La galleria Nazionale d`arte antica di Palazzo Barberini L

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La galleria Nazionale d`arte antica di Palazzo Barberini L
La galleria Nazionale
d’arte antica di Palazzo Barberini
L’Architettura ritrovata
Le Nuove Sale del piano terra
“Palazzo Barberini rinasce a nuova vita dopo gli imponenti restauri che hanno interessato i magnifici spazi
barocchi finalmente recuperati, la Galleria Nazionale
di Roma dopo quasi 130 anni potrà mostrare al pubblico tutti i suoi capolavori. Un risultato e un evento
straordinario che sono fiero e orgoglioso di presentare in coincidenza con le celebrazioni i 140 anni di
Roma Capitale”
Sandro Bondi
Ministro per i Beni e le Attività Culturali
“Finalmente con l’apertura della grande Galleria nazionale di Roma si colma una lacuna storica durata
quasi 140 anni: la capitale d’Italia, alla pari delle altre
capitali del mondo, avrà un suo piccolo Louvre dove
saranno visibili capolavori straordinari costretti finora nei depositi; opere dal 1200 al nostro Rinascimento, sottratte al pubblico del Lippi, Perugino, Bellini e
Lotto fino al nuovo allestimento dei capolavori del
Caravaggio”.
Francesco Maria Giro
Sottosegretario di stato, Ministero per i Beni e le Attività Culturali
La galleria Nazionale
d’arte antica di Palazzo Barberini
L’Architettura ritrovata
Le Nuove Sale del piano terra
16 settembre 2010
19 settembre 2010
PIANO TERRA
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Sala 1
L’Icona e le Croci
La sala, come altri ambienti del piano, fu fatta decorare dal cardinale Francesco Barberini fra il 1670 e il 1678. I soggetti affrescati
sui soffitti non sono frequenti nella pittura del Seicento e si ispirano alla mitologia greca e ai Poemata che Maffeo Barberini, il
futuro papa Urbano VIII, aveva dedicato al nipote prediletto Francesco. Nel componimento, caratterizzato dal gusto per le allegorie
tipico del barocco, gli eroi mitologici erano esempi di virtù: Ulisse
era simbolo della Temperanza, Bellerofonte della Giustizia, Teseo
della Prudenza e Giasone della Fortezza. Cinquant’anni più tardi,
in omaggio alla memoria di Urbano VIII, il cardinale Francesco
fece di quel programma morale il soggetto per questo ciclo di affreschi.
Al centro della volta della di questa sala campeggia l’episodio di
Ulisse e le Sirene, opera di Giacinto Camassei. Il dipinto è racchiuso da una cornice in stucco con tralci di fiori agli angoli e uno
scudo su ogni lato.
BOTTEGA DI ALBERTO SOTIO
fine sec. XII, inizi XIII
Croce dipinta, in comodato da Angelo,
Ovidio e Giancarlo Jacorossi
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L’ambiente ospita le opere più antiche della raccolta della Galleria
Nazionale. Oltre alla Madonna Advocata, opera di un pittore romano attivo tra il 1050 e il 1075, le quattro preziose Croci dipinte
offrono una importante visuale sulla pittura umbra e toscana fra la
fine del XII e la metà circa del XIII secolo.
PITTORE ROMANO
attivo 1050-1075
Madonna Advocata e Cristo benedicente
Tali opere testimoniano la perizia tecnica degli artefici medievali e
delle loro botteghe, l’intima connessione fra la pittura, la scultura e
l’oreficeria e il rapporto rapporto funzionale con l’architettura. Sintetizzano inoltre il passaggio dall’iconografia del Cristo trionfante
sulla croce, secondo la tradizione occidentale, a quella bizantina
del Cristo morente, diffusasi in Italia grazie ai francescani.
SIMEONE E MACHILONE
Spoleto, attivi metà XIII secolo
Croce dipinta
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Sala 2
Colori e Ori del Trecento
Al centro della volta a specchio lunettata, la ricca cornice in stucco
con il motivo del leone e del ramo di cotogno nelle fauci, emblema
degli Sforza, racchiudeva il perduto Parnaso, opera di Andrea Camassei (1602-1649). L’opera è nota attraverso una incisione del
1647 pubblicata da Girolamo Teti nella monografia sul palazzo,
Aedes Barberinae ad Quirinalem. Raffigurava Apollo che incanta
le tre Parche al suono della lira permettendo a quattro personaggi
della famiglia Barberini, identificabili con quattro fratelli di Urbano
VIII, di sfuggire al regno dell’Oltretomba entrando nel tempio della
Virtù. In rapporto con le storie mitologiche delle sale precedenti,
l’episodio assumeva un preciso significato: l’applicazione in vita
delle virtù simboleggiate dai vari eroi avrebbe permesso ai Barberini di raggiungere l’immortalità.
GIOVANNI DA RIMINI
Rimini, notizie 1292-1315
Storie di Cristo
Le opere documentano la ricca geografia artistica nell’Italia del
Trecento, il secolo di Dante e Giotto.
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Si assiste all’importante evoluzione della cultura e della percezione visiva del pubblico medievale: quello dei potenti e colti committenti o dei ricchi borghesi, e quello degli umili devoti, oranti in una
chiesa dinanzi a un dipinto d’altare.
SEGNA DI BUONAVENTURA, attr.
Siena, notizie 1298-1331
Madonna con Bambino
Le opere dei pittori di Rimini - Giovanni e Baronzio - fondono con
estro e abilità i colori e le iconografie della pittura bizantina con il
naturalismo e la narrazione ispirati da Giotto, presente nella città
adriatica nell’immediato inizio del secolo. Fra le opere dei pittori
senesi, ispirati da Duccio di Buoninsegna e Simone Martini, spicca
l’eleganza preziosa, degna di un orafo, del Maestro di Palazzo
Venezia.
GIOVANNI BARONZIO
Rimini, notizie 1343-1345
Storie della Passione
di Cristo
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Sala 3
Virtù dell’ornato e della prospettiva.
Fra Tardo-Gotico e primo
Rinascimento
Al centro della volta a specchio è la scena di Bellerofonte che uccide la chimera di Giuseppe Passeri (1645-1714). Intorno alla volta
è una ricca cornice in stucco nella quale si intrecciano fiori, rami e
i motivi del leone e del ramo cotogno, emblemi degli Sforza.
FILIPPO LIPPI
Firenze 1406 ca. - Spoleto 1469
Annunciazione di Maria e due donatori
Le opere qui esposte sintetizzano la graduale trasformazione
dell’arte fra Tre e Quattrocento, quando molti pittori unirono alla
ricca decorazione la ricerca sull’immagine prospettica. Gli esempi
di scuola veneta e fiorentina esemplificano inoltre lo scambio di influenze e novità fra le scuole pittoriche delle diverse regioni italiane. Attivi in Veneto sono Niccolò di Pietro, che nell’Incoronazione
della Vergine accentua il naturalismo nella figura del committente
e ottiene un effetto di profondità variando i toni di blu delle vesti, e Michele Giambono, che nella Madonna con Bambino, con
grande abilità decorativa, descrive lo spazio con il manto di Maria
poggiato sul bordo di pietra
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Il fiorentino Filippo Lippi, che era stato frate nel convento del Carmine di Firenze dove poté vedere Masaccio in attività nella cappella Brancacci ed esserne ispirato, lavorò anche a Padova, dal 1432
al 1434, e fu influenzato dalla scultura di Donatello.
MICHELE GIAMBONO
Treviso, notizie 1420-1462
Madonna con Bambino
L’uso di colori accesi e la resa minuziosa dei particolari nell’Annunciazione della Vergine e due devoti rivelano infatti l’influenza
della pittura veneta, nonché di quella fiamminga. La “Madonna
di Tarquinia”, del 1437, è racchiusa nell’originaria cornice tardogotica, segno del legame con la tradizione, ma l’immagine pittorica
è caratterizzata dalla moderna ricerca sulla rappresentazione prospettica della realtà e sui nuovi e naturali effetti di luce.
FILIPPO LIPPI
Firenze 1406 ca. - Spoleto 1469
Madonna di Tarquinia
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Sala 4
L’espressività e la forza serena
dei pittori umbri e marchigiani
Nella volta, Urbano Romanelli (1645 circa -1682) raffigurò l’episodio di Teseo che riceve il gomitolo di filo da Arianna. Nel 1968
l’affresco fu seriamente danneggiato da un crollo ed è stato solo
parzialmente recuperato dal restauro.
Nella sala sono opere di artisti umbri e marchigiani in ragione dei
rapporti stretti intercorsi fra loro. Le suggestioni che le Marche ricevettero dalla pittura di Carlo Crivelli si propagarono in molteplici interpretazioni: da quella fedele di Pietro Alamanno, a quella
più sensibile sul piano espressivo dell’umbro Niccolò Alunno.
Quest’ultimo, che nella Madonna con Bambino e santi imitò su
tela un polittico ligneo, influenzò a sua volta il marchigiano Luca
di Paolo cui sono attribuiti i due Angeli oranti.
PERUGINO
Città della Pieve 1445 – Fontignano 1523
San Filippo Benizzi
Una svolta culturale fu rappresentata dalla pittura geometrica e
luminosa di Piero della Francesca e dall’architettura di Donato
Bramante che furono alla radice della forza serena della pittura di
Perugino e poi di Raffaello.
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Nel San Filippo Benizi, parte del perduto altare maggiore della
chiesa dell’Annunziata a Firenze, Perugino rese la mitezza del
personaggio con il preciso ovale del viso e i tratti delicati; attraverso la coloritura a tratteggio mise l’immagine in rapporto con le fonti
di luce naturale e artificiale.
PERUGINO attr.
Città della Pieve 1445 – Fontignano 1523
San Girolamo penitente con Gesù
Bambino e san Giovannino
Il frammento di affresco con la Testa di un giovane è un enigma,
soprattutto a causa dello stato conservativo, ma la qualità pittorica
che trapela ha indotto alcuni studiosi ad attribuirlo a Raffaello o a
Perugino; la provenienza da Perugia e il pedigree collezionistico
(Enrichetta Hertz) sono indizi per un possibile inserimento nell’attività giovanile di Raffaello che, nella città umbra, fu a contatto con
Pinturicchio.
RAFFAELLO SANZIO, attr.
Urbino 1483 - Roma 1520
Testa di giovane
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Sala 5
Antoniazzo e Lorenzo.
I mille volti della scuola romana
Al centro della volta a specchio è affrescato Il Vascello degli Argonauti e Giasone che riporta dalla Colchide il vello d’oro. Il dipinto,
opera di Giuseppe Passeri (1645-1714), è un medaglione mistilineo iscritto in una cornice rettangolare con rilievi in stucco raffiguranti gli emblemi degli Sforza, il leone con il ramo di cotogno.
ANTONIAZZO ROMANO, attr.
Roma 1435/40 – 1508/12
Natività con i santi Andrea
e Lorenzo
La sala è dedicata alla pittura romana e laziale del Quattrocento,
rappresentata da due protagonisti assoluti: Antoniazzo Romano
e Lorenzo da Viterbo. Capitale della cristianità, Roma fu crocevia
di artisti italiani e stranieri nel quale si concentrarono numerose
occasioni di scambio culturale.
Antoniazzo, pur legato alla tradizione, fu all’avanguardia - insieme
ai toscani, agli umbri, ai veneti e ai fiamminghi - nel coniugare immagine sacra, paesaggio e ritratto.
Egli era a capo di una operosa bottega attiva in ogni settore della
produzione pittorica: dalle icone e dalle immagini per la devozione
privata agli apparati cerimoniali; dai cicli narrativi ad affresco alle
pale d’altare.
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ANTONIAZZO ROMANO
Roma 1435/40 – 1508/12
Madonna con Bambino e i santi Paolo e
Francesco d’Assis
La Madonna col Bambino tra i santi Paolo e Francesco d’Assisi,
datata 1487, proviene dalla chiesa di San Paolo a Poggio Nativo,
vicino Rieti. Le figure monumentali dei santi in una composizione
essenziale risentono di Piero della Francesca e Melozzo da Forlì.
Anche Lorenzo da Viterbo fu un pittore eclettico, come dimostra
la Madonna con Bambino fra i santi Michele e Pietro, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maggiore di Cerveteri. Lorenzo si
confrontò con Piero della Francesca e Benozzo Gozzoli, ma recepì con interesse l’influsso di Mantegna e Bartolomeo Vivarini. La
conoscenza di tale pittura potrebbe essere avvenuta attraverso
ecclesiastici e umanisti di Viterbo e Roma.
LORENZO DA VITERBO
Viterbo 1444 – dopo il 1473
Madonna con Bambino in trono
fra i santi Michele Arcangelo e Pietro
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Sala 6
Fiorentini e altri toscani. Talenti in
bottega e ingegni raffinati
Al centro del soffitto, nell’affresco di Urbano Romanelli (1654 circa - 1682), è raffigurato un Putto su un’anfora solcante le onde e
in alto un cartiglio con la scritta “Et ultra”. Il motto fu scelto come
emblema dal cardinale Francesco Barberini che se ne servì per
l’ornamentazione dei libri pubblicati sotto i suoi auspici; un motivo analogo figurava anche in una gemma incisa della collezione
Barberini.
VINCENZO DI ANTONIO FREDIANI
Lucca, notizie 1481-1505
Madonna con Bambino fra i santi Pietro
e Paolo
Le opere toscane qui esposte sintetizzano l’evoluzione dell’arte
del Quattrocento per influsso di importanti maestri quali Beato Angelico, Donatello, Filippo Lippi, Botticelli e Ghirlandaio. Le esperienze sociali dei diversi autori qui rappresentati esprimono due
aspetti del ruolo dell’artista che gradualmente si integrano: quello
tradizionale che vede l’artista collegato alla bottega, e quello più
innovativo in cui l’arte diviene sempre più attività intellettuale.
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GIROLAMO DI BENVENUTO
Siena 1470 – 1524
Crocifissione
Dell’altro ruolo è invece significativo il poliedrico Gherardo di Giovanni, attivo alla corte dei Medici, che fu pittore, miniatore e musico. L’interesse per la pittura di Leonardo da Vinci, suo amico, si
riflette negli effetti atmosferici del paesaggio e nella figura dell’angelo della Madonna in adorazione del Bambino; ad un influsso
nordico si deve invece il gusto per i particolari, come la chiesa
gotica posta simbolicamente al centro prospettico della composizione.
GHERARDO DI GIOVANNI DI MINIATO
Firenze 1444 – 1497
Madonna in adorazione del Bambino
e un angelo
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Sala 7
Luci e colori fra le nebbie. Pittori
veneti, lombardi ed emiliani
Nella volta a botte sono raffigurate, in un affresco degli inizi del
XVII secolo, le Muse con Apollo e Minerva.
NICCOLÒ RONDINELLI
Ravenna 1450 ca. – 1510 ca.
Madonna con Bambino
Tra gli artisti dell’Italia centro-settentrionale attivi fra la fine del
Quattro e l’inizio del Cinquecento fu particolarmente importante
il rapporto con la pittura di maestri quali Andrea Mantegna, come
nel caso del lombardo Bernardino Butinone, autore del Cristo
crocifisso con la Madonna e san Giovanni Evangelista, e Giovanni Bellini con il quale furono in contatto Niccolò Rondinelli e Marco Palmezzano, provenienti dalla Romagna.
A Rondinelli appartiene la Madonna col Bambino, classica tipologia belliniana con il paesaggio che si apre dietro la tenda alle
spalle della figura di Maria;
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Palmezzano firmò e datò 1503 il San Girolamo penitente caratterizzando la rappresentazione della natura con riferimenti simbolici,
come d’uso nella pittura veneta.
MARCO PALMEZZANO
Forlì 1459 – 1539
San Girolamo penitente
Attribuibile alla primissima produzione del veneziano Lorenzo
Lotto, poi attivo in Lombardia e nelle Marche, è l’intenso Ritratto
di giovane. L’ispirazione ad Alvise Vivarini e Antonello da Messina
è evidente nella regolarità geometrica con cui è costruito il volto
del personaggio dal leggero movimento della testa e dallo sguardo pacatamente malinconico: il pittore sarebbe poi diventato uno
specialista nella rappresentazione degli stati d’animo.
LORENZO LOTTO, attr.
Venezia 1480 - Loreto 1556
Ritratto di giovane
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Sala 8
Il Rinascimento girovago e
visionario di Pedro Fernandez
Al centro della volta a tutto sesto è affrescata la scena con Orfeo
che ammansisce gli animali con la musica, di Camillo Spallucci
(1582-1605). Nella cornice in stucco si ripete il motivo del ramo di
cotogno e della protome leonina.
La sala è caratterizzata dalla monumentale tavola eseguita agli
inizi del Cinquecento da Pedro Fernandez, pittore spagnolo di
Murcia che agli inizi del Cinquecento soggiornò fra Roma, Napoli e
la Lombardia. Il dipinto raffigura la Visione del beato Amedeo Menez da Sylva e proviene dalla chiesa dell’eremo di Montorio Romano, in Sabina, luogo dove il mistico francescano ebbe alcune
delle sue visioni e che i suoi seguaci continuarono a frequentare
e venerare.
PITTORE FIAMMINGO-NAPOLETANO
attivo XV-XVI secolo
Madonna Addolorata (particolare)
L’artista nella rappresentazione del tempio celeste si ispirò chiaramente all’architettura di Donato Bramante, autore del tempietto
costruito sul Gianicolo, in corrispondenza del leggendario luogo
della crocifissione di san Pietro, nonché alla caverna in cui lo stesso Amedeo, a Roma dal 1472, dialogò spiritualmente con l’arcangelo Gabriele.
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PEDRO FERNANDEZ
DA MURCIA
Murcia, notizie 1503-1523
La visione del beato Amadeo
Menez de Sylva
Pedro Fernandez unì a questo modello gli stimoli ricevuti da Leonardo, evidenti nei volti caratterizzati di alcuni personaggi, e da
Raffaello, nella composizione che ricorda la Disputa del Sacramento nelle Stanze Vaticane.
Nella sala è anche esposta la tela, probabile anta di un organo,
databile all’inizio degli anni ottanta del Quattrocento, raffigurante
San Sebastiano, un carnefice e santa Caterina d’Alessandria, opera del napoletano Francesco Pagano, attivo anche in Spagna.
FRANCESCO PAGANO
Napoli, notizie 1472-1476
San Sebastiano, un carnefice e santa
Caterina d’Alessandria
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Sala 9
Dettagli della realtà e dell’anima.
I pittori nordici
Al centro della volta a botte, in una cornice mistilinea in stucco con
il motivo del leone e il ramo di cotogno, è un affresco di Camillo
Spallucci (1582-1605) raffigurante Orfeo ed Euridice.
Sono qui esposte opere delle scuole nordiche. Fra queste è la
Crocifissione attribuita al francese Simon Marmion. Attivo nella
seconda metà del Quattrocento e denominato “principe dei miniatori”, lavorò alla corte di Borgogna, influenzato dalla pittura fiamminga. Il dipinto rivela il confronto con i modelli di Jan van Eyck.
Particolarmente interessanti le figure degli armigeri, in abiti di foggia orientaleggiante.
PITTORE FIAMMINGO
attivo inizio XVI secolo
Natività; Presentazione al Tempio
(particolare)
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Nel paesaggio Gerusalemme appare immaginata come una città
fantastica: vi si riconosce il Colosseo nel grande edificio circolare,
unito ad architetture nordiche e orientali.
JOSSE LIEFERINXE
Marsiglia, notizie 1493-1508
Pellegrini sulla tomba
Josse Lieferinxe è l’autore della tavola raffigurante i Pellegrini alla
tomba di san Sebastiano, parte di un polittico eseguito nel 1497
in società con il piemontese Bernardo Sismondi per la chiesa di
Notre Dame des Accoules a Marsiglia. Il dipinto, che rappresenta
l’interno della basilica romana sulla via Appia, ha anche valore documentario poiché testimonia l’esistenza di un antico ciborio duecentesco sulla tomba del soldato Sebastiano, successivamente
rimosso. L’ambientazione realistica, i gesti, le espressioni patetiche dei personaggi e la stessa visuale della scena, coinvolgevano
i fedeli suggerendo un ideale pellegrinaggio a Roma.
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Risalgono a un periodo più tardo, ma appartenengono alla stessa
cultura di area nordica, i ritratti fiamminghi del Seicento a cui è
dedicata una parete della sala. Il contrasto dei non colori bianco
e nero dei pizzi e delle vesti sottolinea lo spirito della ritrattistica
olandese del periodo. Malgrado la ricchezza e lo status della borghesia committente, i personaggi esprimono le qualità morali di
dignità e laboriosità.
SIMON MARMION, attr.
Valenciennes, 1425 ca. - 1489
Crocifissione
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