INTERVISTE Di Pietro spiega la differenza tra Man Pulite e Mafia

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INTERVISTE Di Pietro spiega la differenza tra Man Pulite e Mafia
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INTERVISTE
Di Pietro spiega la differenza tra Man Pulite e Mafia Capitale
Venerdì ­ 06 Febbraio 2015
ore 11:37
Mariagloria Fontana
05-02-2015 21:10
Intervista ad Antonio Di Pietro, magistrato simbolo di Mani Pulite che non esclude una sua candidatura a sindaco
Antonio Di Pietro
Nel 1992, nella veste di magistrato, fu la star indiscussa di una stagione politica che con
Tangentopoli segnò la fine della seconda Repubblica. Antonio Di Pietro è stato politico,
parlamentare, ministro del governo Prodi e leader del suo partito immagine: l’Italia dei valori.
Attualmente è un semplice cittadino, testimone di un passato importante. Nella sua casa romana
accoglie in esclusiva Visto, raccontando delle differenze tra la politica del malaffare del 1992 e quella
di oggi dell’inchiesta di Mafia Capitale. Dei politici dice: “La specie animale più avida è quella umana,
gli animali dopo aver mangiato si saziano, gli uomini no, mai”. E poi ci confida la sua prossima
candidatura a sindaco di Milano nel 2016.
Quali differenze ci sono tra il 1992 con Tangentopoli e l’inchiesta di Mafia Capitale di oggi?
Nel 1992 la situazione era tale per cui i sistemi su cui si regge una democrazia erano messi a rischio
da un accordo avvenuto tra il sistema delle imprese ed il sistema della politica, per cui vi era un voto
di scambio: da una parte denaro, dall’altra parte favoreggiamento negli affari, nelle gare e nelle
forniture. Questo fenomeno era presente a destra e a sinistra. La differenza è che oggi a Roma c’è il
braccio violento dell’azione criminale: cioè, se non rispetti un certo tipo di regole, intervengono i
delinquenti stessi che te le impongono. In questi giorni mi meravigliano le dichiarazioni dei politici,
soprattutto di sinistra, che sembra abbiano scoperto ora la corruzione delle cooperative rosse.
Nell’inchiesta Mani Pulite io l’avevo già denunciata”.
Raffaele Cantone, il magistrato anticorruzione nazionale, ha dichiarato di recente che la
corruzione in politica non viene più arginata proprio dal 1992. Che cosa ne pensa?
Cantone è la prova vivente dell’ipocrisia della politica. Lui sta all’ufficio che ricopre come il chirurgo
sta alla sala operatoria senza strumenti diagnostici e senza ferri. Mi auguro che Cantone faccia
sentire la sua voce in modo più concreto, oppure è meglio che taccia. In questi 20 anni il sistema
politico ed economico, invece di prendere atto della corruzione che aveva permeato l’economia e la
democrazia liberale, ha operato in modo da non combatterla, ma da contrastare chi la combatteva
con norme ed attacchi ad personam, come quelli fatti a me.
Come si è evoluta la corruzione nel corso di questi vent’anni?
Con l’inchiesta Mani Pulite ho avuto modo di scoprire un sistema politico che se la giocava alla pari
con il sistema delle imprese. Oggi rilevo che anche il sistema politico è secondario rispetto al sistema
di potere. Chi deve andare avanti in politica non lo decide più né il cittadino né il sistema politico, ma
un sistema esterno in cui c’è il nuovo modello mafioso, cioè il sistema bancario e finanziario. In
Parlamento ci sono migliaia di disegni di legge. Servono due regole che tutti quelli che fanno politica
conoscono: certezza del diritto e certezza della pena. Bisogna stabilire che dopo il decreto di rinvio a
giudizio, la prescrizione non sia più prevista e poi, per esempio, che tutti i beni sottratti nell’ambito
delle inchieste giudiziarie siano destinati al settore giustizia e non a ripianare i debiti dello Stato. Io
non ho più alcuna fiducia nella politica e nei partiti, ho provato anni fa con l’Italia dei valori a
cambiare la politica, ma non ci sono riuscito e temo che prima o poi i cittadini scenderanno in piazza
in modo risoluto, speriamo non violento.
Come mai l’Italia dei valori, il suo partito, è naufragato?
Il limite dell’Italia dei valori era quello di tutti gli altri partiti: io ne ho preso atto ed ho fatto un passo
indietro e sono tornato a fare il semplice cittadino. Noi del dopo Tangentopoli non eravamo politici
come lo erano stati quelli del passato, eravamo però dei “personaggi” intorno ai quali i cittadini hanno
pensato di aggregare il proprio consenso, ma nel momento in cui siamo andati in politica abbiamo
dovuto costruire una piramide per il partito partendo da noi stessi come vertice, senza avere una
base storica e culturale su cui poggiare, come invece avevano i vecchi partiti Dc, Psi, Pci. E questo è
stato il nostro grande limite. In mezzo si sono inseriti arrampicatori, incapaci e voltafaccia. Era una
classe politica, la nostra, inventata da noi personaggi, lì dove invece un Bertinotti aveva alla base
una grande storia di partito e di battaglie politiche.
Che differenze ci sono, a suo avviso, tra i politici di ieri e quelli di oggi?
Mi rattrista che oggi la gente rivaluti i politici del passato, però va detto che Bettino Craxi ha avuto
almeno la capacità di ammettere le sue responsabilità. E di chiamare alla responsabilità anche tutti
gli altri con il suo famoso discorso in Parlamento. Quelli di oggi non si sono nemmeno assunti la
responsabilità dei propri misfatti e continuano a dire di non saperne nulla. Questa ipocrisia è più
offensiva dei fatti stessi.
Tornerà in politica?
Sento in me il limite del tempo che passa, ma potrei tornare in politica in un partito che sia fatto da
gente capace, però non tornerei più a capeggiare un partito da solo in prima persona. Non vivo di
rimpianti nonostante abbia subito molte umiliazioni. Per aver fatto Mani Pulite e aver creato l’Italia dei
valori ho trascorso tre quarti della mia vita a difendermi dalle accuse. Comunque un’idea ce l’ho:
candidarmi a sindaco di Milano per il 2016, perché conosco bene la città ed i milanesi e credo di
poter dare ancora molto in veste di amministratore.
*Intervista rilasciata a Mariagloria Fontana – Settimanale “Visto” del 15.1.2015
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