus, B. sphaericus, B. thuringiensis, B.
stearothermophilus, B. subtilis, Campylobacter jejuni, Chromobacterium sp. ,
Clostridium sporogenes, Cl. botulinum type A, B, and F, Cl. perfringens, Derxia sp. ,
Desulfobacter sp. , Desulfosarcina sp. , Desulfuromonas sp. , Erwinia carotovora,
Jantinobacterium sp. , Leuconostoc cremoris, Listeria monocytogenes, L.
enterocholitica, Micrococcus sp. , Micrococcus lysodeikticus, Proteus vulgaris,
Pseudomonas aeruginosa, Rhizobium sp. , Salmonella choleraesuis, Serratia
marcescens, Streptococcus faecalis, Streptococcus lactis, Vibrio parahaemolyticus,
Yersinia, Xanthobacter sp. ; Schizosaccharomyces octosporus, Halomyces spp. (4,5).
Principali microrganismi con pH ottimale prossimo alla neutralità (il valore di pH é
tra parentesi): Bacillus cereus (6 - 7), Bacillus spp. (6-7), Brucella sp. (7,3 - 7,5),
Campylobacter (6,5 - 7,5), Clostridium botulinum (7,2), Clostridium perfringens
(7,2), Escherichia strains (6 - 7), Listeria monocytogenes (7,0), Plesiomonas sp.
(7,0), Salmonella sp. (7 - 7,5), Staphylococcus sp. (6 -7), Streptococcus sp. (7,0),
Vibrio colerae (7,0), Vibrio parahaemolyticus (7,8 - 8,6), Vibrio vulnificus (7,8),
Yersinia enterocolitica (7,2); Aspergillus flavus (5 - 8), Aspergillus parasiticus (5 8), Fusarium sp. (5 - 8), Penicillium citreonigrum (5 - 6,5), Penicillium citrinum (5 7), Penicillium islandicum (5-9), Penicillium verrucosum (6 - 7).
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polemica restata memorabile, i sostenitori della generazione spontanea.”
ENCICLOPEDIA EUROPEA, 1983, vol. VIII, Garzanti, Milano. “(Pasteur)
Dimostrò con semplicissimi esperimenti che le sostanze organiche imputridiscono
perché contaminate da organismi microscopici (‘germì) sempre presenti nell’aria,
demolendo così definitivamente il concetto di generazione spontanea.”
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generation than they do with his research on rabies; …”.
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dedicò (1860-1862) allo studio della teoria della generazione spontanea, demolendola
completamente.”
AMBASCIATA DI FRANCIA IN CANADA (Internet): “Pasteur delivered the fatal
blow to the doctrine of spontaneous generation,..”
IL LIBRO DI BIOLOGIA. Isaac Asimov, 1987, Zanichelli ed., Bologna, p. 152: “..
Pasteur demolì definitivamente la teoria della generazione spontanea.”
ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI, 1992, RIZZOLI, MILANO: “(Pasteur) dimostrò
ancora una volta che la vita nasce solo dalla vita e che la generazione spontanea,
problema dibattuto fin dal XVII secolo, é una favola.”; p. 383.
INFOSCIENCE_Portraits. (da Internet) : “Mais le 7 avril 1864, Pasteur donne une
conférence à la Sorbonne. Ses expériences conquiérent le public, la commission
d’experts et le medias. Pouchet est vaincu et avec lui la thèse de la generation
spontanée.”
INSTITUT PASTEUR (Internet, Portail) : “Pasteur..anéantit la doctrine de la
generation spontanée… Pasteur pouvait affirmer, par les experiences les plus variées,
dans son mémoire de 1862, que :- les poussiéres de l’atmosphère renferment des
germes d’organismes ‘inférieures’ toujours prets à se développer et à se multiplier; les liquides les plus putrescibles restent inaltérés si on à la précaution de les mettre à
l’abri du contact de ces germes.».
INSTITUT PASTEUR de LILLE (Internet): “Pasteur.. anéantit la doctrine de la
generation spontanée. “
KOFOID, C.A., 1923, Pasteur and the science of biology, The Scientific Monthly
16(6), 658-662: “.. his disproof of the dogma of spontaneous generation..” (p. 658); “
..Pasteur proved beyond a shadow of a dubt…” (p. 660).
LAZZARO SPALLANZANI A MONTEBABBIO. G. Montorsi Messori,
Castellarano, 1986: “.. Pasteur (1822-1895), dimostrando l’insussistenza della
generazione spontanea ..”; p. 2.
MICROBIOLOGIA, 1982, Pelczar, M.J., Reid, R.D. & Chan E.C.S., Zanichelli Ed.,
Bologna, p. 24: “Louis Pasteur … eseguì esperimenti che posero termine per sempre
al concetto di genera-zione spontanea..”
MICROSOFT ENCARTA, 1993-2002, vers. 12.0.0.0602: “Dimostrazione della
falsità della generazione spontanea. Pasteur con alcuni esperimenti cruciali riuscì a
dimostrare che l’antica teoria non aveva alcun fondamento. Questi risultati dieero
origine ad un’aspra polemica con il biologo francese Felix Pouchet, che si concluse
con l’accettazione dei risultati di Pasteur da parte dell’Académie des Sciences.”
Morris, H., 2004, in 'Man of science-Men of God': “ L. Pasteur is one of the greatest
names in the history of science...because .. his conclusive demolition of the then
prevalent evolutionary concept of spontaneous generation. ”
NUOVA ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI, 1979, MONDA-DORI, MILANO,
VOL. II, p.30: “.. Louis Pasteur che, con una serie di esperimenti impostati
accuratamente e realizzati con apparecchiature appositamente studiate, fece per
sempre tramontare il pensiero che, per duemila anni circa, il grande Aristotele aveva
sostenuto.”.
NUOVA STORIA UNIVERSALE GARZANTI. Dizionario di storia, 2005, vol. IV,
UTET, pag.54: “.. confutando la teoria della generazione spontanea, (Pasteur) studiò
l’origine delle malattie..”
NUOVO DIZIONARIO ENCICLOPEDICO SANSONI, 1987, Ed. Le Lettere,
Firenze, p. 1563: “ (Pasteur) Dimostrò l’infondatezza della tesi della generazione
spontanea, scoprì i metodi della sterilizzazione…”.
NUOVA ENCICLOPEDIA UTET, 2002, Utet, Torino, p. 1002:
“.. Pasteur mostrò che la generazione spontanea era sostanzialmente un artefatto.”
Tyndall, J., 1878, Spontaneous generation, The Nineteenth Century, 3, 26 - from
Farley, 1977, pag.100: “.. clearness, strength and caution with consummate
experimental skill for their minister were rarely more strikingly displayed than in this
imperishable essay.”
SCIENCE, (1960), 132:950. “PASTEUR and Modern Science” by René Dubos,
1960, Doubleday, New York: “The unchallenged evidence of his experiments
overtrew the theory of spontaneous generation - a triumph that gave rise to modern
microbiology.”
STORIA DELLA BIOLOGIA. Duris P. & Gohau, G., 1999, G. Einaudi ed., Torino,
p.91: “Infine, nel 1864, le conclusioni definitive di Pasteur sul problema della
generazione spontanea.”.
STORIA della MICROBIOLOGIA, Bruno Pacifici (Internet):
“Il passo successivo verso la definitiva confutazione della teoria della generazione
spontanea fu intrapreso dal chimico e microbiologo francese Louis Pasteur … con
alcuni esperimenti cruciali riuscì a dimostrare che l’antica teoria non aveva alcun
fondamento.”
Swazey & Reeda, 1978, “Louis Pasteur: Science and the application of science.” Ch.
2, 1-19: “.. a solid disproof of spontaneous generation .. “ .
THE NATIONAL HEALTH MUSEUM (Internet). “He (Pasteur) debunked the
widely accepted myth of spontaneous generation.” (Seung Yon Rhee). “Pasteur had
both refuted the theory of spontaneous generation and convincingly demonstrated
that microorganisms are everywhere – even in the air.”(Russell Levine and Chris
Evers).
UNIVERSO . ENCICLOPEDIA DE AGOSTINI, 1963, NOVARA, p.354: “A
conclusione di lavori che sono un modello di perspicacia scientifica e di ingegnosità
sperimentale, Pasteur giunse ad escludere totalmente la generazione spontanea..”.
WIKIPEDIA, l’Enciclopedia libera (Internet) : “L’Accademia delle Scienze di Parigi
offrì un premio..vinto nel 1864 da Louis Pasteur , che attraverso un semplice
esperimento (matracci a collo d’oca) riuscì a confutare la teoria della generazione
sponta-nea.”
CONTESTAZIONI ad alcuni testi di storia della scienza.
L'analisi, seppure approssimata, delle imprecisioni, degli errori più o meno grossolani
ampiamente disseminati nei testi di alcuni autori che hanno scritto sulla - accennato
alla - generazione spontanea, dovrebbe apportare un ulteriore contributo alla
comprensione degli eventi descritti nel testo.
Francis Crick.
Francis Crick fu insignito del premio Nobel nel 1962, assieme a J.D. Watson e M.H.
Wilkins, per aver individuato la struttura a doppia elica del DNA.
Scrive, in 'Origine della Vita’ (1983): “Fino alla fine del secolo scorso si credeva che
la vita potesse iniziare de novo, qua e là, nelle paludi, nelle infusioni, nella carne in
putrefazione e in altri ambienti adatti. Esistono frequenti resoconti su larve, mosche e
anche topi generati in questo modo. Le esperienze iniziali di Redi, Joblot e
Spallanzani misero in dubbio queste tesi (della generazione spontanea); il lavoro
accurato ed elegante di Pasteur dimostrò che tutti quei resoconti erano quasi
certamente falsi. Pasteur confutò una per una tutte le obiezioni sollevate dai critici,
con ingegnosi perfezionamenti delle sue apparecchiature. Dimostrò al di là di ogni
dubbio che, in un sistema inizialmente sterile, non poteva apparire alcun segno di
vita, anche in una delle soluzioni più ricche e appetitose, anche se c'era libero accesso
all'aria , purché si facesse in modo che nessuno dei microrganismi in essa presenti
raggiungessero i recipienti di incubazione.”
Si deve rilevare che più che mettere in dubbio la tesi della generazione spontanea,
soprattutto Redi e Spallanzani, la confutarono, il primo con riferimento agli insetti, il
secondo, ai microrganismi. L’ignoranza diCrick sull’argomento è vergognosa; ancor
più in relazione alla ‘doverosa’ necessità per uno scvienziato, di acquisire
informazioni ‘certe’, prima di esprimere opinioni.
- Pasteur, non 'dimostrò', né 'confutò' alcunché;
- Né 'dimostrò al di là di ogni dubbio...’;
- né la sua (di Pasteur) soluzione era 'sterile', ma solo pastorizzata;
- né era ‘una delle soluzioni più ricche e appetitose’, ma una soluzione nutritiva
qualsiasi.
Insomma, una vera messe di misinterpretations. O meglio si potrebbe dire di
disinformazione, tratta certamente da qualche ‘dotto’ testo di microbiologia o
biologia, ma sempre imperfettamente informato.
In ogni caso, qualunque osservazione sull'operato di Pasteur essendo comunque
riferibile quasi esclusivamente agli eucarioti, non ha rappresentato per nulla la
confutazione di una tesi – quella di Needham – ormai svincolata dagli organismi di
maggiori dimensioni, e dedicata a quelli microscopici; e tra questi, a quelli che con
maggiore probabilità avrebbero potuto originarsi spontaneamente, perché di più
semplice struttura e composizione, ossia i procarioti.
Jean Rostand.
Osservazioni ad alcune affermazioni di Jean Rostand, tratte dal volume 'Lazzaro
Spallanzani e le origini della biologia sperimentale', Einaudi ed., Torino, 1963.
1 – “ .. Nell’aria contenuta nelle bottiglie di Spallanzani, probabilmente l’ossigeno
era scomparso: ..” (p. 40)
L’ossigeno non scompare nemmeno nelle conserve confezionate sotto vuoto e
sterilizzate (vedere più sopra, paragrafo 'Contro l'ultima obiezione di Needham').
Eppoi, Spallanzani aveva sperimentato la capacità dei microrganismi di crescere
anche a ridottissime tensioni di ossigeno (Spallanzani, ‘Saggio..1765, p. 135-136).
Anche Pasteur sosterrà e dimostrerà (come aveva già fatto anche Spallanzani) che
l’ossigeno non influisce sull’assenza di accrescimento microbico sia nelle esperienze
di Spallanzani, che nelle preparaziponi sterilizzate di Appert (Pasteur, pagg. 217,
300), contraddicendo esplicitamente Gay-Lussac.
2 – “ Noi sappiamo oggi ..che certi germi non possono svilupparsi che in presenza
d’ossigeno.. e che questi germi resistono ad una temperatura molto alta, quella di
ebollizione.” (p. 40).
E’ vero che ci sono sporigeni aerobi molto termoresistenti; ma i microrganismi
provvisti della più elevata resistenza al calore sono aerobi-anaerobi facoltativi
(Bacillus stearothermophilus), e anaerobi, ossia capaci di svilupparsi a tensioni di
ossigeno veramente ridotte (Clostridium sporogenes, Cl. thermosaccharolyticum,
Desulfotomaculum nigrificans, ecc.).
Inoltre, la temperatura di 100°C non é per nulla elevata; le spore dei batteri indicati
sopra sono in grado di resistere per più di una decina di minuti a 120-130°C, ciò che
equivale a 5-10 ore a 100°C.
3 – “ .. Se fosse stato possibile far rientrare l’ossigeno privo di germi nelle bottiglie
scaldate di Spallanzani, esse si sarebbero senza dubbio popolate di animaletti..” (p.
40).
Rostand persiste nell’erronea convinzione denunciata sopra, addirittura scrivendo
‘senza dubbio’; la qual cosa é assolutamente errata, considerate le condizioni di
sterilità raggiunte con i trattamenti termici applicati da Spallanzani; anche se nei
palloni di Spallanzani fosse stata introdotta aria sterile, non sarebbe accaduto nulla,
visto che i palloni erano sterili.
4 – “ .. Spallanzani, anche quando scaldava a lungo le sue infusioni, non le scaldava
ancora abbastanza. Per distruggere certi germi molto resistenti, bisogna superare
ampiamente il punto di ebollizione, praticando il riscaldamento sotto pressione.”
(pag.40).
Rostand sembra riveli di non aver letto, o non aver compreso, le esperienze di
Spallanzani. Spallanzani infatti ha trattato le sue infusioni più di qualunque altro
studioso della generazione spontanea, compresi Pasteur e Bastian un secolo più tardi.
In particolare, é riuscito a raggiungere addirittura la condizione di ‘sterilità’ di
almeno sei tipi differenti di infusioni.
E in più, Rostand non si é accorto che Spallanzani ha proprio trattato al calore sotto
pressione le sue infusioni – come Rostand dice che avrebbe dovuto fare - tanto che
dopo pochi minuti di riscaldamento non pochi palloni esplodevano, e per continuare
le sue esperienze aveva dovuto procurarsi palloni di vetro più resistente appunto alle
elevate pressioni che si possono raggiungere in 45 minuti di ebollizione in
contenitore rigido, per effetto della stessa equazione di stato: P. V. = n.R.T .
Con tali osservazion i, Rostand dimostra un livello di ignoranza – biologica e
chimico-fisica – che sorprende come abbia potuto esercitare la professione di
sperimentatore.
5 – “ .. le esperienze di Spallanzani hanno aperto la via in cui si impegnò un secolo
più tardi il grande Pasteur.” (p. 41).
Non corrisponde al vero. Pasteur intraprese, con le sue esperienze, un percorso
diverso, suo malgrado: infatti non solo non dimostrò nulla al riguardo della
generazione spontanea, ma cercò di dimostrare che nell’aria c’erano microrganismi,
della qual cosa tutti gli studiosi erano convinti / consapevoli, almeno da 200 anni. Ma
non dimostrò se tali microrganismi si erano originati spontaneamente o in altro modo.
6 – “ .. Pasteur, con una dimostrazione sperimentale di tutto ri-gore, estese l’ omne
vivum e vivo ai ... microbi e fermenti organiz-zati… Pasteur fece guerra alla…
generazione spontanea...perché esperienze d’una semplicità e d’una ingegnosità
ammirevoli gli facevano vedere senz’ombra di equivoco l’impossibilità di ottenere in
assenza di una vita anteriore, un prodotto organizzato..” (p. 44).
Anzitutto, Pasteur ebbe pochissimo a che fare con i batteri, nelle esperienze che
intraprese per dimostrare – almeno nominalmente – la falsità della generazione
spontanea (in realtà, intraprese solo per dimostrare che era l’aria che trasportava gli
agenti delle fermentazioni che stava studiando). Pasteur scelse erroneamente
condizioni sperimentali che lo portarono ad osservare quasi esclusivamente il
comportamento di lieviti e muffe. Gli unici batteri che vide saltuariamente erano con
la massima probabilità dei lattobacilli, degli acetobatteri e dei gluconobatteri (questi
ultimi due gruppi, tipici dell'aceto), una parte minimissima dell’ampio spettro delle
specie batteriche. Il resto sono esclusivamente chiacchiere di un incompetente.
W. Bernardi.
Dal Testo di W. Bernardi: “Spallanzani e la controversia sulla generazione
spontanea: nuove prospettive di ricerca.”, in 'LA DI-SFIDA DELLA
MODERNITÀ._ Atti del Convegno internazionale di Studi nel bicentenario della
morte di Lazzaro Spallanzanì a cura di W. Bernardi e M. Stefani, p. 37-61;
L.S.Olschki ed., Firenze, 2000.
All'inizio dell'articolo, W. Bernardi (nel seguito WB) si sofferma ad annotare che
Spallanzani non aveva letto molti autori, quando cominciò a sperimentare: “bagaglio
bibliografico abbastanza modesto” (p. 38); “la sua padronanza della bibliografia
sull'argomento sarebbe sempre rimasta piuttosto inadeguata” (pag.39). Da
annotazioni di questo tenore, poste appunto all’inizio del testo, sembra quasi
emergere l’intenzione di segnalare una presunta impreparazione dello Spallanzani
all'attività sperimentale.
Spallanzani espresse esplicitamente l’intenzione di “porsi, come ricercatore, di fronte
al microscopio o al fenomeno da osservare spoglio di idee preconcette e di ipotesi
precostituite..” (Castellani, 1978); in modo da potersi trovare “..come tavola rasa..
per essere più adattato nel ricevere le immagini.. senza preoccupazioni delle altrui
invenzioni.” ('Opuscoli..', 1776, vol. II, p. 24). Il che vuol dire quasi sempre, che é
meglio sperimentare, farsi delle idee, e poi leggere per confrontarsi, e riprendere
eventualmente le sperimentazioni, modificandone i parametri, ecc.
Le opinioni degli scienziati sono concordi su questi temi: “Penso che sia molto più
interessante vivere senza sapere, piuttosto che avere risposte che potrebbero essere
sbagliate.” (Feynman, 2002).
Ma non va trascurata una serie importante di circostanze: “ .. dal 1757 al 1759, dai
ventotto ai quarant'anni, Spallanzani insegnò fisica, prima all'Università di Reggio,
poi in quella di Modena. A Reggio tenne la cattedra di fisica e matematica per sei
anni accademici, dal 1757-58 al 1762-63, insegnando contemporaneamente il greco
al Seminario Collegio; a Modena fu dal 1763 al 1769 lettore di filosofia
all'Università .. dimostrando una larga conoscenza degli autori contemporanei –
'Spallanzani possedeva le opere di molti di questi autori (era un newtoniano
convinto) - e insegnante di greco e matematica nel Collegio San Carlo. ” (Cavazza,
2000).
Chiunque potrebbe liberamente sospettare (Bernardi a parte) che Spallanzani s'era
fatta una preparazione di base piuttosto succulenta, prima di dedicarsi anima e corpo
alla sperimentazione scientifica. Ma se a qualcuno rimanesse qualche dubbio,
suggerisco di rileggersi la relazione della Cavazza (2001). In ogni caso, posso
garantire in tutta modestia che una buona preparazione di fisica e matematica, é la più
eccellente preparazione possibile per dedicarsi all'attività scientifica, anche nel campo
della biologia, visto che: “.. il libro della Natura é scritto in lingua matematica..”
(Galilei, 1632).
WB richiama (pag.38) l'attenzione del lettore – e lo fa ripetutamente – sulla
particolarità che Spallanzani avrebbe mutato “.. paradigma interpretativo quasi a
metà del programma di ricerca..”; e lo fa notare, come se fosse una condizione
piuttosto disdicevole.
Ma questo mutamento di opinione non é una particolarità, ma l'essenza stessa del
lavoro scientifico; é nella sostanza, nella natura stessa della scienza, la capacità – si
dovrebbe dire il dovere – di cambiare la propria visione del mondo appena le nuove
acquisizioni lo richiedono. Anche Malebranche aveva cambiato opinione, come dice
WB stesso a p. 48; anche Needham lo ha fatto, come riportato a p. 50. Dunque perché
dovrebbe assumere carattere di scorrettezza, imperfezione professionale, se é
Spallanzani, a cambiare opinione; e a maggior ragione se lo fa durante lo sviluppo
delle sue ricerche, come é doveroso per ogni studioso farlo, a seguito di nuove acquisizioni?
WB lamenta (p. 38) che Spallanzani “.. pubblicò solamente i risultati conclusivi ai
quali era pervenuto.” Ma tutti facciamo così. Che senso avrebbe, pubblicare gli
innumeri passi falsi, i tentativi, i risultati parziali, lungo il percorso verso il risultato
che ci convince, che ci pare definitivo? A beneficio di chi? Degli storici? Suvvia,
lasciamo perdere. Sono i risultati sperimentali definitivi, quelli che contano; quelli
che scorrono nei testi pubblicati.
Scrive Charles Gillespie: “science is nothing until reported” (Geison, 1995).
Ma si può addirittura citare il motto della Royal Society di Londra, fondata (1660)
con lo scopo di 'Improving Natural Knowledge’, che fà: “Nullius in verba”, a
significare la singolare autorità del testo scritto. Perché é il testo ultimo, pubblicato,
quello di riferimento, quello che conta.
WB classifica (pag.38) come improvvisato microscopista, lo Spallanzani che muove
le prime lenti lungo il suo glorioso percorso.
Quando si comincia, sempre si improvvisa. Importante, non fare troppe fesserie, e
non 'improvvisare' tutta la vita; ma dimostrare che dopo un pò di tempo, si é imparato
molto; come fece Spallanzani. Spallanzani però dedica un’intera pagina degli
‘Opuscoli…’ (p. 32) ad affermare che aveva acquisito una considerevole esperienza
in ‘molti, e molti anni’ di esercizio su i Microscopi; che era perfettamente in grado di
distinguere il moto browniano delle particelle (un movimento involontario che hanno
le particelle microscopiche sospese in acqua) dal movimento volontario degli
organismi infinitamente piccoli (Opuscoli, p. 34) che ora chiamiamo batteri. E
comunque, secondo Castellani (1978) “ .. quando iniziò le sue ricerche sugli
infusori..dimostrò non solo di possedere una notevole padronanza del microscopio...
perfettamente avvertito dei tranelli in cui la poco perfezionata ottica delle lenti
poteva far cadere il microscopista malaccorto.” Sembra probabile che “ ..
l'iniziazione dello Spallanzani alla microscopia sia avvenuta nell'ambito stesso del
Collegio, a Reggio, .. ad opera di qualche 'padre' esperto dilettante della materia.. In
almeno tre occasioni Spallanzani fa riferimento ai 'padri’ in relazione alla
microscopia ..”; quindi nei sette anni che precedono l'inizio delle sue ricerche sulle
infusioni. Alla faccia dell'improvvisazione, verrebbe da dire!
WB sostiene (pag.39) che “.. Spallanzani aveva letto poco, .. nel complesso la sua
padronanza della bibliografia sull'argomento sarebbe sempre rimasta piuttosto
inadeguata.” Non si capisce come WB possa definire inadeguata la padronanza della
bibliografia da parte di Spallanzani, quando Spallanzani ci ha mostrato di essere il
migliore ricercatore d'Europa. Sono piuttosto propenso a ritenere che Spallanzani
avesse la cultura scientifica necessaria e sufficiente, visto che ha 'scoperto in qualche
anno più verità di tutte le Accademie in mezzo secolo.’ (Bonnet).
Eppoi, Feynman suggerisce, un pò sottovoce – le parentesi sono sue - : “(Nessuno
capisce il mondo in cui viviamo, ma alcuni se la cavano un pò meglio.)” (Feynman,
1999). Spallanzani, sembra proprio uno di costoro.
WB, P. 41: “Spallanzani credeva di aver avuto partita vinta con Needham. ….In
realtà però Spallanzani non aveva né fatto nuove scoperte sperimentali né introdotto
procedimenti dimostrativi risolutivi.” Qui il WB dimostra esplicitamente di non aver
capito nulla della vicenda culturale di Spallanzani.
Allora bisognerà ricordare a WB che Spallanzani, a proposito di generazione
spontanea:
(a) - Aveva confrontato l'efficienza delle differenti modalità di chiusura dei
contenitori sperimentali, nei riguardi della probabilità di contaminazione delle
infusioni sterilizzate, da parte dell'aria. Tale verifica ha un carattere così essenziale, in
relazione alle esperienze istituite dai vari studiosi della generazione spontanea, che
ancora Pasteur, un secolo dopo, attribuirà a contaminazioni aeree le origini degli
insuccessi sperimentali della maggior parte degli eterogenisti.
( b ) – Aveva dimostrato, applicando il vuoto ai palloni sperimentali, che gli infusori
potevano accrescersi ugualmente, anche a ridotte tensioni di O2. Anche questa
osservazione é di grande importanza, visto che proprio le incertezze e le
incomprensioni su tale condizione trascinerà la questione della generazione spontanea
da Needham fino al secolo successivo.
( c ) - Aveva dimostrato che l'esperienza di Needham era completamente sbagliata sterilizzando 19 infusioni diverse, chiuse ermeticamente – e quindi era
completamente sbagliata anche la dottrina della generazione spontanea degli infusori
che ne derivava.
( d ) – Osservato l'effetto letale del calore sugli infusori: “ .. un più che sensibil grado
del primo (il calore del fuoco) che riscaldi alquanto il liquore li fa basire, e in
brevissimo tempo li ammazza.” (p. 54 del 'Saggio..”). Osservazione che condurrà
Spallanzani a dimostrare qual’era la resistenza termica dei microrganismi, eseguendo
la prima valutazione della loro resistenza al calore, nella storia della biologia, e
scoprendo la possibilità di rendere sterili le soluzioni acquose. Scoperta di enorme
importanza teorica e pratica, che ha reso possibile concepire la disinfezione,
l’asetticità, la sterilizzazione dei substrati colturali impiegati per la coltivazione dei
microrganismi, la conservazione inalterata di medicinali e di prodotti alimentari, ecc.
ecc.
(e) – Aveva dimostrato che gli infusori si riproducevano solamente in determinati
intervalli di temperatura; e che se la temperatura era sufficientemente bassa, non
erano più vitali: “ .. gli animali delle infusioni son ben valevoli a tollerare l'acuto
freddo, fino a un certo prefisso grado; pur questo agendo su loro con più efficacia,
perdono infine ogni moto, e periscono.”. ('Saggio...', p. 53).
Credo si dovrebbe riconoscere, che non é poco.
WB scrive a p. 41-42: “Spallanzani non fece quello che ogni storico coscienzioso
deve fare. ..riservandosi per un momento successivo (che non venne mai) il compito
di fare qualche modesto aggiornamento bibliografico di storia della scienza.”
A tale considerazione si potrebbe obiettare che:
(1) Spallanzani non é uno storico; gli scienziati più che la storia della scienza, sono
interessati alla scienza tout-court;
(2) se avesse fatto un aggiornamento successivamente , per quale motivo lo avrebbe
dovuto fare modesto?
(3) In ogni caso, tale aggiornamento, non sarebbe stato di storia della scienza; non era
uno storico della scienza, per fortuna sua e nostra, lo Spallanzani.
WB dice (p. 42) che Spallanzani era stato preceduto da diversi studiosi. Ad es.
Leeuwenhoek, che aveva (i) espressa un'opinione contraria alla generazione
spontanea: “non aveva avuto esitazioni ad affermare..”; (ii) aveva confrontato cosa
accade di diverso, incubando una provetta aperta e una chiusa ermeticamente (senza
sterilizzarle!).
Ora, un'opinione qualsiasi, non ha certo gran valore; anche se espressa in barba
all'incertezza che dovrebbe contraddistinguere un'opinione espressa ai bordi della
conoscenza. L'esperimento di Leeuwenhoek poi, almeno quale descritto da WB, vale
ben poco, direi. Cosa ne parla a fare, WB? Solo per tentare di sminuire ciò che ha
fatto Spallanzani? La scienza si fa con infinite ripetizioni, con infiniti cambiamenti di
condizioni sperimentali; non con una provetta soltanto!
Quando WB scrive (p. 43): “..come i batteri, che si sviluppano anche in assenza di
ossigeno.” Sembra tradire una precisa lacuna di fisiologia microbica. Non é che i
batteri si sviluppino anche in assenza di ossigeno; semplicemente, ci sono batteri che
necessitano una tensione di ossigeno piuttosto elevata, batteri che possono crescere in
assenza di ossigeno, e batteri facoltativi. E quelli che si sviluppano in assenza di
ossigeno, sono gli anaerobi, appunto quelli che forse si svilupparono nelle provette di
Leeuwenhoek. E comunque, se l'ossigeno era stato “consumato dalla flora aerobica
..” tale consumo si realizza con l'accrescimento, necessariamente (l' O2 non é
utilizzato per fare un giro in giostra) e quindi si rivela con un aumento nel numero dei
microrganismi, cui corrisponde un aumento della torbidità della soluzione; che
certamente potrà essere accresciuta, dallo sviluppo successivo degli anaerobi.
Leeuwenhoek non se n'è accorto?
Nella stessa pagina, WB scrive: “… una fermentazione anaerobica..”.
La fermentazione é sempre anaerobica. Come ha ben dimostrato Pasteur, la
fermentazione é la vita in assenza di ossigeno; o più da vicino, consiste nella
demolizione del glucosio (dei carboidrati), in assenza di ossigeno, e con liberazione,
invece che di acqua e anidride carbonica come prodotti finali, di alcole, acido lattico,
altri acidi organici, ecc.
WB, ancora nella stessa pagina: “senza avvertirne il carattere .. favorevole ad
un'interpretazione di tipo spontaneistico.”.
Non avrebbe nemmeno dovuto porsi tale problema. Leeuwenhoek non aveva
sterilizzate le provette, quindi non c'era nulla che potesse far pensare allo
spontaneismo, all'insorgenza di alcunché di vivo da materiale non più vitale.
Leeuwenhoek voleva solamente stabilire in quale delle due (alla faccia della
statistica!) provette si sarebbero accresciuti più in fretta i microrganismi: “..where ..
animalcules would first appear..”. Solamente questo, pare.
Nella stessa pagina, WB sembra mettere sullo stesso piano le esperienze di Redi e
quella di Leeuwenhoek, che “.. non potevano essere messe in discussione .. ”; la qual
cosa non mi pare accettabile; i vasi aperti e chiusi di Redi, hanno un senso ben più
ampio e preciso: accesso agli insetti da un lato, e accesso solo all'aria nell'altro;
l'esperienza di Leeuwenhoek ha dimostrato - forse - solamente che ci sono
microrganismi che crescono più lentamente, a ridotte tensioni di ossigeno. Ma in
verità, cosa mai si può dire, di un'osservazione basata su DUE provette! Proprio senza
confronto immaginabile con le 'sperienze moltissime' ( di questo è fatta la scienza)
fatte da Spallanzani (p. 137), “.. or levando del tutto l'aria, ora mettendo nel voto a
macerarsi i legumi, or escludendo dà vasi l'entrata all'aere estrinseco, or finalmente
questi esponendo quando alcuna cosa, e quando in tutto il cimento del fuoco.”. E
queste sono solo esperienze preparatorie al famoso experimentum crucis che demolì
in modo inappellabile Needham e la sua ipotesi di generazione spontanea degli
infusori. Questo é il modo di lavorare, che consente di distinguere un vero
ricercatore, da un Leeuwenhoek qualsiasi!
WB, p. 44. Ancora a proposito dell'esperienza di Leeuwenhoek: “.. nascevano anche
in assenza di ogni contatto con l'esterno ..”.
Non é il contatto con l'esterno, che ha rilevanza; se nei recipienti c'è ossigeno, perché
sono stati chiusi all'aria, il contatto con l'esterno non c'è, ma é avvenuto
precedentemente, quanto basta. Nell'aria c'è abbastanza O2 anche per aerobi stretti
come muffe e lieviti. Inoltre, diversi aerobi crescono anche a tensioni ridottissime di
ossigeno; il Penicillium expansum, ad esempio, cresce anche ad una tensione di
ossigeno del 2.1% soltanto; la Byssochlamys fulva cresce anche in presenza di solo lo
0.3% di O2 ; per diverse muffe é addirittura più importante il contenuto di ossigeno
disciolto nel substrato, che non quello atmosferico (Pitt & Hocking, 1985). Quindi il
contatto con l’esterno, non é così essenziale.
WB, p. 45. “.. aveva chiuso un recipiente con una pelle di canguro, vi aveva
rinvenuto dentro 'quelque chose de vivant' ed aveva concluso...”.
Idiozie, per favore. O l'esperienza non ha alcun senso, oppure WB non ha riportato i
dettagli indispensabili per la definizione dell'esperimento.
Eppoi, tutta qui l'evidenza sperimentale dei 12 autori cui fa riferimento WB, che
avrebbero risolto tutti i problemi legati alla generazione spontanea, prima, molto
prima di Spallanzani? Tanto che Spallanzani: “..non aveva fatto altro che ripetere
cose già ampiamente dette e ridette nell'ambito della controversia sulla generazione
spontanea che si era sviluppata in tutta Europa. Sarebbe bastato .. andare a rileggersi
.. I problemi si trovavano tutti squadernati.. e tutte le possibili soluzioni erano state
sviscerate..”? Se gli esempi più qualificanti di tale squadernamento sono le due più
che miserrime e penose osservazioni riferite da WB, quella di Leeuwenhoek e quella
di Huygens, si può comprendere perché la “Comunità scientifica europea proclamò la
sua (di Spallanzani) vittoria e lo consacrò come uno dei suoi protagonisti indiscussi.”
(Rostand, 1963)! Perché Spallanzani aveva davvero mostrato come si fa scienza,
come si deve procedere per cercare di comprendere come vanno le cose a questo
mondo, prima e meglio di molti altri.
WB, p.45. “.. sigillare ermeticamente alla fiamma ...come aveva sperimentato per
primo Leeuwenhoek.” Ma non si può prendere in considerazione ciò che é stato fatto
per caso da Leeuwenhoek, e ciò che ha invece fatto per sperimentazione accurata,
Spallanzani; che ben sapendo qual'era il problema da affrontare, sperimenta diversi
tipo di chiusura (bambagia, tela, carta, sughero, legno), fino a trovare quello ottimale,
che risponde all'esigenza di ermeticità, ossia la saldatura alla fiamma.
Spallanzani non ha dubbi sul fatto che l'aria sia contaminata: “ Che nell'ampio corpo
dell'aria che respiriamo non solamente soggiorni un aggregato grandissimo di
particelle terrestri, ac-quee, sulfuree, metalliche, saline e simili, ma che vi
alberghino ancora, ... vuolsi dedurre assai fermamente rinchiuder l'aria dentro il suo
seno fecondi semi di animaletti, .. gli é manifesto che i microscopici animaletti .. non
possan .. che frammischiarsi .. mediante il commercio dell'aria esterna coll'interiore
dei vasi. ” ('Saggio..', p. 130, 132).
Ed é appunto per questo che esamina l'efficienza dei turaccioli di diverso tipo; sceglie
l'ermeticità per fusione del vetro; sperimenta la capacità dei microrganismi di
accrescersi anche senz'aria; e finalmente dimostra, con 19 'bocce' – non due provette che l'esperimento di Needham é errato. E ne fa la diagnosi certa: o Needham non ha
trattato termicamente a sufficienza le sue 'bocce', o “.. (lo che per me credesi più
probabile) non fosse escluso onninamente l'ingresso all'aria esterna.” ('Saggio..', p.
138).
Spallanzani aveva infatti verificato ripetutamente, che se dopo la bollitura si
determinavano nelle bocce delle “.. fenditure atte a concedere l'entrata all'aria,
spesso avveniva che ridonavansi alle infusioni gli animaletti.” ('Saggio..', p. 138).
Insomma, Spallanzani aveva determinato sperimentalmente che la necessaria
ermeticità dei palloni poteva essere ottenuta solamente per fusione del vetro, e non
con altri tipi di chiusura. Un conto é arrivarci per caso (Leeuwenhoek) e un altro per
aver esaminato a fondo il problema.
WB a p. 45: “.. come si poteva far entrare aria dentro le ampolle, evitando l'accesso
..”.
Ma non si tratta di far entrare aria continuamente, dentro le ampolle; basta che siano
chiuse all'aria, o ad una suficiente tensione d'ossigeno, e quindi chiuse
ermeticamente. Il problema non é l'accesso continuo, ma la presenza di O2 e la
chiusura ermetica, seguita da sterilizzazione. Solo questo ha importanza.
WB a Pag.46, riferisce che un certo Cestini: “.. fu lui infatti ad introdurre nella storia
della microbiologia la tecnica della bollitura dei preparati organici sottoposti ad
osservazione microscopica.”.
A chiarimento, l'autore cita da una lettera a Vallisneri, che il Cestini fece 'dare un
bollore ad una porzione della medesima acqua, e dopo freddata misi in fusione..'. Ma
malgrado l'acqua sia stata fatta raffreddare (e aggiunta di corallina?) non si
sviluppano microrganismi. Ma di che pasticcio si tratta? Vale proprio la pena di
parlarne, difronte alle esperienze chiare, rigorose, coscienziose, innovative,
panoramiche dello Spallanzani?
WB scrive a p. 46: “Finché si era trattato della generazione degli insetti, non c'era
stato nessun bisogno di controllare le sostanze 'prima’ dell'inizio degli
esperimenti..”.
Non é vero. Anche i materiali impiegati da Redi avrebbero potuto essere contaminati
prima dell'esecuzione dell'esperimento; come é ovvio. Forse che le carni non
venivano infatti contaminate da uova di insetti, normalmente, tanto da aver suggerito
la tesi della generazione spontanea, ciò che ispirò al Redi l'opportunità di fare la sua
celebre verifica sperimentale? Senza contare che se le carni non fossero state
controllate prima di essere introdotte nelle fiasche di Redi, l'esperimento non avrebbe
dimostrato incontrovertibilmente quanto invece ha dimostrato; quindi si deve ritenere
che Redi abbia certissimamente controllate le carni prima di utilizzarle. Contrariamente, la sua esperienza non avrebbe avuto alcun valore.
WB a P. 46: ”L’unico sistema era quello di sterilizzare prima le sostanze, e di
garantirne il confinamento dopo. ”
Non é vero. L’esatta successione delle due operazioni é basilare, essenziale: la
sterilizzazione DEVE essere eseguita su sostanze già PRIMA confinate, chiuse in un
contenitore ermetico; e solo dopo che sono state chiuse, si possono sterilizzare, e la
sterilità allora perdura indefinitamente. Anche nello sterilizzatore continuo, la
soluzione vi é completamente confinata; il confezionamento asettico successivo,
mantiene soltanto il confinamento.
WB a P. 53: “ .. Needham si era preoccupato subito di mettere a punto le condizioni
tecniche indispensabili per garantire la correttezza e la conclusività delle
osservazioni. …”.
Come ampiamente dimostrato più sopra, ossia, come risulta chiarissimamente dalla
lettura della stessa opera di Needham (1748), quella che WB chiama la
preoccupazione di Needham é un disastro tecnico-sperimentale: non ha saputo curare
assolutamente l’impianto sperimentale: non ha trattato a sufficienza le infusioni e non
ha chiuso ermeticamente i contenitori dei suoi infusi; lo ha diagnosticato subito
Spallanzani: “Ma dubito bene, e grandemente ne dubito, o non la tenesse per tanto
tempo sotto le ceneri ardenti,.. oppur da quella (lo che per me credesi più probabile)
non fosse escluso onninamente l'ingresso all'aria esterna..”.(‘Saggio…’, p. 138).
Insomma, come dimostrato più sopra, Needham non ha dimostrato niente; ha
pasticciato delle esperienze, senza comprendere la lezione di Redi; ha solo dimostrato
(involontariamente) che i microrganismi crescono negli infusi di vegetali e di carne,
abbandonati a loro stessi, in boccie aperte all’aria. Come dire che nelle pozzanghere
rimaste nel terreno dopo la pioggia, a ben guardare, dopo qualche giorno, anche
Leeuwenhoek individuerebbe delle bestiole naviganti.
WB, p. 55: “ .. Il risultato era apparso in modo inequivocabile favorevole alla
soluzione della generazione spontanea: ..”.
Come dimostrato sopra, Needham, al contrario, non aveva dimostrato assolutamente
nulla e tanto meno a sostegno della teoria della generazione spontanea, come é ovvio,
dati gli errori fondamentali, basilari, inammissibili, di cui ha farcito le sue esperienze.
A p. 51, WB sembra accreditare vigorosamente l'esperimento (l'unico?) di Baker, teso
a dimostrare che gli infusori (non é specificato se gli infusori volanti - simpatica
invenzione di Baker- o quelli acquatici, altra invenzione del caudato) non “si
trovavano nelle sostanze in infusione” ma “ (o almeno la maggior parte) penetrassero
dall'esterno dentro il liquido”.
Tuttavia, contrariamente alle intenzioni – pare che il sunnominato volesse solamente
“..escludere la possibilità che le uova degli infusori si trovassero preventivamente
dentro le sostanze poste a macerare..” - gli infusori sono cresciuti, pare, anche nel
recipiente coperto con mousseline. Quindi, quest’esperienza (?), non ha dimostrato
assolutamente nulla! Non aveva a che fare con insetti, costui, come era invece
accaduto al Redi, bensì con infusori, che hanno dimensioni alcune migliaia di volte
inferiori; ma non glielo aveva detto nessuno? Anche nelle fiasche di Redi coperte con
tela, le carni erano andate in putrefazione, così da richiamare gli insetti che tuttavia
non riuscivano ad entrare; ma nessuno può aver dubitato che nelle carni putrefatte, ci
fossero microrganismi (che qualcuno riteneva si fossero generati spontaneamente, e
qualcuno no). Redi confidava proprio nella putrefazione delle carni, perché fossero
attirati i suoi insetti. L'esperimento di tale Baker é una totale buffonata. Non fa conto
di perderci altro tempo.
WB, p. 57. L'obiezione ultima di Needham era che l'aria rimasta all'interno delle
bocce, necessaria a “..corrompere le parti della materia e a prepararle e a disporle
ad animarsi in viventi, rimane inetta a tal opera per ragion del fuoco..” ('Saggio ...',
p. 140). “.. alla quale (a tale obiezione) Spallanzani pensava di essere in grado di
replicare..”(WB, p. 57).
Spallanzani non solo pensava di essere in grado di replicare, ma ha replicato.
Spallanzani si chiede come possa accadere che la rarefazione dell'aria possa impedire
l'accrescimento dei microrganismi: “.. come non possano eglino nascere, essendo
nati,.. in altra rarefazione di aria, equivalente alla sottrazione di nove pollici di
argento vivo.”. ('Saggio...', p. 141), visto che lo aveva già dimostrato
precedentemente. E come oggi possiamo confermare, Spallanzani aveva
assolutamente ragione.
WB alle pp. 55-56: “ .. Spallanzani non aveva detto niente di nuovo.. nel proprio
‘Saggio di osservazioni microscopiche.'. Spallanzani aveva realizzato solo un
esperimento negativo, la cosiddetta confutazione dell’esperimento di Needham.”.
WB, ritorna (si veda p. 41, sopra) sulla stessa musica: Spallanzani non ha scoperto
niente! Ma WB crede davvero, che siano professionalmente incapaci tutti i biologi
che riconoscono in Spallanzani il fondatore della biologia sperimentale ?
Invero, Spallanzani aveva (SOLAMENTE, fino a quel momento) dimostrato CHE LE
ESPERIENZE DI NEEDHAM ERANO DEL TUTTO SBAGLIATE, e quindi CHE
LA DOTTRINA DELLA GENERAZIONE SPONTANEA, CHE SI REGGEVA SU
QUELLE esperienze, ERA ANCH'ESSA DEL TUTTO SBAGLIATA. Non é proprio
poco, visto che é di ciò che si sta trattando!
WB a p. 56: ” .. Spallanzani non lo fece…perché se si aprivano le ampolle con le
infusioni sterilizzate c’era il rischio di ritrovarsi le infusioni piene di vita,..”.
Ovvio. Ma quello non era un rischio. Se le avesse aperte, non avrebbe più dimostrato
nulla. Anche oggi, in ogni parte del mondo, come si apre un prodotto sterile, un
farmaco, un dispositivo di clinica medica , un alimento, qualsiasi cosa, senza adottare
precauzioni particolarissime, si determina la contaminazione del materiale che prima
era sterile! (Questo WB non capisce proprio nulla di microbiologia. Ma allora perché
si è cimentato con questo problema?) Eppoi, non c’è contemporaneità tra
contaminazione, e sviluppo microbico, come sembra presumere WB , con il suo
‘c’era il richio di ritrovarsi le infusioni piene di vita’. Deve trascorrere un certo
tempo, prima che i microrganismi possano riempire di vita le infusioni.
WB a pag.57: “ .. se avesse cercato di far refluire nelle ampolle aria filtrata
attraverso garze e batuffoli di cotone, ..”.
Spallanzani aveva già in precedenza saggiato l'efficienza filtrante di batuffoli di
bambagia, di tappi di carta, ecc. ('Saggio ..', p. 134). Sapeva benissimo a cosa
potevano servire. Ma non si trattava di ciò che intendeva dimostrare. Verrebbe voglia
di suggerire, molto modestamente, a WB di cercare di seguire più attentamente
Spallanzani nelle sue esperienze; potrebbe forse riuscire a comprendere come mai,
Spallanzani é arrivato dove non era ancora arrivato nessuno.
WB: “Ma la possibilità di sperimentare forme di confinamento relativo.. apparve
subito impossibile tecnicamente. “.
In verità, come ripetutamente indicato più sopra, Spallanzani riferisce di aver risolto
il problema a pagina 134 del 'Saggio’, visto che tappi di bambagia, di legno, di carta
non servivano a confinare quanto era necessario, ma solo la chiusura per fusione del
vetro, dava garanzie di ermeticità, di confinamento.
WB, nella Nota 32, a pag.57: “ .. tant'è vero che in molti casi si poteva portare a
contatto dell'aria comune un'infusione bollita, senza che si sviluppasse nessuna
traccia di microrganismi.”.
Ma non si sviluppava nessun microrganismo – e quindi nessuna traccia - perché l'aria
venuta a contatto con la soluzione, evidentemente NON conteneva microrganismi; se
li avesse contenuti, ci sarebbe stato sviluppo! La consequenzialità é talmente
evidente! Quindi, quell'aria, non era aria comune, visto che non conteneva
microrganismi. (L'esperienza di Pasteur é analizzata in dettaglio alle pp. 121-131)
WB a p. 59: “ ..Nonostante le pretese di Spallanzani.. la controversia sulla
generazione spontanea non era ancora chiusa...fino all’intervento di Pasteur del
1861, nessuno fu infatti in grado tecnicamente di garantire le tre condizioni
fondamentali che.. erano state considerate da tutti i ricercatori come una condicio
sine qua non per ottenere risultati rigorosi e universalmente accettabili:
1) la perfetta asetticità dei recipienti e delle sostanze organiche contenute;
2) la tenuta stagna dei recipienti rispetto a possibili contamina-zioni esterne;
3) la libera circolazione dell’aria all’interno dei recipienti.” (p. 59)
Non sono del tutto d’accordo sulla natura delle condizioni fondamentali da rispettare
nelle esperienze sulla generazione spontanea. Tali condizioni sono formulate da WB,
e sono invenzione sua (ma WB capisce veramente m olto poco di microbiologia),
forse. Mi pare infatti che non si accordino con precise circostanze. La ‘ perfetta
asetticità dei recipienti e delle sostanze organiche contenute’, ad esempio, può
realizzarsi esclusivamente in recipienti ermetici; non sono due condizioni separabili;
l’asetticità di una qualsiasi unità é perfetta, solo se l’unità é separata dall’ambiente in
modo certo. Altrimenti non esiste l’asetticità , perfetta e/o imperfetta che possa essere
(si veda il Cap. II). La libera circolazione dell’aria, poi, non può esserci in recipienti
ermetici, a tenuta stagna. O i recipienti sono aperti, e allora l’aria circola liberamente;
o sono chiusi ermeticamente, e allora l’aria non vi circola dentro liberamente. Può
esserci, dentro, o non esserci; nient’altro.
Comunque:
A: Spallanzani é stato l’unico ricercatore in più di cent’anni di esperimenti sulla
generazione spontanea e oltre, ad aver realizzato la forma perfetta di ‘asetticità’ di
contenitori e contenuto, mediante la sterilizzazione. E poté realizzarla perché aveva in
precedenza determinata la resistenza dei microrganismi al calore; prima
determinazione nella storia della scienza. Determinazione indispensabile per poter
definire ‘sterilità’ una qualsiasi condizione derivante da un trattamento termico. Le
altre seguirono a più di 150 anni di distanza.
B: Spallanzani aveva realizzato la perfetta ermeticità dei palloni sperimentali,
mediante fusione del vetro. Aveva precedentemente saggiato il grado di ermeticità
ottenibile con bambagia, legno, sughero, carta, ecc., senza soddisfazione ('Saggio..',
1765, p. 134).
C: Quando all’interno dei recipienti c’è aria, non importa proprio nulla,
assolutamente, che circoli o non circoli. C’è, e questo basta. Basta sperimentarlo
praticamente. Nei laboratori microbiologici, tutti i giorni, i microrganismi si coltivano
in recipienti rigorosamente fermi. E in ogni caso, la libera circolazione dell’aria
all’interno dei recipienti, come indica WB, non é in alcun modo una condizione
necessaria, fondamentale. Spallanzani aveva precedentemente dimostrato, con
esperienze appositamente istituite, che i microrganismi potevano svilupparsi anche a
ridottissime tensioni di ossigeno: “Il successo di queste esperienze mostrava chiaro
che alla produzione degli animaletti…non richiedeasi il soccorso dell’aria esterna.”
(Saggio, p. 86).
Ma é anche probante, se vogliamo, la posizione assunta molto esplicitamente da
Pasteur stesso in merito, quando contraddisse l’opinione di Gay-Lussac, affermando
che la presenza/assenza di ossigeno all’interno dei palloni di Spallanzani, così come
nelle conserve di Appert, non era di alcun interesse in relazione alla stabilità delle
soluzioni sterilizzate.
Pasteur inoltre, non fu assolutamente in grado di ‘garantire tecnicamente’ le suddette
tre condizioni fondamentali, almeno per quanto attiene la perfetta asetticità: le sue
soluzioni NON sono sterili; ma solo pastorizzate; quindi contengono microrganismi
vivi. Altro che 'asetticità! Quindi le condizioni sperimentali adottate da Pasteur non
rispettavano le tre condizioni suggerite sopra da WB. (il ché pare ovvio, vista
l’insipienza di WB).
WB a p. 59: “ .. Spallanzani…con la sterilizzazione ad alta temperatura dei campioni
aveva distrutto l’ossigeno contenuto nei recipienti. ”.
NON é ASSOLUTAMENTE VERO.
IN OGNI CASO NESSUNO LO HA MAI DIMOSTRATO.
In ogni caso oggi sappiamo che con la sterilizzazione non 'si distrugge' l'ossigeno - si
vedano le osservazioni riportate più sopra al paragrafo ”Contro l’ultima obiezione di
Needham”, p. 64. E ancora, Pasteur stesso riconoscerà che tale obiezione – avanzata
anche da Gay-Lussac – é di nessuna rilevanza – come dimostrato sperimentalmente
anche da Pasteur stesso (Pasteur, Opere, pp. 217, 300).
WB, stessa pagina:“.. Pasteur .. realizzò esperimenti con recipienti aperti, ma sterili,
.. in due modi: 1) sterilizzando l’aria .. facendola passare attraverso un tubo
metallico incandescente; 2) facendo rientrare aria normale .. attraverso i famosi colli
di cigno, che fermavano nelle loro anse le spore ed i batteri contenuti nell’aria.”
(pag.59).
I recipienti di Pasteur non erano sterili: erano solamente pastorizzati. Quindi
contenevano microrganismi vivi, con elevata probabilità.
Pasteur non lo ha mai dimostrato di aver sterilizzato l’aria per attraversamento del
tubo di platino al calor rosso; l'esperienza dei palloni con i colli ritorti, non ha
dimostrato nulla (ulteriori osservazioni, al paragrafo 'Esperienze con aria calcinata’,
p. 105).
Inoltre:
(I) Pasteur stesso sosteneva – contro le indicazioni di Gay-Lussac – che l’ossigeno
non aveva nessuna influenza sulla stabilità delle infusioni, così come nelle (II)
conserve di Appert; inoltre, Spallanzani lo aveva già dimostrato, che (III) in assenza
di ossigeno, i microrganismi crescevano nelle sue infusioni; (IV) nella sterilizzazione
non viene distrutto tutto l’ossigeno, anzi, solo una piccola parte (vedere paragrafo
citato). Spallanzani aveva fatto anche trattamenti termici dopo aver allungato i colli
dei palloni, lasciata equilibrare la tensione interna con l‘esterna, e quindi li aveva
chiusi: giusto per avere più aria all’interno dei palloni; (V) nella dottrina della GS
non si faceva cenno se il fenomeno avveniva in presenza o in assenza d’aria (i miasmi
delle paludi, non sono molto ossigenati; i materiali in putrefazione non sono
ossigenati. Si ritiene infine che la vita abbia avuto origine in ambienti primigenii
riducenti, non ossigenati) (Urey, 1952; Harada e Fox, 1965 Hoehlert, T. e al., 2001;
Bada e Lazcano, 2003; Bartzev, 2003; Leonard, 2004; Le-man e l., 2004).
L’assenza di sviluppo microbico nei palloni di Pasteur con collo ritorto, dimostrano
anzitutto che quell’aria non conteneva microrganismi, visto che era entrata aria
all’atto della compensazione della depressione interna provocata dall’ebollizione; allo
stesso identico modo in cui nelle prove di sterilità di qualsiasi materiale, l’assenza di
sviluppo nei terreni colturali inoculati, DIMOSTRA la sterilità dei materiali stessi, e
NON la loro contaminazione.
Se l’aria rientrata nei palloni a collo ritorto fosse stata previamente sterilizzata - per
filtrazione amicrobica, per azione delle radiazioni ultraviolette o ionizzanti, ecc. – il
risultato sarebbe stato identico: assenza di sviluppo. Dunque, un’esperimento il cui
risultato é identico, sia con aria inquinata che con aria sterile, non dimostra niente,
assolutamente niente. E meno che meno che l’aria sia contaminata!
É un esperimento inutile.
Pasteur ci ricamò sopra una favola per allocchi, perché intendeva convincere a tutti i
costi gli altri, di quanto era lui convinto; ma non che lo avesse dimostrato. Certo,
sappiamo che l’aria é contaminata, ma Pasteur non l’ha dimostrato, e tantomeno con
l’esperienza dei palloni a collo ritorto. Né in alcun altro modo.
Si potrebbe infine suggerire a WB, che l’esito dell’esperienza con i palloni a collo
ritorto, potrebbe significare anzitutto che nelle soluzioni bollite, non c’è stato
sviluppo microbico, per un semplicissimo motivo: perché con l’ebollizione sono stati
distrutti i microrganismi presenti nella soluzione e capaci di crescervi; infatti, nei
cosiddetti palloni a collo ritorto ‘di controllo’, c’è stato sviluppo proprio perché le
soluzioni sperimentali non erano state pastorizzate.
E in ogni caso, Pasteur non ha per nulla dimostrato né che i microrganismi erano
nell'aria perché vi si erano generati lì spontaneamente, né perché vi erano derivati lì
da riconoscibili genitori. Anche sotto le suole delle scarpe ci sono microrganismi; ma
non per questo possiamo decidere che si sono originati lì spontaneamente o per
naturale derivazione genitoriale.
WB a pag.61: “ .. la controversia sulla generazione spontanea .. Era stata chiusa da
Pasteur nel segno di Redi e di ..”.
Nella realtà, Pasteur non ha chiuso niente, né nel segno di Redì né di nessun altro.
Pasteur non é nemmeno riuscito a dimostrare che nell’aria c’erano microrganismi; ma
solo a ipotizzarlo. Né é riuscito a confutare la generazione spontanea. Addirittura
riteneva che fosse impossibile confutarla con esperienze dirette (see below), anzi era
addirittura possibilista “ .. je n’ai pas la prétention d’établir que jamais il n’existe de
générations spontanées.” (Pasteur, p. 295).
Credeva nell’abiogenesi, tanto che nel 1883 ammise di aver tentato ripetutamente, 30
anni prima, di imitare la natura, cercando di ricreare i principi essenziali della vita, in
laboratorio (Farley e Geison, 1974, p. 195; Geison, 1995).
Neppure Redi, era del tutto convinto che la generazione spontanea non avvenisse,
visto che riteneva che per alcuni organismi, quali vermi e larve d’insetti chiusi nelle
galle, potesse verificarsi (Redi, 1668, p. 92, 116).
Considerazione finale.
Nello svolgimento della sua relazione, sembra quasi che WB si proponga di sminuire
l'importanza dell'attività di Spallanzani, come potrebbe risultare molto evidente anche
dalle citazioni che seguono, tratte appunto dalla sua relazione:
“.. il senso..del naturalista scandianese, resta impenetrabile... persiste un'ampia zona
d'ombra .. (pag.37) ..repentino e totale rovesciamento di posizioni .. lo scienziato
scandianese mutò paradigma interpretativo quasi a metà del programma di ricerca ..
Spallanzani non solo non ritenne di doversi giustificare .. pubblicò esclusivamente
..con una decisione improvvisa .. un bagaglio bibliografico modesto .. L'improvvisato
microscopista .. (p. 38) .. Spallanzani non aveva letto .. padronanza .. sempre rimasta
inadeguata .. il nome del naturalista aretino non compariva mai ..(pag 39) .. la teoria
di Needham era rimasta falsificata: almeno nelle intenzioni di Spallanzani .. costretto
a fare una scelta di carattere minimalistico .. imbarazzo di uno scienziato ..(p. 40) ..
Spallanzani credeva di aver avuto partita vinta con Needham. .. In realtà però
Spallanzani non aveva né fatto nuove scoperte sperimentali né introdotto
procedimenti dimostrativi risolutivi. .. non aveva fatto altro che ripetere cose già
ampiamente dette e ridette .. sarebbe bastato andare a rileggersi le opere degli autori ..
un momento successivo (che non venne mai) .. (p. 41) .. Spallanzani non aveva detto
niente di nuovo ..(p. 55) .. Spallanzani aveva realizzato solo un esperimento negativo
.. (p. 56) .. Spallanzani non aveva letto il libro .. (p. 57) .. non sapeva come fare a
trovare .. (p. 60). “
La relazione di WB contiene una quantità così imponente di imprecisioni e di
malintesi, tanto da suscitare fortemente il sospetto, di una sua insufficiente
conoscenza della microbiologia e della fisiologia microbica. Inoltre, WB avvicina
ogni tanto alla figura del nostro, una seppur breve serie di piccoli sconosciuti di
nessuno spessore scientifico, studiosi (quando di studiosi si tratta) di trascurabile
(Needham) o nessun (Cestini, Baker e altri) valore, almeno per quanto attiene la
questione della generazione spontanea.
Vien da chiedersi come mai si sia cimentato con un argomento che conosce in modo
così incompleto; e soprattutto, cosa si proponeva di ottenere cercando di mettere in
cattiva luce lo Spallanzani.
Si sente quasi la necessità di ricordare che lo stesso Pasteur aveva appeso all’Istituto
Pasteur, “ .. nel suo studio, sul caminetto, un ritratto di Spallanzani, proprio di fronte
al suo .“ (Caullery, 1939); infatti Pasteur ammirava lo Spallanzani: “ Il y avait alors
en Italie l'un des plus habiles physiologistes dont la science puisse s'honorer, le plus
ingénieux, le plus difficile à satisfaire, l'abbé Spallanzani.” (Pasteur, Oeuvres
completes, p. 213). Voltaire, contemporaneo di Spallanzani, scrisse: “ .. é stato
necessario che Spallanzani, il miglior osservatore d'Europa, dimostrasse in modo
inequivocabile l'inconsistenza delle esperienze di questo imbecille di Needham ..” (da
Rostand, p. 42). Sono d’accordo sull’’imbecille’, e non solo rivolto a Needham.
É piuttosto difficile ritenere che WB possa comprendere l'opera di Spallanzani, più di
quanto l’abbia capita Pasteur, viste le innumerevoli imprecisioni – e solo in parte
esaminate sopra – di cui é fittamente farcita la sua relazione. É anche piuttosto dubbio
che WB possa vantare una perspicacia superiore a quella di Voltaire.
Insomma, leggendo la relazione di WB al Convegno di Studi nel bicentenario della
morte di L. Spallanzani, potrebbe sembrare non inconsistente la larvata intenzione di
WB – che però doveva essere del tutto involontaria - di proclamare festosamente una
specie di ulteriore morte del nostro Grande studioso scandianese.