SUD SUDAN – SCHEDA PAESE La Repubblica del Sud Sudan
Transcript
SUD SUDAN – SCHEDA PAESE La Repubblica del Sud Sudan
SUD SUDAN – SCHEDA PAESE La Repubblica del Sud Sudan, con capitale Juba, è il più recente stato africano, in quanto, da regione autonoma del Sudan, ha raggiunto l’indipendenza da quest’ultimo il 9 luglio 2011, divenendo ufficialmente il 54° Stato africano, nonché l’unico istituitosi al di fuori della Conferenza di Berlino del 1884-85. Infatti, in seguito alla vittoria (98,83%) nel referendum sull’autodeterminazione tenutosi il 9 gennaio del 2011, il Sud Sudan è divenuto formalmente una Repubblica Presidenziale Federale, composta da 10 stati (Nord Bahr El Gazal, Ovest Bar El Gazal, Warrab, Unity, Nilo Superiore, Lakes, Jonglei, Ovest Equatoria, Equatoria Centrale, Est Equatoria). I 10 stati sono suddivisi in 86 contee, a loro volta suddivise in Payamas (assimilabili ai nostri comuni), e le Payamas in Bomas (frazioni). La capitale è Juba, ma l’attuale esecutivo ha già stabilito che entro sei anni verrà trasferita a Ramciel, nel centro del Paese. Il Paese confina a est con l’Etiopia, a sud con il Kenya, l’Uganda e la Repubblica Democratica del Congo, ad ovest con la Repubblica Centrafricana ed a nord con le province sudanesi di Darfur, Kordofan e Nilo Azzurro. Primo Presidente del nuovo paese è Salva Kiir Mayardit, vicepresidente Riek Machar. Il 14 luglio è diventato il 193esimo Paese membro delle Nazioni Unite. La lotta per l’indipendenza dal nord del Sudan ha avuto origine già negli anni ’50 del secolo scorso e si è esacerbata in due vere e proprie guerre civili che hanno provocato circa due milioni e mezzo di vittime e milioni di rifugiati; la prima, guidata dal movimento degli Anya-Nya, combattuta dal 1955 al 1972, la seconda, dal 1983 al 2005, vede la nascita dell’Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla) con a capo John Garang, alla cui morte nel 2005 gli succederà l’attuale Presidente del Sud Sudan Salva Kiir. Solo nel 2005 si porrà fine agli scontri, con la firma a Nairobi di un accordo di pace fra il Nord e il Sud, il Comprehensive Peace Agreement (CPA), che già aveva previsto il referendum in cui i popoli del Sud avrebbero potuto esprimersi sul loro futuro (con l’eccezione del popolo Nuba, che, nonostante abbia sempre lottato con il Sud, non è stato incluso in questo accordo). Il Sud Sudan ha una superficie che, a seconda delle aree ancora contese, consta di 620.000 o 644.329 km²; tale territorio potrebbe ulteriormente ampliarsi nel caso in cui i referendum che si terranno negli stati del Nilo Azzurro (45.844 km²) e del Sud Kordofan (158.355 km²) decretassero l’annessione alla repubblica neo costituitasi. Le lingue ufficiali sono l’inglese, l’arabo ed il denka; altri idiomi assai diffusi sono il nuer, lo zande, il bari e il shilluk. Secondo le stime dell’Unfpa la popolazione sarebbe compresa tra i 7.500.000 e i 9.700.000, mentre per il governo di Juba i dati salirebbero a 11-13.000.000, di cui un 17-22 % della popolazione insediata in città (stime 2009).1 Il Paese presenta circa 65 differenti gruppi etnici, tra cui i dinka (11%), i nuer (5%), bari (3%), azande (3%), shilluk/anwak (3%), lotuko, kuku, mundari, kakwa, pojulu, mou, acholi, madi, lulubo. Le religioni maggiormente praticate sono le tradizionali africane, il cristianesimo e l’islam. Da un punto di vista economico, in Sud Sudan i mezzi di sussistenza sono costantemente sotto minaccia degli shock climatici (lunghi periodo di siccità seguiti da altri caratterizzati invece da inondazioni), dei conflitti armati o della fluttuante economia globale, tanto che più di 3 milioni di persone sono moderatamente o severamente in situazione di insicurezza per quanto riguarda la propria possibilità d nutrirsi. Il 98% del reddito annuale deriva dalle rendite petrolifere, che sono però previste in calo dal 2015.2 L’industria e le infrastrutture sono ancora poco sviluppate; si stima che solo 60 km di strade siano asfaltate, molte infrastrutture di importanza strategica, ivi comprese quelle per il trasporto del petrolio e la produzione di energia elettrica, totalmente assenti (l’elettricità è ancora prodotta da generatori). 1 2 Josè Vieira, “Sud Sudan, divisi e felici”, Nigrizia, anno 129 n.9 Josè Vieira, “Sud Sudan, divisi e felici”, op. cit. Continuano, invece, ad essere elevate le spese per il mantenimento dell’esercito. Le principali risorse naturali del paese sono le riserve idriche, le terra arabili, il petrolio, l’oro, diamanti, calcari, materiali ferrosi, depositi di cromo, zinco, tungsteno, mica, argento e legname. Nonostante la ricchezze delle risorse naturali, la maggior parte della popolazione sopravvive principalmente grazie ad attività agro/pastorali, con l’agricoltura praticata per lo più nella zona sud-ovest del paese e la pastorizia in quella a sud-est. Solo il 4% della terra arabile è coltivata, la produzione di bestiame e di pesce è solo una frazione del potenziale, e il commercio interstatale e le esportazioni internazionali sono minimi. L’unico oleodotto in funzione è quello che rifornisce le istallazioni per la raffinazione petrolifera di Port Sudan, nel Mar Rosso, e questo rende il Sud Sudan assolutamente dipendente dal governo di Khartoum per quanto riguarda la vendita e la distribuzione petrolifera. Il CPA del 2005, tra le altre disposizioni, aveva provveduto a stabilire una divisione paritaria dei proventi petroliferi tra i due Paesi, ma il 9 luglio, data della proclamazione del nuovo Stato, questo accordo è scaduto e la futura ripartizione dipenderà da eventuali nuovi accordi. I principali prodotti di consumo e i servizi vengono importati dal nord o dai paesi confinanti (in particolar modo Kenya ed Uganda), quando potrebbero invece essere prodotti, ad esempio, dall’Equatoria Occidentale, uno dei dieci stato che costituisono la Repubblica, che da sola potrebbe sfamare il resto del paese, ma manca totalmente di attrezzature e tecnologie che potrebbero valorizzare l’agricoltura commerciale su ridotta scala. La situazione è stata resa ancora più complicata, paradossalmente, dall’indipendenza, in quanto a numerosi commercianti sudanesi è stato proibito di scambiare merci col Sud Sudan, così come ai neo sud-sudanesi è stato proibito di migrare a nord per cercare lavoro stagionale o vendervi pesce e bestiame. Il paese dipende ancora in gran parte da aiuti esterni; dal 2005 ad oggi l’aiuto umanitario e l’assistenza allo sviluppo consistevano in massima parte di interventi in singoli settori, per lo più focalizzati sui sintomi dei problemi piuttosto che sulle molteplici cause. A causa delle lunghe guerre che per quasi 40 anni hanno afflitto tale regione, la situazione sociale è una delle più drammatiche al mondo; il 70% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, l’aspettativa di vita è di 56 anni per gli uomini, 59 per le donne (in Italia è di 81), mentre il tasso di analfabetismo sopra i 15 anni è dell’85% (in Italia dell’1%), con solo il 5% dei bambini che sono in condizione di completare le formazione scolastica elementare. 3 La mortalità infantile entro i primi 5 anni di vita è di 380 ogni mille nascite (di 4/1.000 nel nostro Paese), 102 entro il primo. 4 Una madre su sette muore durante il parto,5 in Italia solo 3 su 1.000.6 L’HIV ha colpito il 3,1% della popolazione.7 Varie aree del Sud Sudan sono state interessate da massicci spostamenti di sfollati, in particolare i territori più a sud, vicini al confine con l’Uganda e la Repubblica Democratica del Congo, a causa di scontri interetnici e tribali. L’estrema povertà, l’insicurezza alimentare e la militarizzazione di molte aree hanno, di fatto, reso impossibile per la maggioranza degli sfollati il rientro nei luoghi d’origine, compromettendo le prospettive di sviluppo economico del paese e provocando l’urbanizzazione incontrollata, fuggendo dalle aree rurali verso le istallazioni delle missioni umanitarie. Le categorie più vulnerabili sono donne e bambini, questi ultimi spesso oggetto di gravissime violazioni dei diritti umani in quanto arruolati come bambini soldato (anche se secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite (Report of the UN Secretary General to the Security Council A/65/820-S2011/250) nel 2010 si è registrato un calo dei casi documentati in tal senso) o rapiti (il rapporto parla di 140 minori rapiti nel 2010, di cui 38 di sesso femminile). 3 Josè Vieira, “Sud Sudan, divisi e felici”, op. cit. Josè Vieira, “Sud Sudan, divisi e felici”, op. cit. 5 Joint Briefing Paper, “Getting it right from the start”, 06 September 2011, www.oxfam.org 6 I dati relativi all’Italia sono stati ricavati dall’Indice di Sviluppo Umano, www.undp.org 7 Josè Vieira, “Sud Sudan, divisi e felici”, op. cit. 4 Nonostante il buon esito del referendum e l’euforia per il conseguimento dell’indipendenza, il nuovo stato si trova da subito ad affrontare una serie di situazioni critiche e questioni irrisolte con il Sudan, tra cui la delimitazione di parte dei confini, lo status della regione di Abyei, del Sud Kordofan e del Blue Nile e la spartizione dei proventi petroliferi con il governo di Khartoum. Con la nascita della Repubblica del Sud Sudan, infatti, il Sudan perde quelle aree da cui ricavava il 75% delle risorse petrolifere. Anche per questo motivo, sebbene il Sudan abbia riconosciuto il Sud Sudan come stato indipendente addirittura un giorno prima della proclamazione ufficiale del 9 luglio scorso, la situazione resta tesa tanto che il Consiglio di Sicurezza con risoluzione 1996 del 2011 ha approvato una nuova missione di peacekeeping, la United Nations Mission in the Republic of South Sudan(UNMISS) che andrà a sostituire la Unmis, varata dopo il trattato di pace del 2005. Tale missione, però, ha ricevuto un mandato per operare nel solo territorio del Sud Sudan e non nelle regioni più calde quali il Sud Kordofan e il Blue Nile, desiderate da entrambe le parti in causa in quanto ricche di petrolio, ma dove i referendum per stabilire se accorparsi al Sudan o al Sud Sudan sono stati rimandati. Altro nodo chiave del dibattito politico interno ai due paesi, è la questione relativa allo status dell’area di Abyei, una sottile striscia di terra a confine dei due Stati, anch’essa ricca di petrolio, e popolata da moltissimi rappresentanti di due delle etnie principali nel paese, i Dinka Ngok e i Misseriya. Il 19 maggio la situazione è addirittura deteriorata fino a giungere allo scontro aperto tra truppe sudanesi e membri dello Spla, provocando la fuga di circa 100.000 persone. Il 20 giugno è stato raggiunto l’Agreement on Temporary Arrangements for the Administration and Security of the Abyei Area, con cui si è provveduto a creare un’autorità temporanea per l’amministrazione della stessa. Tra i problemi interni per il Sud Sudan, invece, vi è quello di ritrovarsi privo di sbocchi sul Mar Rosso. Inoltre, il nuovo stato dovrà anche affrontare il tema del rimpatrio di numerosi sfollati, i quali spesso non posseggono più alcun accesso alle aree coltivabili, né mezzi di sostentamento. Qualora siano stati dotati di questi ultimi, il più delle volte si tratta di input agricoli, ma come ricordato o manca loro il possesso di terra in cui utilizzarli, oppure hanno magari vissuto a lungo in città, godendo quindi ora di competenze spendibili in campi differenti da quello agrario. FONTI: Josè Vieira,“SUD SUDAN, divisi e felici” Nigrizia, anno 129 n.9 Irene Pannozzo,“SUD SUDAN la nuova repubblica”, 10/07/11, www.unimondo.org Vincenzo Gallo,“SUDAN-SUD SUDAN, LE CONTINUE TENSIONI”, www.misna.org “Benvenuto Sud Sudan, l'appello di P.Alex Zanotelli, P.Fernando Zolli e Fr.Enrico Gonzales”, www.perlapace.it “Annual Needs and Livelihoods Analysis Technical Group”, in Joint Briefing Paper, “Getting it right from the start”, 06 September 2011, www.oxfam.org Jill Shankleman, “Oil and State Building in South Sudan: New Country, Old Industry” (United States Institute of Peace, July 2011). “Transitional Constitution of South Sudan 2011”, in Joint Briefing Paper, “Getting it right from the start”, 06 September 2011, www.oxfam.org “Local Government Act 2009”, in Joint Briefing Paper, “Getting it right from the start”, 06 September 2011, www.oxfam.org “Il Sud Sudan verso l’indipendenza: i diritti umani devono stare al primo posto”, www.amnesty.it Enrico Casale, “Sud Sudan, indipendenza in salita”, www.popoli.info Human development Index, www.undp.org