Terapia del dolore , nasce la rete nazionale
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Terapia del dolore , nasce la rete nazionale
23/01/2016 Pag. 19 diffusione:88274 tiratura:127149 Terapia del dolore , nasce la rete nazionale È LA PRIMA rete nazionale di terapia del dolore che unisce in un 'network del dolore' i centri Hub da tutta Italia, dalla Lombardia alla Calabria, passando per Toscana: si chiama Pinhub (Pain Interregional Network Hub), e si propone come una rete nazionale che nasce con lo scopo di superare le differenze regionali nella cura del cittadino con dolore. Tanti i progetti che Pinhub porterà avanti, presentati nel corso del 1° Scientific Forum: la prima sfida è una ricerca scientifica internazionale sul mal di schiena, patologia che colpisce tra i 12 ed i 15 milioni di Italiani, con una conseguenza di 30 milioni di giornate lavorative perse. Si tratta del più importante progetto di ricerca scientifica degli ultimi anni sul mal di schiena. Pinhub promuoverà quindi dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali per la cura del dolore alla schiena, e ha dato vita ad un apposito numero verde (800.178.541) aperto a tutti i cittadini che hanno avuto un episodio improvviso di dolore acuto, che potranno così essere indirizzati al centro più vicino. È stata presentata anche una campagna educazionale e di sensibilizzazione, in partnership con la federazione Ordini farmacisti italiani, per dare informazioni ai cittadini sulla gestione appropriata della terapia del dolore e per favorire un miglior contatto con i coordinatori dei centri Hub più vicini. Maurizio Costanzo TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 25/01/2016 13 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PROGETTO VIA SUBITO AD UNA RICERCA MONDIALE SUL MAL DI SCHIENA 23/01/2016 Pag. 8 Il Quotidiano del Sud - Irpinia Parte dal carcere il progetto per la terapia del dolore Dal prossimo 17 marzo il servizio di terapia del dolore sarà attivo anche nel carcere maschile di Poggioreale. Attualmente il servizio è attivo solo nel penitenziario femminile di Pozzuoli ma l'obiettivo è quello di farlo arrivare all'interno di tutti gli istituti penitenziari. Il progetto 'Arrestare il dolore per liberare un dirittò è promosso da 'Pinhub' - il network dei centri italiani specializzati nella cura del dolore - ed è stato presentato oggi a Firenze nel corso del primo'Scientific forum'.«Si tratta di un progetto molto importante ha affermato Pietro Vassetti, responsabile del centro hub regionale San Giuliano Asl Napoli 2 Nord - perchè anche chi è in carcere deve vedere rispettati i propri diritti e adesso, grazie al network esteso di pinhub, contiamo di estendere questo dirittoanche alle strutture penitenziarie di tutte le altre regioni italiane. Il dolore deve essere 'fuorileggè anche nelle carceri». 'Pinhub' è una rete nazionale di terapia del dolore che unisce in un unico 'network' i centri (Hub) di tutta Italia. TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 25/01/2016 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato NAPOLI 28/01/2016 Pag. 12 diffusione:113338 tiratura:156629 di DONATELLA BARBETTA ALLEVIARE il dolore dei malati colpiti da tumore osseo. Non è un sogno, ma l'obiettivo della ricerca portata avanti nell'Istituto ortopedico Rizzoli grazie a un finanziamento dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro, Airc, di cui gran parte deriva dalla raccolta fondi, tra cui anche la distribuzione delle 'arance della salute', iniziativa che torna sabato nelle piazze italiane - elenco su www.airc.it oppure numero speciale 840 001 001-. Con una donazione di 9 euro si avrà una reticella del peso di 2,5 chili. Per scoprire l'elenco, www.airc.it. Sofia Avnet, 40 anni, è la biotecnologa impegnata a migliorare la qualità della vita dei pazienti, lavora nel laboratorio di Fisiopatologia ortopedica e medicina rigenerativa, diretto dal professor Nicola Baldini. Dottoressa Avnet, in che modo cerca di togliere il dolore? «Sto studiando quei meccanismi che non rispondono alle attuali terapie contro il dolore basate su farmaci anti-infiammatori, bisfosfonati, radioterapia o oppiacei. Finora questo settore dei tumori ossei e in particolare del microambiente in cui si sviluppano, non è stato approfondito, perché è stata data priorità al tentativo di prolungare la sopravvivenza del malato». Lei, invece, punta sul benessere? «Sì, è un aspetto di grande importanza, una strada nuova e appassionante». Che cosa ha scoperto finora? «Ho verificato in laboratorio che i tumori ossei si sviluppano in un microambiente molto acido a causa del particolare metabolismo delle cellule neoplastiche. L'acidità condiziona il comportamento del tumore e dei fenomeni reattivi, ma può anche essere responsabile direttamente della stimolazione nervosa che provoca il dolore. I modelli preclinici ottenuti hanno dato risultati promettenti tramite l'impiego di farmaci che bloccano i meccanismi di acidificazione del tumore». Quali farmaci sono stati usati? «Gli inibitori della pompa protonica, un gruppo di molecole comunemente usate per inibire la secrezione acida gastrica, come l'omeprazolo e il pantoprazolo. Siamo ricorsi anche ad approcci terapeutici più innovativi, come l'uso della molecola arancio di acridina che viene radioattivata localmente sul tumore con un'emissione di raggi a bassa dose». Come agiscono queste terapie? «Hanno l'effetto di ridurre il rilascio di acidi da parte delle cellule tumorali nel microambiente. Gli inibitori di pompa protonica bloccano direttamente il rilascio dell'acido, l'arancio di acridina attivata uccide selettivamente le cellule tumorali che hanno accumulato molto acido all'interno della cellula». Quanto tempo passerà per arrivare ad alleviare il dolore dei pazienti? «Spero non molto. Il finanziamento Airc mi ha permesso di assumere un collaboratore per la ricerca e di acquistare il necessario per portare avanti lo studio, a cui partecipano anche l'Università dell'Aquila e l'Irst di Meldola. Per questo è importante la raccolta fondi e invito tutti a partecipare alla nuova edizione delle 'arance della salute'». TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/01/2016 13 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Meno dolore per i malati di cancro» La ricercatrice: lotta contro l'acido 28/01/2016 Pag. 42 diffusione:46544 tiratura:55841 Come gestire il dolore post operatorio Dopo un intervento chirurgico il dolore è la sensazione più temuta Mi fa male". Quante volte, dopo un intervento chirurgico (ogni anno entrano in sala operatorie quattro milioni di italiani), si è arrivati a dichiarare come il dolore sia una delle cose più temute, e per certi versi ritenute ineluttabili. Ma non è così. Quel "male" può essere combattuto, a prescindere dal tipo di operazione. Solo c'è da fare di più, perché la gestione del dolore post operatorio in Italia risulta ben al di sotto degli standard europei. Lo rileva - suffragando l'allarme con una notevole mole di dati - un articolo scientifico realizzato da un'equipe guidata da Flaminia Coluzzi, docente di Anestesia e Rianimazione dell'Università La Sapienza di Roma, e pubblicato sulla European Review for Medical and Pharmacological Sciences. L'articolo propone un raffronto fra i dati raccolti attraverso due survey del 2006 e del 2012, su un campione rappresentativo di oltre il 40 per cento degli ospedali pubblici italiani (ben 289 le strutture che hanno risposto all'analisi del 2012) - realizzate a cura della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva. La situazione che emerge conferma come ci siano spazi di miglioramento. Dal punto di vista dell'organizzazione, solo la metà degli ospedali analizzati - e con notevoli sperequazioni regionali - ha attivato un Servizio del dolore acuto post operatorio (Acute Pain Service): si tratta di un'unità che prevede come l'anestesista deve assumere un ruolo di coordinamento di un team responsabile proprio della gestione del dolore post operatorio. Dal punto di vista dei servizi, solo il 10 per cento dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico ha ricevuto un trattamento del dolore post operatorio rispondente alle linee guida, che richiedono un trattamento personalizzato sul tipo di paziente e sul tipo di dolore. Si tratta di terapie multimodali e controllabili dal paziente sotto supervisone medica. «Tutti noi siamo consapevoli che nonostante la riconosciuta preparazione degli anestesisti, i quali hanno il compito istituzionale di garantire l'analgesia in fase post chirurgica, il dolore post operatorio è trattato nella maggior parte dei casi attraverso presidi a infusione fissa e continua - spiega Guido Fanelli, Direttore della U.O.C. di Anestesia e Rianimazione e del Centro Hub di terapia del Dolore dell'A.O.U. di Parma - . Ciò significa che l'effetto antalgico non è adeguatamente modulato nel tempo, né sufficientemente adattato alle caratteristiche specifiche del paziente, come l'intervento cui è stato sottoposto, la sua massa corporea, il sesso o il metabolismo». Anche sul fronte dei cittadini, peraltro, emergono ancora carenze nel controllo del problema. Il Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva nel 2014 ha condotto un monitoraggio nell'ambito del programma IN-DOLORE, volto ad indagare, attraverso la raccolta di dati oggettivi negli Ospedali integrata da interviste ai degenti, l'attuazione di alcuni aspetti della legge 38 (dedicata a questa tematica) e il rispetto del diritto a non soffrire inutilmente. I dati dell'indagine, che ha coinvolto su adesione spontanea 46 Ospedali, 214 reparti e 711 persone ricoverate, mostrano che nel 31 er cento delle chirurgie ortopediche non sono presenti protocolli operativi per la gestione del dolore postoperatorio. Nei reparti di chirurgia ortopedica si usano strumenti per la rilevazione e valutazione periodica del dolore, ma solo due strutture su dieci hanno provveduto a formare sulla gestione del dolore almeno il 90 per cento del personale. Federico Mereta RIPRODUZIONE RISERVATA TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/01/2016 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato UNO STUDIO SULLA SITUAZIONE NEGLI OSPEDALI ITALIANI 29/01/2016 Pag. 24 Ed. Benevento diffusione:48191 tiratura:71039 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «House Hospital» Cure palliative , ecco le «sentinelle» In Campania e nel Sannio occorre più considerazione alle esigenze dei malati oncologici. Lo sostiene l'associazione «House Hospital onlus» che dall'11 gennaio ha messo in rete il sito www.hospicecampania.it. Il portale ha fatto registrare migliaia di contatti e richieste di informazioni e di sostegno. Ne emerge uno spaccato preoccupante: il malato oncologico nel 10% dei casi vive da solo, nel 25% con un familiare che per seguire il congiunto spesso deve interrompere o modificare il proprio lavoro. Solo 30 persone su 100 sanno che esiste la terapia del dolore, e l'80% non ha notizia dell'esistenza di specialisti e di non conoscere ambulatori ad hoc per la terapia del dolore. Nella percezione comune, la peggiore preoccupazione in caso di malattia grave riguarda la perdita dell'autosufficienza (60%), seguita dalla depressione (42%), dal dolore fisico (35%), dall'abbandono/solitudine (15 per cento), e dall'ansia (5 per cento). Per dare sostegno agli ammalati dal 1° marzo «House Hospital Onlus» istituirà le cosiddette «sentinelle del sollievo»: 10 operatori, spiega il dottore Sergio Canzanella appositamente formati che segnaleranno, ai sensi della legge 38/10, i diritti negati ai cittadini sulle cure palliative e medicina del dolore ». TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 29/01/2016 8