1_catechesi_tobia

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In cammino con l’angelo
Con Tobia alla scoperta di sé
Ciclo di catechesi
Autunno 2014
FRA ROBERTO FUSCO FFB
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Prima catechesi
I personaggi e la vicenda
Introduzione: un Tobia dei nostri giorni
Chi è Walter Mitty? E’ il protagonista di un film che porta proprio il suo
nome. Walter è un uomo assolutamente ordinario, con un lavoro ordinario e
una famiglia ordinaria. Walter tuttavia è un moderno sognatore: senza mai
uscire dalla propria città, compie
regolarmente dei viaggi mentali
lontano dalla sua noiosa esistenza,
entrando in un mondo di fantasie
caratterizzate da grande eroismo,
appassionate relazioni amorose e
costanti trionfi contro il pericolo;
parte di questi sogni riguardano la
sua bella collega di lavoro Cheryl,
che è oggetto della sua passione e
del suo amore, ma nei confronti
della quale non ha mai il coraggio di dichiararsi. Un giorno, per una serie di
circostanze legate al lavoro, Walter perde un importante fotogramma della
copertina del giornale per cui lavora. L’unico modo per recuperare questa
fotografia, e quindi salvare il giornale, è contattare il fotografo professionista
autore dello scatto. E qui comincia il problema: come tutti gli artisti, Sean
O’Connell è schivo e misantropo, si sposta continuamente per il mondo senza
lasciare né indirizzi né tracce.
Per questo, Walter prende una decisione per lui sconvolgente: decide di
iniziare la ricerca del fotografo e per questo motivo praticamente nel giro di
pochissimi giorni passa dalla Groenlandia all’Islanda, e da qui alle vette
dell’Himalaia nel nord dell’Afganistan, per ritrovare lo strano fotografo e la
preziosa fotografia. Questo viaggio sarà di fondamentale importanza per Walter,
che da sognatore passerà a vivere veramente la sua vita, realizzando finalmente i
suoi sogni.
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Il libro di Tobia nella Bibbia: linee teologiche principali
Anzitutto, diciamo qualcosa riguardo al libro di Tobia, e alla sua posizione
nell’ambito del canone biblico. Tobia è il nome del protagonista della storia,
anche se - leggendo meglio la vicenda - sembrerebbe che i protagonisti
principali siano due:
il vecchio Tobi, e suo
fi g l i o T o b i a .
Nonostante la
differenziazione, il
nome dei due
personaggi è lo
stesso, sia del padre
che del figlio: il
nome
deriva
dall’ebraico, ed è
un’abbreviazione del
nome teoforico
tôbîjāh che significa
Ja h w e h è bu o n o .
Contrariamente alla
regola, il libro di
Tobia è stato scritto
in greco (gli altri
libri sono scritti in
ebraico), e la sua
composizione,
nonostante faccia
risalire i fatti narrati
al periodo della
cattività babilonese
del popolo d’Israele,
risale a non più tardi
del II sec. a.C.,
quindi soltanto due
secoli prima della nascita di Gesù.
Proprio per questo motivo il libro è detto deuterocanonico. Questo significa
che soltanto in epoca tarda è stato riconosciuto come libro ispirato; addirittura
per gli ebrei questo libro non fa parte dei libri sacri, e anche in epoca cristiana
molti dei primi commentatori della Bibbia faticarono ad accoglierlo come
ispirato dallo Spirito santo. Stranamente, dal punto di vista artistico e pittorico,
la storia di Tobia è stata considerata di grande interesse, ed è stata riprodotta da
molti artisti.
Una parola a parte va detta riguardo il genere letterario di questo libro.
Evidentemente, non è un libro storico. I dati che ci vengono dati riguardo le
indicazioni storiche, temporali e geografiche sono - a un controllo incrociato del tutto sbagliate! Questo però non deve scandalizzarci. Gli uomini antichi
avevano un’idea di storia del tutto diversa dalla nostra: per noi un racconto è
storico quando risponde a questa domanda: “Cosa è avvenuto?”. Invece per gli
antichi, un racconto era storico quando rispondeva a questa domanda: “Cosa
significa quest’evento?”.
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Dunque, il libro di Tobia non è un libro storico in senso stretto: i
personaggi di cui si narra la storia non sono mai esistiti. Questo è da considerare
uno scritto sapienziale: significa che attraverso una storia verosimile si cerca di
trasmettere una verità profonda e valida per tutti e in ogni tempo in cui viene
letta. Per questo, il libro di Tobia cerca di rispondere a una domanda ben
precisa: se la Scrittura dice che il giusto è benedetto e protetto da Dio, visitato
dalla pace e dalla benedizione, perché poi in pratica avviene spesso esattamente
il contrario?
Tobia è un giusto, nel senso che obbedisce alla legge alla lettera: perché
allora un triste destino si abbatte su di lui? La storia serve a spiegare come, in
realtà, anche le disgrazie e le sofferenze hanno un significato: alla fine della
storia, si scopre che tutto era stato preparato da Dio per la felicità dell’uomo e
della sua famiglia.
Perché noi, questa sera, leggiamo il libro di Tobia? Abbiamo iniziato a
leggere Tobia parlando di Walter Mitty: questo è come un moderno Tobia. Le
due storie sono accomunate da un particolare: entrambi i personaggi, per
crescere davvero e diventare persone adulte, devono iniziare un viaggio. Fino a
quando non decideranno di partire, resteranno sempre schiavi dei loro sogni, o
delle loro paure o degli altri.
Iniziamo allora questi incontri proprio con la consapevolezza di essere
come il giovane Tobia: abbiamo un cammino da percorrere, siamo
accompagnati da un angelo (cioè dall’aiuto di Dio) e dobbiamo trovare dentro di
noi le risorse per fare questo viaggio benedetto. “Beato chi trova in te la sua forza, e
decide nel suo cuore il santo viaggio” (Sl 84,5). Partiamo seguendo Tobia e il suo
angelo: sicuramente troveremo elementi importanti su cui riflettere per capire
l’importanza del nostro viaggio.
La vicenda
La storia di Tobia, evidentemente, è il frutto di una serie di vicende che
s’intrecciano e di personaggi che, con le loro personalità e le loro scelte, danno il
loro contributo alla narrazione e allo svolgimento della storia. Cerchiamo di
capire dunque la vicenda, e poi studiare più da vicino chi sono i protagonisti
della storia.
Il libro, ambientato nel VII secolo a.C., narra la storia di una famiglia
ebraica della tribù di Neftali, deportata a Ninive, composta dal padre, Tobi,
dalla madre Anna e dal figlio Tobia. Nella versione latina del testo padre e figlio
hanno lo stesso nome, Tobias, per cui nella tradizione italiana il padre era
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chiamato Tobia e il figlio Tobiolo. Condotto prigioniero in Assiria nella
deportazione delle tribù del regno di Israele nel 722 a.C., Tobi si prodiga ad
alleviare le pene dei suoi connazionali in cattività (i primi due capitoli e mezzo
sono narrati in prima persona). Nel corso delle varie vicende perde il suo
patrimonio, e, in seguito ad un atto di carità, anche la vista. Sentendo
approssimarsi la propria fine, decide di mandare il figlio Tobia nella Media
presso un parente, Gabael, a riscuotere dieci talenti d'argento lasciatigli in
deposito. Prima di fare questo, si raccoglie in preghiera.
In contemporanea a questa vicenda viene raccontata la storia di Sara.
Questa giovane donna, figlia del parente di Tobi Raguele, abitante di Ecbàtana,
era posseduta dal demone Asmodeo che uccideva tutti gli uomini con cui si
univa. Un giorno, una serva del padre della giovane, accusa la stessa di essere
l'unica responsabile della morte dei mariti avuti. Sara, affranta per quanto
accaduto, decide di togliersi la vita impiccandosi. Proprio nell'atto di porre in
essere tale proposito medita sul fatto che il suo suicidio comporterebbe un
ulteriore dolore per i genitori e desiste. In tale frangente Sara prega affinché Dio
la faccia morire al più presto.
Le preghiere di entrambe queste persone vengono accolte da Dio che invia
sulla terra l'arcangelo Raffaele. Questi si presenterà agli occhi di Tobia, sotto
mentite spoglie, nella veste di una guida che conosce bene la strada. Ha inizio
così il viaggio di Tobia, in cui si imbatterà in alcuni avvenimenti che saranno
utili alla guarigione sia di Sara che del padre Tobi. Primo fra tutti è la sosta
presso il fiume Tigri, in cui Tobia viene assalito da un pesce. In tale circostanza,
l'arcangelo sprona Tobia a non scappare e a afferrare il pesce per la testa.
Così facendo il giovane sconfigge l'animale e, sempre su consiglio
dell'angelo, estrae dal pesce il fiele, il cuore e il fegato. Giunto ad Ecbatana,
sposa Sara, liberandola dal demone grazie alle indicazioni di Raffaele e
utilizzando quanto prelevato dal pesce. L'Arcangelo poi provvede, dopo un
combattimento, a legare il demone ad una montagna. Riscossi i talenti
d'argento, Tobia fa ritorno dal padre. Giunto a casa, sempre grazie ad un
consiglio di Raffaele, Tobia spalma sugli occhi di Tobi il fiele del pesce pescato
durante il viaggio, facendogli così recuperare la vista. Solo alla fine del libro
Raffaele mostra la sua vera identità.
I personaggi
Questa la vicenda. Cerchiamo adesso di scavare a fondo per capire chi
sono veramente i personaggi che girano attorno a questa vicenda, e di vedere
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soprattutto il significato teologico e simbolico di ognuno di loro. Evidentemente
non dobbiamo far dire al testo ciò che l’autore, che ha scritto più di 2200 anni
fa, non voleva dire! Però, in un’interpretazione più profonda, ogni personaggio
può essere considerato come una particolare sfaccettatura della nostra persona:
in altri termini, ognuno di questi personaggi, in maniera più o meno prevalente,
abita in noi e spesso si manifesta. Vediamo come.
Anzitutto Tobi. Egli è il personaggio principale di tutta la vicenda. Nel
testo egli parla di sé in prima persona: è una persona ligia all’osservanza della
legge, fino all’eccesso. Obbedisce a tutti i decreti del Signore in maniera
puntigliosa e forse, per la nostra sensibilità, anche esagerata. In altri termini, noi
lo definiremmo un po’ un bacchettone e bigotto. Dopo la disgrazia della cecità,
infatti, si comporta nei confronti della moglie in modo così sospettoso e acido
che la sua religiosità diventa fastidiosa.
Soltanto dopo la guarigione dalla cecità la sua fede diventerà limpida a tal
punto da trasformarlo interiormente: a quel punto non sarà più soltanto un
ebreo eccessivamente attento alle leggi esteriori della Torah, ma avrà capito
anche il senso profondo di quanto è avvenuto a lui e a tutto il popolo in esilio:
“Lodatelo, figli d'Israele, davanti alle nazioni, perché in mezzo ad esse egli vi ha disperso e qui
vi ha fatto vedere la sua grandezza” (Tb 13,3-4). Tobi rappresenta quella parte della
nostra personalità che vive di regole, di precetti: rappresenta l’osservanza delle
regole - costi quel che costi - anche quando questo ci porta a dimenticarci delle
persone. Le regole servono per le persone, e non viceversa. Quando siamo
insicuri, quando sentiamo su di noi il peso di dover prendere decisioni e
iniziative, spesso ci rifugiamo nelle regole perché speriamo che esse possano dirci
come dobbiamo comportarci. Ma proprio come Tobi, quando le regole
prendono il sopravvento su tutto e su tutti diventiamo acidi, asfittici e la nostra
religiosità diventa opprimente per noi e fastidiosa per gli altri.
Poi, sua moglie Anna. Di fronte alla religiosità pesante e un po’ asfittica del
marito, Anna si ribella quando egli l’accusa ingiustamente di aver rubato un
capretto: “Dove sono le tue elemosine e le tue opere buone? Ecco, si vede bene come sei
ridotto!” (Tb 2,14). Anna è la madre possessiva e preoccupata del fatto che il figlio
debba partire per un lungo viaggio e che possa correre pericoli: è ansiosa, come
tutte le madri, e vorrebbe tenere il figlio per sé, perché non corra rischi. E’
quella che vorrebbe impedire il viaggio del figlio, perché ha paura che qualcosa
di brutto possa avvenire: “Perché hai voluto che mio figlio partisse? Non è lui il bastone
della nostra mano, che è sempre stato in casa con noi?” (Tb 5,18).
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Anna rappresenta la nostra parte ansiosa, quella che ha paura per sé e per
gli altri: è quella faccia che ci paralizza e che non ci fa progettare serenamente
per il futuro. Anna è quella parte di noi che è incline al pessimismo, alla
commiserazione di sé e al sentimento di fallimento: quando aspetta una notizia,
è convinta che sarà sempre quella peggiore e quando intraprende un viaggio, è
quella che ci dice che tanto, sicuramente, andrà male.
Colui che, invece, deve intraprendere il viaggio è il giovane Tobia. Egli è
giovane e legato alla sua famiglia, ma nello stesso tempo vuole imparare a
vivere, a conoscere e persino a rischiare, pur di fare nuove esperienze e di
conoscere cosa significhi davvero vivere. Tobia rappresenta le nostre
potenzialità, il desiderio che abbiamo di evolverci, di migliorare, di conoscere e
d’imparare: è la parte di noi più aperta all’azione di Dio, perché Egli vuole per
noi sempre il meglio. Ma per avere questo meglio bisogna avere il coraggio di
rischiare, di scommettere e di prendersi il rischio di mettersi in viaggio:
altrimenti c’illuderemo di vivere, ma in realtà avremo soltanto coltivato illusioni,
rimpianti e ideali mai realizzati.
Storia interessante è quella di Sara. Questa Femme Fatale, quasi una vedova
nera che ha, purtroppo, la disgrazia di avere accanto a sé il demonio Asmodeo è
una donna infelice, che ha visto morire già sette mariti: chiaramente è sull’orlo
della disperazione, tanto da meditare il suicidio pur di essere liberata da
quest’onta. E’ un’onta che persino le serve le rinfacciano: “Sei proprio tu che uccidi i
tuoi mariti. Ecco, sei già stata data a sette mariti e neppure di uno hai potuto portare il nome.
Perché vorresti colpire noi, se i tuoi mariti sono morti? Vattene con loro e che da te non
dobbiamo mai vedere né figlio né figlia” (Tb 3,8-9). Sara è una ragazza seria, sofferente
ma consapevole del dolore che l’affligge: lei avrà un ruolo fondamentale nella
vicenda del giovane Tobia: ne diverrà la moglie e, grazie all’arcangelo Raffaele
riuscirà a liberarsi dalla maledizione del demonio che l’attanaglia. Sara è il
simbolo di quella parte di noi che è schiava di scelte, di situazioni e di
circostanze che ci costringono a scegliere in una determinata maniera, ma senza
che ci sia, dentro di noi, una effettiva propensione per quella scelta. Sara è
buona, ma è una vittima: del demonio Asmodeo anzitutto, ma anche di ciò che
il padre possa pensare di lei e del fatto che lui ne avrà disonore se lei si toglierà
la vita.
In altri termini, non è libera. Ci possono essere tante situazioni e
circostanze nella vita che non ci fanno sentire liberi di scegliere: da questo senso
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di costrizione può liberarci soltanto un intervento divino, che possa aiutarci a
uscire da questi empasse.
Infine, Raffaele/Azaria e il demonio Asmodeo. Anche queste figure
angeliche, evidentemente opposte, ci dicono qualcosa riguardo a noi.
L’arcangelo è mandato direttamente da Dio e ha il compito di proteggere Tobia
lungo il suo viaggio: per noi è quell’attitudine a prenderci cura degli altri, a
proteggerli con discrezione e con amore prudente. E’ la nostra versione
angelica, nel senso che è quella capacità che ciascuno di noi ha di manifestare la
presenza di Dio nella vita degli altri attraverso la protezione e l’accudimento; il
rovescio della medaglia è Asmodeo, cioè quella forza distruttiva che ciascuno ha
in sé e che se non viene ben custodita e incatenata può portare attorno a noi e
dentro di noi distruzione e morte. E’ quella parte di noi che si chiude a Dio e
che non vuole accettare la sua grazia, e che ci porta lontano da Lui, su strade di
peccato e di morte.
Conclusione
Queste sono le premesse della nostra storia. A questo punto, non ci resta
che incamminarci anche noi sulla strada insieme a Tobia e al suo misterioso
amico, per imparare a diventare adulti sia come uomini e donne che come
cristiani. Terminiamo con il versetto del testo di Tobia che introdurrà il percorso
che anche noi faremo con loro: “In quel medesimo momento la preghiera di ambedue fu
accolta davanti alla gloria di Dio e fu mandato Raffaele a guarire tutti e due: a togliere le
macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché con gli occhi vedesse la luce di Dio, e a dare Sara,
figlia di Raguele, in sposa a Tobia, figlio di Tobi, e così scacciare da lei il cattivo demonio
Asmodeo” (Tb 3,16-17).
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