Idee per una bozza di PRG del Porto di Livorno

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Idee per una bozza di PRG del Porto di Livorno
IDEE PER UNA BOZZA DI
PIANO REGOLATORE DEL PORTO DI LIVORNO
1)
PREMESSA: I PERCHÉ DI UNA SCELTA
Il porto di Livorno si trova, a mio avviso, in condizioni di sofferenza sotto diversi
profili. Più precisamente per:
a)
INSUFFICIENZA
DI AREE DI STOCKAGGIO :
un porto moderno non può continuare ad
usufruire di una dotazione di superfici scoperte di servizio mediamente
prossime a 70 mq/ml di banchina. Per questo motivo, almeno a partire dal
dopoguerra, è sempre debordato dai suoi confini naturali, interferendo con il
tessuto urbano, confinante o meno, anche per oltre 2.000.000 mq., senza tenere
conto degli spazi che oggi, più o meno direttamente, possono essergli offerti dal
Centro Intermodale A. Vespucci.
b)
INADEGUATEZZA
DEI FONDALI:
le grandi navi full-containers hanno raggiunto e
superato il traguardo degli 8.000 slots, anche se, almeno a termine
relativamente breve, sembra improbabile l’entrata in servizio di vettori da
10.000-12.000 Teus su rotte interessanti l’alto Mediterraneo, che potrà accogliere
questi nuovi giganti praticamente solo nei suoi porti Hub meridionali... Ma le
navi da 6.000 Teus, come quelle da 8.000, fanno ormai parte di quasi tutte le
maggiori flotte, e svolgono servizio su una crescente molteplicità di rotte. Si
tratta di navi con pescaggi mediamente prossimi a 15 metri, che peraltro, a
pieno carico, possono talvolta arrivare anche a 16 m ed oltre... Sono navi che
toccano pochi porti, esaltando il sistema Hubs- feederaggio. Ma molte flotte,
dalla Maersk-Sealand alla M.S.C. guardano a Livorno come ad un porto ideale
per il diretto accesso all’Europa. Non è un porto ascellare ma in compenso, per
navi che mantengono una velocità di crociera prossime a 22-24 nodi, si trova a
12-13 ore di navigazione dalla rotta-base Gibilterra–Suez e quindi, per carichi di
una certa rilevanza può essere conveniente raggiungerlo. In pratica è appetibile
quando la somma delle spese di transhipping e di successivo feederaggio
supera la spesa di un giorno in più di navigazione (fra andata e ritorno) rispetto
alla rotta-base..
La spesa per transhipping, per esempio a Gioia Tauro, ammonta a circa 70 euro
per teu; a questa se ne deve sommare, successivamente, una di circa 100 euro
per feederaggio (è una tariffa straordinariamente bassa perché si riferisce al
puro nolo-mare, anche perché le spese di movimentazione dei containers nei
porti sono tutte a carico della nave-madre). Si raggiunge così una spesa
complessiva di circa 170 euro, mentre il costo giornaliero della nave-madre
stessa si aggira intorno ai 90.000 euro carburante incluso. Dato che, come si è
detto, una puntata su Livorno si traduce in circa un giorno in più di
navigazione, comincia ad essere conveniente raggiungere lo scalo Labronico
quando (100 +70) x X = 90.000 euro che si risolve per:
X = 530 circa Teus.
Bisogna peraltro ipotizzare che la capacità operativa del porto terminale sia
almeno uguale a quella di un Hub-Port, di norma facilitata dai grossi numeri
dei contenitori complessivamente trattati per inoltro/ricevimento da/per tante
destinazioni; dall’Adriatico al Mar Nero, al Nord-Africa.
C’è da traguardare una soglia probabilmente più alta per conseguire condizioni
di sicura convenienza, probabilmente prossima ai 700 Teus, naturalmente fra
sbarco ed imbarco, tutt’altro che difficilmente raggiungibile da questi enormi
vettori.
I fondali idonei per il ricevimento di questo tipo di navi sono prossimi a 15-16
metri sotto banchina, e quindi di almeno 20 metri in corrispondenza della soglia
portuale. Oggi Livorno è in condizioni di offrire, al massimo, 12,50m. di fondale
sotto banchina, mentre la soglia portuale è stata portata recentemente a –16
metri di quota.
Mancano pertanto i requisiti-base per poter ricevere le grandi navi che già oggi,
ma ancor più domani, guardano con interesse il sito portuale livornese. Non
sarà mai possibile ricevere le unità da 12.000 slots, che comunque potranno
toccare pochissimi porti nel Mondo, con fondali almeno a –18 m. e soglie
portuali almeno di 23 metri di fondo. Ma ne è tutta da dimostrare la reale
economia di esercizio, mentre accogliere almeno le navi da 6.000 Teus sarà
indispensabile per un porto di vocazione oceanica.
c)
LA
RAZIONALITÀ D’USO.
Non si può continuare a considerare un porto come un
impianto “Bon a tout faire” in tutte le sue zone operative. E probabilmente
siamo arrivati ad una condizione limite che impone di considerare i Porti (o
almeno taluni porti) come elementi di un sistema. Le cosiddette “Autostrade
del mare” continuano a moltiplicarsi e presto anche il Nord Africa entrerà
pesantemente in campo, magari insieme ai Paesi situati al di là dei Dardanelli.
La Darsena Inghirami, in gestione alla L.T.M. è satura, tanto da dover cercare
un’appendice operativa anche a Porto Vecchio, e non ha neanche la possibilità,
allo stato attuale delle cose, di accogliere decentemente i 500-600 semirimorchi
che giornalmente sostano sui suoi piazzali, sia in attesa di imbarco che, più
ancora, della trazione necessaria per raggiungere la loro destinazione terrestre.
Ma non ha neanche la disponibilità di un impianto ferroviario idoneo a far
proseguire i veicoli gommati per ferrovia: non sembra fuori luogo ricordare, a
questo proposito, che in Francia, con il sistema del ferroutage, viaggia quasi il
50% delle merci… Ma sembra chiaro che domani (un domani che va
traguardato almeno sull’arco di un decennio) se si saranno adottate soluzioni
capaci di reggere all’urto della integrazione della economia mondiale, il Porto
livornese potrà sopravvivere e progredire. In caso contrario i nostri figli e nipoti
per vedere le grandi navi dovranno andare a Civitavecchia o a Voltri…
Livorno può fruire di un invidiabile supporto costituito dal porto di Piombino
se ci si deciderà ad uscire da logiche paesane che qualche anno fa sembravano
superate da orientamenti comprensoriali (V. la bozza Libertini del Piano
Nazionale dei Trasporti) mentre oggi con l’avvento delle molte, troppe Autorità
Portuali, siamo tornati, in questo campo, su posizioni molto vicine all’Italia dei
Comuni, mentre la logistica terrestre, senza la quale i Porti hanno ben poco
significato, è ancora impastoiata nelle beghe dell’arcipelago ferroviario e nelle
faide autostradali e superstradali…. Faide che rendono penosa qualsiasi
iniziativa: credo che l’E1, ferma da decenni a Livorno, costituisca esempio
clamoroso nei confronti di quanto si riesca a non fare nei confronti anche di
condizioni nate con criteri di assoluta priorità, riscontrabile fin nel nome:
Europa 1… Ma anche la Due Mari non scherza, come non ha scherzato la
S.G.C. Firenze-Pisa-Livorno Porto, che si è realizzata nel tempo record di quasi
40 anni…
Non si può più continuare, comunque, a fare di tutto in tutte le zone portuali: è
quindi auspicabile che qualsiasi nuovo Piano Regolatore portuale si fondi,
innanzi tutto, sulla identificazione delle attività che si intende svolgere nelle
diverse zone del Porto, e sulla loro più razionale collocazione nell’insieme
portuale.
d)
CORRETTA
INTERPRETAZIONE DELLE ESPERIENZE.
Sono anni che il fascio di 14 binari di
servizio antistanti l’antica Stazione di Livorno Porto Vecchio (una delle più
antiche stazioni ferroviarie d’Italia, praticamente contemporanea a quella di
Livorno S. Marco) è deserto di carri interessanti il servizio portuale.
E’sporadicamente utilizzato come ricovero di veicoli riparandi o demolendi.
Eppure è stato di recente revisionato a fondo, con cambio di traverse e di
pietrisco. Praticamente in tutti i maggiori scali europei, fasci di questo tipo, che
servivano come volano per i binari di banchina, sono stati aboliti: gli impianti
ferroviari di esercizio infatti sono quasi ovunque costituiti da una coppia o da
una terna di binari, serviti almeno da due grues a ponte, situati al centro di
piazzali ampi quanto occorre per contenere le merci, i contenitori, le casse
mobili, gli autocarri trasportati con il sistema del ferroutage, di un periodo
lavorativo di norma non inferiore a quello della giornata. L’impianto di Le
Havre, per esempio, si compone di tre binari affiancati, situati al centro di un
piazzale di non più di 30.000 mq. e di due ponti caricatori: giornalmente questo
centro operativo riesce a smaltire 12 coppie di treni per/da più o meno tutta
l’Europa centrale. Oggi è la merce che va a prendere il treno e quindi nei porti
moderni non troviamo più i binari sotto-bordo, fatta eccezione per le zone
destinate allo sbarco/imbarco di rinfuse o di merci analoghe, anche se in diversi
porti si preferisce operare con l’intermediazione di impianti ricchi di nastri
trasportatori, che permettono una migliore plurifunzionalità degli attracchi.
D’altra parte anche il servizio di traghettaggio per le isole risente, a Livorno,
della sua origine tumultuosa: per la verità è raro incontrare altrove una Stazione
Marittima a filo di banchina e non all’ingresso della zona portuale dedicata a
questo tipo di esercizio, ma è altrettanto raro trovare traghetti diretti alla stessa
Isola in partenza da zone diverse del Porto, con evidenti difficoltà anche di
indirizzo dei passeggeri in partenza, a livello di segnaletica stradale… Si è fatto
molto, e molto rapidamente perché questo servizio decollasse, arrivando alle
proporzioni che esso oggi ha raggiunto: ma Livorno, in genere, è una Città
bravissima
ad
improvvisare
ed
a
risolvere:
l’arte
della
successiva
razionalizzazione non le è propria: sfugge alla sua mentalità, che si esalta e dà il
meglio di sé davanti al nuovo. Non sopporta le teutoniche procedure della
razionalizzazione.
Le navi da crociera hanno costituito un’altra novità, ed il Porto le ha adottate,
istintivamente, costruendo quasi subito una Stazione marittima di tipo HomePort, che non serve dato che gli Home ports sono quasi tutti ascellari. In
compenso le grandi navi da crociera attraccano un po’da tutte le parti, con una
spiccata preferenza per la banchina ad Alto Fondale, subito accanto all’accosto
bananiero della Dole Term, ai prodotti forestali della Star, ai contenitori ed ai
trattori agricoli del Saudi…
Livorno è stata capace di compiere exploit memorabili, come l’imbarco di tanta
parte del materiale bellico diretto verso il teatro di guerra del Kwait con
operazioni compiute a livello di record temporale per non perdere i già fiorenti
flussi di traffico containerizzato diretto alla appena nata Darsena Toscana; ma è
stata anche capace di inventare l’imbracatura più idonea per imbarcare
“Azzurra” diretta alla lontana avventura della Coppa America, e di riutilizzarla
poi, in un altro scalo, per imbarcare il “Moro di Venezia”, così come ha
inventato degli strani carrelli stradali che gli hanno permesso di imbarcare e di
trasportare poi verso lontane officine degli U.S.A. vetture tramviarie e
metropolitane di tutti i tipi. Ma non gli fate fare tutti i giorni lo stesso lavoro
perché si annoia.
Ora si è innamorata delle automobili, ed ha progettato e realizzato un
autoparco modello, il più grande ed il più moderno d’Europa.
Ma continua ad avere una dotazione ferroviaria penosa, fondali alluvionati da
fanghi, un’informatica divertente e geniale, petroliere attraccate ad una
banchina situata in modo tale che, in caso di malaugurato incidente si possa
paralizzare la maggior parte del porto ed accoglie anche un Canale navigabile
che rende un’isola la banchina di ponente della Darsena Toscana che costituisce
la sua zona più preziosa, densa di avvenire.
e)
DI
UNA
CONSIDERAZIONE
GEOGRAFICA.
MENO
MODESTA
NEI
CONFRONTI
DELLA
SUA
COLLOCAZIONE
Il Porto di Livorno è collocato, sia territorialmente che
urbanisticamente, in modo assolutamente favorevole ad un decollo di qualità.
A nord il porto di La Spezia non ha, ragionevolmente, alcuna possibilità di
ampliamento, anche, e soprattutto, per l'opposizione di tutti i Comuni situati in
corona a quello che era, un tempo, il Golfo dei Poeti, a partire da Lerici per
finire a Portovenere. Ma anche la Città è stanca di ospitare uno scalo marittimo
chiaramente spurio nei confronti delle sue caratteristiche storiche, mentre la
montagna retrostante costituisce ostacolo non superabile per una espansione
verso terra delle sue banchine, Ed è stato fatto di tutto, spendendo cifre
vertiginose, per congiungere gli impianti della L.S.C.T. alla stazione ed alla
piana di S. Stefano: a suo tempo si parlò di circa 600 miliardi di lire di spesa,
contro i 12 che sono stati impegnati, nel corso degli ultimi venti anni, per
congiungere (con un binario) la Darsena Toscana alla Stazione di Livorno
Calambrone…. Onore alla memoria di Angelo Ravano, grande gentiluomo e
grandissimo imprenditore: ma i misteri che hanno accompagnato la storia
dell’L.S.C.T. rimangono tali. Comunque è un porto giunto al capolinea delle sue
capacità di accoglienza. Personalmente penso che averlo come socio, al 50%
nella T.D.T costituisca più elemento di controllo che propulsivo, specialmente
ove si ponga mente al fatto che Gioia Tauro, Ravenna, Cagliari, sono tutti
direttamente legati a Contship Italia.
Genova può fruire della grande valvola di sfogo di Voltri, ma a parte il fatto che
dista circa 150 miglia in più di Livorno rispetto alla rotta fondamentale SuezGibilterra, si trova più lontana dal Brennero (e quindi dall’Austria, dalla
Baviera e da tutta l’Europa Centro-orientale) molto più di Livorno. E non ha
ancora risolto il grosso problema del Terzo Valico.
A sud Civitavecchia può crescere quanto vuole, ma non potrà mai aspirare ad
essere una porta di ingresso per l’Europa.
Una funzione, questa, che nessuno potrà mai contendere a Marsiglia, unico
porto del Mediterraneo occidentale a non avere alle spalle la barriera delle Alpi,
favorito come è dalla vasta valle del Rodano, che successivamente si interseca
con quella del Reno, mentre alle sue spalle Avignone costituisce elemento di
supporto logistico eccezionale. Il sistema Marsiglia–Barcellona (già coniugato
societariamente
con
Le
Havre)
costituirà
naturalmente,
l’alimentatore
dell’Europa Centro-Occidentale, mentre il sistema Trieste-Capodistria-Fiume,
collegandosi con gli Hubs del Pireo, di Taranto, di Limassol costituirà la
naturale porta per i Balcani ed oltre, verso nord-est, ma non potrà mai
rivaleggiare, quantitativamente, con il Mediterraneo Occidentale, nel quale
Livorno gode di una invidiabile posizione baricentrica.,
E’in quest’ottica che bisogna traguardare il porto di Livorno, che, non a caso,
fino a quando Napoleone non ritenne che potesse costituire ombra ai suoi Porti
preferiti (Marsiglia e Tolone) e lo frenò tanto da inaridirlo per più di un secolo,
aveva raggiunto e mantenuto, per anni, il ruolo di porto leader del
Mediterraneo Occidentale. Oggi sussistono molte delle condizioni-base per
riassumere una collocazione di primo ordine, perché il Porto Labronico ha un
retroterra pianeggiante di diecine di km.q., privo di qualsiasi ostacolo naturale
significativo praticamente fino all’altezza di Cascina; si è sviluppato, con tutte le
sue strutture più moderne verso nord, mentre la Città continua ad espandersi
verso sud. Soffre, è vero, di un supporto logistico inadeguato e di incredibili
occasioni perdute, a cominciare dalla S. Livorno-Lucca-Modena, e dalla miseria
ferroviaria che lo affligge.
Ma se Livorno, insieme alla Regione Toscana, saprà ritrovare una collocazione
coerente con le sue naturali potenzialità portuali, non potrà non aspirare a
posizioni di assoluta rilevanza, purché sia ben chiaro che il Porto di Piombino
ne costituisce una sezione complementare di rara valenza specialmente
nell’universo dello short-sea shipping.
Si è ritenuto opportuno riepilogare quanto fin qui esposto per chiarire e ricordare che
il Porto di Livorno non deve aver paura di crescere e neppure dei tempi certamente
non brevi, che saranno sicuramente necessari per fare di uno scalo di media
dimensione un network di valenza adeguata al suo retroterra ed alla sua collocazione
geografica: anche per realizzare lo scalo di Fos o quello di Voltri sono occorse diecine
di anni, per la maggior parte sprecate in speciose dissertazioni ambientalistiche ed in
feroci scontri di interessi. Ma se non si traguarda il futuro ci sorprenderà sempre il
presente: la incredibile inadeguatezza di studi intorno alle Autostrade del Mare, (a
partire dalla individuazione dei modelli di vettore marittimo di caratteristiche
ottimali per questo tipo di servizio, dal loro probabile bilancio di esercizio, fino alla
configurazione più razionale degli scali di accoglienza per concludere con la logistica
terrestre di supporto) costituisce forse una delle migliori dimostrazioni di che cosa
può accadere quando ci si lascia sorprendere da fenomeni dei quali era evidente la
incombenza.
2)
L’ANDAMENTO DEI TRAFFICI NEL MEDITERRANEO
Da una recentissima analisi statistica è risultato che i Porti Nord-Europei hanno visto
incrementare il numero dei Teus movimentati di circa il 71% nel corso del decennio
1992-2002, mentre i maggiori porti Mediterranei sono cresciuti per circa il 178%
facendo astrazione dalla maggior parte dell’effetto moltiplicatore collegato con
l’esercizio degli Hubs Ports: considerando anche questi ultimi si perverrebbe
addirittura ad una crescita del 240 %…
In pratica, il Mediterraneo è cresciuto più del doppio del Nord Europa, come del
resto confermato dai maggiori esperti del settore, anche se in questi ultimi tempi si
sta manifestando un movimento di ritorno verso i grandi porti nord-europei, dovuto
alla presenza, in Olanda come in Belgio ed in Germania, di grossi gruppi di caricatori
che riescono a spuntare noli anche del 15% inferiori a quelli mediterranei.
Sta di fatto che l’Europa ha scoperto una nuova porta di accesso situata a sud, anche
per l’incredibile crescita dei traffici con l’Estremo Oriente. Non sembra inopportuno
ricordare che quest’anno i soli porti cinesi si avviano a superare i 100 milioni di
contenitori movimentati, e che la rotta Pacifica sta continuamente calando di portata
rispetto a quella West-Bound, via Canale di Suez-Mediterraneo-America del Nord e
ritorno. In virtù di questi dati e di altre non brevi considerazioni, sembra attendibile,
per il distretto mediterraneo, ed in particolare per quello occidentale, per il prossimo
decennio, una crescita annuale di Teus di almeno il 4% annuo. Difficile andare più
avanti nel futuro, in un Mondo dall’economia inquieta come quello attuale. Si tratta,
ovviamente di un coefficiente medio, ma è chiaro che chi saprà garantire le migliori
condizioni potrà contare su una crescita anche nettamente superiore. Con La Spezia
bloccata strutturalmente, Livorno, a nostro avviso, può contare anche su un
coefficiente di crescita del 5% circa purché sia capace di rilanciare adeguatamente la
propria immagine, e, soprattutto, adeguare all’oggi ed al domani le proprie strutture.
Rimane quindi nell’ambito del prevedibile, entro il 2010-2015, una movimentazione
annuale compresa fra 800.000 e 1.000.000 di teus nello scalo livornese, per la maggior
parte di competenza della sua maggior struttura (la Darsena Toscana) sempre che
questa possa disporre:
1.
di una congrua, convinta, preparazione dei propri addetti;
2.
di fondali sotto banchina di almeno –15 m., per una lunghezza prossima a
1.000 metri di nuovi attracchi;
3.
di nuovi piazzali per almeno 800.000 mq.;
4.
di una soglia portuale portata almeno a –20 m. di profondità;
5.
di impianti ferroviari capaci di servire con la tecnica dei treni-blocco almeno
il 30% di tutto questo traffico.
Praticamente si tratta di poter disporre di un impianto capace, nel suo complesso, di
ricevere e spedire circa 800 Teus/giorno, corrispondenti ad otto coppie di
treni/giorno: un quantitativo, questo, relativamente modesto, ove si potesse far conto
su una stazione-base meno antiquata di Livorno Calambrone, le cui capacità
operative aumenteranno di certo quando saranno compiuti i lavori per la
realizzazione di un nuovo fascio di sei binari, ma che rimarrà comunque, anche come
configurazione, una stazione tutta da rivedere, anche nel quadro dei nuovi, non facili
compiti che dovrà affrontare per servire il nuovo Centro Intermodale. Collegato
quest’ultimo, spensieratamente, a questa vecchia stazione addirittura con un binario
che attraversa a raso la ex Statale 555 Livorno-Vicarello per raggiungere il fascio di
binari di questo nuovo grande Impianto. Fascio che per avere un senso compiuto
dovrebbe essere raccordato al più presto con la vecchia linea Pisa-Collesalvetti-Vada.
Vedremo poi perché.
3)
1)
LE POTENZIALITA’ DELLA DARSENA TOSCANA
E’ chiaro che le banchine attuali della Darsena Toscana non possono accogliere,
non foss’altro per la limitatezza dei fondali (per non parlare della limitatezza
delle aree) questa mole di nuovi traffici. Occorre pertanto provvedere, a nostro
avviso, a banchinare, al più presto, il fronte a mare delle vasche di contenimento
dei fanghi di escavo, ampliandole verso ponente, in modo da poter realizzare aree
di accoglienza della profondità già precedentemente accennata, e comunque
prossima a 600-700 m... Ovviamente la nuova banchina dovrà essere protetta da
idonee opere foranee. Sui circa 1000 metri di banchina realizzabili potrebbero
lavorare almeno otto portainers super-post panamax capaci, comodamente, di
raddoppiare la produzione attuale e di guardare con tranquillità al prossimo
futuro. E’questo il modello adottato dai più moderni porti cinesi, che sono
all’avanguardia in questo specifico settore ma che stanno guardando con
interesse addirittura ai Portainers a porticato, proposti al Mondo dalle nostre
Officine Reggiane.
2)
Sembra del tutto evidente che un terminal di questa natura non può essere
congiunto alla terraferma attraverso ben quattro ponti mobili che scavalcano il
Canale dei Navicelli, che occorre tombare, dandogli uno sbocco a mare
alternativo. La soluzione più razionale sarebbe indubbiamente quella di includere
in un unico arco foraneo, tutta la foce del Canale Scolmatore, secondo la soluzione
già identificata dall’Istituto della Facoltà di Idraulica della Università di Pisa, su
commissione della Regione Toscana, che sponsorizzò anche la realizzazione di
una vasca idraulica (che esiste ancora presso quell’Istituto) vasca che permise di
verificare la piena compatibilità di questa struttura con l’ambiente circostante, ed
in particolare con il litorale Pisa-Livorno. Analoga verifica, a livello di modello
matematico, fu condotta dal Prof. Noli, ordinario di Idraulica nella Università di
Napoli, con l’ausilio di un centro informatico specializzato Londinese. Ma non se
ne è saputo più niente. Lo Scolmatore ha continuato a riempire di fanghi la
Darsena Toscana attuale, mettendone a rischio i già modesti fondali.
3)
Nella bozza progettuale allegata si è ipotizzata una alternativa per lo sbocco al
mare del Canale dei Navicelli che permetterebbe a quest’ultimo di correre tutto
all’interno della attuale sponda livornese del Canale Scolmatore, correndo in
fregio al confine marittimo della attuale Darsena Toscana, in modo da lasciare
inalterata la sezione del Canale Scolmatore. Il nuovo ramo terminale del Canale
dei Navicelli risulta protetto, nella sua prima parte, da un diaframma della stessa
entità e natura di quello che oggi lo separa dal Canale Scolmatore nella sua tratta
settentrionale. Nella sua seconda parte, fino praticamente all’altezza del fanaletto
del Molo Nuovo si è previsto di proteggerlo con una foranea in tetrapodi, di
altezza modesta, sia perché il fench originato dai venti del quadrante di
maestrale, in questa zona raramente supera il metro, sia perché il fondo marino,
in questa zona, non supera i sei metri, sia infine perché sul lato di levante di
questo nuovo Canale si è immaginato di realizzare un ampio piazzale portuale,
banchinato, utilizzando in misura quanto maggiore possibile i fanghi di escavo
risultanti dal dragaggio a –15 metri della darsena realizzanda sul fronte delle
vasche di accoglienza dei fanghi stessi, attualmente in corso di riempimento. In
pratica questo nuovo piazzale avrebbe, inizialmente, la funzione di vasca di
contegno di quanto occorre asportare per garantire la funzionalità della nuova
banchina a mare della Darsena Toscana, per essere successivamente a sua volta
utilizzato al fine di realizzare praticamente un nuovo porto, capace di:
a)
accogliere tutti i traghetti in partenza per le isole;
b)
ricevere, con ampi spazi disponibili a terra, le sempre crescenti Autostrade
del Mare, che tendono in modo sempre più convinto a fondersi con i moderni
fast-ferries, per chiari motivi di complementarietà e quindi di economia;
c) dedicare una banchina, su fondale di 5-6 m al carico/scarico per e da la
Darsena Pisana;
d)
garantire una nuova banchina, fronteggiante quella della sponda est della
Darsena Europa, preziosa per ogni tipo di esercizio, a cominciare dallo sbarco
di automobili, che, con l’ingresso della Cina sul mercato mondiale, si
preannunciano in sensibile aumento.
4)
Si è peraltro prevista anche una situazione alternativa per l’attracco delle
petroliere, articolata sulla realizzazione di una apposita darsena in tutto separata
dalle altre strutture portuali, ricavata scorciando la diga della Meloria, e
prolungandola poi, ruotata di poco più di 45 gradi, per quasi mille metri. Alle
spalle di questa nuova diga si sviluppa una nuova foranea, che la protegge tutta,
insieme alla nuova Darsena a mare, alla quale in via di individuazione
provvisoria, si è dato il nome di Darsena del Sole. La nuova diga della Meloria
sarà dotata di un’ampia strada, sulla quale si è prevista la installazione sia degli
impianti di pompaggio che di quelli antiincendio, mentre più piccoli fabbricati
potranno essere adibiti a funzioni di magazzini, ricovero per personale etc.
Una parte della vecchia diga della Meloria potrà garantire l’attracco di
bettoline, mentre alle spalle di questo stesso attracco si sviluppa un piazzale
capace di accogliere un buon numero di Depositi Costieri, situati in posizione
lontana dalla città ma facilmente raggiungibili per via d’acqua.
Tutto sommato, si è dato vita ad un Isola Petroli, facilmente raggiungibile dalle
grandi petroliere, protetta con pannes mobili, opportunamente motorizzate per
garantirne il facile movimento in concomitanza con i movimenti di entrata ed
uscita delle petroliere.
5)
Si è anche prevista la resecazione della banchina utilizzata oggi per l’attracco delle
navi petroliere al fine di allargare almeno di 50 metri il Canale di accesso al
Bacino S. Stefano, eliminando tutto il cosiddetto “Braccio del Vestrini” con
evidente vantaggio per l’accessibilità marittima di tutta la nuova Darsena Europa.
6)
Si ritiene doveroso rispettare e valorizzare la Torre del Marzocco, intorno alla
quale si è ipotizzata la realizzazione di una grande vasca di acqua, accessibile solo
dalla via di mare, creando intorno a questa grande vasca un anello arredato,
raggiungibile, per le inevitabili esigenze manutentive, con apposita viabilità,
riservata ai soli addetti.
7)
La banchina così modificata potrà essere utilizzata preferibilmente da navi selfsustaineds o roll-off/roll-on, non essendo conveniente l’impianto di sollevatori
fissi, in una zona di tanta valenza monumentale.
4)
FERROVIE E VIABILITA’ STRADALE
Si è già detto dell’impianto ferroviario, costituito, in pratica da due piazzali contigui,
ciascuno arredato con una terna di binari, completi, complessivamente di 4 grues a
ponte, situati nella zona nella quale attualmente è già operativo l’impianto attuale.
Con sei binari disponibili si possono ricevere e formare, complessivamente, anche 30
treni al giorno, purchè non ci siano interferenze con la viabilità stradale. A questo
fine la S.G.C. Firenze-Livorno Porto viene mantenuta in quota fino a scavalcare la
sede ferroviaria, con discesa terminale sui piazzali a mare della Darsena Europa con
rotatoria a precedenza, come previsto dalle recenti modifiche del Codice della Strada.
Ovviamente, sparito il Canale dei Navicelli da questa zona, le rampe di salita e di
discesa a servizio della sponda est della Darsena Toscana diventano facilmente
raggiungibili anche dai piazzali attuali della T.D.T..
Resta tutta da verificare la
sufficienza di un solo binario di collegamento di tutto questo impianto con la
Stazione-base di Livorno Calambrone, anche perché è probabile che qualche binario
di raccordo si renda necessario anche nella zona della banchina lasciata libera dalle
navi petroliere.
5)
LE AUTO
Alla base della Darsena Europa sono previsti due attracchi anche poppieri, a servizio,
ove occorra, di grandi cars-carriers, che potranno usufruire di un piazzale di
accumulo di oltre 100.000 mq., direttamente raccordato alla superstrada. E’ chiaro
che si tratta solo di un piazzale portuale, sul quale pertanto le auto in arrivo
dovranno solo transitare per raggiungere poi i terminals di smistamento. Una grande
nave, come le maggiori della Wallenius può tranquillamente sbarcare anche 3.000
auto alla volta: ma con questi quantitativi di veicoli si riempie rapidamente anche
l’attuale terminal L. Da Vinci, che ha, più o meno, le stesse dimensioni… Ma da
questo piazzale al Faldo o al Centro Intermodale con bisarche o, meglio, con car-rack,
si impiegano poco più di 15 minuti…
6)
LA DARSENA INGHIRAMI
Ha, attualmente, una forma strana che ne compromette una razionale utilizzazione,
ma, soprattutto, manca delle aree necessarie per costituire valido impianto-volano fra
rotta marittima e rotta terrestre, specialmente quando i veicoli avviati/provenienti o
diretti dai/ai traghetti sono dei semirimorchi.
Tenuta di conto la capacità ricettiva della nuova Darsena del Sole, questa Darsena,
dalla forma bizzarra che ne rende non facile l’utilizzo fatta eccezione per la calata
Addis Abeba appare sostanzialmente inutile, mentre il porto ha bisogno di spazi,
quanto più specializzati possibile.
Ci è sembrato pertanto utile prevederne il
tombamento in modo da recuperare circa 50.000 mq. di piazzali, ampliati, tenuto
conto anche delle aree di servizio disponibili e recuperando almeno una parte dei
piazzali della Dow-Chemical (che lavora pochissimo, tanto che buona parte dei
piazzali stessi appare inutilizzata) fino a raggiungere e superare i 250.000 mq. serviti
da una banchina della lunghezza di oltre 500 ml..
Su questa banchina si è ipotizzato di spostare il Terminal per lo sbarco/imbarco delle
rinfuse, lontano dalla Città e prossimo alla ex Stazione di Livorno Porto Nuovo,
facilmente raccordabile a questa nuovo Impianto che, come tutti i Terminals rinfusi
moderni, ha bisogno, a banchina, più di spazi liberi che di binari, che vengono
raggiunti con sistemi di convogliatori a nastro sempre più moderni e polifunzionali.
Il fascio di servizio di questo impianto, finalmente capace di ricevere almeno il triplo
di quanto sia possibile nella Sede attuale, potrà anche contare su un elemento di
raccordo con il fascio di binari a servizio della sponda est della Darsena Toscana.
La nuova conformazione di questa darsena garantisce ampi spazi acquei alla
prospiciente Calata del Magnale: ne parleremo dopo.
Ma è chiaro che un auspicabile sviluppo del traghettaggio mediterraneo non può
essere affrontato solo da Livorno: in questo caso entra in campo anche lo scalo di
Piombino, scalo che, preso in esame per un abbozzo di P.R.G. tutta da verificare,
prevede già una serie di sei attracchi per traghetti commerciali, ben al di fuori
dell’ambito cittadino che, in questa bozza, viene liberato anche dal transito estivo o
comunque vacanziero di oltre due milioni di passeggeri che non lasciano
praticamente niente alla economia locale e stravolgono la vita della Città.
E’ probabile che Piombino possa svolgere anche altri compiti ausiliari, come la
accoglienza e la distribuzione del congelato, che richiede spazi non indifferenti e non
sempre ha bisogno di grandi fondali. Se ne potrà riparlare in sede di più ampia
valutazione del riassetto della logistica Toscana.
7)
IL VECCHIO PORTO
Si articola, sostanzialmente, su due sezioni: Marittima e porto Mediceo, separate fra
loro, idealmente e storicamente, dall’antico muro che delimitava, un tempo, il
comprensorio portuale rispetto al mare aperto, ben prima che nascesse la Banchina
ad Alto Fondale.
a)
IL PORTO MEDICEO ED IL BACINO FIRENZE
Nello schema di bozza di P.R.G. a cui si fa riferimento, il Porto Mediceo ed il Bacino
Firenze sono interamente destinati al turismo con particolare riferimento a quello
crocieristico. In sostanza:
-
PORTO MEDICEO
Costituisce, indubbiamente, la zona di maggior rilievo storico e di maggior interesse
monumentale. La Fortezza Vecchia, è il naturale biglietto di presentazione della
Città, valorizzata dalla cerchia di mura dei Sangallo, padre e figlio, che dettero vita
ad uno scenario portuale che, sotto il profilo estetico ha ben pochi rivali a livello
mediterraneo. Non è che l’Uomo dei secoli più recenti si sia dato molto da fare, non
dico per migliorare un insieme storico-ambientale più unico che raro… Anzi... E’
riuscito perfino nella non facile opera di dissacrare un ambiente che ricordava una
storia secolare con fabbricati incongrui, come la Capitaneria di Porto e dipendenze
varie, per culminare con l’osceno Palazzo della Dogana.
E’ nostra convinta opinione che un ambiente di questo genere deve essere recuperato
e rigenerato per presentarsi a chi arrivi dal mare, come l’immagine storicamente più
valida di una città che da questo nucleo primigenio ha derivato tutte le sue vicende.
Protetta, prima, dalla millenaria Torre della Contessa Matilde, salita poi a nuova
potenza quando ha potuto contare sulle solide mura della Quadratura dei Pisani, che
l’hanno sorretta nelle sue prime avventure sui mari, resi più sicuri dal suo spirito di
avventura, che trova testimonianza nel monumento ai Quattro Mori. Livorno
racconta tanta parte della sua storia proprio attraverso il suo vecchio Porto.
E’ per questo che ci è sembrato opportuno:
Offrire alla vista di chi arrivi dal mare la Vecchia Fortezza, eliminando sia il
dirupato silos granario, oggi in disuso, insieme con i magazzini compresi fra la
Calata Sgarallino e la calata Siena;
conservare dove è e come è l’ottima Calata Sgarallino, mentre la Calata Siena,
insieme con quella Punto Franco viene parzialmente resecata, per permettere
l’attracco anche ad una grande nave, appoggiata con la poppa, come la
precedente al piazzale prospiciente la Fortezza;
analoga resecazione è prevista per la Calata Orlando in modo da potervi
ospitare anche due navi di trecento metri di lunghezza, conservando accanto a
loro una striscia stradale di circa trenta metri, capace di accogliere i molti
pullmans che accompagnano i croceristi nelle Città d’arte della Toscana. Verso
questa zona si può avviare anche un binario ferroviario, ove si ritenesse
conveniente avviare comitive particolarmente numerose verso Firenze, che ha
la Stazione di S. Maria Novella praticamente in città. Ma si tratta di dettagli.
Il Bacino Firenze dovrebbe essere in parte tombato ed in parte modificato per
poter accogliere, alla sua nuova banchina del Mandraccio, o due navi da
crociera di non enormi dimensioni, o due Fast-Ferries, destinati ad obiettivi più
lontani della Sardegna e della Corsica. Si ha infatti motivo di ritenere che sia
alle soglie dei desiderata del nuovo turismo, la disponibilità di uno strumento
di comunicazione veloce con il Nord Africa, con la Spagna, con tutti i Paesi
mediterranei che diventeranno rapidamente di moda per chi voglia girare il
Mondo situato a media distanza usando la propria macchina, caricata di bagagli
e famiglia, coprendo velocemente un percorso che oltre a costituire puro
spostamento fornisca anche le parvenze di una crociera, visto che i fast-ferries
di oggi sono orientati a fornire ai loro utenti comforts un tempo impensabili sui
tradizionali traghetti.... Personalmente sono certo che anche il Mar Nero potrà
entrare in questo circuito, sempre che si spengano tanti focolai di guerra. Ma già
la Turchia può rappresentare una meta appetibile, per lo meno quanto la
Moldavia o la magica Kiev…
Il molo Capitaneria viene allargato fino a 30 metri, in modo da poter accogliere
due grandi navi da crociera con a fianco gli spazi necessari per il pullmans
indispensabili per trasportare i viaggiatori alla visita della Toscana,
conservando, beninteso, priorità di attracco sul fianco nord di questo sporgente
alle navi della Marina Militare che vogliano utilizzare questa disponibilità: è per
questo che, in figura, sulla pianta generale di Piano, sul lato nord di questo
Molo, è indicata la sagoma di una nave a vela, perché la Vespucci o il Palinuro a
questo attracco trovano ottime commoditiies oltre fare una magnifica figura...
Il pontile Elba rimane come è oggi, adibito alle stesse funzioni, non potendosi
equiparare al servizio dei traghetti trasferiti alla Darsena del Sole un servizio a
spola, tipo postale dei vecchi tempi quello che viene svolto per le isole minori
dell’arcipelago toscano.
La Capitaneria di Porto, oggi diventata Guardia Costiera, che impedisce di
vedere, dalla banchina Sgarallino, ma anche dalla Bocca del Porto Mediceo la
retrostante Darsena Vecchia, viene decentrata in altra sede. Sembrerebbe
congrua, a questo fine una collocazione in via dei Calafati dove è impiantata
anche una scuola, che gode di un bel panorama, ma che impone ai suoi studenti
sane passeggiate per raggiungerla, a meno che non sia possibile ricavarne gli
uffici e le relative dipendenze all’interno della Caserma Santini. Si tratta di
capire se anche quest’ultima si trova collocata in posizione congrua con un
Porto che si è spostato tutto a nord con i suoi traffici più rilevanti.
La stessa operazione si impone anche per la Direzione delle dogane, forse il più
brutto edificio di Livorno, che copre addirittura la visuale del Ponte dei
Francesi e del Monumento dei Quattro Mori. Di fatto oggi le operazioni
doganali, oltre ad eseguirsi per la maggior parte per via informatica, riguardano
merci e navi situate in zone del Porto ben lontane dal Mediceo: sembra quindi
non fuori luogo ricollocarla in zona diversa, da definire con gli operatori..
Tutta la zona compresa fra la Calata degli Anelli e la Bocca del Porto dovrà
accogliere, con opportuna sistemazione, le grandi vele, dal Corsaro Secondo
all’Orsa Maggiore, fino a barche di non meno di 12-13 metri, in modo da fare
del pezzo più pregiato dell’intero scalo livornese il Salone di onore per
l’accoglienza di chi arriva da Oltremare. E’ quindi indispensabile liberarla
anche da tutti i servizi di rimorchio, di bunkeraggio e simili ormai fuori luogo
in questa zona, non più baricentrica nei confronti di uno scalo che è cresciuto, e
continuerà a crescere verso nord e verso ponente e che quindi devono seguire
questa tendenza...
-
MARITTIMA
Gli interventi proposti partono, tutti, da considerazioni meramente funzionali. Più
precisamente:
1-
Il Molo Italia, largo poco più di 80 metri è un non senso portuale: è nato, si dice,
per servire i traffici di rinfuse, di quelle merci, cioè, che richiedono i piazzali più
ampi a parità di tonnellaggio sbarcato.
2-
Le aree di Livorno Porto Vecchio, comprese quelle retrostanti le banchine
portuali, sono assolutamente insufficienti a servire i traffici di oggi: figuriamoci
quelli di domani. Le sole navi del Saudi occupano tutte le zone M e K con laghi
di trattori e macchine agricole in attesa di imbarco. I prodotti forestali tendono a
crescere prepotentemente ed i molti, troppi magazzini realizzati a filo banchina, o
quasi, hanno ridotto le aree di servizio a ben poca cosa.
3-
Una darsena destinata al servizio di cantieristica minore inserita alla radice di una
banchina di tanto interesse quale è quella ad Alto Fondale è anch’essa un non
senso, gravemente limitativo per la funzionalità e lo sviluppo della banchina
operativa.
4-
Un parco ferroviario con 14 binari destinati a funzionare da volano per il ricambio
vuoto-pieno a servizio dei binari di banchina è un tragico non senso: sono quasi
60.000mq. sottratti alle esigenze dell’esercizio.
ALLORA
A)
Si è ipotizzato di tombare il canale che verrebbe a formarsi fra il Molo Italia e la
Banchina Alto Fondale, in modo da ricavarne nuovi piazzali per oltre 100.000
mq., chiudendo in testa questa lunga banchina con un nuovo attracco,
utilizzabile anche per lavoro poppiero.
B)
Si è prolungato il filo esterno di questa stessa banchina fino all’inizio della
Calata Pisa, guadagnando almeno un altro attracco utilizzabile da parte di navi
di piccola e media stazza.
C)
Si è trasferita la cantieristica minore alla sponda sud-ovest della Darsena
Ugione dove esistono condizioni di spazi terrestri e marittimi certamente
migliori di quelli garantiti dalla allocazione attuale, mentre sono ottime le
condizioni di accesso dall’esterno. Una breve rientranza, in questa zona, della
Calata del Magnale, garantiva la disponibilità di una banchina di allestimento
congrua con le dimensioni dei natanti di competenza di questa Cantieristica,
come da P.R.P. tuttora in vigore. In questa zona operavano, fino a pochi anni
fa, i Cantieri navali Botteghi, che hanno concluso il loro ciclo di attività non
certo per la loro collocazione all’interno del porto. Una soluzione di questo
genere è stata ventilata ai gestori degli impianti di costruzione e di riparazione
navale attuali, incontrandone il pieno apprezzamento.
D)
Tutta da definire la situazione della banchina Agip di questa stessa darsenetta,
banchina che l’Agip ritiene di suo perdurante se pur digradante interesse,
prevalentemente per l’imbarco di olii lubrificanti. Si è formulata peraltro
un’ipotesi di modifica, ripetiamo, tutta da verificare, per dare migliore accesso
al Canale Industriale.
E)
Tutto l’impianto ferroviario anche di Porto Vecchio si modifica secondo lo
schema articolato sui soliti tre binari, serviti da grues a ponte, con piazzali di
servizio di circa 30,000 mq. al contorno, collocati uno nella posizione occupata
dal vecchio fascio di servizio, ed un altro situato sul grande piazzale ex
Cementeria.
Rimane l’incognita della Banchina del Magnale: una bella banchina, con 12 metri di
tirante di acqua, liberata, lato mare, dall’ingombro costituito dalle punte delle calate
Tripoli e Bengasi, ma che non ha spazi di qualche rilievo alle spalle, anche se,
secondo i Piani Attuativi dell’Enel, la Centrale del Marzocco figura al primo posto fra
quelle da abbandonare. In tal caso si guadagnerebbe all’esercizio portuale una gran
bella banchina, altrimenti… altrimenti in tutti i Porti c’è bisogno di una banchina per
l’attracco delle navi in disarmo o in riparazione…
-
IL CANALE INDUSTRIALE
Se ne è ipotizzato l’ampliamento almeno di 30 metri, anche se 50 sarebbero più che
giustificati. Non è possibile, infatti, in un porto moderno, lavorare sulle sponde di un
Canale largo solo 100 metri, in fondo al quale, oltre a Depositi Costieri di una non
trascurabile entità , esiste un impianto di sbarco, conservazione e distribuzione di gas
disciolto, ben più pericoloso di quello liquefatto, trasportato da gasiere che
impongono l’allontanamento dall’attracco delle navi al lavoro sulla banchina di
levante. L’ampliamento non potrebbe essere eseguito che resecando la banchina di
ponente, dove non esistono impianti fissi della importanza del Silos granario e dello
stesso impianto Liquigas appoggiati alla banchina di levante... In questo senso, sia
pure a livello meramente discorsivo, si è raccolta anche la disponibilità della
proprietà Sintermar, chiaramente interessata a poter lavorare su vettori marittimi di
dimensioni maggiori di quelli attuali.
-
LA VIABILITÀ AL CONTORNO
La viabilità di approccio al Porto, con il completamento degli interventi intesi a
realizzare un nuovo asse viario sul sedime dell’ex Fosso delle Cateratte, può
considerarsi discreta purchè si chiuda l’attuale Varco 4, raggiungibile oggi attraverso
una viabilità del tutto infelice, e si apra un nuovo varco in testa a questo nuovissimo
asse viario e si realizzi, di fronte a questo nuovo varco, un vasto piazzale di
parcheggio, abolendo il Terminal Intercontainer, così come previsto dal PRG
cittadino in vigore. L’accesso al nuovo varco ed al parcheggio che lo precede è
realizzato mediante un’ampia rotatoria che garantisce una regolazione razionale sia
dei traffici in entrata ed in uscita dal porto, ma anche una facile utilizzazione della
zona di parcheggio da parte di ambedue le correnti di traffico. Sembra comunque
ormai ben chiara l’opportunità di mettere in comunicazione la zona del Picchianti, e
per essa la Via dell’Artigianato, che ne costituisce l’asse, con la Via Enriquez, dando a
quest’ultima razionale accesso all’area portuale. A questo fine esistono già, da tempo,
ipotesi progettuali (ad esempio una di sottopasso del fascio ferroviario di Livorno
Calambrone; un’altra di svincolo della Via Enriquez realizzato attraverso un
allacciamento con la S.G.C. Firenze-Livorno porto con svincolo sottopassante la
stessa S.G.C.
Esistono in merito varie ipotesi progettuali, sempre disponibili in sede Universitaria.
E’ probabile che in un prossimo futuro, oltre al raccordo diretto fra Via delle
Cateratte e Via L. Da Vinci, ipotizzato da tanti anni, si debba pensare anche ad una
nuova soluzione per la zona di Ponte Genova, per inserire quest’ultimo più
razionalmente nel sistema Via Salvatore Orlando-Via delle Cateratte-Via L. Da Vinci.,
come del resto già previsto, fino dal 1979 con la bozza di Piano propositiva
presentata dalla C.L.P., della quale tante soluzioni furono recepite nella Proposta
Bonifica.
-
LA VIABILITÀ A LARGO RAGGIO
Non può far parte di questa bozza schematica, rappresentando, essa sola, una
problematica degna di analisi non breve, e comunque da inquadrare non all’interno
di una bozza di schema di riordino portuale.
E’ certo che il Porto ha bisogno, per crescere, di profondi interventi nei confronti
dello schema logistico di supporto, un sistema nel quale la realizzazione della S.G.C.
Livorno-Lucca-Modena torna di nuova e più urgente attualità, ma che ha bisogno, in
primis, di un supporto ferroviario ben più robusto di quello che fa base sulla asfittica
Stazione di Livorno Calambrone, che deve assolvere troppi compiti, anche per la
situazione di congestione alla quale è pervenuta la Stazione di Pisa S. Rossore, dopo
la sciagurata chiusura al servizio merci degli impianti di Viareggio Scalo e di Lucca,
scalo merci. Ma anche la linea Genova-Roma sulla quale è inserita Livorno
Calambrone è ormai da tempo in condizioni di congestione tale da rendere penose
anche le manovre di attraversamento dei due binari di corsa, sia per avviare verso la
zona di ponente del Porto convogli provenienti dal Nord che, peggio ancora, per
ricevere treni da e per il Centro Intermodale. Che deve essere congiunto al più presto
con la linea Pisa Centrale-Collesalvetti, purché questa a sua volta venga congiunta
direttamente con la linea Firenze-Pisa Centrale, al fine di bypassare quest’ultima
Stazione, che non è più in condizioni di servire decentemente alcun servizio merci
che non sia di puro transito.
A titolo di semplice notizia, ma anche di memorandum dei vari aspetti della
problematica in fieri, sono in corso studi di buon livello per:
-
una riapertura al traffico della Pontedera-Lucca;
-
la realizzazione di un raccordo diretto fra la Vicarello-Pisa e la linea a Fiorentina,
con inserimento su quest’ultima nei pressi della Stazione di Navacchio;
-
una rivalorizzazione della linea Porrettana, con abbassamento o no del suo valico,
per tornare a dare a questa linea non certo la gloria che le competeva quando
sosteneva tutto il traffico Milano-Bologna-Roma, ma quanto meno utilizzarla
come linea di approccio al grande nodo Bolognese. Attualmente è percorsa a
livello tramviario da poche coppie di treni prevalentemente a servizio di
viaggiatori pendolari.
Ne riparleremo, comunque, se l’idea-base di una profonda revisione del ruolo dello
scalo livornese troverà gli echi che sembrerebbe meritare. Ma spesso accade che i
problemi si richiudono su se stessi: il Porto non può crescere perché la logistica di
supporto è al limite della sua capacità, o non vale la pena di darsi da fare per
quest’ultima visto che il Porto non può più crescere un granché?
Credo che questo dilemma, magari formulato meno brutalmente, stia alla base delle
scelte che interessano le generazioni future: ma guai, a mio avviso, a porsi una
vecchia, ironica, sciocca domanda: ma i Posteri, in definitiva, che cosa hanno fatto per
noi? In Toscana si dice che i nonni piantavano gli ulivi per i nipoti: se è vero che c’è
un nuovo ulivo che vogliamo, queste troppe righe hanno solo il significato di una
meditazione testamentaria. Scongiuri a parte……
8)
PER UNA NUOVA IPOTESI DI MARINA TURISTICO
Sono perfettamente cosciente di toccare un argomento che ha trovato ampi spazi di
discussione in sede politica, un tempo ostile alla destinazione di risorse, anche
ambientali, per accogliere le barche dei “Signori”. Ma mi sembra che questa
pregiudiziale debba considerarsi largamente superata per motivi che qui non mi
sembra il caso di elencare.…
Esiste, peraltro, una realtà nuova ed incombente, costituita dalla produzione
Estremo-Orientale che lascia ben poco spazio al decollo di nuove attività produttive.
E’ chiaro, credo, a chiunque, che qualsiasi prospettiva di attività terziaria debba
essere focalizzata in modo differente nei confronti dei tempi nei quali i cinesi
venivano in Europa per vendere cravatte… Oggi, nei rinnovati Cantieri navali
livornesi si potranno (e si dovranno) costruire barche di tutti i generi, anche quelle
che un tempo si ritenevano riservate ai “Signori”. Ma non ci facciamo illusioni: in
pochi anni la cantieristica Estremo-Orientale, quella che si è appropriata del 92% del
portafoglio mondiale delle costruzioni navali non tarderà ad apprendere, così come è
accaduto in campi che sembravano tabù: le ultime sfilate di alta moda svoltesi a
Pechino, per la presentazione di produzione cinese, non hanno assolutamente niente
da invidiare a quelle parigine o romane, anche perché i designers sono quasi tutti
europei.
E’ quindi molto probabile che anche nel settore della ricca nautica da diporto presto
si affacceranno cantieri del cosiddetto terzo Mondo, gli stessi che hanno fatto
chiudere o messo in estrema difficoltà tanti Cantieri Europei, compresi i mitici
Chantiers de L’Atlantique francesi. Di fatto già una parte della produzione della
stessa Azimut utilizza scafi in plastica di costruzione turca, che, peraltro, nella
gamma delle barche lunghe più di 15 metri, generano qualche problema derivante
dal loro non facile trasporto, accompagnato spesso da deformazioni essenzialmente
torsionali. Di fatto si ha notizia di qualche contatto assunto, sembra con esito
positivo, con il Cantiere dei fratelli Catarsi, di Castagneto, che potrebbero spostare
una parte della loro attività produttiva su Livorno. Ma è notizia di questi giorni che
una delegazione di 100 operatori cinesi ha visitato i Cantieri Benetti di Viareggio,
essenzialmente mirando ad acquisire al vasto mondo della produzione EstremoOrientale anche questo ramo di attività.
Ma ci sembra chiaro che l’orientamento del Vecchio Mondo in tanti settori, questo
compreso, debba prendere in particolare considerazione le attività terziarie,
essenzialmente di servizio, piuttosto che quelle produttive, almeno fino a quando
non si saranno colmate le distanze, oggi abissali, che intercorrono fra salari cinesi,
rumeni, vietnamiti, turchi e quelli dell’Occidente. In questa condizioni, a nostro
avviso, in Italia c’è un particolare settore che deve essere valorizzato: un settore che
ha fatto scomparire la tradizionale miseria sarda, e che non decolla nella splendida
Sicilia per causali estremamente complesse, ma che sostanzialmente si fondano sulla
necessità di mantenere un controllo economico su vaste categorie di puro supporto
da parte di chi comanda davvero, in quella Isola, che potrebbe rappresentare un
Eldorado rarissimo per un turismo qualificato, data la sua ricchezza sia naturale che
monumentale.
Sulla linea portante di queste considerazioni, ci è sembrato opportuno ricordare,
prima di tutto a noi stessi, che se si potrà andare sul mercato cinese o coreano per
acquistare, in un prossimo futuro, anche barche da sogno, la riparazione, il refitting,
la manutenzione ordinaria e straordinaria di queste barche, non possa essere
effettuata che là dove la barca si trova, o nelle sue più qualificate adiacenze. Lo
hanno ben capito i Francesi che hanno riempito la Costa Azzurra di porti per barche
grandi e piccole (ma prevalentemente grandi) che garantiscono lavoro, a quanto
risulta dalle analisi statistiche effettuate, a circa un uomo ogni quattro medie barche,
indotto compreso, naturalmente.
Ci è quindi sembrato particolarmente interessante realizzare un “Marina” vero
(quello previsto all’interno del Mediceo non è che un impianto ornamentale, di
ottimo effetto ma poco significativo per una città che ospita circa 3.300 barche lungo
le banchine dei Fossi …) utilizzando:
a.
La darsena dello Scalo Morosini, solo molto parzialmente utile per la
produzione di natanti: è la stessa darsena nella quale, per tanti anni hanno
trovato ospitalità la Scuola di vela del CONI, con fitte schiere di optimist e di
derive di norma di classe non superiore ai 4, 70 m.;
b.
una nuova darsena, affiancata alla prima, nell’area della Bellana, già
individuata, in passato come localizzazione ideale per un impianto del genere,
che trova nella nuova specializzazione del Cantiere Navale, evidenti motivi di
attualità. Ci siamo permessi di dare a questa idea, non certo nuova, una forma
che sostanzialmente ricerca motivi di coerenza quasi speculare con la adiacente
darsena Morosini. A titolo di esempio si è previsto di ampliare, a mare, la
banchina che delimita a sud la darsena Morosini in modo da ricavarne il sedime
per un’ampia passeggiata a mare, sufficiente ad ospitare anche un parcheggio a
doppia lisca di pesce centrale, ed a dare accesso ad una rotonda affacciata verso
la Vegliaia, raggiungibile solo pedonalmente. Si tratta di un impianto capace di
più di 1.500 barche, che da un lato si appoggia, ed a nostro avviso valorizza, di
molto, dandogli un nuovo senso, il bell’immobile dello Scoglio della Regina,
mentre dall’altro lato si congiunge, anche funzionalmente al Cantiere Navale. Il
parcheggio sotterraneo previsto nella zona della Bellana acquista allora
anch'esso un nuovo senso, concreto, dato che ogni mille barche occorrono, come
noto, almeno 3.000 stalli di parcheggio. E’ nostra convinta opinione che un
impianto del genere:
-
costituisca occasione imperdibile per l’impiego, qualificato, di alcune
centinaia di lavoratori;
-
si collochi nell’ottica di una rivalorizzazione turistica della Città di Livorno;
-
si coniughi felicemente anche con la operazione di ripristino del vicino
Albergo “Palazzo”: chi va per mare con barche di altura non disdegna certo
una accoglienza alberghiera di qualità;
-
dia sfogo alla incredibile richiesta di posti-barca, che oggi spesso superano,
in costo, quello della barca stessa: basta guardare i prezzi praticati nel
Porticciolo di Crepatura, per non parlare di quelli di Punta Ala.
CONCLUSIONI
Siamo coscienti di non avere compiuto grandi scoperte, ma anche di avere,
volutamente ignorato precedenti, anche autorevoli, orientamenti che ci permettiamo
di non condividere. Ma siamo anche confortati, in tante soluzioni, dal parere di
diversi addetti ai lavori: che possono sempre fornire un contributo prezioso di
esperienze,
specialmente
quando
soffrono,
giornalmente,
di
situazioni
inadeguatezza dell’oggi.
Livorno, 30 agosto 2006
ING. ENRICO MOSTARDI
di