Vermeer alle Scuderie del Quirinale di Roma: il
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Vermeer alle Scuderie del Quirinale di Roma: il
Vermeer alle Scuderie del Quirinale di Roma: il secolo d’oro dell’arte olandese Di Stefania Taruffi La mostra “Vermeer, il secolo d’oro dell’arte olandese”, dal 27 settembre 2012 al 20 gennaio 2013 alle Scuderie del Quirinale, offre al pubblico la prima grande esposizione mai realizzata in Italia dedicata al massimo esponente della pittura olandese del XVII secolo, uno degli autori più amati in assoluto dal grande pubblico. Mostra-Vermeer- Roma 2012 Organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo e coprodotta con MondoMostre, la mostra è a cura di Arthur K. Wheelock, Curator of Northern Baroque Paintings, National Gallery of Art di Washington, Walter Liedtke, Curator of European Paintings, Metropolitan Museum of Art di New York e Sandrina Bandera, Soprintendente per il Patrimonio Artistico Storico, Artistico ed Etnoantopologico di Milano. Johannes Vermeer (1632 – 1675, Delft) dipinse non più di 50 quadri nella sua vita (oggi se ne conoscono solo 37). Conoscitore e mercante d’arte si considerava soprattutto un pittore. Lavorò solo su commissione e non dipinse mai più di due o tre opere l’anno, il necessario per mantenere la moglie e gli undici figli: oggi è considerato tra i più grandi pittori di tutti i tempi, certo uno tra i più conosciuti diventato personaggio di culto con dipinti-icone che hanno ispirato scrittrici, come Tracy Chevalier autrice del best seller “La ragazza con l’orecchino di perla”, e registi di Hollywood. Delle opere di Johannes Vermeer riconosciute autografe, nessuna appartiene a una collezione italiana. Solo 26 dei suoi capolavori, conservati in 15 collezioni diverse, possono essere movimentati. Negli ultimi cento anni sono state 8 le grandi mostre su Vermeer e solo 3 hanno ottenuto in prestito più di 4 capolavori dell’artista: nel 1996 alla National Gallery of Art di Washington, in seconda tappa al Mauritshuis dell’Aja, nel 2001 al Metropolitan Museum of Art di New York e nel 2003 in Spagna al Museo del Prado che, come l’Italia, non ha opere dell’artista di Delft, ma riuscì a riunirne 9. Otto i Vermeer presenti nell’esposizione romana, dalle donne “ideali” alla celebre Stradina, affiancati da cinquanta capolavori degli artisti suoi contemporanei, icone della pittura olandese del secolo d’oro, tutti accomunati da una particolare abilità per le diverse tecniche di rappresentazione della luce su materiali e superfici differenti. Il visitatore potrà non solo avvicinare il genio artistico di Vermeer, ma anche capire come l’opera del maestro si rapporti con gli artisti olandesi: gli “Giovane donna con bicchiere di vino”- J. Vermeer interni di Vermeer, per esempio, spesso rimaneggiati nelle decorazioni e pieni di oggetti non citati nell’inventario dei beni presenti nella casa in cui viveva, sono frutto d’invenzione o presi in prestito da altri, e dipinti sulla tela in uno spoglio sottotetto. Nelle tele esposte, molti sono i soggetti casalinghi, privati, caratterizzati da un forte senso di realismo che appassionava i collezionisti privati dell’epoca, per lo più mercanti, panettieri, birrai, che esponevano i quadri nelle loro abitazioni chiedendo sempre nuovi soggetti. La famiglia, i gesti e i momenti della vita quotidiana, la lettura e la scrittura (soprattutto la corrispondenza privata), il corteggiamento, la musica e lo studio della scienza, e poi le vedute della città, gli squarci di un mondo silente e operoso, luminosi di ironia e di assorta tenerezza. Artista raffinatissimo e dotato di una straordinaria memoria visiva, Vermeer era sempre ben informato sulla produzione dei contemporanei olandesi, molti dei quali rappresentati in mostra. Sono infatti esposte le opere degli artisti coevi tra i massimi protagonisti dell’arte di genere del secolo d’oro olandese: Carel Fabritius e Nicolaes Maes, pionieri degli effetti sperimentali e naturalistici attinenti allo spazio e alla luce, che Vermeer utilizzò per accrescere il realismo delle sue composizioni pittoriche; Gerard ter Borch, osservatore insolitamente empatico di giovani donne come lo stesso Vermeer, che da ter Borch trae ispirazione per i soggetti, migliorandone lo stile; Pieter de Hooch, tra i più celebri pittori dell’epoca, a sua volta ispiratosi a Vermeer. E ancora Gerrard Dou, il maestro del chiaroscuro applicato alle scene notturne “a lume di candela”, Gabriel Metsu, Frans van Mieris e Jacob Ochtervelt. Nelle opere di Vermeer i colori dominanti sono il blu e il giallo. E’ noto anche come il “Maestro della luce olandese” per la sua straordinaria capacità di descrivere la luce del cielo d’Olanda. Sembra, infatti, che dopo l’avanzata del terreno bonificato, il colore del cielo olandese sia cambiato perché la luce non è stata più riflessa verso l’alto dalle paludi e dai laghi. Questi dipinti sono una testimonianza preziosa per rivivere la delicata luminosità dei cieli olandesi. Il fascino di Vermeer e la sua straordinaria raffinatezza esecutiva sono stati riscoperti abbastanza recentemente. La sua fortuna inizia, infatti, nella seconda metà dell’ 800 dopo che il critico francese Théophile Thoré-Bürger gli dedicò una appassionata monografia. E’ il 1866: sono passati quasi due secoli dalla sua morte, da allora la sua fama tra gli ‘intenditori’ non ha mai smesso di crescere. Sostenitori del suo genio e incantati dalle sue opere furono anche Teofilo Gautier, i fratelli Goncourt e, soprattutto, Proust che mostrò verso il pittore un interesse intenso e quasi fatale, riconoscendone le sottili affinità di temperamento. Non è chiaro chi insegnò l’arte della pittura a Vermeer e poco si conosce della sua biografia, fu lo stesso Bürger a definirlo ‘la Sfinge di Delft’. Eppure fu l’artista che insegnò a tutti a vedere la luce, pur avendo limitato al massimo il suo spazio espressivo. Dopo essere stato oggetto per molto tempo di una fortuna critica altalenante, deve una clamorosa riscoperta ad alcune indimenticabili e rarissime mostre fino al grande successo di quella tenutasi a Washington nel 1996, curata da Arthur Wheelock, fra i curatori di questa esposizione alle Scuderie del Quirinale. In occasione della mostra, il Laboratorio d’arte propone per gli adulti, Spot! 20 minuti un’opera, quattro appuntamenti all’ora dell’aperitivo per “leggere” con sguardo diverso uno dei capolavori in mostra, L’evento, a cura di Paola Vassalli, responsabile del Laboratorio d’arte, avrà luogo da venerdì 19 ottobre e sarà condotto dalla storica dell’arte Anna Maria Panzera. I prossimi appuntamenti sono previsti uno il venerdì 16 novembre ore 19.00, nel quale ci sarà la descrizione dell’opera: “Ragazza con il cappello rosso”, enigmatico ritratto, insolito nella produzione del pittore olandese; poi il venerdì 14 dicembre ore 19.00 sarà la volta dell’opera “Giovane donna in piedi al virginale”: una luce pulviscolare inonda una stanza privata. Sulle pareti altri quadri creano un effetto di immagine nell’ immagine, con allusioni di senso. La giovane donna in piedi davanti allo strumento ci invita a intenderle, con ferma chiarezza. In ultimo, venerdì 11 gennaio 2013, sempre alle ore 19.00, sarà presentata l’opera esposta “Allegoria della fede”. Diverso dalle tradizionali pale d’altare, il dipinto era destinato a una cappella privata, probabilmente clandestina. Colpisce la ricchezza delle allusioni simboliche, ricche di tradizione italiana, in un nordico contesto domestico. Per bambini e ragazzi, da domenica 30 settembre, “Come suona Vermeer”, visita e laboratorio per conoscere la natura intima e silenziosa dei quadri del grande maestro del Seicento (Informazioni: [email protected]). PRENOTAZIONI: tel. +39 06 39967500 www.scuderiequirinale.it Roma, Scuderie del Quirinale : dal 27 settembre 2012 al 20 gennaio 2013. Orari: Da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00 Venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30 Ingresso: interi € 12,00 – ridotto € 9,50 Infoline e prevendita: tel. +39 06 39967500 Il Tintoretto a Roma: “Il più arrischiato pittore del mondo” Di Stefania Taruffi Così lo definisce la scrittrice Melania G. Mazzucco, che per anni ha studiato il pittore veneto e i cui testi sono presenti in mostra e nel catalogo (Skira), portando un contributo nuovo a una mostra pittorica, con dettagli informativi che aiutano a interpretare meglio il ‘personaggio’, nel contesto artistico e culturale del momento. Autoritratto Le Scuderie del Quirinale presentano dunque (fino al 10 giugno 2012), la mostra “Il Tintoretto”. “Un’esposizione – sottolinea il Prof. Emmanuele F.M. Emanuele, Presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo – che s’inserisce nel programma ormai consueto delle Scuderie del Quirinale, che intende non solo rivisitare i grandi artisti del nostro paese, ma soprattutto offrire al visitatore una mostra esaustiva, scientificamente ineccepibile e al contempo spettacolare per allestimento e percorso”. Il curatore della mostra, Vittorio Sgarbi, è pienamente riuscito in questo intento, anche grazie al sostegno dei maggiori musei del mondo, con una serie di prestiti eccezionali. Jacopo Robusti, chiamato ‘Tintoretto’, nacque nel 1519 e fu uno dei più grandi esponenti della scuola veneziana e probabilmente, l’ultimo grande pittore del Rinascimento italiano. Certamente fu anche il pittore più ‘chiacchierato’, ‘arrischiato’ del suo tempo, come lo definisce la Mazzucco. La sua maniera sperimentale di dipingere (era autodidatta), la sua prolificità, il suo carattere aggressivo e competitivo, al di fuori degli schemi, suscitarono fra i contemporanei reazioni vivaci. Il ritratto che ne esce è quello di un genio bizzoso, anticonformista, dedito al lavoro, che da solo, con lo studio accanito e la forza di volontà, si era conquistato la gloria. Era anche un uomo libero, capace di rifiutare l’onorificenza di cavaliere dal Re di Francia, Enrico III, pur di non doversi inginocchiare davanti a lui e di scegliersi da solo i maestri. Del suo apprendistato non si sa nulla. Agli inizi i pittori imparavano il mestiere in bottega, impastando i colori, preparando le tele, disegnando e copiando modelli. Sembra che l’apprendistato presso la bottega del Tiziano terminò dopo pochi giorni, in quanto, dopo aver visto un disegno del Tintoretto, Tiziano lo cacciò via, temendo che l’allievo superasse il maestro e divenisse un pericoloso rivale. Tintoretto, dunque, sceglie di fare esperienza da solo, ispirandosi ai grandi pittori veneti quali il Parmigianino, Michelangelo, Raffaello, Giulio Romano. A 18 anni diventa Maestro nella Fraglia dei Pittori e comincia a dipingere le prime opere. Dipinge sacre conversazioni, decorazioni per cassoni, palazzi e soffitti. Quando inizia, il mercato è saturo, pertanto lui lavora gratis facendosi pagare solo tele e colori. A quell’epoca c’erano alcune Scuole Grandi e un centinaio di Scuole piccole. Nonostante il Tintoretto avesse tra i maggiori committenti le Scuole Grandi, soprattutto quella di S. Rocco, egli continuò anche a dipingere per le Scuole Piccole, poiché voleva essere il ‘pittore di tutti’. Infatti i quadri dipinti per le Scuole Piccole erano destinati a tutti i fedeli, anche poveri e illetterati e ciò ne spiega il linguaggio realistico e l’immediatezza espressiva, che mira a coinvolgere i presenti nell’evento rappresentato. Tensione drammatica, furore michelangiolesco, attenzione agli aspetti scenografici del teatro e dell’architettura oltre a una formidabile capacità di assimilazione delle novità e delle idee impostate dai grandi contemporanei: Tintoretto creò una pittura di tocco e di esasperato colorismo, per narrare ogni aspetto della miseria umana con partecipata commozione. Miracolo dello Tintoretto schiavo - Il primo piano espositivo apre con quell’icona della modernità rappresentata dal maestoso Miracolo dello Schiavo delle Gallerie dell’Accademia di Venezia: una scena di crudo realismo, quasi sovrannaturale, nell’immagine di S. Marco che scende in carne e ossa a liberare lo schiavo che per sua devozione, subiva il martirio. Uno scorcio prospettico e di luci che annuncia l’arte di Caravaggio e nel quale si ritrovano tutti gli stili dei grandi dell’epoca. “Nella sua piena disponibilità di adolescente, il pittore si ritrova in un periodo di grande fermento: arriva Giulio Romano a Mantova, il Parmigianino è visto come il nuovo Raffaello a Parma, ha a disposizione tutto il Tiziano utile, guardando alla pari anche Michelangelo. In questo quadro del 1548 – spiega Vittorio Sgarbi – si sentono dentro tutti: Michelangelo, Raffaello, Parmigianino, Tiziano, in una sintesi meravigliosa e insuperata”. Tintoretto era un rivoluzionario in tutti quelli che erano considerati i fondamentali della pittura, ed ecco che lo schiavo è in primo piano nudo e in luce, mentre il Santo è in secondo piano, in alto e a testa in giù. Seguono le principali committenze ecclesiastiche, in un racconto che evidenzia la strettissima connessione tra il pittore e la sua città, Venezia. Il ritrovamento del corpo di S. Marco e le magnifiche tele raffiguranti Santa Maria Egiziaca in meditazione e Santa Maria Maddalena leggente, della Scuola Grande di S. Rocco, restaurate in occasione della mostra. Al secondo piano, alla pittura religiosa di temi devozionali si accompagnano alcuni tra i massimi capolavori della ritrattistica del Tintoretto e della pittura profana, che rappresenta la bellezza femminile, favole mitologiche rappresentanti dee, commissionati soprattutto da privati (prelati, aristocratici, mercanti), che spesso li celavano nelle loro stanze. Al termine una sezione straordinaria, molto interessante, per raccontare il mondo artistico con cui l’artista si confrontava, fra cui il dibattuto rapporto con il grande Tiziano. TINTORETTO – Scuderie del Quirinale Via XXIV Maggio, 16 25 Febbraio – 10 giugno 2012 Orario Da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00 venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30 Caravaggio, maledetto non solo di Valeria Ferraro Proseguono gli “Incontri con Caravaggio” all’Auditorium del Museo di Capodimonte di Napoli. In queste occasioni si ha spesso la fortuna di incontrare illustri studiosi, che si ascoltano come la favola più bella, la più soave delle melodie, sulle note di magistrali colpi di pennello. Questa volta a svelarci il Caravaggio è stato Claudio Strinati, musicologo, grande studioso del pittore lombardo e ideatore dell’ultima grande mostra commemorativa a lui dedicata alle Scuderie del Quirinale a Roma fino allo scorso giugno. Decollazione di san Giovanni Battista Colpito dal titolo della manifestazione, il professore si rivolge e ci rivolge la domanda: “ Se avessi una macchina del tempo, dove mi recherei per incontrare il Caravaggio? In quale luogo avrei maggiori possibilità di trovarlo?” Probabilmente non nella sua città d’origine, nei pressi di Milano ma certamente a Roma, dove il pittore giunse ancor prima del 1590; forse non in uno dei tanti cantieri aperti allora in città, dove gli artisti gareggiavano anche con il livello dimensionale delle opere; non nello splendore di una corte, e nemmeno in una tradizionale bottega… Dunque in nessuno dei luoghi deputati all’arte, ma osterie, cantine in cui poter giocare d’azzardo, e tutti i luoghi più congeniali ad una sciagurata bohème di miseria, di disordine e di malattia. Ritroveremo allora il tanto affascinante pittore maledetto, tanto amato ai nostri tempi sì per il genio, ma soprattutto per la sregolatezza. Ma se scendiamo dalla nostra avvicinarci alle opere, macchina del tempo per Non c’è senso di maledizione che possa attraversarci difronte al lirismo di un angelo che suona luce bianca che si diffonde mentre una madre stanca stringe il suo bambino; troveremo solo intensità nel dipingere con tanta insistenza (o sete di giustizia) le opere della Misericordia…e come si chiama, se non “misericordia”, il pugnale della Decollazione del Battista? Il Merisi trionfa col tema della bontà e della misericordia e quando il tema non è questo, si stacca dal sublime e allora grida di pietà e paura risuonano ogni volta, benché soffocate nel buio, nell’autobiografica Davide e Golia. Solo chi conosce il dolore desidera tutta la vita la vera umanità, umanità conosciuta e descritta, come ricorda il prof. Strinati, non più con la precisione della memoria, lenticolare e fiamminga, ma con la precisione che è precisione della vita in sé, vita e arte che come la storia per il Manzoni, è guerra contro il tempo. Ed ecco che Strinati fa conoscere un nuovo Caravaggio, che nella sua corsa contro il tempo versi il perdono, trascurato, respinto e perseguitato, si chiude in un mondo di esasperata sensibilità, forse morbosa, ma certo umanissima e non solo maledetta.