compiti classe IV

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compiti classe IV
Compiti per la classe IV
Letture obbligatorie:
-Leggi tutte le scelte antologiche del romanzo i Promessi Sposi che trovi sul tuo libro e studia con
attenzione le relative analisi del testo, oppure integralmente il romanzo I Promessi sposi
-I Malavoglia di G. Verga
-Il fu Mattia Pascal di Pirandello
Dopo aver letto Promessi sposi e Malavoglia
Studia :
Confronto tra Manzoni dei Promessi Sposi e Verga dei Malavoglia
Il romanzo, genere letterario sviluppatosi a partire dal 600, si afferma soprattutto nel corso dell’800.
In particolar modo, nell’800, il romanzo assume una nuova connotazione: diviene romanzo storico. Grazie
ad Alessandro Manzoni il nuovo genere letterario si diffonde in Italia, e con i Promessi Sposi, lo
scrittore rappresenterà un punto fermo di tutta la letteratura italiana.
Partendo da una verità storica, da un contesto sociale, politico ed economico ben delineato, Manzoni
sviluppa una vicenda, prendendo in considerazione personaggi non illustri che nei loro tratti potrebbero
realmente rappresentare uomini vissuti in quel ben determinato periodo storico.
Nella seconda metà del secolo, con la diffusione del naturalismo francese, in Italia si sviluppa una nuova
corrente letteraria: il Verismo. Figlio di tale corrente, Giovanni Verga, con i suoi Malavoglia si ispira al
realismo romantico di Manzoni (che considera suo maestro), pur distaccandosi dallo stesso per alcuni
aspetti.
Il romanzo realista di Verga non parte da alcuna cornice storica, entra direttamente nella vicenda e
lascia che i personaggi si facciano conoscere tramite i propri pensieri e aspirazioni, senza l’intervento
dell’autore. Essi sono fotografati e descritti nello stesso modo in cui si mostrano. Il narratore è
completamente esterno alla vicenda e si contrappone al narratore onnisciente de i Promessi Sposi.
Infatti, Manzoni, quando passa dall’introduzione del romanzo alla vera e propria narrazione, abbandona
la lingua secentesca (usata come espediente di una lingua nella quale è stato scritto in manoscritto
ritrovato da Manzoni), ed entra personalmente nella storia, esprimendo giudizi sui personaggi e
rendendosi visibile al lettore. Nei Malavoglia, invece, ovviamente traspare l’ideologia verghiana, ma non
viene mai espressa apertamente.
Entrambi i romanzi, come entrambi gli scrittori, risentono di una forma di pessimismo che, in Manzoni si
esprime nella presenza catartica del male, come purificazione e necessità per giungere al bene; in Verga
è rappresentato dall’ideale dell’ostrica, la teoria secondo cui ciascuno è legato al proprio ambiente e alla
propria condizione sociale, ma cercando di migliorare, non può che peggiorare la propria condizione,
diventando irrimediabilmente un vinto.
Se in Manzoni la vicenda ha comunque un lieto fine, nonostante una serie di sventurati avvenimenti
(nonostante tutto alla fine Renzo e Lucia si sposano), in Verga coloro che hanno osato staccarsi dal
proprio scoglio, sono diventati dei vinti.
Dal punto di vista linguistico, Manzoni opta per il fiorentino parlato dai colti, scelta apprezzata da
Verga che però predilige la lingua dei siciliani colti, caratterizzandosi così come lingua borghese la
prima, lingua popolare la seconda.
Allo scopo di rendere più realistica la propria narrazione, Verga sceglie il discorso indiretto libero, una
tecnica narrativa che gli consente di identificarsi con i personaggi e di non trovarsi nella condizione di
fare parlare una lingua troppo elevata a personaggi di scarsa levatura culturale, tale espediente non lo
si trova in Manzoni, che lascia sulla bocca di umili personaggi, espressioni che non possono essere loro.
Dunque i Malavoglia e i Promessi Sposi sono frutto dello stesso clima culturale tipico di tutto l’800, ma
presentano aspetti diversi. Gli autori, influenzati in maniera differente, Manzoni soprattutto dal
provvidenzialismo romantico e dal cristianesimo, e Verga dal positivismo e dal pessimismo verista,
regalano alla letteratura italiana romanzi diversi, ma dello stesso peso culturale.
I personaggi dei Promessi Sposi non sappiamo se siano esistiti, ma senza dubbio si inseriscono nel
quadro storico del 600. La loro verosimiglianza emerge anche dalla scelta del nome: ciascun personaggio
ha un nome che rispecchia la classe sociale cui appartiene: Gertrude e Attilio per esponenti della
nobiltà; Rodrigo per il signorotto spagnolo; nomi legati ai santi venerati nel comasco per la gente umile.
Il realismo emerge nella citazione di date, e nella precisa identificazione dei luoghi in cui si svolge la
vicenda: c'èinfatti un triangolo geografico, Lecco, Milano-Monza e Bergamo: Lecco è presente nei primi
otto capitoli; la maggior parte della vicenda si svolge a Milano e dintorni; il paese di Bortolo nella
bergamasca rimane sullo sfondo. Il realismo del Verga è totalmente diverso da quello del Manzoni,
perchè è un realismo scientifico, che deriva dal naturalismo francese di Zolà, che si propone di
osservare la realtà come uno scienziato: nello scrivere un romanzo ciò che conta non è l'ispirazione, ma
avere una metodologia scientifica da cui partire. Il Verga, come scienziato, non vuole dare
un'interpretazione ai fatti, ma esporli così come sono: non gli interessa la "grande Storia", che rimane
sullo sfondo, e quando c'è è vista come elemento di disturbo.
Quello che gli interessa è la "piccola storia", quella degli umili, dei vinti, dei bruti, da cui emerge la vera
realtà, che è miseria, sofferenza, dolore, lacrime e di fronte alla quale il Verga si pone come uno
scienziato che analizza e studia razionalmente i fatti, senza provare pietà o compassione per quanto
accade, considerando gli uomini come animali, il cui comportamento è determinato dall'habitat. Rimane
impassibile: non c'è un suo commento, un suo in- tervento, perchè il Verga vuole arrivare al "romanzo
che sembra essersi fatto da sè": un romanzo in cui sono i personaggi, e non l'autore, a raccontare e
presentare le proprie miserie. Il realismo è spietato, crudo, scioccante; è impressionante il distacco con
cui il Verga ci presenta Malpelo, quel bambino, . che forse non è mai stato bambino, e che è cresciuto
troppo in fretta, sfruttato, senza l'amore della famiglia, privato dell'affetto e della presenza del
padre, che gli muore sotto gli occhi, considerato "malpelo" da tutta la società e costretto ad essere
"malpelo" per essere accettato. Non c'e pietà nel Verga: pietà per le busse ricevute spesso senza
ragione, pietà per la sua morte, per il suo perdersi nel nulla, nel labirinto di galleria della miniera: il
Verga è solo lo scienziato che registra il fatto, e non commenta. Rimane impassibi- le nel cogliere la
crudezza della realtà sociale, dove vige la legge"homo homini lupus", dove manca solidarietàe
compassione dell'uno verso l'altro: ne "I Malavoglia"nessuno è solidale con questa famiglia nel momento
della disgrazia: la solidarietà c'è finchè c'è la "roba": è il possesso della "roba" che determina la lotta
in cui l'uomo è lupo pre l'uomo.
E se questa lotta ne "I Malavoglia" rimaneva fuori della famiglia, in "Mastro don Gesualdo" il Verga
osserva, molto realisticamente, che anche in seno alla famiglia scoppia questa lotta, in maniera
addirittura più brutale e cruda che non in società. Il realismo nel Verga nasce dall'osservazione che è
l'habitat ad incidere profondamente sulla vita di ogni persona: è la cava a randere brutale Malpelo, è
Aci Trezza, paese di pescatori, a dettare il modo in cui i Malavoglia devono vivere: sulla spiaggia tutto il
giorno, a badare alla "Provvidenza", a sistemare le reti per la pesca; è il nuovo habitat in cui 'ntoni si
sposta per il servizio militare, Napoli, che cambia radicalmente il suo modo di vederela vita che gli fa
desiderrare la "bella vita", che il suo habitat non gli permet te di fare. L'ambiente rende bestia l'uomo,
perchè è un ambiente che non si dà facilmente, ma dà qualcosa solo attraverso il "durus labor", un
lavoro, una fatica che è alienante e che cosifica l'uomo.
Questo ambiente toglie ogni speranza di progresso: chi progredisce è reietto, non capisce il corso della
storia, che è per forza ciclico, sempre ritornante su se stesso, sempre uguale a sè. Il realismo, nel
Manzoni e nel Verga emerge, oltre che nelle vicende, anche nella scelta linguistica: è più realistico il
Verga che, accanto al fiorentino, inserisce cadenze ed espressioni siciliane: i nomi sono siciliani; i
proverbi di Padron 'Ntoni sono tratti da raccolte di proverbi siciliani. La lingua del Manzoni, invece, è
forse l'elemento meno realistico di tutto il romanzo, perchè certamente Renzo e Lucia non parlavano il
fiorentino, ma il dialetto.
-per la IV C :
Completa lo studio sul libro da p. 546 a 551
-per la IV B
Completa lo studio sul libro da p. 502-513
SVOLGI TRE SAGGI BREVI TRA I QUATTRO PROPOSTI E L'ANALISI DEL TESTO
Saggio breve
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di “saggio breve” , utilizzando i
documenti e i dati che lo corredano e facendo riferimento alle tue conoscenze ed esperienze di
studio.
Interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e svolgi su
questa base la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di
studio.
Dai al tuo saggio un titolo coerente e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica,
fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).
Per attualizzare l'argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari,
convegni o eventi di rilievo).
Non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.
.
Ambito socio-economico
ARGOMENTO: Il bullismo è argomento di cronaca, suscita prese di posizione nette, anche se non tutti sono
consapevoli delle implicazioni del problema
documenti
1)
Ha suscitato una grande impressione l’aggressione di branco al ragazzo diversamente abile in una scuola di Torino.
È duro doverlo ammettere, ma si tratta solo di uno dei tanti episodi di quotidiana violenza che si consumano nelle
scuole, ai danni delle persone ma anche delle strutture. …il 78% dei ragazzi che frequentano le scuole elementari e
medie, solo nell’ultimo anno, ha fatto i conti con episodi di prevaricazione esercitata da ragazzi nei confronti dei
loro coetanei: è il cosiddetto «bullismo». …il 17% ammette di aver minacciato verbalmente almeno una volta, mentre
il 14,5% confessa di essere venuto alle mani. …le «bulle» prosperano. Se si sommano i «gregari» agli «spettatori»,
la percentuale delle bambine è quasi simile a quella dei maschietti: 13,8% contro 14,6%. …tra i ragazzi, i
comportamenti violenti o prevaricanti, sono sempre più accettati, tant’è che per il 56% del campione intervistato
«nella vita è molto meglio essere furbi e svegli, piuttosto che disciplinati e diligenti»… Quanto agli atti di
vandalismo contro le strutture scolastiche, le cose stanno ancora peggio: nell’ultimo anno… 500 scuole (180 al Nord,
95 al centro e 225 al Sud e Isole) sono state allagate, incendiate, infestate da insetti o topi, bombardate o
derubate e – secondo il 22% dei ragazzi intervistati – al loro interno si spaccia regolarmente droga: «fumo» nel
75% dei casi, ma anche cocaina (10%).
[Raffaello Masci, Nonnismo a scuola per 8 studenti su 10 – La Stampa 17-11-06]
2)
Della storia del ragazzo Down maltrattato in aula dai compagni e ripreso in un video rimasto su Google per giorni …
colpisce prima di tutto la spavalda certezza di impunità di quei quattro… Impressiona come …non abbiano avuto
alcun timore nel mettere in rete a loro prodezza, pur immaginando che le loro facce potrebbero essere facilmente
riconosciute. …Nessun padre o maestro, di cui temere il giudizio. Semplicemente, nessuno, e in questo vuoto solo la
vanità di vedere il proprio video in un grosso motore di ricerca… Un piccolo filmato ignobile per dire di esistere…
L’altro elemento che impressiona e addolora è che …a ridere, e a lasciar fare, erano forse in venti. Quattro
mascalzoni, e venti vigliacchi. Una gregarietà che fa forse anche più paura degli spintoni e delle beffe degli altri.
Quella massa passiva di ragazzi e ragazze che sta a guardare e non muove un dito, non ha nemmeno l’abietto
coraggio di fare del male. …crede di non avere fatto niente non prova dolore, e non può cambiare.
…di ogni spiegazione di ciò che è accaduto in quell’aula, forse la peggiore… è che quei ragazzi… dicano che era tutto
uno scherzo, che era «per gioco». Per scherzo… Per gioco, ma il gioco dei forti e degli idioti: incapaci di rispettare
un uomo…
[Marina Corradi, Quella meschina prodezza esibita su Internet – Avvenire 14-11-06]
3)
articolo a difesa del valore di ogni persona
In una scuola alcuni ragazzi hanno messo sotto un coetaneo, lo hanno costretto a diventare un quadrupede, a
mangiare sale, a leccare polvere, a strisciare sulle ginocchia, fino a rasentare il nulla, senza più neppure il senso di
una dignità presa a gomitate.
In una scuola dove parlare di violenza e di bullismo diviene stranamente difficile, forse perchè discuterne e farne
strumento di prevenzione, sviscerarne i rischi e gli interventi più urgenti da apportare, sottende il pericolo di
rimanerne additati, invischiati come parte ingombrante di una in cultura. Invece si dovrebbe parlarne di questo
disagio relazionale, stili di vita aggressivi, riti e totem, trasgressione e devianza, una violenza che non è più un
atteggiamento conflittuale accettabile.
Non sono più sufficienti le pubblicistiche d’accatto, i sermoni svolti da cattedre impolverate, non è più aria di
prediche precostituite, di costruzioni piramidali che non hanno un senso compiuto, forse occorre non limitarsi alla
lezione spocchiosa, alla punteggiatura bucolica, che caricano oltremisura la creatività e intuizione del valore della
gioventù.
Affrontare il disagio relazionale senza interrogarsi sugli effetti che produce, sulle collateralità che favoriscono
ulteriori decadimenti, significa parlarne per una sorta di costrizione contingente, quasi a volere rimanere fuori da
una diatriba apparentemente innocua.
Come la stessa richiesta di abbandonare la regina delle bugie, la droga, tutte le droghe, perché non esiste una
sostanza buona e l’altra cattiva, sono tutte da evitare, oppure sull’uso smodato e malcelatamente autorizzato
dell’alcol.
Bulli e droga, stili educativi assenti e comportamenti aggressivi, sempre meno addomesticati, tutto e subito,
mentre per la fatica e per l’impegno c’è tempo domani, sempre che domani abbia libero accesso nel cuore degli
adulti, obbligandoli a piegare lo sguardo sulla realtà, a guardare i volti e gli occhi dei propri figli, non per
generosità salvatempo, ma per coscienza di paternità.
In quelle classi svuotate di regole, in quelle strade denudate di luci di emergenza, in quelle case ridotte a comodi
rifugi, non ci sono delinquenti né criminali, ne ho incontrati tanti di giovanissimi in armi, di ragazzotti con le gambe
larghe e le mani in tasca, non si tratta ancora di devianza, e come ha detto qualcuno più lungimirante di me “ fanno
il male, ma sognano il bene “.
Proprio da questa contraddizione ogni formatore, educatore, genitore, dovrà ripartire con energie sufficienti per
ribadire che non esiste giustizia senza amore, infatti amore non è un gesto generico, ma consistenza di umanità da
mantenere e custodire.
Giustizia tra i banchi di scuola, alla fermata di un autobus, sulla pista di una discoteca, giustizia che non è una
semplicistica destinazione esteriore, ma una dimensione costitutiva affinché indifferenza e distrazione non
consentano il degenerare della fragilità delle persone più esposte, più deboli, dei più giovani.
In quella classe, al mondo adulto, potrebbe essere di aiuto ripensare alle responsabilità che ci accomunano, che ci
fanno diventare uomini, e per riuscire in questa impresa, forse bisogna condividere quella famosa “ partita mai
terminata della fiducia e dell’amicizia, uniche manette e uniche sbarre che possono trattenere i ragazzi”. La
partita della fiducia e dell’amicizia - di Vincenzo Andraous
Saggio breve
Ambito socio-economico
“Multietnicità”
a) “Trovare una casa agli immigrati è un passo importante per la loro integrazione. Per questo è necessaria una
forte politica di accoglienza da parte delle amministrazioni locali in collaborazione con gli enti privati. Questa è una
delle tante riflessioni sull'immigrazione in Lombardia contenuta nel secondo rapporto dell'Osservatorio Regionale
per l'Integrazione e la multietnicità. Un esempio per tutti è Brescia dove si è superata la fase della prima
accoglienza in centri organizzati o comunque rimane in forma minore e dove invece si è sviluppata la ricerca e
l'offerta di una casa in affitto. Questo è stato possibile grazie all'intervento dell'Ente locale e di associazioni in
grado di offrire alloggi o di fare da intermediari presso le agenzie immobiliari, offrendosi come garanti per gli
affitti agli immigrati. Brescia è appunto un esempio, che per ora non sembra essere stato seguito da altre province,
compresa Milano, dove il disagio abitativo degli immigrati è ancora molto forte. […]
Ci sono in Lombardia in media 5-6 stranieri ogni 100 abitanti (1 gennaio del 2002). Nel 2001 erano 4-5 sempre su
100 abitanti. Gli stranieri presenti in Lombardia non sono più di 503 mila al 1 gennaio 2002. La comunità di stranieri
più numerosa vive a Milano (circa 172 mila). Sono 293 mila gli stranieri che possiedono una dimora fissa con
residenza anagrafica in un comune lombardo e il permesso di soggiorno. Nel 2002 le comunità più numerose
provengono dal continente asiatico e dal nord Africa. Gli immigrati senza permesso di soggiorno sono stimati tra i
110 mila e i 181 mila in tutta la Lombardia. In tutte le province gli irregolari sono soprattutto di origine albanese o
marocchina, tranne che a Milano dove gli stranieri senza permesso di soggiorno sono soprattutto egiziani.
Per quanto riguarda il lavoro, dal rapporto dell'Osservatorio è emerso un altro dato interessante: la maggior parte
degli stranieri trova lavoro attraverso il passaparola degli amici o presentandosi direttamente al datore di lavoro.
Assolutamente marginale il ruolo svolto dal Centro per l'impiego, nonostante i nuovi compiti attribuitigli dalla
recente riforma, e anche dalle associazioni di volontariato.
Edilizia e assistenza domiciliare agli anziani sono ancora i due ambiti in cui gli immigrati trovano lavoro. Operai
generici, colf e assistenti agli anziani sono professioni che si stanno «etnicizzando», come si legge nel rapporto.” di
Sonia Sartori (dal Corriere della Sera)
b) “Lo specifico dell'educazione interculturale è costituito dai processi di apprendimento che portano a conoscere
altre culture e a instaurare nei loro confronti atteggiamenti di disponibilità, di apertura, di dialogo. Si tratta di un
tipo di conoscenza estremamente complesso: conoscere un'altra cultura significa rilevarne gli aspetti che la fanno
"diversa" dalla nostra, ma significa anche capire che la rappresentazione che noi ci facciamo della cultura "altra"
non coincide necessariamente con quella che essa si fa di se stessa, né con le rappresentazioni che altre culture
ancora si possono costruire. L'intreccio di queste rappresentazioni -che si manifestano spesso in forme di
stereotipi- costituisce la trama complessa dell'interculturale.” (Da L'educazione interculturale di Agnese Niero e
Luciano Pasqualotto)
c) “''Sono contraria a soluzioni che isolino gli alunni islamici, perche' questo significa negare la possibilita' di
un'integrazione piena. Significa impedire loro la possibilita' di socializzare con i coetanei italiani e di altri Paesi, di
relazionarsi con le persone con le quali vivono. Sono invece favorevole all'inserimento degli alunni islamici nelle
scuole pubbliche, perche' soltanto cosi' si garantisce il pieno rispetto dell'identita' culturale propria e altrui''. Lo
afferma il ministro dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, Letizia Moratti, in riferimento alle cronache
sul caso della scuola islamica di Milano” da un bollettino di ADN Kronos
d) Il mondo, dice un proverbio, è bello perchè è vario.
Gente diversa, colori diversi, lingue diverse, religioni diverse, opinioni diverse.
Ma ritenere una razza inferiore ad un'altra non è un opinione è un reato.
L'articolo 3 della legge 3 ottobre 1975, n. 654 lo dice chiaramante.
E' punito: a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull'odio
razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici,
nazionali o religiosi; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o
commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Ma molte altre
sono le leggi che tutelano contro il razzismo. E' per queste ragioni che chi subisce o assiste ad episodi di razzismo
può richiedere in ogni momento l'intervento delle forze dell'ordine (Polizia e Carabinieri) contro coloro i quali
commettono questo reato.
E da oggi potrà anche richiedere il soccorso di Stranieri in Italia che offre il suo aiuto a tutte le vittime del
razzismo in Italia. (dal sito Stranieriinitalia.it)
ARGOMENTO
Ambito tecnico-scientifico
Inquinamento atmosferico e mutamenti climatici
DOCUMENTI
1.
I cambiamenti climatici dei prossimi anni rischiano di cambiare il mondo per sempre : non solo per
i disastri naturali ma perché provocherebbero guerre, immigrazioni e catastrofi con milioni di
morti. A mettere nero su bianco questo scenario apocalittico non sono gruppi ambientalisti ma una
organizzazione che di strategie , guerre e morti se ne intende: il Pentagono. In un rapporto “segreto”
diventato “pubblico” a gennaio quando ampi stralci sono finiti sulla rivista “Fortune” gli analisti del
Pentagono sostengono che l’effetto serra avrà un impatto più pericoloso di quanto ne ha avuto Al
Qaeda. [...] La Gran Bretagna sarà una delle regioni più colpite dal cambiamento e rischia di
trasformarsi in una sorte di Siberia del mondo occidentale. Motivo? Tra il 2010 e il 2020 l’Europa
subirà le conseguenze del rallentamento della Corrente del golfo, quella che ha mantenuto
temperato il clima del vecchio continente. [...] Un “grande freddo” che porterà in acque a noi vicine
anche gli iceberg. Un cambio del clima così radicale avrà inevitabilmente ripercussioni in campo
sociale. [...] I prossimi anni saranno percorsi da flussi migratori incontrollati, carestie. [...] Rivolte
e conflitti diventeranno parte endemica della società. Ma non sarà solo l’Europa la vittima di questi
cambiamenti perché i conflitti esploderanno prima in quelle aree del Terzo Mondo che hanno avuto
una crescita notevole negli ultimi dieci anni (India, Sudafrica, Indonesia) e le migrazioni partiranno
dai paesi più poveri dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina per raggiungere con effetti
devastanti la ricca Europa e gli Stati Uniti. Perché ci saranno problemi legati alla mancanza d'acqua
e di energia che scateneranno conflitti fra paesi vicini e all’interno dei singoli paesi...
(Alberto Flores D’Arcais, L’effetto serra peggio di Al Qaeda, in Repubblica, 23 febbraio 2004)
2.
Si parla molto degli effetti negativi, talvolta solo presunti, causati dal riscaldamento globale
sull’uomo. Ma i cambiamenti climatici influiscono anche sulla fauna e sulla flora selvatiche. Per
esempio, un fondamentale problema per tutti gli esseri viventi è costituito dalle malattie infettive e
dai parassiti vettori di infezioni. Insetti come mosche, zanzare, pulci, zecche possono trasmettere
batteri, protozoi, vermi ed altro ancora. L’innalzarsi della temperatura, soprattutto se collegato ad
un aumento dell’umidità, produce una accelerazione del tasso di riproduzione dei parassiti e ne
diminuisce significativamente la mortalità invernale. Ne ha recentemente parlato su “ Science “ un
gruppo di ricercatori diretti da C. Drew Harvell, del Dipartimento di ecologia e biologia
evoluzionistica della Cornell University. Per ora, avvisano gli studiosi, non è possibile stabilire un
chiaro rapporto di causa-effetto ma vi sono già correlazioni significative. Sappiamo bene che
malaria, tripanosomiasi, encefalite da zecche, febbre gialla, dengue – tutte malattie trasmesse
all’uomo da invertebrati- negli ultimi tempi hanno ampliato le loro aree di endemismo, ma varrebbe
la pena di indagare con più attenzione anche su quanto sta succedendo alla fauna, sia marina che
terrestre. Un esempio particolarmente vistoso è rappresentato dal peggioramento dello stato di
salute delle barriere coralline... A. Mannucci, da Le Scienze n. 409, settembre 2002)
3.
Si finirà come nel Carbonifero, oltre 300 milioni di anni fa quando il clima era caldo umido, il
pianeta ricoperto da foreste con piante giganti e rigogliose e gli oceani caldi come un brodo ? Viene
da chiederselo leggendo l’ultima scoperta di un gruppo di climatologi finanziati dalla Nasa, l’ente
spaziale americano , pubblicata sulla rivista “Science”. Ci assicurano che, da vent’anni a questa
parte, il pianeta mostra segni evidenti di espansione della copertura verde: lo certificherebbero
anche le foto da satellite......... Il fenomeno è stato evidenziato mettendo a confronto l’estensione
della biomassa vegetale ( non solo le foreste, ma anche le piante in genere ), a livello globale, dal
1980 a oggi. Un ventennio in cui la concentrazione di anidride carbonica si è impennata.........
Nello stesso arco di tempo risulta un’espansione delle superfici verdi del 6%. “Il rinverdimento del
pianeta non è omogeneo – sottolinea Ramakrishna Nemani, professore di Scienze forestali
dell’Università del Montana -.Ci sono Paesi che guadagnano superfici verdi come India, Brasile e
Canada e altre che le perdono come il Messico e la Siberia.” La spiegazione del piccolo boom verde
in un pianeta che, continuando l’effetto serra, sembra piuttosto destinato alla disidratazione e alla
desertificazione, chiama in causa l’azione fertilizzante della anidride carbonica, cioè la capacità di
questo gas di stimolare la fotosintesi, migliorando la produttività vegetale. Non è la sola,
aggiungono gli autori della scoperta: il cambiamento climatico starebbe provocando spostamenti
delle zone climatiche ai quali la vegetazione risponde, in alcune regioni, con un incremento. I
giudizi degli esperti italiani di fronte a queste novità oscillano fra la perplessità e la cautela...Il
fisico Vincenzo Ferrara dell’Enea indica un limite ben preciso: “ Nessuno si illuda che più aumenta
l’anidride carbonica e meglio staremo, perché nel frattempo le temperature cresceranno. Altri due
gradi in più e anche l’aumento della produttività vegetale si bloccherà. Lorenzo Ciccarese,
ricercatore della Agenzia per la protezione dell’ambiente e del territorio, esorta: “ La Fao certifica
che ogni anno in tutto il mondo si perdono 14 milioni di ettari di foreste, l’80°% dei quali nei Paesi
tropicali. Di fronte a questa realtà, l’enfatizzare i risultati per niente definitivi di certe ricerche
rientra in una logica politica di affossamento del Protocollo di Kyoto.”
(F.F. Martin, dal Corriere della Sera, 7 giugno 2003)
4.
Il tasso di crescita dell’ alterazione climatica dovuta ai gas serra ha raggiunto un massimo all’inizio
degli anni ‘80, con quasi 0,5 watt per metro quadrato a decennio, ma è calato negli anni ‘90. [...]
La ragione principale di questo declino è nella riduzione delle emissioni di clorofluorocarburi, la cui
produzione è stata messa al bando a causa del loro effetto distruttivo sull’ozono stratosferico. Con i
CFC in calo, i due più importanti gas serra restano l’anidride carbonica e il metano. [...] Una
migliore efficienza della conversione energetica e un uso più massiccio delle energie più rinnovabili
potrebbe stabilizzare le emissioni di CO2 nel breve periodo. La riduzione a lungo termine è invece
una sfida più complessa, perché il fabbisogno di energia continuerà a crescere. [...] E’ lecito
guardare al futuro con un po’ di ottimismo? [...] Certo non sarà facile stabilizzare le concentrazioni
di gas serra, ma le evidenze empiriche del cambiamento climatico e del suo impatto si accumulano,
e questo influenzerà inevitabilmente l’opinione pubblica, i movimenti politici, l’industria e i
governi. C’è solo da sperare che si agisca in fretta.
(J. Hansen, Riscaldamento globale: una bomba da disinnescare, da Le Scienze n° 428, aprile 2004)
AMBITO ARTISTICO - LETTERARIO
ARGOMENTO: Il distacco nell’esperienza ricorrente dell’esistenza umana: senso di perdita e di straniamento,
fruttuoso percorso di crescita personale.
DOCUMENTI
Dopo aver traversato terre e mari,
Ma ora, così come sono, accetta queste offerte
eccomi, con queste povere offerte agli dèi sotterranei,
bagnate di molto pianto fraterno:
estremo dono di morte per te, fratello,
le porto seguendo l’antica usanza degli avi,
a dire vane parole alle tue ceneri mute,
come dolente dono agli dèi sotterranei.
perché te, proprio te, la sorte m’ ha portato via,
E ti saluto per sempre, fratello, addio!
infelice fratello, strappato a me così crudelmente.
CATULLO, Dopo aver traversato terre e mari,
trad. S. Quasimodo, Milano 1968
Da' colli Euganei, 11 Ottobre 1797
«Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per
piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi
m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per
evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere
dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti sono
dunque gli sventurati? E noi, purtroppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl'italiani. Per me segua che può. Poiché
ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra le
braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da' pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa
poseranno
su
la
terra
de'
miei
padri»
U. FOSCOLO, Ultime lettere di Jacopo Ortis, 1802
«Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non
meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville
sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne
allontana!...Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore
d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita,
passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove
l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del
cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta
giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.»
A. MANZONI, I Promessi Sposi, cap. VIII, 1840
«Era il primo squarcio nella santità del babbo, la prima crepa nei pilastri che avevano sorretto la mia vita infantile e che ogni uomo
deve abbattere prima di diventare se stesso. La linea essenziale del nostro destino è fatta di queste esperienze che nessuno
vede. Quello squarcio e quella crepa si richiudono, si rimarginano e vengono dimenticati, ma in fondo al cuore continuano a vivere e
a
sanguinare.
Io stesso ebbi subito orrore di quel nuovo sentimento e avrei voluto buttarmi ai piedi di mio padre per farmelo perdonare. Ma non
si può farsi perdonare le cose essenziali: lo sente e lo sa il bambino con la stessa profondità dell’uomo saggio.
Sentivo il bisogno di riflettere e di trovare una via d’uscita per l’indomani, ma non vi riuscii. Tutta la sera fui occupato ad
assuefarmi alla mutata atmosfera del nostro salotto. La pendola e la tavola, la Bibbia e lo specchio, lo scaffale e i quadri alla
parete prendevano commiato da me, e col cuore sempre più freddo ero costretto a veder sprofondare nel passato e staccarsi da
me il mio mondo e la mia bella vita felice. Ero costretto a sentire le mie nuove radici che affondavano nel buio e succhiavano un
mondo estraneo. Per la prima volta assaggiai la morte che ha un sapore amaro perché è nascita, angoscia e paura di un tremendo
rinnovamento»
H. HESSE: Demian,1919, trad. it Mondadori, 1961
«Ero partita per il Nord immaginando che la pena dell'addio si sarebbe consumata al momento dei saluti. In mezzo a un mondo
ricco di novità eccitanti - un mondo che aspettava solo me -, la mia nostalgia era destinata a sbiadire rapidamente.
Così
fantasticavo,
e
le
mie
fantasie
di
adolescente
sconfinavano
spesso
nell'esaltazione.
Ma
l'impatto
fu
atroce.
Quando, con un gesto deciso, si lacera un pezzo di stoffa, ci restano tra le mani due brandelli malinconicamente sfrangiati, e
occorre
lavorare
con
minuzia
e
pazienza
per
rimediare.
Le sfilacciature rimaste dopo lo strappo dalle nostre consuetudini meridionali erano tante, e ci vollero anni perché io e la mia
famiglia
potessimo
restaurare
i
lembi
delle
nostre
identità
lacerate.
L'ansia suscitata in noi da modi di vita che ci erano estranei si manifestava sotto forma di diffidenza. E poi c'era la nostalgia, che
non
voleva
sbiadire.
E
la
retorica,
che
la
sobillava.»
G. SCHELOTTO, Distacchi e altri addii, Mondadori, 2003
«Siamo tutti migranti. Stiamo permanentemente abbandonando una terra per trasferirci altrove. Siamo migranti quando lasciamo
i vecchi schemi e le vecchie abitudini per aprirci a nuove circostanze di vita. Un matrimonio, una separazione, la morte di una
persona cara, un viaggio non da turisti, persino la lettura di un libro sono delle migrazioni interiori. Poi c'è la migrazione di chi
lascia la madre terra per vivere altrove: una volta gli uccelli, oggi gli uomini. Ogni migrazione esteriore a poco a poco diventa
anche interiore. Gli ostacoli possono trasformarsi in occasione di crescita. E' un processo lungo e doloroso. Chi sono? Sono tutti i
miei personaggi ("Madame Bovary c'est moi!" diceva Flaubert). Tutte le mie storie hanno qualcosa di me e nascono probabilmente
dai miei conflitti interni. Le mie origini sono portoghesi, da parte della famiglia di mio padre, e tedesche (prussiane) da parte di
mia madre. Ho vissuto l'infanzia in Brasile, la mia vera patria; penso che il mio italiano sarà sempre un po' lusofonico. Se sono
arrivata a destinazione? Fortunatamente no. Solo nel momento della mia morte potrò dire di esserci arrivata. E anche allora
penso
che
inizierò
un
nuovo
viaggio.
Una
nuova
migrazione.»
Da
un’intervista
di
C.
Collina
in “Leggere-Donna”, n. 98, Ferrara, 2002
alla
scrittrice
brasiliana
Christiana
de
CALDAS
BRITO,
«Quando uno parte, si sa, dev’essere pronto a tornare o a non tornare affatto. È una porta che lui apre all’interno di una stanza
buia,
e
che
a
volte
si
rinchiude
da
sola
alle
sue
spalle.
Già emigrare – partire con un’idea chiara del non ritorno – è la radicalizzazione di questa esperienza. È rinunciare a un certo “se
stesso” (e quindi accettare il lutto di vederlo prima atrofizzarsi e poi perire per totale assenza di contiguità con i personaggi del
passato), per scommettere su un futuro “se stesso” totalmente ipotetico: un rischio assoluto. Quando la scimmia lascia il ramo
dov’è appesa, per aggrapparsi a un altro che ha intravisto tra il fogliame, può sembrare a chi l’osserva che voglia spiccare il volo
senza ali di sorta. Ma per istinto la scimmia sa benissimo che non precipiterà nel vuoto. Allo stesso modo, qualcosa dentro al
migrante sa dove si trova esattamente il ramo che lo aspetta, che aspetta le sue mani sicure, ed è questo qualcosa che lo spinge al
salto»
Da
un’intervista
allo
scrittore
brasiliano
Julio
MONTEIRO
MARTINS,
a
cura
della
redazione
di “Voci dal silenzio – Culture e letteratura della migrazione”, Ferrara - Lucca, dicembre 2003
«La partenza [per De Chirico] è un distacco traumatico, con riferimenti
biografici (da Volos, cioè dalla sua città natale, partirono gli Argonauti
alla ricerca del vello d’oro), ma anche con un destino di viaggi e
delusioni, avventure e depressioni, fino ad una probabile conquista…Un
nuovo arrivo e subito dopo una nuova partenza: resta quello di Odisseo
il mito centrale per De Chirico, l’uomo che ricerca se stesso attraverso
la peregrinazione e la perdita di tutto, tranne che della memoria»
M. FAGIOLO DELL’ARCO, Pensare per immagini, in “I classici
dell’arte - il Novecento - De Chirico”, Rizzoli 2004
G. DE CHIRICO, L’angoscia della partenza, 1913
Giacomo Leopardi, Dialogo di un folleto e di uno gnomo
TIPOLOGIA A - ANALISI DI UN TESTO
Nel 1824 Leopardi costruisce questa operetta - una partitura dialogica di genere satirico alla maniera di Luciano e
del Boccalini - da cui emerge la demistificazione dell'idea antropocentrica.
Folletto. Oh sei tu qua, figliuolo di Sabazio?(1) Dove si va?
Gnomo. Mio padre m'ha spedito a raccapezzare che diamine si vadano macchinando questi furfanti degli uomini;
perché ne sta con gran sospetto, a causa che da un pezzo in qua non ci danno briga, e in tutto il suo regno(2) non se
ne vede uno. Dubita che non gli apparecchino qualche gran cosa contro, se però non fosse tornato in uso il vendere
e comperare a pecore, non a oro e argento; o se i popoli civili non si contentassero di polizzine per moneta,(3) come
hanno fatto più volte, o di paternostri(4) di vetro, come fanno i barbari; o se pure non fossero state ravvalorate le
leggi di Licurgo,(5) che gli pare il meno credibile.
Folletto. Voi gli aspettate invan: son tutti morti, diceva la chiusa di una tragedia dove morivano tutti i personaggi.
(6)
Gnomo. Che vuoi tu inferire?
Folletto. Voglio inferire che gli uomini sono tutti morti, e la razza è perduta.
Gnomo. Oh cotesto è caso da gazzette. Ma pure fin qui non s'è veduto che ne ragionino.
Folletto. Sciocco, non pensi che, morti gli uomini, non si stampano più gazzette?
Gnomo. Tu dici il vero. Or come faremo a sapere le nuove del mondo?
Folletto. Che nuove? che il sole si è levato o coricato, che fa caldo o freddo, che qua o là è piovuto o nevicato o ha
tirato vento? Perché, mancati gli uomini, la fortuna si ha cavato via la benda, e messosi gli occhiali e appiccato la
ruota a un arpione,(7) se ne sta colle braccia in croce a sedere, guardando le cose del mondo senza più mettervi le
mani; non si trova più regni né imperi che vadano gonfiando e scoppiando come le bolle, perché sono tutti sfumati;
non si fanno guerre, e tutti gli anni si assomigliano l'uno all'altro come uovo a uovo.
Gnomo. Né anche si potrà sapere a quanti siamo del mese, perché non si stamperanno più lunari.
Folletto. Non sarà gran male, che la luna per questo non fallirà la strada.
Gnomo. E i giorni della settimana non avranno più nome.
Folletto. Che, hai paura che se tu non li chiami per nome, che non vengano? o forse ti pensi, poiché sono passati, di
farli tornare indietro se tu li chiami?
Gnomo. E non si potrà tenere il conto degli anni.
Folletto. Così ci spacceremo per giovani anche dopo il tempo; e non misurando l'età passata, ce ne daremo meno
affanno, e quando saremo vecchissimi non istaremo aspettando la morte di giorno in giorno.
Gnomo. Ma come sono andati a mancare quei monelli?
Folletto. Parte guerreggiando tra loro, parte navigando, parte mangiandosi l'un l'altro, parte ammazzandosi non
pochi di propria mano, parte infracidando nell'ozio, parte stillandosi il cervello sui libri, parte gozzovigliando, e
disordinando in mille cose; in fine studiando tutte le vie di far contro la propria natura e di capitar male.
Gnomo. A ogni modo, io non mi so dare ad intendere che tutta una specie di animali si possa perdere di pianta,(8)
come tu dici.
Folletto. Tu che sei maestro in geologia,(9) dovresti sapere che il caso non è nuovo, e che varie qualità di bestie si
trovarono anticamente che oggi non si trovano, salvo pochi ossami impietriti. E certo che quelle povere creature
non adoperarono niuno di tanti artifizi che, come io ti diceva, hanno usato gli uomini per andare in perdizione.
Gnomo. Sia come tu dici. Ben avrei caro che uno o due di quella ciurmaglia risuscitassero, e sapere quello che
penserebbero vedendo che le altre cose, benché sia dileguato il genere umano, ancora durano e procedono come
prima, dove(10) essi credevano che tutto il mondo fosse fatto e mantenuto per loro soli.
Folletto. E non volevano intendere che egli è fatto e mantenuto per li folletti.
Gnomo. Tu folleggi veramente, se parli sul sodo.(11)
Folletto. Perché? io parlo bene sul sodo.
Gnomo. Eh, buffoncello, va via. Chi non sa che il mondo e fatto per gli gnomi?
Folletto. Per gli gnomi, che stanno sempre sotterra? Oh questa e la più bella che si possa udire. Che fanno agli
gnomi il sole, la luna, l'aria, il mare, le campagne?
Gnomo. Che fanno ai folletti le cave d'oro e d'argento, e tutto il corpo della terra fuor che la prima pelle?(12)
Folletto. Ben bene, o che facciano o che non facciano, lasciamo stare questa contesa, che io tengo per fermo che
anche le lucertole e i moscherini si credano che tutto il mondo sia fatto a posta per uso della loro specie. E però
ciascuno si rimanga col suo parere, che niuno glielo caverebbe di capo: e per parte mia ti dico solamente questo, che
se non fossi nato folletto, io mi dispererei.
Gnomo. Lo stesso accadrebbe a me se non fossi nato gnomo. Ora io saprei volentieri quel che direbbero gli uomini
della loro presunzione, per la quale, tra l'altre cose che facevano a questo e a quello, s'inabissavano le mille braccia
sotterra e ci rapivano per forza la roba nostra, dicendo che ella si apparteneva al genere umano, e che la natura
gliel'aveva nascosta e sepolta laggiù per modo di burla, volendo provare se la troverebbero e la potrebbero cavar
fuori.
Folletto. Che maraviglia? quando non solamente si persuadevano che le cose del mondo non avessero altro uffizio
che di stare al servigio loro, ma facevano conto che tutte insieme, allato(13) al genere umano, fossero una
bagattella. E però le loro proprie vicende le chiamavano rivoluzioni del mondo, e le storie delle loro genti, storie del
mondo: benché si potevano numerare, anche dentro ai termini della terra, forse tante altre specie, non dico di
creature, ma solamente di animali, quanti capi d'uomini vivi: i quali animali, che erano fatti espressamente per
coloro uso, non si accorgevano però mai che il mondo si rivoltasse.
Gnomo. Anche le zanzare e le pulci erano fatte per benefizio degli uomini?
Folletto. Sì erano; cioè per esercitarli nella pazienza, come essi dicevano.
Gnomo. In verità che mancava loro occasione di esercitar la pazienza, se non erano le pulci.
Folletto. Ma i porci, secondo Crisippo, erano pezzi di carne apparecchiati dalla natura a posta per le cucine e le
dispense degli uomini, e, acciocché non imputridissero, conditi colle anime in vece di sale. Gnomo. Io credo in
contrario che se Crisippo avesse avuto nel cervello un poco di sale in vece dell'anima, non avrebbe immaginato uno
sproposito simile. Folletto. E anche quest'altra è piacevole; che infinite specie di animali non sono state mai viste
né conosciute dagli uomini loro padroni; o perché elle vivono in luoghi dove coloro non misero mai piede, o per essere
tanto minute che essi in qualsivoglia modo non le arrivavano a scoprire. E di moltissime altre specie non se ne
accorsero prima degli ultimi tempi. Il simile si può dire circa al genere delle piante, e a mille altri. Parimente di
tratto in tratto, per via de' loro cannocchiali, si avvedevano di qualche stella o pianeta, che insino allora, per
migliaia e migliaia d'anni, non avevano mai saputo che fosse al mondo; e subito lo scrivevano tra le loro masserizie:
(14) perché s'immaginavano che le stelle e i pianeti fossero, come dire, moccoli da lanterna piantati lassù nell'alto a
uso di far lume alle signorie loro, che la notte avevano gran faccende.
Gnomo. Sicché in tempo di state, quando vedevano cadere di quelle fiammoline che certe notti vengono giù per
l'aria, avranno detto che qualche spirito andava smoccolando le stelle per servizio degli uomini.
Folletto. Ma ora che ei sono tutti spariti, la terra non sente che le manchi nulla, e i fiumi non sono stanchi di
correre, e il mare, ancorché non abbia più da servire alla navigazione e al traffico, non si vede che si rasciughi.
Gnomo. E le stelle e i pianeti non mancano di nascere e di tramontare, e non hanno preso le gramaglie.
Folletto. E il sole non s'ha intonacato il viso di ruggine; come fece, secondo Virgilio, per la morte di Cesare: della
quale io credo ch'ei si pigliasse tanto affanno quanto ne pigliò la statua di Pompeo.(15)
NOTE
1 - Dio tracio omologo di Dioniso, fu ritenuto dai cabalisti il capostipite degli gnomi. 2 - E' il regno sotterraneo dove
gli gnomi custodiscono i metalli preziosi. 3 - Cartamoneta. 4 - Coroncine, gingilli. 5 - Le leggi di Licurgo avevano
imposto la circolazione delle monete di ferro. 6 - E' il verso finale della parodia (Rutzvanscad il giovine di Zaccaria
Valaresso) di una tragedia (Ulisse il giovane di Domenico Lazzarini). 7 - La benda e la ruota sono il corredo della
fortuna nella sua raffigurazione tradizionale. 8 - Estirpare. 9 - Quale abitatore del sottosuolo. 10 - Mentre. 11 Sul serio. 12 - La crosta terrestre. 13 - Rispetto. 14 - Suppellettili, oggetti di casa. 15 - La statua di Pompeo,
impassibile spettatrice della morte di Cesare.
Consegne:
COMPRENSIONE
1.
Riassumi brevemente il contenuto dell’operetta morale.
2.
La statua di Pompeo nella sua indifferente impassibilità è metafora di .......................................
ANALISI
3.
Individua gli aggettivi con cui vengono ironicamente denominati gli uomini e seleziona i passi dove più
esplicita e beffarda traspare la critica dell'antropocentrismo.
4.
Individua le battute e le freddure con cui Leopardi deride l'ideologia delle novità ed evidenzia i passi dove si
accenna alla progressione a ritroso della civiltà.
5.
Cogli la posizione di Leopardi attraverso segnali linguistici (parodia, umorismo)
CONTESTUALIZZAZIONE
7.
Collega le tematiche dominanti di questa operetta con altri testi di Leopardi
8.
Inserisci Leopardi nel contesto storico in cui si trova ad operare
ATTUALIZZAZIONE (facoltativa)
9.
Leggi il testo e valuta se il contenuto allude a problematiche attuali
10. Esprimi il tuo punto di vista sul tema centrale dell'operetta