Terapia del dolore , nasce la rete nazionale

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Terapia del dolore , nasce la rete nazionale
23/01/2016
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Terapia del dolore , nasce la rete nazionale
È LA PRIMA rete nazionale di terapia del dolore che unisce in un 'network del dolore' i centri Hub da tutta
Italia, dalla Lombardia alla Calabria, passando per Toscana: si chiama Pinhub (Pain Interregional Network
Hub), e si propone come una rete nazionale che nasce con lo scopo di superare le differenze regionali nella
cura del cittadino con dolore. Tanti i progetti che Pinhub porterà avanti, presentati nel corso del 1° Scientific
Forum: la prima sfida è una ricerca scientifica internazionale sul mal di schiena, patologia che colpisce tra i
12 ed i 15 milioni di Italiani, con una conseguenza di 30 milioni di giornate lavorative perse. Si tratta del più
importante progetto di ricerca scientifica degli ultimi anni sul mal di schiena. Pinhub promuoverà quindi dei
percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali per la cura del dolore alla schiena, e ha dato vita ad un
apposito numero verde (800.178.541) aperto a tutti i cittadini che hanno avuto un episodio improvviso di
dolore acuto, che potranno così essere indirizzati al centro più vicino. È stata presentata anche una
campagna educazionale e di sensibilizzazione, in partnership con la federazione Ordini farmacisti italiani,
per dare informazioni ai cittadini sulla gestione appropriata della terapia del dolore e per favorire un miglior
contatto con i coordinatori dei centri Hub più vicini. Maurizio Costanzo
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 25/01/2016
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IL PROGETTO VIA SUBITO AD UNA RICERCA MONDIALE SUL MAL DI SCHIENA
23/01/2016
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Il Quotidiano del Sud - Irpinia
Parte dal carcere il progetto per la terapia del dolore
Dal prossimo 17 marzo il servizio di terapia del dolore sarà attivo anche nel carcere maschile di
Poggioreale. Attualmente il servizio è attivo solo nel penitenziario femminile di Pozzuoli ma l'obiettivo è
quello di farlo arrivare all'interno di tutti gli istituti penitenziari. Il progetto 'Arrestare il dolore per liberare un
dirittò è promosso da 'Pinhub' - il network dei centri italiani specializzati nella cura del dolore - ed è stato
presentato oggi a Firenze nel corso del primo'Scientific forum'.«Si tratta di un progetto molto importante ha affermato Pietro Vassetti, responsabile del centro hub regionale San Giuliano Asl Napoli 2 Nord - perchè
anche chi è in carcere deve vedere rispettati i propri diritti e adesso, grazie al network esteso di pinhub,
contiamo di estendere questo dirittoanche alle strutture penitenziarie di tutte le altre regioni italiane. Il
dolore deve essere 'fuorileggè anche nelle carceri». 'Pinhub' è una rete nazionale di terapia del dolore che
unisce in un unico 'network' i centri (Hub) di tutta Italia.
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 25/01/2016
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NAPOLI
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di DONATELLA BARBETTA ALLEVIARE il dolore dei malati colpiti da tumore osseo. Non è un sogno, ma
l'obiettivo della ricerca portata avanti nell'Istituto ortopedico Rizzoli grazie a un finanziamento
dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro, Airc, di cui gran parte deriva dalla raccolta fondi, tra cui
anche la distribuzione delle 'arance della salute', iniziativa che torna sabato nelle piazze italiane - elenco su
www.airc.it oppure numero speciale 840 001 001-. Con una donazione di 9 euro si avrà una reticella del
peso di 2,5 chili. Per scoprire l'elenco, www.airc.it. Sofia Avnet, 40 anni, è la biotecnologa impegnata a
migliorare la qualità della vita dei pazienti, lavora nel laboratorio di Fisiopatologia ortopedica e medicina
rigenerativa, diretto dal professor Nicola Baldini. Dottoressa Avnet, in che modo cerca di togliere il dolore?
«Sto studiando quei meccanismi che non rispondono alle attuali terapie contro il dolore basate su farmaci
anti-infiammatori, bisfosfonati, radioterapia o oppiacei. Finora questo settore dei tumori ossei e in
particolare del microambiente in cui si sviluppano, non è stato approfondito, perché è stata data priorità al
tentativo di prolungare la sopravvivenza del malato». Lei, invece, punta sul benessere? «Sì, è un aspetto di
grande importanza, una strada nuova e appassionante». Che cosa ha scoperto finora? «Ho verificato in
laboratorio che i tumori ossei si sviluppano in un microambiente molto acido a causa del particolare
metabolismo delle cellule neoplastiche. L'acidità condiziona il comportamento del tumore e dei fenomeni
reattivi, ma può anche essere responsabile direttamente della stimolazione nervosa che provoca il dolore. I
modelli preclinici ottenuti hanno dato risultati promettenti tramite l'impiego di farmaci che bloccano i
meccanismi di acidificazione del tumore». Quali farmaci sono stati usati? «Gli inibitori della pompa
protonica, un gruppo di molecole comunemente usate per inibire la secrezione acida gastrica, come
l'omeprazolo e il pantoprazolo. Siamo ricorsi anche ad approcci terapeutici più innovativi, come l'uso della
molecola arancio di acridina che viene radioattivata localmente sul tumore con un'emissione di raggi a
bassa dose». Come agiscono queste terapie? «Hanno l'effetto di ridurre il rilascio di acidi da parte delle
cellule tumorali nel microambiente. Gli inibitori di pompa protonica bloccano direttamente il rilascio
dell'acido, l'arancio di acridina attivata uccide selettivamente le cellule tumorali che hanno accumulato
molto acido all'interno della cellula». Quanto tempo passerà per arrivare ad alleviare il dolore dei pazienti?
«Spero non molto. Il finanziamento Airc mi ha permesso di assumere un collaboratore per la ricerca e di
acquistare il necessario per portare avanti lo studio, a cui partecipano anche l'Università dell'Aquila e l'Irst
di Meldola. Per questo è importante la raccolta fondi e invito tutti a partecipare alla nuova edizione delle
'arance della salute'».
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/01/2016
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«Meno dolore per i malati di cancro» La ricercatrice: lotta contro l'acido
28/01/2016
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Come gestire il dolore post operatorio
Dopo un intervento chirurgico il dolore è la sensazione più temuta
Mi fa male". Quante volte, dopo un intervento chirurgico (ogni anno entrano in sala operatorie quattro
milioni di italiani), si è arrivati a dichiarare come il dolore sia una delle cose più temute, e per certi versi
ritenute ineluttabili. Ma non è così. Quel "male" può essere combattuto, a prescindere dal tipo di
operazione. Solo c'è da fare di più, perché la gestione del dolore post operatorio in Italia risulta ben al di
sotto degli standard europei. Lo rileva - suffragando l'allarme con una notevole mole di dati - un articolo
scientifico realizzato da un'equipe guidata da Flaminia Coluzzi, docente di Anestesia e Rianimazione
dell'Università La Sapienza di Roma, e pubblicato sulla European Review for Medical and Pharmacological
Sciences. L'articolo propone un raffronto fra i dati raccolti attraverso due survey del 2006 e del 2012, su un
campione rappresentativo di oltre il 40 per cento degli ospedali pubblici italiani (ben 289 le strutture che
hanno risposto all'analisi del 2012) - realizzate a cura della Società Italiana di Anestesia, Analgesia,
Rianimazione e Terapia Intensiva. La situazione che emerge conferma come ci siano spazi di
miglioramento. Dal punto di vista dell'organizzazione, solo la metà degli ospedali analizzati - e con notevoli
sperequazioni regionali - ha attivato un Servizio del dolore acuto post operatorio (Acute Pain Service): si
tratta di un'unità che prevede come l'anestesista deve assumere un ruolo di coordinamento di un team
responsabile proprio della gestione del dolore post operatorio. Dal punto di vista dei servizi, solo il 10 per
cento dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico ha ricevuto un trattamento del dolore post operatorio
rispondente alle linee guida, che richiedono un trattamento personalizzato sul tipo di paziente e sul tipo di
dolore. Si tratta di terapie multimodali e controllabili dal paziente sotto supervisone medica. «Tutti noi siamo
consapevoli che nonostante la riconosciuta preparazione degli anestesisti, i quali hanno il compito
istituzionale di garantire l'analgesia in fase post chirurgica, il dolore post operatorio è trattato nella maggior
parte dei casi attraverso presidi a infusione fissa e continua - spiega Guido Fanelli, Direttore della U.O.C. di
Anestesia e Rianimazione e del Centro Hub di terapia del Dolore dell'A.O.U. di Parma - . Ciò significa che
l'effetto antalgico non è adeguatamente modulato nel tempo, né sufficientemente adattato alle
caratteristiche specifiche del paziente, come l'intervento cui è stato sottoposto, la sua massa corporea, il
sesso o il metabolismo». Anche sul fronte dei cittadini, peraltro, emergono ancora carenze nel controllo del
problema. Il Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva nel 2014 ha condotto un monitoraggio
nell'ambito del programma IN-DOLORE, volto ad indagare, attraverso la raccolta di dati oggettivi negli
Ospedali integrata da interviste ai degenti, l'attuazione di alcuni aspetti della legge 38 (dedicata a questa
tematica) e il rispetto del diritto a non soffrire inutilmente. I dati dell'indagine, che ha coinvolto su adesione
spontanea 46 Ospedali, 214 reparti e 711 persone ricoverate, mostrano che nel 31 er cento delle chirurgie
ortopediche non sono presenti protocolli operativi per la gestione del dolore postoperatorio. Nei reparti di
chirurgia ortopedica si usano strumenti per la rilevazione e valutazione periodica del dolore, ma solo due
strutture su dieci hanno provveduto a formare sulla gestione del dolore almeno il 90 per cento del
personale. Federico Mereta RIPRODUZIONE RISERVATA
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/01/2016
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UNO STUDIO SULLA SITUAZIONE NEGLI OSPEDALI ITALIANI
29/01/2016
Pag. 24 Ed. Benevento
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«House Hospital»
Cure palliative , ecco le «sentinelle»
In Campania e nel Sannio occorre più considerazione alle esigenze dei malati oncologici. Lo sostiene
l'associazione «House Hospital onlus» che dall'11 gennaio ha messo in rete il sito
www.hospicecampania.it. Il portale ha fatto registrare migliaia di contatti e richieste di informazioni e di
sostegno. Ne emerge uno spaccato preoccupante: il malato oncologico nel 10% dei casi vive da solo, nel
25% con un familiare che per seguire il congiunto spesso deve interrompere o modificare il proprio lavoro.
Solo 30 persone su 100 sanno che esiste la terapia del dolore, e l'80% non ha notizia dell'esistenza di
specialisti e di non conoscere ambulatori ad hoc per la terapia del dolore. Nella percezione comune, la
peggiore preoccupazione in caso di malattia grave riguarda la perdita dell'autosufficienza (60%), seguita
dalla depressione (42%), dal dolore fisico (35%), dall'abbandono/solitudine (15 per cento), e dall'ansia (5
per cento). Per dare sostegno agli ammalati dal 1° marzo «House Hospital Onlus» istituirà le cosiddette
«sentinelle del sollievo»: 10 operatori, spiega il dottore Sergio Canzanella appositamente formati che
segnaleranno, ai sensi della legge 38/10, i diritti negati ai cittadini sulle cure palliative e medicina del dolore
».
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 29/01/2016
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