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05 ottobre 2016
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INDICE
ANICA - ANICA SCENARIO
05/10/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Sky stringe su Mediaset Ripartono i colloqui sulla pay-tv di Premium
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05/10/2016 Corriere della Sera - Nazionale
L'arte mentre sta nascendo: trenta film per raccontarla
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05/10/2016 Corriere della Sera - Nazionale
«Film borghese». E Mosca cambiò i dialoghi di Hitchcock
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05/10/2016 La Repubblica - Nazionale
Fenomeni paranormali
8
05/10/2016 La Stampa - Nazionale
Un film per diventare grandi "Ora viviamo da sole, insieme"
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05/10/2016 La Stampa - Nazionale
Fuocoammare, l'Italia scopre la voglia di realtà
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05/10/2016 La Stampa - Nazionale
Visioni dal Mondo a Milano Il vero vince sul verosimile
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05/10/2016 Il Messaggero - Roma
«Se l'amore è una lotta»
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05/10/2016 Il Messaggero - Roma
Fuocoammare pieno d'ascolti e si lavora per gli Oscar
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05/10/2016 Il Messaggero - Umbria
PerSo festival, 12 ore di film
17
05/10/2016 Il Messaggero - Umbria
Il Sogno di Francesco e quegli strafalcioni storico-ambientali
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05/10/2016 Il Fatto Quotidiano
Stereotipi e macchiette: che razza di Cinema
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05/10/2016 Il Fatto Quotidiano
Emanuela Orlandi: la storia che non c ' era adesso esiste
22
05/10/2016 Il Tempo - Nazionale
«Lumiere, scoperta del cinema» Un film che entra nella storia
24
05/10/2016 Il Tempo - Nazionale
Wahlberg si confessa «Essere veri è gratificante»
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05/10/2016 Corriere del Mezzogiorno - Napoli
In tv dopo Gomorra Napoli è fantasy
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ANICA WEB - ANICA WEB
04/10/2016 youmovies.it 14:17
Roma Lazio Film Commission annuncia il vincitore del concorso Movieland,
dedicato alle web series
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03/10/2016 rbcasting.com 18:42
Roma Web Fest 2016: "Romolo + Giuly" vince il concorso Movieland
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ANICA - ANICA SCENARIO
16 articoli
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Sky stringe su Mediaset Ripartono i colloqui sulla pay- tv di Premium
La prossima settimana prima riunione tra gli staff «tecnici» L'incontro Incerto l'incontro a New York tra Silvio
Berlusconi e Rupert Murdoch
Federico De Rosa
Milano La manovra di avvicinamento tra Mediaset e Sky è iniziata. Non ancora quella tra Silvio Berlusconi e
Rupert Murdoch, di cui si parla da quando il patron di Fininvest la scorsa settimana è volato a New York per
sottoporsi a dei controlli medici. Un viaggio anche di affari, secondo alcuni osservatori, e poiché gli affari di
casa Berlusconi si chiamano Mediaset e Mediaset Premium, il collegamento con Sky è sembrato scontato.
Non che l'ex premier sia andato a offrire a Murdoch la pay-tv di Cologno. Probabilmente i due non
riusciranno nemmeno a incontrarsi, sebbene l'intenzione ci sarebbe, ma Murdoch in questi giorni non è a
New York.
Quello che sta avvenendo è un riavvicinamento, dopo i colloqui di due anni fa tramontati per il mancato
accordo sul prezzo di Premium, che per il momento sono affidati alle diplomazie dei due gruppi. Diplomazie
che si sono messe in moto a luglio, dopo l'improvviso voltafaccia di Vivendi, appreso dalle parti di Sky
come uno sorta si scampato pericolo: una cosa è avere Mediaset concorrente sulla pay-tv, altro è avere
contro un colosso come Vivendi. Prospettiva che non è del tutto sfumata ma che, visti anche i ricorsi
depositati in Tribunale da Fininvest e Mediaset per la mancata esecuzione del contratto su Premium,
appare difficile. La scorsa settimana il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine ha detto di essere «ottimista»
sulla possibilità di trovare un nuovo accordo, rivelando che tra i due gruppi «i colloqui sono in corso».
La società francese guidata da Vincent Bolloré aveva tempo fino al 30 settembre per dare esecuzione agli
accordi, anche se la data non viene considerata vincolante. Ora che il termine è scaduto a Cologno si
sentono tuttavia più liberi. Non del tutto, visto che comunque il contratto con Vivendi resta in piedi, ma
questo non sta vietando agli uomini di Mediaset di esplorare nuove strade. Così, dopo i primi sondaggi
avvenuti tramite i legali dei due gruppi, all'inizio della prossima settimana, secondo fonti vicine al dossier,
dovrebbe iniziare il dialogo tra le strutture «tecniche» di Mediaset e Sky. Che si sono già parlate a lungo
due anni fa, quando Cologno aveva incaricato Mediobanca di raccogliere manifestazioni di interesse per la
pay-tv, decidendo poi di stringere su Sky. L'operazione, negoziata per diversi mesi, era poi sfumata per la
distanza delle valutazioni: Sky aveva valutato Premium 600 milioni, contro il miliardo circa di Mediaset.
Adesso, a sentire chi lavora sul dossier, le distanze potrebbero accorciarsi. Ci sarebbe la disponibilità a
trattare un possibile accordo senza porre pregiudiziali sul prezzo. Anche perché Mediaset è piuttosto sicura
delle proprie ragioni e dunque di vincere un eventuale battaglia legale con Vivendi, che potrebbe portare
nelle casse di Cologno fino a 2 miliardi di euro di danni. Cento milioni in più o in meno, a quel punto
farebbero poca differenza. Ma si tratta solo di ipotesi.
Di certo c'è che in attesa che arrivi una nuova proposta di Vivendi, gli uomini di Berlusconi hanno ripreso in
mano il dossier per esplorare alternative e che, di fatto, Sky è già seduta al tavolo. Se poi arrivasse un
cenno da Murdoch la strada sarebbe spianata. E anche se non è questo il motivo principale del viaggio a
New York di Berlusconi, certamente è un motivo in più per cercare di sistemare definitivamente una partita
che ha dato non pochi grattacapi a Cologno.
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ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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La rassegna cinematografica da oggi a Napoli
L'arte mentre sta nascendo: trenta film per raccontarla
Alessandro Beretta
Trenta documentari per attraversare l'arte, l'architettura e la fotografia. È con questa formula che il festival
Artecinema di Napoli, curato dalla gallerista Laura Trisorio, apre oggi al pubblico la sua XXI edizione
inaugurando al Teatro San Carlo con la proiezione del cortometraggio Audioghost 68 di Giuseppe Lanno e
Giancarlo Neri e con il lungometraggio Frame by Frame di Alexandria Bombach e Mo Scarpelli. Il primo è
dedicato a una performance per mille attori, curata dallo stesso Neri e da Robert Del Naja dei Massive
Attack, che si è tenuta nel Grande Cretto di Alberto Burri a Gibellina, mentre il secondo segue la vita di
quattro fotogiornalisti afghani - tra cui Farzana Wahidy e Massoud Hossaini, premiati nel 2013 con il
Pulitzer e presenti al Festival - che rischiarono la vita per la libertà di stampa durante il regime talebano.
Il programma, che da oggi a domenica 9 animerà poi il Teatro Augusteo, è diviso in tre sezioni tematiche e
gioca sull'importanza dei soggetti toccati. In «Arte e dintorni» si incontrano documentari su singoli artisti
come Picasso, naissance de l'icône di Hopi Lebel e Stéphane Guégan, sulla figura pubblica di Picasso,
Alberto Giacometti, sculpteur du regard di Charles Lartigue e Anselm Kiefer: Remembering the Future di
Jack Cocker, letture inedite come quella di Chagall peintre de la musique di Mathilde Deschamps Lotthè,
sul rapporto tra il pittore e la sua passione per la musica, e anteprime come Sull'orlo della gloria. La vita e
le opere di Pino Pascali di Maurizio Sciarra, omaggio a un protagonista dell'arte povera. Non mancano,
inoltre, film dedicati a momenti artistici di confine: da Les génies de la grotte Chauvet che racconta il
cantiere con cui i dipinti paleolitici della grotta Chauvet in Ardèche sono stati riprodotti fedelmente a Pont
D'Arc, a La Collection qui n'existait pas di Joachim Olender sulla collezione «concettuale» del belga
Herman Daled, composta da opere immateriali.
Se nella sezione «Architettura» si trovano titoli come Getting Frank Gehry di Sally Aitken dedicato al
processo creativo di Gehry o La maison unal di Julien Donada sulla «casa scultura» concepita da Claude
Häusermann-Costy, nella parte di programma dedicata alla «Fotografia» si toccano i lavori del canadese
Jeff Wall in Jeff Wall - Art 21 di Pamela Mason Wagner e dell'italiano Paolo Ventura in Paolo Ventura.
Vanishing Man di Erik van Empel.
Il Festival, sostenuto dal Ministero dei Beni culturali, è un'occasione non solo di scoperta del mondo dei
tanti artisti ritratti nei film, ma anche di incontro con chi li ha realizzati, registi che si sono messi in gioco per
ricostruire una vita, un movimento, un'opera tra materiali d'archivio, interviste e testimoni.
Oltre agli spettacoli per il pubblico, che l'anno scorso hanno raccolto settemila spettatori, si segnalano infine
due proiezioni organizzate per i detenuti del carcere minorile di Nisida e per quelli della casa circondariale
di Secondigliano: un'idea di programmazione civile da non sottovalutare.
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L'evento
La XXI edizione del Festival Artecinema, a cura di Laura Trisorio (qui sotto), si tiene a Napoli da oggi a
domenica 9 ottobre. La manifestazione raccoglie documentari internazionali che raccontano la vita di artisti,
architetti, fotografi, movimenti artistici e le loro opere. Trenta sono i titoli selezionati tra lungo- e
cortometraggi e dopo la serata inaugurale al Teatro San Carlo, le proiezioni gratuite si terranno da venerdì
presso il Teatro Augusteo Nella foto: Markus Raetz di Iwan Schu-macher (Sviz-zera, 2007)
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Ritrovato «Three Live Ghosts» del 1922
« Film borghese». E Mosca cambiò i dialoghi di Hitchcock
Paolo Mereghetti
Ci sono i film e ci sono i loro «avatar». E quando i primi sono dati per dispersi, ecco che le «copie»
doppiate in altre lingue diventano reperti preziosissimi, anche se il caso - o la volontà - trasformano questi
film in qualcosa di completamente diverso.
Ne abbiamo avuta una prova alle Giornate del cinema muto di Pordenone dove ieri è stato proiettato Three
Live Ghosts ( Tre fantasmi viventi , 1922) di George Fitzmaurice, uno dei primissimi lavori dell'aspirante
regista Alfred Hitchcock, incaricato di disegnare le didascalie. Un film che sembrava perso fino a che l'anno
scorso non se n'è trovata una coppia con didascalie russe a Mosca. Ma completamente diversa
dall'originale perché la censura sovietica giudicava il film inglese inadatto allo spirito rivoluzionario e lo
modificò radicalmente.
Così com'era stato immaginato (e com'era la pièce da cui prendeva spunto), il film raccontava il ritorno a
Londra di tre soldati fuggiti da un campo di prigionia tedesco: un proletario inglese, un volontario americano
e un nobile inglese, questo rimasto senza memoria per l'esplosione di una bomba. Il primo iniziava a lottare
con la burocrazia per farsi riconoscere i suoi diritti, il secondo scopriva che l'accusa di omicidio che gli
pendeva sulla testa era stata annullata (con relativo arrivo della fidanzata) e il terzo ritrovava la memoria e
tornava nella sua principesca magione. Tutto troppo borghese per la censura sovietica, che scriveva
testualmente: «Il film è estremamente nocivo e ha una posizione inaccettabile sulle conseguenze della
prima guerra mondiale, oltre a promuove l'amicizia con il nemico di classe; è pertanto vietato».
Così, per «purificare» il film, il montaggio venne modificato e le didascalie totalmente riscritte. I tre non sono
più reduci ma poveracci senza dimora: l'americano diventa irlandese, il nobile un attore (sempre senza
memoria però) e il proletario si ritrova una mamma lavoratrice sfruttata (leggiamo: «Ho le mani stanche... gli
occhi mi si chiudono... ma devo cucine... CUCIRE...» e poi «... queste bellissime vesti leggere che
sfioreranno così intimamente i frac degli uomini al frivolo ritmo del fox-trot»). E il palazzo in cui il nobile
tornava dopo aver ritrovato la memoria diventa un teatro e tutti i suoi vestiti solo costumi di scena.
Cancellando il lavoro di Hitchcock ma salvando il dogma della lotta di classe.
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Foto: Bianco e nero Una scena di «Three Live Ghosts» (foto Paramount Pic-tures/Photofest)
Genio
Sir Alfred Hitchcock (1899 - 1980), regista, sceneggiatore e produttore, è conosciuto anche come «maestro
del brivido»
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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R2 SPETTACOLI Citazioni anni Ottanta, giovani avventurosi, atmosfere da incubo e grandi misteri Incontro
con ideatori e piccoli protagonisti della serie tv più amata degli ultimi anni
Fenomeni paranormali
"Stranger Things", indagine su un cult
FILIPPO BRUNAMONTI
«DI COSE strane è piena la serie: mostri demoniaci, poteri telecinetici, tornei con il gioco di ruolo Dungeons
& Dragons. Ma la cosa più strana e bizzarra sono questi ragazzini». I gemelli Matt e Ross Duffer
presentano così le piccole grandi mascotte della serie tv Stranger Things, lo show Netflix più visto dopo
Orange is the new black e di ritorno, nel 2017, con una seconda stagione top secret, sempre scritta dai
Duffer Brothers. Quando le incontriamo, le giovani star toccano appena il metro e cinquanta: sono già
habitué sul divanetto di Jimmy Fallon, sui palchi di Broadway e alla cerimonia degli Emmy. I loro nomi sono
finiti nell'abbecedario della pop culture anni Ottanta: Millie Bobby Brown, Caleb McLaughlin e Gaten
Matarazzo hanno solo sentito parlare di E.T., Goonies, Alien o Poltergeist: «Gli anni Ottanta ci sembrano il
mito di un'era lontana», sorride Finn Wolfhard, 13 anni, il quarto attore-bambino della gang. Ma ora che
Stephen King, super-appassionato, vuole congratularsi con loro di persona, e una tonnellate di fan li usa
come salvaschermo, per gli "stranger kids" il sogno è decollato.
Merito degli omaggi alla fantascienza per teenager cara a Spielberg: Stranger Things sfuma dalla science
fiction al fantasy, mettendo in scena lo sbarco di un mostro alieno in una tranquilla cittadina dell'Indiana, nel
1983, e l'avventura di un gruppo di ragazzi alla ricerca dell'amico scomparso. La serie è diventata il caso
dell'estate scoperchiando teorie complottiste, meme ironici, tuffi su eBay all'ultima asta (abiti vintage,
giocattoli, mazzi di carte) e un culto per la colonna sonora.
«E chi si aspettava tutto questo successo? Clamoroso», esclamano i Duffer. «Il nostro film di debutto,
Hidden, è un thriller con Alexander Skarsgard che ha attirato l'attenzione di M. Night Shyamalan, regista del
Sesto senso. Da quel momento siamo diventati consulenti e scrittori della sua serie per Fox, Wayward
Pines, pensavamo di avere le porte aperte. La genesi di Stranger Things invece è stata rocambolesca.
D'altronde, come spieghi ai finanziatori che vuoi dei bambini protagonisti di uno show destinato a un
pubblico adulto?». Oltre mille ragazzini tra i nove e i quattordici anni sotto provino ogni giorno, poi il colpo di
fulmine con Wolfhard (Mike), Matarazzo (Dustin), McLaughlin (Lucas) e Brown (Eleven, "Undici" in italiano).
«Con un cast di quasi soli minori, fai centro o sei morto», aggiungono Matt e Ross. «I bambini devono
lavorare meno ore degli adulti, non puoi sottoporli a venti ciak per scena e ci sono regole serrate con i
sindacati. I veri "immaturi" però sembravamo noi mentre cercavamo di convincere grosse compagnie di
streaming e video on demand come Netflix». I fratelli si presentavano a riunione con cartellette e adesivi
dello Squalo, i Blues Brothers, Ritorno al Futuro e l'artiglio di Freddy Krueger. A proposito di tecnologia,
interviene Gaten Matarazzo, 14 anni: «Meglio il mondo analogico rispetto a quello virtuale: negli anni
Ottanta e Novanta l'amicizia era vera amicizia, avevi più tempo per coltivare i rapporti con gli altri, meno
distrazioni...». Il suo film preferito, dice, è una classico: Stand By Me. «Lo guardo e lo riguardo. Su
videocassetta, ovvio. Ho cominciato la mia carriera con i musical. Devo ringraziare mia sorella, attrice e
cantante. Lei è una professionista seria, non come me che mi sono sempre detto che questo mestiere dura
un giorno, poi chissà». Anche Caleb McLaughlin ha debuttato nel musical - era il piccolo Simba nel Re
Leone a New York - dopo aver studiato danza alla Harlem School of the Arts: «Ero pronto a tutto ma non al
boom della serie», ammette. «Ora su Twitter mi seguono brasiliani, italiani... Ciò che mi impressiona è la
reazione del pubblico a seconda della nazione. C'è chi ama e chi odia Stranger Things, questo mi
innervosisce un po'. A differenza di Gaten, io non saprei vivere senza tecnologia, e a dire il vero nemmeno
lui perché, di nascosto, tra un ciak e l'altro, giochiamo insieme a Pokémon Go».
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Pronta a cestinare il suo telefono e vivere negli anni Ottanta è la dodicenne Millie Bobby Brown, viso da
elfo, accento inglese e appassionata di rap e Nicki Minaj: «Interpreto Eleven, il personaggio più misterioso
di tutti, una fuggitiva del governo. Non è ancora confermata la mia presenza nella stagione 2 ma va bene
così: che fortuna essere stata scelta! Prima di piccoli ruoli in serie come NCIS, Modern Family e Grey's
Anatomy non avevo mai calcato il palcoscenico, nemmeno una recita parrocchiale o il presepe vivente. I
miei fratelli fanno da manager su Instagram e YouTube». Il suo sogno? «Lavorare con Spielberg e avere
Jodie Foster come regista di un episodio di Stranger Things. Con loro farei un salto indietro di trent'anni,
dove il mondo era lo stesso ma si respirava più libertà, nelle arti e nella cultura. Oggi le persone hanno
meno fiducia nel genere umano». I Duffer si sentono responsabili dei loro giovani attori, e per evitare di
perderli, come accadde con Macaulay Culkin, «il trucco è trascorrere del tempo tutti assieme», fanno
sapere: «Guardiamo Stand by me e leggiamo Stephen King: così i nostri piccoli eroi conoscono la fine del
sogno americano, il comunismo, la Guerra Fredda e apprendono che il male si annida nella natura umana,
non nel sovrannaturale».
ISPIRAZIONI STAND BY ME Quattro dodicenni sono i protagonisti del film di culto di trent'anni fa diretto da
Rob Reiner I GOONIES Avventure per teenager nel film del 1985 di Richard Donner prodotto da Steven
Spielberg STEPHEN KING I Duffer si sono ispirati al racconto "Il corpo". Lo scrittore dice della serie:
"Divertimento puro"
Foto: PROTAGONISTI In alto, Millie Bobby Brown (Undici). Sopra Matarazzo, Wolfhard e McLaughlin A
sinistra, i fratelli Duffer con Winona Ryder (Joyce Byers)
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TUTTO SCIENZE SALUTE
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Le gemelle (non siamesi) Fontana, attrici rivelazione di "Indivisibili"
ADRIANA MARMIROLI ROMA
Del dopo -Venezia, Indivisibili di Edoardo De Angelis è stato lo strascico polemico: non selezionato e
passato a margine, nelle Giornate degli autori, lo hanno voluto i festival di Toronto e Londra (dove passa
oggi e domani). Mentre, secondo Paolo Sorrentino, sarebbe stato il film giusto per rappresentare l'Italia agli
Oscar. Bella storia asciutta e dura di degrado, ribellione e crescita («Favola neogotica», secondo gli
inglesi), realistica e metaforica nel contempo, Indivisibili deve tanto alle protagoniste, Angela e Marianna
Fontana, diciottenni gemelle di Casapesenna ( Caserta): sono loro le indivisibili del film, le canterine sorelle
siamesi Viola e Dasy. Interprete e personaggio quasi si confondono in una prova che è (anche) un tour de
force. Le abbiamo t rovate che stavano per andare a prendere l'aereo per Londra: elettrizzate. Rispondono
alle domande alternandosi in modo quasi automatico a seconda dell'argomento. Uguali eppure diverse.
«Come i nostri lineamenti», dicono in simultanea. «Abbiamo una forte simbiosi mentale: le stesse passioni
e sogni fin da piccole. Con qualche diversità, però, nel carattere e nei gusti». Studentesse al Conservatorio
di Napoli, concordi nello scegliere una specializzazione insolita come il canto jazz, una ha poi preferito il
piano come strumento facoltativo, l'altra la chitarra. «Il rapporto tra Viola e Dasy è ovviamente più
esasperato, ma ci hanno fatto capire meglio quanto noi si abbia in comune. E ci ha unite maggiormente».
Ma anche sottolineato i reciproci segni di diversità, che sono poi gli stessi dei personaggi. Tant'è: ai provini
sono state loro a scegliere la sorella che avrebbero interpretato. «Perché un po' ci somigliano: io più decisa
e impulsiva, chiacchierona come Dasy; Angela dolce, sensibile e riflessiva come Viola. Edoardo ha
concordato». Non era la prima volta che incontravano il giovane regista: a 16 anni erano state provinate per
un corto. Non erano state scelte, ma un ponte si era creato. In quell'occasione avevano anche avuto in
dono una borsa di studio di recitazione. Così, quando De Angelis è tornato per Indivisibili, avevano tutto: la
voce e la naturalezza sotto i riflettori. «Cantare è stata la cosa più semplice: abbiamo solo dovuto studiare
lo stile e le movenze dei neomelodici. A Napoli chi non li conosc e, con quelle macchinone e le corti di
ammiratori?». Più difficile imparare a muoversi in sincronia. «Anche nelle scene più difficili siamo noi.
Nessuna controfigura. Nessun effetto digitale». Solo, nelle scene in cui si vede l'anca congiunta delle
siamesi, un'imbracatura strettissima e cinque ore di trucco. «Dolorosa, ci aiutava a capire la loro
sensazione di costrizione. Una cosa su cui abbiamo lavorato per mesi: per imparare a muoverci, correre,
sederci insieme. Anche i movimenti più insignificanti diventano complessi». La scena più difficile? «Quella
in motorino: anche perché Marianna non ne ha mai portato uno». La più scioccante? «Il tuffo dalla barca:
nel mare vero, al buio». Senza mai un'esitazione. «Siamo testarde: quando decidiamo una cosa, non ci
tiriamo indietro». La loro vita - raccontano - è stata quella di ogni adolescente amata e seguita dai genitori,
e da loro sostenuta. Figlie di un imprenditore agricolo, Casapesenna è a pochi chilometri dal cuore nero
della Campania camorrista e dalla terra dei fuochi, Castel Volturno (dove il film è ambientato) e Casal di
Principe. «C'è tanta desolazione e abbandono, ma anche tanta voglia di cambiamento e riscatto», dice
Marianna. Nei prossimi mesi, Conservatorio e cinema a parte (Angela, da sola, ha già girato un altro film, I
due soldati di Marco Tullio Giordana), le aspetta un grande salto: andare a vivere da sole a Napoli. «È la
filosofia di Edoardo e del film: ogni scelta di crescita comporta il taglio di un pezzo di sé. Nel nostro caso è il
cordone con la famiglia. Noi siamo pronte». c
MARIANNA (
DASY) I ruoli li abbiamo scelti noi: io sono decisa e impulsiva come Dasy; Angela dolce, sensibile e
riflessiva come Viola Da dove veniamo noi, come nel film, c'è desolazione e abbandono, ma anche tanta
voglia di riscatto
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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Il rapporto tra Viola e Dasy è esasperato, ma ci hanno fatto capire quanto noi si abbia in comune La scena
più difficile? Quella in motorino: anche perché Marianna non ne ha mai portato uno
ANGELA (
VIOLA)
Foto: ANSA
Foto: Angela (a sinistra) e Marianna cantanti neomelodiche in «Indivisibili»
Foto: Le gemelle Fontana, diciottenni, vengono da Casapesenna (Caserta)
Foto: Qui a fianco, una scena di «Indivisibili» di Edoardo De Angelis: il film, ora in sala, è stato presentato
nei festival di Venezia , a Toronto e oggi è a Londra
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TUTTO SCIENZE SALUTE
diffusione:163662
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Fuocoammare, l'Italia scopre la voglia di realtà
Dopo il successo in tv del documentario su Lampedusa: "Ci siamo svegliati dall'ipnosi televisiva"
FULVIA CAPRARA ROMA
L'isola dei migranti si misura con l'isola del Grande fratello Vip e la bella sorpresa è che la prima, a dispetto
di tutte le più facili previsioni, viene fuori dal match a testa alta. È successo l'altra sera su Rai 3, dove il
documentario Fuocoamma re di Gianfranco Rosi, Orso d'oro all'ultima Berlinale, designato a rappresentare
l'Italia nella prossima corsa agli Oscar (nelle due categorie Miglior film in lingua non inglese e Miglior
documentario), è stato visto da 2 milioni 273mila spettatori, con share dell'8,8% e con oltre 7 milioni di
contatti. Non è vero che il pubblico vuole solo piatta evasione. Forse vuole soprattutto capire. Ed è proprio
questa la grande forza dei documentari, per anni esiliati, soprattutto in Italia, nel limbo delle cose uggiose, e
ora finalmente al centro di un vivace rilancio. Più che di finzione, dice Federica Di Giacomo, regista di
Liberami, il film sul fenomeno dell'esorcismo premiato all'ultima Mostra di Venezia, il pubbli co av verte
«estremo bisogno di realtà. È come se gli italiani, dopo 20 anni di ipnosi televisiva, si fossero svegliati, e si
stessero chiedendo in che Paese vivono». Ma non solo: «Inondati da un fiume di immagini, sentiamo più
forte la necessità di ragionare su come ci poniamo rispetto alla realtà». Domande cui i documentari
possono rispondere molto meglio di tanti film: «Il cinema del reale vince perché è indipendente, libero di
sperimentare, di aprirsi, con sguardo critico, su un panorama ampio e variegato». L'altra verità, a lungo
trascurata, è che i documentari, proprio come i film di finzione, possono di verti re, emoziona re,
commuovere: «Il pubblico non li trova affatto ostici - osserva Roberto Cicutto, presidente e ad di Istituto
Luce Cinecittà ANSA che con Rai Cinema ha prodotto e distribuito Fuocoammare e che da tempo
promuove lo sviluppo della produzione documentaristica - e gli autori hanno imparato a usare sempre
meglio gli strumenti del cinema del reale». In Italia, concorda Di Giacomo, c'è «un vuoto formativo, c'è
ancora chi pensa che, andando a vedere un documentario, sicuramente si annoierà». E poi c'è il problema
più grave, la circolazione di questo tipo di prodotti, resa difficile dalla «miopia del sistema distributivo».
Anche se dal 2013 al 2016 la tv di Stato, con Rai Cinema, ha dato impulso alla programmazione di
documentari (950 passaggi, repliche comprese, su reti sperimentali e generaliste, per un totale di 60 milioni
di telespettatori, mentre, nella stesso arco di tempo, i documentari coprodotti sono stati 160), resta
inespugnata la zona proibita delle sale cinematografiche: «Manca il sostegno delle strutture distributive dichiara Cicutto -, in questo le sale sono scandalose, non danno tempo per educare il pubblico, ignorando
l'aumento esponenziale di interesse nei confronti del genere. Oggi è molto più facile che un giovane sia
incuriosito da un documentario, anche rispetto a un film». Secondo Cicutto il cammino da fare è comunque
ancora lungo: «In tv si rischia poco, questo tipo di opere viene relegato nelle reti tematiche. Eppure, contro
la superficialità dell'informazione tv, il documentario è un modo attraente per approfondire e comprendere
meglio la cronaca contemporanea». Venduto in 62 Paesi, il 21 ottobre in uscita in Usa, Fuocoammare ne è
la prova schiacciante: «È stato prodotto sull'onda dell'afflato morale - dice Cicutto -, il cinema non poteva
non occuparsi di un tema così importante, e rivendico, da vecchia volpe della distribuzione, la scelta di
mandare il film alla Berlinale, nel cuore politico della questione». Il 24 gennaio Rosi saprà se sarà riuscito a
entrare nella fatidica cinquina degli Oscar. Ma per i documentaristi italiani l'era vincente è già cominciata. c
Esorcismi Qui a fianco, un'immagine di «Liberami», il documentario sugli esorcisti premiato all'ultima
Mostra del cinema di venezia; a sinistra, la regista Federica Di Giacomo; in alto, una scena di
«Fuocoammare»
2,27
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il caso
05/10/2016
Pag. 32
TUTTO SCIENZE SALUTE
diffusione:163662
tiratura:241998
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950 milioni I telespettatori che lunedì sera hanno visto - in media «Fuocoammare» di Gianfranco Rosi su
Rai 3 Paesi Sono quelli in cui verrà distribuito «Fuocoammare», che rappresenta l'Italia nella corsa agli
Oscar passaggi Di documentari sulla Rai dal 2013 al 2016, per un totale di circa 60 milioni di spettatori
05/10/2016
Pag. 32
TUTTO SCIENZE SALUTE
diffusione:163662
tiratura:241998
Visioni dal Mondo a Milano Il vero vince sul verosimile
SARA RICOTTA VOZA MILANO
La realtà vince sulla fiction, il vero sul verosimile. Il successo del documentario continua la sua cavalcata di
festival in festival, da Berlino a Venezia fino a approdare ai prossimi Oscar per rappresentare l'Italia. È
quindi in un momento specialissimo che si apre oggi a Milano il Festival Internazionale del Documentario,
già alla sua seconda edizione. «Visioni dal Mondo, Immagini dalla Realtà», come da titolo, racconta il
mondo contemporaneo attraverso un linguaggio originale e indipendente, che oggi sembra essere quello
più moderno. Storie vere su temi che toccano tutti, dalla malattia alla migrazione, da web e privacy a
legalità e giustizia. Si parte con Rupture: Living with my Broken Brain di Maryam d'Abo e Hugh Hudson, lei
ex Bond Girl e lui regista di Momenti di gloria. Il documentario racconta la vita dell 'attri ce stessa dopo
l'emorragia cerebrale che l'ha colpita anni fa. Non un «disease movie» fatto per commuovere ma storia in
cui la rinascita è più importante della malattia, come quella di Life, Animated, altro documentario che vede
protagonista il figlio del premio P ulitzer Ron Suskind, ragazzo autistico che trova un modo di comunicare
attraverso i cartoni Disney e a cui la multinazionale ha messo a disposizione tutto quello di cui aveva
bisogno. «Il documentario è un genere che in Italia sta riprendendo forza dopo la stagione d'oro degli anni
60 e 70 di Rosi e Antonioni», ragiona F ran ces co Bizzarri, Di retto re gene rale del festival. «Credo che il
motivo principale stia nella qualità e nel fatto che non si parla più di documentari che durano sei o re, vanno
ai festi val e lì rimangono, ma di opere visibili anche al cinema e che possono essere distribuite». «La forza
del documentario sta nel farti conoscere la realtà che non puoi vivere in prima persona» concorda Cristiana
Capotondi, madrina del Festival che proprio l'anno scorso ha diretto un episodio del docufilm Milano2015.
«Credo dovremmo ragionare su vero e verosimile, due categorie troppo a lungo invertite; oggi ci interessa
la vita vera e non è quella dei social, che ti raccontano persone che si autorappresentano». Quattordici i
titoli in concorso in anteprima assoluta, 9 quelli in anteprima italiana, 8 fuori concorso e 17 work in progress
che al festival troveranno, si spera, un finanziatore e una fine. Le proiezioni si tengono all'UniCredit Pavilion
e sono tutte g ratuit e, p rog ramma su www.visionidalmondo.it c
14 titoli Sono quelli in concorso a «Visioni dal Mondo, Immagini dalla Realtà» in anteprima assoluta
Foto: Ex Bond Girl Qui sopra, Maryam D'Abo nel film «Rupture»: l'attrice, ex Bond Girl, racconta la sua vita
dopo l'emorragia cerebrale
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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Da oggi il festival internazionale
05/10/2016
Pag. 33 Ed. Roma
diffusione:123081
tiratura:170229
«Se l'amore è una lotta»
Il regista francese André Techiné racconta l'adolescenza senza retorica nel film "Quando hai 17 anni" in
sala da domani. Applaudito a Berlino, è un successo in Francia: ha per protagonisti due ragazzi che dopo
essersi insultati e picchiati scoprono un'attrazione omosessuale reciproca
Gloria Satta
toria d'amore, di scoperta, di formazione. In un cinema che insegue con ogni mezzo il pubblico più giovane
puntando su commedie popolate di teen ager e supereroi, il maestro francese André Techiné, 73 (L'età
acerba, Niente baci sulla bocca, I tempi che cambiano) racconta l'adolescenza senza retorica: il suo nuovo
film "Quando hai 17 anni - scegli di essere te stesso", applaudito in concorso al festival di Berlino,
interpretato da Sandrine Kiberlain, Kacey Mottet Klein, Corentin Fila, Alexis Loret, gran successo in
Francia, uscirà da noi domani con la distribuzione Cinema di Valerio De Paolis. Protagonisti sono due
ragazzi adolescenti che vivono in un villaggio incastrato tra le montagne innevate della Francia sudoccidentale. Studenti nella stessa scuola, non si sopportano: si fronteggiano, s'insultano, si picchiano. Fino
a scoprire sentimenti inaspettati e avere il coraggio di accettare la propria identità sessuale. Da dove è
partita l'idea di questa storia? «Dalla necessità di raccontare un aspetto poco illustrato dell'adolescenza: la
violenza dei sentimenti e dei comportamenti. I protagonisti del film si respingono e lottano per nascondere
l'attrazione reciproca. Ho sviluppato questo spunto con la collaborazione della sceneggiatrice e regista
Céline Sciamma: è l'unica che, nei suoi film Tomboy e Diamante nero, ha dimostrato di avere uno sguardo
non convenzionale sull'adolescenza». Il cinema, secondo lei, non rappresenta correttamente i
giovanissimi? «I teen ager che vediamo sullo schermo il più delle volte fanno parte di gruppi, o agiscono in
bande. Ma a me interessava descrivere dei personaggi introversi e portati ad isolarsi. L'adolescenza è uno
dei temi più appassionanti e complessi che un regista possa affrontare». Il film nasce come una vicenda di
inimicizia e diventa una storia d'amore omosessuale. È stato difficile coinvolgere i due giovani protagonisti
? «All'inizio erano un po' impauriti: non sapevano come affrontare l'omosessualità. Ma ho spiegato loro che
le emozioni non si recitano, si esprimono. C'è una scena erotica forte. Ne avevamo parlato a lungo prima
delle riprese. E dopo un primo momento di imbarazzo Corentin e Kacey si sono lanciati, l'hanno interpretata
come una scena d'amore e basta puntando sulla complicità che si era stabilita tra loro». Un ruolo di primo
piano spetta alla mamma iper-protettiva di uno dei due ragazzi. Perché per lei era così importante? «Volevo
raccontare il binomio madre-figlio attraverso una figura materna energica e al tempo stesso non
convenzionale, capace di stabilire una complicità con il figlio. Volevo mostrarli felici senza cadere nella
sdolcinatezza che al cinema rappresenta sempre una tentazione». È già tornato sul set? «Sì, sto girando
Nos années folles, un film ispirato alla storia vera di un soldato che durante la Prima Guerra mondiale, per
non andare a combattere, e si traveste da donna con la compliciutà della moglie. I protagonisti sono Pierre
Deladonchamps, Céline Sallette, Grégoire Leprince-Ringuet». La Francia è sempre il paradiso del cinema
d'autore? «Sì, a condizione che questo cinema sia anche un successo economico e recuperi i soldi
investiti. Con me i produttori vanno sul sicuro: i miei film costano poco e c'è sempre un pubblico pronto ad
andarli a vedere».
Foto: QUANDO HAI 17 ANNI Una scena del film del maestro francese André Techiné: protagonisti due
ragazzi che vivono in un villaggio tra le montagne
Foto: «AL CINEMA I TEEN AGER IL PIÙ DELLE VOLTE FANNO PARTE DI BANDE IO HO PREFERITO
RACCONTARE I SENTIMENTI DI DUE TIPI SOLITARI»
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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L'INTERVISTA
05/10/2016
Pag. 33 Ed. Roma
diffusione:123081
tiratura:170229
Fuocoammare pieno d'ascolti e si lavora per gli Oscar
Dopo l'Orso d'oro di febbraio a Berlino, la candidatura come film italiano per la selezione all'Oscar straniero,
l'iscrizione per le nomination agli Oscar come miglior documentario prosegue la marcia trionfale di
Fuocoammare , il film di Gianfranco Rosi che racconta la vita a Lampedusa tra noiosa quotidiana normalità
e dolore immenso per i migranti morti in mare. Nella serata dominata da un reality come Grande Fratello
Vip - con l'esclusione di Clemente Russo - oltre 2 milioni di spettatori - 2 milioni 273 mila pari a uno share
dell'8.8% e con 7 milioni e più di contatti hanno seguito su Rai3 l'ostico documentario, partecipando
idealmente e collettivamente alla Giornata in memoria delle vittime dell'Immigrazione e del ricordo del
naufragio del 3 ottobre 2012 a largo di Lampedusa con la morte di 386 migranti. Un risultato straordinario
per il documentario come hanno sottolineato il direttore generale della Rai Antonio Campo Dall'Orto e la
direttrice di Rai3 Daria Bignardi che anche scritto su Facebook «siamo tutti migranti, il loro dolore è il
nostro». Se Fuocoammare supererà il primo ostacolo, ossia entrerà nella rosa delle nomination, si saprà
martedì 24 gennaio (la cerimonia di consegna degli Oscar si terrà domenica 26 febbraio), intanto in
America è già campagna Oscar con la doppia possibilità come Miglior Film Straniero e Miglior
Documentario. Il film sarà nelle sale Usa il 21 ottobre, forte di recensioni positive sin dall'Orso d'oro a
Berlino - con l'endorsement di Meryl Streep «vorrei che arrivasse agli Oscar» - e ulteriormente arricchite
ora che Fire at Sea fa il tutto esaurito al New York Film Festival per le 3 proiezioni del 7, 8 e 16 ottobre,
definito dal Village Voice «il più bel film del New York Film Festival», così come Variety («è il film di più alto
profilo emerso quest'anno dal circuito dei Festival»), mentre Sight & Sound definisce Rosi «uno dei grandi
della nostra epoca».
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IL CASO
05/10/2016
Pag. 49 Ed. Umbria
diffusione:123081
tiratura:170229
L'EVENTO
Dopo aver animato il cinema Méliès fino a ieri, il Perugia Social Film Festival si sposta oggi al cinema
Zenith con proiezioni sin dalle 10.30 di mattina; tra i titoli da segnalare gli italiani Coming from, Caterina
guarda Caterina, La voce di mio fratello, lo spagnolo Second skin, il russo Razgvor e il polacco Bracia.
Presenti in sala gli autori delle singole opere, per dibattere con il pubblico al termine di ogni proiezione. A
chiudere la giornata un classico della riflessione pedagogica inserito nella Rassegna Visioni di Scuola:
Diario di un maestro di Vittorio De Seta (ore 22.30).
Da giovedì in avanti ad ospitare opere in concorso, retrospettive e dibattiti sarà invece il cinema
PostModernissimo, con proiezioni che anche in questo caso saranno tutte accompagnate dal commento
dei registi. Dalle 10.30 in avanti ben 10 proiezioni consecutive, ad ingresso gratuito come gli altri
appuntamenti della manifestazione. E' previsto anche un fuori concorso importante, 87 ore di Costanza
Quatriglio: il film racconta il caso dell'insegnante elementare Francesco Mastrogiovanni sottoposto a TSO e
morto 87 ore dopo esser stato rinchiuso nel reparto psichiatrico del Vallo della Lucania (ore 23.30). Sempre
giovedì si terrà un convegno sulle nuove forme di finanziamento delle attività socio-culturali. Tra i relatori
Chiara Fortuna della Direzione generale cinema del MiBACT, l'assessore regionale alla cultura Fernanda
Cecchini, quello comunale Teresa Severini, il vice-direttore di Banca Popolare Etica Nazzareno Gabrielli,
Angelo Rindone di Produzioni dal basso, il documentarista Daniele Cini e Jacopo Fo (al cinema Méliès
dalle 9.15). Il programma è disponibile sul sito www.persofilmfestival.it Mi.Bel.
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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PerSo festival , 12 ore di film
05/10/2016
Pag. 49 Ed. Umbria
diffusione:123081
tiratura:170229
L'ELZEVIRO
Senza preavviso, l'attacco liricizzante di paesaggi in campo lungo, belli ed (esteticamente) scontati, che
nelle sequenze successive si specificano, per situazioni e gente, in una Umbria dell'attualità, confondono lo
spettatore sul reale inizio del film, quasi inducendolo a supporre che sia quella la scelta degli autori, di
ambientare San Francesco nella modernità, e di fargliela attraversare da forestiero e viandante (e se ne
vedrebbero delle belle) come Totò con Ninetto Davoli in Uccellacci e Uccellini. Ma poi finalmente lo slogan
incentrato sul sogno (il sogno dell'Umbria turisticamente trasfigurata), teso a risucchiare e infilarsi
direttamente, senza soluzione di continuità, nel titolo de Il sogno di Francesco, chiarisce che di spot
promozionale si tratta: dal quale il vero film che comincia dopo quel finto incipit si preserva in verità assai
bene, grazie al lungo e sobrio scroll senza immagini dei titoli di testa, che si scrolla via ogni contiguità
parassita. Fondata del resto sull'iterazione del collaudato schema di don Matteo, la spot/pillola prima della
puntata. Ma don Matteo è don Matteo, e San Francesco San Francesco.
Ben poche tracce d'Umbria turistica, vera o sognata, si trovano infatti ne L'ami (François d'Assise et ses
frères) di Renaud Fely e Arnaud Louvet, che nella sponsorizzata versione italiana Il sogno di Francesco,
presentata domenica scorsa in anteprima al Lyrick Theater di Assisi, approda il 6 ottobre nelle sale. Né
potevano esserci, non soltanto perché il film, sostenuto logisticamente durante le riprese dalla Commission
de Film della Regione Languedoc Roussillon, è stato in gran parte girato, prima che in Italia, nell'Hérault e
nell'Aude (a Aumelas), nell'Abbazia di Fontfroide a Narbonne e a Rhône Alpes nel Drôme Provençale: ma
perché, nella visione dei due autori, paesaggi e ambienti in cui si colloca la storia sono completamente
secondari, hanno il valore di scabri e simbolici elementi di scena, chiamati a far da fondale (compreso un
cielo stellato che è un matte painting, davanti al quale più volte conversano Francesco ed Elia) al dramma
che vi si consuma. E dramma è il film, drame historique, voluto come tale dagli autori e realizzato senza
concessioni, né al turismo né alle vaste platee cinematografiche, ormai inesorabilmente condizionate da
altri ritmi di montaggio. Quasi una pièce teatrale costruita intorno ad un concetto forte, che non ha bisogno
per attuarsi che di boschi e anonime radure di arbusti e sterpi, oltre che di qualche muro medievale. È un
morality play, che attraverso il deuteragonismo di Francesco (Elio Germano) e Frate Elia da Cortona
(Jérémie Renier), mette in scena, secondo Renaud Fely il conflitto fra l'ideale e il compromesso (o la
compromissione col Potere).
Certo, ci voleva coraggio per fare un film sul Potere, sui condizionamenti del Potere, sulla germinazione di
movimenti spontanei duri e puri che vengono normalizzati dall'autorità e dal Sistema (in questo caso la
Chiesa temporale, che espunge ogni concreto richiamo ai poveri e agli spossessati), utilizzando una figura
come Francesco, santo gigantesco ormai impiegato come santino sulla base delle più diverse affinità
mondane, da d'Annunzio a Cucinelli, tanto per dire dell'impossibilità di non chiamarci tutti francescani; e per
cercare di ricondurre Francesco nuovamente alla radice, senza tema d'inesattezze storiche, col rischio (a
tratti reale) di farne, più che Francesco, un estatico Gioacchino da Fiore perso nelle sue visioni e
inconsciamente leopardizzato da Elio Germano (Gioachimiti e Francescani sono comunque legati).
Spartano e puro come i suoi intenti, il film va avanti inesorabile sino alla fine, come un dramma di
Strindberg, incurante di cupezze e lugubrezze. È comunque un film rigoroso, senza ammicchi, urticante
anche per un francescano d'oggi, se Padre Enzo comunicatore del Sacro Convento arriva ad accusarlo
addirittura di strafalcioni storici (strafalcioni) a proposito del rapporto del Santo con la Chiesa e del tentato
suicidio di Elia (ma il morality play non si nutre di esattezza storica). I politici no, deglutiscono qualsiasi cosa
appaia utile alla causa. Francesco testimonial? Testimone sia.
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Il Sogno di Francesco e quegli strafalcioni storico-ambientali
05/10/2016
Pag. 49 Ed. Umbria
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tiratura:170229
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Ma davvero l'Umbria moderna è terra spirituale (nel senso del Terzo Avvento, quello dello Spirito Santo,
dopo quello del Padre e del Figlio?), come vogliono gli spot? E se fosse (come pareva all'inizio, per colpa di
spot) ambientato nell'oggi, il Francesco del film? inconsapevole richiamo vivo di uccellini sullo sfondo di
capanni di frasche abusivi, e magari proponesse, in memoria sua, di abolire la caccia entro i confini natali?
Rischierebbe di beccarsi una fucilata, di questa stagione.
Lucio Biagioni
05/10/2016
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Stereotipi e macchiette: che razza di Cinema
IL DOCUMENTARIO Fred Kuwornu percorre cento anni di film italiani: il racconto della diversità della pelle
e della cultura è fermo al dopoguerra
SILVIA D'ONGHIA
aranno pure " so white " - gli Oscar - ma almeno loro - gli Stati Uniti - un Denzel Washington ce l ' hanno. E
Denzel Washington può fare tutto: l ' agente segreto, il padre di famiglia, il giornalista del Rapporto Pelican .
È un grande attore, e anche se avesse la pelle gialla o bianca o rossa, anziché nera, resterebbe tale. Ma se
invece di Mount Vernon - città dello Stato di New York - , la sua città natale fosse stata Napoli (o Trieste, o
Palermo)? Probabilmente, a quest ' ora, Washington reciterebbe in una fiction di prima serata col ruolo del
lavavetri, dell ' e x tr a c o m u n i t a r i o in cerca di integrazione o, peggio ancora, dello spacciatore. Altro
che " so white " : il cinema italiano - oltre a essere altrettanto bianco - viaggia ancora per stereotipi. Per
dimostrarlo, basta porre al lettore una domanda: quanti, dei 500 attori neri che dal 1915 a oggi hanno
contribuito alla realizzazione delle nostre pellicole, sono rimasti nell ' immaginario collettivo come " quello è
davvero straordinario " ? PROBABILMEN TE nessuno. Ed è da qui, da questa domanda, che ha preso le
mosse il 45enne regista Fred Kuwornu, bolognese di nascita (da genitori ghanesi) e newyorchese d '
adozione. A un certo punto del suo percorso professionale, Fred si è reso conto che la rappresentazione
che il cinema italiano ha dato della diversità, in particolare quella legata al colore della pelle, è rimasta
praticamente immutata negli anni. È così che è partito per girare B l a x p l o i t alian - Cento anni di
afrostorie nel cinema italiano , un documentario che verrà presentato il 14 ottobre alla Casa del Cinema di
Roma, nel contesto della Festa del Cinema. Dal Sa lamb ò di Domenico Gallo (1915) al soft core degli anni
Settanta, dai soldati afroamericani di Senza pietà (Alberto Lattuada, 1948) alle moderne fiction, il " nero " o
il " colorato " sono rimasti ancorati alle tematiche sociali, all ' eros (nel caso delle donne) o a figure più o
meno mitologiche o magiche. Zeudy Araya , la miss eritrea naturalizzata italiana lanciata da Luigi Scattini
nel 1972 come La ragazza dalla pelle di luna , è finita incastrata per anni nel ruolo della Venere " dalla pelle
di luna " . Ines Pellegrini , che Pier Paolo Pasolini ribattezzò la " Mangano nera " facendola recitare ne Il
fiore delle Mille e una notte e in Salò , è diventata poi Una bella governante di colore . Iris Peyn ad o , la
meravigliosa Astriaja di Non ci resta che piang e r e (Benigni-Troisi, 1984), nel documentario racconta: " In
quel periodo gli italiani non avevano ancora imparato a viaggiare " , per cui la presenza di stranieri nelle
pellicole era sempre legato a un ' imma gine esotica. Harold Brad le y , arrivato in Italia nel 1959 con una
laurea in Economia e una carriera da giocatore di football, è diventato Ma ciste (per quattro volte) o lo
schiavo della lampada in Per amore o per magia di Duccio Tessari (1967). La parola B laxpl oitati on , da
cui trae origine il titolo del lavoro di Kuwornu, è stata un neologismo introdotto negli Usa dei Settanta a
indicare la crasi tra cinema nero e sfruttamento. Erano film a basso costo che incassavano molti soldi a
Hollywood. In Italia più che di sfruttamento si può parlare di tipizzazione. " La tendenza è a cercarti per farti
fare lo straniero, e non un medico qualsiasi - racconta al Fatto Jonis Bascir , attore di padre somalo e
madre italiana, nato a Roma 56 anni fa e cresciuto mediaticamente con Un medico in famiglia - .È una
battaglia che porto avanti da anni e che racconto nel mio monologo Beige : se cercate nel database di un
casting un personaggio con le mie caratteristiche, la mia faccia non appare fino a quando non inserite la
parola magica: arabo o sudamericano. Siamo uno stereotipo. Soltanto adesso comincio a raccogliere i frutti
di tanti anni di battaglie, con il piccolo ruolo del bancario Angelucci in una fiction " . STESSA SORTE sta
capitando a un altro attore italiano (di padre egiziano), Livio Beshir: " Ho una piccola parte in Al posto tuo di
Max Croci, con Luca Argentero: per la prima volta indosso una giacca, sono una persona normale e non
più un clandestino, non devo chiedere qualcosa a qualcuno. Le racconto un paradosso: lavoro spesso in tv
come conduttore ( In viaggio con la zia con Syusy Bledi o numerosi programmi dai Festival cinematografici
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I " neri" sui nostri schermi tra banalità e pregiudizi BLAXPLOITALIAN
05/10/2016
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
di Venezia e Roma, ndr ) e in quel ruolo sono me stesso. Nel cinema e nella fiction, che avrebbero il
compito di raccontare la realtà, invece siamo costretti a fare un passo indietro e a legare i nostri personaggi
a un ' emergenza sociale. Quando ho visto la seconda locandina, poi ritirata, del Fertility Day della ministra
Lorenzin, in cui un uomo di colore era associato ai ' cat tivi compagni ' , ho penato che c ' è ancora molto da
fare " . " Al cuni anni fa - racconta ancora l ' attrice Tztà Abraham - mi chiesero di fare uno spot per i viaggi
sicuri degli italiani al l ' estero: avrebbero voluto rappresentare un connazionale in un pentolone africano,
con tanto di danza gitana intorno. Ovviamente mi rifiutai. Per fortuna qualche timido segnale di
cambiamento c ' è " . PA RL ARN E non basta: per questo un centinaio di attori, registi, scrittori italiani di
origine e appartenenza diverse hanno lanciato una campagna sui social, United Artists for Italy . Perché un
domani, chissà, un Denzel Washington possa nascere anche da noi. R ica r ica L ' E V E N TO "
Blaxploitalian " ve r r à presentato il 14 ottobre alle 11 alla Casa del Cinema di Roma, in conco m i t a n za
con la Festa del Cinema. Alla proiezione parteciperanno gli artisti di " United artists for Italy " , che hanno
realizzato, per promuovere l ' occasione, una campagna social
Foto: Il regista e gli attori Il bolognese Fred Kuwornu e gli attori che hanno preso parte a " Blaxploitalian"
05/10/2016
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diffusione:39484
tiratura:90556
Emanuela Orlandi: la storia che non c ' era adesso esiste
Rac c onto c i vi l e La vicenda, abbandonata come " senza uscita " , qui trova una rivelazione per buona
parte inedita
FURIO COLOMBO
La presentazione dice che il nuovo film di Roberto Faenza ( La verità sta in cielo ) racconta la vera storia di
Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina della Santa Sede apparsa e scomparsa in due sequenze, una
vera e una immaginata. E mai più ritrovata. O trovata almeno una traccia, una storia verosimile, una
spiegazione, se non un colpevole. DI EMANUELA Orlandi non sappiamo nulla, se non che aveva 15 anni,
era figlia di cittadini vaticani (il padre addetto alle poste) suonava il flauto, aveva un suo piccolo cerchio di
amici (dissolto e disperso subito). Un giorno non è mai tornata a casa e, tranne il padre, la madre e il
fratello (che partecipa al film di Faenza perché ha qualcosa da dire) nessuno l ' ha cercata. Perdonate una
breve digressione personale. In quegli anni (tutto avviene nel 1983), io andavo e venivo da New York. Un
giorno d ' estate, arrivando da Fiumicino, ho notato Roma tappezzata di manifesti che mostravano in primo
piano una ragazzina graziosa, con dei fiori fra i capelli lunghi, alla maniera h ip py . Pensavo a un concerto,
a una nuova cantante, al teatro, a un film (che Faenza ha potuto fare solo trent'anni dopo). Il guidatore del
taxi non ha potuto essermi di aiuto. Non ne sapeva nulla. Le due parole in grande, bianche, su fondo nero
del manifesto ( " Orl andi " e " r apit a " ) non gli dicevano niente. " Sarà una trovata " , ricordo che ha
concluso. Senza chiedersi quale trovata e di chi, in un tempo italiano pieno di sorprese, quasi sempre
drammatiche. Dunque, nella vita italiana, una ragazzina dalla vita normale, non ricca e non povera, non
celebre ma non facilmente definibile " i g n o t a " , se non altro per la cittadinanza vaticana, diventa nota
per un brevissimo istante: mentre la rapiscono (ma è pura immaginazione, nessuno ha visto o nessuno ha
detto di avere visto, almeno, non fino al film di Faenza) e nessuno ha cercato (salvo l ' intestazione di
qualche cartellina di questura e tribunale): Orlandi Emanuela, di anni 15, cittadina vaticana, in territorio
italiano, stava andando o tornando da una lezione di flauto, e in quel breve percorso nel centro di Roma, in
pieno giorno, è scomparsa per sempre. Tutti quelli di noi, persone che scrivono, e che hanno un certo
rapporto con il cinema, non hanno mai smesso di chiedere ad amici o conoscenti registi: ma perché non un
film sulla Orlandi? La risposta è sempre stata: perché puoi cercare finché vuoi, ma non trovi nulla, sembra
che la Orlandi non sia mai esistita. È esattamente la ragione per cui Roberto Faenza ha scritto e diretto il
film: ha sentito, con l ' stinto dell'artista (q uel l ' istinto apparentemente senza prove, che ha guidato i
capolavori di Francesco Rosi, Salvatore Giuliano e Il caso Matt ei ) ma anche con ossessione di indagatore,
alla stessa maniera di Rosi. CON UNA INFATICABILE caccia al minimo spunto e alla grossa notizia
trascurata da tutti (in questo film, il card. Marcinkus e la sua banca nella banca, in Vaticano e nella finanza
mondiale) ha sentito che la storia c ' era, e si poteva ricavare solo dal calco del corpo che non c'è (quello
della giovane Orlandi) arrivandoci attraverso il corpo un po ' troppo onorato (sepolto dalla Chiesa in una
basilica vaticana) di " Renatino " , uno dei grandi della banda della Magliana e della vita politica italiana e
(data la sepoltura) vaticana del tempo. È uno noto per avere sostenuto o fiancheggiato molte delle cose
che abbiamo vissuto e che, anche adesso, senza questo film, non sapremmo. Il film di Faenza è una
rivelazione, in molte parti, ammissioni, testimonianze, sequenze di cose dette, ascoltate e trascritte nei
dialoghi che funzionano come una grande " i nte rc et ta zio ne " della vicenda in tempo reale. La vicenda
Orlandi, che era stata abbandonata come " sto ria senza uscita " , qui trova una rivelazione per buona parte
inedita non tanto per la scoperta (che pure conta molto) di eventi ignoti, quanto per la connessione (mai
tentata o evitata per prudenza) fra eventi noti e ritenuti sconnessi. TUTTE LE STRADE del film,
limpidamente logico, che non perde un pezzo dalla collezione " rapimento Orlandi " (fino ra tutti lasciati
nell'armadio " eventi inspiegabili " ) e li mostra e dimostra, deliberatamente ignorando gli effetti collaterali
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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IL FILM " La verità sta in cielo " di Roberto Faenza riscrive la vicenda della 15enne cittadina vaticana
scomparsa nel 1983 come mai prima nessuno aveva saputo fare
05/10/2016
Pag. 21
diffusione:39484
tiratura:90556
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
(due Stati e la forza egemone della Chiesa) portano in Vaticano. Una frase del Papa, registrata dal vivo,
sussurra che " lei è in cielo " , clamorosa rivelazione nonostante la dolcezza del tono e lo stato d'animo dei
destinatari (la famiglia). Conta molto, in un film-realtà come questo, che il fratello della ragazzina
scomparsa e poi abbandonata da ogni potere, abbia alla fine del film il ruolo di se stesso (come De Mauro
nel film su Mattei di Rosi) per dire che, almeno adesso, il Vaticano deve parlare. La continuazione di un
silenzio ingiusto e impossibile cancellerebbe troppe cose che, nella chiesa di Bergoglio, sono sembrate
nuove e diverse.
Foto: M i ste ro d ' It a l i a Una foto di scena del film " La verità sta in cielo " d i re t to da Roberto Faenza
Ansa
05/10/2016
Pag. 23
diffusione:14229
tiratura:29645
«Lumiere, scoperta del cinema » Un film che entra nella storia
Giulia Bianconi
Si intitola «Lumière! La scoperta del cinema» ed è un film che raccoglie 114 pellicole realizzate dai fratelli
inventori del cinematografo e restaurate dal laboratorio L'Immagine Ritrovata. Ad accompagnare il pubblico
italiano in un viaggio alla scoperta dei primi film della storia della settima arte è la voce narrante di Valerio
Mastandrea che, stasera alle ore 20.30 al cinema Nuovo Sacher di Trastevere, introdurrà la pellicola al
pubblico insieme a Thierry Frémaux, il direttore dell'Institut Lumière di Lione e del Festival di Cannes che
ha selezionato una parte delle oltre 1.400 pellicole del catalogo dei Lumière. Grazie a quest'opera,
presentata dalla Cineteca di Bologna nell'ambito del progetto Il Cinema Ritrovato, lo spettatore scoprirà che
dietro a questi piccoli film da 50 secondi, oltre alla famosa immagine dell'arrivo del treno al binario della
stazione di La Ciotat, c'era già un'idea di cinema che avrebbe cambiato il mondo. Giulia Bianconi
Foto: CINEMA NUOVO SACHER
Foto: Largo Ascianghi 1 Ore 20.30
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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Porta Portese
05/10/2016
Pag. 24
diffusione:14229
tiratura:29645
Wahlberg si confessa «Essere veri è gratificante»
L' attore a Roma per presentare il suo «Deepwater»
Giulia Bianconi
«Mi interessano storie di persone ordinarie in grado di fare cose straordinarie di fronte a situazioni difficili».
Mark Wahlberg non è uno di quegli attori americani dal bell'aspetto che ha puntato tutto sulla prestanza
fisica. All'età di 45 anni, e una carriera lunga oltre venti, ha saputo interpretare ruoli dove la fisicità conta,
ma anche in grado di trasmettere emozioni. E l'ultimo personaggio da lui incarnato, Mike Williams, ne è un
esempio. Nel nostro incontro all'Hotel De Russie di Roma, Wahlberg si presenta in t-shirt grigia con i
muscoli ben in evidenza e i capelli lunghi (look per il quinto capitolo di «Transformers») per parlarci di
«Deepwater-Inferno sull'oceano», nelle sale da domani con Medusa. Un action che lascia spazio ai
sentimenti, diretto da Peter Berg e con Kurt Russell, John Malkovich e Kate Hudson, sul disastro
ambientale nel quale nel 2010 sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel Golfo del Messico
morirono 11 persone a causa di un'esplosione. Wahlberg, cosa la spinge a interpretare il ruolo di una
persona realmente esistita? «Sono attratto dalle storie che raccontano di persone comuni che, messe di
fronte a circostanze difficili, sanno essere straordinarie. Non scappano, ma combattono. Interpretare
persone vere è gratificante, ma anche una grande responsabilità perché bisogna rendere loro omaggio».
Quanto tempo ha passato insieme a Williams? «Mike è stato al mio fianco dall'inizio e mi ha insegnato ciò
che dovevo sapere per essere credibile. Si è aperto nei nostri confronti, quando ha capito il tipo di film che
volevamo fare. Ci siamo dovuti guadagnare la sua fiducia e il suo rispetto». Quanto è stato difficile
preparare questo ruolo? «Fisicamente poco. Mi sono dovuto appesantire molto, ma è stato semplice visto
che in Louisiana si mangiano molti fritti. La sfida è stata più mentale e psicologica. Bisognava essere
precisi nel lavoro e portare massimo rispetto ai protagonisti. Questo film vuole rendere omaggio a uomini e
donne coraggiosi e alle undici vittime di questo disastro». Come ha reagito la Atp Oil & Gas alla
realizzazione del film? «Non abbiamo avuto nessun tipo di supporto dal management dell'azienda.
Abbiamo cercato di avere accesso a una vera e propria piattaforma petrolifera, ma questo non è stato
possibile (per il film ne è stata costruita una di acciaio da 900mila chili, ndr ). Sono stati, invece, coraggiosi
gli Studios a produrre questa storia». Il film parla di un disastro ambientale. Quanto le interessano nella vita
questioni del genere? «Abbastanza. Credo ci sia bisogno di leggi più rigide che puniscano chi commette
reati come questi. Ma presto maggiore attenzione ai ragazzi che vivono in luoghi degradati e alla
disoccupazione giovanile». A breve la vedremo protagonista di «Patriots Day», sull'attacco terroristico
durante la maratona di Boston del 2013. «È un film forte e potente, che uscirà a Natale in America
lanciando un messaggio positivo: l'amore supera tutto, il bene vince sul male. In questo clima di violenza è
ciò di cui abbiamo bisogno». Prossimamente interpreterà anche padre Stuart Long, nel biopic che racconta
la storia dell'ex-giocatore di football che prese i voti. «Sono rimasto colpito non dal tema sportivo, ma dalla
vocazione che ha spinto quest'uomo. Non volevano nemmeno ordinarlo prete, perché affetto da una
patologia muscolare che lo avrebbe presto ucciso. È una grande storia ed è incredibile quante persone sia
riuscita a toccare». Che bilancio fa di oltre vent'anni di carriera? «Credo di essere maturato molto. Sono un
uomo di fede che ama la sua famiglia (l'attore è molto cattolico e ha quattro figli, ndr ). Certo sono
invecchiato, ma mi auguro di essere più maturo e saggio, anche se ho ancora tanto da imparare».
Foto: A Roma Mark Wahlberg durante l'incontro all'Hotel De Russie
Foto: Sul set Sopra l'attore mentre interpreta la parte di Mike Williams
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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Intervista Nel film il disastro ambientale che costò la vita a 11 persone
05/10/2016
Pag. 15 Ed. Napoli
Addio alla Napoli di Gomorra, la prossima mega serie tv porterà alla luce il lato esoterico della città,
sospesa tra passato e futuro.
Una fiction dal sapore fantasy, nella quale si intrecceranno più storie, con un cast hollywoodiano. Lo
racconta Riccardo Tozzi, fondatore e patron della Cattleya che ha prodotto «Gomorra», la fortunatissima
serie venduta in più di centocinquanta paesi. «Nella nuova serie il primo livello narrativo», spiega il
produttore, «sarà quello del presente, cioè il piano realistico della storia. Il secondo sarà di ambientazione
mistery, tirando in ballo il mondo dei riti arcaici, del sottosuolo di Napoli, ma sarà ancora un piano realistico
anche se riferito al passato». E il terzo livello? «Lì faremo un salto verso la fantascienza. Sarà la parte di
trama che fa da sfondo all'intera vicenda. È una vera e propria sfida realizzare una serie tv così complessa,
con questi tre livelli che si incrociano». Tanto più che la fiction arriva dopo «Gomorra», ovvero il realismo
spinto alle sue estreme conseguenze. Anche stavolta ci saranno intrighi di camorra? Siamo sempre a
Napoli e dintorni... «No, assolutamente. Stavolta della camorra non ci sarà nemmeno l'ombra». Dunque un
prodotto del tutto diverso. Però ancora Napoli. Come mai? «Napoli funziona in tv e noi funzioniamo a
Napoli, dunque sarà un piacere essere di nuovo in città». E probabilmente non ci saranno le consuete
polemiche sull'immagine della città da preservare. Anzi, la fiction in stile «Codice da Vinci» potrebbe essere
un richiamo turistico non da poco, con le sue atmosfere misteriose e le riprese in luoghi sotterranei e
suggestivi, come il Cimitero delle Fontanelle.
A che punto è il progetto? «Per ora siamo alla scrittura», spiega Tozzi, «sono ultimati tutti i personaggi
principali, quelli che si muovono nella Napoli contemporanea. In primavera dovremmo essere pronti».
L'ideazione di soggetto e personaggi è dello scrittore Maurizio de Giovanni, che si misura con qualcosa di
radicalmente nuovo rispetto alle sue celebri serie del commissario Ricciardi e dei Bastardi di Pizzofalcone,
ormai dei best seller premiati da critica e pubblico. Ma de Giovanni resta abbottonato, non vuole svelare
dettagli della trama. Si limita a precisare che si tratta di «un progetto molto impegnativo». E ancora: «La
serie esula dal lavoro che ho realizzato finora con i miei romanzi. L'unica caratteristica comune è che
Napoli resta al centro della narrazione». Si tratterà solo di una scrittura televisiva? «No, questo posso
anticiparlo, il progetto avrà un risvolto editoriale. In pratica saranno pubblicati anche i libri». I numerosi fan
di de Giovanni dunque non resteranno delusi: la Napoli fantasy avrà una sua versione cartacea.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
In tv dopo Gomorra Napoli è fantasy
ANICA WEB - ANICA WEB
2 articoli
04/10/2016 14:17
Sito Web
youmovies.it
pagerank: 2
roma-lazio
L'Assessorato Turismo Formazione Ricerca della Regione Lazio con Roma Lazio Film Commission e con il
supporto di Roma Web Fest, primo festival internazionale in Italia dedicato al mondo delle web serie e dei
contenuti digitali, annunciano il vincitore del bando Movieland, concorso dedicato alle web serie, (puntate
zero).
"Romolo + Giuly" di Michele Bertini Margarini, prodotto da Zerosix Productios è la web serie vincitrice del
premio di 5.000,00 euro, uno spaccato della dimensione territoriale romana e laziale reso in maniera
innovativa e originale.
L'anteprima proiettata durante la cerimonia di premiazione del Roma WEB Fest del 2 ottobre al MAXXI ha
riscosso grande successo di pubblico.
Il Lazio, seconda regione a livello europeo per impegni e risorse destinate al settore cinematografico e
audiovisivo, vede tra i fondi disponibili il Fondo Cinema dell'Assessorato alla Cultura, aperto anche alle
webseries, una scelta strategica che valorizza i linguaggi innovativi in grado di promuovere il turismo,
evidenziando le risorse artistiche, culturali e paesaggistiche della regione, e promuovendo il settore nelle
sue più giovani leve, in sintonia con la dimensione internazionale che caratterizza il settore web.
LA GIURIA:
Dott.ssa Flaminia Santarelli - Dirigente Area Promozione Assessorato Turismo Formazione Ricerca
Regione Lazio
Janet De Nardis - Direttore Artistico del Roma Web Fest
Cristina Priarone - Direttore Generale Roma Lazio Film Commission
Michael Ajawke - Direttore del Los Angeles Web Fest
Ivan Silvestrini - regista
Il Roma Web Fest è sostenuto dal Mibact e dalla Regione Lazio, e si svolge con il patrocinio del Comune di
Roma, Roma Lazio Film Commission, SIAE, Università La Sapienza, Centro Sperimentale di
Cinematografia, Rai Fiction, ANICA, Premio Solinas, Altaroma, AGIS, ANEC, Agiscuola, ANEM,
GiffonyAcademy, Università di Pisa e 1oo autori. Promosso e organizzato da ANCEF.
ANICA WEB - ANICA WEB - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Roma Lazio Film Commission annuncia il vincitore del concorso
Movieland, dedicato alle web series
03/10/2016 18:42
Sito Web
rbcasting.com
Movieland-vincitori-2016
L'Assessorato Turismo Formazione Ricerca della Regione Lazio con Roma Lazio Film Commission e con il
supporto di Roma Web Fest, primo festival internazionale in Italia dedicato al mondo delle web serie e dei
contenuti digitali, annunciano il vincitore del bando Movieland, concorso dedicato alle web serie (puntate
zero).
"Romolo + Giuly" di Michele Bertini Margarini, prodotto da Zerosix Productions, è la web serie vincitrice del
premio di 5.000,00 euro, uno spaccato della dimensione territoriale romana e laziale reso in maniera
innovativa e originale. L'anteprima proiettata durante la cerimonia di premiazione del Roma Wew Fest del 2
ottobre al MAXXI ha riscosso grande successo di pubblico.
Il Lazio, seconda regione a livello europeo per impegni e risorse destinate al settore cinematografico e
audiovisivo, vede tra i fondi disponibili il Fondo Cinema dell'Assessorato alla Cultura, aperto anche alle
webseries, una scelta strategica che valorizza i linguaggi innovativi in grado di promuovere il turismo,
evidenziando le risorse artistiche, culturali e paesaggistiche della regione, e promuovendo il settore nelle
sue più giovani leve, in sintonia con la dimensione internazionale che caratterizza il settore web.
La Giuria: Dott.ssa Flaminia Santarelli - Dirigente Area Promozione Assessorato Turismo Formazione
Ricerca Regione Lazio; Janet De Nardis - Direttore Artistico del Roma Web Fest; Cristina Priarone Direttore Generale Roma Lazio Film Commission; Michael Ajakwe - Direttore del Los Angeles Web Fest;
Ivan Silvestrini - regista.
Il Roma Web Fest è sostenuto dal MiBACT e dalla Regione Lazio, e si svolge con il patrocinio del Comune
di Roma, Roma Lazio Film Commission, SIAE, Università La Sapienza, Centro Sperimentale di
Cinematografia, Rai Fiction, ANICA, Premio Solinas, Altaroma, AGIS, ANEC, Agiscuola, ANEM,
GiffonyAcademy, Università di Pisa e 1oo autori. Promosso e organizzato da ANCEF.
ANICA WEB - ANICA WEB - Rassegna Stampa 05/10/2016 - 05/10/2016
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Roma Web Fest 2016: "Romolo + Giuly" vince il concorso Movieland