Un nuovo giorno lievita e viene a lambire gli esseri e

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Un nuovo giorno lievita e viene a lambire gli esseri e
Un nuovo giorno lievita e viene a lambire gli esseri e le cose. Nuvole
inquiete appaiono all’orizzonte e vagano in un cielo senza fisionomia. Voli di
uccelli spezzano il silenzio di questa alba selvaggia. Mi raccolgo e mi ridico chi
sono, il pensiero di Dio si precisa e diventa contemplazione. Mi consegno alla
certezza di Cristo :” Non abbiate timore,io sono con voi...”
Il mio pensiero vi raggiunge per condividere con voi il nostro vissuto, i
dubbi, le paure, le incertezze che abitano il nostro quotidiano su questa terra di
Bocaranga., in Centro Africa. Terra devastata, terra soleggiata e arata, dove
uomini e donne sopravvivono grazie alla loro ingeniosità.
Penso all’Africa, continente della lentezza e della pazienza. La sua vita
scorre lentamente come i suoi grandi fiumi. L’Africa di cui si vorrebbe cancellare
il passato in nome dell’efficacità economica. Africa dilaniata da conflitti armati,
dove vivono milioni di profughi, sradicati dalle loro terre da follie omicide, da
interessi di potere. Africa che abbonda di richezze naturali, ma di cui le
popolazioni non traggono profitto.
In questo fine marzo ventoso, P. Cipriano ci conduce una bambina
nomade (bororo) trovata persa nella savana. Assomiglia a un piccolo animale
selvatico inseguito. Si mette a correre per il cortile e facciamo fatica a
prenderla. Finalmente sr. Emma si é avvicinata, l’ha accarezzata, la stringe con
tenerezza sul suo cuore.
Non parla, nel suo sguardo si puo’ leggere tutta la tragedia che la bimba
ha vissuto, la sofferenza che l’ha accompagnata, la fame... loa sete... la
paura... ha una decina d’anni.
Cerco di penetrare nel suo vissuto... possiamo comunicare con lei solo con
gesti, cerchiamo di metterla a suo agio.
La portiamo in seguito al centro di
catechisti dove avevamo già accolto
una donna bororo con due bambini. I
primi giorni sono faticosi, non riesce ad
adattarsi... cerca di scappare.
E un mattino fecondo di sole,
troviamo Maimouna davanti al cancello
di casa, piena di paura. Con sr. Emma
la laviamo, sr Arcangela le cuce un bel
vestitino. L’abbiamo rimessa a nuovo,
ma il suo viso resta impenetrabile.
Suor Véronique cerca di
comunicare con lei, le da da
mangiare. Il suo sguardo resta
teso, poi poco a poco inizia a
mangiare, a divorare il pane, a
bere il latte... ad offrirci dei
sorrisi furtivi.
E finalmente un giorno ha
pronunciato il suo nome :
MAIMOUNA. Appartiene a un clan
di nomadi che partivano verso il
Tchad per la transumanza. Sono
stati
attaccati
dalle
milizie
antibalaka. Gli uomini e le donne
sono fuggiti e nel trambusto
hanno abbandonato vecchi e
bambini, altri sono stati uccisi.
Maimouna si é trovata sola, nella savana, per quanti giorni... non sappiamo. Dei
militari della Misca, esercito interafricano, l’hanno portata alla missione.
Lancio verso il cielo il mio sguardo colmo d’interrogativi... perché...
perché questa tragedia che si é estesa a tutto il paese, al cuore della gente che
é diventato duro come la pietra. Là dove tutto tace, cerco uno spiraglio di luce
perché possa dinamizzare il nostro quotidiano.
La notte scende dolcemente sul villaggio, cullato da una pallida luna.
Tutto ad un tratto sento il rumore di un motore. Mi alzo e vedo un camion
carico di donne e bambini nomadi (bororo). I militari della Misca sono andati a
prenderli in un villaggio a 30 km. da Bocaranga. Non erano più al sicuro e li
conducono al centro di catechisti.
La notte fu insonne, pensieri, voci, volti abitavano il mio spirito....
Al mattino, andiamo al centro e ci troviamo davanti più di settanta donne
e bambini, quattro uomini. Tutti in uno stato deplorevole. I bambini malati di
congiuntivite, denutriti, anemici... Nessun sorriso, teste abbassate come per
nascondere la loro sofferenza... hanno perso tutto! Il nostro intimo freme di
rabbia per quello che vediamo e ascoltiamo. Alcune donne parlano il sango, la
lingua locale, per cui possiamo comunicare.
Ci mettiamo subito al lavoro: occorre nutrirli, curarli, mostrare loro che
sono nostri fratelli, che li rispettiamo e accogliamo perché si sentano al sicuro.
Sr. Véronique, sr Rose ed io, ci occupiamo dell’organizzazione del campo
rifugiati. In collaborazione con i padri portiamo loro del cibo, degli organismi
umanitari donano coperte, secchi, pentole, stuoie.
Sr Rose e sr. Agnes vestono i
bambini. Tutta la comunità s’investe per
rendere meno faticosa la vita al centro.
Gesti discreti di amore che non sono
contabilizzati, ma che provocano calore a
livello cuore.
Tutti i giorni andiamo al campo
profughi per stare con loro. Le donne dal
portamento fiero, carnagione chiara,
labbra fini... il tutto misto a uno sguardo
dignitoso ma inquieto, ci accolgono.
Degli uomini seduti su una stuoia, tristi e abbattuti, ci raccontano il loro
vissuto, come la morte ha attraversato la loro vita. Non potranno mai
dimenticare quei giorni di tragedia. Ascoltiamo la loro storia con grande
rispetto, ma il nostro spirito é traumatizzato...
Perché, perché, ancora tanta sofferenza? E’ tempo Signore che tu venga
in aiuto di questo popolo, su questa terra senza speranza di futuro, per
sradicare dal cuore degli uomini e donne la violenza, l’odio e deporrvi germi di
Riconciliazione. Siamo stanche di ascoltare ogni giorno notizie allarmanti che ci
giungono un po’ dovunque. Il nostro morale ne risente.
A livello parrocchia, i cristiani si sono mobilitati e hanno donato un po’ di
cibo e presenza. Occorre spezzare il cerchio vizioso dell’odio, della violenza, che
separa, che crea sospetto, che ti fa vedere l’altro come un nemico da abbattere.
E creare favorire luoghi d’incontro, di parola...
I bambini della nostra scuola
materna, con le loro insegnanti, sono
andati
al campo rifugiati per offrire
cibo. Ciascuno ha portato un po’ di
manioca. Le donne bororo erano
emozionate nel vedere questi bambini
che le osservavano con stupore. I bimbi
hanno cantato, giocato con i piccoli
bororo il cui viso rimaneva spento. Sono
piccoli gesti di solidarietà che fanno
dimenticare per qualche attimo le
sofferenze vissute.
Tutti i giorni accogliamo bambini soli, donne con bambini trovati nella
savana. Tutti alla ricerca di un luogo sicuro per non essere aggrediti e uccisi. Le
loro mandrie di mucche e buoi erano la sola ricchezza... Quale futuro per queste
popolazioni nomadi? Tanti sono nati in Centro Africa, ne conoscono la lingua, le
tradizioni, altri vivevano con la gente nei villaggi.
Il Centro Africa questo paese di foreste e savane, dalle colline ondulate e
verdeggianti. Terra dove scorre latte e miele, dove cresce ogni qualità di frutti,
dove la terra riglogliosa produce ortaggi, miglio, mais, riso... in grande
quantità. Paese, la cui immagine é stata sbiadita, sporcata da continui conflitti
armati, favoriti e alimentati da potenze straniere.
Terra d’immense richezze naturali : fiumi, terre, sottosuolo .... di cui le
popolazioni non profittano dell’uso frutto. Terra piena di armi che circolano
ovunque e di grande violenza...
E qui, in questa terra, siamo chiamate a vivere les parole di Christo:
“Ho fame, ho sete, sono nudo, sono rifugiato... e voi mi accogliete...”
Suore della Carità, donne di tenerezza, di amore, di accoglienza, attente
ai più poveri... la nostra missione continua a Bocaranga, in questa terra
tormentata sui passi di Sta. Giovanna Antida.
La PACE é ancora un sogno..... ma un giorno si realizzerà.
I nostri volti sono attraversati da una pallida luce, i nostri cuori hanno
fatto il pieno di umanità per questi profughi che poco a poco riprendono
coraggio e voglia di vivere.
Il sole ci offre il suo ultimo sorriso mentre le tenebre si accentuano e il
silenzio avvolge gli esseri e le cose. Da lontano il brontolio del temporale ci fa
sussultare... ci affidiamo a Cristo, nostro costante punto di approdo.
Sr. Maria Elena e la communità