Estratto dell`intervento di Provenzale al Convegno di

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Estratto dell`intervento di Provenzale al Convegno di
L’amore nelle opere di
William Shakespeare
Se parlate d’amor, parlate piano
(Don Pedro, Molto Rumore Per Nulla, atto III, scena I)
Misteriosa biografia
William Shakespeare era Inglese?
Forse si può affrontare questa annosa questione sulla base di una polisemia
che porti ad una pluralità dei modi d’indagine, piuttosto che rincorrere una
riconoscimento che arrivi alla immanenza della connotazione univoca.
Inglese? Le notizie della nascita di un W.S. a Stratford e una sua brevissima
(tre anni) frequenza in una scuola locale dimostrano piuttosto il contrario: un
personaggio come Shakespeare famosissimo già ai suoi tempi non poteva non
lasciare appena qualche traccia. Moglie, figli e tomba, forse qualche falso
storico ben confezionato.
Dove aveva imparato tanta conoscenza? Quali i suoi maestri? Risposte che
indirizzano a un personaggio parallelo, ma forse egli stesso il personaggio.
John Florio1. Un intellettuale di cui invece (e stranamente sino alla comparsa
del personaggio Shakespeare) si sa moltissimo; egli era d’origine italiana e in
stretti rapporti con Giordano Bruno con cui scrisse la commedia Love’s
1
John Florio nacque a Londra nel 1553 da Michelangelo Florio, un erudito italiano riparato a
Londra per motivi religiosi e personaggio molto introdotto nell’ambiente dell’aristocrazia
inglese.
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Labour’s lost che, secondo lo studioso J. Harding, fu rielaborata da Florio e
Will (uno “Shaksper” da Stratford) erroneamente considerato l'unico ed
esclusivo ‘Shakespeare’. Florio nel 1583 diventò tutore del Conte di
Southampton, Henry Wriotesley.
Lo stesso H.W. cui sono dedicati i 126 sonetti a firma di W.S.?
Coincidenza che Florio e W.S. conoscessero il personaggio? Eppure F. e S.
pare non si siano mai incontrati. Per incontrasi infatti bisogna essere due
persone diverse…
Alcuni studiosi hanno analizzato il rapporto Florio-Shakespeare: il Tassinari
scrive “Shakespeare? E’ il nome d’arte di John Florio”; John Harding, che ha
dedicato anni di ricerca al rapporto Florio-Shakespeare, aggiunge che intorno
al 1584 Florio firmava con lo pseudonimo di John Soowthern, tradotto in
italiano ‘Giovanni che proviene dal sud’. In questo caso Italia del Sud.
Alcuni Paesi o Città tentano di candidarsi a luogo natale di W.S.
Ne segnalo uno tra gli ultimi: Messina, forte del rinvenimento della
trascrizione del battesimo (lo stesso 1564) di un Michele Agnolo Florio (!)
figlio del medico Giovanni Florio (tradotto John Florio) e della nobildonna
Guglielmina Crolla Lanza2 (tradotto Willelmina Shake Speare (doppio
cognome).
Questo Michelangelo Florio studio’ latino, greco e storia presso i Francescani
di Messina3 prendendone il saio, ma a 15 anni fu costretto a fuggire con la
famiglia in Veneto, a causa delle idee calviniste del padre, condannato al rogo
dal Sant'Uffizio per aver pubblicato un libello sgradito alla Chiesa cattolica.
I primi dubbi sulla nazionalità del Bardo vennero colti proprio in Italia, nei
primi anni venti del secolo scorso, quando venne ritrovato un volume di
proverbi, I secondi frutti, scritto nel XVI secolo da uno scrittore calvinista del
Nord Italia, tale Michelangelo Crollalanza. Molti di questi detti sono gli stessi
utilizzati da William Shakespeare nell’Amleto. Coincidenza? E’ la prima.
Qualche anno più tardi il professor Besta, dell'Università di Palermo, annotò
le perplessità che provenivano anche da alcuni biografi del sommo poeta.
Il quesito é sempre quello: William Shakespeare era veramente Inglese? O,
come ha sostenuto il Prof. Iuvara, era originario di Messina?
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Lo Stemmario Crollalanza, ovvero il Dizionario Storico-Blasonico di G. B. Crollalanza, Pisa
1886 è considerato la "Bibbia Araldica" ed è riconosciuto da tutte le società araldiche come
la fonte storica più autorevole delle famiglie nobili o notabili italiane. La famiglia è oriunda
milanese. Giovanni Alboino, nel 1147 seguì Corrado III alla seconda crociata. Per il valore
mostrato nei tornei fu soprannominato Crolla-Lancia. Suo figlio, Cristoforo stabilì la sua
famiglia a Piuro nel contado di Chiavenna, dove si rifugiò dopo la distruzione di Milano
(Federico Barbarossa, 1162) mentre suo nipote Cesare si trasferì a Palermo al seguito di
Federico II di Svevia che lo nominò Revisore perpetuo delle vettovaglie. Poco dopo la metà
del XVI secolo i fratelli Panfilo, Girolamo e Giovanni Andrea Crollalanza di Piuro si
stabilirono a Piacenza, aprendo una casa commerciale che con ricchissimi banchi in Amburgo
e Londra.
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S’insediarono in Sicilia nel 1255 iniziando quell’imponente chiesa ritratta da Antonello da
Messina nella Pietà Correr.
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Questa attribuzione di paternità fa sorridere gli Inglesi che usano l’arma
dell’ironia per non affrontare – a sufficienza – l’argomentazione.
Messina? Quella piccola città del sud del sud Europa?
Affresco nel Palazzo Bazan, XVI secolo
Un momento.
La Messina di metà Cinquecento con oltre 100.00 abitanti era più grande di
Londra, che ne contava 70-80.000. Era una delle capitali del Rinascimento e
le sue costruzioni erano in muratura (e non di legno) con disegni e dettagli
scultorei dei migliori architetti dell’epoca, quasi tutti formati alla scuola di
Michelangelo. Messina, ancor prima di Roma, aveva un piano regolatore ante
litteram, aveva l’acqua portata da un acquedotto sotterraneo, un’Università
fondata direttamente da Sant’Ignazio4, un Palazzo reale in costruzione, un
fiorente commercio (e produzione) della seta, un sistema di navi commerciali
e da corsa5 pari (e di rinforzo) a quello dei Cavalieri di Malta… Non era
l’attuale Messina che giace sopra ‘quell’altra città’ (terremotata e
bombardata) di cui porta solo il nome.
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Nel 1548, Ignazio de Loyola fondò a Messina il primo Collegio dei Gesuiti al mondo,
ovvero il Messanense Collegium Prototypum Societatis Iesu. Dopo questo i Gesuiti ne
fonderanno molti altri nel mondo facendo dell'insegnamento il segno distintiv0 dell'Ordine. Il
Collegium in seguito si trasformerà nel Messanense Studium Generale e nell'Università di
Messina
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I corsari avevano una patente reale, i pirati no.
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Incrocio con due delle Quattro Fontane sec. XVI e succ., illustrazione dell’Autore
C’è una Messina descritta da W.S.?
Sì, è quella presente in Antonio e Cleopatra (1608), Racconto d’inverno
(1611) e principalmente Molto rumore per nulla.
Nella prima dimostra che l’Autore conosceva bene un episodio ‘messinese’
del 36 a.C. e anche Plutarco che l’aveva scritta nella sua Vita d’Antonio.
Nell’ultima, interamente ambientata a Messina, W.S. racconta una Città, cui
assegna un vantaggio: W.S. ci porge un’opera in cui la letteratura fa’ parte di
quei rari fenomeni storici in grado di illuminarne altri, in modo circolare – a
volte deformato ellittico – invece di esserne soltanto illuminata o peggio
determinata
In MRPN Egli non nomina una chiesa o un monumento messinese, perché a
quell’epoca non c’era ancora bisogno di guide. Shakespeare racconta la città
con una profonda analisi e trasposizione in versi della società messinese della
fine del ‘500. Se le date sopra riportate sono esatte lui è vissuto a Messina solo
i primi 15 anni. Dunque racconta ciò che ha percepito nella prima
adolescenza. Il convento dei francescani della sua prima educazione,
sintetizzato nell’intelligente ed arguto Frate Francesco celebrante del mancato
matrimonio dei protagonisti della commedia. S. ambienta il matrimonio in
‘una chiesa’ che doveva essere proprio quella di S. Francesco d’Assisi fondata
nel 1254 quando S. Francesco era ancora vivo, seconda solo alla Cattedrale, e
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la dice sede di una tomba di famiglia mai violata. Descrive una nobiltà locale
(Leonato, Governatore di Messina), saggia e prudente nei confronti degli
occupanti spagnoli tutto intrigo ed inganni; descrive un ceto medio che vuole
scimmiottare gli aristocratici mutuandone il peggio e la bassa forza della
ronda di notte quasi colta perché due su tre sanno scrivere. Ciò non li esime
dall’essere presi in giro dalla classe veramente colta che li racconta come nelle
vecchie barzellette sui Carabinieri. D’altronde questa contrapposizione di
culture regge spesso il lato teatrale delle commedie di Shakespeare.
Aristocratici colti e preoccupati di come vestirsi e popolo argutamente spiccio
ed efficace nelle sue azioni.
“Quando i malfattori ricchi hanno bisogno dei malfattori poveri sono
quest’ultimi a stabilire il prezzo”.
I messinesi Leonato, Frate Francescano, Era, Beatrice e Dogberry/Corniolo6 in
MRPN sono eticamente positivi in contrapposizione ai cortigiani aragonesi
che hanno mentalità, comportamenti e linguaggio differenti. Dogberry
possiede l’arguzia popolare, ha il compito di smascherare le macchinazioni
della corte (rappresentata come luogo di menzogne e falsità) e di cercare di
guarirla.
L’aragonese Don Pedro pronuncia la frase rebus “…dovranno seppellirla a
faccia in su”. Cosa significa? Tutti vengono sepolti così. E allora? Viene in
aiuto un’antica metafora messinese che connota una persona superba o
semplicemente orgogliosa ‘ ‘ca nasca addritta’ (con il naso tirato in alto).
Descrizione fedele di Beatrice innamorata di Benedetto, ma orgogliosa anche
da morta.
(Una strana coincidenza è – pare – il rinvenimento di un testo teatrale di
Michele Agnolo Florio intitolato Troppu traficu ppi nnienti oggi rielaborato
da Andrea Camilleri. Mettiamo pure un punto di domanda e concediamoci il
dubbio che sia lo stesso tradotto in Much Ado About Nothing…)
Tante coincidenze forse troppe uniscono i nomi Florio-Shakespeare.
Il mistero sulla biografia di W.S. potrebbe essere proprio una tramacapolavoro di Shakespeare-Florio che dovendo fuggire da Messina a causa
della persecuzione religiosa (Il padre era calvinista) si rifugia a Venezia
(stessa casa di Otello), poi a Verona (innamorato di una certa Giulietta) e
Milano (La Tempesta) per finire in Inghilterra in casa di uno Shakespeare
cugino della madre. Magari discendente da quel ramo piurese (Chiavenna) che
aveva fiorente banco a Londra, magari che aveva già tradotto in inglese il suo
nome Crolla Lanza in Shakespeare.
Mentre W.S. camminava sul filo del rasoio della mancanza d’identità, ‘l’altro’
Florio era un’autorità indiscussa nell’ambito della letteratura e del teatro
(anche Sovrintendente ai Teatri Reali). Con una complicazione dalle tinte
gialle.
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Dogberry (duro come il legno corniolo, o ‘dolce’ - sotto la scorza – come la ‘corniola’, nome
messinese di un’uva bianca dagli acini allungati), è Ufficiale di pace e verace personaggio del
ceto medio. Il suo linguaggio non è a livello dei cortigiani e queste sue difficoltà ‘linguistiche’
generano scene divertenti. Egli recita in una imprecisa forma inglese polisemica, usando
l’italiano, il simil-spagnolo, la gesticolazione e/o usando alcuni malapropism ossia numerosi
‘buffi scambi di parole’. Dogberry recita: “Comparisons are odorous, palabras, neighbour
Verges ” (i.e., odious; Act 3, Scene V).
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John Florio (Londra 1553-Fulham 1625), da fonti inglesi è detto figlio di
Michelangelo Florio7, nato durante il regno di Edoardo VI e audefinitosi
sempre «an Englishman in Italian».
Nella fonte italiana John è – al contrario – il padre di Michelangelo. A meno
di un nonno Michelangelo, un figlio John e un nipote ancora Michelangelo.
Alla fine i nomi che si ricavano da questo voluto ‘polverone’ sono John
Florio, traducendo il nome del padre; William Shakespeare, traducendo il
nome della madre; il William preso a prestito da un defunto figlio del
guantaio/commerciante di pellami Shakespeare di Stratford; il John
Soowthern ‘Giovanni che proviene dal sud’. In aggiunta potrebbero esserci
due William Shakespeare: l’attore che il contemporaneo scrittore Ben Jonson
dice avere “poca conoscenza del latino e meno del greco” e il drammaturgo
che si firma W.S., Egli è profondo conoscitore di musica, letteratura latina e
greca, etichetta di corte, termini giuridici e marinari, che descrive l’Italia e
dimostra carattere e spirito italiano…
Alla fine, sino ai giorni nostri resta irrisolto un puzzle ben orchestrato e
aiutato dalla mancata pubblicazione della biblioteca (340 volumi e forse una
biografia vera) di W.S… o J. Florio lasciata a Lord Pembroke e dispersa.
D’altronde il ‘fare confusione’ sulla propria identità8 era il meno che il Grande
potesse fare per sfuggire all’Inquisizione inglese e al suo ribaltamento con la
restaurazione cattolica voluta dalla regina Bloody Mary.
Analisi comparata
Ci piacerebbe, ma nessuno può documentare date e paternità.
Possiamo capirne di più confrontando le opere e la scrittura di Florio e
Shakespeare.
Chiunque cerchi chiarimenti sul linguaggio di Shakespeare e alle sue
straordinarie capacità grammaticali deve fare riferimento A World of Words’
dizionario italo-inglese che Florio cominciò a preparare alla fine del
Cinquecento. Lì è presente la tecnica che Shakespeare userà con (troppa)
grande padronanza per comporre parole ed elaborare idee e concetti.
Tecniche linguistiche già praticate nei First Fruits e Second Fruits (1578):
entrambi testimoniano l’esistenza di uno “Shakespeare ante litteram” perché
in Inghilterra, prima di Florio nessuno aveva usato quelle strutture linguistiche
e Shakespeare le utilizzerà solo dopo Florio.
Un esempio è nella Tempesta, grammaticalmente modellata sui Saggi di
Montaigne tradotti e pubblicati da Florio nel 1603. Nello stesso anno - e
giusto per finire - Florio tradusse in italiano il Basilikon Doron (Dono Divino)
uno scritto che è fondamentale per molti lavori di W.S. e soprattutto per
Misura per Misura e Macbeth. Il Sovrintendente reale Florio l’avrebbe mai
permesso a un Shakespeare da Stratford?
Conclusione
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Un esule italiano proveniente da Lucca. Sappiamo poco sulla madre di Giovanni, ma si
pensa che fosse una inglese che Michelangelo conobbe negli ambiti di lord Burghley ossia
William Cecil, consigliere della regina Elisabetta I. Ciò spiegherebbe la notevole competenza
e conoscenza che Florio aveva della lingua inglese.
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Segnalazione: ci sono due Università che hanno un Master programme sull’argomento
dell’identità di Shakespeare:
- Concordia University (Oregon, USA) http://www.authorshipstudies.org
-Brunel University (London, U.K.) http://www.brunel.ac.uk/courses/arts/shakespeare/en5518
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Tutto ciò basta per avvicinare i due personaggi e dimostrarne l’origine
messinese? No. Ciò significherebbe sconvolgere Messina con una paternità
inaspettata e – ancor più – doversi assumere l’onere di aver culturalmente
formato il più grande scrittore di tutti i tempi. Poi i Messinesi dovrebbero
almeno intitolargli una strada e farsi promotori di (almeno uno) Convegno
Scespiriano di Riconoscimento. Imparando anche dagli Inglesi come si
valorizza un patrimonio culturale.
Conclusioni?
Nessuna, solo dibattiti aperti e ipertesti da archivi ormai esausti. Florio o
Shakespeare, Inghilterra o Italia interessa assai poco. La nostra fortuna è di
avere una Autore d’eccellenza che continua a influenzare la letteratura
mondiale ed essere il più apprezzato e rappresentato sui palcoscenici della
Terra.
Giuseppe Provenzale
Via Rombon 53, Milano [email protected] 02 2140620 3356244687
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