The Watcher - jp beckett

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The Watcher - jp beckett
The Watcher
di Samuel Baggio
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Copyright di Samuel Baggio ®
Prima Edizione 2007
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Jail
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J 22
-"Lo Stato dell'Australia Meridionale contro Jason Patricks."
Così hanno detto all'inizio del mio processo.
---"La giuria ha raggiunto una decisione?"
-"Si, Vostro Onore."
-"Sia data lettura al verdetto."
-"La giuria all'unanimità dichiara l'imputato Jason Patricks colpevole del
reato di omicidio di primo grado, suggerendo inoltre il massimo della
pena prevista in questi casi."
-"Visti e considerati gli atti, la Corte condanna l'imputato per il reato
ascrittogli a 30 anni di carcere da scontare nelle patrie galere. La seduta è
tolta."
Questo è quanto è stato detto alla fine del mio processo.
Nel mezzo solo menzogne, almeno dal mio punto di vista.
--Sento il martello del giudice battere e i colpi assomigliano ai rintocchi di
una campana a morto.
La guardia giurata mi prende e mi ammanetta ai polsi, mentre sto ancora
cercando di realizzare quanto mi sta accadendo.
Guardo tra la gente presente nella stanza dietro le mie spalle, incontrando
gli sguardi di amici, conoscenti, semplici curiosi.
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-"Non ti preoccupare, presenteremo ricorso, non è finita" - così dice il mio
avvocato, mentre vengo condotto fuori dell'aula. Lo sento ma non lo
ascolto.
Dentro di me penso "non è possibile, non sono colpevole" e vorrei gridarlo.
Vorrei professare la mia innocenza, vorrei poter dire "non è andata così".
D'altro canto, ripensando ai semplici fatti, anch'io mi sarei giudicato
colpevole. Ma a volte le cose non sono come sembrano.
E' uno splendido pomeriggio di un giorno di fine ottobre. Durante il
processo ho ammirato il Sole attraverso le inferriate alle finestre. Ho
sentito il piacevole calore dei suoi raggi sulle mie mani. Nonostante tutto
mi sentivo bene, anche se non molto tranquillo.
Adesso non sento caldo mentre percorro il corridoio che mi porta all'uscita
sul retro, dove mi aspetta un furgone cellulare che mi condurrà in carcere.
I neon sul soffitto sono accesi e la luce proietta un'ombra falsa e sterile sul
pavimento.
Vengo fatto salire assieme a due guardie di scorta.
Il tragitto per arrivare alla prigione non è molto lungo. Una volta arrivato
mi riconducono nella mia cella, nella quale ho passato l'ultima settimana.
Arrivo prima dell'ora di cena, e così non rischio di saltare il pasto. Sono un
tipo fortunato!
Il tempo passa in prigione scandito dalle solite cose: sveglia, colazione,
lavori riabilitativi, pulizie, pranzo, ore d'aria, cena, riposo. Quando sono
stato arrestato ho pensato alla mia permanenza qui come una cosa
temporanea e questo mi ha aiutato molto a superare il momento.
Adesso le cose cambieranno visto che dovrò passarci i prossimi 30 anni.
Per prima cosa dovrei incidere il mio nome sul muro!
Consumata la cena chiedo il permesso di andarmene in cella. La voce della
mia condanna si è sparsa velocemente.
Mi rifugio nei 4 metri per 3 della mia cella. Mi siedo sulla branda e resto a
fissare questi tre muri spogli.
Mi hanno riferito che domani mi comunicheranno il nome del carcere dove
dovrò scontare la pena.
Aspetterò a scrivere il mio nome sul muro.
Mi alzo e afferro le sbarre alla finestra, con la vana speranza che si
stacchino. Guardo il cielo all'imbrunire, le nuvole all'orizzonte colorate dal
tramonto e chiudo gli occhi.
Penso ad una settimana fa, quando tutto questo poteva essere solo un
brutto sogno. Poi li riapro e mi volto indietro.
Adesso so rispondere a quel vecchio carcerato, un pazzo, un po' saggio,
che ho incontrato la seconda notte di permanenza in cella: ho capito di che
colore è la libertà. Forse il verde smeraldo di un prato di primavera
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bagnato da una rugiada mattutina; o l'azzurro intenso di un cielo terso
dopo un acquazzone estivo; la trasparenza di un ruscello di montagna che
si fa largo con forza tra le rocce; o il rosso di un fuoco scoppiettante acceso
sotto una coltre infinita di stelle.
Passo il resto della serata sdraiato sulla mia branda, con gli occhi chiusi, a
pensare.
La vita il giorno d'oggi scorre troppo velocemente: gli avvenimenti si
susseguono incalzanti, non permettendoci di riflettere su quanto ci
succede. Siamo così preoccupati di perderci qualcosa che abbiamo paura di
chiudere gli occhi.
Penso.
La mia vita, il mio lavoro, i miei amici: tutte cose che al momento sembro
aver perso.
Mi addormento in compagnia dei miei pensieri.
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J 21
Vengo svegliato la mattina dopo.
Cammino lungo il corridoio fissando la schiena del detenuto che mi
precede. Non mi preoccupo di guardare dove sto andando, perché sono
certo che non corro il rischio di perdermi.
La mia vita questa mattina fa un po’ meno schifo di quanto facesse ieri.
Riconosco alcune delle facce che incontro quando vado a prendermi la
colazione al banco dell'enorme refettorio. Tutti cercano di farsi i fatti
propri, ignorando educatamente il prossimo, eliminando una parte
fondamentale della vita di una persona: la conversazione. Non che abbia
molto di cui conversare con quelli che mi stanno seduti a fianco.
Mentre cerco di inzuppare un biscotto, il mio sguardo si perde sulla
superficie del mio latte caldo.
Mi ritornano in mente le colazioni alla mattina presto; la smania di partire
per l'ennesima gita al mare, sempre alla ricerca dell'onda giusta da
cavalcare con il mio surf verde smeraldo; le raccomandazioni di mia
madre, che si svegliava nonostante la mia premura nel non fare rumore;
l'eccitazione nel trovare una baia isolata, crogiolandosi al Sole in un dolce
far niente.
Adesso non riesco a trovare niente di poetico nel mio caffellatte.
-"Come va ragazzo."
Alzo la testa e mi guardo attorno, ma nessuno sembra aver parlato.
-"Ti ho chiesto come va" - chiede un detenuto di fronte a me, intento a
addentare un pezzo di pane – "la colazione non ti piace?"
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Non rispondo subito, ma resto ad osservare maleducatamente, per alcuni
secondi, il suo modo di fare, il piacere che sembra trovare in quello che sta
facendo.
-"Oltre alla libertà hai perso anche la parola?"
-"No."
-"Finalmente. Abbiamo saputo che ti hanno condannato, 30 anni non sono
pochi."
-"Le voci girano velocemente."
-"In carcere si vengono a sapere molte cose. Ti ripeto la domanda: come
va?"
-"Non va molto bene. Sono stato meglio, in posti migliori."
-"Ti credo. Non mangi?"
-"Non ho fame."
-"Ti ritornerà. La fame è una cosa che il carcere non ti può togliere. E ce ne
sono altre. Ma le scoprirai da solo."
Continuo a guardarlo mentre si dedica alla sua colazione. Non ha mai
alzato la testa. Quando finisce mi guarda, sorride e si alza.
-"Ci si vede" - e se ne va.
Non lo saluto nemmeno. Prendo un pezzo di pane e gli do un morso, mi
guardo attorno e le facce che vedo, ORA mi sembrano ancora meno
"familiari". Che strano tipo, o dovrei dire che strano che ci sia un tipo come
lui qui.
Seguo il consiglio del mio "amico" e consumo la colazione, appena in
tempo per essere riportato in cella.
Non ho niente con me, riviste, giornali, una televisione e fatico a far
passare il tempo. Mi distendo sulla branda e chiudo gli occhi pensando
alla mia prima vera colazione in carcere. Dico "prima vera" colazione
perché finora avevo inteso la mia permanenza in carcere come temporanea
e tutto quello che mi succedeva come una brutta vacanza da dimenticare,
con un pessimo servizio in camera. Adesso invece ho la consapevolezza
che tutto questo è assolutamente definitivo.
Il tempo passa ma non riesco a quantificarlo se non osservando l’ombra
che si sposta sul muro con lo spostarsi del Sole.
Una guardia arriva alle mie spalle sbattendo il manganello sulle sbarre per
richiamare la mia attenzione.
-"Alzati. Ti vuole il direttore."
Mi alzo sapendo di non avere scelta.
-"Arrivo."
Apre la porta e mi fa uscire.
-"Davanti a me, cammina."
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Lo precedo passando davanti ad altre celle. Mi volto per guardarci dentro,
e mi sembra di spiare dentro la casa di uno sconosciuto attraverso le
finestre.
Percorriamo il blocco D nella sua lunghezza, fino ad arrivare all’uscita.
Prima di attraversarla vengo incatenato ai polsi e ai piedi, vista la natura
del mio reato.
-"Il prigioniero 7751 deve essere condotto dal direttore" - comunica la
guardia al suo collega dall’altra parte.
La serratura elettrica scatta e le sbarre scorrono. La guardia che mi ha
prelevato mette una firma su un pezzo di carta e poi mi conduce lungo un
corridoio. Ci sono molte finestre qui e posso ammirare il paesaggio
circostante mentre procediamo. Il carcere è a forma di U: da una parte
devono esserci i detenuti per reati più gravi, dall’altra quelli per reati
minori e i vari uffici. Saliamo anche di un paio di piani prima di arrivare
dal direttore.
Vengo scortato fin dentro il suo ufficio. Un gran tappeto arreda l’entrata, a
sinistra una libreria e a destra una vetrinetta, in fondo alla stanza la
scrivania e dietro una finestra: un arredamento molto inglese. Il direttore è
seduto dietro la scrivania, intento a leggere alcuni fogli. Alza il capo non
appena entriamo.
-"Il detenuto 7751, signore direttore" - annuncia la guardia.
-"Avanti."
Entriamo fino ad arrivare al centro: le catene risuonano nella stanza,
stonando chiaramente con l’ambiente.
-"Può togliergli le catene, signor Smith."
-"Come desidera, signor direttore."
Senza obiettare la guardia mi toglie le catene e ritorna alle mie spalle.
-"Ci lasci soli" - rivolgendosi di nuovo alla guardia.
-"Come desidera" - risponde.
Non sembra avere paura di me, e non vedo perché dovrebbe averne. Forse
il fatto d'avere ucciso una persona mi mette in cattiva luce nei confronti del
prossimo, ma forse la mia faccia da bravo ragazzo smentisce le mie
presunte azioni.
-"Si sieda, la prego, non mi piace parlare con la gente in piedi."
Mi siedo davanti alla scrivania sull’unica sedia che c’è nell’ufficio.
-"Signor Patricks, penso si stia chiedendo come mai sia così gentile con lei?
Non è un comportamento molto normale per una persona che ha rapporti
con dei criminali."
-"Veramente no. In questi giorni non sono al massimo delle mie capacità ...
."
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-"La risposta è che io personalmente non ho niente contro di lei. Sono il
direttore di questo penitenziario, non un sadico torturatore
dell’Inquisizione. Non vedo l’utilità di essere rude nei suoi confronti. Visto
che il tribunale ha deciso che dovrà scontare la sua pena in questo carcere
dovremo cercare d’andare d’accordo."
-"In questo carcere."
Dovrò decidermi di scrivere il mio nome sul muro della cella.
-"Tratta tutti i detenuti allo stesso modo? Anche i pazzi omicida?"
-"I tipi come lei intende?"
-"Io non sono un pazzo omicida!"
-"La sua scheda personale dice il contrario" - mi dice appoggiando una
mano sopra la scrivania sui fogli che stava leggendo prima.
-"In effetti è quello che hanno detto al processo. Ma non ha paura?"
-"Di cosa?"
-"Che la possa aggredire e scappare."
-"No."
Sembra molto sicuro della sua affermazione.
-"Io leggo le schede dei detenuti che arrivano. Voglio sapere se possono
darmi problemi in futuro. Se poi ci sono dei casi particolari voglio
approfondirli. Lei è uno di questi. Quelli che vengono qua devono scontare
un debito verso la società: spetta a loro decidere in che modo. Io do la
possibilità di lavorare all’interno del carcere, di occupare il tempo in modo
costruttivo. Spetta a lei decidere come vivere i trent’anni che deve
trascorrere qui. Sappia che in base al suo comportamento io adeguerò il
mio."
-"Penso di aver capito cosa vuol dire. Da me non avrà guai, può starne
certo."
-"Bene. Il nostro non è un albergo e lei non è in villeggiatura, ma avrà
ugualmente la possibilità di impiegare il suo tempo. Cosa mi dice."
-"Che non ho scelta."
-"Non ce l’ha. Non più ormai. Doveva pensarci prima di uccidere
quell’uomo."
-"Signor ... direttore, se le dicessi che non sono colpevole, cosa
penserebbe?"
-"Non è il primo a dirmi una cosa del genere. Quello che le posso dire è
che, in base al rapporto in mio possesso, lei risulta essere effettivamente il
colpevole, quasi senza ombra di dubbio, a parte il movente, che da quanto
ho letto sembra non esserci, e la sua vita impeccabile. Come ho detto: lei è
un caso particolare."
Le parole del direttore suonano come il riassunto del mio processo:
colpevole senza un movente, se non la pazzia.
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La giustizia si basa sui fatti e i fatti, in questo caso, sono contro di me.
--Me ne sto in casa mia, un sabato mattina. Mi sono svegliato da poco, e mi
ritrovo in cucina a far colazione. E’ stata una settimana molto dura: il
lavoro, la mia vita sentimentale, e per ultimo il funerale di Stuart. Ho
proprio bisogno di una giornata di riposo, magari al mare a fare del surf.
Mi sdraio sulla mia poltrona preferita a sorseggiare un bicchiere di latte e a
mangiare un paio di brioches; prendo il giornale di ieri che non ho fatto in
tempo a leggere e stendo le gambe sopra il tavolino in salotto. Guardo
fuori della portafinestra il Sole già alto e prevedo una splendida giornata.
Al povero Stuart sarebbe piaciuta: in questo periodo non aveva molto
tempo per se. Dedicherò l’onda più grossa che troverò a te Stuart: spero ci
siano onde, surf e belle ragazze dove ti trovi adesso.
Quello che non riesco a perdonarmi è il fatto che non abbia potuto fare
niente, che non sia riuscito ad avvertirti in tempo.
Ad un tratto la vista mi si appanna, la mano si contrae stringendo il
bicchiere, il corpo s'irrigidisce e delle immagini mi appaiono nella mente:
un uomo che suona alla porta, io che vado ad aprire, lui che entra, mi getta
a terra e mi spara.
La visione dura pochi secondi, dopo i quali ritorno in me, con il corpo
scosso da un tremito e coperto di sudore. Erano anni che non mi accadeva
di avere questi "sogni" e adesso nel giro di un paio di giorni ne ho due. E il
primo non ha portato bene, ma non portano mai bene.
Poso il bicchiere sul tavolino, lascio cadere il giornale a terra e comincio a
vagare per la casa: frugo tra gli scaffali della libreria, in cucina, in camera
da letto. All’improvviso sento suonare all’ingresso, esco dalla camera e
vado verso la porta. Passando per il corridoio afferro un quadretto
appoggiato distrattamente sopra un mobile. Il campanello suona ancora
scuotendomi ancor di più; afferro la maniglia con la sinistra e quando il
campanello suona ancora apro la porta. L’uomo sul pianerottolo è stupito
nel vedermi piombare su di lui, ancor di più quando lo colpisco in testa
una due tre volte; cade all’indietro battendo la nuca sugli scalini dietro di
lui. Lo guardo mentre se ne sta disteso a terra e non mi muovo. Sollevo
quel che resta della mia arma e mi accorgo solo ora di aver usato il quadro
con la mia laurea: il peso della cultura.
Tutta la scena non è sfuggita a qualche mio vicino, che pensa bene di
chiamare la polizia e in un batter d’occhio mi ritrovo in questo carcere. Ha
proprio ragione il direttore: non ci sono dubbi sulla mia colpevolezza.
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Resto ad ascoltare quello che ha da dirmi, cercando di prestare un certo
interesse.
Il direttore torna a parlarmi dei lavori riabilitativi all’interno della
prigione, e, anche se preferirei tornare al MIO lavoro, trovo valido
impegnare il tempo, mantenendosi attivi. Mi parla della serra, dell’officina,
della biblioteca e della paga settimanale che riceverò se sceglierò di
lavorare: 25$ che, se saprò gestire al meglio, potrò usare per pagarmi un
nuovo processo ed un nuovo avvocato.
-"Cosa sceglie?" - mi chiede il direttore.
-"La biblioteca" - prima di venire qua mi lamentavo che non avevo mai
tempo per leggere."
-"Può cominciare oggi pomeriggio. E si ricordi; la sua vita da noi può
diventare anche un inferno, se lo rammenti."
-"Cercherò."
-"Guardia" - la guardia che aspettava fuori dalla porta rientra – "porti il
detenuto nella sua cella."
-"Si, signore" - risponde.
-"Buongiorno, signor Patricks."
-"Buongiorno."
Mi alzo, la guardia mi prende per un braccio e mi conduce fuori
dall’ufficio. Chiusa la porta mi rimette le catene e lo lascio fare senza
opporre la minima resistenza.
-"Cammina davanti a me senza fare scherzi."
Mi guardo i polsi e i piedi appesantiti dalle catene e le parole della guardia
assumono un aspetto comico.
Ritorno in cella, le sbarre si chiudono e mi ritrovo solo. Finché non mi sarò
organizzato, il tempo sarà duro da far trascorrere. Per adesso mi
accontento di sdraiarmi sulla branda a fissare il soffitto. Chiudo gli occhi e
per un attimo tento di immaginarmi tra le mura di casa sdraiato sul mio
letto. Il trucco però non funziona e quando li riapro mi ritrovo tra il
grigiore di questa mia nuova vita.
Mi metto a dormire sperando che il tempo passi in fretta: questa inattività
fisica e mentale mi sta uccidendo.
Al pomeriggio vengo condotto in biblioteca, dove mi viene spiegato il
lavoro da svolgere. Il direttore tiene molto al fatto che si legga in carcere, e
questo gli fa onore. Arrivano continuamente dall’esterno libri nuovi,
quotidiani, riviste, periodici. Il mio compito consiste nel controllare ciò che
arriva e portarlo nelle celle di chi ne ha fatto richiesta.
E’ permesso anche studiare, per consentire a chi non ha un titolo di studio
di conseguirlo: potrei farlo anch’io e prendermi qualche altra laurea.
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Quando uscirò da qui potrebbe sempre servirmi qualcosa da aggiungere al
mio curriculum, oltre ai trent’anni di prigione.
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J 19
I giorni passano e purtroppo comincio ad abituarmi ai ritmi di vita del
carcere: sveglia presto, colazione, biblioteca, pranzo, ore d'aria, biblioteca,
cena, branda. Non sono previsti cambiamenti di programma.
Dopo le prime settimane di ambientamento ho cominciato a fare
conoscenza con gli atri carcerati, escludendo quelli a cui sono indifferente,
quelli che vorrebbero farmi la festa sotto la doccia e quelli che invece
hanno accoltellato la madre dopo l'ultima fatale critica. Praticamente tre o
quattro in tutto.
Al pomeriggio, dopo l'ora di aria, mi faccio un giro col carrello a portare
riviste e libri a chi li ha richiesti.
Il direttore pensa anche che la lettura serva ad alleviare la solitudine dei
prigionieri o quanto meno a tenerli occupati mentalmente.
Per il resto del tempo leggo qualche libro anch'io, visto che il tempo non
mi manca.
Durante le pause all'aperto si cammina, tanto per fare un po' di
movimento. Si chiacchiera del più e del meno. Ognuno parla di quello che
ha fatto per essere qui dentro, o che presumono abbia fatto, di quello che
ha lasciato e di quello che potrebbe trovare, o spera di trovare. Mogli,
fidanzate, lavoro il più delle volte tutto questo è un miraggio per chi ha la
fortuna di uscire.
Ci sarebbe anche la possibilità di usare dei pesi, ma preferisco fare qualche
tiro con il pallone da basket. A volte facciamo anche delle partite, a volte
vinco, a volte perdo, a volte è meglio far vincere gli avversari, se la loro
fedina penale è sporca come una discarica.
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Ma mi manca il surf. E per quello non c'è un surrogato. L'odore del mare e
il fragore delle onde danno delle sensazioni che non si possono sostituire:
quando sei sulla tavola e vedi l'onda che hai aspettato tutto il giorno
arrivare dietro di te, l'adrenalina schizza alle stelle e ti fa fare delle cose che
in altri frangenti non ti sembrerebbero possibili.
Ma forse sarebbe meglio che mi scordassi in fretta di tutto questo, o forse
no! Forse i ricordi sono l'unica cosa che mi permette di andare avanti in
questo schifo che è la mia vita adesso! Sono la mia condanna e la mia
salvezza.
E il fatto che sia innocente non serve certo a placare questo mio tumulto
interiore.
In questi giorni di primavera, quando sto all'aperto, mi siedo ad ammirare
il Sole. E' una bella sensazione.
Durante questi momenti penso a quando stavo fuori, a quando lavoravo
come guardia forestale, a quando avevo degli amici.
Avevo proprio un bel lavoro che mi permetteva di stare a contatto con la
natura. Controllavo lo stato dei parchi naturali, le zone protette, i
bracconieri. Quando me ne andavo su qualche isola, sfruttavo i momenti
liberi per farmi qualche nuotata, per pescare qualcosa, per il surf. Non era
niente male. E mi pagavano pure!
Il fine settimana me ne stavo a casa, tranquillo. Quando Stuart si liberava
però ce ne andavamo in spiaggia a rimorchiare qualche bella ragazza. Si
tentava di rimorchiare qualche bella ragazza. Ma ci si divertiva, eccome. E
alla sera che bevute! Che risate! Passavamo le serate tra quei pochi amici
veri a raccontarci la settimana passata, a lamentarci degli imbecilli che
avevamo incontrato al lavoro, a parlare di donne. E d'estate finivamo
l'ultima birra in riva al mare, da soli a guardare le stelle o magari a
pomiciare, rotolandosi nella sabbia.
Quando mi hanno messo in galera non avevo una fidanzata e sicuramente
è stato meglio così. Sarebbe stato sicuramente ingiusto pretendere la
fedeltà, sapendo di non avere alcun futuro davanti a me.
Ho lasciato indietro degli amici e qualche parente non molto stretto. Tutti
si staranno chiedendo che fine ho fatto, ma pochi staranno versando
lacrime.
Per fortuna che i miei genitori non ci sono più o avrei spezzato loro il
cuore.
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J 18
Dopo un paio di mesi di questa mia nuova vita avviene una svolta.
Mi succede mentre sono sdraiato sulla mia branda, un pomeriggio come
gli altri. Il corpo mi si irrigidisce improvvisamente, inizio a tremare e i
pensieri si fanno confusi. Mi vedo legato, dentro un ambiente chiuso, da
solo, mentre fuori è tutto blu.
Il sogno dura come sempre pochi secondi, dopodiché i muscoli si rilassano,
la mia mente esce dal torpore e mi ritrovo in un bagno di sudore. E come
sempre quello che "vedo" è incomprensibile.
Ho già parlato dei miei sogni e di come mi cambino la vita?
Io ho il potere di vedere, di prevedere il futuro. Io li chiamo sogni, ma
sarebbe più corretto chiamarle visioni.
Negli ultimi mesi ho avuto tre visioni: nella prima ho visto il mio amico
Stuart che veniva ucciso; nella seconda ho visto che uccidevano me; nella
terza non ho capito cosa ho visto.
Questo "dono" ce l'ho fin da piccolo. Riguardano sempre me o qualcuno
che mi sta a cuore, amici, parenti.
Il problema con queste visioni è che non riesco a controllarle. A volte sono
chiare e volte non lo sono affatto. Un altro problema è che ho queste
visioni solo se c'è un chiaro pericolo di morte. Nell'arco di trent'anni non
ne ho avute molte. Anni fa ho visto la scena dell'incidente d'auto in cui i
miei genitori morivano. Ma il più delle volte riguardavano me. Ma in
questa situazione c'è un'ulteriore beffa: il tempo che intercorre tra il mio
sogno e il momento in cui si svolge l'azione cambia ogni volta in base alla
sua comprensibilità. E' come per un miope camminare senza occhiali:
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guarda qualcosa in lontananza ma non riesce a mettere a fuoco, a capire,
ma più si avvicina più l'oggetto diventa nitido, chiaro.
Per me è la stessa cosa. Il tempo è collegato in modo inversamente
proporzionale alla comprensibilità. Se la mia visione è chiara vuol dire che
quello che ho visto accadrà entro brevissimo tempo.
Purtroppo questo fa sì che dal momento in cui ho la visione potrei avere
più o meno tempo per attuare un piano per contrastare il mio destino o
quello degli altri.
Ho visto chiaramente che uccidevano Stuart a casa sua, come ho visto
chiaramente che volevano uccidermi quella mattina. Nel primo caso
purtroppo non ho fatto in tempo ad avvertirlo. Ho chiamato a casa sua ma
non ha risposto nessuno, poi ho saputo che a quell'ora era appena morto.
Altre volte non sono arrivato in tempo. Col tempo me ne sono fatto una
ragione, ma non è stato facile.
A volte il dono è stato utile, senza potrei non essere qui a raccontare la mia
storia. A volte ho maledetto il fatto di non essere "incosciente" del mio
destino e di quello degli altri, soprattutto se non puoi farci niente.
C'è un nome per definirmi: cumbo. Anche se non sarebbe proprio corretto.
I cumbo in verità sono degli aborigeni australiani che hanno la completa
padronanza dell'uso del sogno per prevedere il futuro e comunicare con
altri cumbo. Mio padre con tutta probabilità lo era e lo sarei stato anch'io se
non avesse spostato una occidentale. Come mezzo sangue ho ereditato il
suo dono ma non la capacità di usarlo consciamente.
E adesso ne ho avuta un'altra molto confusa, il che vuol dire che qualsiasi
cosa abbia visto potrebbe avverarsi in qualsiasi momento. Forse la chiave
del sogno è il colore blu, ma per il momento devo aspettare lo sviluppo
degli eventi.
--Dopo colazione vengo convocato dal direttore. Come le altre volte vengo
incatenato e scortato nell’altra ala. Il detenuto 7751 si gode la passeggiata
imprevista rubando quel poco di paesaggio che si scorge dalle finestre.
Vengo fatto entrare nel suo ufficio e come l'altra volta il direttore mi fa
togliere le catene. Come ogni volta la guardia esce, non prima di avermi
fulminato con lo sguardo. Me lo immagino con il naso attaccato alla porta
come un cane, pronto ad intervenire nel caso che il "detenuto pericoloso n.
7751" dovesse agitarsi.
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Il direttore è gentile come al solito; non mi offre il tè con i biscotti, ma
neanche mi frusta. Però mi dice che dovrò essere trasferito entro tre giorni
in un altro carcere.
Questo non mi sconvolge moltissimo, ma mi dispiace andarmene adesso
che mi sono ambientato. Il direttore mi comunica che sono stato inserito in
un programma governativo per "il recupero e il reinserimento dei detenuti
pericolosi" (citato alla lettera). A poco vale naturalmente la mia
consapevolezza di non essere un detenuto pericoloso. Il fatto inquietante è
invece che nella comunicazione manca la mia nuova destinazione: c’è
scritto solo che il trasferimento sarà effettuato da un mezzo dell’altro
carcere.
Il direttore aveva già sentito parlare di altri casi simili, ma questo è il primo
nel suo carcere. La notizia non mi rassicura molto, ma mi sembra scortese
farglielo notare.
Ma visto che questa notizia ha colpito anche lui, mi dice che si interesserà
alla faccenda, cercando di scoprire qualcosa. Se avrà altre notizie mi farà
chiamare.
Lo ringrazio anticipatamente per quello che potrà fare e per quello che ha
già fatto. Se solo avesse voluto avrebbe potuto rendermi la vita un inferno,
o forse ho guardato troppi film americani e i direttori sadici e torturatori
non esistono. Nel dubbio gli stringo la mano e gli dico addio.
La guardia mi conduce fuori dell’ufficio e mi incatena un’altra volta.
-"E’ l’ultima volta che facciamo questa passeggiata insieme" –
rivolgendomi al mio accompagnatore.
-"Perché?" – mi chiede.
-"Vengo trasferito."
-"Non mi dire."
-"In un carcere per detenuti pericolosi."
-"E perché?"
-"Perché sono un detenuto pericoloso" – la risposta mi sembra ovvia.
-"Si vede che non ti hanno visto bene" – mi risponde, sorprendendomi.
-"Cosa vorresti dire? Che non lo sono? Se non hai fatto altro che
incatenarmi ogni volta che ci siamo visti. Non mi sembra una
dimostrazione di fiducia!"
-"Le regole sono regole. Se dovesse succedere qualcosa ci vado di mezzo io.
Se fosse per me … ."
-"E io che immaginavo ci provassi gusto nel farlo."
-"Sei un idiota, o forse solo giovane."
Mi accompagna, questa volta, fino alla mia cella
-"Se posso darti un consiglio … ."
-"Dimmi pure."
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-"Non ti fidare di nessuno. Studia le persone a fondo e non ti soffermare
alle apparenze. Saprai come comportarti."
Quest’uomo continua a stupirmi.
-"Mi hai sorpreso."
-"Lo so. Hai molto da imparare."
-"Non so che dire" – gli rispondo.
-"Addio" – mi dice mentre chiude la porta della cella.
-"Addio" – gli rispondo mentre se ne sta già andando.
E’ stato uno dei discorsi più paterni che abbia mai ricevuto in questi ultimi
anni, oltre che il più disinteressato.
Mi sdraio sul letto ad ammirare le meravigliose crepe del soffitto, tentando
di trovarci qualcosa di nuovo e stimolante. Il mio turno alla biblioteca
inizia tra un’ora e visto che non ho niente di meglio da fare, me ne resto
dove sono. Ripensando a tutta la faccenda inizio a preoccuparmi. In un
carcere per detenuti pericolosi ci saranno sicuramente un sacco di pazzi,
assassini e chissà cos’altro. Per non parlare delle misure di sicurezza che
adotteranno. Mi restano ancora ventinove anni e diversi mesi da scontare e
non vorrei che diventassero un’anticipazione dell’inferno. Adesso sono
proprio preoccupato. Spero solo che non mi torturino: non sopporto il
dolore e il sangue, specie se i miei. Chiudo gli occhi tentando di scacciare
questi pensieri con qualcosa di divertente, ma l’unica cosa che riesco a
pensare è un energumeno incappucciato con in mano un ferro ardente che
mi dice "Lo facciamo per il tuo bene".
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J 17
Il giorno del mio trasferimento è arrivato.
Oltre alla "normale" preoccupazione, il direttore ha contribuito a darmene
un’altra dose supplementare venendo a trovarmi in cella. E’ venuto per
dirmi che gli dispiace per non essere riuscito a fare qualcosa per me.
Dovete ammettere che non è incoraggiante che qualcuno vi dica che non è
riuscito ad impedire che veniate portati da qualche parte. Già al primo
incontro mi aveva fatto capire che dove sarei andato a finire non era un
gran bel posto.
Non mi sento tranquillo.
Vengo incatenato, prelevato e "accompagnato" al furgone all’uscita della
prigione.
Nel breve tragitto guardo gli altri detenuti, nei loro volti scopro l’accenno
di un sorriso, di un saluto, a volte di semplice indifferenza.
Non scorgo tra i tanti il mio amico taciturno, che non potrà più darmi i
suoi rari quanto utili consigli.
Il mezzo che mi aspetta non è della prigione e lo desumo dal fatto che non
assomiglia a quello che mi ha portato qui.
Anche gli agenti sono diversi: la divisa, ma non solo, soprattutto i modi di
fare, più professionali, freddi, più meticolosi.
Vengo fatto sedere e uno dei tre agenti mi si siede di fronte, mentre gli altri
due si mettono in cabina.
Il viaggio dura circa un’ora, durante il quale il mio poco loquace
compagno di viaggio non batte ciglio, non mi guarda e non mi parla.
Non pretendo che mi riempia di attenzioni, mi faccia vedere le foto dei
figli e mi racconti la storia della sua vita, ma almeno un "vaffanc…", o
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magari un professionale "Non muovere un muscolo". Le finestre del
furgone sono molto piccole e poste molto vicino al soffitto: se non fosse per
l’illuminazione artificiale non ci si vedrebbe ad un palmo dal naso.
Ad un tratto ci fermiamo e non ho la più pallida idea di dove potremmo
essere. Il portello si apre e la guardia scende; mi sto per alzare per farlo
anch’io quando mi dicono – "Resta dove sei".
Mi risiedo al mio posto, mentre mi richiudono dentro da solo. Forse si
sono fermati a bere un caffè e mi lasciano qui. Anche se non ho una idea
esatta di cosa sia "qui": potrebbero anche aver girato in tondo per un’ora ed
essere al punto di partenza.
Ma all’improvviso inizio a sentire dei rumori, forse di un camion, o
qualcosa del genere, molto vicini. Mi alzo per guardare dal finestrino, ma è
troppo in alto e l’unica cosa che vedo è il cielo. Poi uno scossone, la luce si
spegne, il furgone traballa e io finisco per terra. Mi sto muovendo, o forse
per essere più preciso, dovrei dire alzando. Non so come e perché ma mi
stanno sollevando da terra e portando a spasso. Mi siedo e tento di capire
cosa stiano combinando, ma non ci capisco niente e così tanto per cambiare
mi preoccupo.
Finalmente decidono di posarmi, ma purtroppo quando lo fanno non
riesco più a vedere il cielo, ma solo una specie di luce, artificiale.
Mi alzo in piedi.
-"Ehi mi sentite?" – ma non risponde nessuno – "Mi sentite? C’è qualcuno?"
Come risposta la porta si apre e un fascio di luce mi acceca, perché ormai
mi ero abituato alla semi oscurità. Mi copro il viso e non riesco a vedere chi
sta arrivando. Posano un contenitore di ferro per terra.
-"Qui dentro c’è da mangiare e da bere". Mi toglie le catene, poi esce e
richiude la porta dietro di se.
E’ il secondo trasferimento della mia vita, ma qualcosa mi dice che tutto
questo non è normale. Sento della gente camminare, parlare e non riesco a
capire cosa stiano dicendo: sembrano voci ovattate, in lontananza. Ma io so
che devono essere a pochi metri. Altri rumori metallici sopra di me e tutto
attorno: i portoni che si chiudono, porte che sbattono, motori che si
accendono e come per magia le luci si riaccendono. Dopo aver superato lo
shock alle pupille mi siedo vicino al contenitore posato a terra: il coperchio
è chiuso da un gancio e non ha nessun segno particolare, nessuna scritta o
sigla. Non mi frega niente di mangiare. Voglio sapere dove sono!
-"Ehi, qualcuno vuole dirmi dove mi state portando?" – battendo i pugni
sulla porta, dopo essermi alzato.
Ma naturalmente nessuna risposta.
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Adesso non sento più rumori di alcun genere, niente voci, niente colpi,
niente motori: niente di niente. Come se mi trovassi in una camera di
isolamento.
-"E l’aria?" – penso terrorizzato – "morirò soffocato!"
Mi guardo attorno in spasmodica ricerca di una via d’uscita, ma vedo solo
le luci sul soffitto, le finestre alle pareti … e una piccola grata sulla parete
opposta della porta, ad un metro da terra. Mi inginocchio davanti
avvicinandomi fino ad appoggiarci il naso.
-"Entra l’aria!" – non morirò soffocato, ma mi sembra una magra
consolazione.
Riassumendo la mia condizione, direi che sono messo male: mi trovo in
una cella blindata senza contatti con l’esterno, non so dove mi trovo o dove
mi stanno portando, nessuno mi parla e chissà cosa mi hanno portato da
mangiare.
Dopo un po’ perdo la cognizione del tempo. Restarsene seduti a guardare
una parete di ferro non aiuta di certo il mio orologio biologico e per di più
comincio ad accusare un malessere generale. E’ difficile da spiegare, ma mi
sembra di essere su un volo di linea quando prende quota e i tuoi organi
interni non sanno più dove andare. In questo stato d’animo mi passa la
voglia di mangiare e il contenuto della cassa che ho ai piedi perde
interesse.
Cambio posizione mettendomi lungo disteso sopra i posti a sedere, in
modo da cambiare prospettiva e non annoiarmi: il soffitto mi pare più
espressivo delle pareti.
Chiudo gli occhi perché la luce inizia a darmi fastidio e mi metto ad
ascoltare cercando di captare qualche suono, ma la situazione non è
cambiata da prima. Ma adesso che ho tutto il corpo appoggiato avverto
una vibrazione che prima non sentivo, un ronzio di fondo. Di sicuro non
sono fermo in mezzo ad una strada, forse sono su un camion (ma sentirei
gli scossoni), o magari una nave! Il carcere potrebbe essere su un’isola,
come quelle francesi in America Meridionale, lungo le coste del Brasile o
della Guinea.
Mi addormento con la convinzione che mi stiano facendo fare un giro in
barca.
Mi risveglio di soprassalto, la bocca impastata, accecato dalla luce dei neon
che non si sono mai spenti, e un mal di testa da far paura. Ho la schiena a
pezzi, per non parlare del collo e le spalle, per via della posizione scomoda
in cui ho dormito. Mi metto a sedere e cerco di sgranchirmi un po’. Apro la
cassa, tralascio il cibo e mi prendo un contenitore in ferro con uno strano
tappo, sperando che dentro ci sia acqua. Dopo aver fatto l’inventario delle
parti del corpo che non mi fanno male, realizzo che l’acqua che mi avevo
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versato nel bicchiere vibra. Non mi sembra di essermi mosso ma noto
continui cerchi concentrici che ne increspano la superficie. Mi alzo e mi
inginocchio davanti, restando immobile. Non ero io che mi muovevo, è
tutto il resto: la sommessa vibrazione che percepivo prima è stata sostituita
da qualcosa di più veemente.
Sta sicuramente succedendo qualcosa, forse stiamo attraccando. Finché mi
trovo ancora in questa posizione, la porta della "cella" viene aperta e una
folata d’aria fresca entra prepotente.
-"Non ti serve pregare. Sei già all’inferno!" – è la prima cosa che mi dice il
tizio che entra, la seconda è - "Alza il culo."
Entra un’altra persona che dopo aver spostato la cassa mi "accompagna"
assieme al suo collega fuori "all’aria aperta".
Peccato che non ci sia neanche l’ombra dell’aria, ma mi ritrovi in uno
squallido corridoio.
Appena fuori mi rimettono le catene.
Il corridoio è illuminato con luci al neon distanti tra loro appese al soffitto.
Ad ogni passo ci accompagna un rimbombo sinistro. Alla fine troviamo
una porta di ferro dall’aria molto pesante. Uno dei due batte un paio di
colpi e ci viene aperto dall’altra parte. Purtroppo non faccio molti progressi
visto che mi trovo in una piccolissima stanza con un’altra porta chiusa,
simile ad una porta "stagna" di un sommergibile. Non che abbia visto molti
"sommergibili" in vita mia, ma ho qualche esperienza con i film di guerra:
so riconoscere una porta stagna quando ne vedo una.
Sempre la stessa guardia gira il maniglione rotondo e la porta si apre,
finalmente su qualcosa di più grande di uno sgabuzzino. La prima cosa
che ho notato da quando sono qui (chissà dove) è che è tutto fatto di ferro,
nessuna parete in muratura e nessuna finestra.
Trovo ad aspettarmi altra gente: la maggior parte in divisa, ma un paio in
abiti civili; le guardie allineate sulla sinistra, un paio di loro sono a destra
vicino ad un tavolo, al quale è seduto uno dei due civili; l’altro, vestito
decisamente meglio degli altri, si trova in piedi di fronte alla porta dalla
quale sono entrato.
Al civile vengono dati dei documenti che provano la mia identità: stanno
evidentemente espletando le formalità per l’accettazione nella mia nuova
dimora. Sembra proprio sia arrivato a destinazione e non mi piace per
niente!
Sto ancora male a causa del viaggio per cui subisco passivamente questi
eventi, senza comprenderli e "studiarli" a fondo, come magari dovrei.
Mi viene dato un numero di matricola che non ricordo, ma avrò occasione
di farlo.
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Per tutto il tempo non mi vengono tolte le catene anche se non avrei
nessuna possibilità di fuga. Il civile consegna ad una delle mie guardie la
nuova divisa e le scarpe; mi comunica anche che dovrò sottopormi ad una
visita medica.
Solo a questo punto entra in scena l’altro tizio, quello in fondo alla stanza.
-"Io sono il direttore di questo carcere. Questo è il MIO carcere. Lei è qui
perché se l’è meritato. Non disobbedisca mai ad un ordine o sarà punito.
Non tenti la fuga o sarà punito. Da questo momento in poi sarà chiamato
solo con il numero di matricola. Se una delle guardie la sentirà
pronunciare il suo nome sarà punito. Farà solo quello che le è stato detto di
fare o sarà punito. Spero di essere stato chiaro."
Il solito discorso "Sono innocente" me lo posso anche tenere.
-"Chiaro."
-"Se si comporterà bene questa sarà l’ultima volta che mi vedrà. Le auguro
che questo incontro non si ripeta. Portatelo via."
Vorrei chiedergli se mi saluterà quando finirò di scontare la mia pena e me
ne andrò. Ma in merito a questo dettaglio comincio ad avere qualche
dubbio.
Il direttore se ne va e dopo qualche minuto lo seguiamo. Sempre
incatenato mi portano fuori, lungo un altro ennesimo corridoio, fino
all’infermeria, così almeno è scritto sulla porta.
Due guardie restano con me, ma per fortuna mi levano le catene.
-"Si tolga la divisa e indossi questi abiti. Dovremo farle una visita medica
per appurare che non sia portatore di qualche malattia. La terremo in
osservazione per una notte qui e non nella cella del carcere. Ma sarà
sempre sorvegliato. Ha capito?"
-"Certo. Mi mettete in quarantena."
-"Non proprio, non così a lungo."
Me ne resto in mutande per un bel po’. Mi visitano, mi palpano, mi
auscultano, mi fanno delle radiografie e gli esami del sangue. Non pensavo
che mi sarei fatto un check-up completo in galera. Scoprirò di essere un
perfetta salute. Che fortuna!
-"Mi saprebbe dire che ora è? Non so più se devo avere fame o sonno."
-"Sono le 19.30 circa. Abbiamo finito e così le farò portare la cena, se lo
desidera."
-"Scommetto che non posso ordinare."
-"No. Guardie, mettetelo in cella e portategli da mangiare."
Alla fine della giornata mi ritrovo di nuovo tra quattro muri di ferro, ma
stavolta in un posto non ben definito del paese. E’ anche un giorno intero
che non vedo un pezzo di cielo o di Sole: comincio a deprimermi.
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25
J 16
Passo la notte in questa cella, o quello che spero sia stata la notte. Il letto
non era male e neanche le lenzuola. Tutte queste comodità però non mi
fanno dimenticare che non ho la più pallida idea di dove mi possa trovare.
Mi hanno prelevato dal carcere, infilato in un furgone e poi non so in cosa
altro. Dopo un sacco di ore mi ritrovo in un ambulatorio e mi fanno pure
delle visite mediche per vedere se ho qualche malattia. Una situazione che
si potrebbe anche definire bizzarra.
Mi svegliano presto, o almeno così dice il mio orologio biologico e
purtroppo iniziano le sorprese: alla base del cranio sento un leggero
fastidio, la pelle che tira. Scorro con la mano fino alla nuca e sento un
cerotto molto piccolo sulla nuca!
-"Ma che c… mi avete fatto. Mi sentite! Cosa cavolo mi avete fatto!"
Le mie grida risvegliano l'interesse nelle guardie che entrano nella cella.
-"Non ti agitare."
-"Non mi agitare? Mi ritrovo un buco in testa e mi dite di non agitarmi?"
-"Vuoi che ti spariamo?"
-"Non vi sembra di essere un po' drastici?"
In quel momento entra un dottore, non lo stesso di ieri.
-"Vedo che si è svegliato."
-"Si e ho anche notato la novità. Che c… mi avete fatto alla testa, bastardi
nazisti che non siete altro. Mi avete preso per una cavia umana per i vostri
esperimenti bizzarri?"
-"Non sia così drammatico e precipitoso. Le abbiamo fatto un prelievo, e
per non perdere tempo, l'abbiamo sedata mentre dormiva. Non ci è
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concesso perdere tempo. Lei deve essere inserito al più presto nella sua
cella definitiva."
Usa la parola definitiva in modo sinistro.
-"Mi spiega cosa mi ha fatto … ?"
-"No. Guardie fatelo vestire e conducetelo nella sua cella. Qui abbiamo
finito con lui."
Mi vesto in presenza dei due energumeni che vorrebbero tanto spararmi,
realizzando che le cose si stanno mettendo decisamente male.
--La mia cella è confortevole. Ho tutto quello che mi serve: un letto, delle
coperte pulite, i servizi igienici perfettamente funzionanti. Ho anche un
mucchio di spazio per appendere i poster delle mie attrici preferite. Ho
l’imbarazzo nella scelta del muro, perché scartando quello dove c’è la
porta, gli altri sono tutti idonei visto che l’unica cosa che manca è la
finestra. Come faccio a vedere il Sole alla mattina se non ho una
stramaledetta finestra. E l’aria? Da dove arriva l’aria? Sconfortante.
Pensavo di stare male nel carcere di prima, ma questo lo batte di gran
lunga. Speriamo almeno che mi lascino in cortile il più possibile per
sopperire alla clamorosa mancanza della finestra.
Seduto sul letto mi guardo a destra, poi a sinistra, poi in alto: tutto
stramaledetto metallo. Come farò a incidere il mio nome sul muro!
Ma non devo abbattermi subito, non potrà mai andare peggio di così.
Dopo un giorno che sono qui mi hanno già fatto un buco in testa per farmi
"un prelievo" e chissà che prelievo mi hanno fatto da un posto del genere.
Come fanno ad andare peggio di così le cose!
Vediamo come butta, magari potrebbero inaspettatamente migliorare.
--Mi hanno istruito sui pasti, su quello che si può fare (molto poco) e quello
che non si deve fare (tutto il resto).
A pensarci è stata una guardia che dopo qualche ora è venuta nella mia
cella. Mi ha spiegato sinteticamente quando dovrò svegliarmi, mangiare e
dormire.
-"E quand'è che si può uscire a prendere un po' d'aria?"
-"Cosa?"
-"Ho chiesto quando ci fate uscire?"
-"Non si esce."
-"Penso di non aver capito."
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-"Hai capito benissimo. Non sei in villeggiatura, nessuna scampagnata!"
-"E' un mio diritto, non potete tenermi rinchiuso qui, ovunque sia, tutto il
giorno!"
La guardia sembra non importargli molto delle mie rimostranze; le altre
due guardie mi osservano con piglio deciso e mi sembra vogliano dire che
farei meglio a calmarmi.
-"Voglio parlare con il direttore. Voglio parlare con il direttore!"
-"Vuoi un consiglio? E' meglio per te se non lo vedi. Ricordati cosa ti ha
detto quando sei arrivato!"
Ha detto "Le auguro che questo incontro non si ripeta". A questo punto
penso non scherzasse.
Escono dalla cella e mi lasciano rinchiuso con altri pensieri per la testa,
oltre a quelli che già mi trovavo.
Perché non mi lasciano uscire da questo posto? Io ho bisogno di aria, devo
vedere il Sole! Che ho fatto per meritarmi l'isolamento?
28
J 15
Rimango in cella con i miei pensieri ad aspettare che succeda qualcosa,
qualsiasi cosa! Che ne so: magari entra una guardia che mi riempie di
botte, tanto per ravvivarmi la giornata!
Sto perdendo la cognizione del tempo. Potrebbe essere mezzogiorno o già
pomeriggio. Però ho fame e sono propenso per ritenere che sia ora di
mangiare. A dar credito alla mia ipotesi ci pensa la porta della cella che si
apre e una voce che mi dice che è ora di mangiare.
Per la prima volta vedo altra gente oltre alle guardie e ai dottori. Quando
mi hanno portato in cella non c'era nessuno in giro, tutte le celle erano
chiuse e la luce al neon faceva sembrare tutto più asettico e spettrale di
quanto già non sia.
Usciamo tutti dalle celle e ci mettiamo in fila seguendo gli ordini delle
guardie.
-"Salve" – dico rivolgendomi al detenuto che deve essere uscito dalla cella
prima della mia.
Mi guarda con uno sguardo atterrito, terrorizzato, come se avesse visto
l'angelo della morte pararsi davanti pronto a strappargli la vita!
-"Com'è il pranzo in questa prigione? Sono arrivato ieri sera e spero che
almeno si mangi bene … non sei un tipo molto loquace, vero?"
Stiamo camminando e anche se non lo vedo in faccia continuo a parlargli.
-"A proposito, mi chiamo Jason … ."
-"Fermi tutti" – dall'inizio della fila si sente tuonare la voce di una guardia.
Ci fermiamo istantaneamente. Nessuno si gira a guardare cosa succede,
tutti guardano la nuca di quello che gli sta di fronte, a parte me: sono
l'unico babbeo che si guarda attorno per scoprire cosa sia successo di così
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grave per essersi fermati. Guardo avanti e vedo due guardie venire verso
la mia parte. Non vedendo niente davanti a me, mi volto indietro. Sto
cercando di intravedere qualcosa quando un colpo secco sulla schiena mi
fa stramazzare al suolo!
-"Chi ti ha detto di parlare! Chi ti ha detto di parlare!" – mi gridano nelle
orecchie mentre sto cercando di riprendermi dal colpo tremendo.
Non ero mai stato colpito cosi in vita mia! Devo avere sicuramente
qualcosa di rotto. Non respiro, tossisco tentando di riprendere fiato.
-"Guardate avanti, guardate tutti avanti" – grida agli altri detenuti ancora
in fila immobili – "Continuate a camminare."
La fila prosegue mentre io rimango a terra con le due guardie accanto a
me.
-"Tu, alzati!"
Non è così semplice. Le grida e la minaccia di essere picchiato ancora mi
fanno alzare. Faccio fatica a restare dritto per il dolore alla schiena.
-"Non devi parlare. Non puoi parlare. Tu non hai nome, tu sei un numero.
Ti era stato detto cosa puoi fare qui dentro. Ti è stato detto che non hai un
nome. Tu sei solo un numero, voi siete solo dei numeri. Voi non siete
niente! Hai capito! Hai capito?"
-"Si."
Mi riconducono in cella. Oggi niente pranzo.
Ho cominciato bene la mia permanenza in questo carcere. A mie spese ho
capito che devo fare più attenzione a quello che mi dicono.
Mi devo adattare velocemente a questo nuovo modo di vivere, perché se
ricevo un altro colpo come quello di oggi mi spezzano in due e rischio di
non alzarmi più.
30
J 14
Dopo lo shock della prima giornata le altre filano più lisce. Mi è bastato
dimenticare di avere una identità e smettere di essere un essere umano e
tutto è andato a posto
Ho pranzato regolarmente e quello che passano alla mensa non è male.
Tutto ovviamente è relativo.
Nel refettorio ci sono delle lunghe tavolate dove i detenuti mangiano
necessariamente assieme. Anche qui sono vietate le conversazioni e l'uso
dei nomi, ma qualche parola si riesce a scambiarla.
Ho scoperto che non arrivano molti detenuti da queste parti e che a tutti è
stato fatto il famoso "prelievo" alla base della nuca. Questo da una parte mi
consola per non essere l'unico che ha subito questo trattamento, ma d'altra
parte … non vorrei mai che avessero tolto qualcosa di fondamentale!
Ho scoperto che qui la speranza non è di casa. Tutti sono rassegnati a
questa nostra condizione oramai "definitiva".
Proveniamo da diversi carceri dell'Australia e anche da altri Stati. Sembra
che qui abbiano raccolto il meglio del peggio delle carceri di mezzo mondo
e, continuo a dirlo, io non dovrei essere qui.
Le giornate scorrono nella più totale apatia generale. Si aspetta solo che
arrivi l'ora di mangiare per vedere qualche anima viva, anche se il termine
non è dei più appropriati.
Durante i pasti ho subito chiesto a quelli che mi stavano vicino perché non
ci facessero uscire per qualche ora all'aria aperta, come si fa in tutti i carceri
del mondo (non che io ne abbia visti molti, per fortuna).
Tutti hanno scosso la testa e mugugnato. Alla fine qualcuno risponde alla
mia domanda. Purtroppo.
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-"Non lo sai ancora, vero?"
-"Cosa dovrei sapere?"
-"Questo non è un carcere normale. Ti sei mai chiesto perché non ci siano
finestre? Da dove arrivi l'aria? Dove siamo finiti tutti?"
-"Si."
-"Questo è l'inferno, ma al posto del fuoco qui c'è solo acqua" – e mentre il
detenuto vicino a me lo dice guarda sconsolato il piatto e quello che
desolatamente ci sta dentro.
-"Non capisco" – rispondo.
-"E' una cosa che si fa fatica a capire ed accettare. E' una voce che circola
qui "sotto" e non si sa da dove sia partita. Ma niente finora l'ha smentita."
Li guardo ancora non realizzando cosa stanno tentando di dirmi
-"Qui, adesso, noi ci troviamo sott'acqua!"
-"Non ho capito" – gli rispondo.
-"Il carcere si trova in fondo al mare. E' per questo che non ci danno ore
d'aria. Qui l'unica aria è quella che respiriamo adesso."
-"Mi state dicendo che hanno costruito una galera in fondo al mare?"
-"Si."
-"No. Non è possibile, non può essere vero!"
-"Parla piano o ti sentiranno!"
-"Ma ne siete sicuri?"
-"Vuoi le prove. Non ce ne sono. Ma una cosa è certa: qui sotto nessuno ha
più rivisto il cielo da quando è arrivato!"
Questa ultima frase mi uccide, mi uccide dentro, non tanto il corpo, quanto
lo spirito.
E' aggiungere sofferenza alla sofferenza, disperazione alla disperazione. E'
la fine della speranza, se mai me ne fosse rimasta.
Smetto di mangiare e me ne resto a fissare il vuoto per tutta la durata del
pranzo. Ritorno in cella ancora inebetito e così passo il resto della giornata.
La notte è ancora peggio. Quando spengono le luci penso alla Luna, alle
stelle, alla brezza della sera in riva al mare. E piango.
--Le giornate scorrono vuote, senza senso, in un ripetersi monotono delle
stesse solite cose quotidiane.
Altri detenuti mi hanno confermato la stessa storia del carcere subacqueo.
Potrebbe essere una leggenda messa in circolo dallo stesso direttore per far
disperare i detenuti e distruggere loro ogni speranza di fuga. La crudeltà
dell'uomo ovviamente non ha confini, ma potrebbe anche essere vero.
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Tutti qui … sotto … ne sono convinti e lentamente me ne sto convincendo
anch'io.
Spesso appoggio le mani alle pareti o un orecchio per cercare di sentire …
l'acqua dall'altra parte. Ma non percepisco niente.
Analizzando gli eventi che mi hanno condotto qui trovo effettivamente
degli spunti per avvalorare la tesi del carcere in fondo al mare. Mi hanno
chiuso in un furgone, poi ad un certo punto del viaggio ci siamo fermati e
mi hanno alzato da terra e caricato da qualche parte. Probabilmente hanno
staccato la cella dal furgone e con una gru mi hanno caricato in un
sottomarino. E durante la discesa il malessere che ho provato potrebbe
essere stata la conseguenza dell'adattamento alla pressione. Tutto per non
farmi capire dove mi stavano portando.
Alla fine anche la visione che ho avuto prima della partenza dal carcere
potrebbe venir spiegata. Mi vedevo dentro una cella mentre fuori era tutto
blu: il blu era il mare!
Non ci sarebbe veramente via di uscita. Potremmo essere a venti metri
sotto il livello del mare, come a duemila. E questo purtroppo fa una grossa
differenza. Anche se riuscissi ad eludere la sorveglianza, e questo non sarà
mai possibile, se siamo veramente a in fondo all'oceano, l'unico mezzo per
andarsene di qui è un sottomarino.
Non ci sono finestre da cui calarsi con le lenzuola intrecciate!
La mia sensazione di claustrofobia aumenta al pensiero che succeda
qualcosa e ci lascino qui a morire affogati!
--Ma in questa mia "non vita" c’è qualcos'altro che mi turba oltre al fatto di
aver scoperto che potrei essere sepolto sotto qualche migliaio di metri
d’acqua senza nessuna possibilità di fuga.
E' la consapevolezza della mia condizione che porta il mio stato d'animo
ad un livello di rassegnazione inarrivabile in qualsiasi altra situazione.
--Il carcere è abbastanza grande e non ci si conosce tutti qui sotto.
Per adesso non ho sentito nessuno che sia stato trasferito da una zona
all’altra e questo ultimo dettaglio indirizza la mia curiosità sul fatto che
ogni tanto qualche detenuto sparisce nel nulla. Tutti quelli che si trovano
qui sono destinati a rimanerci per un bel pezzo, o per tutta la vita, e quindi
a breve non c'è nessuno pronto per andarsene.
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Nonostante questo però la gente sparisce, non molta, uno ogni tanto, tutti
apparentemente con un discreto stato di salute che non faceva presagire
una morte prossima. E sparendone pochi e così di rado, la gente non ci fa
caso.
Ma nessuno ha una risposta per questo, forse perché nessuno si è posto la
domanda. Non è salutare da queste parti fare domande.
Quello che si sa è che chi sparisce quando spengono le luci si trova nel suo
letto e quando le riaccendono non c’è più. Vengono prelevati durante
l’assenza di luce che noi chiamiamo convenzionalmente "notte".
Un’altra cosa che ho capito è che qualche giorno prima che qualcuno si
volatilizzi attracca sempre al carcere un sottomarino: forse per portare qui
qualcuno, o magari per portare via qualcuno, o forse è solo una strana
coincidenza.
Ma una volta da qualche parte ho letto che le coincidenze non esistono e
visto che non ho niente da fare per il resto della vita, potrei anche andare a
fondo della questione: non si sa mai che possa tornarmi utile. Ovviamente
le mie indagini si limitano al restare in ascolto, al notare ogni piccolo
particolare, al percepire ogni più piccola vibrazione che possa rivelarmi
quando sta per arrivare un sottomarino.
Di questo passo le mie indagini dureranno giusto il tempo che ci vuole per
uccidere un dinosauro a fichi marci.
34
J 13
Sono passati un tre o quattro mesi dal mio arrivo in questa bara subacquea
e ormai mi sto adattando in modo preoccupante a questa mia condizione.
La monotonia dello scorrere del tempo è stata interrotta qua e là dal
pestaggio di qualche detenuto da parte di qualche guardia troppo dedita al
proprio lavoro forse troppo annoiata, e dalla sparizione di un paio di
detenuti.
La speranza di scovare qualche indizio si è ovviamente infranta contro un
muro di paura e indifferenza. Nessuno sa niente e nessuno ne vuole sapere
niente.
--Nell'ultimo mese però le cose sono cambiate.
La prima settimana del mese scorso è scomparso un detenuto e la gente
non ci ha fatto caso. La seconda settimana ne è scomparso un altro e la
gente non ci ha fatto caso, ma ha iniziato a ricordare che la stessa cosa era
successa la settimana scorsa. La terza settimana è scomparso il terzo
detenuto e un sommesso mormorio ha cominciato a levarsi durante le
pause pranzo. Ci sono state altre lezioni di comportamento da parte delle
guardie verso alcuni detenuti sorpresi a bisbigliare qualcosa mentre
mangiavano, ma un sottile timore comincia a serpeggiare tra di noi. La
settimana scorsa è scomparso il quarto detenuto. Il giorno dopo durante il
pranzo mi si è seduta accanto gente che non avevo mai visto e mi sono
preoccupato anch'io. Una volta che ho la possibilità di conoscere qualcuno
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di nuovo sono io che diffido della gente sconosciuta: non si sa mai chi si
può incontrare!
-"Ho sentito dire che ti interessi delle sparizioni" – mi sussurra all'orecchio
un omone di novanta chili, come se avessi cinque anni e mi stesse
augurando la buona notte.
-"Più o meno."
-"Siamo arrivati a quattro."
-"Ho sentito."
-"Che ne pensi?"
-"Boh?"
-"Cosa hai intenzione di fare?"
Cosa ho intenzione di fare? Ma per chi mi hanno preso questi! Per un
rappresentante sindacale? Per il rappresentante di istituto che va a dire al
preside che i panini della mensa sanno di plastica?
-"Nulla" – gli rispondo.
-"Ieri è sparito quello che stava nella cella a fianco alla mia!"
-"Io non ne so nulla. Mi sono solo chiesto dove andava a finire questa gente
visto che un giorno c'era e quello dopo non più. E adesso lasciatemi in
pace, altrimenti finiamo nei guai."
La conversazione si conclude con un nulla di fatto, ma con la
dimostrazione che la situazione si sta evolvendo.
Ritorno in cella con qualche pensiero in più e qualcosa a cui dedicarmi per
non impazzire.
Durante la cena quei tizi si rifanno vivi.
-"Abbiamo raccolto alcune informazioni, dettagli."
Penso proprio valga la pena di stare a sentire quello che hanno da dirmi.
Non che mi importi molto di loro, e io certo non sono in cima ai loro
pensieri, ma tutti qui speriamo di non essere i prossimi.
-"Ditemi."
Sempre sussurrando, mi riferiscono cosa sono riusciti a sapere dai vicini di
cella della gente scomparsa nottetempo durante quest'ultimo mese.
Riassumendo quello che è stato raccolto si può affermare quasi con
certezza che:
- vengono prelevati di notte;
- il detenuto non fiata e non oppone resistenza;
- il giorno prima della sparizione sono sempre state avvertite le vibrazioni
che accompagnano l'attracco di un sottomarino.
Non sono state raccolte molte informazioni, per lo più cose che già si
intuivano.
36
J 12
Sembra oramai chiaro che il problema sta diventando serio. L'aumento
esponenziale delle sparizioni di detenuti aumenta in modo
esponenzialmente preoccupante le probabilità che io possa essere il
prossimo.
Quattro nel mese scorso non sono più un evento sporadico e i detenuti
cominciano a notare che spariscono facce sempre più note.
Non è più solo un modo per tenere occupata la mente: di giorno in giorno
le "voci di corridoio" si fanno più insistenti e aggiungono nuovi particolari.
Nell’ultimo mese abbiamo cominciato anche a darci il turno in modo da
restare svegli uno ogni cinque celle in modo da osservare cosa succede.
Abbiamo sparso la voce solo ad alcuni detenuti che si trovavano vicino ad
altri già scomparsi.
Non siamo riusciti a scoprire molto altro riguardo alle sparizioni
misteriose; l’unica cosa certa che sappiamo è che la gente viene portata via,
forse in barella: sicuramente non sulle proprie gambe. Loro, probabilmente
le guardie, arrivano, la porta della cella si apre, non si ode un lamento o
cenni di rissa o ribellione, poi la porta si chiude e si sente un sommesso
cigolio che si allontana.
Non essendoci alcun tipo di reazione durante tutta l’operazione
presumiamo che chi venga prelevato sia stato in qualche modo
narcotizzato, ma siamo ancora lontani dallo scoprire il come e il quando.
Potrebbero inondare la cella con un gas soporifero prima di entrare in
azione, o magari drogarci il cibo sempre a nostra insaputa.
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Questi ulteriori misteri non fanno altro che aumentare il nostro stato di
preoccupazione, portando il nostro stato d’animo sempre più verso una
certa paranoia.
A questo punto però sorge una ulteriore domanda ancora più inquietante
oltre quella su come fanno a far sparire i detenuti: perché? Perché
"rapiscono" i detenuti?
Se non fosse per questo, la vita qua sotto scorrerebbe abbastanza
tranquillamente. Ci danno da mangiare con regolarità, un letto in cui
dormire e un tetto per non bagnarci (ironico). Viviamo in perfetta armonia
con l’ambiente.
Non abbiamo la possibilità di chiamarci per nome, ma poco importa: a
parte il rischio di una crisi di identità, mi va anche bene, visto che non
ricordo mai i nomi della gente che mi presentano. Non ho neanche l’assillo
del "chissà dove sarò domani a quest’ora", visto che non vedrò mai più il
Sole in vita mia. Se mi va bene, con questo tenore di vita, potrei vivere altri
cinquant'anni. Non vi pare una cosa fantastica?
38
J 11
E’ successo di nuovo. Ho avuto un’altra visione e il mio istinto mi dice che
non mi aspetta niente di buono.
Ma al diavolo anche l’istinto! Basta vedere dove mi trovo per capire che
attualmente la mia vita ha preso una bruttissima piega. L’ultima volta che
ho "visto" qualcosa, giorni dopo mi sono ritrovato a tenere compagnia ai
pesci! E le volte precedenti non è andata meglio.
Decisamente non sto passando un bellissimo periodo e qualcosa mi dice
che non è ancora finita.
Come sempre le mie visioni non sono molto comprensibili; il loro pieno
significato il più delle volte mi appare solo quando il fatto a cui si
riferiscono sta per accadere. Ma anche questa volta, come tutte le altre,
vuol dire che sto per rischiare la vita.
E questa volta quanto tempo mi rimarrà? E che significato avevano le
visioni?
Ho visto che stavo dormendo sul letto, ho visto delle mani che mi
afferravano ma io non reagivo, ho visto che mi risvegliavo e che della
gente con il volto coperto mi osservava, ho visto il mio corpo in preda alle
convulsioni tenuto fermo da grosse cinghie, poi il buio, o la morte?
Mi sembra maledettamente simile alle "sparizioni" a parte il finale, del
tutto inspiegabile.
Non faccio parola con nessuno di quello che ho "visto" e nel contempo
continuo a raccogliere più informazioni possibili su quello che succede qua
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sotto. E' meglio che nessuno sappia del mio dono. E' meglio non attirare
l'attenzione.
--Quello che si sa in giro è che sicuramente i detenuti "rapiti" non vengono
nascosti da qualche parte nel carcere. Oltre alla parte destinata a prigione,
ce ne deve essere un'altra ad uso del personale, adibita a magazzino, a
dormitorio per le guardie, ad uffici; ci deve essere anche una parte
dedicata all'attracco dei sottomarini. Nella "zona carcere" ci sono le celle,
una zona per le guardie, il refettorio dove ci portano i pasti e un'infermeria
per il pronto intervento, niente altro. All'appello manca tutto il resto.
Dei detenuti spariti non resta comunque traccia e questo ci porta alla
conclusione che se li sono portati dall'altra parte.
La zona di comunicazione tra i due settori è sicuramente nella parte
riservata alle guardie e quindi è escluso categoricamente intrufolarcisi.
--Dopo qualche giorno mi è capitato di cadere e nel farlo mi sono storto un
polso. Mi accompagnano in infermeria per controllare che non mi fossi
rotto niente. Non che il dottore mi faccia una visita molto accurata, ma ha
comunque riscontrato che non avevo niente, liquidandomi con una
fasciatura.
Non ero mai stato in infermeria. Sono tenuto costantemente sotto controllo
da una guardia che non mi perde di vista per un instante. Colgo
l'occasione per guardarmi un po' in giro; è comunque un luogo diverso dal
solito. Mi fanno sedere sul lettino dell'infermeria. Non ci sono finestre qui,
come in qualsiasi altro posto qua sotto. L'infermeria non è molto dotata.
Non ci sono macchinari particolari, solo qualche scaffale con dei
medicinale dentro e il lettino dove sto seduto adesso.
Come ho detto prima, qua dentro non ero mai stato ma qualcosa mi
sembra familiare, ma non capisco cosa. Qui dentro è tutto molto comune,
uno scaffale è uno scaffale, una sedia è una sedia e un lettino è un lettino.
Il lettino! Ecco dove ero sdraiato nella mia visione: non un letto ma un
lettino da ospedale, da infermeria … da sala operatoria. Ma non ci sono le
cinghie. Ero bloccato da delle cinghie che qui non ci sono, quindi non è
questo il posto dove mi trovavo. Però il lettino era come questo!
Scendo per guardarlo meglio e noto che ha anche le ruote. La guardia non
mi perde un momento di vista, ma non è molto preoccupato perché sa che
non riuscirei a disarmarlo e a scappare. Aspetto che torni il medico con la
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mia fasciatura e mi appoggio al lettino, che però si sposta perché
evidentemente le ruote non sono bloccate.
-"Che fai?" – mi chiede la guardia.
-"Niente."
Riporto il lettino nella sua posizione originaria e nel farlo sento il cigolio
delle ruote … lo stesso cigolio che è stato sentito quando hanno portato via
l'ultimo detenuto!
Mi medicano e mi riportano in cella.
Camminando per il corridoio rifletto sugli ultimi sviluppi della situazione.
Sembrerebbe proprio che la gente venga prelevata con quel tipo di lettini, o
proprio quel lettino, e se uniamo la cosa con il fatto che non c'è alcun tipo
di reazione, sembrerebbe la spiegazione della prima parte della mia
visione. Quando portano via qualcuno dalla cella potrebbe essere privo di
conoscenza. A questo punto resterebbe solamente da scoprire come fanno
a non svegliarci mentre ci portano via e dove ci portano dopo. Sempre che
questa sia la realtà dei fatti. Sempre che questa sia la corretta
interpretazione del mio sogno.
Se solo riuscissi ad interpretare quello che resta della visione forse avrei la
risposta a questa domanda! Ma rimane la cosa più inquietante: perché lo
stiano facendo!
Quel che è sicuro a tutti qui sotto è che nessuno è mai tornato; nessuno può
fuggire, nessuno ci ha neanche mai provato; non resta che la morte.
E come se non bastasse, visto che le mie visioni non hanno mai sbagliato, il
prossimo potrei essere io.
41
J 10
Escludendo il fatto che la gente sparisce senza motivo ed io potrei essere il
prossimo, le giornate trascorrono noiose e ripetitive. L'unica cosa che
stimola la mia mente e la tiene viva è la sensazione di impotenza verso gli
ultimi avvenimenti: detta così sembra un controsenso, ma se foste nel mio
pigiama a righe e le giornate si dipanassero in una lenta monotonia, anche
il non sapere cosa potrebbe succedervi il giorno dopo stimolerebbe il
vostro cervello.
Dopo cena facciamo ritorno nelle nostre celle. Non mi resta altro da fare
che mettermi a leggere o fissare il soffitto o magari farmi del male
pensando a com'era la mia vita prima di tutto questo. Mi alzo dal letto per
sgranchirmi le gambe. Dopo solo dieci minuti o magari cinque ore:
continuo a darmi dei riferimenti temporali certi sapendo bene che dopo
alcuni giorni trascorsi senza la luce del Sole la percezione del tempo
cambia e le giornate si allungano. Comunque dopo un tot di tempo che me
ne stavo sdraiato sul letto mi viene voglia di farmi due passi nei quattro
metri per tre che mi ritrovo come cella. Faccio un po' di stretching, qualche
piegamento e un po' di addominali.
Quando mi alzo inizia a girarmi la testa e subito penso alla fatica degli
esercizi. Mi appoggio al letto con la certezza che sarebbe passato subito. La
situazione però non migliora, anzi, la testa gira sempre di più, la vista mi si
annebbia e mi manca l'equilibrio. Mi avvicino al lavandino per sciacquarmi
il viso e rinfrescarmi; mi appoggio con una mano, con l'altra apro il
rubinetto e abbasso la testa per avvicinarmi all'acqua ma nel farlo perdo i
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sensi per un attimo. Cado per terra e appoggio la mano sinistra, ma poi ci
metto sopra anche tutto il resto del corpo e così mi faccio male.
Dopo qualche secondo mi risveglio, anche perché sono ancora sdraiato
sopra alla mano che adesso mi sta "sbattendo" da morire. Mi giro su un
fianco cercando di non farmi più male di quello che mi sia già fatto. Mi
stringo la mano e nel frattempo faccio qualche respiro profondo per
ossigenarmi il cervello: non pensavo che la ginnastica mi facesse questo
effetto! La situazione non migliora e il torpore mi riassale, gli occhi mi si
chiudono e ho una gran voglia di dormire. Mi stringo forte la mano
sinistra facendomi un gran male ma dando anche una scarica di adrenalina
al cervello. In questo momento di lucidità mi alzo ma l'unica cosa che
riesco a fare è sdraiarmi sul letto prima di cadere. Non ho migliorato la mia
situazione e soprattutto non ho la lucidità tale per capire cosa mi stia
succedendo.
Nel contempo spengono le luci e così mi ritrovo in preda ad un misterioso
svenimento e al buio, e questo non mi aiuta di certo. Sto cercando di
rimanere sveglio facendo lunghi respiri e continuando a massacrarmi la
mano visto che sembra l'unico modo che ho per restare sveglio. L'unica
cosa di cui sono sicuro è che devo fare di tutto per restare sveglio, a
qualunque costo!
Poi il mio subconscio è colpito da un rumore che sento avvicinarsi: il
cigolio del lettino dell'infermeria e allora mi ritorna alla mente la mia
visione: qualcuno che viene a prendermi mentre sto dormendo! Il primo
istinto che mi assale è quello di alzarmi, ma la porta della mia cella si apre
e io resto fermo immobile. I tizi che entrano non parlano, avvicinano il
lettino alla branda, mi afferrano e mi caricano sopra. Non prendono
particolari precauzioni, tipo controllare se sto dormendo, ma sono certi che
io lo sia. Non li deludo e mi fingo addormentato ma continuando a
stringere il pugno perché il dolore mi tenga sveglio. Di solito dovrei fare il
contrario di quello che vedo nelle mie visioni, ma in questo caso aspetto
per vedere cosa mi succederà.
Mi portano fuori della cella, la porta si chiude e si ode il cigolio delle ruote
nel corridoio. Mi sta succedendo quello che è già successo a tutti gli altri
detenuti, ma loro a differenza di me erano completamente addormentati
ed ignari!
Non oppongo molta resistenza per due o tre motivi che reputo equamente
importanti: non so resistergli visto il mio stato di intorpidimento; non
saprei proprio come fare per oppormi; sarei molto stupido nel farlo visto le
scarse possibilità di successo. E a questo punto sono proprio curioso di
vedere dove mi portano.
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Il fatto che appena mi sono sentito mancare sia caduto e mi sia forse
fratturato un dito della mano sinistra, o forse solamente storto, è stato un
piccolo colpo di fortuna, visto che adesso continuo a stringere il pugno in
modo che il dolore mi tenga sveglia la mente e il sonno non prenda il
sopravvento. Fingerò ovviamente di dormire beato almeno finché non
vedo cosa mi riserva il futuro.
Non posso aprire molto gli occhi per vedere dove mi portano, ogni tanto
sbircio quando passiamo in una zona dove non c'è molta luce, ma per lo
più ascolto.
Mi sembra di passare per un corridoio che non ho mai fatto, se non altro
per la distanza che stiamo percorrendo. Dopo un bel po' che proseguiamo
diritti ci fermiamo ad una porta. Riesco a vederla perché da disteso non ho
molti problemi a vedere cosa mi sta davanti. La vista è un po' annebbiata e
questo maledetto carcere sembra tutto uguale.
La porta viene aperta e la oltrepassiamo; subito dopo giriamo a destra e ci
infiliamo in una stanza.
Nella stanza ci sono adesso le due guardie e l'infermiere che mi hanno
portato qui e un'altra persona che presumo sia un'altra guardia.
-"Ve lo lasciamo in consegna. Dorme e non ha dato segni di svegliarsi per
adesso. Dovrebbe stare calmo per un'altra mezz'ora. Gli infermieri ci
sono?"
-"Penso non siano ancora qui. Controllo."
Sento una porta aprirsi e poi richiudersi.
-"Non c'è nessuno ancora. Ma potete lasciarlo qui, tanto dove volete che
vada!"
-"Sei sicuro? Non vorremmo storie. Ci firmi il foglio per la consegna e ce ne
andiamo, ok?"
-"Per me va bene. Gli spegniamo anche la luce!"
Molto divertenti.
Sento un rumore di passi, la luce che si spegne e la porta che si chiude. Poi
silenzio. Apro gli occhi per capire dove mi trovo, ma la luce fioca che entra
dall'oblò della porta illumina solo una piccola porzione della stanza. Giro
la testa per controllare la situazione, ma almeno che non ci sia qualcuno al
buio che si diverte a guardare la gente dormire, direi che sono solo.
I miei occhi anche se pesanti si abituano alla penombra e riesco ad
intravedere un tavolo, un paio di sedie, un'altra porta, un armadio: niente
che mi faccia capire dove mi possa trovare. Aspetto ancora qualche
secondo prima di alzarmi. Devo cogliere l'occasione che mi hanno
concesso.
Mi metto a sedere sul lettino con cui mi hanno trasportato per vedere se mi
sento ancora le gambe. Muovo le dita dei piedi e questo è un buon segno.
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Mi metto in piedi, ma mi cedono le ginocchia: mi aggrappo al lettino per
non cadere e inavvertitamente sforzo anche il dito che mi fa male. Non
cado ma appoggio un ginocchio a terra. Vorrei gridare ma ovviamente non
posso. Prendo un bel respiro e mi faccio forza sulle gambe per mettermi in
piedi. Sembra che la voglia inspiegabile di dormire mi stia lentamente
passando.
Mi avvicino alla porta da cui siamo entrati per dare un'occhiata, per vedere
se arriva qualcuno: per adesso è tutto tranquillo. Mi avvicino all'altra porta
perché i pericoli maggiori sembra debbano arrivare da lì. Hanno parlato di
infermieri che dovrebbero prendermi in consegna. Se fosse un normale
trasferimento non mi accoglierebbero gli infermieri: se fosse un vero
trasferimento non mi avrebbero addormentato e portato via di notte!
Ma la luce nella stanza è ancora spenta e non si vede un accidente di
niente. Pian piano apro questa seconda porta, visto che non sembra ci sia
pericolo accendo la luce e mi ritrovo in una infermeria. A dir la verità
sembra la stessa infermeria in cui mi hanno portato la prima volta quando
sono arrivato e mi hanno visitato e fatto il prelievo alla base del cranio.
Sono disorientato e ci mancherebbe altro, ma non solo per le mie
condizioni fisiche. L'altra volta, dopo la visita, mi hanno ricondotto alla
cella e non mi ricordo di aver fatto tutta la strada che ho fatto questa notte.
Eppure la stanza è uguale, me la ricordo bene.
Spengo la luce e ritorno nella stanza di prima. Comincio a sentire freddo ai
piedi. Guardo a terra e mi accorgo ora di essere scalzo. Quando mi hanno
preso dalla cella stavo per andare a letto: fortuna che non mi hanno
spogliato, sarebbe stato imbarazzante.
Guardo di nuovo fuori dall'oblò per vedere che non arrivi qualcuno.
Devo pensare alla svelta cosa fare. Mi serve un piano, ma anche in
condizioni fisiche perfette avrei grossi problemi ad uscire, figuriamoci
come sono messo adesso. E per di più ho i minuti contati visto che stanno
per venire a prendermi.
Di sicuro me ne devo andare da qui. Dubito che la mia sia una visita di
cortesia e sento che qui non si mette bene per me. Se però me ne vado e
quando arrivano non mi trovano, mi scoprono subito e la festa è finita. Se
invece rimango la festa la fanno a me!
D'improvviso sento una porta aprirsi e mi giro verso l'infermeria, ma non
vedo niente: il rumore proviene dal corridoio.
Lascio la luce spenta, afferro una sedia e mi nascondo dietro la porta.
Aspetto. Aspetto che entri qualcuno, sperando che sia soltanto uno. Tengo
ancora la sedia sopra la testa e se non si sbriga ad entrare va a finire che mi
scivola e mi tramortisco da solo!
La porta si apre e la luce si accende.
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-"Ma che … ."
Per fortuna non chiama subito aiuto ma si sincera della situazione. Entra e
si avvicina a lettino vuoto. Non sono se sia la guardia che abbiamo
incontrato prima, ma per me non fa differenza mentre gli infilo la sedia tra
le vertebre cervicali. Grida ma non molto forte e spero non sia stato udito.
Spero che la forza della disperazione sia bastata per farlo dormire quei
pochi minuti di vita che mi restano prima che mi scoprano e mi uccidano!
Chiudo subito la porta dietro di me e spengo la luce, forse nella speranza
che dorma meglio e non si svegli. Tento di capire in che modo la mia
situazione sia migliorata rispetto a prima, perché di sicuro è cambiata, ma
non so se sia migliorata!
Poi qualcosa nel cervello mi scatta grazie anche al dolore che continuo ad
infliggermi continuando ad usare la mano sinistra e nello specifico il dito
che mi fa un male cane. Devo metterlo sul lettino! Magari passano e lo
scambiano per me e mi consentirà di avere qualche minuto in più. Lo
prendo per le spalle e lo sollevo fino a farlo sdraiare ed a coprirlo con il
lenzuolo. Ai piedi del letto c'è appesa una cartella che prima non avevo
notato. La avvicino alla luce e riesco a leggere qualcosa. Sembrano dati su
di me, dati medici, ma non solo: ma non ci sono fotografie. Non mi hanno
scelto evidentemente per la mia avvenenza. Questo dettaglio pero mi porta
ad una convinzione e mi fa venire un'altra idea: quelli che stanno per
arrivare non mi hanno mai visto, sanno solo come è fatto il mio fisico e
finché non andranno a fondo non scopriranno la differenza tra me e il tizio
sdraiato sul lettino. Dubito anche che la prima guardia che ha firmato la
consegna possa riconoscermi (ma se sono fortunato l'ho appena stesa).
Lo spoglio e mi spoglio. Non voglio pensare a quali conclusioni potrebbe
arrivare qualcuno che entrasse e vedesse due uomini in mutande, al buio,
di cui uno già steso su un letto!
Scambio i pantaloni, la maglia e una specie di gilet che aveva sopra e anche
le scarpe. Le misure non sono proprio le mie ma in tali frangenti non sto
certo a lamentarmi.
A questo punto non mi resta che allontanarmi il più possibile da qui e
vedere che posso fare per nascondermi e riflettere.
Controllo di nuovo attraverso l'oblò se sta arrivando qualcuno. Adesso
devo stare attento che qualcuno riconosca i vestiti ma non la faccia e
cominci a farmi domande a cui non vorrei rispondere.
Mi massaggio il dito che mi fa ancora male: riesco a muoverlo quindi
dovrebbe solo essere slogato e non rotto. Me lo tengo così senza fasciarlo
per non destare curiosità in chi dovessi incontrare.
Esco dalla stanza e mi guardo attorno: destra o sinistra. A sinistra c'è
subito un'altra porta e attraverso l'oblò vedo un lungo corridoio senza vie
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di scampo. Devo essere arrivato da lì, ma quel corridoio non lo ricordo la
prima volta che sono stato qui. Di fronte c'è un'altra porta, ma sopra c'è
scritto "Guardie". Lasciando stare i dubbi vado a destra, preferendo
l'ignoto. Non ci sono altre porte a parte quella alla fine del corridoio. Non
mi resta altro che tentare.
Sbuco in un altro corridoio che si dirama verso altre tre direzioni. Sento dei
rumori ma non riesco a capire da che parte provengano. Mi giro dalla
parte opposta a dove mi sembra di sentire anche delle voci.
-"Tu! Vieni qui!"
Bingo!
Faccio altri due passi poi mi fermo. Aspetto prima di girarmi nella vana
speranza che non si stia rivolgendo a me. Ovviamente si stava rivolgendo
a me.
-"Ehi tu, vieni qui. Mi serve una mano."
Mi giro e vado verso di lui. Veniva dal corridoio più lungo rispetto agli
altri due. Le luci al neon sul soffitto illuminano un cartello appeso al muro
"Imbarco"!
-"Si?"
-"Ho detto che mi serve una mano. Quei figli di cane dei tuoi colleghi mi
hanno lasciato da solo a scaricare la merce dalla stiva. E non mi va di
metterci tutta la notte."
-"Ma io … oh, va bene."
Perché no! Se gli do una mano non lo farò insospettire e potrò dare
un'occhiata alla base e al sottomarino.
-"Vieni con me."
Mi fa cenno di seguirlo mentre si gira e va verso la zona di imbarco.
Alla fine del corridoio c'è una porta stagna che comunica con un altro
corridoio. Qui l'aria è più fredda, umida: tocco le pareti di metallo e le
sento fredde, più fredde del solito intendo.
Oltrepassata l'ennesima porta mi ritrovo nel sottomarino.
-"Non c'è molta gente in giro."
-"Siamo arrivati da poco. Solo gli addetti alla stiva sono in piedi, gli altri
dormono. Non restiamo qui molto, tra un paio d'ore ce ne andremo: è per
quello che mi hanno messo il fuoco al culo!"
-"Visto come sei messo, sono anche felice di darti una mano. Avevo appena
staccato dal mio turno e me ne stavo andando a letto … ."
-"Ti offrirò un goccetto appena avremo finito."
Lo seguo fino alla stiva e prendiamo una cassa a testa. Non ce ne sono
molte altre, ma una mezz'ora ci vorrà sicuramente. Tanto di guadagnato
visto che mi farà restare lontano dalle zone calde.
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Ogni volta che usciamo dal sottomarino per andare fino al magazzino a
scaricare mi viene un accidente pensando di essere scoperto.
Mi vedo già la scena: il tizio che ho tramortito se ne esce dall'infermeria in
mutande e mi corre dietro gridando "Al ladro" o "Al fuggitivo".
Niente di tutto questo succede. Le operazioni di scarico proseguono senza
intoppi. Finché cammino per questi maledetti corridoi tento di pensare ad
un piano che mi permetta di non restarmene qui per l'eternità. Il dito
continua a farmi male, ma mi sono svegliato e la mente è più reattiva.
Una cosa è certa: non posso lasciarmi sfuggire l'occasione di salire sul
sottomarino! Ed è altrettanto chiaro che non posso restare un'ora in più
nella base tentando di impersonare un tizio che non so neanche come si
chiami, ma che farei bene a scoprire prima che qualcuno me lo chieda. A
tal proposito mi frugo nelle tasche per trovare qualche indizio sulla mia
falsa identità. Mi viene incontro la fortuna anche in questo caso sotto
forma di tesserino di riconoscimento di un tizio che spero mi assomiglia e
che si chiama Jeff Johnson.
Dopo un lasso di tempo che non riesco a quantificare finiamo di svuotare
la stiva. Usciamo dal sottomarino fino all'imbocco del raccordo che lo
unisce alla base.
-"Grazie dell'aiuto che mi hai dato. Non ce l'avrei fatta senza di te. A
proposito … mi chiamo Bob.."
-"Piacere, Jeff."
-"Jeff. Ti sei meritato un goccetto. Che mi dici?"
-"Dico che mi va. Diavolo! Dopo questa sfaticata mi ci vuole."
-"Mi devi aspettare però. Il whisky lo tengo nascosto perché non me lo
freghino. Dammi un paio di minuti e torno."
-"Ok … aspetta. Non sono sicuro di poter restare. Forse mi stanno
cercando, forse non vedendomi nella stanza si stanno chiedendo che fine
abbia fatto. Tu va a prendere il whisky, io vado a controllare se qualcuno
mi ha cercato e ci ritroviamo qui. Se non mi vedi … vorrà dire che mi
hanno incastrato e che dovrai bere anche per me."
-"Va bene."
Dopo dieci secondi che se ne è andato inizio a dar fondo alle mie cellule
cerebrali. E' fondamentale che trovi il modo di nascondermi nel
sottomarino quel tanto che basta perché non gli convenga tornare indietro,
almeno non subito. E sperare che non mi uccidano subito ma aspettino
almeno di essere sulla terraferma. L'importante è assicurarsi un altro paio
d'ore di vita "certe", che non avrei sicuramente restandomene qui sotto!
Analizzando i posti del sottomarino in cui potrei nascondermi, escludendo
il bagno con il cartello appeso alla porta "Ne avrò per molto" non mi resta
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che la stiva, che tra l'altro è l'unico posto del sottomarino che sappia dove
sia con certezza.
Escludendo automaticamente tutte le altre ipotesi ritorno quindi nella
stiva, ormai semivuota e buia.
Probabilmente sarò il primo clandestino della storia imbarcato su un
sottomarino!
Per un millesimo di secondo mi è anche dispiaciuto aver dato buca
all'appuntamento con Bob e il suo whisky. Ma solo per un millesimo di
secondo.
--Il tempo non passa mai qua dentro. Ma quando ho sentito il rumore delle
porte stagne chiudersi, le voci dei marinai, il rumore dei motori accendersi,
il distacco dalla base, ho capito che la mia situazione stava cambiando, non
migliorando, non ancora almeno, ma cambiando.
Chiudo la porta e aspetto il mio destino. Spengo la luce e mi nascondo
dietro alcune casse. Se tutto va bene, una volta emersi, riuscirò a scappare
senza essere visto, magari durante le operazioni di scarico. Se tutto va
bene.
Ogni tanto mi alzo a sgranchirmi le gambe e ad ascoltare i rumori
provenienti dall’altro lato della porta. Non ho idea di quanto durerà il mio
viaggio e tanto meno come sarà la sua conclusione. Come ho detto prima,
la mia situazione è cambiata, ma non so come.
Dopo un lasso di tempo indefinito, mentre sto frugando tra le casse per
trovare qualcosa di commestibile, tentando di scoprire con l'olfatto il loro
contenuto, emulo della professionalità dei cani antidroga, sento la porta
aprirsi. Di scatto mi avvicino all'interruttore per spegnere la luce e nel
tornare a nascondermi al buio inciampo in qualcosa e cado. Mi ricordo solo
di aver incocciato contro il bordo appuntito di quella che con tutta
probabilità era una cassa di legno e poi niente altro.
Mi risveglio con un gran mal di testa, la sensazione di avere la testa
fasciata e la certezza di ritrovarmi in una infermeria!
-"Di nuovo! No!" – accennando timidamente a rialzarmi.
-"Che c'è! Resta disteso e tranquillo. Hai preso una brutta botta in testa
sulla tempia destra. Ho dovuto metterti qualche punto e un cerotto."
-"Ah."
-"Niente di grave. Ti farà solo male la testa per alcuni giorni."
-"Grazie."
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-"Quello che però vorremmo sapere è che ci facevi da solo al buio nella
stiva. Lo vorremmo sapere perché hai rischiato di morire!"
-"Come morire?"
-"Scusa, ma non ti hanno spiegato quando sei venuto a lavorare qua sotto
che se non passi per una camera di decompressione prima di ritornare in
superficie rischi di scoppiare come un palloncino al Sole!?"
-"No? … Si!"
-"Dimmi allora come se finito dentro la stiva."
-"Io mi chiamo … Jeff Johnson e … ."
-"Questo lo sappiamo già. Abbiamo letto il nome dal tuo tesserino e
abbiamo già contattato la base per chiedere conferma della tua sparizione.
Passerai dei guai quando farai ritorno la sotto. Mi dispiace. Ma vorremmo
capire come ci sei finito in questo sottomarino."
-"Avete già contattato la base e vi hanno detto che sono sparito? Non vi
hanno detto altro?"
-"Cosa avrebbero dovuto dire? Sono solo furiosi perché una delle loro
guardie se l'è data a gambe."
-"Una guardia … ?"
-"Ragazzo. La botta in testa deve essere stata più forte di quello che
pensavamo! Passeremo dopo, quando ti sarai schiarito le idee. Nel
frattempo due guardie resteranno fuori della porta, per ogni evenienza."
Il dottore mi lascia solo, con i miei dubbi e il mio colossale mal di testa.
Devo riordinarmi un bel po' le idee per capire come faccio ad essere ancora
vivo e come non abbiano fatto a scoprirmi.
Tento di analizzare i fatti e arrivo ad una semplice conclusione: pensano
che io sia Jeff Johnson! Ma come diavolo hanno fatto a cascarci. Come
hanno fatto a non accorgersi che manca il vero Jeff Johnson e non il
detenuto Jason Patricks. Che gli racconto a questi per essere credibile.
Forse potrei dirgli semplicemente la verità, magari aggiustata un pochino
in qualche punto per non tediarli con degli inutili dettagli.
Qualcos'altro di quello che mi ha detto il dottore mi sfugge, ovviamente
oltre al fatto di non sapere come non siano riusciti a smascherarmi. Forse
non è niente di importante.
Mi addormento con la speranza di non mettermi a parlare nel sonno, e di
raccontare la mia vita partendo magari dalle ultime tre ore, per non
risvegliarmi ammanettato in qualche angusta cella.
---
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Il risveglio, causa la fine degli effetti degli antidolorifici è molto meno
piacevole, soprattutto rivedendo le facce del dottore e di un altro losco
figuro alle sue spalle.
-"Come va? Tornata la memoria?"
-"Sto bene. Ho un gran mal di testa, ma adesso mi ricordo come sono finito
in quella stiva."
-"Sentiamo."
-"Stavo tornando nella mia cabina quando un tizio … Bob forse … mi ha
chiesto di dargli una mano a scaricare la stiva del sottomarino. Io l'ho
aiutato e dopo aver finito l'ho aspettato nella stiva perché voleva offrirmi
un goccio. Poi sono inciampato in qualcosa e sono caduto e mi sono
risvegliato in infermeria."
Spero di essere stato convincente.
-"Mmm … Ok. Penso che visto come si sono svolti i fatti non ci saranno
conseguenze disciplinari nei tuoi confronti. E' stato un incidente. Tornerai
alla base al prossimo attracco. Sei stato fortunato. Se non ti avessimo
trovato per tempo saresti esploso e ti avremmo raschiato dalle pareti una
volta emersi."
La decompressione! Ecco quello che non riuscivo a ricordarmi!
Ma non ho ancora capito. Conosco gli effetti della decompressione, ma
provoca danni quando passi da una pressione all'altra in breve tempo e
senza aver fatto una adeguata compensazione. E di solito nei sottomarini si
mantiene la pressione che c'è al livello del mare.
Il dottore si volta e fa un cenno al losco figuro che se ne va. Sara stata una
guardia in attesa di sapere se avrebbe dovuto arrestarmi o no.
La mia versione dei fatti è così banale che non può risultare fasulla. E i fatti
possono anche essere confermati dal racconto di Bob.
Qui a bordo il mio viso e il mio nome non sono conosciuti e per le verifiche
gli è bastato il nome. Ma nel carcere? Forse la mia salvezza è che in
quell'inferno non c'è molta comunicazione tra i reparti: le guardie non
avranno molti rapporti con gli altri e viceversa. Forse dove mi stavano
portando ci sono persone che non hanno mai visto le guardie in faccia e un
tizio su una barella con un pigiama è uguale a tanti altri.
Mi resterà sempre il dubbio su dove mi stessero portando e cosa volessero
farmi. Ma forse non ha più importanza ormai.
Ovviamente quando arriverà il momento di imbarcarsi per fare ritorno al
mio bel lavoro a quell'ora sarò già sparito da un pezzo!
Mi riaddormento con la certezza di averla scampata per adesso. Mi
credono un'altra persona e nel carcere non si sono accorti della mia
mancanza. Quando sbarcheremo non mi controlleranno molto. Non si
aspettano certo che io scappi.
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Dovrò solo trovare il momento più adatto.
Alla parete è appeso un orologio: da quanto tempo non ne vedevo uno. Mi
dice che sono le quattro di mattina. E' ormai mattina e lo posso affermare
senza alcun dubbio.
--Mi risveglio dopo tre ore, anzi mi svegliano dopo tre ore. Al momento li
reputo molto scortesi visto che non hanno considerazione per il mio stato
fisico. Poi mi avvertono che dobbiamo andare nella camera di
decompressione per prepararsi al passaggio nell'altra zona. Tutto ciò
ovviamente ha significato per me solo in parte.
La mia sagacia fa si che mi accorga che non sono il solo che deve andare
verso la camera di decompressione, ma mi accorgo anche che se tutto
l'equipaggio si ritroverà nella stessa stanza avremo qualche problema con i
posti a sedere.
La stanza invece è piccola: contiene solo una ventina di sedie, dei tavoli e
delle riviste. Sembra di essere in una sala di aspetto. Evito di fare domande
per non dimostrare di non sapere cose che invece dovrei conoscere
benissimo.
Qui dentro ritrovo anche Bob, il dottore, le due guardie che avevo visto
nell'infermeria e un'altra decina di persone.
Mi guardo attorno ad osservare. Dopo mesi in carcere vedi sempre le
stesse facce e alla fine si riduce tutto in gente disperata vestita con dei
pigiami tutti uguali.
Tra tutti uno attira la mia attenzione. E' seduto in disparte, abbigliamento
civile e nessuna intenzione di socializzare con gli altri. Sembra sia qui
dentro per sbaglio, come me d'altro canto.
Mi siedo vicino a Bob che non è sorpreso di vedermi visto che gli hanno
chiesto di confermare la mia storia.
-"Perché diavolo non mi hai aspettato all'imbarco!"
-"Mi dispiace. Avevo capito che dovevamo vederci nella stiva. E poi ho
combinato un casino. Quando tornerò passerò un sacco di guai."
-"Beh. Non ci pensare. Tra qualche ora sarai in superficie. Ti farai un
goccetto, magari ti trovi una donna che costi poco e tutto sembrerà meno
incasinato."
-"Seguirò il tuo consiglio, Bob. Ma scusa se te lo chiedo. Non è un po'
piccola come camera di decompressione?"
-"Perché. Che ti credevi?"
-"Ma non siamo un po' pochi? Dove si mette il resto dell'equipaggio?"
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-"Il resto? Ma che ti salta in mente. Il sottomarino è diviso in due zone:
quella che comunica direttamente con la base, che quindi deve allinearsi
alla stessa pressione, ed un'altra. C'è una parte dell'equipaggio che non
serve abbia contatti con la base e quindi gli viene risparmiata la
compressione all'andata e la decompressione al ritorno. Non ti ricordi
quando ti hanno portato giù?"
Evito di rispondere.
Se non mi avessero trovato sarei morto! E' questo che voleva dirmi il
dottore in infermeria. Quindi è stata solo fortuna. Se non mi fossi ferito mi
sarei trovato a fare da tappezzeria alla stiva!
Mi passano per la testa un sacco di cose tutte alla rinfusa, accavallate: l'idea
che potevo essere morto, il fatto di essere seduto qui senza che nessuno
sospetti della mia vera identità, l'immagine del sottomarino diviso in due
zone comunicanti solo per mezzo di questa zona di decompressione, come
fare a sbarcare senza destare sospetti.
Mentre penso a tutte queste cose mi guardo attorno per osservare il
comportamento degli altri: la prima volta che ho provato a farlo in carcere
mi hanno rotto un paio di costole. I marinai parlano tra loro, un ufficiale
legge dei documenti e il tizio che avevo visto prima continua a farsi gli
affari propri. Anche lui sta leggendo qualcosa.
-"Chi è quello, Bob?"
-"In teoria non dovresti chiedermelo e io non dovrei saperne niente."
-"In pratica?"
-"In pratica … è un dottore" – mi dice quasi sussurrandomelo ad un
orecchio.
-"Un dottore? Il dottore del sottomarino? Ma non è quello che mi ha
medicato."
-"Un altro dottore. E' della base."
-"Della base? E perché è qui?"
-"Ogni tanto lo portiamo giù. Ci sta una settimana e poi lo riportiamo su."
-"Cura dei casi particolari? Qualche malato grave, qualche operazione?"
-"Più o meno."
Ha usato un tono troppo evasivo in questa risposta.
-"Non me la stai raccontando giusta."
-"Ma tu che ci lavori là sotto … non lo hai mai visto?"
Bella domanda!
-"Io mi occupo della guardia in un'altra zona."
-"Beh … " – Bob mi sta diventando torvo in viso e non mi sembra un buon
segno – "ha una brutta fama. Ho sentito parlare di … ."
-"Cosa?"
-"Esperimenti."
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-"Esperimenti? Ne sei sicuro? Chi te l'ha detto?"
-"Me l'ha detto una guardia che una volta è venuta su con lui. Durante una
sbronza colossale mi ha riferito di un fatto. Una volta, è andato fino al suo
studio per prelevarlo e accompagnarlo al sottomarino e attraverso la porta
ha sentito che parlava con un altro dottore di certi risultati dell'ultimo
esperimento che avevano effettuato. Non so altro."
-"E allora? Potrebbero essere esperimenti sulla fauna marina. Magari è un
biologo marino?"
-"Magari."
Altre rivelazioni importanti ed inquietanti, che potrebbero spiegare gli
avvenimenti che mi hanno portato su questo sottomarino. Se quello che mi
ha detto Bob è vero penso proprio di sapere che tipo di esperimenti sta
conducendo il "dottore" nel carcere.
Se collego un dottore, degli esperimenti e la sparizione di detenuti la cui
esistenza può essere tranquillamente negata, quello che ottengo è un
bastardo nazista che sta facendo chissà quali porcherie illegali su dei
poveri essere umani! Ed io ero il prossimo. Purtroppo mi sa che il vero Jeff
Johnson è stato il suo ultimo lavoro. Mi dispiace veramente: forse se lo
avessi saputo prima mi sarei comportato diversamente, ma ormai è tardi
per i sensi di colpa che in ogni caso non mi posso permettere di avere.
Adesso mi è tutto veramente più chiaro. Hanno creato questo carcere
sottomarino dove infilarci la feccia dell'umanità, gente che non ha un
futuro e con un passato da far schifo e che nessuno rimpiangerà in caso di
sparizione. Il luogo è completamente inaccessibile se non attraverso un
sottomarino e una trafila di compressione/decompressione che scoraggia
qualsiasi evasione. In tutto questo ci infilano un bastardo che usa i detenuti
per i suoi comodi, facendoli sparire notte tempo in modo da non destare
sospetti tra quelli che restano.
Penso se valga la pena di alzarsi ed andare a prenderlo a pugni finché non
mi chiede pietà per quello che voleva farmi, per quello che ha fatto e per
quello che farà ancora a quella gente lì sotto che non si merita un destino
del genere. Ovviamente me ne guardo bene dal farlo, ma se esiste un Dio
un giorno, in qualche modo, la pagherà.
Smetto di pensare a quello che è stato e a ciò che mi ha portato qui e tento
di focalizzarmi sul modo di farmi uscire da questo coso senza farmi
scoprire e uccidere.
Sono sicuro del fatto che il sottomarino emergerà per scaricare il dottore,
magari vicino a qualche porto, ma non è detto che facciano sbarcare anche
l'equipaggio.
Passo le tre ore successive a scervellarmi.
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Sono le undici del mattino quando ci fanno uscire dalla camera di
decompressione e ci accompagnano nella sala mensa per unirsi al resto
dell'equipaggio. Il dottore prende un'altra direzione.
Anche considerando la situazione in cui mi trovo riesco ad apprezzare
questo momento. In quest'ultimo periodo il pranzo non è mai stato un
momento piacevole, ma qui, in mezzo a gente normale che parla, scherza,
mi sento tornato alla vita.
Mi siedo vicino a Bob e parliamo un po'. Mi racconta delle sue scorribande
nei bar dei porti e delle donne che ha incontrato. Gli chiedo se avrò anch'io
la possibilità di spassarmela un po' sulla terraferma visto che è da un po'
che non lo faccio. Bob però mi disillude quando mi dice che dubita ci diano
a breve un permesso per sbarcare.
-"Ma io devo sbarcare! Sono mesi che sono lì sotto e ho bisogno di vedere
una donna, di respirare aria vera!"
-"Ti capisco, ma non do io gli ordini."
-"E a chi dovrei chiederlo?"
-"Al comandante."
-"Al comandante. E dici che mi darebbe il permesso?"
-"Solo per te?. No. Ma potresti chiederglielo."
-"Portami da lui."
-"Finito il pranzo."
-"Ok."
Devo pensare a qualcosa da dirgli e in fretta, altrimenti questi fanno
marcia in dietro e mi riportano giù e questa volta definitivamente.
Finito il pranzo Bob mi accompagna all'alloggio del comandante. Bussiamo
ed entriamo. E' seduto alla scrivania intento a scrivere qualcosa, alza gli
occhi e ci chiede cosa vogliamo. Bob gli spiega chi sono ma lui ovviamente
sa chi sono io e perché mi trovo a bordo. Bob gli dice allora che devo
chiedergli qualcosa.
-"Comandante. Lei sa chi sono e da dove vengo. Ed è per questo che sono
venuto qui a chiederle un favore?"
-"Un favore?"
-"Si. Sono mesi e mesi che sono d'istanza alla base sottomarina … finché sei
là sotto non ci fai molto caso, cerchi di non pensare molto alla terraferma.
Ma adesso sono qui e ho l'occasione di sbarcare, anche se per poco, se solo
lei mi desse il permesso."
-"Lei mi sta chiedendo il permesso di sbarcare?"
-"Si signore. Le sto chiedendo il permesso di sbarcare anche solo per pochi
minuti, signore."
-"Non posso farlo, signor Johnson."
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-"Mi dispiace molto … signore … ."
-"Ma forse potrei accontentarla."
-"Come dice, signore?"
-"Questa notte verrà sbarcato del personale e c'è bisogno di una un paio di
uomini di guardia. Lei, signor Johnson potrebbe far parte del personale
addetto alla sicurezza. Era questa la sua mansione alla base, non è vero?"
-"Certo, signore."
-"Bene. Avrà solo pochi minuti per "spassarsela", ma è il massimo che le
posso concedere."
-"Troppo gentile, signore. Gliene sono grato."
-"Un mio ufficiale le impartirà gli ordini. Le verrà fornita una nuovo
divisa. Si tenga pronto. E' tutto."
-"Si, signore."
-"Ti è andata bene, Jeff" - mi dice Bob dopo aver chiuso la porta dietro di
noi.
E' vero. Mi è andata bene: non sa neanche quanto.
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J 9
Se tutto fila liscio tra qualche minuto respirerò di nuovo dell'aria vera! Non
più quella porcheria filtrata che respiravo nel carcere.
Per adesso è filato tutto liscio. Prendere il posto del marinaio assegnato alla
scorta di questo pezzo grosso, quel bastardo del dottore che ammazza la
gente là sotto, è stato un colpo di genio e di fortuna messi insieme.
Me ne sto qui in piedi in questa stanza assieme ad un ufficiale, ad un altro
marinaio e al dottore. Ci hanno ordinato di restare in piedi, di non parlare
per alcun motivo e di obbedire esclusivamente agli ordini impartiti.
Ovviamente mi attengo alle istruzioni vista la mia precaria posizione. Fisso
un punto nel vuoto per non incrociare gli sguardi degli altri. Spero non si
veda che sto sudando come un porco in una sauna.
Spero comunque di avere la faccia di uno che non ha nulla di dire!
Il dottore se ne sta seduto a leggere dei documenti come aveva già fatto
nella camera di decompressione. Ha un paio di cartelle gialle dalle quali
estrae dei fogli e li appoggia su un tavolo. Sembra molto preso dalla sua
lettura. Io continuo a farmi gli affari miei evitando di osservarlo troppo,
ma quando si alza e esce dalla stanza con l'ufficiale mi avvicino a piccoli
passi al tavolo attirato dalla curiosità. Prima di uscire ha riposto i fogli
nelle cartelle e le ha chiuse, ma qualche foglio spunta fuori e aguzzando la
vista riesco a leggere una parte del testo, solo alcune parole: tempo …
rigetto … terapia … impianto … sequenza … modifica … fallimento …
soggetti … geni.
Quando sento la porta riaprirsi mi allontano dal tavolo appena in tempo
per ritornare alla mia precedente posizione.
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Quando rientrano riesco a sentire il dottore chiedere all'ufficiale se è stato
… "Organizzato tutto per il suo trasferimento". L'ufficiale gli risponde ma
le uniche parole che sento sono "Katmandu" e "Himalaya". Dettagli
insignificanti visto che appena sbarcati sarà mia cura non rivedere mai più
queste persone.
Mentre lo guardo riaprire le cartelle e leggere i documenti mi vengono in
mente le parole di Bob: "E' un dottore … fa degli esperimenti". Se le unisco
con quello che so e quelle parole a cosa giungo? Cosa stanno combinando
là sotto?
Dall'altoparlante avvertono che tra cinque minuti emergeremo e di
prepararsi allo sbarco. Questa notizia mi strappa via dalle mie
considerazioni per proiettarmi direttamente verso l'immediato futuro.
Indossiamo i giubbotti salvagente e quando si accende una luce verde
l'altro marinaio apre il boccaporto.
L'aria invade letteralmente la cabina assalendo i miei sensi. Respiro a pieni
polmoni inebriandomi con l'odore del mare. Il marinaio sale e dietro di lui
il dottore e l'ufficiale. Aspetto qualche secondo prima di salire anch'io.
Afferro la scala, guardo in alto e vedo il cielo! Vedo lo stelle! E' notte e solo
adesso mi rendo conto che avevo perso il senso dello scorrere del tempo
legato al Sole, alla Luna, al cielo stellato.
Continuo a respirare come se fosse l'ultima volta che ne ho l'occasione
mentre salgo la scala e mi fermo con gli altri nella torretta.
L'ufficiale fa un segnale verso il molo con una pila e dal molo rispondono.
Una barca si avvicina al sottomarino e noi saliamo. Nessuno fa domande.
Tutti sanno esattamente cosa fare, a parte me ovviamente. Deduco
brillantemente di dover fare più o meno quello che sta facendo l'altro
marinaio.
Mentre ci avviciniamo a riva mi concentro sullo sciabordio dell'acqua e
sulle stelle e questo fa riaffiorare i ricordi cancellati da mesi di carcere. Poi
lo sguardo si posa su alcuni personaggi che ci aspettano al molo e questo
mi riporta alla realtà. Se non mi sbrigo ad escogitare un piano va a finire
che mi riportano indietro!
Un'altra volta la fortuna mi viene incontro, quando avevo già pensato di
buttarmi a mare sperando che non venisse in mente a qualcuno di
spararmi.
Consegnamo il dottore ai quattro loschi figuri che ci aspettavano, senza
dire una sola parola. Li accompagniamo fino ad una macchina. Salgono
assieme al dottore e se ne vanno.
Sto già prendendo la rincorsa per buttarmi quando l'ufficiale ci dice di
seguirlo a bere un goccetto al bar che c'è in fondo al molo. Dopotutto penso
che una bella bevuta non mi farebbe poi così male. L'acqua dell'oceano mi
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sembra fredda a quest'ora e magari un po' d'alcool mi aiuterà a superare lo
shock.
-"Si, signore" – rispondo, non sbilanciandomi ulteriormente.
-"Abbiamo un paio di minuti. Ci facciamo un goccio e poi ritorniamo."
Alziamo i tacchi e andiamo verso il bar. Mi guardo attorno per cercare di
capire dove cavolo sono: non è un dettaglio insignificante! Non ne ho la
più pallida idea.
Non mi è venuto in mente di chiedere dove saremo sbarcati. L'importante
sicuramente era andarmene, ma ammetto che è un dettaglio nient'affatto
trascurabile.
Entriamo tutti e tre in una bettola affollata di marinai di provenienza
dubbia ma sicuramente eterogenea.
L'ufficiale ordina tre whisky al barista che a guardarlo bene mi sembra di
origine asiatica. Già posso escludere circa quattro miliardi di persone e il
60% delle terre emerse.
Nessuno fa caso a noi tre, sposando appieno la filosofia del "farsi gli affari
propri".
I miei sensi sono al lavoro per decifrare e catalogare tutti gli odori, i colori,
le voci, le facce: la parola che più spiega quello che sto provando e
assaporando è "vita", una cosa che mi era stata preclusa per un sacco di
tempo.
Mi sforzo di ritornare alla realtà perché se non penso alla svelta mi
riportano in gabbia.
Mi guardo attorno e non vedo vie di uscita. Lo sguardo si ferma sulla
scritta su una porta.
-"Signore. Devo andare in bagno, signore."
-"Vai pure marinaio. Ti do un minuto."
-"Grazie, signore."
Vado in bagno in cerca di ispirazione e per guadagnare qualche secondo.
Appena entro mi viene la nausea e se riesco a non svenire potrei cercare
una via di uscita. Purtroppo le finestre sono piccole e hanno delle sbarre di
ferro molto robuste al vedersi.
Non mi viene nessuna idea. Alla ricerca di un appiglio, metaforicamente
parlando, mi guardo bene dal toccare qualsiasi cosa dentro a questo bagno.
Il tempo passa e la situazione sta peggiorando. Il minuto è già passato e tra
poco si chiederanno che fine abbia fatto.
Aspetto e vediamo cosa succede. Cristo! Non è proprio quello che si dice
un piano ben congegnato, ma è pur sempre un punto di partenza!
Purtroppo a rovinarmi il piano ci pensa l'ufficiale che manda l'altro
marinaio a vedere che fine ho fatto. Lo vedo arrivare da una finestrella che
c'è sulla porta. Mi devo difendere in qualche modo. Ma trovo solo un
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cestino. Non so se essere meravigliato più per il fatto che ci sia, che in
questo posto qualcuno lo usi o che lo prenda in mano rischiando la salute.
Però è di metallo, il che non guasta. Spengo la luce e aspetto. Il marinaio
apre la porta e mentre sta imprecando per trovare l'interruttore io gli
assesto un bel colpo e gli spengo la luce definitivamente. Lo trascino in un
gabinetto e aspetto.
A questo punto è diventata la mia filosofia di vita! Come volevasi
dimostrare, anche l'ufficiale si stanca di aspettare e viene anche lui in
bagno. Uso la stessa tattica di prima, la luce spenta e un bel colpo assestato
alla nuca fanno il resto.
Sono libero! Mi basta nascondere questi due e darmela a gambe! Ma mi
devo cambiare! E mi servono dei soldi!
Calma! Una cosa alla volta. Prima nascondo questi due e poi scappo.
Mentre sto trascinando l'ufficiale dentro il gabinetto già occupato dal suo
subalterno entra altra gente. Mi colgono alla sprovvista. Se sono del
sommergibile sono finito e se non lo sono mi sto facendo trovare in una
situazione molto equivoca.
-"Esci da li!" – gridano.
-"Cazzo! Se siete del sommergibile potete spararmi anche subito. Io lì sotto
non ci torno!" – poi li guardo meglio, sono in due e non sono vestiti di
marinai – "ma … non mi sembrate del sommergibile!"
-"E io non posso credere che la vita da marinaio sia così brutta!" – mi
risponde uno dei due.
-"Chi siete allora. Cosa volete?"
-"Non è importante … e il tuo ufficiale?"
-"A dir la verità non è il mio ufficiale" – rispondo sinceramente
-"A no?"
-"Ma a che vi serviva?" – chiedo, continuando questo conversazione
surreale
-"Informazioni."
-"Ma perché li hai stesi?" – mi chiedono.
-"Sto scappando. Ma davvero non c’entrate niente col sottomarino?"
-"No!" – mi rispondono seccati.
-"Meno male. Mi lasciate andare allora?"
-"Non vedo perché dovrei fermarti."
-"Grazie allora. Ci vediamo."
-"Scusa. Non per farci i fatti tuoi. Ma che stai combinando."
-"Ve l'ho già detto: sto scappando. Mi sono spacciato per un marinaio e
quando ho saputo che dovevano sbarcare quel dottore … ."
-"Il tizio è un dottore?"
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-"Si … ha a che fare con la genetica … forse" – pensando agli esperimenti
sulle persone e alle parole di quei documenti che parlavano di terapia, geni
e rigetto – "Lì sotto stavano per mettere le mani anche su di me, ma me la
sono svignata appena in tempo."
-"Non sai altro?"
-"A parte che è un figlio di puttana, nient'altro. Mi dispiace. Posso andare?
Avrei un po' di fretta!" – gli chiedo gentilmente.
-"Si si. Vai."
Esco di gran carriera dal bagno e li lascio lì. Ognuno di noi ha i propri
problemi. Io ho i miei e mi bastano, gli altri si arrangino
Sono solo ad un paio di metri dall'uscita quando mi viene in mente un
dettaglio della conversazione che ho sentito sul sommergibile tra il dottore
e l'ufficiale. Non vi avevo dato molto peso, ma quei due nel cesso
sembrano interessati al quel bastardo. Magari gli stanno dando la caccia.
Comunque non mi sembrano amici suoi!
Ritorno sui miei passi e rientro nel bagno. Li trovo ancora lì. Questo posto
sembra attirare la gente alla ricerca di una soluzione ai propri problemi.
-"Li ho sentiti parlare di qualcosa che riguardava Katmandu e l'Himalaya.
Ma non sono sicuro."
-"Signore benedici quest'uomo"- mi rispondono colmi di gratitudine.
-"Speriamo che a quest'ora non stia dormendo"- e sparisco di nuovo.
Esco dal bar e corro più forte che posso in modo da mettere più spazio
possibile tra me e il sottomarino. Non so con precisione che ora sia, ma
deve essere molto tardi. Non c'è anima viva in giro e questo non mi
dispiace. Mi lascio alle spalle il molo senza neanche voltarmi indietro.
Quando sento il cuore scoppiarmi e i polmoni in fiamme mi fermo
nascondendomi in un vicolo. Cerco di riprendere fiato con lunghi respiri
ma l'aria fresca della sera mi brucia la gola, non essendoci più abituato.
Spio per vedere se qualcuno mi sta inseguendo ma non vedo nessuno.
Ricomincio a correre disperatamente senza una meta precisa, ma come
unico scopo la salvezza!
Mi fermo solo quando trovo dei binari che mi tagliano la strada: devono
servire per trasportare le merci scaricate dalle navi. Se avessi dei soldi
potrei pagarmi un biglietto per andarmene da qui, visto che è impensabile
che continui a scappare a piedi.
Comincio a seguirli per arrivare alla stazione. Vedo delle luci in
lontananza e presumo di averla trovata. Non fa freddo e i miei vestiti non
sono così inadeguati e la stazione potrebbe offrirmi un riparo migliore. Ma
vedendomi qualcuno potrebbe farmi e farsi delle domande e potrei
ritrovarmi in pericolo. Mi avvicino comunque il più possibile e mi
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nascondo dietro un cespuglio lungo i binari. Potrei aspettare qualche treno
in partenza e magari riuscire a salire.
Mi siedo e mi raggomitolo. Non sono più abituato a queste temperature,
anche se tutt'altro che estreme, dopo aver vissuto in locali climatizzati.
La mia attesa non viene delusa. Per prima cosa passa una motrice senza
vagoni attaccati, poi dopo diversi minuti se ne ritorna verso di me
provenendo dalla stazione, trainando il suo carico. Di soppiatto mi
avvicino; con questo buio non c'è pericolo che qualcuno mi noti. La fortuna
mi assiste quando trovo un vagone che trasporta dei camion e li trovo pure
aperti: meglio rimanere riparati dall'aria e lontano da occhi indiscreti.
Mi sdraio sui sedili ad aspettare che il treno parta e mi porti via.
Passo così la mia prima notte da persona libera dopo un sacco di tempo.
Dai finestrini riesco a vedere il cielo e tutte le stelle dell'universo: è uno
spettacolo meraviglioso, soprattutto per uno che ha passato gli ultimi mesi
a fissare pareti di metallo e luci al neon per tutto il giorno.
Vedo anche la Via Lattea. C'è gente al mondo che per via delle luci delle
città non sa neanche che esiste.
Ho quasi paura di chiudere gli occhi e addormentarmi, per svegliarmi di
nuovo nella mia cella! Ma il sonno, la tensione e la stanchezza prendono il
sopravvento. Mi raggomitolo sul sedile e mi addormento.
Non so dove mi trovo e non so dove mi sta portando questo treno, ma ha
poca importanza. Ci penserò domani. Dopo tutti questi mesi posso pensare
al domani come qualcosa di nuovo come un'incognita, dove nessuno mi
ordina quando devo mangiare, dormire o lavarmi!
--Il treno continua a marciare ininterrottamente per tutta la notte.
Alla mattina durante una delle rare fermate leggo su un cartello vicino al
binario sul quale passava il treno, il nome di una località e visto che è
Mumbay, presumo facilmente di trovarmi in India. Ho una certa idea di
dove si trovi Mumbay, ma non conosco ancora la mia destinazione:
potrebbe essere in qualsiasi altra parte dell'India, ma per quanto mi
riguarda un posto vale l'altro.
Durante il giorno sono rimasto seduto nel camion, ma almeno ho aperto la
portiera per far entrare un po' di aria fresca. La fame si fa sentire e con essa
anche la sete ma mi sforzo di resistere. Per questo motivo, per la tensione
accumulata e per la stanchezza mentale mi appisolo spesso. Cioccolata,
dolci sono le prime cose che mi passano per la testa durante questo calo di
zuccheri spaventoso.
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--Il viaggio dura un giorno e mezzo. Sono partito di notte e arrivo a
destinazione la mattina del giorno dopo.
Il treno si ferma e con mia immensa sorpresa mi accorgo di essere
nuovamente in un porto e questa scoperta mi getta subito nel panico. I
porti commerciali si assomigliano un po' tutti e per quel poco che vedo mi
sembra di essere ritornato a Mumbay.
Un cartello all'imbocco della stazione ha una scritta in indiano e in inglese:
Vishakhapatnam! Deve essere il nome della città in cui mi trovo adesso.
Almeno non sono più a Mumbay, ma non so nuovamente da che parte del
mondo mi trovi. Quello che so è che sono arrivato in un porto e che devo
essere ancora in India.
Smonto dal camion e scendo dal treno appena rallenta sufficientemente
per non uccidermi.
Mi allontano dalla stazione e dal treno e mi incammino tra i docks. A
pensarci bene sono ancora vestito da marinaio e da queste parti non potrei
avere migliore travestimento per passare inosservato.
Durante il viaggio in treno ho pensato al dafarsi una volta che sarei
arrivato. Non sapendo dov'ero diretto non ho potuto pensare ad un piano
molto dettagliato.
Ma di una cosa sono certo: voglio tornare in Australia, devo tornare in
Australia. Devo solo trovare il mezzo di trasporto, considerando però che
non ho soldi e non ho documenti. E nel momento in cui metterò piede in
Australia, e mi farò riconoscere, mi rispediranno di filato in prigione. Ma
nonostante questi insignificanti dettagli io voglio tornare a casa!
Me ne rimango seduto su una panchina a guardare il mare. Era da un po'
di tempo che non lo facevo e me ne accorgo adesso quanto mi mancasse: il
Sole mi scalda il viso e l'odore del mare il cuore.
Dopo essermi svegliato un po' faccio il punto della situazione e ragionando
scopro di trovarmi sulla costa est dell'India, quindi dalla parte opposta di
Mumbay. Questo vuol dire che tra me e quei bastardi c'è in mezzo un bel
po' di terreno. Se vi chiedete come ho fatto mi è bastato vedere che il Sole
appena sorto è di fronte a me e visto che sono seduto a guardare il mare
non posso che essere sulla costa orientale.
A questo punto sapendo da che parte mi trovo e dove vorrei andare l'unico
mezzo per arrivarci è la nave. Mi sembra il mezzo più economico e potrei
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imbarcarmi su qualche mercantile pagandomi il viaggio lavorando, cosa
che non potrei fare su un aereo o su un treno. E poi visto dove mi trovo!
Mi faccio un giro per i moli alla ricerca di una nave che possa darmi un
passaggio. Per prima cosa dovrei scoprire se qualcuno capisce l'inglese e a
quel punto chiedergli per dove stanno salpando e sa hanno bisogno di un
finto marinaio da impiegare in mansioni che non necessitino di esperienza
nella navigazione.
In questo periodo devo essere particolarmente fortunato perché dopo un
po' che cammino trovo dei marinai impegnati in operazioni di carico su
una nave mercantile. Non stanno trasportando container ma casse sfuse.
Prima di approcciarli mi fermo a riflettere su cosa potrei raccontargli per
convincerli a prendermi a bordo, escludendo ovviamente la verità.
Ci metto più di dieci minuti a pensare a qualcosa di decente, mentre me ne
sto seduto ad osservarli che lavorano, ma alla fine mi decido.
Mi avvicino a loro e inizio a parlargli in inglese e mi capiscono e questo si
può definire un buon inizio.
-"Salve."
-"Buongiorno."
-"Potrei sapere dove siete diretti?"
-"Perché?"
-"Ho bisogno di aiuto e vorrei chiedere al comandante se ha del lavoro per
me."
-"Che ti è successo?"
-"Una brutta storia. Avevo un contratto per un lavoro su una nave per
Adelaide, ma il comandante di quella nave si è fregato i soldi e io sono
rimasto a terra. Ci contavo per tornare a casa. E per di più l'altro giorno mi
hanno rubato il sacco con la mia roba, i soldi e i documenti."
-"Bel casino, davvero. Sei proprio messo male!"
-"Così sto chiedendo in giro se ci sono navi che partano per l'Australia e
con il lavoro pagarmi il ritorno."
-"Mi dispiace. Noi stiamo andando a Singapore."
-"Singapore? Potrebbe anche andarmi bene. Lì potrei trovare un altro
imbarco per Adelaide."
-"Se per te va bene? Non so se abbiamo bisogno di qualcuno, ma puoi
chiederlo al comandante. E' lui che decide. Ti ci accompagno."
Non me l'aspettavo proprio. Al primo tentativo sembra proprio che abbia
trovato un passaggio, sempre che il comandante mi accetti a bordo.
Sulla nave vedo che stanno calando con la gru le casse nella stiva.
-"Che state trasportando?"
-"Te."
64
Mi accompagna nell'ufficio del comandante. Bussa alla porta e poi
entriamo. Lo troviamo seduto dietro alla scrivania intento a controllare dei
documenti e ad armeggiare con una calcolatrice.
-"Che c'è?"
-"Mi scusi comandante. C'è questo ragazzo che vorrebbe chiederle
qualcosa. Vorrebbe imbarcarsi."
-"Che?"
-"Dovevo imbarcarmi su una nave per Adelaide" – gli spiego – "doveva
partire tra qualche giorno. Ma ho saputo che il comandante si è fregato i
soldi dell'anticipo che gli avevano dato e così è saltato tutto. Io ero arrivato
qui da poco e avevo bisogno di questo lavoro per tornarmene a casa. E mi
sono anche fatto fregare la mia roba: soldi, documenti, vestiti. Sparito
tutto! Ho solo quello che ho addosso! Sono nei guai. Se non trovo lavoro su
qualche nave e mi pago il viaggio di ritorno rischio di restare qui per
sempre!"
-"Ragazzo, hai veramente un grosso problema. Non so … non abbiamo
bisogno di gente, siamo al completo … ."
-"Potrei fare qualsiasi cosa. Anche i lavori più schifosi, in cucina, a
ramazzare il ponte. La prego, voglio tornamene a casa!"
Penso di risultare convincente, visto che io voglio veramente tornare a casa
a qualsiasi costo.
-"Ma noi stiamo salpando per Singapore."
-"Me lo hanno detto. Ma mi va bene lo stesso. Lì troverò un altro imbarco
per l'Australia."
-"Ci dovrei pensare, ma … ok. Va bene ti accetto a bordo. Lavorerai a
bordo, non ti pagherò un dollaro, ma ti darò vitto e alloggio fino a
Singapore. Ti va bene?"
-"Certo."
-"Io sono il comandante Abraham Moore e tu?"
-"Jason Patricks da Adelaide. Piacere di conoscerla."
Gli stringo forte la mano sorridendo come un idiota. Sto tornando a casa!
65
J 8
Ci impieghiamo quattro giorni per arrivare a Singapore, che trascorro a
ramazzare il ponte, sistemare il carico, aiutare in cucina.
Tutto sommato me la sto passando bene. Il lavoro non è così duro e andare
a dormire presto e svegliarsi all'alba non è una tortura. Passare le giornate
senza uno scopo, senza far niente, senza speranza: questa è una tortura!
Ho fatto amicizia con alcuni marinai e passiamo assieme un paio d'ore
dopo cena a raccontarci le rispettive vite in mare e a terra. La ciurma è
composta da indiani e inglesi e a prima vista sembra tutta brava gente.
Per essere credibile gli racconto che il viaggio che mi ha portato in India
era il mio secondo imbarco, che sono diventato un marinaio per non
restare disoccupato in Australia, ma evidentemente mi è andata male.
Questo lato della mia storia serve anche a non farli insospettire sulle mie
lacune nell'arte della navigazione.
Alla fine del viaggio il comandante Moore, che non si è pentito di avermi
"assunto", mi da un paio di nomi da contattare una volta arrivati e due
righe di presentazione, se avessi dei problemi ad imbarcarmi. Sa che ci
sono un paio di navi che salpano abitualmente da Singapore diretti verso
l'Australia. Non sa di preciso se sono dirette ad Adelaide, ma
"L'importante è mirare al bersaglio grosso, poi il resto diventa più facile"
mi ha detto.
Prima di scendere mi convoca nel suo ufficio.
-"Tieni. Questi sono per te. Avevo detto che non ti avrei pagato. E non lo
sto facendo. E' un prestito."
-"Mi sta dando dei soldi?"
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-"Non li vuoi?"
-"Non volevo dire questo. E' che sono sorpreso e commosso. Non so come
ringraziarla. Lei è stato molto gentile come me, non sa neanche quanto."
-"Penso che tu ne abbia bisogno. La strada per tornare a casa è ancora
lunga "marinaio". Sono solo un centinaio di dollari americani. Potrai
comprarti qualcosa da mangiare, o i favori di qualcuno. Ma questa volta
sta attento."
-"Grazie, grazie veramente."
-"Adesso vai. Addio."
-"Addio."
Sto per uscire quando mi fa un'ultima domanda.
-"Non mi vuoi proprio dire chi sei?"
Mi fermo e lo guardo.
-"Cosa vuole dire?"
-"Tu non sei un marinaio. Non avevi mai visto una nave prima di imbarcati
con noi. Ho ragione, vero?"
-"Si."
-"Perché ci hai mentito?"
-"E' una lunga storia, troppo complicata per essere raccontata."
-"Cos'hai combinato. Hai ammazzato qualcuno? Ti stanno cercando?"
-"No e si."
-"Vuoi dirmi che tu non sei mai stato su questa nave? Che non ti ho mai
visto?"
-"Più o meno."
-"Addio" – mi dice sorridendo.
-"Addio e grazie ancora."
Una volta sbarcato e salutato tutti, mi incammino verso la capitaneria di
porto per sapere dove sono attraccate queste navi.
Dopo avermi fatto dire il numero del molo, mi fermo in un negozio a
comprarmi qualcosa da vestire, per dare il cambio alla roba che ho
addosso e che i marinai della "Queen Elisabeth" mi hanno prestato. La
barca si chiamava proprio così: il sangue inglese non si smentisce mai.
Alla capitaneria mi hanno anche detto che una delle due navi è proprio
diretta ad Adelaide e così punto sul sicuro.
Con la lettera del comandante Moore e con la rassicurazione che avrei
lavorato gratis in cambio di un passaggio, un letto e un pasto caldo, mi
accettano a bordo.
Il viaggio dura cinque giorni di navigazione ininterrotta.
Fila tutto liscio. Io faccio il mio lavoro e gli altri mi lasciano tranquillo.
Nessuno si fa tante domande sul mio conto. Da queste parti sembra vigere
67
la regola che è meglio farsi gli affari propri per non rischiare che gli altri si
facciano i tuoi.
Un problema sorge purtroppo quando siamo in vista delle coste
australiane. Anche se sono felice all'inverosimile nel constatare che contro
ogni previsione sono riuscito a tornare a casa, dopo tutto quello che ho
passato, potrei avere dei problemi sbarcando sul suolo natio. Non ho la più
pallida idea di cosa mi stia aspettando. La gente potrebbe essersi
dimenticata di me o magari potrebbero esserci dei manifesti con la mia
faccia e la scritta "ricercato" che tappezzano la città.
Me ne resto sulla prua ad osservare il mare e la costa pararsi davanti a me.
Mi sembra già di sentire l'odore dell'Australia.
La soluzione ai miei problemi sembra comparire davanti ai miei occhi
quando vedo in lontananza l'Isola dei Canguri. E' davanti al Golfo di San
Vincenzo e potrei rifugiarmi lì per un po' di tempo, per decidere cosa fare.
Il comandante ovviamente non accoglie la mia richiesta di attraccare al
porto di Kingscote e farmi scendere, ma mi dice che potrebbe privarsi
tranquillamente di un gommone e di un paio di remi in cambio di soldi.
Io ho ancora il centinaio di dollari che mi ha dato il comandante Moore e
trovo che questo sia il miglior modo di spenderli.
Mi calano in mare e mi salutano mentre a forza di braccia mi dirigo verso
la costa. La nave ha fatto una piccola deviazione, compresa nel prezzo, per
avvicinarsi senza rischiare di avventurarsi in acque poco profonde. Il mare
è calmo e la giornata splendida. Io non ho fretta, ma ugualmente mi
applico sui remi in perfetto stile "Oxford" per arrivare il più presto
possibile.
68
J 7
Finalmente sono sull'Isola dei Canguri. Ho impiegato un bel po' a mettere
più chilometri possibile tra me e quell'inferno subacqueo.
Non è possibile che riescano a rintracciarmi dopo tutta la strada che ho
fatto e i mezzi di trasporto che ho cambiato. Anche se non devono aver
impiegato molto ad accorgersi che sono scappato dopo che ho sistemato
un paio dei loro uomini in un cesso di un bar del porto di Mumbay. Forse
subito penseranno che sia scappato un marinaio, ma dopo un rapido
appello nel sommergibile, incrociato con la lista dei detenuti capiranno chi
è scappato veramente.
Poco male. Qui di sicuro non mi scoveranno.
Nascondo il gommone e mi sdraio sulla sabbia in riva al mare. Il Sole
scalda la mia pelle e il suono delle onde culla il mio spirito: non molto
tempo fa pensavo di aver detto addio definitivamente a tutto questo.
Potrei rimanere un'infinità così ma devo trovarmi una sistemazione e
qualcosa da mangiare.
L'anno scorso ero venuto su quest'isola per una ispezione e un censimento
della popolazione dei canguri. Avevo passato un paio di mesi qui e
avevamo costruito con gli altri membri della spedizione un bungalow
dove alloggiare. Non e' molto lontano, forse un'ora di cammino. Se non
ricordo male ci eravamo piazzati non lontano dalla spiaggia e vicino ad
una ruscello per avere comoda l'acqua potabile. Non troverò niente da
mangiare, ma avrò un tetto per dormire e un letto per sdraiarmi. Spero che
il telone impermeabile con cui l'avevamo coperto sia servito allo scopo e
che non mi ritrovi con un mucchio di assi marce e una colonia di formiche
giganti.
69
Quando ho lasciato la nave eravamo in vista del porto di Kingscote e il
bungalow non distava molto dalla città.
Dopo mezz'ora di cammino ritrovo dove sfocia il ruscello e non mi resta
che seguirlo finché troverò la mia nuova casa.
Vale la pena aver lottato per scappare da quell'inferno, solo per trovarsi in
questo scorcio di paradiso. Mi accorgo che da quando sono fuggito tutto
per me è come fosse "per la prima volta". E' un piacere immenso
"riscoprire" il bello anche delle cose semplici.
La fatica viene premiata quando in mezzo agli alberi rivedo il telone
ancora dove lo avevamo lasciato. Con un bastone lo sollevo e lo puntello a
mo' di tettoia.
Impiego un bel po' a convincere tutti gli inquilini a lasciarmi prendervi
possesso: ragni, scarafaggi, qualche serpentello vengono allontanati loro
malgrado. Con delle frasche tolgo la sporcizia da terra, dai muri e dal
soffitto. A ripensarci averi fatto prima a bruciare tutto e rifarla da capo!
Ogni tanto mi butto nel ruscello a rinfrescarmi e a togliermi quella schifosa
sensazione di avere qualcosa che ti cammina lungo la schiena. Dopo
diverse ore e altrettanti bagni, il bungalow diventa vivibile. Avevamo
lasciato dei materassi e anche se mancano le lenzuola penso che questa
notte riuscirò a dormire lo stesso e magari a fare dei sogni bellissimi: è da
un po' che non sogno qualcosa, escludendo naturalmente quelli che ho
fatto quando ero sveglio.
Non ho la più pallida idea di che ora sia e non mi interessa. Il Sole è ancora
alto ed è ora che mi procuri qualcosa da mangiare. Per oggi mi basterà solo
della frutta. Domani andrò a pescare. Oltre a questo meraviglioso
bungalow avevamo lasciato anche una barchetta a motore. E se sono
fortunato e trovo anche della benzina non mi toccherà remare.
--Le ore passano velocemente, ma che importa! Non sono più in carcere e
nessuno spegne la luce perché è ora di dormire.
Il Sole è calato da un po' e mi ritrovo sulla spiaggia seduto sulla sabbia
ancora calda ad ascoltare il mare, ad ammirare le stelle, con il vento che mi
accarezza con quel sapore di salsedine e per un momento penso a chi è
rimasto sott'acqua in quell'inferno. Scaccio il pensiero guardando l'infinito
stellato che sta sopra di me e respirando a pieni polmoni fino a scoppiare.
E' una bella sensazione anche infilare la mano nella sabbia, sentirne il
calore,l'umidità. Dopo mesi tra mura e acciaio è stupendo avere tra le mani
la natura e assaporarla con tutto il mio essere.
70
Resterò qui finché non mi ristabilirò nel corpo e nello spirito e poi deciderò
cosa fare della mia vita.
Me ne torno nel bungalow, mi sdraio sul letto, srotolo la zanzariera e
finalmente dormo. Ovviamente non è la prima notte che dormo fuori dal
carcere, ma adesso sono in Australia! Sono a casa! D'ora in poi tutto andrà
bene.
--Dopo essermi svegliato ad un'ora imprecisata prendo la barca e la porto a
riva. Per fortuna ho trovato anche una latta di benzina e mi risparmio la
fatica di remare. Non ho trovato ancora qualcosa per pescare ma ci penserò
quando ritorno. Adesso ho voglia di fare il bagno al largo, guardare i pesci
nuotarmi attorno, sentire il sapore dell'acqua salata e poi farmi cullare
dalle onde.
Dopo quelle che sembrano un paio d'ore ritorno a riva e dopo aver messo
in secca la barca mi siedo all'ombra di un albero ad ammirare il panorama
e a riordinare le idee.
Sono stanco nel fisico, ma lo spirito sta nettamente meglio rispetto ad un
po' di tempo fa. Sento i muscoli contratti e ho il fiato corto, ma la mia
anima al contrario respira a pieni polmoni.
Devo pensare a cosa fare della mia vita. Da una parte sono quasi sicuro che
non mi ritroveranno più finché me ne resterò nascosto. Però non posso
neanche passare la mia vita su quest'isola e prima o poi dovrò far ritorno
sulla terra ferma. Se mi faccio vedere in giro potrebbero arrestarmi di
nuovo e rimandarmi in carcere e questo è impensabile. C'è una condanna
per omicidio sulla mia testa e il fatto che sia evaso non fa che peggiorare le
cose. Dovrei provare la mia innocenza o almeno che avevo delle attenuanti
e delle motivazioni per il gesto che mi ha portato in prigione.
Dovrò stare attento a chi incontrerò e con chi parlerò senza commettere
passi falsi.
In ogni caso il primo passo comunque sarà di ritornare in città.
Sono sicuro che da qualche parte c'è la prova che la mia è stata autodifesa e
non omicidio. Forse potrei iniziare da Stuart, dalla sua morte e dal mio
sogno. Io ho "visto" che era in pericolo, poi lui è morto e il giorno dopo
qualcuno viene a uccidermi (o almeno questo è quello che il mio avvocato
non si è preoccupato di dire).
Devo tornare in città e parlare con la famiglia di Stuart: di loro potrò
fidarmi.
71
J 6
Dopo qualche giorno passato sull'isola a riposarmi e a rigenerare lo spirito
e il corpo mi decido di levare le ancore. Non posso usare la barca che
avevamo lasciato qua per percorrere il tratto di mare che mi separa dalla
terra ferma. Se trovo qualche dollaro nel bungalow mi evito di spacciarmi
al molo per un barbone in cerca di spiccioli per comprarsi qualcosa da
mangiare.
Mi ricordo per fortuna della cassa comune costituita da una decina di
dollari in un barattolo di latta che avevamo lasciato qui.
Verso le undici di mattina sono già in vista di Adelaide.
Non mi faccio notare particolarmente se non fosse per il fatto che i vestiti
che porto stanno acquisendo una coscienza propria dovuto principalmente
alla prolungata lontananza dal detersivo. Penso di dare fastidio a
qualcuno: me ne rendo conto dall'accortezza della gente nel mettersi sopra
vento rispetto alla mia persona, che assicuro essere pulita. Non mi resta
che immaginare cosa stiano pensando di me: "Sarà un ricco eccentrico o un
povero pezzente?"
Sbarco dalla nave e la mia paranoia aumenta in modo esponenziale. Mi
sembra che tutti mi stiano guardando con fare sospetto. Poi mi faccio forza
pensando che prima del mio arresto non ero un tipo molto conosciuto e
che la città è abbastanza grande per cui anche uno spietato omicida può
passare inosservato. La mia teoria viene suffragata anche dal fatto che non
sto vedendo appesi dei manifesti con la mia faccia e la scritta "ricercato".
Un uomo in questa situazione ha bisogno continuamente di rassicurazioni.
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Per mettermi alla prova decido rischiare il tutto per tutto. Mi avvicino ad
una persona appena scesa con me dalla nave, sfoggio un incredibile sorriso
e gli chiedo che ora è! "Le undici e mezza" mi risponde. La mia teoria
quindi è confermata dai fatti: non si è messo a correre come un pazzo
gridando aiuto appena mi sono avvicinato; non ha estratto una pistola
tentando di arrestarmi lui stesso per incassare la taglia; non ha tentato di
instaurare una conversazione al fine di farmi perdere tempo e nel
frattempo attirare l'attenzione delle forze dell'ordine perché mi arrestino.
Quest'ultima ipotesi però è la più improbabile visto che non si vede
neanche l'ombra di un poliziotto.
Non ho un soldo in tasca, per fortuna ho mangiato un po' prima di partire
e puzzo come un cadavere.
Adesso il mio obiettivo è di arrivare a casa dei genitori di Stuart il più
presto possibile e magari senza dare nell'occhio.
Così dopo la rapida analisi incrociata "risorse-obiettivi" me ne vado dal
porto a piedi.
Posso dire adesso di essere finalmente tornato a casa. Sto camminando per
le strade ed è una cosa che fino a qualche mese fa per me era più di un
sogno o forse addirittura un incubo.
Sto passeggiando tra la gente, guardando le vetrine dei negozi, ammirando
le ragazze che mi passano di fianco e tutto questo mi sembra normale.
Devo ricordarmi che non sono ancora al sicuro, che per adesso sono libero
ma non ho ancora una vita a cui tornare o una nuova vita da
intraprendere.
Ma devo pensare ad una cosa alla volta e per adesso sto pensando a quella
splendida creatura che appartiene all'universo femminile che sta
camminando verso di me e mi sta facendo capire una delle cose che mi è
mancata di più in tutti questi mesi!
Qualcuno dovrà pagarla molto cara per aver tolto le donne dalla mia vita
per tutto questo tempo!
Ci metto un bel po' ad arrivare nel quartiere dove abitavano i genitori di
Stuart e spero ci abitino ancora.
L'esito di questa visita condizionerà il proseguo della mia permanenza ad
Adelaide nonché il resto della mia vita. Se non crederanno alla mia storia o
se non staranno proprio ad ascoltarla mi converrà cominciare a correre il
più velocemente possibile.
Mi avvicino alla casa guardandomi attorno. Da queste parti mi hanno visto
passare più volte e qualcuno potrebbe ricordarsi di me.
Quando busso alla porta dei genitori di Stuart ho ancora un attimo di
esitazione. Sono passati molti mesi dall'ultima volta che mi hanno visto: al
73
funerale e poi al mio processo. Come mi accoglieranno? A braccia aperte?
Mi stringeranno la mano con la destra e con la sinistra chiameranno la
polizia? Non ne avrebbero il motivo se non per la preoccupazione di essere
accusati di aver aiutato un evaso di prigione condannato per omicidio.
La madre di Stuart apre la porta e resta a guardarmi.
-"Buongiorno" – le dico, come se non l'avessi vista solo per qualche giorno.
Tutti i miei dubbi vengono fugati quando lei mi abbraccia ancora prima di
salutarmi. Deve essere la riprova che qualcuno al mondo pensa che io sia
innocente!
---"E' stato un brutto periodo quello: la morte del nostro Stuart, poi ti
arrestano con l'accusa di omicidio. E non solo. Dopo una settimana il
collaboratore di Stuart annega al mare mentre stava facendo un giro in
barca: una terribile disgrazia! E' stato proprio un brutto periodo. E poi la
vecchia segretaria di Stuart si è sentita male … un ictus forse, non è morta
ma è ancora in coma, irreversibile dicono."
-"Qualcun altro? Sbaglio o tutti quelli che lavoravano con Stuart hanno
fatto una brutta fine."
-"Non e' rimasto più nessuno ormai. Il suo ufficio è stato svuotato,
smantellato; le mansioni e gli incarichi ridistribuiti."
-"Di cosa si occupava Stuart. So che era in un ufficio governativo, una
specie di organo di controllo."
-"Stuart era stato assegnato alla commissione di controllo sugli
stanziamenti del governo. Mi pare che dovesse controllare la copertura
finanziaria delle opere pubbliche."
-"Controllava dove andavano a finire i soldi delle tasse."
-"Già."
-"Mi manca, lo sapete? Durante questi mesi ho pensato spesso a lui."
-"Neanche tu hai passato un bel periodo, Jason. Che ti hanno fatto? Come
hai fatto a scappare?"
-"Non mi hanno trattato male, almeno non hanno fatto a tempo. Per il resto
è meglio non sappiate nient'altro. Dopo tutto sono un evaso e voi potreste
essere accusati di aver aiutato un criminale!"
-"Non dire sciocchezze" – quasi rimproverandomi, mi dice suo padre – "tu
per noi sei innocente, senza nessun dubbio."
-"E non sapete quanto questo mi sia di conforto. Ma non posso permettere
che qualcuno vi faccia del male per colpa mia. Me ne dovrò andare al più
presto per non compromettervi."
-"Poi restare quanto vuoi."
74
-"No, è meglio di no. Mi troverò un posto dove dormire. Quello che vi
devo chiedere invece è se potete prestarmi dei soldi. In prigione non si
guadagna molto."
-"Ti daremo tutti i soldi che ti servono. Possiamo anche darti la nostra
macchina."
-"No, ma mi farebbero comodo dei vestiti nuovi."
-"Quando vuoi partire? E dove te ne andrai?"
-"Ci penserò."
-"Per adesso pensiamo a vestirti" – mi dice sua madre – "sai, ho ancora dei
vestiti di Stuart che ho conservato nella sua vecchia camera. Prima del
funerale, un paio di amici sono andati nel suo appartamento a prendere le
sue cose, i suoi libri, i vestiti, i suoi dischi. E pensare che avrebbe potuto
finire tutto in cenere."
-"Perché?" – le chiedo.
-"Il giorno dopo, mi sembra, o la notte dopo il suo funerale, tutto il palazzo
dove abitava, ha preso fuoco. Non ci sono state vittime, ma è andato tutto
distrutto."
Proprio un bel periodo.
-"Non le abbiamo più guardate, troppi ricordi ... prendi quello che vuoi,
quello che ti serve. Ci deve essere anche qualche foto da qualche parte. Fai
con comodo."
Mi lasciano solo nella vecchia camera da letto di Stuart: nell'armadio ci
sono ancora i suoi vestiti e per terra invece degli scatoloni ancora chiusi
ricoperti di polvere.
Dopo essermi cambiato mi sdraio sul suo letto che invece è in perfetto
stato.
Per adesso la mia visita non ha portato molti frutti: un vestito pulito e i
rimorsi di coscienza per aver risvegliato nei genitori di Stuart il dolore per
la sua perdita, accantonato magari con fatica.
Mi siedo sul letto cercando di trovare il coraggio di aprire quegli scatoloni:
potrei trovare qualcosa di interessante, oppure solo una montagna di
ricordi dolorosi.
-"Jason?"
-"Si?"
-"Abbiamo avuto un'idea."
-"Esco subito."
E' suo padre che parla –"Abbiamo pensato che potresti andare nel vecchio
appartamento di Stuart."
-"Ma non aveva preso fuoco?"
75
-"Si, ma poi con i soldi dell'assicurazione lo abbiamo risistemato. Non
abbiamo ancora voluto venderlo, o darlo in affitto … ma adesso … potresti
usarlo tu."
-"Cosa c'è dentro?"
-"Nulla. Ma potremo darti tutti i vestiti che vuoi. Potresti prenderti il
materasso, delle coperte e delle lenzuola. Potresti dormire lì … nasconderti
… oh, scusa … rimanere lì finché non si sistemano le cose" – mi dice sua
madre.
-"Siete veramente impagabili, non so come ringraziarvi."
-"Ti dico io adesso cosa faremo. Adesso Martha ci preparerà il pranzo. Poi
dopo che ti sarai riposato, verso sera ti accompagnerò in macchina
all'appartamento. Carichiamo il materasso e tutto il resto; in garage dovrei
avere una fornello per il campeggio, ti daremo qualcosa per farti da
mangiare: così sistemato potrai durare qualche giorno senza dover mettere
fuori il naso da casa. Poi qualcosa penseremo."
-"No, accetto volentieri il vostro aiuto per questa volta, ma è meglio che
non mi faccia vedere in giro e tanto meno con uno di voi due. Potrebbe
essere pericoloso per tutti."
--Il padre di Stuart mi aiuta a scaricare la roba dalla macchina nel retro del
palazzo.
Spero mi prendano in parola, per il loro bene.
-"Mi faccio vivo io tra qualche giorno. Non preoccupatevi" – gli dico
mentre risale in macchina e ci salutiamo.
Con un paio di viaggi porto tutto di sopra e un paio di rampe di scale mi
fanno capire che sono abbastanza giù di forma.
Spero invece di non aver fatto troppo casino, tanto da aver attirato
l'attenzione di qualche inquilino.
L'appartamento è veramente vuoto.
Rapido inventario: mobili no, cucina no, letto no, bagno si, corrente
elettrica no.
Dopo mezz'ora la mia situazione è nettamente migliorata: fornello da
campo, materasso con lenzuolo, rotolo di carta igienica, torcia elettrica,
tavolo multifunzionale costituito dagli scatoloni con i ricordi di Stuart, che
ho pensato bene di portarmi via.
All'ora di cena sperimento il tutto, riscaldandomi un piatto di zuppa che
mi ha preparato quell'angelo in Terra incarnatosi nella madre di Stuart.
Dopo cena mi metto a guardare dalla finestra la gente che passa in strada:
non è come la TV, non c'è una trama da seguire, ma tutti gli "attori" che
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calcano velocemente "la scena" hanno sicuramente una storia da
raccontare.
Basta solo un po' di immaginazione: magari quello che è appena passato
qui sotto con la valigetta è un serial killer, o magari semplicemente un
padre di famiglia che farà tardi a cena perché ha dovuto fermarsi in ufficio.
Forse dovrei pensare seriamente a rifarmi una vita. Se riesco ad uscire da
questo appartamento senza farmi scoprire e risbattere in prigione, potrei
prenderlo in considerazione.
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J 5
Riesco a dormire anche dopo le prime luci dell'alba nonostante la totale
mancanza di tende alle finestre.
Ritardo in ogni caso il momento di alzarmi dal letto, ben conscio che non
ho assolutamente niente di caldo da bere per svegliarmi. L'impossibilità di
assumere caffeina nei primissimi minuti dopo essermi alzato fa sì che me
ne resti a letto a sonnecchiare, sperando che il mio metabolismo nelle
successive ore riesca a fare quello che una tazza di caffè di solito fa in
pochi minuti.
Ho messo il materasso nella stanza che funge da salotto/cucina, solo per un
puro fatto estetico: non volevo essere troppo dispersivo nell'arredare la
mia nuova casa temporanea.
Mi giro su un fianco e vedo lo scatolone con i piatti appoggiati sopra,
residuo della cena di ieri sera. In uno sprazzo di lucidità o in un incubo ad
occhi aperti, penso che potrei riscaldarmi un po' di zuppa. Sostituire il
caffè con la zuppa!! Orrore! Il solo pensiero di me che inzuppo dei biscotti
nella zuppa mi fa rabbrividire quel tanto da destarmi dal torpore
mattutino.
Il mio sguardo resta comunque fisso in direzione degli scatoloni con i
ricordi di Stuart. Ecco come potrei impegnare la mattina: un bel viaggio tra
gli struggenti ricordi di un amico morto.
Me ne sto seduto sul materasso, in mutande e in maglietta con la coperta
sulle spalle a rovistare in quello che è rimasto della vita di Stuart. Non sto
cercando di rattristarmi ma di dare un senso alla sua morte o quanto meno
una spiegazione.
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Non l'ho ancora detto ai suoi genitori, ma sono certo che è stato ucciso, "ho
visto" che lo uccidevano e purtroppo non sono riuscito ad impedirlo.
Partendo da questo, forse la morte dei suoi compagni di lavoro si pone
sotto una luce diversa, più inquietante, meno accidentale.
E tutto questo non fa che ricostruire uno scenario preoccupante nel quale
io sono dentro fino al collo! E la cosa peggiore di tutta questa faccenda è
che non ho la più pallida idea in cosa sia coinvolto.
Ci sto pensando da un bel po'. Ma chi siano queste persone che vanno in
giro ad ammazzare la gente proprio non lo so. E neanche cosa le spinga a
farlo.
Forse tra le cose di Stuart posso trovare un indizio che mi permetterà di
fare luce sulla situazione.
Il problema sembra nascere dal suo lavoro e ne è la riprova che è morto
chiunque abbia lavorato con lui. Lavorava come consulente in una
commissione parlamentare che doveva controllare la destinazione dei
finanziamenti pubblici. Aveva trovato questo lavoro dopo la laurea.
Non penso l'abbiano ucciso per la sua dedizione al lavoro … oppure si.
Nello scatolone trovo dei tabulati che doveva essersi portato a casa
dall'ufficio. C'è una lunga lista fatta di date, importi con tanti zeri da far
venire i brividi e il nome dei dipartimenti, probabilmente destinatari dei
finanziamenti. Quello che si nota però è che evidenziato solo le cifre
assegnate al dipartimento dell'Agricoltura. Sembra che l'Australia investa
molto nell'agricoltura o nell'allevamento: non pensavo fossimo più un
popolo di contadini, ma dalle cifre direi di si. Mah.
In un'altra stampa trovo l'elenco dettagliato dei lavori che sono stati
finanziati e anche qui ci sono delle cose evidenziate. L'Australia ha
finanziato con milioni di dollari la coltivazione sperimentale dell'orzo! Sto
facendo mente locale su quanti campi "sperimentali" di orzo abbia visto.
Come è fatto un campo sperimentale di orzo?
In un altro pezzo di carta c'è segnato un nome, una località, un numero di
telefono e un appunto sul margine: "orzo".
Non c'è altro. Questo è tutto quello che ho trovato di utile in questi
scatoloni. Il resto sarà andato perduto nell'incendio del suo appartamento
o è rimasto nel suo ufficio, che non esiste più.
--Ho dei primi indizi. Il suo lavoro e questo posto appunto: potrei partire da
qua.
Per prima cosa devo andare a vedere cosa c'è all'indirizzo che ho trovato.
Magari questa non è la strada giusta, magari esiste veramente qualcosa e si
79
occupano effettivamente di ricerche in campo biotecnologico. Magari
l'orzo non c'entra niente con quell'appunto e tutta questa storia. Magari è
tutto frutto della mia mente paranoica.
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J 4
Devo ancora realizzare se questa trasferta si stia rivelando proficua oppure
no. Mi trovo praticamente in mezzo al deserto e non c'è anima viva nei
paraggi. Mi guardo attorno e non riesco a scorgere altro che lo stabile che è
o dovrebbe essere il laboratorio per lo studio e la coltivazione sperimentale
dell'orzo. Forse mi ripeto se dico che non so come sia fatto un campo
sperimentale di orzo, ma terra arida e sterpaglia non mi sembra quello che
si possa definire un successo eclatante! Sempre che questa debba essere
una coltivazione sperimentale di orzo australiano.
Cammino per un po' cercando altri punti di osservazione dai quali magari
carpire qualche altra utile informazione. L'unica cosa che vedo è che di
verdi piantine non se ne vede neanche l'ombra, ma in compenso tutto è
recintato e presidiato come se fosse una base militare.
La ricerca scientifica ad alto livello probabilmente è una pratica molto
pericolosa.
--Di ritorno dalla mia gita fuori porta le idee non mi si sono schiarite molto.
Non riesco a collegare con certezza l'omicidio di Stuart al suo lavoro, a
quello che avrebbe scoperto ed eventualmente a quello stabile nel deserto.
Non so chi l'abbia ucciso, ma so per certo che sono gli stessi che mi hanno
incastrato. Escludendo in partenza problemi nella sua vita privata non mi
resta che il suo lavoro.
Sempre che non avesse una doppia vita di cui non ero a conoscenza.
81
Forse c'entrano i lavori della commissione a cui lavorava e, visto i suoi
appunti, nello specifico i finanziamenti a questi laboratori di coltivazione
sperimentazione. Magari aveva scoperto un giro di tangenti per
aggiudicarsi dei fondi pubblici.
Però sarebbe veramente squallido uccidere qualcuno solo per aver
intascato quattro miseri dollari!
A questo punto però non mi rimangono altri indizi.
I genitori di Stuart non devono essere coinvolti per nessuna ragione in
questa storia, visto quello che hanno già passato.
Magari potrei farmi riconoscere in giro, smuovere le acque in modo che chi
ha provato ad uccidermi e poi ad incastrarmi si rifaccia vivo: li faccio
arrestare, mi faccio scagionare e tutto si risolve! Se riesco a superare lo
scoglio iniziale e non farmi ammazzare subito, potrebbe anche essere un
ottimo piano.
D'altro canto l'idea di ritornare in carcere o peggio ancora in fondo al mare
mi terrorizza.
Devo trovare un'altra soluzione!
--La prima idea che mi viene, anche l'unica per dirla tutta, è quella di
provare a chiamare il vecchio numero di telefono dell'ufficio di Stuart.
Magari se riesco a parlare con qualcuno, accennando ai documenti che ho
trovato tra le sue carte, potrei farmi fissare un appuntamento e scucirgli
qualche mezza informazione.
Non ho il telefono nell'appartamento e quindi sono costretto a chiamare da
una cabina telefonica. Forse è anche un bene visto che così non potranno
rintracciarmi e trovare dove abito.
Scendo in strada e mi faccio due passi. Dopo un paio di isolati decido che è
il momento di darsi da fare. Mi infilo nella cabina del telefono e compongo
il numero dell'ufficio di Stuart.
-"Buongiorno. Vorrei parlare con qualcuno dell'ufficio di Stuart Mitchell,
me lo può passare?"
-"Con chi vorrebbe parlare mi scusi?"
-"Con qualcuno dell'ufficio di Stuart Mitchell, sono un amico."
-"Chi le ha dato questo numero?"
-"Lui stesso, un po' di tempo fa. C'è qualche problema?
-" Questo non è più l'ufficio di Stuart Mitchell."
-"Si lo so che è morto, ma ho bisogno di parlare con qualcuno del suo
ufficio."
82
-"Può attendere in linea un istante, per favore?"
-"Certo."
Dopo due interminabili minuti di attesa la mia perseveranza viene
premiata.
-"Buongiorno. Sono il signor Jones."
Cominciamo bene.
-"Sono il responsabile di questo ufficio."
-"Lei invece chi è?"
-"Un amico di Stuart."
-"Un amico?"
-"Si. Le sembrerà una telefonata senza motivo. Ma il fatto è che non sapevo
a chi rivolgermi. Frugando a casa mia ho trovato della roba che dovrebbe
essere stata di Stuart e che mi sembra riguardi il lavoro che faceva. Non ci
capisco molto, ci sono dei nomi, indirizzi, numeri di telefono. E così ho
deciso di chiamarvi, pensando che magari a qualcuno avrebbe potuto
interessare. Spero di aver trovato la persona giusta."
-"Potrebbe interessarci. Dopo la morte di Stuart e dei suoi colleghi il suo
lavoro è rimasto un po' in sospeso; altri lo stanno facendo ma non si sa se
stanno seguendo esattamente il suo operato" – risponde il mio
interlocutore –"Adesso lei mi sta dicendo che ha trovato questi documenti.
Magari non sono niente di importante, ma non si può mai sapere. Ha fatto
bene a chiamarci."
-"Spero proprio che vi possano essere di aiuto. Io no ci capisco niente: ci
sono un mucchio di cifre evidenziate, di nomi" – spero che si stia
incuriosendo e spero anche che mi consideri uno sprovveduto visto che gli
sto fornendo tutti questi dettagli -"Quando potremmo vederci? Potrei
passare da lei in ufficio anche oggi."
-"Oggi no, non è possibile. Sono molto impegnato in questi giorni e mi
sarebbe quasi impossibile incontrarci in ufficio. Che ne dice se ci vediamo
domani verso l'una. Possiamo vederci durante la pausa pranzo."
-"Certo."
Mi sembra di capire che non vuole che ci incontriamo in ufficio. Chissà
perché. Potrei essere così fortunato da aver trovato qualcuno coinvolto in
questa faccenda e che abbia pure la coscienza sporca.
-"Domani al bar all'incrocio tra Barrow street e Camden street alle quattro.
Lo conosce?"
-"Lo troverò"
-"Ha detto ad altri che ha dei documenti di Stuart?"
-"No, me li sono trovati in casa sotto una montagna di scatoloni e ho
pensato SUBITO di farli avere alle persone GIUSTE."
-"Ha fatto bene."
83
-"Come farò a riconoscerla?"
-"Mi siederò al bar e terrò un giornale arrotolato sopra il tavolo."
-"Ci vediamo domani."
Riaggancio.
Non so se sto facendo la cosa giusta. Far sapere in giro che ho dei
documenti di Stuart collegati al suo lavoro e a quello a cui stava lavorando
o indagando, mi sembra come correre davanti ad un toro con un cartello
sulla schiena con scritto "Provaci se hai coraggio".
Ho due possibilità: che questo tizio sappia qualcosa e stesse dalla parte di
Stuart e non vuole correre dei rischi, oppure che sia invischiato nei
probabili loschi affari che Stuart magari stava smascherando e cerchi di
eliminare le tracce residue che non sono riusciti a cancellare.
Se non è dalla mia parte almeno non corro il pericolo che mi uccida in
pubblico. In ogni caso devo cercare di scoprire quanto più possibile da
questo tizio senza sbilanciarmi troppo.
--Più penso a questa storia e più penso io stia facendo un grosso sbaglio. Già
sono finito in galera senza averne colpa (il tizio è effettivamente morto, ma
è stato un incidente) e adesso dopo aver riconquistato la libertà mi ricaccio
in guai di proporzioni bibliche. Continuo a non trovarla una splendida
idea!
D'altra parte non posso neanche fare finta di non sapere che Stuart è stato
ucciso. E ho anche il sospetto che la possibilità di avere un futuro sia
strettamente legato alla mia capacità di scoprire cosa sia realmente
successo.
Continuo a pensare che non sarà facile trovare le prove che il tizio morto
stava tentando di uccidermi, mandato dalle stesse persone che forse hanno
ucciso Stuart.
Per adesso mi devo concentrare sull'incontro con questo tipo.
84
J 3
Passo tutta la giornata a pensare ad una alternativa al mio piano
ingegnoso. Sono veramente a corto di idee geniali, anche se non posso dire
di averne avute molte definibili tali.
Evito di uscire di casa e di contattare i genitori di Stuart per paura di farmi
scoprire prima dell'appuntamento. Inoltre mi devo far venire in mente
qualcosa da raccontargli quando sarò al bar. Devo sembrare abbastanza
credibile e allo stesso tempo fesso! Penso che riuscirò ottimamente nella
seconda cosa, visto il modo in cui sto conducendo tutto questo affare.
Devo anche escogitare qualcosa per controllare la scena dell'incontro e per
non farmi seguire dopo.
Devo valutare da lontano il bar, eventuali punti di fuga, presenze sospette:
nulla deve essere lasciato al caso.
Mi ritrovo nascosto dietro il muro di un palazzo ad osservare della gente
seduta ad un bar a chiacchierare. Sono arrivato con un discreto anticipo
per osservare la situazione. Dubito però che se anche ci fosse gente
interessata al mio appuntamento me ne potrei accorgere. Comunque non
ho notato nessuna macchina parcheggiata con dentro gente che fa finta di
leggere il giornale o finti venditori ambulanti di hot dog.
Dopo aver esaurito gli stereotipi di agenti in incognito mi sento
stoltamente al sicuro.
Un uomo si siede ad un tavolino del bar. L'ora è quella prestabilita, posa
sul tavolo qualcosa, ma sono troppo distante per capire se ha appoggiato il
giornale arrotolato. Attraverso la strada e mi avvicino, nel frattempo riesco
a vedere il giornale e mi siedo anch'io.
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-"Presumo che ci siamo sentiti ieri al telefono?" – gli chiedo.
-"Si. Sono Jones, ma lei non mi ha detto il suo nome."
-"Mi chiamo Albert" – visto che il suo è un nome falso (chi può chiamarsi
Jones), perché non dovrei darne uno anch'io – "Lei conosceva Stuart?"
-"No, non ero nel suo ufficio. Ma da quando è morto i compiti sono stati
ridistribuiti e adesso io seguo un po' le sue orme. Magari i documenti che
ha trovato mi aiuteranno a portare avanti il lavoro in modo migliore, come
avrebbe voluto Stuart. Li ha qui con lei?"
-"No, mi dispiace. Ma di cosa si occupava di preciso?"
-"In verità un lavoro un po' noioso: si occupava dell'analisi dei
finanziamenti assegnati dalle varie commissioni ministeriali."
-"Non è un lavoro stimolante, allora."
-"Non molto. Ma … lei era un suo amico?"
-"Si, dopo la sua morte i suoi genitori ci avevano detto di andare a
prendere le sue cose nel suo appartamento. Si vede che poi alcuni scatoloni
sono rimasti da me."
Mi sa che questa non dovevo dirgliela. Adesso penseranno che potrebbe
essere rimasto qualcosa di importante anche in casa dei genitori di Stuart!
-"Quando pensa di farmi avere questi documenti?"
-"Quando vuole. Se ha tempo potrei passare anche oggi pomeriggio nel
suo ufficio."
-"Purtroppo oggi sono in riunione."
-"Potremmo vederci qui domani?"
-"Ok" – poi guarda l'orologio –"si è fatto tardi. Devo proprio andare. E'
stato un piacere conoscerla, Albert."
-"Anche per me, signor Jones."
Con questo il nostro incontro termina. Spero di aver dato l'impressione di
essere totalmente all'oscuro di qualsiasi cosa. Mi preoccupo di più per
l'incolumità dei genitori di Stuart. Non dovevo proprio farmi sfuggire la
storia dell'appartamento.
--Oggi pomeriggio, dopo l'appuntamento al bar. Un luogo non precisato. Il
signor Jones parla con altre persone.
-"Oggi il signor Jones ha incontrato quel tizio che ha detto di essere un
amico di Stuart. Ha detto anche di avere dei documenti riguardanti il suo
lavoro. Sembra che non ne sappia nulla. Conviene eliminarlo dopo che ce li
avrà consegnati. Potrebbe averli nascosti e non li ritroveremo mai. Spero
che siate riusciti a scoprire dove abita."
-"E’ stato facile."
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-"Dopo l'appuntamento di domani lo seguirete fino a casa. Purtroppo avrà
un incidente domestico. Fate voi, siate creativi. Dopo dovrete anche fare un
giro a casa dei genitori di Stuart. Quel tizio ha detto che hanno portato via
delle cose dall'appartamento di Stuart, probabilmente prima che venisse
ripulito e che scoppiasse quell'incendio. Potrebbero essere rimaste delle
tracce. Finiamo il lavoro che abbiamo iniziato l'anno scorso. E tutto
chiaro?"
-"Si."
-"Per qualsiasi contrattempo nell’operazione dovete riferire al signor Jones,
immediatamente."
87
J 2
Me ne ritorno in appartamento, cercando comicamente di non farmi
seguire da possibili malintenzionati.
Non sono sicuro di avere raggiunto esattamente quello che mi prefissavo
con questo appuntamento: volevo scoprire qualcosa di più o almeno
smuovere un po’ le acque. Questo signor Jones non mi ha detto nulla di
quello che sa, o penso possa sapere. Invece lui sa che adesso esisto e se è
coinvolto nell’omicidio di Stuart questo non fa altro che aggravare la mia
posizione e forse anche quella dei suoi genitori. Decisamente ho smosso le
acque, ma adesso la situazione assomiglia più ad una mareggiata!
Sono stato uno stupido a pensare di poterne ricavare qualcosa di buono. Se
l’hanno fatta franca per tutto questo tempo, io sono solo uno stupido
contrattempo da risolvere il più presto possibile.
Passeggio nelle stanze vuote dell’appartamento in cerca di ispirazione e di
una via di uscita. Forse prima di telefonare non ho passeggiato a
sufficienza, se sono riuscito a partorire un piano simile.
A questo punto però mi serve una via di uscita. Potrei scappare da qua,
tanto io non dovrei essere da queste parti, far perdere le mie tracce, magari
definitivamente … resta il problema dei genitori di Stuart. Se non mi
dovessi presentare all’appuntamento, potrebbero pensare di far loro visita.
Sarebbe un bel guaio.
Potrei presentarmi all’appuntamento e consegnargli i documenti,
riferendogli che i genitori di Stuart mi hanno confermato che non hanno
conservato alcun documento collegato al suo lavoro.
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Questo potrebbe convincerli che io potrei essere l’unica persona che si fa
domande indiscrete sulla morte "accidentale" di Stuart e che possono
tranquillamente indirizzare la loro attenzione su di me.
Questo sviluppo non è confortante e rassicurante sul mio immediato
futuro.
Mi dispiacerebbe molto rimanerci secco dopo tutto quello che ho passato.
Ogni tanto guardo fuori dalla finestra con fare circospetto per vedere se c’è
qualche losco figuro appostato in strada, ma spiare dalle finestre senza
tende è difficile e incredibilmente comico. Ti devi avvicinare alla finestra,
strisciando fin sotto al davanzale, poi ti devi sollevare lentamente finché
non riesci a sporgerti con un occhio per guardare fuori. E' faticoso essere
pedinato, o pensare di esserlo.
Le ore passano e ormai si è fatta sera. Mi è passata la fame e penso che mi
passerà anche il sonno. Sto ancora pensando ai possibili scenari che si
apriranno domani, a quello che potrebbe succedere e a cosa farò per non
fare una brutta fine.
89
J 1
Mi sveglio alla mattina presto e non mi sento affatto riposato. Non ho un
piano preciso e sono sempre più convinto che questo tizio decisamente
non sia dalla mia parte!
Ma a questo punto devo andare fino in fondo. Gli porterò i documenti, ma
prima devo farne una copia.
Visto che ormai i casini che potevo combinare li ho combinati, mi sa che
non fa più molta differenza se mi nascondo oppure no. Non so trovare il
male maggiore tra il farmi scoprire da questi farabutti oppure farmi
beccare dalla polizia come evaso.
Me ne frego di tutto e vado a farmi una bella colazione nel bar che ho visto
qui vicino: caffè caldo e delle ciambelle mi traghetteranno verso un mondo
migliore. Lungo la strada troverò anche qualcuno che mi faccia le fotocopie
dei documenti di Stuart.
---"Questi sono i documenti di Stuart che ha trovato a casa sua?"
-"Si, non ce n’erano altri. Ho chiesto anche ai suoi genitori e me lo hanno
confermato."
-"Li ha visti di recente?"
-"No … li ho sentiti per telefono."
-"Questi sono gli originali."
-"Si."
-"Non ne ha fatto delle copie?"
-"E perché? Non ci capisco niente. Per me non hanno alcun valore."
90
-"Bene. La terrò informato, se riesco a scoprire qualcosa. Posso chiamarla?"
-"Non ho il telefono."
-"Ma prima ha detto che ha telefonato ai genitori di Stuart."
-"Si … li ho chiamati da una cabina … ho cambiato casa da poco e non ho
ancora il telefono … la chiamo io tra qualche giorno. Potremmo incontrarci
qui, che ne dice?"
-"Certo, ci rivedremo presto."
-"Ah … mi scusi, signor Jones. Una domanda. Ma secondo lei nella morte
di Stuart non c’è qualcosa di strano?"
-"Cosa vorrebbe dire. Stuart è stato ucciso in casa sua durante un tentativo
di furto da un rapinatore tossicodipendente, che poi è stato trovato morto
con l’arma addosso. Cosa c’entra il suo lavoro?"
-"Non avevo detto questo. Addio, signor Jones."
Me ne vado con la consapevolezza che questo tizio è coinvolto nella morte
di Stuart e che sono a questo punto in un mare di guai!
Mi allontano dal bar con passo deciso, ripensando alle sue parole: è stato
ucciso da un drogato durante una rapina. Questa è la versione ufficiale dei
fatti. La versione ufficiosa dei fatti, la mia versione dice invece che
qualcuno è entrato in casa sua, l’ha ucciso, ha simulato il furto e poi ha
incastrato il primo tossico che ha trovato per strada.
Io l’ho visto e purtroppo non sono riuscito ad avvertirlo quella sera.
Potevo salvarlo e non l’ho fatto. Potevo scoprire chi ha ordito tutta questa
storia e non ci sono riuscito.
Un fallimento su tutta la linea. E per chiudere in bellezza mi farò
ammazzare!
--Mi trovo sul pianerottolo davanti alla porta dell'appartamento. Infilo la
chiave nella serratura e afferro la maniglia per aprire. Per un secondo,
forse due, la mano mi si blocca in uno spasmo, il braccio si irrigidisce e
nella mia mente compare un'immagine: mi trovo al buio, ma sono accecato
e due "voci" mi minacciano. La visione scompare immediatamente quando
apro la porta.
Arranco fino al tavolino dove dovrei aver lasciato la torcia elettrica,
preoccupato e perplesso, come sempre dopo queste visioni foriere di guai e
disgrazie.
-"Ma dove ho messo quella stramaledetta torcia!"
-"Sta cercando questa?"
91
Un fascio di luce mi viene puntato sugli occhi e come un riccio in mezzo
alla strada mi blocco ipnotizzato.
-"Ma che …?"
-"Era ora che arrivassi, ti stiamo aspettando da un po’."
Due uomini stanno in piedi in mezzo alla stanza: uno ha la torcia elettrica
in mano, tutti i due hanno una pistola.
-"Ma come avete fatto a … ma tanto che ve lo chiedo a fare."
-"Penso anch’io che non abbia molta importanza."
-"Cosa volete da me?"
-"Non lo immagini?"
-"Una visita di cortesia è da escludere."
-"Dobbiamo eliminarti. Hai sbagliato a farti vivo, dovevi continuare a farti
gli affari tuoi."
-"Volete veramente uccidermi!"
-"Si."
-"Ma non so niente! Io ho solo dato dei pezzi di carta ad un tizio e basta!"
-"Potrebbe anche essere vero … ma a questo punto non possiamo correre
rischi. Dobbiamo concludere il lavoro … e magari domani faremo una
visita anche ai genitori del tuo amico."
-"No!! Non potete. Loro non c’entrano, non sanno niente, non dovete fargli
del male!"
-"Non gli faremo del male, te lo prometto. Non sentiranno niente."
-"No!"
-"Amico, non ti scaldare, ok? Non farti venire strane idee."
-"Non potete farlo … ."
-"Questo ce lo hai già detto, ma … ."
-"Non potete, altrimenti … altrimenti non vi dirò dove ho messo le copie
dei documenti che ho consegnato oggi."
-"Copie? Avresti fatto delle copie. Questo non ce l’avevano detto. Delle
copie, eh?"
-"Si. E si mi uccidete potrebbero finire a qualcuno che potrebbe scoprire
cosa nascondete!"
-"Stai mentendo, stai solo tentando di salvarti le chiappe!"
-"Ne siete proprio sicuri, potete permettervi di rischiare?"
Potrebbe funzionare. Ho effettivamente fatto delle copie e le ho lasciate in
una cassetta portabagagli della stazione dei treni. Se non pensano di
perquisirmi potrebbero anche non trovare la chiave.
Intanto che i due stanno confabulando tra di loro, sto cercando di pensare
alla svelta per farmi venire un’altra splendida idea che possa prolungare la
mia vita di un altro quarto d’ora.
92
-"Hai fatto delle copie. Hai fatto una cosa molto stupida. E dove le avresti
messe?"
-"E pensi che te lo dica così? Così poi mi ammazzi."
-"Mi stai facendo innervosire. Dimmi dove hai messo le copie o ti sparo lì
dove ti trovi!"
-"Aspetta! Io non ce le ho più. Le ho spedite!"
-"Spedite? A chi, come?"
Bella domanda, adesso si che mi devo inventare qualcosa.
-"Li ho spediti per posta."
-"E a chi?"
-"A me stesso."
-"Questo ci sta prendendo per il culo. Ammazziamolo subito, anche senza
farlo sembrare un incidente."
-"Il tuo collega mi sembra alquanto precipitoso. Non vi sto raccontando
balle. Il destinatario delle buste sono io, ma l’indirizzo è sbagliato. Le ho
mandate ai quattro angoli dell’Australia, con un indirizzo inesistente.
Quando arriveranno in quelle città se ne accorgeranno e le rispediranno
indietro … ."
-"E noi saremo qui ad aspettarle, dov’è il problema, babbeo!"
-"Il problema, il vostro problema, è che i mittenti che ho indicato sulla
busta sono tre dei maggiori giornali della città. E indovinate a chi
recapiteranno le buste al ritorno?"
Li ho colti di sorpresa. La storia sembra reggere e me ne stupisco anch’io!
Però potrei rincarare la dose.
-"Se invece non mi uccidete e non toccate neanche i genitori di Stuart,
chiamerò i giornali dicendogli che mi sono sbagliato, che è stato tutto uno
scherzo, mi inventerò qualcosa."
-"Sembra che la cosa si stia complicando. Forse ti sei assicurato ancora
qualche minuto di vita."
-"Chiama il signor Jones e digli che ci sono delle complicazioni" – dice uno
dei due all'altro.
-"Chiamo il signor Jones."
Lo chiama con il cellulare e gli racconta tutta la storia, mentre il suo
compare non mi perde di vista un momento, minacciandomi sempre con la
pistola.
-"Sta venendo qui. Il signor Jones sta arrivando."
Speravo di dover trattare solo con questi due loschi figuri, ma adesso la
situazione si complica.
-"Posso sedermi?"
-"Si."
93
Mentre uno dei due guarda fuori dalla finestra l'altro si guarda un po' in
giro.
-"Ti sei proprio sistemato bene qui. L'arredamento è un po' scarno …
almeno avessi la televisione."
-"Mi dispiace proprio."
Questi due non sono molto di compagnia. Nei dieci minuti che aspettiamo
non hanno aperto bocca, neanche tra di loro.
Poi bussano alla porta. I due tizi scattano in piedi e mi fanno cenno di
andare a vedere chi è. Finché guardo dalla spioncino uno è nascosto nella
stanza con la torcia elettrica e l'altro mi punta una pistola alla schiena.
-"E' il signor Jones, apro?"
-"Aspetta, guardo anch'io."
-"Ok, apri e non fare mosse avventate."
La luce del pianerottolo illumina la scena
-"Signor Jones, ci si rivede. Che sorpresa. Non aveva degli impegni di
lavoro, immagino. O questo è il suo lavoro. Ma che maleducato, si
accomodi."
Adesso ci troviamo tutti e quattro in casa uno di fronte all'altro.
-"Lei sta complicando le cose, Albert."
-"Mi creda se le dico che non sono affatto dispiaciuto."
-"Dovrebbe. Ci sta causando non pochi fastidi."
-"Non considero la mia vita un fastidio."
-"Lei avrebbe fatto stupidamente delle copie dei documenti che mi ha
consegnato oggi e le avrebbe spedite per posta a dei giornali. Molto
interessante. A me sembra una trovata da film, a dir la verità. Ma
immagino che non abbiamo la possibilità di esserne assolutamente certi,
non è vero?"
-"Ha indovinato. La mia vita e quella dei genitori di Stuart per la certezza
che quei documenti resteranno nelle mie mani, finché vivremo. Le sembra
una proposta equa?"
-"Lei pensa che quei documenti rappresentino un rischio per noi?"
-"Penso di si, altrimenti lei non sarebbe qui, non è vero?"
-"Lei non ha idea in cosa si sia cacciato. Aspettatemi qui" – dice agli atri
due andando verso l'altra stanza alle loro spalle – "devo fare una
telefonata."
-"Ok."
Forse ho una piccola speranza di cavarmela.
Quando però il signor Jones rientra la situazione precipita. Anche con la
luce fioca della torcia intravedo la pistola che tiene in mano. Io lo vedo
subito appena entra e resto impietrito aspettando la fine, mentre gli altri
due si voltano dopo un paio di secondi. Secondi fatali, ma non per me. Il
94
signor Jones spara a tutti e due in testa senza neanche aprire bocca: non ha
lasciato loro neanche il tempo di rendersene conto.
-"No! Non mi uccida!"
-"Non faccia l'idiota! Perché dovrei ucciderla dopo aver ucciso questi due?
Non le sembra un po' privo di logica?"
-"Logica? Mi parla di logica dopo questa serata? Ma perché non mi
uccide?"
-"Mi sembra dispiaciuto di questo fatto, ma non posso accontentarla."
-"Al diavolo, non ci capisco più niente! Prima mi incastra, poi mi manda
questi due per uccidermi. E adesso mi salva uccidendoli! Perché mi sta
salvando, vero?"
-"Si, la sto salvando. E mi dispiace dirlo, ma si è incastrato da solo. Adesso
se permette dovrei fare un'altra telefonata."
-"Non è che poi ritorna qua e sforacchia anche me!"
Questa volta non si allontana per telefonare.
-"Tutto a posto. Li ho eliminati. Mandate una squadra di pulizia. Noi ce ne
andiamo. Dite al capo che rientreremo tra un paio d'ore."
-"Dobbiamo andarcene. Adesso."
-"Ma ha detto che arriverà la polizia."
-"Ho detto "pulizia", non polizia. Ma adesso non c'è tempo per le
spiegazioni."
-"Ecco, spiegazioni. Proprio quello di cui avrei bisogno, oltre ad un cuore
nuovo, visto che mi sta venendo un infarto."
-"Non sta avendo un infarto e se non si muove le sparo davvero."
-"E lasciamo tutto qua?"
-"Tutto? Intende i piatti di plastica e la torcia elettrica?"
-"Viaggio leggero di solito. No! Intendevo i morti!"
-"Si. Le spiegazioni a tempo debito. Prima ce ne andiamo di qui e meglio è,
Jason."
-"Come mi ha chiamato?"
-"Jason, non è il suo nome?"
-"Si, ma … ."
-"Andiamo."
-"Mi tolga una curiosità. Ha spedito veramente copie dei documenti per
posta? E' vera tutta quella storia?"
-"No, me la sono inventata. Ma una copia dei documenti l'ho fatta
veramente."
-"Lo immaginavo."
-"Perché sta facendo tutto questo. Non capisco. E come fa a sapere come mi
chiamo."
95
-"Si fidi. Due persone sono state uccise nel suo appartamento, lei è evaso di
prigione" - e la mia faccia assume una espressione ancora più sbigottita –
"Non ha niente da perdere."
-"Non mi muovo finché non mi dice cosa sta succedendo."
-"Non le conviene e questo lo sa bene. Lei mi seguirà senza fare storie."
-"E i genitori di Stuart?"
-"Saranno al sicuro. Questa notte questa storia finirà."
Sono confuso! Ma non sono morto. In balia degli eventi mi lascio alle spalle
due cadaveri e una montagna di dubbi, dopo essere stato salvato da quello
che doveva essere il mio peggiore nemico.
Ho decisamente bisogno di approfondite spiegazioni.
Sotto casa ci aspetta una macchina con il motore acceso ed un autista.
Smetto di far domande e aspetto di vedere cosa ne sarà della mia vita,
pensando che non potrà essere peggio di quello che ho già passato.
Ma questo lo avevo già detto in un altro frangente tempo fa.
Mi ritrovo seduto su una poltrona di un jet privato che ci stava aspettando
sulla pista di decollo. Nessuno fa domande, tutti sanno esattamente cosa
fare … a parte me.
-"Che ora è? Me lo può dire?"
-"Le nove e mezzo, perché?"
-"Niente. Stavo pensando che quest'ora non la scorderò molto facilmente."
-"Si riposi, ne ha bisogno. Domani sarà una giornata importante."
Per un momento mi viene l'istinto di chiedergli spiegazioni, ma mi manca
la forza. Appoggio la testa sullo schienale sperando di dormire un po',
sperando di risvegliarmi.
96
J 0
La mattina dopo mi sveglio in quella che sembra una camera d'albergo. Mi
sembra di ricordare di esserci arrivato, ma non mi ricordo bene come. La
serata di ieri adesso mi sembra un sogno.
Quasi spero che sia stato tutto un sogno.
Ma mi sento meglio, riposato.
Non so che ora sia. Apro la finestra per vedere il Sole e il calore che mi
riscalda il viso mi dice che sono vivo.
Su una sedia ci sono dei vestiti puliti e della biancheria. Spero di essermi
svestito da solo ieri notte! Sul comodino c'è un giornale.
Mi faccio una doccia, sperando di lavare via oltre allo sporco anche i brutti
ricordi.
La vita è migliore con della biancheria pulita addosso, lo diceva mia
madre.
Mi sdraio sul letto e prendo il giornale che avevo visto prima. Controllo la
data per essere sicuro di non dover rivivere la giornata di ieri e trovo la
prima delle tante sorprese che mi sarebbero aspettate oggi.
"Smascherata truffa ai danni dello Stato … Con i soldi dello Stato, sottratti
indebitamente, venivano finanziati traffici illeciti … Catturati tutti i
colpevoli … politici e militari … E' stato risolto anche il mistero della morte
di Stuart M., che con il suo lavoro ha contribuito a portare alla luce … era
stato ucciso perché aveva scoperto troppo …"
Questi sono solo dei pezzi dell'articolo in prima pagina. Ma bastano. Mi
bastano. Devo solo scoprire chi ringraziare, visto che non penso
assolutamente sia merito mio.
97
Resto disteso sul letto a meditare sugli ultimi giorni della mia vita e arrivo
alla conclusione che sia meglio che mi goda il presente. Anche se il futuro
non mi si prospetta così limpido.
Il panorama che godo dalla finestra dell'albergo è molto bello, anche se
preferisco il mare alla città. Mi devo comunque accontentare visto che la
porta della mia stanza è chiusa a chiave.
Dopo circa mezz'ora dal mio risveglio arriva la colazione, accompagnata
da un cameriere e dal signor Jones.
-"Buongiorno."
-"Buongiorno. Ho pensato che avrebbe gradito la colazione."
-"Un pensiero gentile. Non è che ha anche pensato che forse gradirei delle
spiegazioni?"
-"Può andare" – dice il signor Jones rivolgendosi al cameriere.
-"Le spiegazioni le sono dovute, ma a tempo debito. Oggi pomeriggio.
Adesso lei si deve riposare, mangiare qualcosa, ristabilirsi e soprattutto
pensare alla sua vita. In particolar modo a quello che ha passato, ai rischi
che ha corso e a quello che le aspetta d'ora in poi. Pensi a quello che ha
perso e a quello che ha da perdere. Oggi pomeriggio lei incontrerà una
persona e dovrà avere le idee chiare. Arrivederci."
Non sono riuscito ad aprire bocca se non dopo che se ne è andato.
Ma il suo discorso mi ha fatto pensare. Devo necessariamente fare il punto
della situazione, indipendentemente da quello che mi diranno oggi
pomeriggio.
--Dopo aver consumato il pranzo che mi hanno portato e dopo essermi
vestito, mi siedo sulla poltrona a fissare la porta di ingresso in attesa del
fantomatico signor Jones e delle sue risposte.
Le mie attese non sono deluse e nel momento in cui si apre la porta tiro un
grosso respiro per darmi coraggio.
-"Vedo che è già pronto. Bene. andiamo."
Non faccio domande, tanto so che non otterrei delle risposte.
Saliamo in una macchina che ci aspetta all'uscita dell'albergo. Osservo la
città scorrere dai finestrini oscurati e mi infonde un certo senso di
sicurezza: poter osservare senza essere visti, scoperti.
Ci fermiamo davanti ad un ristorante, un bel ristorante.
-"Io ho già mangiato."
-"Non siamo qui per mangiare. Andiamo."
Perché faccio certe domande.
Il maitre ci accompagna ad un tavolo riservato, discretamente appartato.
98
Una sig.ra ci sta aspettando seduta al tavolo: vestito elegante, trucco
sobrio, sguardo deciso. Qualche tavolino più in là ci sono due tizi seduti
che ci stanno fissando e penso facciano parte dell'allegro ritrovo.
-"Prego" – dice rivolgendosi a me.
-"Grazie … ci venite spesso qui? Sa, lo chiedo tanto per sapere, per fare un
po' di conversazione."
-"Non molto spesso."
-"Accidenti, finalmente qualcuno che ha risposto ad una mia domanda. Di
questi tempi è una rarità."
-"Lei ha tutti i motivi per essere risentito, per quanto la situazione in cui si
trova adesso sia frutto delle sue scellerate azioni."
-"Questo è indubbio. Che ne dite se cominciamo con le presentazioni … ."
-"Lei si chiama Jason Patricks, lui è il signor Jones e io sono la sig.ra
Appleton."
-"Lui si chiama veramente Jones?" – gli dico mentre lo fisso esterrefatto.
-"Certo" – mi risponde lui.
-"Pensavo fosse un nome falso. Pensavo anche che lei volesse uccidermi.
Mi sembra di capire che voi sappiate molte cose di me e mi sembra allora il
momento che io sappia qualcosa di più di voi due, che ne dite?"
-"Ne ha tutti i diritti" – mi risponde la sig.ra Appleton.
-"Tanto per cominciare. Chi diavolo siete voi!"
-"Questo preferiremmo dirglielo tra un po'. Prima vorremmo ripercorrere
con lei gli ultimi avvenimenti e gli ultimi mesi della sua vita, se non le
dispiace."
-"Un po' si a dir la verità. Ma penso che non possa farne a meno."
-"Se vuole il signor Jones le rinfrescherà la memoria. Signor Jones, la
prego."
-"Si, signor Jones, mi parli della mia vita."
-"Sto andando a memoria" – inizia – "ma potrei sintetizzarla così. Lei
conduceva una vita normale, un lavoro normale, amici normali."
-"Non lo dica con questo tono però, grazie."
-"Ad un certo punto la sua vita ha avuto una brusca sterzata. E' stato
accusato di omicidio … ."
-"Ingiustamente."
-"E' stato accusato di omicidio, è stato condannato e spedito in carcere per
trent'anni. Poi è scomparso. Ad un certo punto è ritornato dall'oltretomba e
ha cominciato a fare domande e a cacciarsi nei guai. Ha rischiato di farsi
ammazzare e adesso si trova qui solo per merito nostro."
-"Ho veramente una vita meravigliosa. Grazie per questa panoramica
sconfortante. Grazie."
99
-"Sappiamo che lei aveva un amico, Stuart, che è morto. E' stato ucciso, per
essere precisi. Sappiamo che lei ha tentato di salvarlo ma non c'è riuscito.
Mi dica se sbaglio."
-"No" – questo però non doveva ricordarmelo.
-"Sappiamo anche chi era la gente che stava per ucciderla e penso abbia
letto i giornali di oggi, in base ai quali si sarà fatto una certa idea. Sono
stati anche trovati i colpevoli dell'omicidio del suo amico e questo
dimostra quanto avesse ragione ad accanirsi per scoprire la verità. O forse
lei già la conosceva. O sbaglio?"
Non sbaglia.
-"Al diavolo. Voi sapete un sacco di cose e io non so un bel niente. Non mi
volete dire chi siete. Per quanto ne possa sapere, potete essere della stessa
pasta di quella gentaglia."
-"E pensa che le staremmo parlando in questo ristorante di lusso se
volessimo ucciderla?"
-"OK. Per prima cosa vorrei sapere chi era quella gente. Perché hanno
ucciso Stuart. Come fate a sapere che avevo tentato di salvarlo. Come avete
fatto a salvarmi. E dove eravate quando Stuart è stato ucciso!"
-"Quella gente faceva parte di una organizzazione che stornava
finanziamenti pubblici per i loro loschi traffici: armi, droga, segreti
industriali, tangenti, il tutto mascherato da leciti stanziamenti alla ricerca
agricola sulle biotecnologie. Gli è andata bene finché qualcuno non si è
messo ad indagare su tutto questo. Stuart gli stava rovinando tutto e lo
hanno eliminato. Essendo senza scrupoli hanno pensato bene di fare
piazza pulita" – penso si riferisse ai suoi collaboratori – "e lei è rientrato
nella fase di "pulizia". Quando ha chiamato a casa di Stuart, lui era già
morto e qualcuno ha ascoltato il suo messaggio. L'hanno rintracciata e
hanno tentato di ucciderla. Lei però si è salvato, ma è stato accusato della
morte dell'uomo che l'avrebbe sicuramente uccisa. Quasi comico."
-"Sto morendo dalle risate. Ma se sapevate tutte queste cose, perché non
l'avete salvato! Maledizione!"
-"La situazione è degenerata rapidamente e il suo amico purtroppo era una
pedina sacrificabile" – mi dice il signor Jones.
Lo prendo per un braccio pensando seriamente di prenderlo a pugni, ma i
due energumeni mi fanno cenno che non è il caso.
La sig.ra Appleton non si scompone al mio scatto di rabbia.
-"La prego, signor Patricks. Si calmi. Lei non sa in che situazione si era
cacciato."
-"sig.ra, con tutto il rispetto, io so benissimo in che situazione mi ero e mi
sono cacciato!"
100
-"Sta di fatto che ieri sera abbiamo deciso di agire per salvarle la vita" –
risponde la sig.ra.
-"Cosa stavo dicendo … ."
-"Continuo io, signor Jones. Lei e il suo amico per noi eravate meno di
niente. Quella gente faceva parte di un piano più articolato e alla fine erano
solo delle pedine manovrate da qualcun altro. Lei si è condannato nel
momento in cui ha telefonato al suo amico. Ma allo stesso tempo ha gettato
le basi per la sua salvezza. Anche noi abbiamo ascoltato quella sua
telefonata disperata, ma purtroppo tardiva. Aveva detto al suo amico che
l'aveva "visto" in pericolo e che lui sapeva che doveva fidarsi delle sue
"visioni". Subito non abbiamo dato molta importanza a lei. Ma poi
abbiamo fatto delle ricerche, su di lei, sulla sua vita. E abbiamo scoperto
qualcosa che poteva essere interessante. Lei aveva visto il suo amico
morire. Lei aveva avuto una visione. E non era la prima volta. Mi dica se
sto sbagliando."
-"No. Non so come abbiate fatto a saperlo e mi sto anche preoccupando."
-"Lei ha un dono."
-"Un dono? Pensa sia una cosa divertente, utile?"
-"Non lo so, mi dica lei cos'è."
-"E perché?"
-"Pensi alla sua situazione. Lei è un evaso. Se la riprendono la rimettono in
galera e buttano via la chiave. Se non la riprendono, comunque non ha una
vita. Non le resta che nascondersi, privo di un'identità, di un lavoro, di una
vita. Se invece lei collaborerà la sua vita potrebbe migliorare. Non le
prometto una vita normale, ma pensi alle alternative."
Ad un tratto mi viene in mente quello che mi ha detto il signor Jones in
albergo "Pensi a quello che ha perso e a quello che ha da perdere". Non
aveva tutti torti.
-"Se si fida di noi, noi la aiuteremo. Le daremo del tempo per pensare e per
prendere una decisione."
-"Una cosa però mi sfugge. Che diavolo volete da me, da una pedina
sacrificabile! Non me lo avete ancora detto. Non so se ve ne siete resi
conto."
-"Vogliamo che ci racconti come ha fatto ad arrivare vivo fino ad oggi."
-"Tutto qua?"
-"Dopo la sua telefonata eravamo intenzionati a salvarla, ma ci hanno
battuti sul tempo" – continua la sig.ra Appleton – "poi quando la stavamo
per tirar fuori dal carcere l'hanno trasferita e abbiamo perso le sue tracce.
Quando ha telefonato all'ufficio di Stuart abbiamo intercettato la chiamata
e a qualcuno è venuta la splendida idea di incrociare la sua voce registrata
con le registrazioni che avevamo fatto all'epoca dell'omicidio. E bingo! Dal
101
cappello magico è uscito lei. Abbiamo colto l'occasione. Pensavamo e
pensiamo tuttora che il suo dono possa esserci d'aiuto."
-"Per fare cosa?"
-"Per aiutare il suo paese" – interviene il signor Jones.
-"La prego, signor Jones, non sia così patriottico!"
-"Ma voi due chi siete!"
-"Noi siamo delle persone che la ritengono una persona speciale e che la
vorrebbero aiutare."
-"Speciale? Per le mie visioni? State scherzando, vero? … Non state
scherzando. Ok, ragazzi. Da quel che mi ricordo, le ho sempre avute. Ma
non so dargli una spiegazione … mi succedono quando sono in pericolo o
è in pericolo qualcuno che mi è molto caro."
-"Come il suo amico Stuart?"
-"Già. Ma mi vengono qualche istante prima che il fatto accada o molto
tempo prima a seconda della loro chiarezza e non le so controllare."
-"O forse non ha mai tentato" – risponde la sig.ra Appleton – "Mi racconti
come ha fatto ad arrivare fin qui dal carcere in cui l'avevano rinchiusa."
-"Mi hanno trasferito da un'altra parte, in segreto. Maledizione, mi hanno
sbattuto in fondo al mare!"
-"Come scusi?"
-"Qualcuno si è preso la briga di costruire una prigione in fondo all'Oceano
Indiano e di infilarmici. E non contenti hanno anche tentato di
coinvolgermi in qualche sadico esperimento genetico. Le mie visioni sono
riuscite ad avvertirmi quel tanto che è bastato a farmi salvare la pelle. Poi
sono riuscito a scappare e dopo un po' ho fatto ritorno in Australia. Ed
eccomi qua."
Li ho lasciati un po' perplessi.
-"E c'era altra gente con lei?" – chiede il signor Jones.
-"Ovvio."
-"E che fine hanno fatto?"
-"Per quanto ne so, sono ancora tutti la sotto."
E al solo pensiero rabbrividisco.
-"Non ne eravate a conoscenza?"
-"No."
-"Ha qualche prova della sua esistenza?" – chiede il signor Jones.
-"Sono sbarcato da un sottomarino, dopo averla lasciata: non mi servono
altre prove."
-"Non saprebbe localizzarla, vero?"
-"No, purtroppo. Sono sbarcato a Mumbay e quindi deve trovarsi nel tratto
di mare che gli sta di fronte. Non so altro."
102
-"Per ora può bastare. Ci darà altre informazioni, se sarà il caso. E sarà
sicuramente il caso. Ma a tempo debito. Adesso invece le chiedo di
esaminare attentamente l'offerta che le sto per fare. Noi pensiamo lei abbia
un grosso potenziale che al momento non sta sfruttando: sto parlando
naturalmente del suo potere di preveggenza. Lei potrebbe essere definito
un "cumbo", ma questo lei lo sa già. In lei scorre sangue aborigeno.
Probabilmente suo padre era lui stesso un cumbo e lei essendo un mezzo
sangue ha ereditato questo potere, ma solamente ad un livello inconscio.
Badi bene che sto facendo solo delle supposizioni."
-"E' esatto."
Continuano a stupirmi. Sanno cose che solo io so. Forse sanno cose che
neanche io so. E se dico loro che c'è un carcere in fondo al mare, che fanno?
Non battono ciglio e mi dicono che poi mi chiederanno i dettagli.
-"Adesso il suo dono è molto limitato ma potrebbe essere sviluppato. Noi
potremmo aiutarla a svilupparlo. Le ridaremo una vita, una nuova
identità. Il suo passato sarà cancellato. La sua fedina penale sarà un foglio
bianco. Lei non sarà mai esistito. In cambio le chiediamo di aiutarci nel
nostro lavoro. Non posso ancora dirle qual è il nostro lavoro, ma mi creda
quando le dico che noi siamo dalla parte dei buoni. Pensi a noi come uno
speciale corpo di polizia … ."
-"Siete agenti segreti?"
-"Molto di più."
--Sono di nuovo in albergo. Chiuso a chiave. A pensare.
Ho già cenato e sono sdraiato sul divano a guardarmi un po' di televisione.
Sanno un sacco di cose di me e le mie visioni. Accidenti!
Mi hanno salvato la vita. Ma non mi va giù che per i loro sporchi affari
abbiano lasciato morire Stuart. E adesso mi dicono che devo aiutarli, che
devo aiutare il mio paese! Ridicolo! Assurdo!
Mi guardo attorno, guardo fuori dalla finestra. Poi ripenso alla galera.
Penso che non ho neanche un soldo per comprarmi un panino, che non ho
un posto dove andare a dormire. Penso che non ho più una vita.
Loro mi offrono una nuova vita.
Ho tempo fino a domani a mezzogiorno per pensarci.
Un cameriere mi porta il pranzo e non mi chiede la mancia. Si vede così
tanto che non ho un centesimo?
Non mangio. Non ho fame. Me ne resto seduto a guardare i vassoi porta
vivande.
103
Però che profumo! Mi sta facendo venir fame. Alzo il coperchio e ci trovo
del roast beef, ne alzo un altro e trovo della pasta. Sto per prendere un
piatto vuoto da riempire quando la porta si apre. Ma nessuno bussa qui!
Afferro una fetta di carne e me la ficco in bocca. Mentre sto masticando
entra la sig.ra Appleton e il signor Jones.
-"Vedo che sta approfittando del servizio in camera. E' giusto, pagano i
contribuenti. Ha avuto tempo per pensare alla nostra proposta?" – mi
chiede la sig.ra Appleton.
-"Si."
-"Bene."
-"E la risposta?"
-"Accetto."
-"Ottimo."
FINE PRIMA PARTE
104
Watcher
105
W 1
-"Sono giorni che lei mi osserva come fossi un criceto in una gabbia di
vetro. Vuole che cominci a correre dentro una ruota? Mi vuole mettere in
un labirinto per vedere se imparo la strada per arrivare alla foglia di
lattuga? Mi viene il dubbio che se ci fosse un ragionevole margine di errore
mi aprirebbe il cranio per prendermi un pezzo di cervello e vedere se
parlerei lo stesso o passerei la mia vita a sbavare sul camice."
-"Si rilassi, signor Patricks."
-"Mi rilasso, mi rilasso. Passo le giornate in questa stanza, perché voi state
aspettando che mi venga una premonizione. Anche se vi ho già detto che
se non ci sono pericoli imminenti non mi vengono. Almeno che qualcuno
stia tentando di farmi morire di noia! Se aspettate un po', penso proprio
che domani ... no meglio dopo domani, aspetto il polpettone ... dopo
domani potrei suicidarmi! Ecco ho avuto una premonizione. Mi lasciate
uscire adesso!?"
-"Si rilassi, signor Patricks."
Ci rinuncio.
---"Mi portate a fare un giro. Grazie. Avevo proprio bisogno di prendere un
po' d'aria. Dove andiamo?"
-"Dove vuole, signor Patricks. Glielo avevamo promesso."
-"Un giro in centro. Una birra. Si potrà fare?"
-"Ma certo."
-"E' una giornata meravigliosa. Proprio una giornata meravigliosa."
106
-"La macchina è questa. Salga pure."
-"Grazie."
-"Possiamo partire. E' tutto a posto?"
-"Certo. Non penso di aver dimenticato qualcosa. Ah, i soldi. Beh, il primo
giro lo offrite voi, vero?"
Mi sembra che non mi stiano ascoltando. Forse non dovevo accennare alla
grana.
-"Esperimento fallito" - comunica uno dei due agenti alla radio.
-"Esperimento fallito? Cosa vuol dire ... "esperimento fallito"?"
-"Torniamo dentro."
-"Ma che storia è questa? E il mio giro in centro?"
-"Rimandato. Dobbiamo rientrare."
-"Mah ...? ... Ci rinuncio."
---"Non ci posso credere. Mi avete fatto credere di uscire, di farmi un giro.
Avete messo una bomba finta dentro alla macchina per scoprire se l'avrei
"vista"? Siete degli idioti. Io vedo solo i pericoli reali. Io vedo in qualche
modo il futuro, quello che potrebbe accadere realmente. Non ne posso più.
Voglio parlare con la sig.ra Appleton. Adesso."
-"Le faremo sapere."
---"Vedo che è in forma. Non la trattiamo male in fin dei conti."
-"Senta, sig.ra Appleton. Apprezzo il fatto che mi abbiate tirato fuori dai
casini, anche se per questo non ho più una vita mia. Ma adesso si esagera.
E' più di un mese che sono rinchiuso qui. Mi avete fatto qualsiasi tipo di
test, di esame medico, sono sano come un pesce; ma non riuscite a capire
come riesca a fare quello che so fare."
-"Lei capirà, Jason, che non possiamo affidarci al caso. I suoi compiti
comporteranno un certo grado di responsabilità; alcuni agenti metteranno
la loro vita nelle sue mani. E io non voglio andare ai funerali dei miei
agenti."
-"Cosa vuole che le dica. In me scorre sangue di un popolo che ha usato
questo dono per migliaia di anni. Essere un "cumbo" è un dono, o una
maledizione se non si riesce a controllarlo."
-"Io voglio che lei impari ad usare questo dono. Mi dica cosa possiamo
fare."
-"Mandatemi in missione."
107
-"E' escluso. Potrebbe essere pericoloso e mettere in pericolo la vita di
altri."
-"Non vedo altra soluzione. Devo correre un reale pericolo, per me o la
gente che mi sta a cuore."
108
W 2
Dopo un paio di mesi passati in questo modo, la sig.ra Appleton decide di
portarmi in un'altra base. Vuole farmi parlare con alcuni agenti operativi
per capire il tipo di lavoro che dovrei svolgere, il tipo di pericoli a cui
andrei incontro. Forse spera che in me aumenti la voglia di cooperare, cosa
che secondo lei da parte mia manca.
Questa base si trova dall'altra parte della città. Sulla sua auto siamo in
quattro con l'autista e un paio di agenti di scorta.
Il trasferimento durerà una mezz'ora circa.
Parliamo del più e del meno. I due agenti non aprono bocca. La sig.ra
Appleton mi illustra il tipo di azioni che vengono svolte dagli agenti di
questa base. Il più delle volte annuisco sbadatamente, molto più
interessato alla vita che scorre al di là dei finestrini oscurati e al cielo
azzurro.
Lei continua a parlare, leggendo nel contempo dei rapporti che ha estratto
dalla sua valigetta.
Ad un tratto però la vista mi si appanna, la mano si contrae stringendo la
maniglia della portiera, il corpo s'irrigidisce sul sedile e delle immagini si
materializzano nella mente: un'auto parte da uno stop e viene investita da
un autoarticolato centrandola in pieno; gli occupanti dell'auto sono quattro
e tra le lamiere contorte c'è anche il mio cadavere.
La visione dura come sempre pochi secondi; esco dal torpore percorso da
un fremito e coperto di sudore.
Nei secondi successivi sento la sig.ra Appleton pronunciare il mio nome
afferrandomi per un braccio, mentre l'auto si ferma ad un semaforo rosso.
Mi volto verso di lei e noto il suo sguardo atterrito: penso di non fare una
109
buona impressione in questi momenti. Guardo fuori dal finestrino e noto
che siamo fermi, guardo in alto e vedo il semaforo che diventa verde.
Partiamo e grido "Fermi", la sig.ra Appleton mi stringe più forte il braccio e
forse in una frazione di secondo capisce perché grida anche lei "Fermo". Ci
fermiamo bruscamente dopo un paio di metri. Di fronte a noi scorre a
pazza velocità un autoarticolato, che incrocia la nostra strada, guidato da
un autista distratto che non nota il semaforo rosso dalla sua parte.
Siamo vivi.
-"Avete visto" - grida l'autista.
La sig.ra Appleton riprende a respirare dopo qualche secondo, poi mi
guarda.
-"Lo aveva visto. Ci ha salvato la vita!"
-"Ho salvato la mia e la vostra di conseguenza."
-"Grazie."
I due agenti mi stringono la mano capendo che mi devono un grosso
favore. Si guardano tutti in po' sbigottiti, perplessi ma in fondo quasi
euforici per lo scampato pericolo.
Ripartiamo lentamente verso la nostra meta. La sig.ra Appleton non
parlerà più per il resto del viaggio.
Io mi godo il panorama e non po' di aria fresca che entra dal finestrino
leggermente abbassato.
E' proprio una bella giornata!
110
W 3
Mi piace la copertura che mi sono costruito a New York. Non posso
onestamente chiamarla "vita", perché forse non ne possiedo una di
veramente mia. Ma il tempo che passa qui trascorre più piacevolmente che
in altre parti del mondo. Sono riuscito a trovare delle persone che mi
accettano credendo a quel poco che dico loro su di me. Non sono mai
arrivato a far vedere le foto di quand’ero bambino e giravo per casa
completamente nudo, forse anche perché penso non resti traccia del mio
passato.
E’ abbastanza triste questo particolare della mia esistenza. Ho paura che se
non racconto la mia vita a qualcuno, correrò il rischio di dimenticarmi
qualche particolare, qualche avvenimento: ho paura di perdere i miei
ricordi.
Forse qualche volta dovrei aprirmi con qualcuno, condividere le mie
esperienze, la mia vita … e poi ucciderlo! Ma è così dura farsi degli amici
al giorno d’oggi!
--Sono appena tornato da un "viaggio" e appena arrivo davanti alla porta di
casa mi rendo conto che è la Vigilia di Natale: i miei vicini di casa hanno
addobbato le loro porte con corone di fiori e vischio. Ovviamente non ho
avuto il tempo di organizzare niente di interessante per la Vigilia e per il
pranzo. Mi comprerò qualcosa al supermercato all’angolo e mi metterò a
cucinare. Mentre sto per entrare incontro una mia coinquilina che sta
scendendo le scale e parlando contemporaneamente al cellulare: il tono è
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molto animato e più che fare gli auguri mi sembra che stia mandando al
diavolo qualcuno. Involontariamente mi fermo ad ascoltare finché non
passa davanti a me, la guardo scendere e poi mi accingo ad entrare.
Quando sto per chiudere la porta la sento maledire il suo interlocutore, mi
viene un po’ da sorridere pensando a cosa può aver combinato
quell’imbecille per fare arrabbiare una tipa del genere. Ma non sono affari
miei.
-"Ciao."
-"Ciao" - rispondo dopo essermi girato.
Era la ragazza che ho visto scendere le scale prima.
-"Sei appena arrivato?"
-"Si."
-"Hai progetti per questa sera?"
-"Direi di no. Perché?"
-"Vuoi venire a cena da me questa sera … è la vigilia … ."
Non so se alla Vigilia di Natale è usanza invitare dei quasi sconosciuti a
casa propria e non trovarci niente di male.
Ovviamente da parte mia non ci trovo niente di male, visto anche
l’alternativa che avrei se non accetto il suo invito.
-"Lo voglio. Voglio dire … mi farebbe piacere."
-"Niente di particolare … è che ho diversa roba da mangiare e nessuno con
cui condividere … ."
-"Dimmi a che ora."
-"Alle otto va bene?"
-"Perfetto."
-"Sai, prima ero al telefono con il mio EX fidanzato."
-"Ex?" - e perché me lo sta dicendo?
-"Mi ha appena mollato per l'ennesimo impegno di lavoro."
-"Non è così?"
-"Non lo so e non mi interessa. So solo che ho un tacchino per due persone
e nessuno con cui dividerlo."
-"Hai trovato la persona giusta. Si dia il caso che mi hai trovato in un
momento particolare. Stavo giusto pensando a cosa comprami da
mangiare per questa sera."
-"Ti aspetto?"
-"Va bene, a questa sera."
-"A proposito mi chiamo Rachel."
-"Jason, mi chiamo Jason."
Mi sento un po’ un tappa buchi, ma non mi interessa. Ho da scegliere tra
mangiare da solo le porcherie che mi sarei cucinato ed andare a casa di una
stupenda ragazza (mi ero dimentica di dirlo) che tra le altre cose ha già
112
cucinato (sa anche cucinare) ed è stata appena scaricata dal fidanzato.
Ovviamente non approfitterò della sua situazione emotiva tentando di
approdare ad un finale di serata magari un po’ diverso. Forse state
pensando che sono un allocco e che lei magari spera che io faccia qualcosa
per approfittare della sua situazione emotiva. Comunque vada per adesso
mi aspetto solo di mangiare qualcosa e di passare una piacevole serata.
Per non sbagliare, dopo aver fatto un bel bagno rilassante, mi metto il
profumo, quello buono, quello delle occasioni speciali e rispolvero i miei
pantaloni di velluto blu, la mia camicia bianca e il mio maglione di lana da
appoggiare sulle le spalle visto che starò al chiuso.
Cerco anche una bottiglia di vino per tentare di fare una discreta figura,
ma come sapevo prima di iniziare a cercare, non ho vino in casa, visto
anche che non sono un bevitore e che a casa mia non invito molte persone.
Mi tocca salire al piano di sopra a mani vuote: non ho proprio niente da
offrire!
Un po’ prima delle otto esco di casa e salgo al piano di sopra. Sono
leggermente impreparato ad una serata del genere. Ero partito con l’idea
di un "bel" Natale in casa e mi ritrovo a cenare con una donna bella,
intelligente, con un bel lavoro e con un fidanzato idiota!
Io sembro proprio lo sfigato di turno, che mangiava da solo, che non ha
niente da offrire e per di più non ha la minima dignità visto che si fa
invitare da una donna solo come "riempitivo".
Mentre busso alla sua porta e penso che praticamente non mi è rimasto un
briciolo di orgoglio maschile, lei mi apre raggiante al solo vedermi.
-"Ciao!" - mi saluta sorridendo.
-"Ciao."
-"Vieni avanti."
-"Grazie … mi dispiace ma a casa non avevo niente da portarti, avevo
pensato ad una bottiglia di vino ma casa mia è sprovvista di molte altre
cose oltre il vino."
-"Non ti preoccupare, ho tutto quello che serve."
-"Non ti ho ancora ringraziato per il tuo invito … ."
-"Ma figurati, mi fa piacere … è una giornata particolare e non volevo
passarla da sola."
-"Devo dirti la verità … un po’ mi sento a disagio … tu che litighi con il tuo
fidanzato e poi inviti me … ."
-"Non volevo … ."
-"Dimentica le mie ultime parole, sono felice di essere qui alla faccia di chi
non c’è."
-"Così mi piace. Per onor di cronaca non era proprio il mio fidanzato,
quasi. Ci frequentiamo."
113
-"Vuoi dire che non corro il rischio di essere pestato a sangue da qualcuno
mentre rientro in casa?"
-"Non direi."
Questo mi risolleva un po’ il morale.
-"Accomodati in salotto mentre ti porto qualcosa da bere."
-"Grazie. Hai una bellissima casa, lo sai?"
-"Ti piace. Grazie. Ho impiegato un po’ per arredarla."
-"Hai veramente buon gusto. Potrei farti arredare la mia, così non
sembrerebbe la topaia che forse è."
-"Potrei darti dei consigli … non pretendo di passare per un’arredatrice."
-"Volentieri."
-"Questo è per te" – e mi passa un aperitivo.
-"Grazie."
Si siede sul divano accanto a me. Ha un abito lungo nero, quelli con le
spalline, con braccia e spalle scoperte. Per solidarietà mi tolgo dalle spalle
il maglione e l’appoggio sulla poltrona.
-"Quando ci siamo incontrati oggi, eri appena tornato dal lavoro?"
-"Si, purtroppo viaggio abbastanza."
-"Non ti pesa?"
-"A volte, ma non ho nessuno a casa che sente la mia mancanza e nessuno
che mi manca. Non so se è un bene o un male, ma così è. E tu?"
-"Io adesso sono in ferie per qualche giorno."
-"Sei un avvocato?"
-"Si."
-"Non sembra."
-"Vuoi dire che vista così non sembro un avvocato?"
-"Voglio dire che non avrei mai pensato che avere bisogno di un avvocato
potesse essere così piacevole."
-"Sei sempre così galante? O lo fai solo perché ti sto offrendo da
mangiare?"
-"Potresti mettermi alla prova, magari accettando un mio invito. Ma forse
dovrei aspettare dopo aver mangiato la tua cena … sto scherzando."
Continuiamo a sorseggiare i nostri drinks cercando di non incrociare gli
sguardi. Dopotutto non ci siamo frequentati molto fino ad ora e non vorrei
combinare dei casini che poi non riuscirei a risolvere.
-"Se ti accomodi a tavola vado a vedere se è pronto."
-"Ok. Sei sicura che non ti serve una mano?"
-"Sei sicuro che potresti essere d’aiuto? … sto scherzando."
-"Non hai tutti i torti, magari ti serve qualcuno che mescoli l’insalata
oppure vada a gettare l’immondizia."
114
-"Forse dopo. Adesso mi serve qualcuno che mi dia un parere spassionato
su questo pasticcio di carne che avevo fatto con le mie amorevoli manine."
-"Cucina italiana?"
-"Si, tempo fa ho fatto un viaggio in Italia e mi sono innamorata della loro
cucina."
-"Sei stata in Italia? Non ci sono mai stato (vero); a parte i viaggi che mi
fanno fare, non sono mai uscito dallo stato (falso)."
Appoggia la pirofila sulla tavola, sulla tovaglia ricamata, apparecchiata
con molto gusto. Si fa notare anche il piccolo vaso di fiori con tre rose
rosse, che da un certo tocco intimo-natalizio-romantico, che non guasta ma
che non so decifrare.
La serata prosegue tra un bis del pasticcio, un paio di fette di arrosto
accompagnato da vari contorni, vino, acqua e una conversazione che
spazia tra il lavoro, la vita di tutti i giorni, le reciproche esperienze e le
teorie sulle relazioni interpersonali.
Cerco di sviare subito il discorso dal settore lavorativo, mentre mi
interessa molto sapere cosa ne pensa dei rapporti con persone, magari del
sesso opposto. E’ una donna molto forte e lo fa capire. Non ama che le si
mettano i piedi in testa e a volte potrebbe farti sentire come un uomooggetto da usare e poi gettare. Non sono certo un amante delle donne
senza spina dorsale, ma una come lei potrebbe farti impazzire.
Ovviamente la rendo partecipe di questa mia considerazione e si mette a
ridere.
-"Faccio così tanta paura?"
-"Non è questo, è che di solito è l’uomo a portare i pantaloni o a volerli
portare."
-"Sono troppo autoritaria?"
-Hai la risposta pronta, sai essere sarcastica, ironica, a volte metti in
imbarazzo..."
-"E’ un complimento, mi sembra di capire dal tono con cui lo dici."
-"Lo era."
-"Mi trovi sfacciata?"
-"No, diretta, schietta."
-"Ed non è un difetto, questo?"
-"No e lo sai. Ma a volte dovresti fare gli occhi dolci, da cerbiatta. Fare un
complimento.", lodando l'uomo per la sua abilità, assolutamente inutile nel
riuscire ad aprire le bottiglie di vino."
-"Non lo faccio apposta ... Occhi da cerbiatta!"
-"Tanto per dire!"
-"Devo farti qualche complimento. Mi trovi impreparata ... ."
-"Ci rinuncio."
115
-"Ma tu se vuoi farmi altri complimenti, sei liberissimo di farlo. Quelli che
mi hai fatto finora bastano solo per il primo e il secondo. Per meritarti il
dessert ci vuole questo ed altro."
Mi siedo in salotto sul divano mentre lei mette un disco di Marvin Gay e
va a prendere il gelato.
-"Questa canzone è stupenda."
-"Lo penso anch’io. Al mio fidanzato non piaceva molto … ."
-"Veramente? (penso di aver guadagnato molte posizioni con questa mia
ultima osservazione, ovviamente sincera)."
-"Si, la trovava un po’ noiosa. Penso invece sia molto utile per rilassarsi …
ma anche per passare delle giornate a guardare fuori dalla finestra mentre
piove."
-"Intendi una canzone triste – romantica? Quelle che ascolti quando sei
innamorato perdutamente?" - le chiedo.
-"Direi di si. Parli come qualcuno che l’abbia ascoltata molto."
-"Ovviamente no. Conosco molti amici che lo fanno" - le rispondo.
Entra in salotto sorridendo ironicamente alla mia battuta, mentre appoggia
il vassoio con le coppe per il gelato sopra al tavolino.
-"Adesso però non piove."
-"Resterebbe la seconda opzione … ."
-"O la prima."
-"Potrebbe essere."
-"Dato che mi stai offrendo la cena senza avere la possibilità di ricambiare,
mi stai salvando da un Natale solitario … ."
-"Anche tu però stai facendo compagnia ad una donna sola e abbandonata
… ."
-"Mi ospiti a casa tua … ."
-"Vieni al dunque."
-" … non volevo essere così diretto, magari sgarbato, nel chiederti una
cosa."
-"Dimmi."
-"Non credi che … forse non dovrei, almeno finché non ho finito il gelato
…" - sto cercando di evitare quegli occhi meravigliosi che mi stanno
osservando – "non credi che l’atmosfera che si è creata qui dentro sia un
po’ particolare?"
-"Particolare? Vuoi dire il vestito elegante abbastanza scollato, la cena, la
musica in sottofondo, due persone adulte che stanno parlando su un
comodo divano?"
-"Più o meno."
-"Vorresti dirmi che ti senti in imbarazzo? Intimorito? … lusingato?"
116
-"Propenderei per tutte e tre le cose e forse ne aggiungerei anche una
quarta."
-"Se ti può essere di conforto … trovo questa situazione abbastanza
"romantica", per usare un termine riassuntivo, ma penso proprio che posso
resistere tranquillamente per tutta la sera senza cadere tra le tue braccia
ardente di passione."
-"Questo mi rassicura … vuol dire che la mia integrità e il mio onore sono
salvi."
Come reazione scoppia in una fragorosa risata, appoggiandosi sullo
schienale del divano. Continua a mangiare il gelato e a guardarmi.
-"Sei veramente uno spasso. Di un tipo così potrei anche … ."
-"Non dirlo ti prego … ."
-"Innamorarmi?"
-"L’hai detto."
-"Cos’hai contro le relazione personali? Non ti piacerebbe avermi come
fidanzata?"
Bella domanda. E so anche la risposta.
-"Dovrei pensarci."
-"Cosa vuol dire che ci devi pensare."
-"Voglio dire che la mia vita è un po’ particolare e tu sei … sei così …."
-"Così come?"
-"Sei un tipo impegnativo."
Che cavolo vuol dire "impegnativo": che sto dicendo. A me piace questa
donna, ma allora perché non glielo dico!
-"Che cavolo vuol dire impegnativo!!"
Appunto!
-"Sei già fidanzata!"
-"Questo è vero! Ma non è un buon motivo."
-"E’ vero. Non è un buon motivo."
-"Ma allora qual è il buon motivo?"
Ha ragione. Mi piace! E adesso fammi finire il gelato!
La vedo sorridere e dentro di me si rafforza sempre di più l’idea che lei si
stia divertendo come una pazza a vedermi mentre mi comporto come un
emerito idiota.
-"Visto che restare qui dentro lo trovi troppo romantico, troppo intimo, che
ne dici se usciamo a fare due passi, così magari ti si quietano i bollenti
spiriti."
-"Io non ho nessuno spirito bollente. Volevo solo dire che mi sembrava una
situazione poco chiara, visto e considerato che ci conosciamo poco e che tu
sei pure fidanzata."
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-"Se ti dicessi che il mio fidanzato è uno stronzo e che quasi sicuramente lo
pianterò, ti sentiresti più tranquillo?"
-"Un po’."
-"Non mi dire che questo è un classico esempio di solidarietà maschile?"
-"Cosa intendi?"
-"Voglio dire quello stupido codice etico che avete voi maschi: mai
provarci con la donna di un altro … e altre cavolate del genere."
-"E’ più un … non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te."
-"Tu pensi che il mio quasi ex fidanzato potrebbe avere qualche scrupolo a
provarci con me, pur sapendo che sono già impegnata con TE?"
-"Perché dici "TE" con quel tono? O forse la faccia di uno che può essere
"scavalcato" facilmente?"
-"Oh, senti. Vuoi venire a passeggiare con me, o preferisci telefonare a
quell’imbecille che mi ha piantata in asso la sera di Natale."
-"Preferisco vestirmi e uscire … ma lo sai che è proprio un imbecille il tuo
fidanzato?"
-"Penso di interpretarlo come un complimento nei miei confronti?"
-"Indubbiamente. Più resto a parlare con te e più lo penso."
-"E’ un modo per dire che ti piaccio?"
-"Cosa?"
-"Lasciamo stare. Ci vestiamo e partiamo?"
-"Dobbiamo passare per il mio appartamento a prendere il cappotto."
Dopo aver preso il cappotto scendiamo a prendere la metropolitana.
-"Troveresti troppo compromettente se ce ne andassimo al Rockefeller
Center a vedere l’albero di Natale?"
-"La trovo un’ottima idea anche se compromettente."
Dopo essere scesi alla fermata più vicina ci avviciniamo a piedi tra la gente
che ancora gira nonostante il freddo.
-"Parlami un po’ di te. Oltre a sapere che sei una donna molto decisa non
so molto altro."
-"Posso dire la stessa cosa di te … ."
-"Che sono una donna molto decisa?"
-"Sciocco. Cosa vuoi sapere? Sono un avvocato, ma questo già lo sai, mi
sono laureata con il massimo dei voti, non sono stata una cheerleader,
vengo da una famiglia abbastanza facoltosa. Vuoi sapere anche i miei
trascorsi amorosi?"
-"Non ci tengo particolarmente."
-"E tu?"
-"Vengo dal Jersey, sono andato al college e a fatica all’università, non sono
stato una cheerleader e la mia famiglia non può essere definita certamente
118
facoltosa. Se vuoi ti racconto i miei trascorsi amorosi che troveresti
sicuramente noiosi quanto concisi."
-"Non eri un rubacuori al college? Non facevi parte della squadra di
football?"
-"Facevo parte della squadra di football, con ottimi risultati, nello sport
intendo."
-"E poi?"
-"E poi cosa?"
-"Come sei arrivato ad abitare sotto il mio appartamento?"
-"Mi sono trovato un lavoro qui in città e mi sono trasferito. Il percorso che
fanno in molti per sfuggire alla periferia."
Mi devo ricordare tutti questi particolari assolutamente inventati della mia
vita casomai qualcuno me li richieda: la prossima volta non vorrei
raccontare che sono figlio di un magnate del petrolio, ma che sono
eccentrico e faccio la vita del pezzente.
-"Dubito che la mia vita potrebbe essere il soggetto per un libro di
avventura."
-"La tua famiglia?"
-"E’ rimasta nel Jersey. Ogni tanto vado a trovarli quando non sono troppo
occupato dal lavoro. E i tuoi?"
-"I miei genitori se la stanno spassando in giro da qualche parte,
sinceramente non saprei oggi dove potrebbero essere. Domani mattina mi
chiameranno per farmi gli auguri e dovrò ricordarmi di chiedergli da dove
stanno chiamando."
-"Ti va di sederti un po’, o è troppo freddo?"
-"No, va bene."
Più passo il tempo con lei e più la trovo bella. La ammiro mentre guarda
l'albero illuminato da centinaia di luci che si riflettono nei suoi occhi. E’
tutta raccolta nel suo cappotto per combattere il freddo.
Ci viene naturale avvicinarci mentre siamo seduti sulla panchina per
tentare di allontanare il freddo dell’inverno. E’ una bellissima sensazione
sentire il calore del suo corpo anche attraverso questo semplice contatto.
Restiamo seduti per un po’ finché ci sembra di averne avuto abbastanza.
-"Resterai in città per molto o ti manderanno in giro?" – mi chiede senza
guardarmi.
-"Non lo so. Domani dovrei andare a trovare la famiglia e tra un paio di
giorni devo ritornare in ufficio a sbrigare qualche lavoretto in sospeso.
Probabilmente dovrò ripartire: ogni anno coi colleghi ci mettiamo
d’accordo per fare le vacanze non nello stesso periodo. Tocca a me lavorare
in dicembre mentre starò a casa in agosto."
-"Ah" – mi dice sempre senza guardarmi.
119
Non mi sembra molto soddisfatta della risposta. Non lo sono neanch’io,
soprattutto perché continuo a mentirle su tutto quello che mi riguarda.
Una cosa forse è vera: dovrò sicuramente partire per tornare alla base ad
incontrare i miei compagni per mettere a punto i dettagli della prossima
missione.
-"Che ne dici se torniamo. Potrei offrirti una cioccolata calda a casa mia,
sempre se ho del latte e delle bustine."
-"E’ una proposta allettante che non posso rifiutare" – ma questa volta mi
guarda mentre mi risponde.
Dovrò pensare molto a quello che è successo questa sera. Dovrò prendere
una decisione. Forse non dovrei più rivederla.
Forse.
Forse dovrei sparire, cambiare copertura, cambiare città … cambiare
lavoro.
Forse.
---"Trovi che casa mia sia accogliente?"
-"Non lo so. Mi sembra arredata con un discreto gusto."
-"Grazie per aver detto velatamente che la trovi discretamente scialba."
-"Non fraintendermi. E’ che non sembra una casa molto vissuta. Non ci
sono quei carini souvenir che uno si porta a casa dai viaggi che ha fatto,
qualche foto … che ne sono."
-"Preferiresti una casa più vissuta, magari un po’ trasandata, sporca. Forse
hai ragione: devo smettere di pulire."
-"Per farti un esempio: questo divano è troppo nuovo, si vede che …"
-"Che è stato usato poco?"
-"Da l’impressione che qui sopra non sia mai stato fatto del sesso!"
-"Penso di aver afferrato il concetto."
Mi sto preoccupando.
-"Scusami, forse è il vino che non ho bevuto che mi fa questo effetto."
-"Vorresti dirmi che quando bevi dai un’immagine di te stessa meno
provocatoria e ambigua?"
-"Ti sembro provocatoria ed ambigua?"
-"Un po’."
-"E ti turba?"
-"Mi sembra che la mia religione mi imponga di non lasciarmi andare con
donne provocatorie ed ambigue la notte di Natale."
-"Ormai Natale è passato" - mi risponde.
-"Si?"
120
-"Si, ma se questo ti può tranquillizzare, non era mia intenzione."
Ah.
-"Il che vuol dire che se ci accomodiamo sul divano non corro alcun
rischio?"
-"Esatto."
Vado in cucina a preparare la cioccolata.
Non ci capisco più niente. Non vorrei sembrare un porco, ma non ho
ancora capito se le piaccio oppure no. Devo ancora capire se mi piace
oppure no. Potrei chiederglielo schiettamente, facendo la figura del
buzzurro. O tenermi il tarlo per tutta la sera e vivere il resto della mia vita
con il dubbio. Penso che questa ultima ipotesi sarebbe più in linea con il
mio carattere timido. Penso non le chiederò nulla. Meglio.
Torno in salotto e mi siedo sul divano vicino a lei; appoggio il vassoio con
le tazze di cioccolata e alcuni biscotti che avevo nella dispensa e sui quali
potrei giurare sulla loro futura data di scadenza.
-"Scusa la domanda … ma non ho ancora capito se mi piaci."
-"Bizzarra come domanda, Jason. Chiedi a me se ti piaccio. Se io fossi te
sarei pazzamente innamorato della mia immodestissima persona, come
non potrei, se fossi te!"
Non sono sicuro che dalla mia bocca sia uscita l'esatta domanda che avevo
intenzione di farle. E per di più mi serviranno giorni per comprendere il
vero significato della sua risposta.
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W 4
-"Voglio una formazione perfettamente schierata. Un accerchiamento
perfetto. Punti di fuga A e B sotto controllo. Pronti con le armi. Non voglio
errori. Mi avete capito?"
-"Affermativo."
-"In posizione."
-"WATCHER!!"
-"Ci sono."
-"Dimmi qualcosa."
-"Non la vedo bene."
-"Non è esattamente quello che volevo sentire da te. Stupiscimi!"
-"Non so di preciso, ma vedo una falla nello schieramento."
-"Chi non è in posizione … ."
-"Eccolo! … sta scappando … fermatelo! No!"
-"WATCHER, fermalo!"
-"Io? Non ci penso proprio."
-"WATCHER, questa è insubordinazione!"
-"Vi avevo detto che vedevo una falla."
-"Eri tu!"
-"Lo ammetto."
-"Sono giorni che gli diamo la caccia … e c’è scappato cosi."
-"Avremo altre occasioni e poi non è così pericoloso."
-"Hai visto cosa ha fatto a Clarence?! Non ti basta?"
-"Gli ha solo mangiato un pezzo di torta. Tutti sappiamo che le torte di sua
nonna sono speciali, sono io il primo a dirlo. Ma adesso esageriamo. E’
solo un topo!"
122
-"E se poi ne arrivano altri?"
-"Chiameremo la disinfestazione."
-"No! Sarebbe un disonore."
-"BOSS, Vinnie. Non ti sembra di esagerare un pochino?"
-"No. Ho una reputazione da difendere."
-"Quante persone sanno che lavoro fai?"
-"Moltissime. Decine e decine."
-"Vive?"
-"45."
-"Ancora in libertà?"
-"Escluso i presenti e quelli dell'organizzazione? … Due."
-"Non hai una reputazione. Direi che neanche esisti."
-"Ho capito. Squadra: rompete le righe. L’operazione è sospesa … per
adesso. Ma non finisce qui."
Finita l’ennesima messinscena ritorniamo a fare quello che avevamo
bruscamente interrotto.
Siamo tornati alla "base" per l’inventario dopo l’ultima missione, sistemare
qualche scartoffia, controllare se ci sono novità.
Domani dovremo passare in "ufficio" a fare rapporto e con l’occasione
porteremo la "lista della spesa".
123
W 5
Arriviamo al Ministero dei Trasporti alle 10.00, nello stesso momento, ma
da direzioni separate.
Aspettiamo diligentemente, nell’ala relativa al trasporto marittimo, nella
sala d’aspetto, per cinque minuti, poi ci alziamo e ci dirigiamo in quattro
stanze diverse: l’archivio, l’ufficio del direttore, l’ufficio patenti nautiche,
ufficio analisi medico-chimiche sulle importazioni.
In ognuna c’è una porta senza targa che da in una stanzina vuota con un
piccolo neon su una parete. Noi quattro entriamo, chiudiamo la porta,
accendiamo la luce, prendiamo una tessera magnetica e la facciamo
scorrere in una fessura della lampada; la luce si spegne e un’altra porta,
prima perfettamente mimetizzata, si apre. Entriamo, la porta si richiude
dietro di noi e ci ritroviamo in tutt'altro ambiente. Guardie armate ci
accolgono. Solo dopo l’identificazione delle impronte digitali, dello
scanner dell’occhio, diamo il nostro nome in codice.
-"Benvenuti" – mi risponde la guardia sorridendo, sapendo bene che non
esiterebbe a spararmi se solo una delle tre identificazioni non andasse a
buon fine per due volte consecutive.
--Per essere una base segretissima, non mi sembra molto indaffarata. Non è
che abbia visto molte altre basi segrete, per cui non posso ancora fare una
statistica precisa, però mi pare che la gente qui dentro se la passi
abbastanza discretamente. Nessuno corre per i corridoi gridando "la
bomba, sudando copiosamente pensando a come salvare il Mondo. E
124
questo è un bene. L'ambiente di lavoro deve essere rilassante. Però a volte
mi chiedo in che mani abbia messo la mia vita. Quelli che girano per questi
uffici a volte hanno la faccia di chi ha un lavoro da svolgere, che però può
tranquillamente aspettare fino a domani. A volte il loro lavoro consiste nel
tirare fuori me e i miei compagni dai casini, salvandoci la pellaccia.
A parte questa considerazione, nata forse dal fatto che oggi è lunedì per
tutti e che la settimana scorsa è stata molto pesante, ho una grossa stima
per tutti quelli che lavorano qui.
Mi ritrovo nel corridoio che porta nell’ufficio del grande capo, assieme ai
miei compagni di sventura.
-"Passata una bella domenica?"
-"Non c’è male."
-"La tua?"
-"Alla grande?"
"Alla grande" per Vinnie voleva dire aver scopato con la propria
"fidanzata" come un pazzo. Il mio "non c’è male" significava invece "non
c’è male". Non avendo una fidanzata mi sono rilassato facendo un po’ di
surf, sempre movimento è (ma questo non gliel’ho detto).
-"A voi due?"
"Bene" e "Bene" sono state le risposte gaie di Clarence e Mike, che
sicuramente avranno passato la giornata assieme alle rispettive famiglie.
Ci fermiamo davanti alla porta capo, per riprendere un po’ di fiato e darci
una sistematina, bussiamo e aspettiamo che una voce dall’interno ci dica
"Avanti".
Ci presentiamo tutti e quattro in riga, praticamente sull’attenti.
-"Buongiorno."
E questa una situazione che vista da fuori dovrebbe sembrare molto
divertente: quattro omaccioni in piedi come se si stessero presentando al
preside della scuola che li deve sospendere perché li ha trovati mentre si
facevano una canna nel bagno della scuola.
-"E allora?"
-"E allora cosa" – chiedo.
-"E allora, cosa siete venuti a fare?"
-"Oggi è lunedì."
-"Cristo, abbiamo buttato i nostri miliardi al vento per istruire una banda
di decerebrati che mi fanno perdere solo tempo prezioso, che non ho."
Ha una grossa stima per tutti quelli che lavorano qui dentro.
-"Siamo venuti a fare rapporto."
-"E non potevate dirmelo appena entrati?"
Effettivamente.
-"Siamo venuti a fare rapporto … sulla missione della settimana scorsa."
125
-"So già tutto. Se aspetto voi, rischierei di leggerlo in anteprima sulla
Pravda di Mosca."
-"Tutto?" – chiede Mike.
-"Tutto. Nei minimi particolari."
Quando lo dice non ho alcun dubbio se crederci oppure no.
-"Volevamo inoltre portare la lista della spesa" – interviene flebilmente
Clarence.
-"E venite da me?"
-"Ma l’ultima volta ci ha detto che non vuole più vedere preventivi di
spesa folli per materiale che non ha autorizzato?"
-"Ho detto questo? E mi avete preso alla lettera? Pago gente che non ha il
minimo senso dell’umorismo e dell’ironia."
-"Ma … ."
-"Sto scherzando. Fatemi vedere."
Clarence porge la lista facendo un passo verso la scrivania, ma non
avvicinandosi troppo.
-"Folle. Sapete che budget ho io? … Certo che non lo sapete, siete un
branco di gente che pensa solo a divertirsi e andare in giro per il mondo."
Forse non ha tutti i torti, ma in questo frangente è meglio non confermare.
-"Forse potremmo togliere qualcosa … ."
-"Solo qualcosa?"
-"Beh forse … ."
-"Ok. Passate alla cassa per i soldi e lasciate lì l’ordine di quello che non
comprerete voi direttamente."
-"Grazie. Vuole avere i particolari della missione che abbiamo portato a
termine con successo?"
-"No. So che avete fatto un buon lavoro, nonostante tutto."
-"Grazie, sig.ra."
-"Possiamo andare?"
-"Certo, volete passare la giornata a guardare qualcuno che lavora?"
-"No. Buongiorno."
Usciamo dall’ufficio della sig.ra Appleton sconvolti come sempre dal suo
comportamento da proprietario di una ditta di costruzioni che ha a che
fare tutto il giorno con ruvidi manovali da tenere a bada.
E’ sicuramente oltre alla quarantina, ma questo è solo una supposizione
visto che nessuno ha il coraggio di chiederglielo e la sua scheda personale
sembra non esistere. E’ piacente, veste alla moda ma non in modo frivolo,
cura il proprio aspetto ma senza usare un trucco vistoso e si mantiene
sicuramente in forma.
Un dato di fatto è che con lei il nostro "reparto" va alla grande: più
sovvenzioni, più mezzi, più efficienza. L’unico aspetto negativo è che ci
126
comanda come degli scolaretti. Non riusciamo ad imporci: ha una volontà
di ferro e ogni volta che la vediamo siamo soggiogati.
--Dopo il breve ma sempre stimolante passaggio nell’ufficio della sig.ra
Appleton, ci dedichiamo alla pulizia delle nostre rispettive scrivanie (ne
abbiamo una anche noi) dalle varie cartacce che si accumulano quando
non ci siamo: foto segnaletiche, rapporti della polizia, foto satellitari, una
circolare che ci avverte che il prezzo del caffè al distributore automatico è
aumentato. Terrò sicuramente la circolare e butterò tutto il resto nel mio
archivio che si trova nell’ultimo cassetto della scrivania. La foto presa dal
satellite me la appendo al muro con le puntine, vicino alla laurea. Chissà
che zona è … dietro c’è scritto "Europa – Germania – Alpi Bavaresi" … non
mi dice molto.
127
W 6
Periodicamente dobbiamo sottoporci a lezioni di autodifesa personale
(quelle che la sig.ra Appleton definisce "testimonianze di
sovrapproduzione di testosterone"). Sinceramente non ne sono molto
entusiasta a differenza di alcuni miei compagni. Di solito evito di venire
alle mani con qualcuno e non mi sono mai messo in pericolo così tanto da
dovermi difendere. Essendo un tipo cauto ma anche previdente mi
sottopongo a queste sedute. Gli insegnamenti variano a seconda delle
capacità dell’allievo: Mike e Vinnie naturalmente se la godono come dei
pazzi a mettersi alla prova sfidando i nostri maestri. Clarence ed io invece
impariamo a difenderci in situazioni molto semplici del tipo: vecchietta
assalita da balordo che vuole rubarle la pensione, ragazzina molestata dai
propri compagni di classe, o magari addirittura, ubriaco attaccabrighe al
bar. Le nostre evoluzioni al "tatami" sono qualcosa di vergognoso, tanto
quanto sono incredibili le mosse che i nostri due amici sfoggiano. Li ho
visti spesso in azione e sono sempre rimasto sorpreso dalla loro velocità
nel decidere quale mossa fare, valutando in pochi istanti la situazione. Per
concludere direi che la mia tecnica si basa soprattutto sui cazzotti e sui
calci alle parti basse, e questi ultimi, devono dire, mi danno sempre ottimi
risultati.
Il mio detto comunque è "La mente è superiore alla materia", e questo
implica che prima cerco sempre di trovare una soluzione logica al
problema, e poi alla fine, se proprio non c’è null’altro da fare inizio con i
calci nella palle!!
Penso che la sig.ra Appleton abbia autorizzato queste lezioni solo perché le
costerebbe di più far rimpatriare il nostro cadavere da qualche parte
128
sperduta nel mondo. O magari negherebbe di conoscerci e ci lascerebbe lì?
A dir la verità lo ha anche fatto una volta!
Se non sbaglio eravamo a Pechino. Avevamo avuto degli inconvenienti con
la polizia locale e la nostra copertura era saltata. Il Governo Cinese ha
protestato per l’infiltrazione di militari di un paese straniero, e
contemporaneamente il nostro governo ha tranquillamente smentito la
nostra esistenza. Mi ricordo che abbiamo passato dei brutti quarti d’ora.
Quando siamo rientrati, la prima cosa che ha detto è stato "Ce ne avete
messo del tempo a tornare, ve la siete presa comoda". Penso che i giorni
trascorsi in Cina li abbia annotati come ferie!
--A volte mi ritengo fortunato di far parte di una squadra del genere. Tutti si
immaginano i servizi segreti britannici, o quelli americani, o magari le spie
russe, quando ci sono da fare dei lavoretti sporchi: hanno ragione! Nel
nostro "settore" teniamo a dividere i compiti in base alle capacità. Se serve
un’azione di forza chiamano i russi, se serve invece chi fa i lavori sporchi,
quelli da vere carogne chiamano gli americani.
Quando c’è da adoperare il cervello chiamano noi Australiani! Non lo dico
per vantarmi, ovviamente, ma ci sappiamo fare. Abbiamo i nostri metodi,
siamo più cerebrali, o dovrei dire che sono più cerebrale. Se fosse per
Vinnie i piani consisterebbero nel fare irruzione, sparare lacrimogeni e
tentare di non ammazzare nessuno che passava di lì per caso. Con il tempo
e l’esercizio abbiamo raffinato un approccio più "soft". Direi che essere
conosciuti (l’Australia intendo) solo per le belle gambe delle modelle, gli
attori amanti dei coccodrilli e le attrici dai capelli di fuoco, aiuta a non
creare delle aspettative nella gente: se qualcuno ti dice "Arrivano gli
Americani", ti prende un accidente; ma se ti dice "arrivano gli australiani",
te la cavi con una scrollata di spalle. All’inizio è stata un po’ dura. Quando
mi hanno arruolato questa sezione del Ministero era nata da poco e non
godeva di molta considerazione, anche per la non perfetta riuscita di un
paio di missioni. Adesso abbiamo allargato il nostro campo d’azione e le
trasferte iniziano ad essere interessanti.
--Da una missione all’altra passano anche diverse settimane e queste pause
ci lasciano il tempo di riposarci fisicamente e mentalmente. Ci lasciano
anche il tempo per sbrigare faccende personali: l’erba del giardino da
129
tagliare, andare dal barbiere, fare la spese, cercare di chiudere le pratiche
per l’ultimo divorzio. Abbiamo tutti i nostri lavoretti da fare.
Io mi prendo molto tempo per fare del surf, del trekking o magari essere
mollato dall’ultima ragazza conosciuta. Tutti abbiamo i nostri alti e bassi,
ma ultimamente a parte le missioni sto vivendo diversi momenti "bassi".
Dovrei prendermi una pausa, ma chi lo va a dire alla sig.ra Appleton!
Penso che mi suggerirebbe di farmi ferire in missione, o magari di non
tornare, così non le peso sul bilancio dell’Agenzia, come la chiamano gli
americani.
--Fuori dall’ufficio siamo tutti delle persone normali. A volte abbiamo
attacchi di paranoia, specialmente quando abbiamo appena finito una
missione. Ma provate a farvi inseguire da gente incazzata con le pistole,
che aspettano solo che gli voltiate le spalle per presentarvi il conto; poi
andate al supermercato, passeggiate tra le corsie, e quando siete assorti nei
vostri pensieri e siete indecisi su quale scatoletta comprare, qualcuno vi
batte un colpetto sulla spalla: qualsiasi persona si girerebbe dicendo "Si?".
A me invece una volta è venuto un colpo e stavo per applicare la prima
mossa della mia tecnica di combattimento; ma a qualcun altro (non faccio
nomi, ma fa parte della mia squadra) è venuta la meravigliosa idea di
atterrarlo sul posto afferrandolo per la gola.
Tutti si portano un po' del proprio lavoro a casa!
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W7
Dopo l’ultima missione ci siamo presi un po’ di riposo, un paio di
settimane. Quando non lavoriamo non ci frequentiamo molto: abbiamo
stili di vita diversi, hobby diversi, diversi interessi. Viviamo in parti
diverse della città, ma non per questo non siamo una buona squadra.
Penso che capiti anche ad altri di non frequentare i propri compagni di
lavoro fuori dall’orario lavorativo. Preferisco da un certo punto di vista
fare così, per continuare ad avere una vita normale e non pensare
continuamente all’ultima missione o a quella che ci aspetta. Voglio passare
le mie giornate libere divertendomi, andando in spiaggia, intrattenendomi
con le altre inquiline del palazzo dove vivo. Ho un piccolo appartamento
al terzo piano, abbastanza in centro ma in una zona sufficientemente
tranquilla.
Alterno periodi in cui sto sempre a casa ad altri che sono sempre via e la
gente mi chiede spesso che lavoro faccio. Questo mi ha imbarazzato le
prime volte, finché non mi sono inventato un lavoro, una copertura. Gli
dico che lavoro al ministero dei Lavori Pubblici, ma che ogni tanto mi
mandano in giro a fare dei sopralluoghi in qualche nuovo cantiere. Questo
non ha fatto di me la persona più interessante di questa città, ma mi
consente di fare quello che faccio senza destare troppi sospetti.
Ovviamente so bene che non verrei mai inviato alle feste per raccontare del
mio lavoro! Non sembro certo il tipo che qualcuno pensa di invitare a casa
propria per rallegrarti la serata. Devo dire che molto volte sono stato
tentato di rivelare la mia identità segreta (sembro Superman) per apparire
più "cool" alle feste. Poi mi ricordo che se lo facessi dovrei cambiare città e
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costruirmi un’altra identità e questo comporterebbe lavoro extra per la mia
sezione (nonché costi da sostenere per la sig.ra Appleton).
--Non facciamo molte missioni in un anno. Siamo un gruppo che è composto
da alcuni elementi meticolosi e ci serve tempo per organizzarci. E il nostro
"boss" non ha i fondi necessari per farci "divertire" in giro per il mondo.
--Dopo il meritato riposo, mi hanno mandato a New York.
Se non fosse stata la sig.ra Appleton a mandarmi qui avrei potuto pensare
ad un viaggio premio dopo un periodo di duro lavoro. Ma a pensarci bene,
spedirmi a cinque gradi sopra lo zero non mi sembra un bel premio: deve
essere stata per forza un’idea del mio grande capo!
Mi hanno detto di mettermi in contatto con dei tipi della CIA. Sembra che
questo paese ricco di storia e di tradizioni, ma anche di basi segrete per la
costruzioni di armi batteriologiche qualcuno stia facendo il furbo.
La sig.ra Appleton ha pensato bene, in un’atmosfera di mutuo soccorso e
di gemellaggio tra le varie "Agenzie", di fare un piccolo favore a nostri
lontani cugini americani. E’ un felice rapporto del tipo: io ti aiuto a
catturare un terrorista e tu mi liberi di alcuni scomodi personaggi in India.
A me starebbe anche bene se non toccasse alla mia squadra di andarci.
Ovviamente mi incontro con questi tizi in un bar poco affollato di un
centro commerciale.
Forse un giorno spiegherò a questi "agenti segreti" che non basta andare in
un posto molto frequentato per non farsi notare, se poi ti siedi ad un bar
dove ci sono solamente dei teen-ager che bevono coca-cola. E se poi ti
presenti vestito come Peter Sellers che impersona l’ispettore Clouseau!
Mi danno una busta che poi scoprirò contenere la lista dei nomi,
l’indicazione della località dove sono tenuti, una foto aerea della zona. Mi
assicurano, prima di andare via, anche la copertura satellitare necessaria,
ma solo se agiremo entro un particolare lasso di tempo.
Resto a bere il mio milk shake e li guardo andarsene: dal modo con il quale
guardano in giro potrebbero essere scambiati per una coppia di maniaci
alla ricerca di qualche bambino a cui offrire le caramelle.
---
132
Cammino per New York in una serata fredda che scoraggia la gente ad
avventurarsi per le strade. Qualche barbone cerca riparo sotto una pila di
cartoni vicino ad una presa d’aria della metropolitana, sperando di
rivedere la luce del mattino.
Cammino per New York ammirando i grattacieli illuminati pieni di gente
che ancora lavora a quest’ora per portare a casa soldi o più soldi per
mantenere la moglie spendacciona, per avere una vita dignitosa.
Cammino per New York e sento la voce di un nostalgico cantante di strada
che intona una meravigliosa "But not for me" per un paio di dollari e la mia
mente ritorna al viso dell’amica che ha condiviso la notte di Natale con me.
Cammino per New York e penso che potevo trovarmi un altro lavoro. Ma
in fondo mi piace: chi da bambino non ha mai sognato di fare l’agente
segreto e rischiare la vita?
133
W 8
Il mattino dopo mi trovo già in aeroporto con un biglietto in mano e una
valigia molto piccola nell’altra.
Posso viaggiare tranquillamente usando il mio vero nome. Solo il mio
volto può testimoniare il mio passato, perché tutto il resto mi è stato
cancellato. Solo i miei ricordi e qualche foto mi dà la certezza che non sono
nato solamente quattro anni fa.
-"Non fumatori?" – mi chiede l’impiegato della compagnia aerea. E’ la
domanda più personale che la gente sia riuscita a farmi ultimamente.
Sto andando in India per ricongiungermi con i miei compagni di squadra e
completare la missione.
--Dobbiamo entrare e scoprire se in un laboratorio stanno combinando
qualcosa di grosso: informazioni e eventuale recupero di materiale.
Un’operazione semplice nell’esecuzione, ma abbastanza rischiosa.
Qualcuno potrebbe avere la voglia di spararci, tanto per farci capire che
non è il caso di immischiarci nei loro affari.
Di solito ci prendiamo un po’ di tempo per portare a termine le missioni
nel miglior modo possibile. Ci stabiliamo in zona per un po’; vediamo che
aria tira; facciamo un po’ di shopping (i soliti souvenires); controlliamo
tutta l’attrezzatura e ripassiamo il piano di azione. Di solito nulla va storto
e riusciamo anche a limitare il rischio di perdite umane sia tra di noi che
tra gli altri. Di solito.
134
--Appena entrati nell’edificio ci dirigiamo verso il laboratorio.
Vinnie manda avanti Mike. La parola d’ordine è "Non si uccide nessuno".
Mike è un po’ seccato dal fatto di doversi difendere con pistole caricate con
proiettili soporiferi. Non siamo in una installazione militare. Qui
dovrebbero esserci solo scienziati che se ci scoprono in teoria non
dovremmo sterminare, ma solo convincere con le buone maniere che
sarebbe meglio non interferissero con il nostro lavoro. Abbiamo comunque
tutti in dotazioni delle armi per essere pronti ad ogni evenienza. Vinnie ha
imparato a memoria, come tutti noi, la pianta dell’edificio: ognuno di noi
deve essere in grado di uscire di qui guidando gli altri, senza infilarsi in
cessi o sgabuzzini. Per ogni evenienza Clarence è collegato con noi
dall’esterno e confrontando la pianta dell’edificio con la nostra posizione
rilevata dai GPS che ci portiamo appresso, ci sa sempre dire con uno scarto
di un metro circa dove ci troviamo.
Tutto fila liscio e non incontriamo ostacoli fino al nostro obiettivo. Alla fine
del corridoio si trova la porta del laboratorio 7, dove sembra stiano
studiando delle varianti non un non so che virus letale. Una cosuccia da
nulla, ma sempre meglio accertarsi che non stiano facendo progressi!
-"Aspetta!" – dico a Vinnie.
-"Che hai?"
-"Hmm … Niente."
-"Niente? Mi dici aspetta e poi …"
-"Mi sembrava di aver … no mi sono sbagliato."
-"Ti sembrava di aver … sentito qualcosa?"
-"Non va bene." – rispondo a Vinnie.
-"Mi sto preoccupando. BULLSEYE occhi aperti, c’è un problema.
Controlla avanti, io le retrovie. Guadagniamo tempo per Watcher: non ha
le idee chiare."
-"Non è sicuro qui, dobbiamo rifugiarci nel laboratorio. Non possiamo
stare allo scoperto" - ci dice Mike.
-"Ok andiamo."
Mentre camminiamo lungo il corridoio mi guardo attorno in cerca di
ispirazione. Ho avuto una pessima sensazione. E io devo dare ascolto alle
mie sensazioni: è il mio lavoro!
E’ l’aria che tira qui dentro che non mi piace: mi sento come un criceto in
un labirinto osservato dall’alto. Una sensazione che non avevo mai provato
prima.
Il contenuto del laboratorio non ci tranquillizza molto. Qui stanno
cercando di modificare dei virus per crearne dei ceppi mutanti resistenti ai
135
vaccini. Se dovesse accadere un incidente a questo laboratorio, la soluzione
sarebbe quella di fare evacuare mezza India o magari "nuclearizzare" tutta
la zona.
-"Sanno che siamo qua" – sentenzio.
Vinnie non mi chiede neanche se sono sicuro. Lo prende come un dato di
fatto.
-"BULLSEYE, ci hanno scoperto. Piano di fuga A. CYPHER trovaci una
buona via di uscita e controlla che non ci sia qualcuno nei paraggi."
Mike piazza cariche fumogene e lampi al magnesio dietro la porta per
coprire la nostra ritirata. Di solito si spara qualche colpo e si piazza
qualche bomba innocua. Ma visto dove ci troviamo dubito anche che ci
sparerebbero contro per paura di far scoppiare qualcosa qui dentro. Poi
raccoglie materiale per documentare la nostra missione: appunti, foto,
campioni sigillati. Vinnie parla con Clarence per studiare la strategia. Io
me ne resto seduto in disparte perso nei miei pensieri.
La via per adesso è sgombra ma io continuo ad avere questa bruttissima
sensazione.
-"Non c’è nessuno nei paraggi" – ci dice Clarence – "è tutto tranquillo.
Nessuno è entrato nello stabile negli ultimi dieci minuti. Le guardie se ne
stanno buone buone nei loro alloggi. Nessun allarme è scattato. Ripeto:
nessuno sa che voi siete lì dentro."
-"WATCHER dice che ci hanno scoperti."
-"Non si è mai sbagliato prima" – risponde Clarence.
-"BULLSEYE?"
-"Ad un controllo a vista … niente di strano."
-"WATCHER, che mi dici."
-"Non lo so. Mi sarò sbagliato!"
-"Non ti sei mai sbagliato!" – risponde Vinnie.
-"Ho la sensazione di essere osservato, di essere spiato, di avere degli occhi
puntati addosso."
-"CYPHER, fammi un fottuto controllo sui satelliti spia che girano sopra
queste zone. Qualcuno ci sta facendo la festa e noi non lo sappiamo."
-"I satelliti a noi conosciuti che non controlliamo direttamente non sono
puntati sulle vostre teste."
-"Va bene. Ce ne andiamo. CYPHER: voglio massima copertura della zona.
BULLSEYE: non deve restare traccia del nostro passaggio, raccogli tutto
l’armamentario. WATCHER: dammi una mano a prelevare dei campioni e
fatti dare una mano da CYPHER per tirar fuori da quei computer il più
possibile. Do a tutti cinque minuti!"
In sette minuti siamo tutti fuori dall’edificio. Nel momento esatto in cui
usciamo Clarence passa con il furgone per prelevarci.
136
Però qualcuno sa che siamo stati qui e il fatto di non avere assolutamente
idea di chi diavolo possa essere, mi mette una certa agitazione.
Ce ne torniamo a "casa" in Australia e per tutto il viaggio di ritorno ripenso
a quella strana sensazione.
Il nostro capo, la sig.ra Appleton, non è molto soddisfatto della missione.
Non è abituata a leggere rapporti non soddisfacenti riguardo ai nostri
interventi, ma è altresì compiaciuta dal materiale recuperato dal
laboratorio. Il nostro lavoro permetterà ad un’altra agenzia di giustificare
un’operazione di pulizia in territorio straniero senza che qualcuno si senta
offeso dall’ingerenza esterna in questioni private. Come condannare
pubblicamente la distruzione di un laboratorio segreto intento a produrre
armi chimiche, senza ricorrere in pesanti ripercussioni internazionali?
-"Naturalmente ho capito tutto quello che avete scritto e che mi avete
detto: non è un problema visto il visto limitato vocabolario. Ma vorrei
qualche dettaglio in più sul problema che ha avuto lei, mio caro
WATCHER."
-"Penso si stia riferendo al fatto che ho avuto la "sensazione" che ci
avessero scoperto."
-"Mi sto riferendo, si."
-"Qualcuno mi stava osservando, ne ero sicuro. Da vicino, da lontano, non
lo so, non ne sono sicuro."
-"Un po’ vago."
-"Lo so, un po’ vago. Di solito sono molto più preciso, ma questa volta è
strano, è diverso."
-"Vorreste essere così gentili da lasciarci soli, per favore? Grazie."
-"Ma … ?"
-"Era ovviamente una domanda pleonastica. Fuori. Voglio parlare con
Jason."
Nessuno ha niente da obiettare e gli altri se ne vanno immediatamente.
Penso non mi abbia mai chiamato per nome da quando sono qui.
-"Ora, Jason" – è la seconda volta – "Dimmi che diavolo sta succedendo. Io
conosco tutta la tua vita, conosco il tuo passato, da dove viene, cosa hai
combinato, cosa ti sei mangiato il giorno che ti hanno arrestato. Conosco
ogni dettaglio della tua vita, meglio di quanto tu possa ricordarti. So cosa ti
rende speciale, il perché ti chiamiamo WATCHER. So a cosa e da dove sei
scampato."
-"Mi devo preoccupare? Mi sta per caso licenziando?"
-"Non fare l’idiota, forse sei un idiota … no, non sei un idiota. Non te la
saresti cavata altrimenti. Tu hai un dono: vedi le cose che ti stanno per
accadere; hai affinato il tuo dono con gli anni e adesso si può dire che puoi
137
quasi prevedere il futuro, anche se solo quello molto prossimo; percepisci
particolarmente le situazioni di pericolo."
-"Sono sconvolto da questo lucido resoconto. Ma non so se questo ci aiuta a
risolvere il nostro problema."
-"A risolverlo forse no, almeno non adesso. Ma a capire da che parte
guardarci, forse si. Tu non ti sei mai sbagliato finora, mai. Hai sempre
guidato con successo la tua squadra fuori dai guai. Correggimi se sbaglio."
-"Ha ragione. Non mi sono mai sbagliato. Penso non sia possibile, non
dopo tutti questi anni. Le mie sensazioni sono sempre molto chiare,
puntuali. Ma questa volta … questa volta … non lo so. Ho solo "sentito"
che qualcuno mi stava guardando … dall’alto."
-"Ti stava guardando? Stava spiando la squadra."
-"Non ho detto questo. Non la squadra, solo me. Due occhi puntati su di
me che mi stavano osservando."
-"Hai più provato quella sensazione? E adesso?"
-"No."
-"Dovrò approfondire questa storia. Nel frattempo cerca di concentrarti su
quello che hai provato nel tentativo di chiarirlo, di dargli un significato.
Prenditi un periodo di riposo. Resta al "coperto", tranquillo. Non dare
nell’occhio. Sospendo le vostre operazioni a partire da oggi."
-"Adesso mi sto preoccupando, capo."
-"Sparisci. Se ci sono novità di qualsiasi genere, dovrai subito informarmi
personalmente. Adesso puoi andare."
-"Buongiorno."
Chiudo la porta particolarmente preoccupato visto tutto quello che mi ha
detto e soprattutto per il fatto che non si è arrabbiata se l’ho chiamata
"capo".
Non dimentico che dopo essere uscito vivo dall’incasinata situazione in cui
mi ero cacciato, è stata lei a reclutarmi e farmi entrare in questa
organizzazione. Quando dice che mi conosce meglio di quanto io stesso
possa dire non sta scherzando. Penso che la sua preoccupazione derivi
proprio da questo.
Non sono semplicemente un tipo con un passato burrascoso, fatto di bande
giovanili, furti e riformatorio: tutte cose che si possono sistemare in fretta
pagando qualcuno per tenere la bocca chiusa. Io sono stato incarcerato per
omicidio, segregato in una prigione in fondo al mare, quasi torturato,
evaso e immischiato in loschi affari politici. Non ci sono soldi a sufficienza
per far tacere tutti quelli che ho incontrato. Forse li hanno eliminati! E’ una
possibilità. Tutto questo per dirvi che, se quello che mi sta succedendo
riaffiora dal mio passato, sono veramente nei guai. Veramente.
138
Me ne andrò a New York a riposarmi e a riflettere mentre il mio capo fruga
nel mio passato e nel mio presente alla ricerca di qualcosa che sia sfuggito
al suo controllo. Non so se mi devo tranquillizzare sapendo quello che sta
per fare.
Staremo a vedere, ma visti i presupposti non mi aspetta niente di buono.
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W 9
Dopo la malaugurata avventura in India me ne sono tornato qui nella
Grande Mela.
Raramente una nostra operazione non viene portata a termine in modo
pulito, e questa volta c’è anche l’aggravante che non ho la più pallida idea
di cosa sia andato storto. Devo chiarirmi le idee e analizzare le sensazioni
che ho provato quand’ero dentro quel laboratorio.
Perciò ho deciso che mi serve un piccolo periodo di riposo per rinfrancare
lo spirito e il corpo.
--Il bello di stare a New York è che è una città abbastanza tranquilla. Forse
questa mia affermazione è assolutamente soggettiva perché parto dalle mie
esperienze lavorative fuori dal normale. Forse cambierò idea quando sarò
vittima di qualche scippo o di una rapina, o magari di uno stupro! No, lo
stupro penso di no!
--Ho deciso di dedicarmi alla pulizia del mio appartamento. Ho paura di
trovarci nuovi inquilini non appartenenti al genere umano.
Faccio una capatina al supermarket per procurarmi cibo e detergenti ad
alto potenziale "schiumoso" e "profumante". Sono sicuro che Mike
potrebbe preparare delle bombe con il contenuto di questi flaconi! Tremo
al solo pensiero delle conseguenze che potranno avere sul mobilio e sui
140
pavimenti di casa mia. Forse dovrei comprare anche un tarmicida da
mettere nell’armadio, oppure un gomitolo di lana da dargli in pasto al
posto dei miei maglioni.
Sto tentando di ricordare che giorno potrebbe essere oggi. Tra il fuso orario
e la mancanza di un orario di lavoro che mi identifichi con certezza lo
scorrere inesorabile del tempo scandendomi il passare dei giorni, oggi per
me potrebbe essere lunedì, o domenica, o un anonimo mercoledì.
--Vengo fermato mentre sto salendo le scale di ritorno dal supermercato,
carico di detersivi e generi alimentari.
-"Guarda un po’ chi si rivede, Jason. E’ sabato mattina e ti prepari ad una
giornata di pulizie: tipico dei single."
Sabato, è bello sapere in che giorno della settimana mi sono svegliato.
-"Rachel, è un piacere rivederti."
-"Stento a crederlo. E’ da un po’ che non ti fai sentire."
-"Sono sempre in giro per lavoro … ."
-"Certo … hai già fatto colazione? Immagino di si. Mi offri la colazione?"
-"Non so se sia il caso … ."
-"Scusa, non volevo turbarti."
-"Non dire sciocchezze. Ho la casa che è un porcile. Appena entrato dovrò
chiedere l’affitto arretrato ai topi che ci sono qui dentro o ingiungergli lo
sfratto! Se vuoi poso le borse e te lo offro al bar qui all’angolo."
-"O magari mi inviti ad entrare e mentre tu metti un po’ a posto il porcile
che è casa tua, io mi preparo un caffè e ti organizzo il pranzo."
-"Entra."
Apro la porta, prendo le borse ed entro.
-"Chiudi tu per favore?"
-"Hai un bel da fare a quanto vedo."
-"Siediti pure dove vuoi. Io metto a posto la spesa."
-"Rimango in piedi se non ti dispiace."
-"E’ così sporco?"
-"Ho visto di peggio, ma ero in Africa."
-"Vieni in cucina, così almeno ti vedo mentre mi parli."
Appoggio i sacchetti sopra il tavolo e metto in ordine quello che ho
comprato.
-"Ti prego di non commentare i miei acquisti. Ci sono tipi in giro che
aspettano solo che tu compri qualcosa per dirti candidamente che ti hanno
fregato perché te lo hanno fatto pagare troppo oppure è una marca
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scadente. Frasi del tipo "Sai, l’ho comprato proprio ieri, uguale, e l’ho
pagato quasi la metà"."
-"Non vorrei ferire il tuo orgoglio di casalinga, ma se sei andato al
supermarket qui vicino ti hanno fregato. Posso sempre offriti il mio
appoggio legale se vuoi intentare una causa per circonvenzione di
"incapace negli acquisti dei prodotti per la casa"."
-"Grazie. Hai qualcosa da ridire anche su qualcos’altro che vedi qui
dentro?"
-"A parte la casa in disordine e la spesa, direi che non c’è altro. Ah, il
servizio è pessimo."
-"Quale servizio?"
-"Appunto. Che ti dicevo. Sto ancora aspettando la colazione."
-"Ma se mi hai detto che te la preparavi!"
-"Hai ragione. Fatti da parte. Ma guarda tu! Un uomo mi invita e devo
prepararmi anche la colazione. E scommetto che non hai neanche le
brioches calde?"
-"No, non ce le ho! E poi ti sei autoinvitata a casa mia."
-"Me lo stai rinfacciando?"
-"Certo che no. Lo sai che mi fa piacere vederti."
-"Grazie. Un complimento! Non ci posso credere. Questo merita un
premio. Vado a prendere le brioches nel mio appartamento e torno."
-"Ma sei hai tutto quello che ti serve a casa tua, perché non hai fatto lì
colazione? … Ritiro la domanda. Come non l’avessi fatta."
-"Bravo."
Questa donna mi disorienta. Torna naturalmente con quanto promesso.
Lei prepara il caffè che per solidarietà bevo anch’io. La prima cosa che
pulisco è la cucina, così non rischiamo di prendere qualche strana malattia.
Butto via tutto quello che sta tentando di riprodursi nel mio frigorifero.
Rispolvero il mio servizio buono e anche l’unico ad avere la zuccheriera
abbinata, oltre naturalmente a piatti e tazzine in multipli di due.
-"Toglimi una curiosità. Quando pensavi di iniziare a pulire?"
-"Subito."
-"E finire?"
-"Prima di pranzo."
-"Quello di domani, forse."
-"Non mi basta un’ora?"
-"Dipende dal concetto di pulito che hai tu, e di sporco!"
-"Casa mia non è sporca: è solo in disordine. E magari c’è della polvere da
togliere qua e la."
-"Divertente. Potrei darti una mano? Se vuoi."
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-"Stai scherzando? Non hai niente di meglio da fare? Fari un giro in centro.
Pulirti casa, Guardati una partita alla TV?"
-"Si dia il caso che casa mia sia pulita; che non aspetto certo il sabato per
andare a fare shopping, non sono mica una casalinga frustrata; che odio le
partite alla televisione, a parte un po’ il basket; non ho niente da fare, ho
voglia di compagnia, mi manca la conversazione con un tipo interessante,
e oggi lo stronzo del mio ex fidanzato mi ha richiamato per sapere se torno
da lui. Ma ti rendi conto: mi ha chiesto se IO torno da lui, non LUI da me!
Ma cosa pensa in quella sua testaccia vuota: che non abbia niente da fare e
che viva solo in attesa di una sua chiamata? Imbecille decerebrato!"
-"Sei stata chiara, chiarissima. Potresti fargli causa: l’imbecillità non è un
reato federale?"
Si mette a ridere, anzi prima a sorridere, poi si abbandona ad una
fragorosa risata. E’ bellissima.
-"Sei bellissima."
Smette di ridere e mi guarda.
-"Cosa hai detto?"
La guardo intimorito, ma mi ripeto.
-"Ho detto che si bellissima. Permalosa, ma con un sorriso stupendo."
-"Grazie."
-"Non c’è di che. Anche se mi viene un dubbio, che potrebbe rovinare
tutto: non è che noi due ci incontriamo quando tu litighi con il tuo ex?"
-"Hai ragione … ."
-"Ho rovinato tutto."
-"No, ma hai ragione sul fatto che ci incontriamo dopo che ho litigato con
quell’imbecille. ma quando ho bisogno di compagnia tu ci sei sempre."
-"Mi piacerebbe esserci anche quando io ho bisogno di compagnia."
-"Cosa stai dicendo?"
-"Sto dicendo che adesso io ho bisogno di aiuto e tu potresti darmi una
mano. Un po’ di sano lavoro fisico farà ‘si che dimentichi i tuoi dispiaceri."
-"Non è esattamente la proposta che una donna del mio livello si potrebbe
attendere, ma potrei anche accettare, se mi prometti di passare con me la
serata."
-"Ci devo pensare. Devo prima valutare come mi pulisci casa."
-"Ci sto. ti ricordo che la stretta di mano ha valore legale nello stato di New
York."
-"Cosa intendi per la serata? Cena? O cos’altro?"
-"Proprio quello."
-"Ma … lasciamo perdere."
Prima di tutto finiamo di sistemare la cucina. Poi passiamo alla camera da
letto … io passo alla camera da letto, mentre lei mi sistema il salotto.
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Ovviamente critica il mio modo di condurre le operazioni sul campo,
mentre io mi oppongo strenuamente al suo ricercare costantemente la
pulizia in ogni dove: luoghi inaccessibili come sotto i divani, dietro i
termosifoni, sopra i libri non dovrebbero neanche essere presi in
considerazione. Mi guarda con un’espressione mista di compassione,
comprensione e disgusto: compatisce il mio modo di vivere, ma allo stesso
tempo lo comprende e ne viene disgustata. Pensa io incarni lo stereotipo
del maschio poco dedito alla pulizia domestica. Ci prendiamo una pausa
per mangiare un panino e poi continuiamo per tutto il pomeriggio.
La guardo mentre lavora per pulirmi casa con quei suoi capelli rossi
raccolti con un nastro verde, la dolcevita nera aderente al corpo che ne
esalta le forme, la grazia con cui si muove fra stracci e detersivi.
I prodotti per la casa a tripla azione che avevo comprato hanno fatto il loro
dovere e uniti ad un’energica azione di braccio hanno reso casa mia
vivibile e noi due sfiniti.
Ci sdraiamo sul divano davanti al televisore acceso mentre stanno
trasmettendo una partita di football.
-"Guarda che accozzaglia di energumeni lobotomizzati, laureati solo
perché sanno correre. Dovrebbero darle anche ai cavalli, già che ci sono!"
-"Sei veramente impossibile."
-"Lo so."
-"Era meglio se me la pulivo da solo. A quest’ora sarei molto più riposato."
-"E molto più sporco. Sono a pezzi. Ma come fate voi uomini a ridurre una
casa in queste condizioni. Non vi rendete conto di come vi state riducendo
mentre lo sporco si accumula?"
-"Non so risponderti. E’ predisposizione genetica."
-"Siete predisposti geneticamente al disordine e al … al … lasciamo
perdere. Il fatto è che sono a pezzi e mi è passata la voglia di uscire. Non
riuscirei mai a lavarmi, truccarmi e vestirmi per le otto!"
-"Ma sono passate da poco le sei."
-"Solo due ore di tempo! Impossibile."
-"Potresti farti qui la doccia."
-"Che razza di proposta sarebbe mai questa!"
-"Oddio, non volevo essere … sfrontato."
-"Sfrontato? No, stavo solo pensando che il bagno te lo sei lavato."
Non ci posso credere.
-"Stavo scherzando. La proposta sarebbe allettante, da un certo punto di
vista, ma per adesso non mi sembra il caso. Ti ringrazio dell’invito, magari
potrei approfittarne un’altra volta. Per questa volta facciamo finire la
serata tranquillamente."
-"Da amici."
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-"Non dirlo con quel tono, però."
-"Hai ragione, non dovevo farti una proposta del genere. Facciamo così. Ci
risistemiamo nelle rispettive case e poi si ordina una pizza da mangiare da
me. Meglio così?"
-"Diverso … può andare."
Ci alziamo dal divano non senza sforzi. Ci congediamo con un "ci vediamo
più tardi" e poi mi vado a fare una bella doccia gelata!
Mi fa impazzire! Non nel senso che il vederla mi crea turbamento e che
non riesco a vivere senza di lei: nel senso che non riesco a capirla; non so
da che parte prenderla, metaforicamente parlando intendo.
Non so se espormi di più o lasciar perdere. Non capisco che intenzioni
abbia. Non capisco che intenzioni io abbia! Forse devo smettere di fare
l’agente segreto e dovrei cominciare a frequentare più donne. Forse dopo
trenta o quarant’anni di esperienza potrei ripresentarmi da lei senza più
sentirmi impacciato.
Potrei essere semplicemente me stesso!
Bello come consiglio, se non avessi identità sparse per il Mondo che mi
costringono a tenere degli appunti sulle mie varie vite per non incorrere in
gaffes quando qualcuno mi chiede "Dove è stato tutto questo tempo?"
Potrei dirle che mi chiamo Jason e che sono un agente segreto: potrei anche
fare colpo su di lei, oppure potrebbe passare per uno sciocco e goffo
tentativo di darmi delle arie.
Per questa sera torno ad essere il tranquillo e simpatico vicino di casa che
la consola e le fa compagnia quando il suo fidanzato non c’è … oddio …
detto così sembra molto squallido.
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W 10
Il tempo a New York trascorre tranquillamente.
Passo le mie giornate svegliandomi presto alla mattina, mantenendo
l’orario usuale di sveglia. Dopo aver pulito a fondo la casa giorni fa non mi
resta molto da fare. Ma approfitto del tempo per fare l’inventario di tutto
quello che ho. Non è molto a dir la verità, anzi devo dire che casa mia è
molto squallida.
Ho una camera da letto, un’altra stanza che potrei usare come studio, ma
non ho nessun motivo per farlo, la cucina, il bagno e il soggiorno. Se
prendo tutti i soprammobili sparsi riesco a malapena a riempire uno
scatolone.
Vuota è il termine per descrivere casa mia. Potrei impiegare il mio tempo
libero, e ne ho un bel po’, a riempirla di cose assolutamente inutili, che poi
dovrò spolverare, spostare, alla fine pentirmi di averle comprate e cercare
di trovare un angolo di casa in cui non mi rompano tanto le balle. Di solito
la casa di una persona viene cortesemente rifornita dagli amici, che per i
tuoi compleanni, pensano bene di regalarti cose che il più delle volte
riusciresti tranquillamente a farne a meno.
Però penso che qualcosa potrei veramente comprarmela, magari qualche
libro, mi è sempre piaciuto leggere, ma ultimamente ho sempre così poco
tempo … qualche tappeto? no, … magari qualche quadro o qualche
simpatica stampa da appendere. Se solo sapessi dove andare per
procurarmi tutte queste cose sarei anche disposto a spendere qualche
dollaro.
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Quando rendo partecipe Rachel del desiderio di abbellirmi casa, lei sembra
entusiasta: uno stato d'animo che associato al fare shopping mi è
incomprensibile. O forse è l'idea di spendere i soldi degli altri che è
allettante! Mi porta nel Lower East, in Canal Street, passando praticamente
da un mondo all'altro quando ci infiliamo alternativamente in Mott Street
o Mulberry Street, ovvero Chinatown e Little Italy.
Per fortuna che le ho detto che avevo con me solamente un centinaio di
dollari e che non avrei mai accettato un prestito da lei, neanche per
comprare una meravigliosa statua della fertilità!
Alle quattro di pomeriggio siamo entrati nel primo negozio e siamo usciti
dall'ultimo verso le sette di sera. Il mio fisico non regge più simili sforzi,
ma ancor più la mia psiche. Non è facile tener testa ad una donna con folli
propensioni a comprare praticamente tutto quello che vede.
Ovviamente l'ho resa partecipe del mio stato d'animo e come risposta ho
ricevuto un bel "Tipico atteggiamento maschile" di chi pensa che "Il
massimo dell'arredamento casalingo sia la coppa vinta al torneo del
bowling del giovedì sera". Nel dirlo mi ha anche sorriso come se avesse già
avuto a che fare con persone come me e provasse un misto di
comprensione e rassegnazione.
Sono spiacente di aver così male rappresentato l'universo maschile in
questa occasione, però devo dire a mia discolpa che non ho mai giocato a
bowling il giovedì sera!
Per farmi perdonare le devo anche offrire la cena. Mi chiede se ho
abbastanza soldi per compensare il modo in cui mi sono comportato,
invitandola a cena in un buon ristorante italiano. Le rispondo che mi ero
nascosto qualche dollaro nel calzino in caso di emergenza e che se mi da
un secondo li avrei recuperati. Si è messa a ridere. La trovo fantastica
quando lo fa.
Troviamo un ristorantino a Little Italy che ha anche dei tavoli all'aperto e
visto che la serata non è fredda ne approfittiamo.
Ordiniamo pasta come primo piatto e della carne per secondo.
Continuiamo a parlare ininterrottamente del più e del meno, della vita a
New York, del lavoro, dell'amore, dell'arredamento della casa e di altre
mille cose ancora.
Stanchi per la giornata campale ritorniamo a casa, dopotutto devo ancora
trovare posto ai meravigliosi oggetti che abbiamo comprato oggi.
Più passano i giorni e più riusciamo a conoscerci. Lo so che questa
affermazione è un po' ridicola detta da me, visto che il più delle volte
mento spudoratamente. E' anche vero che mento solo quando devo
raccontare situazione oggettive, quello che ho fatto, episodi o fatti precisi
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della mia vita, non quando parlo di me spiegando quello che sono, quello
che provo, i miei sentimenti.
Non è comunque una bella situazione, anzi è una situazione senza alcuna
prospettiva possibile, visto la mia condizione attuale. Non posso restare
per molto tempo nello stesso posto, visto i miei impegni che mi portano
anche per mesi lontano da "casa", qualunque essa sia. E' vero anche che
New York mi è molto simpatica, totalmente diversa dalle città australiane.
Sono un bastardo. Lei si sta aprendo con me, pensando che io sia una
persona sincera di cui fidarsi. Anche se ho sempre l'impressione di essere
la spalla su cui piangere quando si molla il fidanzato anche se, in questo
caso, stronzo.
--Durante la settimana non ci vediamo più di tanto. Lei è un tipo che lavora
molto mentre io sono l'equivalente maschile della casalinga frustrata.
Anche se dedico pochissimo tempo alle faccende domestiche, ho
cominciato a seguire alcune telenovelas e mi sto accorgendo che sto per
raggiungere il fondo: una volta sono anche stato sul punto di telefonare ad
una emittente privata per comprarmi un set di pentole "indispensabile al
giorno d'oggi"!
Devo trovarmi ASSOLUTAMENTE qualcosa da fare.
Non ho un lavoro, uno normale intendo; non vado a fare shopping; non
sono iscritto ad una palestra e tanto meno a qualche circolo ricreativo; a
parte Rachel non conosco nessun altro che potrei invitare a casa mia.
O do una svolta alla mia vita sociale o me ne ritorno in Australia a fare la
spia! Senza una vita alle spalle e senza molti progetti per il futuro, la mia
situazione è alquanto provvisoria.
Forse sarebbe meglio che chiamassi la sig.ra Appleton per sentire se ha
delle novità. Magari solo per farmi insultare un po', ne sento la mancanza.
Per adesso ho seguito alla lettera le sue indicazioni: rilassarmi per cercare
di chiarirmi le idee in merito agli ultimi avvenimenti. Mi sento lo spirito
come una mozzarella da quanto sono rilassato! E nonostante tutti questi
sforzi non sono giunto a nulla.
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W 11
Dopo altri dieci giorni passati a New York, tra noiose giornate passate ad
aspettare che mi venga l'illuminazione e altrettante stimolanti serate in
compagnia di Rachel, vengo contattato dall'organizzazione che richiede la
mia presenza in Australia con la massima priorità.
Riempio la valigia con le quattro cose con cui ero arrivato e dopo poche ore
sono già all'aeroporto dove mi aspetta un biglietto a mio nome, già pagato
e di sola andata.
Prima di partire ho scritto un biglietto a Rachel per dirle che sono dovuto
partire immediatamente per lavoro. Ovviamente non accennerò alla sig.ra
Appleton di questo mio gesto: non vorrei mai che facesse saltare in aria
tutto il palazzo facendo bene attenzione a che nessun inquilino sfugga alla
spiacevole tragedia.
--Arrivo all'aeroporto e trovo una macchina ad aspettarmi. Già inizio a
preoccuparmi visto che è la prima volta che succede una cosa del genere.
-"Si vuole che lei arrivi al più presto alla base" – mi dice l'autista.
E questo vuol dire che la sig.ra Appleton vuole che io arrivi al più presto
alla base.
Sono impaziente di sentire le novità che avrà da dirmi. Ma ripensandoci
forse non dovrei essere così impaziente: potrebbero essere cattive notizie o,
se va male, addirittura pessime!
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Arrivati alla base vengo scortato fino alla sezione con i laboratori di ricerca
e sviluppo. Lì trovo la sig.ra Appleton assieme ad un certo numero di
persone in camice bianco.
Mi si rizzano i peli come un cane davanti ad un veterinario che ha un osso
in una mano e nell'altra una minacciosa siringa.
-"Tutta questa gente è qui per lei, Jason."
-"Lo temevo."
-"Forse abbiamo la soluzione al suo … al nostro problema, ma per essere
sicuri dovremmo sottoporla a degli esami."
-"Questo comporta l'uso di siringhe e altri meravigliosi aggeggi infilati nel
mio corpo?"
-"No. Ma se mi fa perdere altro tempo, mi assicurerò personalmente perché
questi solerti dottori approfondiscano con maggior cura gli esami sul suo
corpo."
Mi affido alle loro cure. Mi fanno spogliare e indossare un meraviglioso
camice bianco. Mi passano ai raggi X tutto il corpo e alla fine mi chiudono
in una stanza senza finestre e con le pareti di metallo.
-"E adesso che dovrei fare?"
-"Niente. Deve restare qui dentro per un po'."
-"E dove mi siedo?"
-"Non si siede."
-"Grazie."
Dopo un bel po' di tempo vengono a tirarmi fuori.
-"Ma che accidenti state facendo. Un altro po' e impazzivo lì dentro."
-"Purtroppo non potevamo più lasciarla dentro. Stava per mancare
l'ossigeno."
-"Volete dirmi che quella … cella non aveva un condotto di aerazione?"
-"No, è ermeticamente sigillata, per non inficiare il nostro test."
-"Sapete cosa dovete farvene del vostro stramaledetto test?"
-"Jason, la prego. La smetta di lamentarsi o la faccio lobotomizzare."
La sig.ra Appleton ovviamente è tornata a farmi visita.
-"Mi vuole spiegare cosa mi state facendo?"
-"La aspetto nel mio ufficio, tra venti minuti" – e rivolgendosi ai dottori –
"Voglio i risultati dei test nel mio ufficio tra quindici minuti. Signori …
buon lavoro."
Dopo venti minuti sono davanti alla porta del suo ufficio. Busso prima di
entrare – "Buon giorno, sig.ra Appleton."
-"Mi ha sentito dire attraverso la porta "Può entrare", Jason?"
-"No??"
-"I prossimi agenti che arruolo li voglio inglesi: saranno delle checche ma
almeno conoscono il bon ton! Si segga, dobbiamo parlare. Forse abbiamo
150
scoperto qualcosa di importante. Qualcosa che si ricollega con il suo
particolare passato. Lei è stato rinchiuso per un certo periodo di tempo in
un carcere in fondo al mare. Un'installazione para-governativa che aveva
l'intento di rinchiudere i criminali più pericolosi ma nella quale si
svolgevano anche strani esperimenti su cavie umane. Lei ha rischiato di
essere tra queste, ma è evaso. Poi il posto è stato scoperto e chiuso. Questo
episodio della sua vita oltre a dei brutti ricordi le ha lasciato anche un'altra
cosa: un impianto sottocutaneo alla base del cranio."
-"Era un dispositivo di localizzazione che usavano nel carcere per sapere
sempre dove eravamo, che non mi è stato tolto per non correre dei rischi
inutili visto che non funzionava più."
-"Questo è vero. Ma sembra che abbia ulteriori funzioni che al tempo non
avevamo scoperto."
-"Del tipo?"
-"Per spiegarla con termini che possa capire anche lei … è una
ricetrasmittente o un transponder. La stanza in cui è stato rinchiuso è
servita ad intercettare e analizzare le sue trasmissioni scandagliando tutte
le frequenze possibili."
-"Così piccola?"
-"Pare di si. Quella gente sapeva il fatto suo. Non è ancora ai livelli della
nanotecnologia ma ci si avvicina molto."
-"Questo particolare tecnico non mi rende particolarmente felice. Ma
trasmette cosa? E chi sta ricevendo? E perché non ce ne siamo mai accorti.
Ma soprattutto … perché non me la togliete?"
-"Non sappiamo a chi stia trasmettendo. Quello che sappiamo per certo è
che sta trasmettendo su una frequenza particolare un segnale per essere
localizzata. E non si può togliere. O meglio la possiamo anche togliere però
probabilmente lei morirebbe subito dopo."
-"Ho paura a chiederle il perché."
-"Il congegno è stato saldato al suo cranio e la parte a contatto sembra
essere un piccolo contenitore. Presumono che possa contenere del veleno o
qualche altra sostanza mortale. E' solo un'ipotesi ma penso che non voglia
rischiare per scoprirlo."
Non ero preparato per questo tipo di notizie. Anche dando fondo alla mia
immaginazione non sarei mai arrivato a tanto. Non capita tutti i giorni di
sentirsi dire che sei una stazione radio ambulante che trasmette 24 ore su
24 tutti i giorni dell'anno.
-"Per finire di risponderle … non ce ne siamo mai accorti perché
presumiamo che al tempo non stesse più trasmettendo e che si sia attivata
in questo periodo ma senza un'apparente causa. Un trauma o magari una
conversazione più lunga del solito con i suoi compagni di squadra ha
151
riattivato parte del cervello che di solito non usa scatenando una tempesta
elettrica nel suo corpo."
-"Vuole dire che si è riaccesa da sola?"
-"Pensiamo piuttosto che non si sia mai spenta, ma che non trasmettesse il
segnale, come se fosse stata disattivata a distanza. Ma adesso ha ripreso a
funzionare e non sappiamo perché e per chi. La vita di questo congegno è
collegata alla sua visto che cattura l'energia elettrica che normalmente
circola nel corpo umano, vedi gli impulsi elettrici lungo il sistema nervoso.
Ripensandoci bene, visto le porzioni limitate di cervello che siete abituati
ad usare nella sua squadra mi meraviglio che non si sia spenta già da
qualche anno."
-"Ma adesso?" – le chiedo sconcertato.
-"Escludendo la rimozione chirurgica e non potendola imprigionare in una
stanza blindata per il resto della sua vita, mi vedo costretta a sospenderla
dal servizio finché non capiremo se tutto questo può compromettere le
nostre attività."
-"Ma … ."
-"Durante la sua ultima missione lei ha avvertito qualcuno che la
osservava. Con tutta probabilità in quel momento il congegno si è
riattivato o peggio è stato riattivato di proposito da qualcuno che voleva
scoprire le sue mosse. In pratica lei viene osservato costantemente. Anche
in questo momento la ricetrasmittente sta trasmettendo."
-"Ma perché non avverto quella sensazione, allora?"
-"Forse usano dei satelliti per la localizzazione e in questo momento non
sono allineati o magari in questo momento a nessuno interessa sapere dove
si trova."
-"Ma se stanno usando dei satelliti, non potete localizzarli e disattivarli? O
distruggerli?"
-"Potremmo. In questo momento stanno localizzando e analizzando i
satelliti in orbita. Dubito troveremo qualcosa di anomalo. Dovremo
aspettare il momento in cui qualcuno si metterà in ascolto del segnale della
sua ricetrasmittente e scoprire quali satelliti le passano sopra la testa,
disattivarli e poi stare a vedere cosa succede."
-"Mi sembra una buona idea anche se a lungo termine."
-"Per adesso non ne abbiamo di migliori. Ma se mi fa perdere altro tempo
potrei pensare di farle staccare la testa e magari donare gli organi a
qualcuno che ne farebbe sicuramente un uso migliore."
-"Sono sospeso a tempo indeterminato."
-"Si. Se avvertirà di nuovo quella sensazione dovrà comunicarci la sua
posizione e poi noi faremo il resto. Per questo motivo la voglio lontano
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dalle nostre basi. Non voglio che usino lei per localizzare le nostre
posizioni. Arrivederci e stia attento."
-"Capo, si sta forse preoccupando per me?"
Lei prende in mano il telefono e dice -"Voglio che l'agente Jason Patricks
venga ucciso e il suo corpo dato in pasto al mio cane", poi mi guarda
mentre sorrido ed esco dal suo ufficio. So che sta scherzando, ma solo
perché lei non ha un cane.
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W 12
Dopo quel periodo di ferie forzate adesso me ne spetta un altro di
sospensione a tempo indeterminato. Non che mi dispiaccia, ma mi sto
preoccupando. Questa situazione mi sta sfuggendo di mano. Avere in testa
una cosa che riceve e trasmette non mi fa sentire a mio agio, molto meno
addirittura di quando qualcuno mi chiede che lavoro faccia. Mi sento una
radio ambulante: da un momento all'altro mi aspetto di sentire l'ultimo
successo rap del momento uscirmi dalle orecchie!
Per rilassarmi me ne ritorno a New York. Potevo scegliere anche altre
destinazioni, sfruttando le altre mie coperture. Ma qui ho lasciato qualcosa
in sospeso che sarebbe meglio definissi il più presto possibile. Mi riferisco
a Rachel e al fatto che mi sto facendo coinvolgere troppo, o troppo poco.
Ma so già come andrà, o come dovrà andare: non dovrò più rivederla,
troncando subito qualsiasi rapporto destinato a non avere alcun futuro.
Per la mia sicurezza e la sua.
Finché sto scendendo dall'aereo mi sembra ancora facile. Potrei vendere
l'appartamento, portare via le mie cose quando sono sicuro lei non sia in
casa e il gioco è fatto. Il difficile sarà passare il resto della vita a
rimpiangere quello che sarebbe potuto essere.
--Quando arrivo sotto casa è già sera.
Salgo le scale con il mio bagaglio a mano, contando e osservando gli scalini
che mi separano dal mio pianerottolo.
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In questo momento mi sembra di avere la vita un tantino squallida. Non
ho una vera casa, anche se in Australia e a New York passo molto della
mia vita. Tra effetti personali e oggetti vari che mi porterei appresso in un
eventuale trasloco potrei riempire a malapena uno scatolone. A pensarci
bene devo avere un solo spazzolino da denti e me lo porto appresso da un
continente all'altro.
E come se tutto questo non bastasse non trovo le chiavi dell'appartamento.
Mentre sto frugando nella valigia sento una voce di donna chiamarmi
"Jason! Sei tornato" – è Rachel. Mi volto e la guardo: dovevo andare in
albergo.
-"Cosa c'è?"
-"Non trovo le chiavi."
-"Un bel guaio."
-"Mi sa che dovrò andare in albergo e domani chiamare qualcuno che mi
sostituisca la serratura."
-"In albergo? Starai scherzando, vero? Puoi dormire da me."
Da lei?
-"Da te?"
-"Si. Ho un divano molto comodo."
-"Non so … ."
-"Andiamo, non farti pregare."
-"Ok."
-"Penso di non aver mai sudato tanto per convincere un uomo a dormire a
casa mia!"
Saliamo le scale e ci troviamo davanti alla sua porta, la apre ed entra, si
ferma e mi guarda.
Non erano questi i miei piani.
In quel momento mi viene in mente una cosa: prendo la valigia e apro una
tasca laterale, infilo la mano e estraggo le chiavi di casa.
-"Le chiavi, le ho trovate."
-"Già … le hai trovate … che fortuna."
-"Già. Vuol dire che … che ritorno nel mio appartamento."
-"Eh si. Però se … ."
-"Devo proprio andare adesso. Sono stanco per il viaggio. Che ne dici se ci
vediamo domani, magari andiamo a farci un giro. Che ne dici?"
-"Io lavoro domani … magari facciamo un altro giorno."
-"Allora, buonanotte."
-"'Notte."
Chiude la porta e me ne ritorno giù per le scale. Che razza di vita!
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Adesso ho tutta la notte per pensare ad un valido motivo per aver rifiutato
l'invito di Rachel a dormire a casa sua.
Spero che la scusa di essere una spia e di non potermi confidare mi basti
anche questa volta.
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W 13
E’ già una settimana che mi trovo a New York e già comincio ad
abituarmici.
Mi alzo alla mattina senza l’assillo di sapere a che ora parta l'aereo che mi
porterà in qualche posto strano da qualche parte nel Mondo. Un po’ mi
mancano le argute conversazioni con i miei compagni di squadra, ma solo
un po’.
Vado a fare la spesa al negozio dietro l’angolo, mi faccio da mangiare,
guardo la televisione, vado a passeggiare in centro.
Sul versante "ricetrasmittente" niente di nuovo: sono giorni che non ho più
avvertimenti in tal senso. E purtroppo anche sul versante "vicina di casa"
non c’è nulla di buono e nessun sviluppo all’orizzonte.
Mi ritrovo in un mezzogiorno qualsiasi di questo periodo di ferie forzate in
cucina a prepararmi da mangiare. Lascio accesa la televisione per sentire le
ultime notizie. Un conto è restare a casa e un altro è rimanere
completamente all’oscuro di quello che succede nel Mondo. Non che le
notizie date rispecchino la verità ma almeno ho un’idea dei fatti.
Mi sto preparando della pasta italiana con un sugo alle zucchine e
pomodori, una ricetta datami da un amico italiano durante uno dei miei
viaggi. Giro per la cucina con un pezzo di pane in mano e nell’altra un
pezzo di formaggio.
La tavola è già preparata per uno, come al solito; l’acqua bolle e in
televisione scorrono le previsioni del tempo.
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Fuori è una bella giornata di luglio calda ma ventilata. Oggi pomeriggio
potrei farmi un giro in bici in Central Park.
Mi chino per raccogliere da terra un pezzo di formaggio che mi è appena
caduto, nel tentativo di salvarlo entro i fatidici cinque secondi dopo i quali
il cibo raccolto è irrimediabilmente compromesso!
Dal salotto sento la voce di uno speaker alla televisione annunciare una
notizia straordinaria dall’Asia.
"Oggi nella regione del Qing Zang è stata avvertita un tremenda scossa di
terremoto. La zona risulta praticamente disabitata ad eccezione di tre
villaggi a diverse centinaia di chilometri dall’epicentro. La rilevazione è
stata effettuata contemporaneamente da più centri sismologici che ne
hanno rilevato l’intensità. Se tale scossa si fosse abbattuta in un qualsiasi
centro abitato, probabilmente adesso staremmo parlando delle migliaia di
vittime causate da tale evento naturale … ".
Lo speaker continua dicendo che ci terrà informati quando se ne saprà di
più, magari dopo eventuali sopralluoghi. Per una volta una notizia
straordinaria non riguarda la vita o la morte di gente innocente; il che vuol
dire anche che le mie vacanze si protrarranno ancora per un po’.
Non sto dicendo che il mio contributo alla sicurezza mondiale sia così
determinante, ma quando ci sono casini in giro per il Mondo una mano in
più e un paio di occhi non fanno mai male.
Oggi però mi aspetta una grandiosa pasta italiana cucinata con le mie abili
mani da rozzo australiano.
--La mia beata innocenza e spensieratezza vengono spazzate via dopo solo
un paio d’ore dal pranzo.
Il tutto si è consumato durante una breve ma intensa telefonata da parte
del mio ufficio. Il testo faceva più o meno così …
-"Devi tornare alla base. Subito."
Al che è seguita una mia richiesta legittima di spiegazioni, allegata alla
quale ho anche fatto notare che mi era stato ordinato dal capo in persona
di restarmene "fuori dai piedi" fino a nuovo ordine. E’ seguita una breve
pausa dopo la quale la voce femminile del mio inflessibile capo mi
ordinava di eseguire gli ordini …
-"Forse non ti è ancora chiaro che qui dentro si fa solo esclusivamente
quello che dico io. Perciò se qualcuno ti chiama su una linea protetta per
dirti di tornare alla base, significa che IO gli ho detto di chiamarti."
-"Ho afferrato. Ma i suoi ordini?" le ho chiesto candidamente.
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-"I miei ordini sono cambiati" – mi ha risposto con un tono di voce
leggermente alterato.
-"Ah."
Penso sia stato un "Ah" di troppo.
-"Per fortuna non siete tutti così, vuoi agenti segreti" – lo ha detto con uno
strano tono – "Ha sentito la notizia dall’Asia?"
-"Cosa? Il terremoto? Si."
-"Ha capito in che zona?"
-"Direi di si, abbastanza."
-"Se le dico che non è una zona sismica, che non lo è stata e non lo sarà
mai? Che per quanto ne sappiamo quel pezzo di terra è fermo da quando i
primi organismi unicellulari hanno messo le loro zampette sulla terra?"
-"Non avevano le zamp… ."
-"Non mi interrompa su cose assolutamente insignificanti e in più mi fa
perdere il filo del discorso. Stavo dicendo che quello zona non è sismica e
la causa del terremoto è da ricercare in un ambito più … umano. Sembra
che abbiano fatto esplodere una bomba."
-"Una bomba non potrebbe mai fare un tale casino … non mi dica che è
esploso un ordigno atomico?"
-"E’ meglio che prenda il primo aereo."
159
W 14
Nessuno fa caso ad un elicottero che sorvola la zona a bassa quota per
chilometri con equipaggiamento da guerra; e nessuno nota la gente vestita
da militare che vi è montata sopra.
Probabilmente perché non c'è' anima viva da queste parti che potrebbe
essere testimone di qunato sta avvenendo.
Magari qualche pastore potrebbe averli visti, ma non immaginando
assolutamente da che parte stiano venendo e dove stiano andando.
Susciterebbe sicuramente il suo interesse molto più per la rarità dell'evento
che per la specificità del momento.
L'elicottero avanza seguendo una ben definita rotta alzando un gran
polverone per la vicinanza con il terreno. Non si preoccupano di dare
nell'occhio o delle conseguenze dell'essere visti.
A bordo ci sono il pilota e un altro uomo seduto accanto. Dietro trovano
posto quattro persone più una grande cassa di metallo.
Nella cabina il passeggero scruta l'orizzonte e quello che gli sta attorno e
contemporaneamente sta consultando lo schermo di un portatile: una
cartina geografica dettagliata della zona in cui si trovano è aggiornata con
la posizione e il percorso che devono affrontare tramite un rilevamento
GPS.
Il viaggio iniziato più di cinque ore prima termina nel bel mezzo di una
landa desolata.
L'elicottero si ferma dove apparentemente non c'è assolutamente nulla per
cui valga la pena di fermarsi, a parte il meraviglioso panorama che offre
questa zona della Cina occidentale.
160
Viene confermata l'esattezza della posizione al resto della spedizione e
l'elicottero atterra dolcemente.
Tutti scendono dal velivolo con le armi spiegate.
-"Dalla base confermano che la zona è sicura. Un rilevamento ad infrarossi
ha escluso presenze umane per un raggio minimo di cinquanta chilometri"
- afferma il passeggero, dopo aver parlato con qualcuno alla radio.
Nel frattempo il rotore si è fermato e nella valle tutto tace.
-"Diamo inizio alla procedura" - e il pilota fa cenno agli altri quattro di
scaricare la cassa.
Viene preparato uno scivolo per scaricare dolcemente il carico trasportato
dall'elicottero.
Tutti sanno cosa fare, nessuno parla, nessuno guarda negli occhi gli altri
partecipanti alla spedizione; il tutto avviene sotto lo sguardo vigile del
passeggero. Il pilota nel frattempo si guarda attorno, lasciando intravedere
un certo nervosismo.
-" Aprite la cassa. E fate attenzione" - in questo momento le operazioni
sono comandate dal passeggero, che a differenza del pilota è più che altro
impaziente.
Vengono svitate le pareti della cassa in modo che rimanga solo il fondo che
poggia su quattro ruote.
All'interno della cassa di metallo ce n'è un'altra, completamente anonima e
sigillata: c'è solo un tastierino numerico sulla parte superiore.
Il passeggero preleva una valigetta dall'elicottero, digita un codice per
aprirne la serratura elettronica ed estrae una busta. La apre ed estrae il
foglio contenuto in essa e si avvicina alla cassa.
Nel foglio ci sono tre serie di numeri. La prima viene digitata sul tastierino
numerico della cassa a mo' di codice.
Dalla cassa si ode un rumore metallico e un ronzio. Tutti a parte il
passeggero fanno un impercettibile passo indietro. La parte superiore della
cassa si alza di qualche centimetro in modo da poterla sollevare e toglierla.
Ad un cenno del passeggero i quattro soldati si avvicinano e tolgono il
coperchio permettendogli di usare la seconda serie di numeri digitandoli
su un altro tastierino presente all'interno.
Tutte queste operazioni continuano a svolgersi nel più completo silenzio.
Tutti sanno cosa fare, ma una strana aura di nervosismo avvolge tutti. Il
fatto di essere in mezzo al deserto forse amplifica il sentimento di paranoia
che porta questo sparuto gruppo di uomini a guardarsi attorno, sapendo
comunque perfettamente che non c'è nessuno nell'arco di centinaia di
chilometri.
161
Il passeggero continua ad armeggiare per diversi minuti con l'interno della
cassa. Alla fine si rivolge ai quattro soldati.
-"Richiudete la cassa. La bomba è pronta. Abbiamo un'ora di tempo per
allontanarci ad una distanza di sicurezza."
La faccia dei sui interlocutori non sembra molto distesa dopo aver udito
questa notizia.
Risalgono tutti sull'elicottero, che dopo cinque minuti è già in volo.
-"Ovviamente non le posso chiedere perché lo stiamo facendo, ma forse
sono felice di non saperlo" - dice il pilota rivolgendosi al passeggero.
-"Ovviamente. Ma si sbrighi comunque a portarci via di qui" - risponde,
usando per la prima volta un tono di voce tra il sollevato e il pensieroso.
I quattro soldati seduti dietro, i meno consapevoli della situazione, si
guardano negli occhi sicuri di averla scampata.
Alle 17.43 la bomba atomica esplode. Dopo solo otto minuti da quando è
stata innescata. L'elicottero ha appena fatto a tempo a decollare e
percorrere una decina di chilometri. Sei vite ignare sono spazzate via in un
paio di secondi dall'onda d'urto, risparmiando loro la tempesta di fuoco e
le radiazioni mortali.
--Lo scoppio coinvolge un'area vasta poco più di centocinquanta chilometri.
Esplodendo a terra il fungo atomico è meno visibile rispetto ad una bomba
esplosa in aria e le conseguenze al suolo meno estese per via degli ostacoli
orografici.
Gli effetti però sono quelli noti: onda d'urto, tempesta di fuoco, fallout
radioattivo. Qualsiasi forma di vita spazzata istantaneamente su un'area
vastissima; tutto quello che sopravvive morirà per le ferite subite o tra
qualche anno per le radiazioni.
A circa cento chilometri dall'epicentro dell'esplosione si trovano le città di
Gomo, Gerze e Lhanzhong, piccole cittadine nell'altopiano del Tibet, nella
regione del Qing Zang.
La gente cammina per le vie della città, assorti nei propri pensieri e presi
dalle loro occupazioni.
Vengono sorpresi nel momento in cui all'orizzonte guardando verso sud
compare un secondo Sole che tramonta.
Nessuno ha idea di cosa stia succedendo. In queste zone in cui televisione,
film o Internet sono ancora parole poco conosciute la maggior parte non
162
collega il bagliore che illumina l'imbrunire con l'apocalisse atomica.
Qualche vecchio che ha girato la zona quand'era giovane una ventina di
anni fa, si ricorda di luci simili nel deserto, conseguenze degli esperimenti
nucleari segreti del governo cinese.
--A duecentocinquanta chilometri dall'esplosione.
-"Voglio i rilevamenti sul posto e satellitari sul mio tavolo domani. Voglio
sapere il raggio d'azione dell'onda d'urto, della tempesta di fuoco e una
prima stima delle radiazioni rilasciate nell'aria."
-"Si signore."
-"E datevi da fare. Non voglio rimanere qui un momento di più."
Ci sono una trentina di persone in questo campo base in mezzo al deserto,
tutti militari. Di fianco al campo base c'è una pista d'atterraggio dove si
trova un aereo cargo con il portellone posteriore aperto.
Le operazioni di carico sono iniziate dopo mezz'ora dall'esplosione.
Qualcuno si chiede che fine abbiano fatto i propri compagni imbarcati
sull'elicottero e se faranno in tempo a tornare prima che sia stato imballato
tutto.
Circolano già voci che non ci sia più nessuno da aspettare.
In mezzo al campo si trova una prefabbricato, dove hanno preso posto i
capi della spedizione.
Ci sono un paio di tizi vestiti in borghese e un altro in divisa mimetica e
tutti e tre stanno guardando foto e dati che scorrono sui monitor di alcuni
PC.
-"Confermiamo l'esatta posizione dell'esplosione. Ci sono già foto
satellitari della zona immediatamente prima e dopo l'esplosione.
Immediatamente partiranno delle spedizioni per le zone vicine ai paesi di
Gomo, Gerze e Lhanzhong per valutare l'impatto delle radiazioni. Il resto
dei rilevamenti saranno fatti con i satelliti. Tutta la missione comunque si
può dichiarare un successo!"
Gli altri due militari sembrano proprio soddisfatti di questa
considerazione, cosa che invece sembrerebbe assurda per qualsiasi persona
sana di mente.
-"Il nostro scopo" - continua il civile - "era testare la potenza, gli effetti e la
portata dell'esplosione dell'ordigno definito "Numero 2". E mi ripeto … è
stato un successo. Gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti."
163
I due militari lasciano il prefabbricato mentre il civile continua ad
analizzare i dati che continuano ad arrivare.
La conversazione continua però all'esterno.
-"Ottimo. La perdita di vite umane è accettabile. Ci vorranno dei giorni per
il resto dei dati, ma i vertici saranno soddisfatti."
--L'esplosione viene rilevata immediatamente dai sismografi di mezzo
Mondo. Svariati satelliti registrano l'evento e i dati sono già sul banco di
centinaia di analisti e di agenti dei servizi segreti.
Ovviamente niente di tutto questo trapela al pubblico. Nell'altra metà delle
scrivanie dei servizi segreti, che non stanno lavorando "sulla realtà dei
fatti", si pensa ad una copertura da offrire alla stampa prima che inizi a
"dare in escandescenze".
--Si riesce a tenere la cosa segreta per ben quattro o cinque ore, prima che la
notizia compaia in un telegiornale di qualche emittente. La notizia
rimbalza in tutto il Mondo trovando i vari governi pronti a non dare
alcuna conferma dell'accaduto. A volte è meglio smentire anche l'evidenza
piuttosto che affermare che non si ha la più pallida idea di cosa sia
successo.
Non essendo dei romanzieri gli uffici stampa per prima cosa daranno la
colpa ai Cinesi di aver dato corso ad esperimenti atomici non autorizzati
sul suolo cinese. Immediatamente arriverà la smentita ufficiale e lo sdegno
per la mancanza di fiducia verso il comitato centrale. I vari governi
risponderanno che si "scusano formalmente per le affermazioni, che
rinnovano la fiducia nel governo, ma che aspettano notizie certe e
rassicuranti".
Il tutto per perdere/guadagnare un po' di tempo e per tenere la gente
all'oscuro di tutto.
Non essendo in servizio attivo sono venuto a conoscenza della notizia solo
dalla televisione e sino alla telefonata della sig.ra Appleton, facevo parte
della moltitudine di gente che pensava a cosa far da mangiare per cena.
164
W 15
Una settimana fa, da qualche parte nel Mondo, in due laboratori molto
protetti e nascosti, qualcuno si sta dando da fare per costruire delle bombe.
La situazione è simile. Un capannone industriale apparentemente
utilizzato come deposito. Ogni tanto arriva un camion a scaricare casse di
varie misure. Ogni tanto qualcuno entra ed esce dal capannone. Ad una
più attenta osservazione si sarebbe notato che a volte non sempre chi
entrava ne usciva dopo poco ma si tratteneva per un bel po'. Ad una più
attenta osservazione si avrebbe notato che qualcuno non ne è proprio più
uscito.
All'esterno non c'è niente di appariscente, ma in ogni caso non mancano le
misure di sicurezza per prevenire accessi indesiderati. All'interno dello
stabile invece le cose cambiano, perché invece di trovare un magazzino
pieno di casse, ovvero tutto quello che è entrato e non è mai uscito, è tutto
vuoto. Ad eccezione di una struttura in vetro e acciaio posizionato in un
angolo, dove al suo interno trovano posto delle persone sedute ad
osservare dei monitor. Sembrerebbe tutto relativamente normale se non
fosse per le armi automatiche che tengono sempre a portata di mano, che
fanno pensare che non siano solo delle semplici guardie giurate. Nei
monitor scorrono le immagini delle telecamere di sorveglianza sistemate
all'esterno e anche le immagini di quello che apparentemente non
dovrebbe esserci. All'interno di questa struttura c'è un'apertura sul
pavimento coperta da una pesante lastra di acciaio. La lastra si solleva
esclusivamente se le porte dello stabile sono bloccate. Sotto di essa ci sono
delle scale che conducono alla parte più importante di tutto il complesso.
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Tutto il materiale e le persone che sono entrate nello stabile per non
uscirne più sono impegnate in un progetto segreto nonché assolutamente
illegale finalizzato alla realizzazione di un ordigno nucleare di immensa
potenza.
Nessuna delle persone presenti nei due laboratori sanno dell'esistenza
dell'altro laboratorio. Neanche i graduati che in questo momento,
un'anonima settimana di luglio, stanno parlando tra di loro per definire gli
ultimi dettagli della spedizione dell'ordigno in vista dell'imminente
conclusione dei lavori, sanno dell'esistenza di una medesima installazione
in un'altra parte del Mondo in cui stanno pianificando le stesse cose.
---"Tutto sta procedendo come stabilito. Le basi sono pronte per la
spedizione. I piani per il trasporto sono già stati preparati in modo da
arrivare in tempo per ogni evento. Nessun contrattempo sarà tollerato."
-"Bene. Tutto va per il meglio. Presto il Mondo sentirà parlare di noi."
-"Presto il Mondo sentirà la nostra voce e dovrà tremare."
-"Ben detto" - risponde alla fine un uomo in video conferenza con un'altra
decina di persone presenti tutte assieme in una stanza.
Il video si spegne dopo questa breve comunicazione lasciando questo
allegro convivio pienamente soddisfatto del susseguirsi degli eventi e di
quello che stanno per scatenare.
--Dopo qualche giorno, come previsto, i due laboratori sono pronti a spedire
i due ordigni.
Per molto tempo attorno a questo fabbricato industriale il movimento di
mezzi e persone è stato molto limitato. Oggi invece le cose sono cambiate
radicalmente. Verso le 10 di mattina sono arrivati due autocarri. La gente
scesa si è disposta immediatamente nei pressi del portone di entrata e tutto
attorno al perimetro. Quando il portone si apre i due camion entrano e
sono seguiti da una parte degli uomini; il resto rimane all'esterno.
Dopo un'ora circa il portone si riapre, i due camion escono e su uno dei
due risalgono gli uomini rimasti di guardia.
Appena partito e imboccata la strada il convoglio viene raggiunto da altre
quattro auto disposte due davanti e due dietro i due camion.
Il viaggio dura fino al pomeriggio. La destinazione è una base militare.
166
Stranamente le auto si allontanano quando arrivano al cancello di ingresso
della struttura militare. Al controllo vengono esibiti dei documenti che
comprovano il trasporto di materiale di ricambio per elicotteri. I
documenti sono perfettamente in regola e il soldato all'entrata non può che
farli entrare.
Stranamente il convoglio non si dirige verso il magazzino ma direttamente
alla pista di decollo dove sta aspettando un aereo da carico con i motori
accesi.
Dai camion scendono tutti gli uomini e viene scaricata una cassa. Le
operazioni sono seguite costantemente da un civile che controlla l'operato
dei militari. Ha con sé una valigetta dalla quale non si separa mai. Lui
stesso è controllato a vista da due militari armati.
L'aereo decolla, destinazione Cina settentrionale.
Attorno al secondo fabbricato, nello stesso giorno, la scena si ripete.
Non ci sono camion oggi attorno al fabbricato ma tre grosse jeep. Scendono
in una dozzina vestiti in borghese. Alcuni si sistemano all'entrata, altri
invece accompagnano una delle auto all'interno.
Dopo un'ora l'auto esce e tutti gli uomini se ne vanno. Le auto procedono
compatte in modo da non rimanere distanziate più del dovuto.
La loro destinazione è un aeroporto civile. Due auto si dirigono
direttamente al magazzino, la rimanente ai terminal. La cassa viene
scaricata dall'auto e direttamente caricata su un aereo in partenza.
L'adesivo applicato sulla cassa dice "corpo diplomatico", il che la ripara da
qualsiasi forma di controllo.
L'auto diretta al terminal scarica quattro persone: una di loro ha con sé una
valigetta. Si ritrovano al check-in con un'altra persona che li sta
aspettando. Nessuna conversazione particolare. Tutti sanno cosa fare e non
sono necessari ulteriori chiarimenti. Sull'aereo salgono in tre: l'uomo con la
valigetta, un suo accompagnatore e l'uomo che li aspettava al check-in. A
nessuno viene controllato il bagaglio visto che tutti mostrano un
passaporto diplomatico.
L'aereo parte. Il viaggio sarà abbastanza lungo.
167
W 16
Sono passati due giorni dalla partenza delle bombe dai rispettivi laboratori
e i risultati purtroppo non si sono fatti attendere. Una bomba è scoppiata e
dell'altra per adesso il Mondo non ha notizie.
Le notizie che girano nelle varie TV, nei vari telegiornali basta però a
tenere occupato il Mondo per un bel pezzo.
Commenti, analisi e notizie si susseguono da più parti.
Alcuni si affidano a presunte soffiate provenienti da fonti governative per
avvalorare la loro ipotesi sull'accaduto e assicurare un'audience maggiore.
In tutta questa faccenda di una sola cosa sono sicuro: nessuna fonte
governativa farà trapelare la più piccola informazione o la più vaga ipotesi
su quanto sia accaduto in Cina.
E in questo momento di incertezza le varie agenzie di stampa hanno
ricevuto da più parti un no-comment e un invito a non chiedere ulteriori
chiarimenti.
Quello che preoccupa tutti quelli del settore è che neanche i Cinesi hanno
la più pallida idea di cosa sia successo sul loro territori.
Sembra che vadano a destra e a manca a chiedere ai vari servizi segreti se
ne sanno qualcosa, preoccupati che qualcuno da qualche parte inizi ad
usare la Cina come poligono di tiro per vecchi residuati bellici della guerra
fredda.
168
Il più delle volte pagando qualche informatore o chiedendo a qualche
papavero militare molto propenso a ricevere mance si riesce ad ottenere
l'informazione che si cerca.
Questa volta però i servizi segreti di mezzo Mondo hanno sollevato anche
la più piccola pietra per vedere se sotto c'era qualche verme disposto a
tradire il suo paese in cambio di soldi e dare qualche informazione utile,
ma è stato tutto inutile.
--La prima cosa da fare sicuramente è quella di rintracciare i costruttori e la
provenienza dei materiali.
Non sarà di certo facile visto che non sappiamo da che parte iniziare. Non
sappiamo chi siano i "cattivi" e di conseguenza i loro amici.
Dopo la chiamata della sig.ra Appleton mi sono diretto immediatamente al
mio ufficio.
Trovo un sacco di gente che gira per i corridoi. Gente che non vedevo da
un sacco di tempo, forse anche qualcuno che era andato in pensione.
Mi ritrovo nell'ufficio della sig.ra Appleton. L'ultima volta che ci sono stato
mi stava dicendo che era sicuramente meglio che me ne stessi alla larga per
non compromettere la sicurezza dei miei colleghi. Adesso i miei problemi
personali sono passati in secondo piano.
-"Sentiva la mia mancanza?"
-"No."
-"Era un battuta."
-"La mia no ...Abbiamo un grosso problema. Hanno sganciato una bomba
nucleare sul suolo cinese. E' più corretto dire che la bomba era appoggiata
a terra quando è esplosa. Le radiazioni hanno interessato alcuni villaggi
distanti qualche centinaio di chilometri. Dalle foto satellitari non risulta
altro. D'altro canto cosa rimarrebbe dopo un'esplosione atomica se ci fosse
stato qualcosa o qualcuno nei paraggi. Prima dello scoppio nulla è stato
rilevato, forse anche perché nessun satellite stava passando su quella
zona."
-"Altri dettagli che potrebbero portarci alla soluzione del caso?"
-"Soluzione del caso? A sentire gli altri uffici siamo tutti abbondantemente
lontani da una soluzione."
-"Una cosa la sappiamo. Se la bomba era al suolo, vuol dire che ce l'hanno
portata a mano e non l'hanno sganciata da un aereo?"
-"Non necessariamente. Forse per l'ultimo tratto. Possono aver organizzato
un trasporto aereo, magari improvvisando una pista di atterraggio, lasciare
la bomba e poi ripartire. O magari sono arrivati su gomma. Ma è
169
improbabile visto le enormi distanze che avrebbero dovuto percorrere per
entrare in Cina da un altro paese. Sempre che non siano stati i Cinesi, ma
questo sembra lo si possa escludere."
-"Da dove partiamo con le ricerche. Ne ha un'idea?"
-"Al momento molto poche. La sua squadra la sta aspettando. La avverto
che qualsiasi indizio verrà condiviso con le altre agenzie."
-"Va bene. Per l'altra questione? Quella che mi riguarda?"
-"Per adesso questo ha la priorità. Non mi va a genio che lei giri con
quell'affare in testa, ma lei mi serve sul campo."
-"Grazie."
-"Mi faccia avere notizie al più presto."
Trovo Vinnie, Clarence e Mike nel nostro ufficio.
-"Ciao. Ben tornato."
-"E' proprio grossa se ti hanno richiamato dal permesso forzato."
-"Lo avete sentito. Dobbiamo capire chi e come sono riusciti a farcela sotto
il naso ... a tutti i servizi segreti di questo Mondo."
C'è una cartina della zona sulla scrivania e la guardiamo tutti in cerca di
ispirazione.
-"Parliamo di logistica e materiali per la costruzione, prima di tutto" - mi
dice Mike.
-"Piani di volo, percorsi obbligati da seguire, studio della zona
dell'esplosione" - continua Vinnie.
-"Si. Clarence, voglio che studi le registrazioni su Echelon."
-"Scommetto qualsiasi conversazione con le parole "bomba", "atomica",
"cattivi", "cinese" ... ho dimenticato qualcosa?"
-"No. Mi sembra che abbiamo centrato tutti l'obiettivo. Ognuno passi al
setaccio i propri informatori, le proprie conoscenze. Se avete qualche
favore da riscuotere è il momento per farlo."
-"Quanto tempo abbiamo?"
-"Non lo so, Vinnie. Brancoliamo nel buio e qualsiasi piccola notizia
potrebbe essere utile. Tutto quello che scopriamo deve essere condiviso
con le altre agenzie. Magari omettiamo i nomi di eventuali fonti.
Potrebbero sempre servirci in futuro."
-"Tutto chiaro."
Ci lasciamo con l'intento di risentirci a breve su linea sicura e ragguagliarci
su eventuali novità.
Di questi tempi però qualsiasi paese può permettersi di costruire una
bomba atomica, ma il più delle volte se lo fanno se la tengono e minacciano
qualcuno di lanciargliela. Ma finisce lì. Il reperimento del materiale il più
170
delle volte non passa inosservato e poi spostarla da un paese all'altro
comporta rischi e costi che in teoria non dovrebbero valere la posta in
gioco.
Escludendo i Cinesi quindi, qualcuno ha costruito una bomba nucleare
senza che nessuno ne sapesse niente, l'ha portata in giro per il Mondo e
nessuno ha visto niente!
--C'è qualcuno che di tutta questa faccenda ne sa molto più della maggior
parte dei vari servizi segreti.
Un ristretto numero di persone si è ritrovato per festeggiare la notizia
dell'esplosione data dalle televisioni di tutto il Mondo.
Il luogo è conosciuto a poche persone; poche persone possono affermare di
conoscere veramente gli uomini che si trovano riuniti. Per il Mondo intero
possono essere rispettabili uomini d'affari, politici, militari. Il luogo è
protetto da un buon numero di guardie armate, da un sistema di sicurezza
senza eguali, che comprende anche una costante copertura satellitare.
Sono seduti comodamente, parlano di quello che è accaduto, di quello che
hanno dovuto fare e di tutti gli sforzi che hanno sostenuto per arrivare al
successo. Camerieri attenti si preoccupano che siano serviti al meglio. La
loro paga giustifica i loro servigi e la loro discrezione.
Il panorama che godono dal loro rifugio è spettacolare. Soldi e potere sono
il loro pane quotidiano.
-"L'operazione è stata un successo."
-"Non cantiamo ancora vittoria. Sapete tutti che questo è solo l'inizio. Ma la
fine è vicina."
-"Presto il Mondo avrà altro di cui parlare."
Tutti sono molto soddisfatti di come la situazione si stia evolvendo.
Uno di loro però è meno loquace degli altri. Beve il suo drink scrutando il
comportamento degli altri, forse pensando alla pericolosità di questa
eccessiva euforia.
-"Fratello" - rivolgendosi a lui uno di questi uomini - "non sei soddisfatto
del nostro successo?"
Lui appoggia il bicchiere sul tavolino di fianco alla sua poltrona, inspira
profondamente e poi lo guarda.
171
-"Fratello ... fratelli. Lo so che in questo momento dovrei gioire con voi, ma
non ci riesco a pieno. Sapete anche voi come mi stia a cuore la riuscita della
nostra missione, come a tutti voi del resto. Ed è per questo che vi invito
alla calma. A maggior ragione non dobbiamo abbassare la guardia. Tutto
questo mi esalta. Anni di studi mi hanno portato ad essere qui con voi in
questo giorno. Verremo ricordati per anni per quello che stiamo facendo. Il
Mondo ce ne sarà grato."
Il discorso così pronunciato ha scosso gli animi delle altre persone presenti.
Soprattutto perché tutti sanno quale sia stato il suo importante contributo.
-"Questa prima esplosione è stata solo una prova. Una prova per tutti noi.
Dobbiamo essere pronti per quella che sarà la vera prova per il Mondo
intero."
Tutti lo guardano ammirato. Tutti ripensano alle sue parole, parlano tra di
loro annuendo soddisfatti.
Rimane li per un po', poi si alza. Il suo assistente si avvicina e lo
accompagna nel proprio studio privato, riservato ad ogni partecipante alla
riunione.
Nello studio finemente arredato si siede sul divano mentre l'assistente
accende uno "scrambler" utile a disturbare qualsiasi segnale di
trasmissione in partenza dalla stanza in cui si trovano. Poi rimane in piedi
in attesa di istruzioni.
-"Sono stanco. Lo sai vero, Nigel? Queste riunioni mi stancano
terribilmente. Non li sopporto più. Mi stupisco ogni volta di come credano
a tutto quello che gli dico e che gli ho detto negli ultimi anni."
-"Immagino, signore."
-"Non hanno la minima idea di quello che stanno facendo. O meglio,
pensano di saperlo."
-"Le ricordo solo che ci sono utili, signore. Loro hanno il potere e i mezzi
che servono al suo scopo principale."
-"Al mio unico scopo. Ma li hai sentiti parlare là fuori? Sono veramente
ridicoli, dei pazzi furiosi. Io almeno ho una motivazione quantomeno
plausibile."
-"Tra un mese sarà tutto finito e loro saranno solo un ricordo, signore."
-"Hai ragione, Nigel. Tutto sta andando per il meglio."
172
W 17
Dopo qualche giorno alle più importanti televisioni del Mondo arriva una
rivendicazione, o per meglio dire un messaggio.
Tutto il Mondo lo trasmette nello stesso momento in cui tutti i servizi
segreti del Mondo lo stanno leggendo.
"Quello che è successo in Cina è stata solo una prova"
Di solito arrivano decine di rivendicazioni, sempre firmate. Se qualche
terrorista fa un attentato spendendo un sacco di soldi vuole essere sicuro
che poi se ne attribuisca il merito. Di solito molti ne approfittano e il lavoro
maggiore è quello di scartarli in modo da arrivare al vero colpevole; il tipo
di attentato, il modus operandi poi aiutano nell'indagine.
In questo caso le indagini non hanno ancora portato a nessuna conclusione
e il fatto che nessun pazzo furioso se ne sia attribuito il merito, unito al
fatto che questa rivendicazione è stata l'unica, ha portato tutti a non
scartarla come opera di un mitomane.
Se questo tizio voleva la nostra attenzione, c'è riuscito perfettamente.
Tutte le agenzie governative si sono affrettate a non confermare
l'attendibilità della rivendicazione. E potete immaginare cosa è stato
risposto quando ci hanno chiesto una ipotesi sull'origine dell comunicato.
---
173
Le ricerche continuano. Tutto la squadra si dà da fare per trovare anche il
più piccolo indizio.
Sono passati due giorni e non abbiamo novità degne di questo nome.
Solo alcune conferme ma nessun indizio che porti agli esecutori, tanto
meno a mandanti. Per adesso.
-"Ho studiato le intercettazioni di Echelon. Ma nulla da fare. E questo per
quanto riguarda gli ultimi due anni. O sono bravi o molto previdenti" - mi
comunica Clarence.
-"Io ho studiato le mappe della zona, le foto satellitari ... tra parentesi non
ne esistono di recenti precedenti all'esplosione ... nessuno si è mai preso la
briga di fare una foto a questo posto dimenticato da Dio negli ultimi anni.
Stanno facendo foto di un'area di circa un centinaio di chilometri di
diametro dal punto dell'esplosione, ma per analizzarle ci vorrà un bel po'
di tempo. In ogni caso a parte possibili tracce di un campo base, anche
sapendo che la bomba è esplosa al suolo, è estremamente improbabile che
ce l'abbiano portata direttamente con un trasporto a terra. Troppo lungo,
troppi rischi di essere intercettati. La cosa più logica è che siano arrivati lì
con un aereo cargo, abbiano depositato la bomba e poi si siano allontanati."
-"Ok, Vinnie. Ma ci sfugge qualcosa in questa procedura. Pensa al timer
della bomba, al tempo per allontanarsi, ad un detonatore a distanza, al
rischio che qualcuno nel frattempo la trovi prima che tu possa allontanarti
a sufficienza."
-"Dammi un paio d'ore."
-"Clarence, come è possibile che al Mondo non ci sia qualcuno che parli o
abbia parlato di questa bomba: un piano di volo, una telefonata ad un
fornitore, qualcuno che per telefono ordini due pizze e una bomba
atomica!"
-"Nulla. Ma molte cellule terroristiche dopo aver ottenuto il via
all'operazione non comunicano più con i loro capi. Magari gruppi
completamente scollegati tra loro hanno compiuto solo una parte
dell'intera operazione, sapendo solo da dove doveva iniziare il loro
compito."
-"E' plausibile. Ma qui parliamo di una testata nucleare di svariati
megatoni. Servono molti soldi ed una organizzazione perfetta. Tu
costruiresti una bomba atomica, la lasci in un capannone e poi speri che
qualcuno abbia messo la sveglia per ricordarsi di andare a ritirarla?"
-"E allora ci resta solo qualcuno che sappia come eludere i controlli o come
cancellare le registrazioni."
-"Militari, o servizi segreti!" - interviene Vinnie.
-"Esatto. O tutti e due" - rispondo.
174
-"E tu, Mike. Hai buone notizie?"
-"Hanno stimato che la bomba fosse di non meno di 25/40 megatoni. Una
cosa come un migliaio di Hiroshima."
-"Accidenti."
-"La zona era disabitata, vero?"
-"Si, per un bel po' di chilometri. Danni diretti a cose o persone sono
praticamente nulli. Radiazione e fall-out sono invece tutti da stimare."
-"Danni diretti?"
-"Si, onda d'urto, calore, tempesta di fuoco, emissione immediata di
radiazioni. Cose di questo genere. La gente più vicina ha solo visto un gran
bagliore, qualcuno tra i più fortunati avrà solo la retina danneggiata."
-"E per l'assemblaggio?"
-"Non e' semplice mettere insieme una cosa del genere. Gli ingegneri
disposti ad offrire la loro competenza li trovi su Internet. Per il materiale è
molto più complesso: parliamo di uranio come contenitore e trizio e
deuterio come componente principale. Se vuoi farti una bomba sporca non
hai problemi di reperibilità, ma una bomba termonucleare, ragazzi ... ."
-"E quindi?"
-"Grossa organizzazione con tanti soldi e tanti agganci. Serve il posto per
assemblarla, il materiale, i soldi, il personale specializzato, le conoscenze,
per farla, i mezzi per il trasporto. Un valido motivo."
-"Militari, per l'organizzazione, ma per il valido motivo ... ."
-"Grazie, Mike. Ma non basta. Ci serve un valido motivo, ci manca il modo
in cui l'hanno trasportata, dove l'hanno costruita, a chi hanno sottratto il
materiale. Dobbiamo analizzare le varie ipotesi possibili."
-"Bisogna anche trovare un senso alla rivendicazione: "Quello che è
successo in Cina è stata solo una prova". E' solo un messaggio per sviare le
indagini? Può esserci veramente d'aiuto?"
-"Concentriamoci per adesso su questo. E' un inizio, magari siamo fuori
strada, ma non abbiamo altro. Vi do dodici ore."
Informo la sig.ra Appleton delle nostre conclusioni. Non sembra molto
soddisfatta, ma d'altro canto, altre agenzie sono arrivate più o meno alle
stesse conclusioni. Ognuno frugherà nei propri armadi per vedere quali
scheletri si nascondano. Un generale corrotto o pazzoide si trova sempre,
magari qualcuno che per aumentarsi la pensione si vende qualche vecchia
testata nucleare che gli è rimasta in magazzino. Uno scienziato pazzo non
esiste solo nei film d'avventura. E di soldati rispettosi verso il proprio
superiore, al punto da non discutere nemmeno l'ordine di far esplodere
una bomba atomica, ne è pieno il Mondo.
175
Per adesso restiamo tutti in Australia, dormiamo nella base. Ognuno di noi
ha un piccolo appartamento che usa quando le missioni richiedono una
certa preparazione o quando dobbiamo rimanere per i "corsi di
aggiornamento".
Con i potenti mezzi di oggi per fare delle ricerche non serve molto
spostarsi. Ci sono casi in cui l'informatore preferisce vederti faccia a faccia
per non incorrere il rischio di essere intercettato. Ma per una ricerca
generale su spostamento di mezzi, soldi, armi o qualsiasi altra cosa di
illegale, un pc e una buona dose di password ti possono aprire molte porte.
Dopo le dodici ore che ci siamo dati per partorire una valida ipotesi su
come possa essere arrivata una bomba nucleare in Cina, ci ritroviamo in
una sala riunioni della nostra base.
-"Abbiamo buone notizie?" - chiedo fiducioso.
Guardo i loro volti e poi ripeto - "Abbiamo notizie?"
-"Per quanto riguarda il trasporto ... ."
-"Per quanto riguarda il trasporto vi comunico che "sembra", questo è il
termine usato dai russi, sembra che un paio di aerei tipo "Hercules" siano
transitati attraverso il Tagikistan verso la regione dello Xinijang" interviene la sig.ra Appleton.
-"Sig.ra Appleton, buongiorno."
-"La notizia è sicura?"
-"Già che abbiano detto "sembra" è una buona cosa. Quella zona è infestata
di mercanti di droga, contrabbandieri, trafficanti d'armi. Gente che
venderebbe la propria madre per un vaso Ming contraffatto. Non speriamo
nella collaborazione da parte della gente del posto."
-"Rimane con noi?"
-"Perché no! Avevo giusto un paio di minuti da perdere."
-"Il trasporto aereo era il più probabile. Non potevano correre il rischio di
essere intercettati e il trasporto a terra sarebbe stato troppo lungo. Quello
che mi assilla è come l'abbiano portata alle destinazione finale."
-"Che intendi dire, Vinnie."
-"Con quegli aerei non l'hanno portata fino al luogo della detonazione.
Oppure ce l'hanno portata, poi se ne sono andati e con un timer o un
comando a distanza l'hanno fatta esplodere. Ma come dicevamo ieri
avrebbero potuto correre il rischio di essere visti o intercettati nel tempo
intercorso per allontanarsi dal luogo dell'esplosione tanto quanto bastava
per non essere travolti dagli effetti dell'esplosione."
-"E quindi?"
176
-"Le soluzioni sono due: hanno corso il rischio e dal momento in cui hanno
depositato la bomba a quando è esplosa potrebbe essere trascorso
mezz'ora, un'ora forse; oppure da un campo base lontano dall'epicentro
hanno mandato qualcuno a piazzare la bomba e poi l'hanno fatta esplodere
subito."
-"Subito?"
-"Subito, senza aspettare che la seconda squadra si allontanasse."
Gente senza scrupoli con bombe nucleari è una pessima accoppiata.
-"Per i materiali? Se ne sa niente?"
-"Nulla. Tramite l'agenzia dell'ONU, a tutti i paesi che aderiscono al
trattato di non proliferazione delle armi atomiche, ho chiesto a tutti i
depositi di materiale radioattivo e a nessuno di loro manca qualcosa. Se è
stato rubato qualcosa da questi siti, o l'hanno fatto senza che se ne
accorgano oppure hanno pagato un sacco di gente perché chiudessero gli
occhi."
-"Faremo controllare i conti correnti di tutti quelli che lavorano in questi
magazzini. Vedremo se qualcuno ha un dollaro in più di quello che
dovrebbe avere" - interviene la sig.ra Appleton.
-"Mancano sempre però tutti gli altri depositi del Medio Oriente, della
Russia, della Cina. Non abbiamo notizie di prima mano. Ci hanno fatto
sapere che dai loro siti è impossibile sia stato trafugato materiale
radioattivo."
-"Hai controllato anche se ne è stato autorizzato il trasferimento da un
magazzino all'altro?"
-"No."
-"Fallo."
-"Per il personale e il luogo, invece è una ricerca vana. Di persone che
sanno come costruire una bomba, al Mondo ce ne saranno migliaia. Il
luogo, beh ... un magazzino in un luogo non molto in vista, facile da
proteggere, ovunque. Sicuramente non molto lontano dall'esplosione.
Intendo dire che non penso l'abbiano costruita in Australia o in America."
-"Sig.ra Appleton. Deve fare pressione sui Russi. Dobbiamo ricostruire il
volo di quei due aerei."
-"Vedrò di fare il possibile. Gli Americani hanno già fatto la voce grossa e
anche i Cinesi."
Concludiamo la riunione.
In queste situazioni di analisi, a parte un certo buon senso, non servo a
molto. So coordinare la gente ma non ho delle competenze specifiche.
Forse è a questo che si riferisce la sig.ra Appleton quando mi dice che si
177
chiede il perché io venga pagato. Ma il mio dono, affinato con il tempo e
l'esperienza, che fa si che la gente con me non muoia.
Spero mi sia di aiuto anche in questo frangente.
Dopo qualche ora siamo già in partenza dall'Australia. Ognuno di noi
tenterà di contattare i propri informatori.
In via eccezionale ogni stato darà piena collaborazione agli agenti degli
altri paesi, cosa che non succedeva dalla Seconda Guerra Mondiale.
Ogni paese cercherà di dare il proprio contributo. Stati Uniti, Russia e Cina
stanno facendo il grosso del lavoro: sommando soldi e personale il loro
apporto è di gran lunga il più importante.
178
W 18
Mi trovo a Praga. Anni fa abbiamo aiutato un ex generale dell'Armata
Rossa ad uscire dal paese e a rifarsi una vita, in cambio di qualche
informazione di tanto in tanto. Mi hanno fatto sapere che mi sta cercando e
che mi avrebbe aspettato in un caffè di Praga per fare due chiacchiere.
Sono arrivato in anticipo, mi sono guardato attorno, non ho avvertito
pericoli e non mi sembra di vedere gente strana. La tregua che c'è adesso,
per un po' farà si che non ci si spii a vicenda e che soprattutto non ci si
spari contro.
Mi siedo e prendo un caffè con dei pasticcini. Sono sicuro che il mio uomo
non si farà attendere.
-"Signor Patricks. Che piacere rivederla."
Il signor Kodorosky mi saluta e si siede al mio tavolo.
-"E' un piacere rivederla. Anche se l'occasione non è delle più felici."
-"Già. Ha delle notizie per me" - gli chiedo, mentre con un cenno chiamo il
cameriere.
-"Cosa desidera?"
-"Un tè, grazie."
-"Mi dica cosa sa di questa storia."
-"Non molto. Ho parlato con vecchi amici, riscosso vecchi favori. Sapete
già degli aerei transitati attraverso il Tagikistan."
-"Si, per inoltrarsi nello Xinijang ... Vostri gli aerei?"
-"Mi hanno assicurato che gli aerei non erano russi."
-"E quindi?"
179
-"Americani."
-"Gli aerei erano degli Americani? Ne è sicuro? Sa quello che mi sta
dicendo, vero?"
-"Avrei potuto chiamarla. Cosa pensa mi abbia fatto venire qui per parlarle
di persona."
-"Gli Americani hanno assicurato che non sono stati loro."
-"Non ho detto che sull'aereo ci fossero gli Americani. Ho solo detto che gli
aerei erano americani."
-"Qualcuno ha rubato quegli aerei?"
-"Magari da una base in Germania. Ma sa anche lei che non è possibile
"rubare" aerei di questo tipo. Non puoi entrare in una base militare, rubare
le chiavi e decollare."
-"Non capisco."
-"Neanch'io. Magari le apparenze ingannano. Le ho detto quello che
sapevo. A lei adesso trarre le dovute conclusioni. Buoni questi pasticcini."
-"Già, lo penso anch'io."
Finiamo di bere, ci alziamo e ci allontaniamo dal caffè in direzioni opposte.
Faccio due passi per schiarirmi le idee. Non capisco ancora a cosa ci potrà
portare questa notizia. Chiamo immediatamente la sig.ra Appleton per
comunicarle la novità. Sembra stupita che per una volta abbia contribuito a
delle indagini.
Finita la telefonata, esco dalla cabina telefonica e mi guardo attorno per
trovare un taxi che mi riporti all'aeroporto.
Sono sul ciglio della strada; mi guardo attorno per trovare un taxi, incrocio
fugacemente lo sguardo delle persone che mi passano accanto.
Ad un tratto però provo quella sensazione che ormai sono abituato a
riconoscere: pericolo imminente. Mi riguardo attorno, osservo i volti, studi
i gesti delle persone che ho vicino, guardo dall'altra parte della strada.
Niente. Chiudo gli occhi per un secondo, respiro a fondo e riconosco la
stessa sensazione che ho provato in quel laboratorio: qualcuno mi osserva ,
non è una vera situazione di pericolo.
Mi sposto dal ciglio della strada, mi avvicino al muro dell'edificio
adiacente, mi concentro, respiro a fondo, tento di localizzarne la
provenienza: come per la prima volta, l'origine non è vicina a me. Ripenso
all'ipotesi del satellite spia, che ritorna prepotentemente nella mia vita e
nel momento sbagliato. Potrei mettere a repentaglio la sicurezza delle
indagini e magari degli altri agenti coinvolti; potrebbe non esserci un nesso
tra le due cose e questo vorrebbe dire che il mio passato sta bussando alla
porta.
180
Dopo qualche secondo tutto torna alla normalità, lasciandomi con la
sensazione che qualcuno mi abbia appoggiato una mano sulla spalla ma
non abbia visto chi sia stato.
Mi riavvicino al ciglio della strada, faccio cenno ad un taxi di fermarsi e mi
dirigo all'aeroporto. In tasca ho un biglietto per New York.
181
W 19
L'ultima volta che l'ho vista, lei stava entrando nel suo appartamento
mentre io stavo pensando a quanto ero stupido a non accettare il suo invito
ad entrare.
Chissà se avrò la possibilità di rimediare o di recuperare il tempo e
l'occasione perduti.
Quando apro la porta del mio appartamento, resto per un attimo sull'uscio,
tentando di carpire qualche rumore proveniente dal suo di appartamento,
sperando esca all'improvviso in modo da non farmi pensare ad una scusa
per bussare alla sua porta.
Ma la mia vita non è un film, almeno non uno di quelli romantici a lieto
fine. Lei non esce, io non salgo e mi ritrovo da solo a fissare la polvere che
ricopre uniformemente lo squallore della mia vita sentimentale.
Per fortuna è ora di andare a letto. Ho mangiato qualcosa all'aeroporto.
Non ho il coraggio di aprire il frigorifero e trovarci qualcosa che abbia
iniziato a riprodursi spontaneamente.
Domani penserò al dafarsi. Risolvere questa crisi internazionale; spiegare
alla sig.ra Appleton il perché mi trovo a New York; trovare un modo per
stare con Rachel; capire chi ha preso in prestito degli Hercules americani
per portare in giro una bomba nucleare.
--Mi risveglio con in mente le stesse cose alle quali pensavo quando ho preso
sonno: cosa mangio a colazione? chi sgancia bombe atomiche?
182
Purtroppo a tutte e due le domande non ho risposta. Soprattutto dopo aver
aperto il frigo.
Accendo la televisione per sentire qualche notiziario. Scopro che sono
bastati alcuni giorni perché la notizia sia passata in secondo piano. Meglio
così.
Apro le tende, guardo fuori. E' una bella giornata, sarà una giornata molto
calda; in strada c'è già un sacco di gente.
Mi ricompongo quel tanto che basta per non farmi arrestare per
accattonaggio mentre chiedo un caffè e una brioche al bar all'angolo.
Davanti alla colazione e ad un giornale, guardo la gente attorno a me. Mi
accorgo in questi momenti che non ho una vita normale. Almeno non per
la maggior parte del tempo. Mi mancano le code nel traffico, il lavoro
d'ufficio, i pranzi in mensa, gli straordinari, il mutuo da pagare, la fila al
supermercato, una famiglia.
Dopo questa missione dovrei pensare a cambiare vita, l'ho già fatto.
Magari mi va bene anche questa volta.
Pago il conto e faccio due passi. C'è mezzo Mondo che in questo momento
sta tentando di dare un senso a quello che è successo in Cina e a quel poco
che per adesso sappiamo.
Central Park mi sembra un posto adatto per contribuire a questa missione.
Fare jogging e sudare in bellissime magliette attillate fa bene al mio spirito,
soprattutto se a farlo sono splendide ragazze in forma smagliante.
Mi ritorna in mente la rivendicazione che hanno fatto dopo lo scoppio
della bomba. "Quello che è successo in Cina è stata solo una prova".
Ripensandoci, forse dobbiamo pensare agli indizi con un ottica
leggermente diversa. Sicuramente il problema è capire cosa è successo, ma
forse anche quello che sta per succedere o che potrebbe succedere potrebbe
avere la sua importanza o essere la chiave di lettura per quello che
abbiamo ipotizzato finora.
A rovinare il mio idillio ci pensa la sig.ra Appleton. Mi comunica che agli
Americani non risulta alcun ordine che autorizzi l'impiego di Hercules in
nessuna base in Europa.
Qualcuno ha il potere di farlo e di cancellarne in seguito le tracce. Non è
l'esercito, ma non è detto che non possano essere militari. Il problema però
non sembra esser circoscritto agli Americani. Due aerei hanno sorvolato
mezza Europa e di loro non c'è traccia. Il problema però non è solo
nell'esercito americano. Se le cose stanno così si potrebbe presumere lo
stesso iter anche per il reperimento del materiale usato per assemblare la
bomba; potrebbero essere coinvolti gli enti per il controllo del traffico
183
aereo. Tutto questo porterebbe ad uno smisurato potere e ad un'ingerenza
in ambito militare di livello internazionale.
Parafrasando Amleto, con una visione un po' più allargata, "C'è del marcio
in questo Mondo".
--Torno dal mio giro al parco. A dare una svolta alla mattinata, ci pensa
Rachel che mi saluta freddamente mentre chiude dietro di sé la porta del
palazzo. E' vestita con un elegante tailleur nero, ha in mano una borsa di
pelle marrone, sicuramente sta andando ad un appuntamento di lavoro, ha
quei meravigliosi capelli rossi raccolti.
-"Ciao" - le rispondo, accompagnando il saluto con un timido gesto della
mano.
Lei sale su un taxi, parla all'autista, poi mi guarda attraverso il finestrino e
sorride.
E' una splendida mattina.
Salgo al mio appartamento. Chiamo in ufficio.
-" ... e se la rivendicazione fosse vera? Dobbiamo rivedere i vari indizi da
un'altra ottica. Se la prima esplosione è stata una prova, cosa dobbiamo
aspettarci in futuro. La prova di cosa? E per chi? Oltre a cercare delle
risposte, forse è il momento di porsi altre domande. Tra un paio di giorni
sarò di ritorno."
Termino la chiamata con qualche appunto da parte della sig.ra Appleton
sul rimborso delle spese di viaggio e sul fatto che la puntualità è una virtù
che sembra mancare alle nuove generazioni.
184
W 20
Tutto quello che sta succedendo in questo momento nel Mondo da un
certo punto di vista sta divertendo molto le persone che in questo
momento si trovano in una villa nella parte Nord Est della Bretagna.
Sanno di essere la fonte delle preoccupazioni della maggior parte dei
servizi segreti di questo Mondo.
In questo momento si stanno spendendo milioni di dollari per capire chi e
perché abbia fatto esplodere un ordigno nucleare in mezzo al deserto
cinese.
Centinaia di agenti, militari o civili, hanno ricevuto l'ordine di setacciare
ogni remoto angolo della Terra alla ricerca di indizi che dovrebbero
portare esattamente a questo luogo.
Le persone che si trovano qui sanno tutto questo, perché in parte hanno
dato loro stessi questi ordini, nella piena consapevolezza e convinzione che
non potranno mai essere scoperti.
La loro presenza in questo luogo è frutto di una pianificazione lunga
diversi anni e di un insieme di eventi che hanno permesso che potessero
realizzare tutto questo.
Quello che ha reso possibile tutto ciò è stato essere riusciti a mettere
insieme potere, denaro e un'idea di fondo radicata quanto folle.
--E' iniziato dopo il 2011.
All'improvviso un sacco di gente importante ha scoperto di riuscire a dare
corpo alle proprie ambizioni in un modo tale che anni prima non riusciva a
185
fare. Chiunque con un briciolo di potere si è accorto di poter realizzare i
propri sogni.
È successo che un gruppo di persone con la medesima idea abbia avuto la
possibilità di incontrarsi e scoprire che ognuno di loro poteva dare il
proprio contributo alla causa comune.
Non cercano di aumentare il loro potere se non come mezzo per il
raggiungimento del loro scopo comune. Il denaro e le loro ramificate
conoscenze sono lo strumento per imporre la loro volontà.
La loro missione è salvare il Mondo e non esiteranno a distruggerlo per
raggiungere il loro obiettivo.
Loro è la rivendicazione dopo l'esplosione, loro è l'avvertimento.
Il Mondo non sa ancora della loro esistenza. Se tutto procede secondo i
loro piani, il Mondo saprà di loro quando sorgeranno dalle ceneri di tutto
ciò che è stato distrutto imponendo il loro volere in un nuovo ordine
mondiale.
--Da un'altra parte del Mondo qualcuno sta pensando più o meno alle stesse
cose. Possiamo dire che le strade della strana congrega riunita in Bretagna
e l'uomo comodamente seduto ai bordi della piscina della sua villa ai
Caraibi per alcuni tratti si incrociano.
Da tempo è un loro fidato alleato e consigliere. Almeno così pensano.
Ha impiegato molti anni a costruirsi una posizione, a racimolare denaro e
potere. Ma soprattutto ad ottenere tutto questo rimanendo sostanzialmente
nell'anonimato.
Pochi lo conoscono per quello che è realmente. Generalmente viene visto
come un uomo d'affari con svariati interessi, pochi vizi e nessuna tendenza
verso la mondanità.
Usa questa villa come base quando deve occuparsi di quella parte dei suoi
affari che lo portano ad essere coinvolto con gli organizzatori
dell'esplosione della bomba nucleare.
Ha un ufficio attrezzato con linee telefoniche protette, sala per video
conferenze. In qualsiasi momento può disporre del suo intero patrimonio
con una semplice telefonata.
In qualsiasi momento sa di poter avere un Martini semi-secco shakerato,
non mescolato.
In questi ultimi anni però si sta dedicando ad un progetto ambizioso.
186
Si è accorto però che per quanto sia potente è più conveniente sfruttare gli
altri, soprattutto quando si hanno ottimi argomenti e persone dall'altra
parte disposte a credere nella tua buona fede.
L'occasione si è materializzata quando è stato avvicinato diversi anni fa da
un uomo d'affari che gli ha proposto di far parte di un circolo particolare,
che a questo punto si potrebbe chiamare "setta". Non vedendone l'utilità e
non capendo a pieno le finalità ha declinato l'invito.
Dopo un paio d'anni, il suo particolare piano era arrivato ad un punto
morto. Per la sua attuazione serviva molto più potere e influenza di quella
che al momento poteva sperare di avere.
Ricordandosi di quel fugace incontro, dopo un paio di telefonate, riuscì a
riavvicinare quella persona. Mostrando un "genuino" interesse entrò in
una ristretta cerchia di persone: presi singolarmente erano nel rispettivo
ambito persone molto importanti; sommandone il potere costituivano il
mezzo per aprire qualsiasi porta e portare a termine qualsiasi progetto.
Da parte sua portava alla causa una discreta dote. Presto si è accorto che
tutto questo potenziale poteva essere facilmente convogliato verso obiettivi
ben precisi.
Dopo un breve periodo di rodaggio nel quale, grazie alle sue conoscenze,
tutti gli appartenenti a questa congrega beneficiarono di un discreto
rientro, venne a conoscenza dello scopo primario per il quale si erano
riuniti.
L'idea di fondo era tanto semplice quanto fondamentalmente folle. Ma
contrastava in sostanza con la sua idea della vita e degli affari, visto che la
società moderna era il perfetto humus in cui sviluppare al massimo i suoi
interessi.
Per questa gente invece il sistema andava rivisto, riformato in modo
radicale. Le fondamenta di un nuovo sistema erano una commistione tra
idee conservatrici e religiose che avrebbero sostituito il marcio che secondo
loro costituiva la base dell'attuale ordine mondiale, dal quale però loro
traevano al momento il massimo del profitto (ed era una contraddizione
che sembravano non percepire).
Ovviamente il fine ultimo per loro, dopo aver salvato il Mondo da una
possibile auto distruzione, era quello di porsi come guida negli affari, nella
politica.
Per lui invece governare il Mondo era troppo dispendioso, troppo
logorante: è un lavoro che delega facilmente ad altri mentre lui si gode la
vita ai Caraibi. Soprattutto in un Mondo fatto così non ci sarebbe stato
posto per lui e per la sua spregiudicatezza negli affari.
Appresa questa notizia gli è stato dato un po' di tempo per pensare, unirsi
a loro o dimenticarsi della loro esistenza.
187
La valutazione che gli si prospetta è complicata e a lungo periodo. Deve
analizzare e prevedere i pro e i contro di una decisione in un senso o
nell'altro.
---"Siamo felici della sua scelta. Lei potrà fare grandi cose per noi e noi
saremo di grande aiuto per i suoi affari. Avrà già scoperto che i suoi
interessi collidono molto spesso con i nostri e gli effetti non tarderanno a
farsi sentire."
-"Me lo auguro. Come mi auguro anche di poter esservi di aiuto in
prospettiva del "nostro" obiettivo principale."
-"Ce lo auguriamo tutti."
Il patto è stato siglato. Come nuovo membro ha dovuto firmare un
contratto che dà agli altri appartenenti, in caso di recesso, la totale
disponibilità del suo patrimonio. Per contro però beneficerà anche del
lascito del patrimonio altrui in caso contrario. Un modo per legare
indissolubilmente gli uni agli altri. L'unico modo per uscirne è la morte,
nel qual caso il fatto di perdere tutto non avrebbe più alcuna importanza,
la povertà immediata o la morte di tutti gli altri associati.
Sale sul suo jet privato per tornare ai Caraibi.
Il suo segretario privato lo accoglie a bordo.
-"Tutto a posto, signore?"
-"Si. Partiamo."
L'aereo decolla, a bordo viene servito un aperitivo. Il nostro uomo guarda
dal finestrino, pensando che non gli è mai piaciuta la Francia.
-"Spero di stare facendo la cosa giusta, Nigel."
-"Non mi sta chiedendo un parere, signore."
-"No. Tu sai il motivo della nostra venuta in questo posto ameno. Sai del
mio obiettivo e della loro strampalata idea. Avevi mai sentito niente di più
assurdo?"
-"No, signore."
-"Lo posso immaginare."
-"E ha fatto la cosa giusta, signore?"
-"Presi uno alla volta non contano molto. Ma insieme costituiscono una
forza invidiabile. Hanno agganci politici persino in aree del Mondo di cui
ignoravo l'esistenza; hanno la possibilità di reperire armi facilmente;
possono disporre di enormi quantità di denaro; fanno girare così tante
188
merci e persone con permessi diplomatici, esentandoli da qualsiasi
controllo, da riempire voli charter."
-"Tutti aspetti molto positivi che possono venire a nostro vantaggio,
signore."
-"E' vero. Ma non esiste modo di recedere da questo "contratto", se non con
la morte."
-"E non è una soluzione percorribile e auspicabile, signore. Ma ne varrà la
pena, nonostante questo?"
-"Si ... ti ricordo che i miei progetti sono ben altri, molto meno tragici, ma
non meno forieri di soddisfazioni. Dobbiamo sfruttare questa situazione a
nostro vantaggio. I miei piani sono ben altri ... E forse quando tutto sarà
finito, non saremo noi a recedere dal contratto."
-"Me lo auguro, signore."
---"Il dossier è pronto?"
-"Si. Come da sue indicazioni, signore. Ci sono tutti i riferimenti, le date, le
coordinate."
-"Bene. Tutto deve essere perfetto e credibile. Ne voglio una copia per oggi
pomeriggio. Partiamo tra tre giorni per la Bretagna. Il grande giorno si
avvicina."
---"Tre anni per arrivare alla fine a questo dossier" - si ripete il nostro uomo
osservando l'incartamento sulla sua scrivania.
Dopo una lettura attenta lo ripone soddisfatto - "Non posso fallire".
Ripercorre mentalmente gli ultimi tre anni in cerca delle motivazioni che lo
hanno portato ad essere qui oggi, ripensando a quello che ha dovuto fare.
Poi pensa al vero obiettivo. Si, ne è valsa la pena.
Si alza e si incammina verso la sala riunioni.
-"Signori, amici. Quello che stiamo facendo non è abbastanza. Siamo qui
per trovare una soluzione, lo so; tutti ci stiamo impegnando a fondo, ma
non è abbastanza."
Parla come se stesse credendo veramente a quello che sta dicendo. Le
persone con lui mormorano. Alcuni dissentono, altri sono d'accordo.
In questa villa in Bretagna alcuni "pazzi" stanno decidendo delle sorti del
Mondo, o almeno così vorrebbero credere o qualcuno vorrebbe farglielo
credere.
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Nel brusio generale continua a parlare.
-"Ascoltate. Il Mondo va avanti verso la rovina e noi non riusciamo a
trovare un'intesa. Forse NOI siamo nel torto e non il Mondo."
-"Stai farneticando."
-"Può essere, ma deve essere dimostrato."
-"Qual è la tua proposta."
-"Seguitemi nel ragionamento. In questo mondo frenetico dove tutto è già
stato vissuto, che corre ad occhi chiusi verso la rovina non si può
pretendere di aprire gli occhi alla gente parlando al loro cuore con le
parole della ragione. Bisogna portare rivoluzione nel Mondo. Questo
sistema marcio va portato allo shock."
-"E come?" - chiede curioso uno dei partecipanti alla riunione.
-"In questi anni passati condividendo le vostre stesse preoccupazioni, come
voi sapete, ho fatto approfonditi studi su ciò che sta alla base di questa
riunione oggi. Mi stanno portando ad importanti conclusioni e tra qualche
giorno potrò farvene partecipe."
Si prende un attimo di pausa per studiare la reazione degli altri.
-"Mi avete insegnato che questo gruppo è nato sotto il segno che tutti
vediamo rappresentato sulla parete di questa sala: il disco solare con al
centro il triangolo e l'occhio, a simboleggiare Dio e la potenza trasmessa
dal Sole. Dio spinge tutti noi a riportare il Mondo sotto le sue leggi e ci
sprona a governarlo secondo i suoi insegnamenti. In questi simboli o
"segni", amici ho visto qualcosa. Un'idea, una strada da percorrere. Il
compito era gravoso: spero di esserne stato all'altezza."
Si siede, soddisfatto dell'impatto del suo discorso. L'attesa darà maggior
forza alle sue considerazioni nel momento in cui le esporrà.
-"Alla luce di quanto appreso suggerisco di ritrovarci qui tra una
settimana. Pensi che ti sarà sufficiente per terminare i tuoi studi?"
-"Si."
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W 21
-"Signori, amici. Ho visto il nostro futuro. Ho visto il futuro del Mondo.
Siamo tutti d'accordo che dobbiamo colpire il cuore corrotto di questo
sistema: l'America è il nostro obiettivo. Il problema è stato sempre capire
come e quale potesse essere il momento opportuno."
-"Sappiamo tutti che fino ad oggi abbiamo lavorato nell'ombra per poter
guadagnare una posizione privilegiata e per essere pronti per il giorno in
cui avremmo fatto valere le nostre idee. Cosa puoi dirci di nuovo."
-"Come vi avevo anticipato la settimana scorsa, il Mondo ha bisogno di
uno shock, per ripartire da zero, sotto la nostra guida, ovviamente. Ho
pensato a qualcosa che lo scuoterà dalle fondamenta. Colpiremo gli Stati
Uniti in modo violento, definitivo. Noi prenderemo il comando e saremo
di esempio per il resto degli Stati, asserviti alla corruzione ... Vedo facce
sconcertate tra di voi."
-"Devi capire che quello che stai dicendo è ... pericoloso, inattuabile."
-"Non è vero. Abbiamo i mezzi per farlo e si sta avvicinando il momento
propizio per attuare il nostro piano. Il Sole, mandato da Dio, mi ha dato un
segno e mi ha mostrato la via."
-"Non capisco" - si chiede perplesso qualcuno.
-"Il 21 agosto del 2017 il volto del Mondo cambierà per sempre. E sarà
merito nostro."
-"Ne sei sicuro? Perché proprio questa data?"
-"E cosa c'entra il Sole?"
-"In quel giorno al centro degli Stati Uniti ci sarà un'eclisse di Sole. Dio ci
ha detto quando colpire e dove."
-"Perché proprio questa? E come?"
191
-"E' un simbolo. Il Sole si oscurerà su di loro e noi ne accenderemo un altro.
Passeranno anni perché ci sia questa particolare situazione e noi non
saremo mai più pronti di come siamo adesso."
-"Cosa vuoi dire con "ne accenderemo un altro"."
Il nostro uomo guarda gli altri, chiude gli occhi, raccoglie i pensieri per un
attimo, poi parla.
-" Il 21 agosto del 2017 noi faremo scoppiare una bomba nucleare nel
centro dell'America" - dice in tono pacato ma deciso.
Un brivido percorre tutti i presenti, sostituito dopo poco da folle
convinzione di stare per fare la cosa giusta.
-"Lo so. Potrebbe essere pericoloso, ma dimostreremo la nostra potenza ...
con l'aiuto del Sole."
-"Come faremo ad organizzare tutto?"
-"Ho già previsto il piano nei minimi dettagli. E per questo mi serviranno
tutte le vostre conoscenze e il vostro appoggio. Sto parlando di denaro,
appoggio militare, lasciapassare diplomatici."
-"Dobbiamo riflettere a fondo, analizzando i dettagli del piano. Oggi
pomeriggio ci ritroveremo per decidere."
-"Va bene."
Al pomeriggio i membri si ritrovano. La decisione potrebbe essere stata
presa.
-"Ognuno di noi ha letto i dettagli del piano. Come portavoce di questa
assemblea ho raccolto i pareri di tutti i membri. Lo sforzo è notevole, ma
l'obiettivo è meritorio. Le nostre risorse saranno impegnate a fondo per
molto tempo. Il rischio è alto ma la nostra è una giusta causa. Hai tutto il
nostro appoggio."
-"Vi ringrazio. E' un onore che abbiate accettato questo mio consiglio. Se
siete d'accordo, vorrei avere l'onere e l'onore di organizzare l'operazione."
-"Sembra giusto. Come membro anziano penso che sarebbe giusto. L'idea è
tua e tua deve essere la mano che ci condurrà verso la gloria ... per noi e
per Dio."
-"Vi ringrazio."
--La riunione termina e tutti si ritirano nelle proprie stanze.
L'operazione "Secondo Sole" ha inizio. Il Mondo potrebbe non essere più lo
stesso.
192
-"Nigel. Stento a crederci. Anche se ho ideato io il piano, penso ancora che
sia folle. O forse è folle che se la siano bevuta. Pensano che voglia
distruggere il mio migliore cliente e maggiore fornitore. Siamo veramente
tra dei pazzi. Penso ancora che molti siano qui per fare affari, ma sotto
sotto hanno questa pazza idea che gli frulla per la testa. Incredibile!"
-"Deduco sia stato un successo, signore."
-"Ne dubitavi, Nigel?"
-"Non ne ho il permesso, signore."
--Sono trascorsi un paio d'anni da quella misteriosa riunione.
Il Mondo è stato lo spettatore inconsapevole di un enorme inganno
perpetrato da un uomo verso i propri "amici" e il palcoscenico sul quale si
sta preparando una delle più grandi rappresentazioni che la Storia
ricorderà.
-"Tutto procede secondo i piani. L'operazione in Cina è stata un successo; i
test secondo le nostre aspettative. Siamo pronti per la Fase 3, signore. I
nostri amici sono impazienti."
-"Il nostro obiettivo si avvicina. E' ora di dire al Mondo che ci siamo anche
noi e che si deve preparare."
-"Do il via alla Fase 2, signore?"
-"Si."
---"E' tutto pronto, signore. I quattro obiettivi sono stati fissati, gli accordi
presi, i contratti perfezionati. Come da sue indicazioni, ovviamente."
-"Ottimo lavoro."
-"Assicurati che i messaggi vengano recapitati. Non voglio che quando
sarà giunto il momento non ci sia nessuno ad aspettarli."
-"Nessuno sospetta di qualcosa, signore?"
-"E' impossibile. Non ne hanno i mezzi. Non più ... ."
193
W 22
Rio de Janeiro, 1 agosto, martedì
Poco dopo le nove di sera. La notte non è ancora cominciata. E’ agosto, è
inverno, ma qui non vuol dire molto. La settimana è appena iniziata, ma
anche questo non vuol dire molto.
I turisti sciamano per la città come impazziti. Non si finisce mai di
guardare a Rio. Non si finisce mai di annusare, di toccare, di gustare.
Avenida Atlantica, Copacabana. La via sulla spiaggia è gremita. Gente che
cammina, o che se ne sta seduta a guardare gli altri che camminano.
Ragazze che scrutano i ragazzi che passano; ragazzi che non perdono
l'occasione per guardare una bella ragazza passeggiare.
I locali sono già pieni, ma non ha importanza. La spiaggia di Rio potrebbe
essere il locale più grande del Mondo. Non ci vuole molto a radunare un
po’ di gente, con un po’ di musica e qualcosa da bere, le buone intenzioni
qui non mancano di sicuro.
I turisti si immergono in questa atmosfera un po’ superficiale che Rio offre
loro. E’ più comodo pensare che il Brasile sia quello che si vede qui che
quello che c’è a qualche chilometro dal centro.
Magari in qualche circostanza è più comodo anche per i brasiliani.
Turisti mischiati alla gente comune entrano ed escono dai locali in cerca di
avventure.
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Gente che esce di casa e si infila nel traffico in cerca di non si sa cosa, in
mezzo ad altra gente che magari sta maledicendo quella volta che ha scelto
di uscire di lunedì sera invece che restarsene a casa.
Il lungo mare è costellato di palazzi enormi in un tentativo di sfoggiare la
recente ricchezza acquisita. Dalle loro finestre la vista toglie il fiato: si
domina la baia e la gente che la frequenta.
In contrapposizione si vede alla fine della baia il Pan de Sughero che si
staglia sul mare.
Qualcuno però in uno di questi uffici non è interessato al panorama, non
questa sera almeno.
Antonio ha pensato bene di rimanere in ufficio per finire un paio di lavori
urgenti. Ogni tanto guarda giù per vedere la spiaggia, immaginandosi lì a
divertirsi e rilassarsi.
Anche la sua collega Maria aveva qualcosa da sbrigare in ufficio, pratiche
da smaltire per colpa di un capoufficio carogna.
Adesso sono sulla scrivania di Antonio, la porta è chiusa e il lavoro non è
poi più così urgente.
Antonio non pensa più a cosa si stava perdendo per colpa del lavoro e
Maria per un millesimo di secondo ha ringraziato il suo capoufficio per
averla incastrata oggi con quei lavori urgenti.
Sotto, la gente cammina guardando la luce accesa nell’ufficio e
compatendo quelli che lo stanno occupando. Ma a questo Mondo non si
può mai sapere come stanno realmente le cose … .
Ma se distogliamo lo sguardo e il pensiero da questo ufficio e volgiamo lo
sguardo verso Avenida Princesa Isabel, una via perpendicolare di Avenida
Atlantica che arriva direttamente alla spiaggia, vedremo uscire da un
palazzo che si trova dal il Meridien e il Rio Copa qualcuno che invece ha
un affare molto importante da concludere.
---
Parigi, 2 agosto, mercoledì
E’ un giorno di agosto come tanti altri a Parigi, simile agli altri giorni afosi
di questa estate.
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L’ora tarda, l’una di notte, porta un po’ di refrigerio ai turisti chiusi nelle
loro camere d’albergo e ai Parigini che si avventurano per le strade a
quest’ora.
Gli Champs Elysees hanno visto un sacco di gente passare e ancora ne
stanno vedendo. Non è una via molto frequentata dalla gente di Parigi,
molto di più invece dai turisti che preferiscono camminare tra la gente sui
quei marciapiedi illuminati a giorno piuttosto che avventurarsi nella altre
vie più piccole e meno invitanti.
Rue Vernet, 600 metri dall’Arco di Trionfo, Parigi.
E’ una di quelle vie che non vede molta gente. Non ci sono turisti che si
guardano attorno freneticamente per non perdere neanche uno scorcio di
questa meravigliosa città, ma solo qualche passante attardato che sta
tornando a casa.
Ogni tanto passa un autobus, strapieno di gente che ha perso l’ultima corsa
del metrò.
Alla fine della via c’è un pub, ancora aperto. Gente che entra, gente che
esce, tutti felici della serata, di come si è conclusa e di come sta per finire.
Qualcuno esce mentre passa l’autobus e gli verrebbe di gridare per
fermarlo, per salire, per tornare a casa, senza farsela a piedi, ma non ce la
fa, perché se la sta ridendo con i suoi amici, perché sotto sotto pensa che
anche se è mercoledì notte non sarà poi così male camminare per un po’.
La notte potrebbe portare con se altre sorprese, altre avventure.
Rue Vernet, civico 25, Hotel Vernet.
Un albergo elegante, costoso, frequentato da gente che se le può
permettere, non da turisti estivi, ma da uomini d'affari che vogliono
trattarsi bene, in un posto di classe.
Di fronte e di fianco altri palazzi, altre case, un sacco di gente, un sacco di
storie.
Siamo a Parigi, una città straordinaria, piena di vita. Ma è pur sempre
mercoledì notte e all’alba per i parigini inizierà una nuova giornata di
lavoro.
Ma è pur sempre l’una di notte e la gente a quest’ora fa più o meno la
stessa cosa in tutto il mondo. Dormire, sicuramente; guardare la
televisione, perché no; farsi uno spuntino, anche; e il sesso, quello non
manca mai.
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E Rue Vernet non è da meno.
Jules e Marie al civico 18 non sono da meno: non ha importanza che giorno
sia, che domani li aspetti una giornata di lavoro, del caldo.
Philippe al civico 17 si è svegliato arso dall’afa e spinto dalla sete. L’ideale
sarebbe qualcosa di tiepido (il tè caldo fa passare la sete), ma nel frigo
trova del gelato e tralasciando il fatto che non si ricorda di averlo
comprato, pensa bene di abbuffarsi seduto sul davanzale della finestra che
da su Rue Vernet. L’aria si muove appena, quel che basta per trasportare i
rumori degli Champs fin qui. Nel palazzo di fronte ci sono le finestre
aperte e una luce accesa: a Jules e Marie piace la luce accesa.
Un sacco di gente, un sacco di storie.
Nell’hotel di Rue Vernet fa meno caldo, vuoi per l’aria condizionata, vuoi
perché nessuno sta facendo come Jules e Marie.
Tutti gli ospiti stanno dormendo, magari sognando qualcosa di diverso da
quella che sarà una frenetica giornata di lavoro.
Anche l’occupante della stanza numero 15.
--Il Cairo, 2 agosto, mercoledì
E’ finita un’altra giornata di questa lunga estate.
La notte concede una tregua a quelli che vogliono farsi due passi per le vie
senza rischiare una insolazione e un ricovero all’ospedale.
Sono le due di notte di un mercoledì qualsiasi.
C’è poca gente che cammina per le strade del centro. A quest’ora i turisti
sono da un bel pezzo nelle loro stanze d’albergo, nei loro appartamenti.
Non ci si avventura per Il Cairo a quest’ora senza avere un buon motivo e
comunque una buona guida.
I locali si stanno svuotando e le macchine in circolazione sparendo.
Più o meno a quest’ora succede quello che succede in ogni parte del
mondo; si tira tardi, si dorme, si lavora, si tradisce e si è traditi.
Basta essere fortunati ed essere dalla parte giusta, ma a volte non è facile.
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In centro c’è una piccola zona residenziale con diverse case singole, ben
curate, di un certo livello, per gente che può e sa permettersele.
La zona è meravigliosa, proprio lungo il Nilo, non per niente è stata scelta
per ospitare le ambasciate di molti paesi e il più grande ospedale del Cairo.
Una zona tranquilla sia per il tipo di gente che ci vive, ma forse anche per
la costante presenza di guardie che controllano gli accessi alle ambasciate.
Ma anche questa zona fa parte del Mondo e ne sottostà alle regole.
In una di queste case, in una di queste camere, Jamal è a letto con
qualcuno. Si sono incontrati questa sera per la prima volta in un locale e
poi è successo quello che succede spesso: uno dei due è triste, magari solo,
magari solo in cerca di una notte più calda del solito, forse uno dei due ha
solo voglia di non pensare ad altro per una sera.
Domani e solo domani penseranno a quanto è successo, se hanno tradito o
sono stati traditi, magari da se stessi.
Di fronte a questa casa, in Safiyya Zaghlul, di fronte all’ambasciata del
Canada e ad un centinaio di metri dalla stazione di polizia di Qasr al-Nil,
ce n’è un’altra il cui inquilino non ha di questi pensieri, non questa notte
almeno.
Non è al Cairo per questo; domani potrebbe essere una giornata
impegnativa e deve essere riposato.
--Shanghai, 2 agosto, mercoledì
A Shanghai è un giorno come un altro, un altro giorno di lavoro che
coinvolge i suoi milioni di abitanti
Per la precisione è il primo mercoledì di agosto.
Le strade sono già invase dai pendolari che si spostano con qualsiasi
mezzo. Le strade sono affollate di auto, bici, bus, per non parlare dei
pedoni che ci sono sui marciapiedi.
Il progresso e lo sviluppo hanno preso piede da molti anni anche in
Oriente e con essi è arrivata la frenesia, che comanda ormai le giornate di
Shanghai.
Non c’è differenza se si abita in centro o in periferia. Possono cambiare le
facce, le auto, i vestiti, ma la sostanza non cambia.
L’importante è non tornare indietro, anche se questo significa a volte
perdere il passato, che per quanto brutto possa essere è parte di noi.
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Non ci sono fermate del bus e della metropolitana che non siano affollate
di gente che aspetta compostamente di essere portate al lavoro.
Le persone che si incontrano per strada sono uguali a tante altre che si
potrebbero incrociare in qualsiasi grande città in un giorno di lavoro. I
lineamenti possono essere diversi da altri, ma la gente che ci sta dietro è
come tutta le altre: padri di famiglia, giovani al primo impiego, manager
rampanti, madri, disoccupati. Ognuno con i propri pensieri e le proprie
aspirazioni.
Anche qui ci sono le persone fortunate e quello che lo sono un po’ meno.
Basta farsi un giro per la periferia per rendersene conto. Ma anche qui non
si può mai dire. E se poi la vita la scomponi in tanti piccoli momenti, chi
può dire in questo momento di essere assolutamente più felice di un altro.
Il sesso fatto alla mattina, dopo un po’ che si è svegli, non è male. E il
pensiero che per un piccolo secondo va a quelli che nello stesso momento
stanno in mezzo al traffico o sono già in ufficio, mentre tu stai abbracciato
a qualcuno, dà quella piccola soddisfazione in più che certo non ti
mancava, ma che male non fa.
Qualcuno si è appena svegliato anche in Yishan Lu, in una casa singola,
vicino all’omonima fermata della metropolitana. Anche la sua potrebbe
essere una giornata fortunata, ma potrebbe non dipendere da lui. E’
arrivato a Shanghai da un paio di giorni e ha deciso di dormire in questo
appartamento, lontano dal centro, dalla confusione e da occhi indiscreti.
--Rio de Janeiro, 1 agosto, martedì, ore 08.00
E' un giorno come un altro. La gente cammina per le strade mischiandosi
ai pochi turisti che non hanno fatto tardi la sera prima.
I tassisti hanno già iniziato la loro giornata lavorativa da diverse ore.
In spiaggia c’è già qualcuno, o forse non si è mai mosso di lì dalla notte
precedente. L’aria calda arriva dal mare preannunciando un’altra giornata
di Sole splendida.
199
Gli uscieri sono già all’entrata degli alberghi ad accogliere i villeggianti in
arrivo. Dentro gli inservienti hanno già finito il loro giro di pulizie. Le
cucine sono già all’opera per sfornare le colazioni.
Qualcuno sta già entrando in ufficio per iniziare una nuova giornata di
lavoro; mentre qualcun altro è ancora a casa pensando che non sarebbe
una brutta idea restare a letto ancora per qualche minuto.
Avenida Princesa Isabel non si differenzia da una qualsiasi altra via di
Copacabana: alberghi, uffici, turisti, gente che passa, traffico caotico.
A volte però la realtà può essere valutata in modo diverso se non si
considera solo l’istante in cui la si osserva. La vita, o meglio la realtà che ci
circonda, non è una fotografica ma una lunga serie di fotogrammi.
Questo per dire che un’auto parcheggiata davanti un palazzo alle otto di
mattina è semplicemente un’auto parcheggiata, ma la stessa auto ferma
nello stesso punto dodici ore dopo non è più solo un’auto parcheggiata.
Purtroppo quello che manca alla gente è la visione di insieme, altrimenti
capiremmo molte più cose.
A quale conclusione arriveremmo se vedessimo qualcuno parcheggiare
questa auto alla mattina presto, fermarsi per qualche minuto all’interno,
poi scendere ed andarsene? E se poi vedessimo quella stessa persona
attraversare la strada, allontanarsi di un centinaio di metri e rimanere per
un quarto d’ora ad osservarla? E se stessimo noi fermi e vedessimo come
questa auto non venga spostata per tutto il giorno? E se poi tornassimo
nello stesso punto dodici ore dopo e rivedessimo lo stesso uomo che
osserva la stessa auto ferma nello stesso punto?
Sarebbe ancora solo un’auto parcheggiata?
Sono le 21.24
--Parigi, 1 agosto, martedì, ore 17.30.
Parigi ha vissuto un’altra giornata all’altezza della sua fama. Migliaia di
turisti hanno invaso la città, mischiandosi ai Parigini che a volte mal
sopportano questa invadente presenza.
Per loro è solamente un altro giorno, trascorso come gli altri: lavoro, affari,
divertimenti. Un giorno che sta finendo come un qualsiasi altro giorno di
agosto.
200
I negozi sono ancora pieni di turisti in cerca di occasioni e ricordi a poco
prezzo. La loro giornata fatta di panini, acqua in bottiglia e sudore non è
ancora finita.
Qualche francese invece avrà già finito di lavorare, qualcuno non avrà mai
iniziato, qualcuno se ne starà andando a casa, verso un meritato riposo.
Rue Vernet, civico 25, Hotel Vernet.
Un furgone si ferma davanti all’hotel. La scritta sul furgone dice
"Assistenza impianti di riscaldamento". Scendono due persone, indossano
delle tute blu da lavoro e hanno in mano due cassette degli attrezzi, una
delle due un po’ più grande dell’altra.
Entrano nell’hotel e si presentano. Sono stati contattati per controllare
l’impianto dell’acqua calda, che da qualche giorno non funziona
correttamente. Un hotel a 4 stelle non può far fare il bagno ai propri ospiti
con l’acqua fredda, neanche in agosto.
-"Non siete venuti voi, il mese scorso, per il controllo periodico alle
caldaie?" - fa notare il concierge. E gli viene risposto che è colpa delle
vacanze e che il personale è ridotto in questo periodo.
-"Vi faccio accompagnare alla centrale termica."
I due tecnici vengono accompagnati da un inserviente, che li lascia
volentieri al loro lavoro.
-"Ci metterete molto?" – chiede.
-"Questione di mezz’ora."
L’inserviente se ne va, sicuro che per quell’ora lui sarà già a casa.
Nella centrale termica ci sono due caldaie a metano che servono per il
riscaldamento e l’acqua calda.
Dopo mezz’ora hanno finito il loro lavoro.
-"Che cosa era successo?"
-"La pompa principale bloccata. Adesso è tutto a posto."
Escono dall’hotel salutati dal concierge, particolarmente felice che siano
riusciti a risolvere il problema. Oggi non dovrà sorbirsi le lamentele dei
clienti.
Aprono il portello posteriore del furgone, appoggiano una cassetta degli
attrezzi, richiudono, si guardano attorno e se ne vanno.
201
Appena il furgone se ne va il concierge si ricorda di un particolare che
l’aveva colpito mentre i due tecnici se ne stavano andando.
"Hanno dimenticato una cassetta degli attrezzi. Dovrei avvertirli … magari
se ne saranno già accorti, o lo faranno domani. Ritorneranno. Ho altro a cui
pensare. Devo controllare in cucina il menù. E’ quasi ora di cena …"
La cassetta degli attrezzi rimane nella centrate termica. Nessuno è tornato
a riprendersela. L’acqua calda è tornata a scorrere e gli ospiti sono rimasti
soddisfatti della cena servita.
Sono le 01.24.
--Il Cairo, 2 agosto, mercoledì, ore 02.20
Un afoso mercoledì di agosto.
La zona vicino al Nilo è tranquilla. La presenza delle ambasciate, delle
relative guardie e la tipologia di residenti della zona fa si che la notte
scorra tranquilla.
Si vedono passare un paio di auto della polizia, partite dalla stazione di
Qasr al-Nil, nel loro consueto giro di controllo notturno.
Ci sono alcune personalità influenti che hanno scelto questa zona
appositamente per lo scrupolo delle forze dell’ordine nel fare il loro lavoro.
Sembra come se dopo una certa ora fosse in vigore il coprifuoco.
Dall’interno delle guardine occhi attenti scrutano chiunque passi davanti
ai cancelli delle ambasciate, controllando la situazione anche attraverso le
telecamere puntate sulla strada.
Un’auto della polizia, appena partita, imbocca Aisha Al-Taymunyya. I due
agenti di turno pensano già a come sarà il caffè che li aspetta quando
torneranno in caserma. Non succederà niente di strano durante la loro
ronda. Non succede mai niente. Non c’è malintenzionato che abbia il
coraggio di combinare qualcosa in questa zona. Ci sono tante di quelle
telecamere che scrutano le strade, tanti di quegli occhi che è impossibile
passare inosservati. E tante di quelle armi ben pagate e pronte a sparare
che non si avrebbe scampo.
Arrivano all’incrocio con Al-Qasr Al ‘Ainy con la certezza che sarà un’altra
notte noiosa, passata così per proteggere il sonno di gente che paga e
pretende di dormire sonni tranquilli.
202
Sono sicuri che se ritornassero indietro nessuno si accorgerebbe della loro
assenza e nessuno richiederebbe i loro servigi. Ma tant’è e questo è il loro
lavoro ben pagato.
Imboccano Safiyya Zaghlul, un’altra via di questa zona residenziale.
E’ come sempre tutto normale, tutto tranquillo. Nessuno cammina per
strada, e vista l’ora sarebbe l’unica cosa sospetta. Le auto sono
parcheggiate ordinatamente davanti alle rispettive case o sul vialetto che
porta al garage.
Dalla radio accesa chiedono se va tutto bene. I due agenti si guardano
attorno e come al solito rispondono -"Niente da segnalare".
Sono le 02.24.
--Shanghai , 2 agosto, mercoledì, ore 08.10
I venditori ambulanti si sono già sistemati da tempo vicino alle fermate del
bus e all’entrata di quelle della metropolitana. Sono questi i momenti
migliori per fare affari. La gente va di fretta, magari non ha avuto tempo di
far colazione. Madri di famiglia escono presto di casa, dopo aver
accompagnato i figli a scuola, per comprare qualcosa da mangiare per il
pranzo. Per le strade di Shanghai si trova di tutto: tutti hanno qualcosa da
comprare e c’è sempre qualcuno che ha quello che serve.
Le strade sono affollate di gente che cammina, che corre, che conversa, che
osserva la gente che va di fretta.
Il traffico è caotico: le auto si mescolano ai bus, alle biciclette, alla gente che
rischia la vita per attraversare la strada.
La periferia è più variopinta del centro città. Puoi vedere un funzionario di
banca mangiare del riso da un venditore ambulante accanto a degli operai
che stanno per iniziare il loro turno di lavoro; qualcuno che beve il suo tè
seduto su una sedia davanti all’uscio di casa, osservare qualcuno parlare al
cellulare della chiusura della borsa di Londra.
Stanno ancora passando i camion della nettezza urbana. Non si riesce
neanche ad immaginare la montagna di rifiuti che produce una città come
Shanghai.
E’ un lavoro come un altro. Arrivi con il camion, scendi, agganci il
cassonetto, lo svuoti nel cassone e vai avanti. Niente di strano o
complicato.
203
In Yishan Lu succede più o meno la stessa cosa. Arriva uno di questi
camion, si ferma davanti ad una casa singola, ha già un cassonetto caricato
e lo deposita proprio di fronte, poi prosegue la sua corsa. Nessuno scende
dal camion per vedere se l’altro cassonetto che si trova a pochi metri da lì
sia pieno o vuoto.
Sono le 08.24
--Rio de Janeiro, ore 21.25
La prima cosa che si vede è il fuoco, la prima cosa che si sente e si prova è
lo spostamento d’aria e il cambiamento di pressione che ti sconquassa il
corpo anche senza toccarti. Le fiamme divampano nel cielo dopo il
tramonto, illuminando per istanti interminabili la serata.
L’auto rimasta parcheggiata per tutto il giorno è esplosa e con essa tutte le
altre auto nel giro di venti metri in una specie di reazione a catena.
Auto rovesciate dall’esplosione stanno bruciando in mezzo alla strada
propagando nell’aria un’acre nube nera che si unisce al fumo della prima
esplosione.
I passanti che si trovavano nelle vicinanze sono spazzati via. I più
"fortunati" muoiono all’istante, altri meno vicini all’esplosione vengono
devastati dall’esplosione e dal fuoco. Gente un po’ più distante ne porterà
le conseguenze sul corpo per tutta la vita.
Ad un centinaio di metri qualcuno avrà lesioni permanenti all’udito, oltre
a dei ricorrenti incubi per aver visto l’inferno da molto vicino.
I palazzi sullo stesso lato della strada vengono sventrati fino a metà per
tutta la loro altezza: la vita e la morte degli inquilini si mischia sul
marciapiede assieme a quella di ignari ed incolpevoli passanti.
Le persone che si trovavano nelle immediate vicinanze dell’auto vengono
praticamente polverizzate e sparse per svariati metri.
Lungo la strada non esiste una finestra intatta e i vetri si sono riversati
sulla strada e sulla gente come una neve mortale.
204
I sopravvissuti giacciono a terra sotto shock. Per terra vetri, calcinacci,
polvere, mischiata all’acqua che fuoriesce dalle tubature dell’acquedotto.
Gente che corre in preda al panico da tutte le parti, alla ricerca di un
rifugio ma non sapendo bene da dove possa venire ancora il pericolo. La
situazione è ancora incerta e lo sarà per molto finché non si diraderà il
fumo e arriveranno i primi soccorsi.
Lungo l'Avenida Atlantica il traffico è paralizzato. La gente si sta
riversando in Avenida Princesa Isabel dopo aver visto il fumo seguire la
tremenda esplosione.
--Parigi, ore 01.25
L’esplosione parte dalla centrate termica ed è amplificata dalla perdita di
metano. L’hotel Vernet si accascia in pochi secondi su se stesso a causa
della voragine che si trova al posto delle sue fondamenta. Tutti i piani
collassano su se stessi trascinando con loro anche buona parte degli edifici
adiacenti.
Tutti i clienti dell’albergo, i dipendenti e gli inquilini vicini, colti di
sorpresa vengono travolti senza via di scampo.
Lungo Rue Vernet per fortuna, visto l’ora tarda non c’è praticamente
nessuno e le vittime si possono contare esclusivamente tra chi si trovava
negli edifici vicini all’hotel.
Tutti i vetri nel raggio di un centinaio di metri vanno in mille pezzi; le auto
parcheggiate di fronte vengono travolte dall’esplosione e successivamente
dalle macerie.
La gente si riversa in strada presa dal panico e dalla curiosità.
Non c’è molto da fare se non farsi larga tra il fumo e la polvere per capire
cosa è successo.
Apparentemente non ci sono feriti in strada. E’ molto probabile invece che
ce ne siano molti negli edifici vicini interessati marginalmente
dall’esplosione.
205
In mezzo al buio si sentono gli allarmi delle auto e delle case, scattati per
l’onda d’urto, mischiarsi con le voci della gente per strada e purtroppo con
le grida di quelli che sono rimasti intrappolati tra le macerie.
L’illuminazione stradale è saltata e buona parte dell’isolato è al buio,
rendendo praticamente impossibile non solo prestare soccorso, ma anche
rendersi veramente conto della situazione.
--Il Cairo, ore 02.25
Subito dopo il passaggio dell’auto della polizia l’auto parcheggiata su un
vialetto, davanti alla porta di un garage di una casa singola esplode. L’auto
sbanda per l’onda d’urto e va a finire nel giardino di una abitazione vicina.
Ancora dentro l’auto i due agenti si guardano indietro e la prima cosa che
vedono sono le fiamme, che avvolgono quello che rimane dell’auto,
illuminare la via.
L’illuminazione pubblica è saltata immediatamente, forse perché non c’è
un lampione in piedi nell’arco di un centinaio di metri.
Le luci dentro le case vicine si accendono. Dopo pochi minuti la gente
impaurita e curiosa si riversa in strada.
Attraverso il fumo si può notare che della casa non è rimasto molto,
magari la cantina è ancora intatta.
Le case in questa zona non sono così vicine da risultare indiscrete e questo
ha fatto sì che abbiano limitato i danni a vetri rotti, porte e finestre da
cambiare a causa dell’onda d’urto e al lavoro di un giardiniere per un paio
di giorni.
I due agenti scesi dall’auto tentano di allontanare i curiosi dalla zona di
pericolo; tra poco arriveranno i rinforzi: si sentono già le sirene dei
pompieri e della polizia.
A parte i danni materiali le eventuali vittime sono da ricercare sotto le
macerie della casa distrutta dall’esplosione.
--206
Shanghai, ore 08.25
Il cassonetto delle immondizie viene completamente disintegrato dalla
deflagrazione. L’onda d’urto scaraventa i passanti ignari e incolpevoli a
decine di metri di distanza lungo la strada o contro le auto o i muri degli
edifici.
I più vicini allo scoppio vengono letteralmente disintegrati. Quel poco che
si salva dall’onda d’urto viene investito dal fuoco e dal calore generato
dall’esplosione.
Al posto del cassonetto una enorme voragine blocca quasi interamente la
via.
Gli edifici nelle immediate vicinanze sono distrutti per quanto riguarda il
lato verso l’esplosione. L’edificio di fronte è completamente raso al suolo e
al suo posto si trova solo un cumulo di macerie.
Una enorme nuvola di polvere copre la zona per un centinaio di metri,
coprendo lo strazio dei morti e dei feriti.
E’ impossibile calcolare il numero delle vittime al momento e lo sarà solo
dopo aver raccolto tutte le denunce di scomparsa.
Quello che resta delle auto e delle case sta bruciando. La gente corre in
preda al panico cercando una via d’uscita in mezzo a questo scenario di
morte.
Per terra i resti di molte vite spezzate: borse, scarpe, un berretto, un
cellulare, mattoni, pezzi di legno del carretto di un ambulante che stava
vendendo chissà cosa lungo Yishan Lu.
Dopo pochi minuti i superstiti e la gente che è accorsa dalle vie vicine
tentato di prestare soccorso ai feriti in strada e a chi probabilmente si trova
sotto le macerie degli edifici distrutti.
--La notizia fa il giro del mondo in circa mezz’ora, forse anche perché ha
interessato praticamente ogni continente.
207
Il telegiornale, uno dei tanti, a New York riporta la notizia più o meno così:
"Oggi, alle 19.25 ora di New York quattro bombe sono esplose
contemporaneamente in quattro grandi città del mondo provocando
ingenti danni e centinaia di morti e feriti. Rio de Janerio, Parigi, Il Cairo,
Shanghai. Queste città sono state sconvolte … ."
Svariate immagini hanno corredato i servizi mostrando la distruzione e la
strage.
Molti esperti poi hanno tentato di spiegare o analizzare l’accaduto, ma
contribuendo solo a riempire la programmazione televisiva di gente che
non ha la più pallida idea di cosa sia successo.
Le televisioni di tutto il mondo rilanciano le stesse immagini decine e
decine di volte.
Un dato però è chiaro a tutti.
Erano circa dodici anni che non si verificavano attentati di questa portata,
dai tempi dell’escalation del terrore proveniente dal Medio Oriente.
Dopo un’ora dalla notizia vengo richiamato in sede. Anticipo la partenza
rispetto ai miei piani.
I miei problemi in questo momento vengono ritenuti non così determinanti
per tagliarmi fuori dalle eventuali indagini che i nostri servizi segreti
potrebbero dover intraprendere.
Sono passati solo una decina di giorni dall'esplosione in Cina. Dovremo in
ogni caso spostare le nostre priorità: le vittime degli attentati esigono che si
scoprano i colpevoli. Forse un'esplosione nucleare non era la peggiore cosa
che potesse succedere al Mondo di questi tempi.
208
W 23
-"Come penso abbiate già immaginato non siamo i soli servizi segreti ad
essere stati mobilitati dopo i fatti di ieri. I governi dei quattro Stati colpiti ci
hanno chiesto, anzi hanno chiesto a tutto il Mondo, di collaborare per
trovare i colpevoli. In parte già lo stavamo facendo per i fatti della Cina.
Useremo i contatti e i canali che avevate attivato per venire a capo anche di
questo. Se possibile."
Con queste parole la sig.ra Appleton inizia la riunione speciale che vede
coinvolti tutti gli agenti disponibili dei nostri servizi di intelligence.
-"Quello che è successo è una cosa gravissima, ovviamente per il numero
delle vittime e per la contemporaneità degli eventi. Come penso abbiate
già sentito dai telegiornali, ci sono state quattro esplosioni che hanno
interessato Rio de Janerio, Parigi, Il Cairo e Shanghai. Troverete tutti i
dettagli, per adesso in nostro possesso, nella cartella che vi è stata
consegnata. Voglio che tutti voi vi diate da fare. Non mi interessa come,
dove o con chi parlerete. Datevi da fare. Parlate con i vostri contatti e
informatori. Non dovete tralasciare la benché minima traccia. Per
stimolarvi vi darò solo alcuni dati: Rio de Janeiro 200 morti, Parigi 100, Il
Cairo 1, Shanghai 100. Queste sono le prime stime delle vittime degli
attentati. Stanno ancora scavando tra le macerie o peggio ancora tentando
di raccattare qualche centimetro di tessuto per riconoscere i corpi tramite
l’esame del DNA. Siamo in contatto con i servizi segreti di tutto il mondo.
Chiunque avrà qualche novità dovrà condividerla con gli altri. Datevi da
fare. Leggete i rapporti; aspetto le vostre considerazioni."
-"Le indagini sull'esplosione in Cina?"
-"Passano in secondo piano."
209
-"Ci sono dei collegamenti evidenti che le quattro esplosioni siano collegate
tra di loro?" – chiede qualcuno.
-"Potrebbe esserci un collegamento con la Cina?"
-"Questo me lo dovrete dire voi ... Andate."
Ci ritroviamo nel nostro ufficio. Dovevamo essere tutti in permesso e
invece siamo qui a guardare foto di gente massacrata e case sventrate.
-"Bel permesso. Dovremmo farne altri così. Qualche idea? ... brillante,
intendo."
-"Ehm, no."
-"Clarence. Che mi dici."
-"Nessuna idea ... Beh, a dir la verità, una cosa balza agli occhi,
ovviamente."
-"Ah si'?"
-"Si. La contemporaneità. Le esplosioni sono avvenute nello stesso
momento:
- Rio de Janerio 21.25
- Parigi
01.25
- Il Cairo
02.25
- Shanghai
08.25
Sono le 00.25 di Greenwich. Quattro attentati alla stessa ora, non è una
coincidenza. E' sicuramente un indizio da cui partire."
-"Quindi l'ora degli attentati in questo caso è un indizio, un segno ... un
messaggio che qualcuno ha voluto darci? Gli attentatori volevano
comunicarci qualcosa? Clarence, pensaci tu. Vedi se ti viene in mente
qualcosa."
-"Senti, Jason. Hai visto la lista dei morti."
-"Si, Vinnie. Impressionante."
-"Beh, ovvio. Ma non intendevo questo. Leggila bene:
- Rio de Janeiro 203
- Parigi
107
- Il Cairo
1
- Shanghai
115
Un morto? E' strano. Se sono stati gli stessi, magari vuol dire che hanno
sbagliato qualcosa."
-"O magari l'obiettivo era diverso. Oppure gli attentatori sono diversi."
-"Ottime ipotesi, Mike. Dobbiamo verificare."
-"E se la Cina fosse stata solo la prova generale per questi attentati?
Potrebbe essere il collegamento tra i due avvenimenti?" - chiede Clarence.
-"Troppo diversi. La preparazione è completamente diversa. Per questi
attentati possono aver usato delle semplici autobombe imbottite di C4. Se
210
la rivendicazione ha un senso, dovremo aspettarci qualcosa di diverso da
questi quattro attentati" - chiarisce Mike.
-"E se ipotizziamo che siano collegati, stando alle ipotesi dei giorni scorsi,
dovremmo anche spiegare perché dei militari farebbero saltare in aria
centinaia di civili in giro per il Mondo" - aggiunge Vinnie.
L'opinione pubblica però già spinge su questa ipotesi. Qualcuno sta già
dicendo che i servizi segreti erano stati avvertiti e che avrebbero potuto in
qualche modo evitare questo massacro.
Restiamo in silenzio per qualche minuto; qualcuno si alza in piedi e
cammina per la stanza. Nessuno ha improvvisamente delle brillanti idee.
Mi alzo in piedi - "Farò rapporto alla sig.ra Appleton. Vediamo cosa dicono
gli altri servizi segreti. Le comunicherò anche che dovremo fare dei
sopralluoghi. Ci divideremo in due squadre. Vinnie ed io a Rio, voi due a
Shanghai. Se ce ne sarà bisogna noi andremo a Parigi e voi due al Cairo. Ci
rivediamo all'aeroporto tra cinque ore."
---"La Fase 2 è stato un successo. I nostri committenti sono rimasti
soddisfatti del nostro operato. Hai notizie da parte dei nostri strani amici?"
-"Lei intende i suoi occulti soci d'affari, vero?" - chiede Nigel - "Non
occorre che mi risponda, signore. Si sono fatti sentire ovviamente.
Volevano sapere se eravamo in qualche modo coinvolti negli attentati dei
giorni scorsi. Gli ho risposto, come da sue indicazioni, che eravamo ...
marginalmente coinvolti nell'accaduto e che tutto era previsto nel piano.
Tali azioni erano da far rientrare nella strategia di copertura del piano
principale."
-"Ottimo lavoro, come sempre, Nigel."
Il segretario personale esce dall'ufficio mentre il nostro uomo riflette sui
reali vantaggi procuratisi grazie a queste azioni. Un senso di soddisfazione
pervade il suo animo perverso e calcolatore, mentre si adagia sulla sua
comoda poltrona di pelle. Un altro pensiero però lo sfiora e questo un po'
mitiga il suo entusiasmo. Tra qualche giorno dovrà rivedere i suoi alleati e
dovrà un'altra volta essere molto abile per convincerli di non essere stati
raggirati.
---"Ci sta dicendo che tutto questo fermento, questa attenzione mediatica va
a nostro vantaggio?"
-"Fatemi spiegare ... ."
211
-"I servizi segreti di mezzo mondo sono concentrati su questi attentati.
Sono tutti all'erta."
-"Mi ripeto. Questo va a nostro vantaggio. Gli attentati avevano un duplice
obiettivo. Sviare l'attenzione dal nostro vero obiettivo e sviare l'attenzione
dal luogo dell'esplosione; eliminare qualsiasi traccia dei preparativi
intercorsi negli ultimi anni. In questo modo nessuno a parte la nostra
ristretta cerchia conosce i particolari dell'attentato e della sua preparazione
e adesso abbiamo la certezza che il mondo sta guardando dall'altra parte.
L'effetto sorpresa è assicurato."
-"Tra le vittime degli attentati c'erano persone coinvolte nei preparativi?"
-"Si. Il mio assistente potrà fornirvi i nomi delle persone decedute, ai noi
legate in qualche modo. Capirete anche voi che tutto doveva essere fatto
nel migliore dei modi. Potevamo anche assoldare dei professionisti che
eliminassero esclusivamente le persone desiderate. Questo però non
avrebbe fatto molto scalpore, non avrebbe attirato l'attenzione pubblica.
Non avrebbe sviato le ricerche su altri obiettivi. Le modalità e i luoghi
diversi lasciano diverse interpretazioni e pongono svariati interrogativi a
chi starà indagando. Grazie alle vostre conoscenze sappiamo cosa stanno
facendo i vari servizi segreti. Mi ripeto: abbiamo tutto sotto controllo."
L'assemblea mormora, alcuni non sono stati soddisfatti dalla spiegazione
ottenuta. Molti comunque sono più irritati dal fatto di non essere venuti a
conoscenza prima dei preparativi. Forse un sintomo di un'incrinatura nella
loro organizzazione, o quella che un tempo potevano considerare loro.
La verità invece, ma il nostro uomo è l'unico a saperla, è che questi
attentati sono stati un'azione di forza e nel contempo il mezzo per
soddisfare alcune richieste da parte di particolari conoscenze.
--All'aeroporto troviamo due jet con i motori accesi che ci stanno aspettando
per decollare. Ci dividiamo come d'accordo in due squadre: Vinnie ed io a
Rio, Clarence e Mike a Shanghai.
Come sempre gli aerei sono molto confortevoli; drink, musica, computer
sono sempre a disposizione.
Ci siamo portati gli incartamenti con tutto quello che è stato raccolto sui
quattro attentati finora.
La situazione sui luoghi delle esplosioni è in continua evoluzione. Diverse
squadre stanno lavorando per recuperare i corpi, togliere le macerie,
ripulire la zona, trovare indizi. Abbiamo preso accordi perché si possa
partecipare in queste fasi delicate alle indagini in loco.
212
Sappiamo che sia al Cairo che a Rio non erano presenti cellule terroristiche,
conosciute quanto meno. Questo a quanto asseriscono i servizi segreti
locali. Devo dire che sono diversi anni che non avvenivano attacchi
terroristici; molte delle tensioni che spingevano a gesti di questo tipo si
sono sciolte, gli animi si sono placati, in parte grazie ad una certa
redistribuzione della ricchezza mondiale a favore di paesi meno abbienti.
Aspettiamo di analizzare la zona e magari di ricevere una rivendicazione
illuminante.
--Dall'aeroporto arriviamo con una macchina della polizia sul luogo
dell'esplosione. Sono passati quasi due giorni. E' quasi sera ma la zona è
illuminata a giorno.
Lo scenario è raccapricciante.
In Avenida Princesa Isabel è esplosa un'auto bomba. I palazzi sullo stesso
lato della strada sono stati sventrati fino a metà per tutta la loro altezza.
Con tutta probabilità la via era ancora trafficata; le persone nelle vicinanze
sono state spazzate via per un'area di circa 50/100 metri. In mezzo alla
strada una voragine testimonia il luogo dell'esplosione; tutto attorno
macerie.
Ci sono pompieri, personale medico, la polizia, squadre della scientifica.
Mi hanno detto che sono state bloccate le forniture di gas, acqua e corrente
in tutto il quartiere.
Siamo all'imbocco della via. Mi volto indietro e vedo il mare; in condizioni
normali dovrei vedere gente che passeggia sulla spiaggia, gente che fa
festa; dovrei sentire lo sciabordio delle onde in lontananza. Invece la
spiaggia è deserta, nessuno ha voglia di festeggiare e tutto è coperto dal
rumore di ruspe, martelli pneumatici, ordini impartiti gridando, qualche
sirena che si allontana con il suo carico di disperazione. Penso per un
secondo di allontanarmi, andare verso la spiaggia, fin dove il rumore del
mare riesce a coprire questo frastuono di morte.
Vengo riportato alla realtà dalla mano di un poliziotto posata sulla mia
spalla.
-"Venga. La accompagno dal capo."
Mi volto e vedo un uomo che ha sul volto la stessa ma voglia di essere in
questo momento da un'altra parte.
Lo seguo. Mi conduce dal coordinatore delle operazioni. Mi spiega che
stanno ancora scavando tra le macerie dei palazzi alla ricerca dei dispersi.
Mancano all'appello diverse persone. Molte hanno un nome, visto che
erano ospiti degli alberghi; molte altre passavano di qui per caso e non
213
hanno più fatto ritorno a casa e i familiari o conoscenti hanno sporto
denuncia di scomparsa. Per alcuni corpi irriconoscibili invece ci vorrà del
tempo per dar loro un'identità: turisti solitari, uomini d'affari o gente del
genere per le quali, non dare notizie di sé per alcuni giorni è normale.
La conta dei morti è provvisoria e suscettibile di tragici aumenti. I corpi
ritrovati sono moltissimi, ma sono sicuri che in mezzo alle macerie ci siano
pezzi di cadaveri riconoscibili solo da un accurato esame del DNA.
E' l'attentato con il numero maggiore di morti e forse i danni più ingenti.
Vinnie si guarda attorno, parla con alcuni artificieri per capire se hanno
indizi sul tipo di bomba usato. Io mi aggiro tra le macerie per cercare di
trovare un perché. I palazzi sventrati rischiano di crollare; se non avessero
chiuso le condotte del gas saremmo seduti tutti sopra ad una polveriera.
Tutti gli inquilini della via sono stati fatti evacuare, ovviamente quelli
fortunati che non si trovavano nei paraggi al momento dell'esplosione.
Guardo per terra e vedo pezzi di vita distrutte: una scarpa da donna, un
paio di occhiali da Sole, un cappellino degli Yankees , una borsetta.
Al momento in mezzo a questa desolazione non vedo materialmente un
collegamento con quanto accaduto in Cina.
214
W 24
A Shanghai la situazione che si presenta a Clarence e Mike non è dissimile
dalla nostra. Il luogo dell'esplosione è in periferia.
Quando arrivano si vedono le prime luci dell'alba. Dai responsabili delle
operazioni ottengono un rapporto completo, che mi spediscono per mail. Il
resoconto relativo alle conseguenze non è dissimile dal disastro che
abbiamo trovato a Rio. La zona colpita a Shanghai però è in piena periferia.
Le vittime sono da ricercare esclusivamente tra i residenti: gente che usciva
per andare al lavoro, qualche venditore ambulante, madri di famiglia che
andavano a fare la spesa, pendolari di passaggio diretti alla più vicina
fermata della metropolitana. Sono saltati tutti i servizi primari: luce, acqua,
gas e la linea della metropolitana. L'origine dell'esplosione è da localizzarsi
dentro ad un cassonetto delle immondizie; gli edifici attorno
completamente distrutti.
Gli effetti dell'esplosione si sono fatti sentire per svariate decine di metri.
Passiamo la notte a Rio de Janeiro. Domani mattina torneremo sul luogo
dell'esplosione. Clarence e Mike invece hanno un giorno intero davanti a
loro per continuare le indagini. Tra ventiquattro ore ci riaggiorneremo.
--Tutti i rapporti sulle stragi vengono spediti ai vari servizi segreti assieme
all'elenco delle vittime accertate e alle persone scomparse. Si spera sempre
di trovare la causa dell'accaduto tra i nomi dei morti. In questo caso però la
cosa diventa molto più complicata. Va bene se vogliamo scoprire chi fosse
215
l'obiettivo di ogni singola bomba, sempre che ce ne fosse uno specifico. Se
però stiamo cercando un collegamento tra i vari attentati (sempre che ci
sia), come fanno ad essere collegate delle persone morte in quattro
continenti diversi: cosa può unire delle persone così distanti tra loro ...
tranne il probabile mandante, ovviamente.
--La notte non ha portato consiglio e la mattina non dà risultati migliori. E
neanche la situazione a Shanghai è delle migliori.
In giornata arriva anche il rapporto dal Cairo. Vinnie aveva fatto notare
subito il fatto che lì ci fosse solo un morto e che questo stonava tra i
massacri fatti dalle altre parti. Il rapporto non fa che confermare questa sua
ipotesi.
Lo scoppio delle macchina parcheggiata sul vialetto davanti al portone del
garage, in una zona residenziale, ha raso al suolo la casa ed il suo
occupante. Non ci sono state altre vittime, solo danni materiali.
Il rapporto da Parigi invece non è dissimile da quello di Shanghai.
L'esplosione è avvenuta in centro città. E' saltato in aria un albergo, con
tutti i clienti, e buona parte degli inquilini dei palazzi limitrofi. Vista l'ora
tarda in strada non c'era nessuno e per questo il numero delle vittime è
rimasto relativamente contenuto. Rimangono solo le macerie dell'albergo e
lo scheletro dei palazzi vicini, le auto parcheggiate distrutte e i resti delle
finestre andate in frantumi per centinaia di metri.
Una prima cosa che accomuna le quattro esplosioni però l'abbiamo trovata:
sono gli effetti devastanti delle esplosioni. Non hanno badato a spese per
l'esplosivo. Qualunque fosse il loro obiettivo volevano essere sicuri di
raggiungerlo.
Sembra proprio che dovremo analizzare l'unica anomalia di tutta questa
faccenda.
Avverto anche Clarence e Mike: facciamo rotta per il Cairo.
--Il Cairo.
Ci ritroviamo in città un po' prima delle sette di sera. Abbiamo prenotato
quattro camere in un albergo nella zona dell'esplosione della bomba. E'
una zona residenziale, occupata da persone importanti, influenti; molte
216
ambasciate hanno sede da queste parti; molta gente che lavora nelle
ambasciate vive in questi quartieri.
Le forze dell'ordine in questi quartieri sono bene addestrate e scrupolose e
ad integrare i controlli ci pensano le guardie private.
Dopo un bagno rilassante e diverse ore di sonno ristoratrici, alla mattina
sfruttiamo la colazione a buffet che ci viene fornita in hotel. Finché siamo a
rimborso spese meglio approfittarne.
Un taxi ci porta a Safiyya Zaghlul, una via come altre in questa zona della
città. Dovremo capire cos'ha di speciale questa casa, e il suo inquilino
ovviamente, per meritare di saltare in aria.
Notiamo tutti lo stile di vita da queste parti. Tutto è in perfetto stato. Le
abitazioni private, i palazzi sono perfettamente curati. Come è curata
anche la sicurezza, visto il numero ingente di guardie, telecamere e posti di
blocco all'entrata delle ambasciate.
E' da vedere se il nostro attentatore è stato così bravo da non lasciare
traccia nelle registrazioni delle telecamere puntate verso la strada.
Mi sa già che sarà un problema farsi dare le registrazioni, ma tentare non
nuoce.
Arrivati all'indirizzo indicato nel rapporto troviamo la stessa situazione
vista nei nostri precedenti sopralluoghi, sono in scala più piccola.
La devastazione in questo caso è molto circoscritta. Al posto del vialetto,
del garage e di buona parte della casa adesso c'è un cratere fumante. Oltre
alla bomba, anche in questo caso ha dato il suo contributo l'esplosione
delle tubature del gas. La quantità di esplosivo usato sembra essere più o
meno la stessa degli altri attentati, solo che i danni sono minori visto la
distanza tra una casa e l'altra. Le uniche conseguenze visibili sulle case
vicine sono i calcinacci e i vetri rotti delle finestre.
Ci facciamo un giro tra le macerie. Ad aspettarci troviamo un agente dei
servizi segreti, a differenza degli altri posti dove ad attenderci c'erano
sempre dei poliziotti. Leggendo attentamente il rapporto capiamo il perché
quando leggiamo che la professione dell'unico morto dell'attentato era
"dipendente presso l'ambasciata Ucraina" al Cairo, titolare di passaporto
diplomatico. Sembra che questa faccenda del diplomatico morto stia
dando fastidio all'Egitto e all'Ucraina e il fatto che degli estranei (che poi
saremmo noi) rovistino tra le macerie della casa non li fa sentire tranquilli.
-"Non hanno trovato niente di strano neanche qua. L'unica cosa degna di
nota, ed è ovvia, è che hanno fatto un sacco di rumore per uccidere una
217
sola persona. Potevano tranquillamente pagare un killer e farlo molto più
silenziosamente."
-"Mike ha ragione. Non ha senso neanche mettere delle bombe in mezzo ad
una città e fare una strage per colpire una sola persona. Capisco coprire le
tracce ... solo per dare un nome a tutte le vittime ci vorranno settimane ...
ma un po' stanno esagerando" - continua Vinnie.
-"Dobbiamo scoprire il più possibile su questo tizio e dopo vedere se c'è
qualcosa di strano che potrebbe legarlo agli altri attentati."
All'ambasciata non ci hanno detto molto. Abbiamo chiesto di darci l'elenco
dei suoi spostamenti degli ultimi 12/24 mesi per vedere se magari fosse
andato nei luoghi delle altre tre esplosioni. Ci hanno garbatamente
risposto che non se ne parlava, ma dopo una certa insistenza siamo riusciti
a farci dare solo le date in cui è partito dal Cairo ma senza la relativa
destinazione. Non è molto, ma potremmo incrociare questi dati con le liste
dei passeggeri degli aerei decollati dagli aeroporti del Cairo. Se siamo
fortunati e se non ha usato voli privati, potrebbe anche saltar fuori
qualcosa di interessante.
Ritorniamo all'albergo. Abbiamo pensato di fermarci un altro giorno per
vedere se si scopre qualcosa di nuovo. Nel frattempo Clarence, con il suo
meraviglioso portatile si collega ai nostri server e inizia la sua
personalissima indagine sulla vita di questo tizio sfortunato.
Dalle liste passeggeri non esce ancora nulla. Sempre a Clarence però viene
un'altra idea, memore di un'indagine simile che dovette fare qualche anno
fa.
Ha scoperto che studiando il posto in cui uno vive si possono scoprire
molte cose. Ora che la casa è un cumulo di macerie è un po' più
complicato; ma una casa parla anche attraverso le proprie bollette.
Analizzando i consumi di gas, acqua e telefono si possono scoprire molte
cose delle abitudini di una persona: se fa il bucato alla mattina o alla sera,
quando e quanto telefona, quando mangia, cosa mangia, quando preferisce
lavarsi.
Abbiamo realizzato che non ha abitudini fuori dal normale; ma poi grazie
al genio di Clarence incrociamo l'andamento dei consumi con le date delle
partenze. E cosa ne ricaviamo? Una scoperta clamorosa e cioè che, a meno
che la casa non sia stata infestata dai fantasmi o che più tradizionalmente
non abbia avuto una governante (e abbiamo appurato che non ce l'aveva),
che lui ci fosse o meno i consumi non cambiavano.
Abbiamo ricontrollato i dati e poi per correttezza li abbiamo sottoposti alle
autorità egiziane, le quali ci hanno confermato le date di partenza e ci
hanno dato la certezza che fosse effettivamente arrivato a destinazione.
218
Le spiegazioni potrebbero essere molteplici: si sbagliano sulle date; le date
sono giuste ma alla fine non è più partito; è partito e qualcuno usa casa
sua; qualcuno è partito al posto suo mentre lui rimaneva chiuso in casa.
Trovare la spiegazione a queste stranezze potrebbe farci fare passi in
avanti. Magari era coinvolto in qualche traffico illecito per il quale un
passaporto diplomatico fa sempre comodo. Forse lo stesso passaporto era
usato da lui per i viaggi ufficiali e da qualcun altro per quelli illegali.
Magari lo pagavano per tenere la bocca chiusa mentre altri facevano il
lavoro sporco. Se teniamo per buone le informazioni che ci hanno dato,
l'ipotesi di scambio di persona, per quanto complicata, è l'unica che
rimane.
Potrebbe essere un indizio importante, anche se non collega ancora in
alcun modo questo attentato con gli altri e tanto meno con l'esplosione in
Cina.
Cercheremo di fare pressione sul governo ucraino per farci dare le
destinazioni dei viaggi fatti con questo passaporto. E' chiaro a tutti che
questa è una situazione poco chiara anche se non ha a che fare con gli altri
attentati. Non si uccide in questo modo un dipendente di una ambasciata
se non c'è qualcosa di losco sotto. Ma non si dovrebbe uccidere qualcuno in
questo modo se si intende nascondere i fatti e cancellare probabili tracce
compromettenti.
In ogni caso non abbiamo più niente da fare qui. Domani ripartiremo per
l'Australia.
219
W 25
I nostri sopralluoghi non hanno portato molti frutti, a parte il fatto di aver
scoperto che i quattro attentati non hanno molto in comune. Quindi
socraticamente l'unica cosa che hanno un comune è non avere nulla in
comune.
La sig.ra Appleton non è molto soddisfatta del nostro operato. Ha
comunque mandato i nostri rapporti agli altri servizi segreti, allegando a
parte una nota di scusa per gli scarsi risultati.
--Dopo un paio di giorni però avviene quella che sembra una svolta nelle
indagini.
Al Cairo vien minuziosamente setacciata la zona dell'esplosione, filtrato il
terreno e le macerie, analizzato i vari frammenti e le sostanze trovate nel
cratere. Qualche tecnico zelante ha pensato anche di scandagliare il terreno
con un metal detector per non tralasciare il più piccolo particolare.
Grazie a ciò viene rinvenuto un oggetto in corrispondenza dell'epicentro
dell'esplosione: una sfera di metallo conficcata nel terreno, composta da un
metallo molto resistente, con la superficie butterata per via dell'esplosione.
Questo è un fatto molto strano, visto che non sembra essere un
componente dell'ordigno, a detta degli esperti in esplosivi che l'hanno
subito analizzato.
Ancora più strano è stato che, su suggerimento delle autorità egiziane,
dopo attenti scavi negli altri tre siti, grazie all'impiego di sensibili metaldetector siano state rinvenute altre tre sfere identiche .
220
Anche senza sapere a cosa servano o a cosa siano servite, per adesso hanno
fatto sì che i quattro attentati abbiano finalmente qualcosa in comune.
Lo scenario che si apre da oggi purtroppo assume un risvolto ancora più
inquietante. Forse in fondo all'animo tutti quanti speravamo che fosse tutto
un insieme incredibile di coincidenze: adesso abbiamo quasi la certezza
che da qualche parte c'è un unico pazzo omicida che piazza bombe in
mezzo alla gente.
--Dopo sei ore sappiamo già un sacco di cose di queste quattro sfere.
A parte i dettagli tecnici, la parte più importante dei rapporti che vengono
spediti ai servizi segreti di mezzo mondo è che contengono un messaggio,
nel vero senso della parola e non solo figurativamente.
Come una matriosca dentro alla sfera esterna ce n'è un'altra; tra le due
sfere c'era un'intercapedine che ha evitato che la prima sfera deformasse la
seconda più piccola al suo interno al momento dell'esplosione.
Ci viene spiegato anche come, secondo i tecnici in unione con esperti in
esplosivi e in balistica, possano essere andate le cose.
Secondo loro la bomba aveva la sfera al suo interno. La maggior parte
dell'esplosivo però si sarebbe trovavo nella parte superiore: in questo
modo la forza dell'esplosione verso il basso avrebbe compensato la spinta
verso l'alto data dall'esplosivo sotto la sfera e dall'effetto leva dato dal
terreno sottostante. La presenza dell'esplosivo sotto la sfera avrebbe quindi
favorito il fatto che la sfera non sia finita troppo in profondità e il suo
conseguente ritrovamento.
La parte più interessante di ogni rapporto arriva quando ci viene detto che
all'interno della seconda sfera c'è una coppia di numeri incisa, come fosse
una specie di stampo.
Riassumendo: quattro sfere, otto numeri.
Se qualcuno si è preso la briga di far saltare in aria della gente per lasciarci
dei numeri come ricordo, direi che siamo obbligati a vedere la cosa come
un messaggio: resta solo da capire cosa possano significare.
La sig.ra Appleton ci lascia subito dopo la lettura dei rapporti nella
speranza che si possa essere d'aiuto a dare un senso a tutto questo.
Non vi ho ancora detto in numeri:
Rio de Janeiro 36
08
Parigi
57
21
Il Cairo
87
20
Shanghai
38
17
221
--Durante la riunione riassumiamo tutto quello che è stato scoperto in questi
cinque giorni passati dopo le esplosioni.
Tutti i servizi segreti si sono dati da fare per setacciare questo sporco
mondo alla ricerca del più piccolo indizio e della più piccola traccia che
potesse portare ai mandanti o agli esecutori di questi crimini efferati.
Ognuno ha dato il proprio contributo: la scoperta delle sfere, l'analisi della
dinamica delle esplosioni, l'incongruenza tra gli obiettivi centrati e altri
piccoli e purtroppo "insignificanti" dettagli. In questo momento esperti in
crittografia e svariati server sparsi nel mondo stanno analizzando i numeri
trovati per dar loro un senso.
Per adesso le conclusioni comuni a tutte le agenzie si possono riassumere
in questi punti:
- Le esplosioni sono avvenute nello stesso identico momento;
- Il numero dei morti varia tra una città e l'altra e gli obiettivi sembrano
non essere gli stessi;
- L'attentato del Cairo è un esempio di queste differenze, visto che la
bomba è esplosa lontano dal centro cittadino colpendo una sola persona;
- Bisogna analizzare attentamente l'unico obiettivo conclamato finora di
questi quattro attentati, ovvero il dipendente dell'ambasciata;
- I numeri ritrovati, ovvero il presunto messaggio;
- C'è un collegamento con i fatti avvenuti in Cina?
- C'è un collegamento con la rivendicazione fatta dopo l'esplosione in
Cina?
- Possono essere coinvolti anche in questo i militari USA?
- Qual è lo scopo vero degli attentati?
- Sono serviti solo come veicolo per lasciare un messaggio?
- A chi è indirizzato il messaggio?
- Qualcuno mette una bomba e contemporaneamente ci fa avere degli
indizi: o non sono la stessa persona o qualcuno soffre di disturbi della
personalità.
Per adesso nessuno ha una risposta a questi quesiti e nessuno riesce a dare
un senso a quel poco che sappiamo.
Per adesso tutto questo rimane segreto. Nessuno al Mondo a parte le
agenzie governative sanno dei numeri trovati e del probabile collegamento
tra i quattro attentati.
222
W 26
E' passata una intera settimana dai quattro attentati che hanno messo in
agitazione mezzo mondo.
L'opinione pubblica ha cominciato a chiedersi e a chiedere spiegazioni alle
autorità locali. Molti chiedono la testa dei propri governi incapaci di
difendere la propria gente. Molti governi chiedono la testa dei capi dei
servizi segreti per non essere riusciti a prevedere simili catastrofi.
I servizi segreti di mezzo mondo si stanno ancora chiedendo cosa
significano gli otto numeri ritrovati sul luogo delle esplosioni.
Ma quello che urta la gente in questi giorni di lutto è anche non potersela
prendere con qualcuno in particolare. E' dura seppellire i propri cari e non
poter sfogare la propria rabbia e il proprio rancore verso chi ha causato
tanto dolore.
Oltre a questo, la mancanza di notizie dopo un po' preoccupa la gente
ancora maggiormente. Dare la colpa a qualche gruppo terroristico sarebbe
l'ideale, ma dopo anni passati relativamente in pace trovare un vero
terrorista di questi giorni è veramente complicato.
Sui giornali e telegiornali di mezzo mondo opinionisti si arrabattano per
trovare una spiegazione plausibile e dei colpevoli credibili.
Le agenzie governative invece brancolano nel buio cercando ancora di dare
un significato ai numeri trovati.
--Dopo nove giorni dagli attentati purtroppo arriva quella rivendicazione
che molti aspettavano, ma non del tipo che auspicavano.
223
Niente gruppi estremisti in cerca di visibilità, niente richieste di soldi.
Nulla. Solo una scarna rivendicazione arrivata ai network di tutto il
mondo.
"Il Sole scenderà sulla terra per purificare l'uomo"
I giornalisti impazziscono per trovare il significato di questa
rivendicazione. Ogni esperto conosciuto viene interpellato. A dir la verità
viene intervistato chiunque abbia qualcosa da dire sull'argomento, di
sensato o meno.
Più che una rivendicazione sembra un folle proclama, un misto tra
paganesimo e fede cristiana, tra Apocalisse e percorso di purificazione.
C'è chi pensa ovviamente che l'avvertimento conseguente all'esplosione in
Cina si sia avverato in questi quattro attentati. Come dargli torto. E
purtroppo questa rivendicazione sembra rimandare a qualcosa che avrà da
venire.
Dopo qualche ora però succede un'altra cosa strana.
Alle agenzie governative arriva lo stesso messaggio di rivendicazione. Non
è questa la cosa strana; la cosa strana è che il messaggio è lo stesso ma
allegato troviamo anche la stessa sequenza di numeri trovati nei luoghi
degli attentati.
"Il Sole scenderà sulla terra per purificare l'uomo"
8 17 20 21 36 38 57 87
Nessuno per adesso comprende il motivo di spedire due rivendicazioni
simili ma non uguali.
Un effetto però lo sortisce immediatamente.
Come al solito i messaggi di questo tipo non vengono presi seriamente se
non dopo un attento controllo sulla loro attendibilità. Il fatto di trovare
nella rivendicazione gli stessi numeri, conosciuti finora solo da poche
persone, fa sì che il messaggio venga preso con molta serietà dagli addetti
ai lavori.
Il mistero quindi si infittisce. Oltre al fatto in sé, a complicare le cose
adesso abbiamo anche la doppia rivendicazione e la presenza della
fantomatica serie di numeri a cui nessuno per adesso sa dare un
significato.
Ma come per la morte di un'unica persona al Cairo, anche questi numeri
devono avere la loro importanza; la rivendicazione deve avere la sua
importanza, la doppia rivendicazione deve avere la sua importanza.
224
L'ipotesi che ci sia in giro un bombarolo pazzo schizofrenico si rafforza
sempre di più!
E' come dover ricomporre un puzzle, avere tutti pezzi sopra il tavolo, ma
non sapere quale sia l'immagine che debba comparire alla fine: sai che
servono tutti i pezzi, che tutti si incastreranno perfettamente; ti basta solo
iniziare.
Per noi adesso è così, con la piccola variante che i pezzi ci vengono dati un
po' per volta.
--Sono passati nove giorni dagli attentati e non abbiamo uno straccio di
prova che ci conduca agli esecutori se non ai mandati. I giornali stanno
facendo a pezzi e rispettivi governi per gli scarsi risultati ottenuti e per la
mancanza di comunicazione. È opinione di molti che le agenzie
governative stiano brancolando nel buio, se non tentando per l'ennesima
volta di insabbiare tutto.
A questo proposito sulla mia scrivania c'è una circolare che pone l'accento
sull'importanza di non far trapelare informazioni all'esterno.
A tutti è subito parso chiaro che se qualcuno ha avuto così tanta premura
di farci avere in separata sede la stessa serie di numeri trovata nei luoghi
degli attentati, un motivo deve esserci per forza. E visto che finora nessuno
ha la più pallida idea di cosa qualcuno stia cercando di dirci, quel poco che
sappiamo ce lo teniamo per noi.
Per questo motivo la scoperta dei numeri e la seconda rivendicazione sono
coperti dalla massima riservatezza. Il che vuol dire che non ci vorrà molto
perché qualcuno parli e la cosa diventi di pubblico dominio. Speriamo solo
che avvenga dopo averne scoperto il significato.
--In Bretagna.
-"Siamo molto soddisfatti di come stanno andando le cose. Siamo ancora
contrariati per il fatto di non essere stati avvertiti delle operazioni
collaterali che aveva organizzato. Ma ora che il Mondo ha ricevuto il
nostro avvertimento e sta tremando nell'inconsapevolezza sappiamo di
essere vicini alla meta."
-"Ne sono felice. Tutto va come avete sempre desiderato. Tra pochi giorni
sarà l'alba di un nuovo mondo. E il merito è vostro."
Gli applausi accompagnano la sua uscita dalla sala riunioni.
225
Il segretario Nigel lo accompagna nello studio personale. Il nostro uomo si
siede sulla poltrona, e sul tavolino accanto si materializza un drink.
-"Grazie, Nigel."
Sorseggia il suo drink guardando fuori dalla finestra. Il segretario sembra
mimetizzarsi perfettamente con l'arredamento in modo da non turbare i
pensieri del suo datore di lavoro.
-"Nigel?"
-"Si?"
-"Non ti avevo visto."
-"Lo so, signore. Mi dica."
-"Hai notizie?"
-"No, signore. Nessuno ha ancora scoperto il significato dei numeri che gli
abbiamo fatto avere. Tanto meno della rivendicazione."
-"Quella assurda farneticazione."
-"Esatto, signore. L'assurda farneticazione. E devo porre l'accento anche sul
fatto che per adesso nessuno dei suoi soci in affari è venuto a conoscenza
di questo fatto."
-"Per adesso il mio piano è perfetto ... ."
-"Certo, signore."
-" ... Nigel ... ."
-"Mi scusi, signore."
-"Abbiamo fatto trovare loro i numeri sui luoghi degli attentati e gli
abbiamo fatto sapere che chi ha fatto la rivendicazione è il colpevole di
quelle stragi. Abbiamo avuto la loro attenzione. A tempo debito, come
previsto, daremo una spinta alle indagini, in modo che le cose volgano a
nostro favore. Nessuno di loro" - indicando con la mano i partecipanti
all'assemblea appena lasciata -"sospetterà qualcosa, finché non sarà troppo
tardi per correre ai ripari."
-"No, signore. Abbiamo fatto in modo che non giungano loro più
informazioni di quelle che vogliano sentirsi dire. Dobbiamo però mettere
in preventivo che la situazione possa degenerare."
-"Ne sono al corrente. Per quel momento i giochi saranno già fatti e non
avranno scampo. Per adesso la partita si gioca tra me e gli Stati Uniti
d'America ... Organizza il ritorno a casa."
-"Già fatto, signore. Siamo pronti a partire quando vuole."
226
W 27
-"Molti pensano che l'esplosione in Cina e la rivendicazione che diceva che
dovevamo aspettarci qualcos'altro siano stati il prologo dei quattro
attentati. Effettivamente sembrerebbe proprio così. Purtroppo non sapendo
chi ha sganciato la bomba in Cina e non avendo la più pallida idea di chi
abbia combinato questo disastro, ogni ipotesi è plausibile."
-"E' possibile che dopo un mese nessuno al Mondo abbia trovato uno
straccio di indizio su quello che è realmente accaduto in Cina? Sappiamo
che c'è stato un grosso sforzo organizzativo anche per occultare eventuali
tracce da seguire. Ma nessuno ha trovato un "verme" disposto a parlare?"
-"Bocche cucite ovunque."
-"Abbiamo una bomba atomica in Cina, una rivendicazione che ci promette
altre sciagure, quattro attentati, un'altra rivendicazione che non promette
niente di buono. Per adesso la linea di condotta dei vari governi interessati
è quella di negare qualsiasi relazione tra i citati avvenimenti, ma non può
durare ancora per molto. Se fosse finita qua potremmo concentrarci sulla
scoperta dei colpevoli, ma nessuno di noi pensa che sia finita, vero? Il che
vuol dire che dobbiamo non solo scoprire chi c'è dietro ma anche cosa ci
riserba per il futuro. E i tempi mi sembrano maledettamente stretti, i giorni
passano e non approdiamo a nulla di buono."
-"Hanno finito l'identificazione delle vittime?"
-"Quasi. Stanno usando l'esame del DNA, impronte dei denti, denunce di
scomparsa. Ma di qualcuno non è rimasto molto da analizzare. Ma per
adesso non ci sono persone "particolari" coinvolte."
-"Il tizio al Cairo. L'attentato anomalo?"
227
-"Hanno identificato il corpo, confermando che si tratta del dipendente
dell'ambasciata."
-"E le anomalie che abbiamo riscontrato sulle bollette?"
-"Il governo ucraino ammette che non possono avere la certezza
sull'identità dell'uomo che viaggiava usando il passaporto del dipendente
dell'ambasciata in Egitto."
-"Bene. Ottimo."
--La riunione continua. Dopo un paio d'ore in una sala con un bel po' di
analisti, che in un infuocato brain storming tentano di trovare una
soluzione al pericoloso rompicapo, mi defilo, salvato per adesso da
impellenti bisogni fisiologici.
Mi chiudo in bagno con i miei pensieri, cullandoli al suono dello scarico
del water. Vorrei trattenermi un po' di più ma rischierei di alimentare voci
incontrollate e false su presumibili atti onanistici.
Me ne ritorno mesto verso la sala riunioni. Prima però mi fermo alla mia
scrivania per vedere se sono arrivati messaggi di una certa importanza. Mi
siedo, tolgo un bel po' di cartacce dalla tastiera, seguo il filo del mouse e
riesco ad aprire le mie mail.
Scorro i messaggi e mi soffermo su uno in particolare proveniente da un
account degli USA. L'indirizzo non mi dice nulla, mentre il testo del
messaggio invece cattura maggiormente la mia attenzione.
E' l'amministratore del palazzo dove vivo che mi comunica che
l'appartamento sopra il mio si è allagato e ci sono buone probabilità che
anche il mio abbia subito la stessa sorte.
Sono più stupito e preoccupato di scoprire come questa mail abbia fatto ad
arrivarmi che del fatto che il mio appartamento sia diventato un acquario.
In fondo al testo però c'è una nota del nostro server di posta che mi dice
che questo messaggio è stato inoltrato da un altro account. E' solo così che
mi ricordo di aver dato anni fa all'amministratore un mio indirizzo di
posta elettronica che viene automaticamente redirezionato al mio account
principale.
A parte questi dettagli tecnici potrei avere un appartamento allagato. Il
solerte messaggio mi avverte che se non do disposizioni in merito saranno
costretti ad aprire la porta per controllare i danni e consentire l'ispezione.
Per quanto mi riguarda potrebbero anche entrare e portarsi via quel poco
che c'è dentro, soprattutto il contenuto del frigorifero, oramai sicuramente
in avanzato stato di decomposizione.
228
Nel mio allenato cervello però nasce quell'idea geniale che potrebbe farmi
uscire da questa gabbia di matti.
Mi avvio sicuro verso l'ufficio della sig.ra Appleton.
Apro deciso la porta per far vedere il mio fare sicuro.
La sig.ra Appleton mi vede entrare e mi getta uno sguardo di
disapprovazione misto a sconsolazione per la mia mancanza di buone
maniere.
-"Sig.ra Appleton. Devo partire per New York. Ho avuto comunicazione
che il mio appartamento si è allagato e c'è il rischio che qualcuno entri
senza il mio permesso. Potrebbero mettersi a frugare tra le mie cose."
Mi guarda ma non parla.
-"Non si inventerebbe mai una scusa del genere per andarsene via, vero?"
-"No" - rispondo con piglio deciso.
-"Potrei mandare una squadra sul posto."
-"E non pensa al budget?"
Sui soldi è sempre attenta.
-"Mmm ... Ok. Ma il viaggio se lo paga."
-"Perfetto. Sig.ra Appleton, buon pomeriggio."
Passo a salutare i miei compagni ancora rinchiusi nella sala riunioni. Non
entro per non disturbarli, ma li saluto con un cenno della mano dall'altra
parte della vetrata e con un cenno gli faccio segno che li chiamerò più
tardi.
Raccolgo le poche cose che trovo sulla mia scrivania che potrebbero
servirmi e chiamo l'aeroporto per prenotare un biglietto sul primo volo per
New York.
229
W 28
Dopo un paio d'ore ho passato il check-in e mi trovo a vagare tra i duty
free shop dell'aeroporto di Adelaide.
Mi compro un giornale da leggere, una rivista di enigmistica, qualche
caramella e una bottiglietta d'acqua. Sono tentato invece di comprarmi
delle bottiglie di alcolici, dei coltelli, dei profumi, una scatola di dolci,
qualche peluche, un cellulare di ultima generazione che dovrebbe anche
farti telefonare. Mi fermo appena in tempo mentre sto praticamente
pagando un set di mazze da golf!
I duty free shop mi fanno questo effetto.
Stanco mi siedo su una poltroncina con vista sulle piste di decollo. È sera, il
Sole è quasi sparito all'orizzonte e le nuvole si sono tinte di arancione. Mi
mangio un muffin al cioccolato sfogliando il giornale. Ci sono un sacco di
articoli sugli attentati e sulle possibili interpretazioni della rivendicazione.
Le leggo in cerca di ispirazione, visto che menti brillanti in tutto il mondo
tentano di dargli un senso ma senza successo.
Molti invasati pseudo religiosi annunciano presto la venuta
dell'Apocalisse, ma non riescono a farci capire come Dio possa comunicare
la propria volontà attraverso delle stragi di innocenti.
Il mio volo partirà tra un'ora e mi avvio al cancello di imbarco.
Mi stupisco sempre di come gli aerei siano sempre abbastanza affollati.
Non succede mai come gli autobus che girano per la città mezzi vuoti.
Purtroppo però mentre sto ammirando le hostess che si stanno preparando
per il controllo dei biglietti sono colto da una premonizione.
230
Chiudo gli occhi e mi concentro focalizzandomi sulle mie sensazioni.
Respiro profondamente ma come per gli ultimi "attacchi" non riesco a
percepire distintamente il pericolo.
Apro gli occhi. La gente attorno a me non si è accorta di nulla. Mi guardo
attorno ma non noto nulla di strano. C'è comunque troppa folla per
riuscire a riconoscere qualche losco figuro. Rimango in fila, osservo la
gente che mi sta accanto, non sembrano pericolosi.
Essendo complicato portare armi in questa zona (non ho detto
impossibile), devo fare attenzione a chi tenta di avvicinarsi a me.
Per fortuna arriva il mio turno e mi avvio con passo deciso verso il tunnel
che mi porta a bordo dell'aereo. L'hostess mi dà il benvenuto e mi augura
un buon viaggio. Mi posso permettere la prima classe e ne ho approfittato;
lo faccio di solito nei viaggi molto lunghi.
Mi siedo, sistemo il bagaglio e osservo la gente che mi passa accanto.
Se sono realmente in pericolo, infilarsi in un tubo di metallo a diecimila
metri di altezza non è quella che si può definire un'idea geniale.
Il tempo però passa e io sono ancora vivo. Le mie premonizioni di solito
dovrebbero avverarsi nel giro di poco tempo e soprattutto continuare se
non faccio nulla per impedirle.
Sembra proprio un attacco come gli ultimi, che si sta risolvendo in un nulla
di fatto.
In queste condizioni sento che mi manca la serenità necessaria per
affrontare un momento come questo, dove da parte di tutti gli agenti è
richiesta la massima attenzione e professionalità.
Continuo a rimanere vivo, ne sono in parte felice ma una parte di me ne
esce frustrata. Sono anni che sono abituato a fare affidamento sul mio dono
per non cacciarmi nei guai e adesso mi sento un po' indifeso.
L'aereo decolla; il Sole è tramontato. Arriveremo a Los Angeles, contando
il fuso orario, alla sera; dopo uno scalo tecnico ripartiremo per New York.
Tengo la luce accesa per un po' per leggere il giornale, finché non darò
fastidio al mio anonimo vicino di sedile.
--Mi appisolo con il giornale in mano; una hostess amorevole mi spegne la
luce. Penso di averle anche risposto quando mi ha chiesto se volevo una
coperta, perché ne ho una addosso che mi tiene caldo. Non è freddo sugli
aerei ma di notte la temperatura un po' si abbassa.
Mi stiro la schiena e le gambe intorpidite, mi stropiccio gli occhi per vedere
che ora è. Ora australiana sono le due di notte, il viaggio è ancora molto
lungo. Vado in bagno a lavarmi i denti per scacciare il topo morto che mi
231
ritrovo tra i molari. Evito di analizzarmi allo specchio lo sguardo
assonnato, espleto le mie funzioni corporali e me ne ritorno al mio posto.
Andando verso il Sole dopo qualche ora si fa luce. Le hostess mi svegliano
cercando di convincermi che in qualche parte del Mondo è mattino ed è
ora di fare colazione. Per me invece è ancora buio pesto. La tazza di caffè
che la gentile signorina ha in mano e il suo dolce sorriso mi convincono,
anche se parzialmente, a svegliarmi.
Lo scompartimento viene invaso da zombie folgorati dalla luce del
mattino. Se va avanti così tra un paio d'ore ci porteranno anche la cena.
Riprendo a leggere il giornale dalla pagina in cui avevo interrotto la
lettura: offerte di lavoro e necrologi.
Il mio vicino non è molto loquace. Forse è meglio così, se l'alternativa è
trovarsi un logorroico ipocondriaco.
Dopo aver finito il giornale e prima di iniziare con le parole crociate, mi
alzo per farmi due passi su e giù per l'aereo. Dallo zaino mi prendo le
caramelle. Guardo da un finestrino e vedo solo oceano. Dopo un po' il
comandante ci avverte che tra poco saremo in vista delle Hawaii, che da
diecimila metri di altezza sono poco più che una mosca spiaccicata
sull'oblò.
Me ne ritorno lentamente al mio posto. Mi guardo in giro per vedere com'è
la gente, sorrido qua e là, offro una caramella ad un tizio che me la chiede,
che sembra abbia una voglia folle di fumarsi una sigaretta.
Quando mi lascio alle spalle la seconda classe il mio dono mi avverte di un
altro imminente pericolo. Mi concentro, mi siedo in un posto
momentaneamente vuoto, mi appoggio allo schienale e respiro
profondamente. Apro gli occhi e mi vedo di fronte un tizio che mi guarda
preoccupato.
-"Paura del volo?"
Mi viene da rispondergli di si.
-"No, sarà la fame."
Da qualche parte nel Mondo sarà ora di cena: avvertirò l'hostess.
Rassicuro il tizio gentile e me ne ritorno a sedere.
La spiacevole sensazione se ne è già andata come è successo ieri sera
all'imbarco.
Mi viene il dubbio che qualcuno mi abbia seguito e sia salito sull'aereo.
La cosa però manca di logica se pensiamo che la mia partenza è stata
improvvisa, e a meno che non sia pedinato da tempo, è improbabile che
qualcuno abbia saputo che stessi lasciando l'Australia.
232
Se stavolta però non succede alcunché vorrà dire che il mio dono se ne sta
andando e non potrò farne affidamento in futuro.
In un momento come questo in cui pazzi scatenati si divertono a sganciare
bombe non è il massimo rimanere con il "culo scoperto", per non parlare
del fatto che il mio apporto alla squadra verrà ridotto al minimo.
Tutto è tornato normale; non sono morto; l'aereo non è esploso e se mi
porteranno il pranzo lo offrirò al mio vicino per scongiurare pericoli di
avvelenamento!
Per fugare ogni dubbio decido di giocarmi l'identità segreta e di parlare
con una hostess.
Mi avvicino alla zona a loro dedicata. Sorrido e faccio una cosa che non
faccio mai. Le faccio vedere la mia tessera che dice che sono un agente del
governo, praticamente un agente segreto.
Ho sempre pensato che se l'avessi fatto avrei fatto la figura del pirla; invece
anche senza dire "Bond, James Bond" quando parlo stanno ad ascoltare.
-"Non vorrei vi allarmaste, ma avrei bisogno della lista passeggeri."
Una delle hostess inizia a guardarmi storto, come se stessi portando guai.
-"Perché?"
-"Facendo un giro mi sembra di aver visto una faccia conosciuta e vorrei
appurarmene."
-"E' una procedura insolita. Devo sentire il comandante."
-"Certo. Nessun problema."
Segue breve conciliabolo, dopo il quale il comandante ci onora della sua
presenza.
Rispiego tutta la storia, mentendo come prima ovviamente.
Mi chiedono di indicargli dove avrei visto la persona sospetta.
Prendendomi alla sprovvista gli indico il tizio gentile che mi ha chiesto se
stessi bene.
Il comandante va a farsi un giro, salutando, stringendo mani e dopo
qualche minuto torna da noi.
-"A me sembra a posto. Un tipo così simpatico."
-"Solo apparenze."
Mi danno la lista e i nomi non mi dicono nulla. Bisognerebbe incrociarli
con il nostro database. Chiedo la loro disponibilità per mettermi in
contatto con il mio ufficio.
Dalla cabina di pilotaggio mi fanno chiamare.
Chiamo e sveglio Clarence che dopo avermi maledetto per averli
abbandonati mi chiede perché ho questo tono serio e professionale. Gli
racconto tutta la storia e senza entrare nei particolari capisce che non è il
caso di fare troppe domande.
233
Mi chiede un paio d'ore per effettuare le verifiche. Conoscendolo non
gliene serviranno di più.
Ringrazio tutti per la cortesia invitandoli a non preoccuparsi, almeno
finché non contatteranno il nostro volo per comunicarmi l'esito del
controllo.
Un'ora prima dell'atterraggio a Los Angeles Clarence mi chiama attraverso
la torre di controllo dell'aeroporto.
Esito negativo. I passeggeri sono puliti. L'equipaggio è molto più rilassato.
E io mi sono sbagliato. Nessun pericolo imminente, nessuna minaccia,
addio premonizioni.
Mi portano il pranzo, o la cena, a questo punto mi sono un po' perso.
Mi diletto con le parole crociate; per non pensare a come ho fatto a
cacciarmi in questa brutta situazione.
Senza poter contare sul mio dono ho paura di diventare paranoico.
"Si danno in gradi". Temperature? Non ci sta.
-"Si danno in gradi" - ripeto a voce alta.
-"Coordinate".
Mi giro verso il mio vicino.
-"Coordinate. Si danno in gradi ... Coordinate, latitudine e longitudine."
-"Ah. Ha ragione, ci sta. Grazie."
-"Prego."
234
W 29
Finalmente arriviamo a Los Angeles.
Ci fanno scendere dall'aereo finché non terminano le operazioni di
rifornimento. Ne approfitto per rinfrescarmi un po' e per rifarmi un giro
tra i negozi. La frenesia degli acquisti dopo decine di ore di volo mi è un
po' passata. Penso solo ad arrivare a casa e a dormire, in barba al fuso
orario.
Ci fanno risalire sull'aereo. Altre quattro / cinque ore di volo a saremo a
New York. Il mio appartamento allagato mi aspetta. E ritroverò Rachel.
Ritrovo per adesso il mio vicino di sedile.
Mi frugo in tasca in cerca di una caramella e mi ritrovo invece in mano al
foglietto con i numeri trovati nei luoghi degli attentati.
Per qualche ora avevo scordato che in questo momento dovrei essere in
ufficio a scervellarmi per trovare il significato di questi numeri, sempre che
ne abbiano. Magari è solo un falsa pista, per sviarci dal vero significato
della rivendicazione. O forse in numeri non c'entrano con la frase allegata.
-"Salve."
-"Salve ... Mi chiamo Jason."
-"Piacere. Herbert."
-"In viaggio di lavoro? O piacere."
-"Vado a trovare amici. E lei?"
-"Torno a casa. Giro per lavoro e mi capita spesso di stare lontano da casa
per diverso tempo."
-"Si diletta con i numeri, è un matematico?"
-"Come scusi?"
235
-"Sta guardando quei numeri da un po' e ho pensato che lo faccia per
lavoro."
-"Ah, questi. No, me li ha dati un amico. Una specie di indovinello. Devo
trovare un senso a questa sequenza di numeri. Ci penso da un po' e mi
fanno impazzire."
-"Me li fa vedere?"
-"Prego."
-"8 17 20 21 36 38 57 87. Li ha avuti in questo ordine?"
-"Si. Ho provato a sommarli, dividerli, unirli. Ma niente."
-"E' sicuro che ci sia una logica?"
-"Lo spero."
-"Come?"
-"Lo spero, per il mio amico."
-"Forse non sono parte di una formula. Forse il significato sta nella loro
sequenza. Più che sommarli, dovrebbe ordinarli ... forse."
-"E' un'idea. Ho ancora qualche ora di tempo, poi manderò al diavolo il
mio amico."
--Il viaggio dura un po' più di sei ore. Noioso come tutti i viaggi in aereo.
Alcuni passeggeri sono scesi a Los Angeles ed alcuni altri sono saliti diretti
come me a New York.
Sono stanco di leggermi le riviste specializzate che si trovano a bordo e i
dépliant dei villaggi turistici raggiunti dalla compagnia aerea. Ogni tanto
mi immergo nella mia rivista di enigmistica o mi appisolo per qualche
minuto.
In questo momento di torpore mentale, vengo colto, a malincuore, visto
l'esito delle precedenti, da un'altra premonizione. Questa volta però non è
come l'ultima volta, una generica sensazione di pericolo. Un brivido mi
corre dalla nuca giù per la schiena, respiro a fondo, chiudo gli occhi e mi
concentro: guardo verso l'alto e vedo il Sole, sento il suo calore sul viso;
distolgo la vista per qualche secondo, poi rialzo lo sguardo e non vedo più
il Sole, ma un enorme cerchio di fuoco; all'improvviso vengo investito da
un calore insopportabile e da una luce accecante e poi il nulla.
Riapro gli occhi e lascio la presa dal bracciolo del sedile; sento un rivolo di
sudore corrermi lungo la schiena; respiro profondamente come se avessi
trattenuto il fiato per diversi secondi.
Spero sia lo stress dell'ultimo periodo altrimenti devo cominciare a
preoccuparmi.
236
--Il resto del volo scorre fortunatamente tranquillo a parte il fatto che passo
il resto del tempo a pensare a quello che ho "visto".
--Esco dall'aeroporto dopo aver recuperato il bagaglio. Qui siamo in piena
estate e anche se è già sera è ancora caldo.
Trovo un taxi che mi porta verso casa.
Sono un po' stanco per il viaggio, fisicamente e mentalmente; per me è
ancora mattina, ma penso che alla vista del letto la stanchezza si farà
sentire.
Arrivo al mio appartamento che è già tardi. Non ci sono i pompieri ad
aspettarmi. Salgo stancamente le scale fino alla porta d'ingresso, apro
aspettandomi di trovare due dita d'acqua che scorre sul pavimento. La
situazione invece è meno tragica del previsto.
Mi accorgo però che c'è qualcosa che non va quando la luce non si accende.
Devono aver staccato la corrente per paura di corto circuiti. Sono costretto
quindi a riscendere al piano terra per riattivare la corrente. Quando riesco
a far luce sull'accaduto, letteralmente, mi accorgo che sul soffitto in salotto
c'è un'enorme macchia scura che prima non c'era: il segno lasciato
dall'infiltrazione d'acqua. Non mi preoccupo molto: coprirà i danni
l'assicurazione.
Io voglio solo il mio letto. Non mi ricordo se avevo cambiato le lenzuola,
ma al momento non ha importanza. Non mi azzardo ad aprire il frigorifero
ma nella dispensa trovo delle brioches confezionate a lunga scadenza che
fanno al caso mio e le accompagno con un bicchiere d'acqua.
La naturale conclusione di questa lunga trasferta è alla fine una buona
dormita.
Domani mi aspettano noiose e "normali" faccende tra condomini. Domani
rivedrò Rachel.
237
W 30
Mi sveglio molto più riposato. Rimango sotto le lenzuola assaporando la
normalità: il profumo delle lenzuola (che avevo cambiato prima di partire),
il rumore del traffico mattutino, i vicini di casa.
Apro qualche finestra per far entrare un po' d'aria fresca; la luce mi acceca
e per qualche secondo vago per casa con un occhio chiuso cercando di
riabituarmi. Noto comunque che la mia casa è spoglia come sempre.
La fame si fa sentire e purtroppo apro inconsciamente il frigo. La vista che
mi si para davanti è un deserto di desolazione. L'unico lato positivo della
cosa è che non ho agenti patogeni auto-riprodottisi nel mio frigorifero.
Mi vedo costretto ad uscire per fare colazione.
Mi vesto alla meno peggio, cercando almeno di abbinare i calzini tra di
loro.
--Il bar all'angolo è come sempre un'isola felice per i morti di sonno: trovi
tutta gente assonnata che ha solo voglio di caffè e di un rispettoso silenzio.
Le cameriere hanno capito che devono ridurre al minimo, almeno al
mattino, la conversazione con gli avventori. Soprattutto nessuno tenta una
improbabile conversazione con il proprio vicino di bancone o di tavolino.
Dopo essermi concesso anche una attenta lettura del giornale, sbirciando
ogni tanto fuori dalla finestra per vedere chi passa, ritorno
all'appartamento.
Il mio amministratore è in trepidante attesa di sapere l'entità dei danni
subiti.
238
Oltre a questo mi devo ritagliare un po' di tempo per farmi la spesa,
comprando un po' di roba per tirare avanti qualche giorno. In questo
periodo non posso fare progetti a lunga scadenza. In ogni momento
potrebbero esserci degli sviluppi importanti che potrebbero portarmi in
chissà quale parte del mondo
--Appena rientrato chiamo l'amministratore per avvertirlo che sono tornato
e la sig.ra Appleton per dirgli che forse ho trovato una spiegazione ai miei
attacchi inspiegabili.
Il fatto che le dia la prova che sto impazzendo non sembra turbarla,
dandomi l'impressione che lei abbia sempre pensato che io sia un po'
matto. A modo suo è felice che almeno un mistero sia parzialmente risolto.
Mi ricorda amaramente che dobbiamo ancora risolvere quella faccenda
della trasmittente impiantata nel mio cranio e sottolinea che mentre io mi
sto riposando, il mondo è ancora in pericolo e che i miei colleghi stanno
lavorando per trovare una soluzione, mentre io mi preoccupo di fare la
spesa. Non faccio alcuna menzione all'ultima visione apocalittica a bordo
dell'aereo. Almeno per ora.
I sensi di colpa mi tormentano solo per pochi secondi, finché non vengo
distratto dalla decisione su cosa prepararmi per pranzo.
--Mi tengo informato su eventuali sviluppi. Ho parlato con Clarence
stamattina per sentire se ci sono novità. Ha solo accennato ad alcune
ipotesi sul significato dei numeri trovati: date, coordinate, conti cifrati,
password di accesso; purtroppo le combinazioni in ogni caso sono infinite
e il tempo a nostra disposizione, in attesa di un altro evento catastrofico,
potrebbe essere agli sgoccioli.
239
W 31
Sono passati tre giorni dall'ultima volta che ho chiamato in ufficio. Il mio
apporto alle indagini in questo momento è praticamente nullo. Non
sapendo se sta per succedere qualcosa e dove possa succedere, in qualsiasi
posto io mi trovi non fa differenza per l'Agenzia.
Ne fa un po' per me, visto che questa mattina ho incontrato Rachel, che
avendo un pomeriggio libero ha pensato bene di invitarmi per un giro a
Central Park.
Ovviamente mi ha battuto sul tempo: stavo giusto pensando a cosa poterle
dire per convincerla ad uscire con me senza sembrare un incapace totale.
--Dopo pranzo salgo da lei per dirle che sono pronto e possiamo andare.
Mi apre la porta sorridendo e mi invita ad entrare.
-"E' una splendida giornata."
-"Si" - mi risponde da un'altra stanza.
-"Come mai sei libera oggi? Non te l'ho chiesto stamattina."
Ritorna in salotto ed è splendida: cappelli raccolti, una canottiera che mette
in vista delle bellissime spalle, scarpe da ginnastica e pantaloni delle tuta,
aderenti ma non troppo. Non mi sento fuori posto visto che ho indossato la
prima maglietta che ho trovato in armadio, che si abbina perfettamente con
i jeans che avevo addosso questa mattina.
-"Prendo il cesto e arrivo."
Il cesto?
-"Il cesto?" - le chiedo.
240
-"Certo. Facciamo un giro al parco; troviamo un bel posto all'ombra e ci
mangiamo qualcosa. Non ti va?"
-"No, cioè si. E' un'ottima idea."
-"Che a te non era venuta, intuisco dalla tua espressione. Tipico."
-"Che ha la mia espressione. Perché sono "tipico"?"
-"Tipico da maschio."
-"Ritorni sul discorso della supremazia genetica delle donne?"
-"Non ribadisco l'ovvio. Visto che tu non sai preparare torte e panini come
quelli che troverai qui dentro" - mi dice indicando il cesto che ha in mano
uscendo dalla cucina.
-"Vista la situazione ... mi arrendo."
--E' una meravigliosa giornata. Camminiamo per un po'. E' una estate calda
ma non troppo, il Sole è alto nel cielo terso; c'è un sacco di gente al parco:
sembra che un sacco di gente non lavori a New York.
Troviamo un posto all'ombra come avevamo programmato. Dal cesto esce
magicamente una tovaglia, un pezzo di torta e dei magnifici panini.
-"Perché mi guardi?"
-"Scusa?"
-"Fissi me o sei perso nei tuoi pensieri."
-"Entrambi direi" - addento un panino - "Come mai sei a casa oggi?"
-"Avevo un dibattimento in aula, ma è saltato. Non avevo altri
appuntamenti, è una splendida giornata e tu eri in città. E tu?"
-"Io cosa?"
-"Sei a New York da tre giorni ormai. Il lavoro non ti porta più molto in
giro?"
-"Si e no. Ho deciso di staccare per un po'. Mi sono preso qualche giorno di
ferie."
Lei si sdraia, le mani raccolte dietro la testa, gli occhi chiusi. Il Sole filtra tra
le foglie e le illumina il viso.
Mi prendo un pezzo di torta e resto a fissarla.
-"Non mi stai fissando, vero?"
-"No. Mi stavo guardando in giro."
Altra gente ha avuto la nostra stessa idea, altri fanno jogging o giocano a
football.
-"A parte il lavoro, il resto della vita come ti va?"
-"Intendi la mia vita sociale? Abbastanza bene. E la tua?"
-"La mia vita sociale? Al momento penso di non averla? E il tuo fidanzato?"
-"Il mio fidanzato mi ha cercata ma non l'ho più richiamato."
241
-"Meglio."
-"Come, scusa?"
-"Intendevo dire che aspettando una tua chiamata potrà intanto riflettere
sul fatto che si sta facendo scappare qualcosa di ... di ... meraviglioso, e che
è un perfetto idiota."
-"Grazie."
-"Per cosa? Perché ho dato dell'imbecille al tuo fidanzato?"
-"No, per l'altra cosa. Sei un amore."
-"Non dire così. Lo sai che tu ... e che io ... ."
-"Lo sai che tra qualche giorno ci sarà un'eclisse di Sole qui negli States? Da
qualche parte nel Midwest. Me l'ha detto un tizio al lavoro. Non ne ho mai
vista una."
-"Cosa, scusa? Non ti stavo ascoltando."
-"Ho detto, cambiando discorso, che tra qualche giorno ci sarà un'eclisse
totale di Sole nel Midwest e che non ne ho mia vista una."
-"Un'eclisse, di Sole."
-"Si."
-"Ma io ... " - mi fermo mentre guardo il Sole che si fa strada tra le foglie "L'eclisse, ma certo!"
-"Ma che hai, che ho detto. Non pensavo di turbarti tanto. E' che anche tu
mi pi... ."
-"Scusa, devo andare. Grazie di tutto, ma devo proprio andare."
-"Come, devi andare. A fare cosa?"
-"Mi sono ricordato di un impegno e devo proprio andare ... ."
-"E mi lasci qui!"
-"Se me ne darai l'occasione ti spiegherò tutto. Questa torta è veramente
ottima."
Lascio in mezzo ad un parco una donna meravigliosa che ha preparato un
picnic per me e che probabilmente nel momento in cui l'ho interrotta stava
dicendo che le piacevo. Sono veramente pazzo.
Mi dirigo di corsa verso la stazione più vicina della metro. Devo
assolutamente contattare la sig.ra Appleton.
Mi fermo ad un'edicola e compro il giornale di oggi. Arrivo alla pagina
dell'almanacco e trovo quello che mi interessa: il giorno 21 agosto alle 18.25
nel Kentucky, nei pressi di Bainbridge, ci sarà un'eclisse totale di Sole.
Corro a casa, prima di chiamare l'ufficio devo controllare una cosa. Frugo
tra i libri in cerca di un atlante. Con un righello traccio una retta tra Los
Angeles e New York: c'è il Kentucky, c'è Bainbridge.
Mio Dio! Sull'aereo nella premonizione ho visto l'eclisse nel momento in
cui ho sorvolato quella zona. Ma non capisco dove stia il pericolo. Devo
242
riflettere: ho visto il Sole, poi ho visto l'eclisse, poi quella luce accecante, il
calore e il nulla. Deve esserci qualcosa che mi sfugge, ma non capisco cosa.
Mi siedo sul divano, la testa tra le mani, gli occhi chiusi per ripensare
attentamente ad ogni dettaglio. Ad un tratto la televisione si accende
distraendomi e mi ci vuole qualche secondo per capire che mi sono seduto
sopra al telecomando. Mi frugo sotto il sedere per prenderlo, nel frattempo
ad un talk show qualcuno inveisce contro i servizi segreti che tentano di
insabbiare le indagini sui quattro attentati in modo da coprire chissà quali
malefatte.
E nella totale casualità arriva l'illuminazione: adesso è tutto così chiaro!
Quando ho sorvolato il Kentucky ho visto ciò che la rivendicazione a
seguito dei quattro attentati ci ha predetto.
"Il Sole scenderà sulla Terra per purificare l'uomo"
Ho visto il Sole e ho visto la luce e il calore scendere sulla Terra. Stando
alla rivendicazione questo dovrebbe purificare l'uomo. Ma come fa il Sole a
scendere sulla Terra!
Forse non è ancora tutto chiaro.
Chiamo in ufficio. Clarence impiega qualche minuto per capire di cosa sto
parlando.
-"Ti ho detto che quando sono venuto a New York ho sorvolato il
Kentucky e ho avuto una visione, nella quale vedevo l'eclisse e tutto il
resto, esattamente come descritto nella rivendicazione."
-"E il pericolo dove sta?"
-"Non lo so ancora. Ma so che qualcosa dovrà succedere il giorno 21 alle
18.25. E noi dovremo esserci."
-"Farò una ricerca su questa eclisse. Devo dire qualcosa alla sig.ra
Appleton?"
-"Aspetta. Prima richiamami, poi vedremo il dafarsi."
Dopo un'ora Clarence mi richiama ed è piuttosto eccitato.
-"Che c'è, Clarence. Ti sento strano."
-"Ci hai azzeccato anche stavolta, Jason."
-"Che vuol dire?"
-"Ho trovato il punto esatto in cui l'eclisse sarà al suo massimo. E sai cosa
ne è uscito? Bingo!"
-"Bingo?"
-"Bingo. Questi numeri dovremo proprio giocarceli! 36 57 87 38 08 21 2017.
Ti dicono nulla?"
243
-"Diavolo, è la sequenza che ci hanno fatto avere con la rivendicazione
degli attentati."
-"Esatto. E guarda caso sono anche le coordinate e il giorno dell'eclisse:
36' 57" N
87' 38" W
08 21 2017
Latitudine, longitudine e data del prossimo evento."
-"Ma è fantastico! Sei grande."
-"No, tu sei grande. Ma non è tutto. Abbiamo anche l'ora esatta."
-"Cioè?"
-"L'eclisse totale ci sarà alle 18.25 ora del Kentucky. Quando sono esplose
le quattro bombe nel Kentucky erano le 18.25. L'eclisse totale avverrà alla
stessa ora dei quattro attentati."
-"Oh mio Dio. Ce l'abbiamo fatta ... ."
-"Dobbiamo ancora scoprire cosa succederà."
-"Ha ragione. Ma qualsiasi cosa sia, adesso ci troverà preparati."
--Prima di chiamarmi, Clarence aveva già contattato la sig.ra Appleton, la
quale ha comunicato la notizia al resto dei servizi segreti coinvolti.
Verso sera trascorro una piacevole ora a parlare con la sig.ra Appleton che
mi ragguaglia sugli sviluppi delle indagini dopo la mia fortunosa quanto
importante scoperta.
-"Devo farle i miei complimenti. Tutto il Mondo glieli fa."
-"Ho fatto bene a prendermi qualche giorno di ferie, allora."
-"Mi piace che abbia conservato il suo senso dell'umorismo. Penso proprio
che le sarà utile. Domani degli agenti della CIA verranno a prelevarla.
Hanno bisogno della sua consulenza. Mancano pochi giorni al 21 Agosto e
non ne sappiamo ancora abbastanza."
-"Dovrò collaborare con loro?"
-"Ho confermato la nostra piena collaborazione."
-"Le farò onore."
Subito non risponde a questa mia ultima affermazione.
-"Stia attento, Jason. Purtroppo qualcuno pensa, a questo punto, che ci
siano più collegamenti con l'esplosione in Cina che con i quattro attentati."
-"Che vuol dire?"
-"Gli attentati sono qualcosa di anomalo. Ma tra la Cina, la sua visione e il
Kentucky c'è effettivamente qualcosa in comune: quello che lei ha visto
potrebbe essere l'esplosione di una bomba atomica che, per dirla in modo
poetico, è come se l'uomo avesse portato sulla Terra il Sole. Sembra che la
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rivendicazione che ci è arrivata parli proprio di un'altra esplosione
nucleare."
-"Non potrebbe andar peggio, vero?"
-"Forse si."
-"Ah ... ."
-"Se la Cina è stato solo un test, e l'hanno dichiarato nella prima
rivendicazione, dobbiamo aspettarci un'esplosione di pari potenza. E
un'altra cosa che ci inquieta ... ."
-"Più di questo? Mi sa che alla luce dei fatti al momento sono nel
continente sbagliato."
-"Un'altra cosa che ci inquieta, e che nessuno ancora è riuscito a spiegare, è
perché e chi abbia voluto farcelo sapere facendoci avere quei numeri."
-"E' come se avessero voluto darci degli indizi per scoprire il luogo del
prossimo attentato ... o darci degli elementi per capire se fossimo stati sulla
buona strada."
-"Una buona ipotesi. Mi ripeto. Stia attento."
-"Grazie."
--Rimango a casa il resto della giornata a ripensare agli ultimi sviluppi.
Sembra proprio che ci sia la stessa mano dietro agli avvenimenti delle
ultime tre settimane: la bomba in Cina, gli attentati e le rivendicazioni. E
come ha detto la sig.ra Appleton questo potrebbe non portare a nulla di
buono. Sarebbe stato meglio se non ci fosse stato un filo conduttore e che
fossero state solo delle coincidenze. Il fatto invece che ci sia un'unica mente
dietro a tutto questo è molto più preoccupante.
Sicuramente hanno già organizzato una missione di controllo su tutta
l'area con truppe a terra e in volo ed una costante copertura satellitare.
Domani alla riunione faremo il punto della situazione, ma sarà difficile
prepararsi in tempo per un'eventuale esplosione nucleare in mezzo agli
Stati Uniti. Spero abbiano già un protocollo da seguire in questi casi,
magari qualche vecchio piano di evacuazione dei tempi della Guerra
Fredda.
Spero che per il solo fatto di aver capito il significato della visione sia
riuscito a cambiare il futuro: il brutto delle mie visioni è che io vedo, più o
meno chiaramente, cosa accadrà con certezza se non interverrò in qualche
modo, e non una delle probabili alternative del mio futuro.
In base a questo dato di fatto devo partire dal presupposto che, se la sig.ra
Appleton ha ragione e non mi do da fare, tra due giorni scoppierà una
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bomba nucleare e moriranno un sacco di persone, probabilmente me
compreso.
--Prima di cena sento rientrare Rachel. Me ne accorgo perché ho imparato a
riconoscere il suo passo quando sale le scale e perché quando passa
davanti alla mia porta la sento dire "imbecille".
Penso non l'abbia presa molto bene. L'ho piantata in asso nel bel mezzo di
un picnic e di un discorso serio. Non me lo perdonerà mai. A meno che
non le dica chi sono veramente e cosa mi è successo oggi. Il che vuol dire
che dovrò fare la parte del perfetto idiota: cosa che non si discosta molto
dalla realtà.
Mi preparo la cena. Magari prendendo il coraggio a due mani potrei salire
da lei dopo mangiato e chiederle di bere un caffè; potrei scusarmi
accampando qualche scusa plausibile.
Si farò cosi. Sono deciso. Non devo lasciarmi scappare questa opportunità.
Non devo partire da New York senza aver "chiarito" questa storia.
--Mi metto in ordine, mi pettino, mi lavo i denti, le ascelle non mi puzzano,
sono pronto per affrontare una donna arrabbiata.
Poi suonano alla porta. Non aspetto visite, non aspetto mai visite. Guardo
dallo spioncino: è Rachel! Cosa è venuta a fare. Ero io che dovevo salire per
scusarmi, non lei a scendere per rimproverarmi. Mi ha rovinato i piani.
Che faccio? Beh, ovvio apro la porta!
-"Ciao!"
-"Posso entrare?"
-"Ma certo. Stavo proprio per venire da te."
-"Immagino."
-"Ti trovo in splendida forma. Accomodati pure in salotto."
-"Non mi fermerò molto."
-"Ti va un caffè?"
-"Mmm."
Presumo sia un si.
-"Un biscotto?"
-"Mm."
Presumo sia un no. Ma nel dubbio li appoggio in ogni caso sul tavolino.
-"Arrivo con il caffè."
Verso il caffè, le porgo lo zucchero.
246
-"Zucchero."
-"Grazie ... Sei un imbecille."
Annuisco.
-"Apprezzo che tu non tenti di scusarti. Ti sei reso conto che mi ha
abbandonata nel bel mezzo di Central Park!"
-"Volevo proprio salire da te per scusarmi per oggi. Lo so che non mi
crederai, ma mi ero ricordato una cosa, un impegno di lavoro ... ."
-"Questione di vita o di morte, immagino."
-"Quasi. Lo so che non mi perdonerai mai, ma mi dispiace veramente.
Anche se per un breve momento, oggi sono stato magnificamente. La
splendida giornata, il picnic, tu e ... io. Non so ... ."
-"Che vuoi dire?"
-"Voglio dire, riprendendo il discorso di oggi, e solo per fare chiarezza, che
io penso che ... che il tuo ex fidanzato sia un vero idiota, che tu sia
fantastica e che io vorrei ... ."
-"Si?"
-"Beh. Devo aggiungere altro? Mi sembra di essere stato abbastanza
chiaro."
-"Devo essermi persa qualche sfumatura."
-"Volevo dire che ... ."
-"Oh, è tardi. Devo andare."
-"Come? Proprio adesso, mentre ti stavo dicendo ... ."
-"Me lo dirai un'altra volta. Ho un appuntamento e mi devo preparare.
Grazie per il caffè e per il bel discorso" - si alza e si avvia verso la porta.
-"Prego. Ci tenevo ad essere chiaro, il più possibile almeno."
-"Ci vediamo domani."
-"Ciao."
Esce. Sto per chiudere la porta, mentre sorrido come un ebete, quando
ferma la porta con la mano e infila la testa.
-"Sei un amore ... Bel discorso! Ciao."
Chiudo la porta.
Non ho afferrato perfettamente l'ultimo stralcio di conversazione, ma
intuisco di aver fatto una buona impressione, con un discorso non molto
fluido ma ricco di contenuti.
247
W 32
Mi sveglio un po' più sereno e fiducioso dopo quello che è successo ieri
sera.
Pensavo di aver rovinato tutto tra Rachel e me e invece le cose si sono
sistemate per il meglio. Staremo a vedere come si evolverà la situazione.
Ma promette bene. Mi basta solo non incasinare tutto, come al mio solito,
magari morendo in un'esplosione nucleare
--Alle 10 parcheggia davanti al mio palazzo una macchina scura. Ne
scendono due figuri che possono sembrare a prima vista nient'altro che
agenti del governo.
Sono venuti a prendermi. Da qualche parte tra poco si terrà un'importante
riunione per raccogliere indizi e idee in merito all'imminente "presunto"
disastro. Tutti gli sforzi di intelligence adesso sono concentrati negli Stati
Uniti. Le indagini per scoprire moventi e mandanti degli ultimi
avvenimenti sono passate in secondo piano dopo la notizia di un probabile
attacco nucleare sul suolo americano.
E da come la vedo tutta questa mobilitazione è merito mio, o forse colpa
mia.
Bussano alla porta. Vado ad aprire gia pronto per partire.
-"Signor Patricks. Ci segua."
Chissà come fanno ad essere sicuri che sia io? Magari hanno una mia foto
nel portafoglio.
Non li deludo e li seguo.
248
Mi ritrovo dopo circa mezz'ora in una sala riunioni di un ufficio
governativo in mezzo ad un sacco di gente, e ho l'impressione che stiano
tutti aspettando che dica qualcosa di intelligente!
-"Salve. Stiamo aspettando qualcuno? ... Patricks, australiano, piacere."
-"Sedetevi, vi prego ... Siamo qui per capire a cosa stiamo andando
incontro. Dopo lunghe ricerche e grazie al prezioso aiuto del signor
Patricks, oggi siamo qui per approntare un piano per affrontare tutto
questo. Sappiamo che degli indizi ci hanno portato a credere che tra tre
giorni una bomba potrebbe esplodere nel Kentucky, e Dio solo sa perché
proprio nel Kentucky. Prima l'esplosione in Cina, poi i quattro attentati e
infine i numeri e la rivendicazione. Tutto questo, e l'intuizione del signor
Patricks ci ha portati qui oggi."
Il tizio adesso si siede e un altro si alza, le luci si abbassano e vengono
proiettate alcune schede.
-"Qui vedete il luogo dell'esplosione in Cina: un'esplosione terribile, i cui
effetti si sono sentiti per un centinaio di chilometri. Dopo è arrivato una
prima rivendicazione, o avvertimento. Come vedete questo è il testo. Poi i
quattro attentati: bombe completamente diverse, obiettivi diversi,
apparentemente senza collegamento tra di loro. Un'altra rivendicazione,
molto più oscura della prima. E infine, ecco qui i numeri trovati nei luoghi
delle esplosioni. E gli stessi numeri sono stati fatti recapitare anche ai
governi di mezzo mondo. Tutto molto strano, se mi è permesso dirlo. Non
sembra ci sia un'unica mano dietro a questi fatti. E poi è arrivato il signor
Patricks, che con la sua "intuizione" ha trovato un nesso e un senso tra i
numeri, la rivendicazione e l'esplosione in Cina."
Ha detto "intuizione" in modo strano. Si aspettano tutti che mi alzi e dica
qualcosa.
-"Salve. Veramente un'ottima presentazione, veramente. Belle anche le
schede ... ma torniamo a noi. Non vi tedierò con inutili dettagli; so che i
vostri uffici hanno già ricevuto dal mio capo l'assicurazione
sull'attendibilità delle mie conclusioni. Assieme ai miei colleghi abbiamo
trovato una relazione tra l'eclisse totale di Sole che ci sarà tra tre giorni e la
serie di numeri. Sono le coordinate esatte del luogo di massima eclisse, che
avverrà alle 18.25, che guarda caso è la stessa ora in cui sono esplose le
quattro bombe, fuso orario più fuso orario meno. Un po' troppe come
coincidenze. La cosa che ci porta però a credere ad una bomba atomica, a
parte la mia intuizione, è il probabile collegamento con la bomba in Cina e
relativa rivendicazione che dichiarava che quella era stata solo una prova.
Devo dire però che, fino a prova contraria, queste sono solo congetture: mi
249
sa che per esserne sicuri dobbiamo andare tutti nel Kentucky con il naso
all'insù e stare a vedere cosa succederà, ovunque sia il Kentucky."
La sala mormora e un brusio generale aumenta di intensità.
-"Questi sono i fatti in nostro possesso. Adesso ovviamente spetta a voi.
Penso abbiate già previsto un piano di intervento, vero?"
Non rispondono subito.
-"Abbiamo già allertato tutti gli uffici governativi perché si tengano pronti
all'evacuazione. Un piano dettagliato prevede la totale evacuazione del
personale governativo e militare, dal Livello 3 in su, in un tempo massimo
di dodici ore ..."
-"E il resto della gente?" - chiedo perplesso.
-"Non è ancora previsto come e quando avvertire la popolazione."
-"Non vi resta ancora molto tempo."
-"Non è ancora previsto."
-"Non potete non dirglielo. Dovete far evacuare tutta quella gente. Anche
se esiste solo una remota possibilità che esploda una bomba del genere!"
-"Si renda conto che questo scatenerebbe il panico e potrebbe allertare gli
attentatori, privandoci dell'opportunità di scovarli."
-"Non sono d'accordo ... ."
-"Accolgo le sue rimostranze, signor Patricks. Decideremo noi cosa sarà
meglio fare per la popolazione locale."
-"E cosa avete intenzione di fare per scovare gli attentatori?"
-"Stiamo monitorando la zona da ventiquattro ore sia a terra che via
satellite. Stiamo controllando i piani di volo degli aerei e qualsiasi mezzo
di trasporto che passi per quella zona. Inoltre stiamo setacciando la zona
per verificare che la bomba non sia già sul posto. Purtroppo è un'ipotesi
che non possiamo scartare. Visto le moderne tecnologie la bomba potrebbe
essere posizionata a terra e attivata a distanza, o in modo più classico
sganciata da un aereo. La seconda ipotesi porterebbe ad effetti più
devastanti e a lungo raggio evitando l'influenza dell'orografia del posto. In
zona ci sono diverse vallate e colline e l'esplosione andrebbe ad infrangersi
su di esse, mitigandone gli effetti. Come vedete da questa scheda ,questa è
la differenza tra le due esplosioni: come vedete dal diverso colore si nota
subito il diverso impatto. A lato trovate anche il probabile numero di
vittime e i danni stimati. Il signor Patricks purtroppo non ha potuto essere
più preciso sotto questo aspetto e per adesso le nostre indagini non hanno
portato a nulla."
-"Controllate anche tutti gli aeroporti e le stazioni dei treni, ovviamente."
-"Ovviamente. Porti inclusi. Un oggetto di tali dimensioni non passerà
inosservato se dovesse muoversi adesso. Il nostro timore e le nostre
250
supposizioni ci portano però a pensare che la bomba sia già in suolo
americano da un po' di tempo, se non già sul posto, come dicevo prima."
Le facce di chi mi sta attorno non trasmettono un sano ottimismo.
-"Aggiungo anche che con Echelon stiamo monitorando le comunicazioni
via telefono, fax, e-mail."
-"Avete formulato delle ipotesi su chi possa essere l'organizzatore di tutto
questo?"
-"Purtroppo le notizie in merito sono quelle che ogni agenzia di questo
mondo ha già in proprio possesso: una vasta organizzazione con appoggi
in ambito militare, almeno sembra."
La riunione finisce con un nulla di fatto.
A parte il piano di evacuazione stiamo aspettando di scovare qualcuno che
giri con una bomba nucleare sotto il braccio.
Dubito anche che chiunque abbia partecipato a questa riunione pensi solo
minimamente di partecipare alle indagini sul campo.
Mi danno un ufficio dove posso studiarmi i vari incartamenti. C'è un pc
con la possibilità di vedere le riprese satellitari del luogo. Mi posso
collegare con la centrale operativa per verificare la rotta e il piano di volo
di qualsiasi apparecchio sorvoli la zona. Posso vedere l'elenco passeggeri
di treni e aerei e le note di carico delle navi che stanno attraccando in un
qualsiasi porto d'America.
Sfoglio il piano di evacuazione, dettagliato in ogni suo punto: elenco delle
strutture da evacuare e relativo numero di persone; numero di mezzi e
uomini impegnati e tempi stimati. Sembra che lo sforzo maggiore sia
concentrato a Fort Knox: non vogliono correre il rischio di ritrovarsi con le
riserve auree radioattive per i prossimi cinquemila anni. Preferiscono
impiegare mezzi e uomini per salvare l'oro piuttosto che per trasferire il
maggior numero di civili in un luogo sicuro. Proprio uno schifo.
Telefono in ufficio per ragguagliare la sig.ra Appleton e per sapere se ci
sono novità. Le espongo le mie rimostranze e per una volta sembra essere
d'accordo. Non si aspettava comunque niente di diverso.
Mangio un paio di panini in ufficio e passo il resto del pomeriggio
leggendomi un sacco di scartoffie, facendo qualche telefonata, scorrendo
un sacco di dati al pc.
Sta finendo un altro giorno e non sappiamo ancora a cosa stiamo andando
incontro.
Ma sto solo perdendo tempo, non volendo ammettere che l'unica cosa
folle, e al tempo stesso logica, che possa fare è andare di persona sul luogo
dell'eclisse!
251
Mettermi in pericolo potrebbe farmi avere un'altra visione fornendomi altri
indizi; potrei salvare molte vite rischiando però di non farcela ad evitare
l'esplosione, non avendo poi più tempo per andarmene il più lontano
possibile.
Spengo tutto e me ne torno a casa.
Sono sicuro che una buona cena e una notte di sonno mi faranno venire
delle pessime idee per domani mattina.
---"Le confermo quanto aveva previsto, signore."
-"Si, Nigel?"
-"Certo, signore. C'è stata una riunione dei servizi segreti a New York.
Hanno confermato di aver decifrato i numeri che abbiamo fatto trovare sui
luoghi delle esplosioni, signore."
-"Come programmato, ovviamente. Adesso manderanno un sacco di gente,
agenti segreti, militari e tutto il resto del circo alla ricerca e in attesa di
qualcosa che non accadrà mai. Ho temuto di doverli chiamare
personalmente per dirgli cosa si stava preparando proprio sotto il loro
naso. Si sa come hanno fatto ad arrivarci?"
-"Non è chiaro. Sembra con l'aiuto dei servizi segreti australiani, signore."
-"Stai scherzando, vero?"
-"Non mi permetterei mai, signore. Ma la cosa non è chiara. Pensa di dover
investigare sul fatto, signore?"
-"Non c'è tempo. E non ha importanza. Loro pensano di sapere cosa sta per
succedere. Ovviamente avranno già attivato i protocolli di evacuazione per
tutto il personale governativo ... i soliti ipocriti."
-"Esatto, signore. Si sta attivando in queste ore il piano di evacuazione ... ."
-"Lo so. Tra due giorni scatterà la seconda parte del piano e tutto sarà
finito."
-"Bene, signore ... Devo farle preparare il bagno, signore?"
-"Si."
Si gode un meritato riposo. Un'organizzazione perfetta lo ha portato a
raggiungere tutti gli obiettivi che si era prefissato in questi ultimi sette
anni: conoscenze, potere, soldi, ricchezze inimmaginabili. E tutto questo
raggiungerà l'apice tra due giorni.
Sa che il potere è un luogo per solitari. Tra due giorni i suoi alleati saranno
spazzati via e grazie al patto firmato sette anni fa potrà essere definito
l'uomo più potente sulla Terra.
252
Ha fatto credere a tutti che il Mondo è sull'orlo di una catastrofe nucleare
per mano di pazzi terroristi. Ha fornito a tutti un crimine, l'arma del
delitto, gli indizi, il movente e alla fine i colpevoli: stanno cercando i
"cattivi" e lui li servirà su un piatto d'argento.
Penseranno di aver impedito l'esplosione della bomba e con un'opportuna
soffiata i colpevoli verranno colti in flagrante.
Per il disturbo, come premio per la sua perseveranza, otterrà le chiavi del
Mondo.
253
W 33
Dopo un paio d'ore dalla riunione l'ordine di evacuazione è già stato
impartito a tutte le sedi governative della zona interessata; i militari sono
stati messi in Defcon 2; il presidente e il suo staff fatti portare in luogo
sicuro e un battaglione si sta dirigendo verso Fort Knox.
Il piano di evacuazione consiste nel mobilitare una colonna di automezzi,
blindati e militari; le strade vengono bloccate e viene assicurata una
costante copertura aerea e satellitare. Nulla può sfuggire al controllo.
Nessuno si può intromettere nel convoglio o fermarne la marcia.
I militari d'istanza a Fort Knox sono stati avvertiti immediatamente ed il
personale sta predisponendo tutto nei minimi dettagli in modo da
velocizzare le operazioni di trasferimento. Contemporaneamente il nuovo
sito di stoccaggio si sta preparando al conferimento. Nulla è lasciato al
caso.
La destinazione dell'oro viene comunicata solo al momento della partenza
al comandante in capo per evitare fughe di notizie.
Fort Knox è un sito impenetrabile. E' praticamente impossibile portare via
anche un solo lingotto da lì. Nessuno al Mondo vi ha neanche mai
lontanamente pensato.
Anche in questo frangente gli Stati Uniti non hanno paura di un eventuale
attacco. Il loro unico timore è quello di ritrovarsi con una montagna d'oro
in mezzo ad una zona altamente radioattiva. Sarebbe arduo spiegare alle
varie Borse che la propria riserva aurea è temporaneamente indisponibile,
diciamo per circa una cinquantina d'anni.
254
W 34
Come avevo pensato ieri sera, una buona notte di sonno ha portato
consiglio.
Sono le sei e mezzo del mattino. C'è già un sacco di gente per strada, il
cielo è ancora terso e l'aria quasi respirabile. Chissà che tempo fa ad
Adelaide.
Riscaldo una brioche e mi bevo tranquillamente una tazza di caffè in
soggiorno.
E' una splendida giornata, proprio il giorno ideale per fare una gita.
Non ho mai visto il Kentucky, magari è un posto bellissimo pieno di gente
simpatica, che domani potrebbe essere morta.
Prenderò un aereo e poi noleggerò un'auto, meglio essere il più
indipendente e il più elastico possibile nei movimenti.
Buona questa brioche. Lo sapevo che mi sarebbe venuta una splendida
pessima idea.
Chissà dove si trova il Kentucky!
--Chiamo l'aeroporto e prenoto il primo volo per Louisville.
Alle 8.30 sono già in volo, sbarco previsto per le 9.45. Ho già un'auto
prenotata a mio nome. Questa trasferta mi costa un bel po' e non potrò
neanche farmela rimborsare, visto che se la sig.ra Appleton sapesse cosa
sto facendo, con tutta probabilità mi ucciderebbe lei stessa dalla rabbia,
non prima di aver cercato di convincermi che la mia idea fosse
completamente folle.
255
Viaggio leggero, niente bagaglio, solo una cartina del posto e il mio
cellulare tutto fare.
Pago l'auto in anticipo, non vorrei lasciare debiti in giro, nel caso mi
succedesse qualcosa. L'impiegata del noleggio mi augura buon viaggio, le
sorrido prendendolo effettivamente come un buon auspicio e non come un
augurio di rito.
Butto sul sedile del passeggero tutto quello che ho con me. Ho comprato
un paio di panini, due bottiglie d'acqua, e un paio di occhiali da sole alla
moda per una decina di dollari.
Tra Louisville e il Bainbridge ci sono 220 km e tenendo conto che non
conosco la strada e il più delle volte agli incroci mi devo ricordare di
infilarmi nella corsia corretta, impiegherò quasi tre ore ad arrivare.
La vita scorre tranquilla per le strade; gente che entra e esce dai negozi;
madri che portano al parco i figli, venditori di hotdog, giornalai, tutti
inconsapevoli che questo potrebbe essere il loro penultimo giorno di vita, o
l'ultimo di una vita normale.
La prossima volta che andranno al voto, spero per loro si ricordino di chi
gli ha combinato questo scherzetto.
Mi trattengo a stento dal fermarmi, smontare dall'auto e gridare in mezzo
alla strada che devono scappare lontano da qua se vogliono salvare la
pelle. Mi tratterebbero come un pazzo, magari facendomi arrestare e
perdendo quel poco di tempo che mi resta per scoprire qualcosa in più su
questa faccenda. Sempre che la mia idea di andare dove sta per scoppiare
una bomba atomica sia la cosa migliore da fare per scoprire chi voglia
sganciarla.
Ad onor del vero se qualcuno sta per sganciare una bomba, la cosa più
ovvia che questo possa fare è quella di mettere più chilometri possibile tra
sé e il luogo dell'esplosione.
Sono ancora convinto però che sarò più utile qui che in un appartamento a
New York.
Esco dalla città e imbocco una statale che mi porta verso il luogo
dell'eclisse. Dovrò fare qualche deviazione per strade secondarie per
raggiungerlo. Ho inserito le coordinate nel mio cellulare tuttofare e con il
suo localizzatore GPS mi dirà in linea d'aria quanto mi manca per
raggiungere la meta.
Ho inforcato i miei meravigliosi occhiali da sole e se non fossi diretto verso
l'epicentro di una esplosione nucleare sarebbe una splendida giornata per
una gita.
Il Kentucky scende progressivamente da Est verso Ovest. Da Louisville è
una costante discesa verso le sue pianure coltivate a soia, cotone e tabacco;
256
ampie porzioni di territorio sono lasciate a pascolo per gli estesi
allevamenti di cavalli e bovini (mi sono informato prima di partire).
Per adesso mi sto godendo il panorama fatto di montagne, boschi e svariati
corsi d'acqua: proprio un bel panorama.
Non sono passato molto lontano da Fort Knox. Non ho trovato problemi e
quindi probabilmente il piano di evacuazione non prevede l'utilizzo di
questa strada.
Dopo un paio d'ore di viaggio mi fermo a mangiarmi un panino. Mi siedo
sul cofano dell'auto a guardare del bestiame al pascolo.
Il GPS mi dice che sono ad una settantina di chilometri dalla meta. Ho
tutto il tempo per pensare ad un piano decente che includa anche la
possibilità di darsela a gambe nel caso si metta male.
Apro la cartina sul cofano e la fermo con una bottiglia e il secondo panino
che mi devo ancora mangiare. Mi trovo da qualche parte tra Morgantown
e Madisonville. Guardando la cartina dovrei prendere la 800 e poi scendere
per la 109 che costeggia proprio la zona dell'eclisse.
Dovrei arrivare per l'ora di pranzo. Magari mi farò un caffè da qualche
parte.
Mi aspetto da un momento all'altro una premonizione che mi permetta di
trovare una soluzione a questo casino. Purtroppo non arriva. Forse è
ancora troppo presto per mettere in dubbio ciò che ho visto mentre
sorvolavo questa zona.
Verso l'una del pomeriggio arrivo in zona. Il GPS mi dice che sono nel
posto giusto. E ci metto poco a rendermene conto. Scendo dall'auto e
respiro a fondo. Purtroppo c'è già un sacco di gente che bivacca: roulotte,
camper, gente in tenda, appassionati di astronomia, famiglie, telescopi, il
tutto raccolto in una vasta pianura lambita da corsi d'acqua e addossata al
Cumberland Plateau.
Nessuno strana sensazione, del tipo "dattela a gambe".
Rimonto in macchina. Avevo visto un paese qualche chilometro prima.
Avranno un bar o una locanda e magari un motel.
Mi restano ancora 30 ore. Qualcuna meno se decido di scappare.
Trovo tutto quello che mi serve alla locanda "Da Al". Bar, da mangiare e
camere in affitto.
Parcheggio ed entro. Ci sono diverse auto e un bel po' di movimento
dentro. Con la scusa dell'eclisse gli affari di sicuro sono aumentati.
Mi siedo al banco e ordino un caffè ed il pezzo di una torta che mi ha
chiamato appena mi ha visto entrare.
257
La cameriera sorride mentre mi versa il caffè.
-"Anche lei qui per l'eclisse."
-"Già. C'è un sacco di gente, vedo."
-"Non me lo dica. Un sacco di lavoro extra ... ma un sacco di mance. Ma
domani sera è tutto finito."
Già.
Ricambio il sorriso quando mi porta anche la fetta di torta.
-"Tanta gente arriverà domani da Lake Barkley che è qui a pochi
chilometri. Ci sarà tutto il paese domani col naso all'insù!"
Bene.
-"Riesco a trovare una stanza per stanotte?"
-"Non lo so. Deve chiedere a Al" - e mi indica un tizio che sta girando degli
hamburger su una piastra.
-"Chiederò ad Al. Grazie."
Mi gusto torta e caffè; lascio una buona mancia e vado da Al.
-"Una camera? Una singola? Non so dovrei guardare ... Billie guardami
questi per un paio di minuti. Venga con me."
Passiamo in un'altra zona del posto, la reception della locanda. Tira fuori il
registro, sfoglia qualche pagina, si gratta il mento.
-"Niente singole. Ho una doppia se vuole ... ."
-"Certo ... ."
-" ... Ma un letto è già occupato. E' tutto quello che ho."
-"Già occupato?"
-"Si. Non ho altro. Ci sono altre locande o motel in zona, a qualche
chilometro da qua. Questo è quello più vicino. Mi hanno assicurato che si
potrà vedere a pieno anche dalla nostra veranda."
Che fortuna.
-"Uomo o donna?"
-"Come?"
-"Uomo o donna?" - e gli indico il registro.
-"Non lo so. Mi ha lasciato solo il cognome e deve ancora arrivare."
-"Ah, ottimo ... Ma si la prendo. Ma mi fa uno sconto."
-"Ok. Affare fatto. Non se ne pentirà."
-"Glielo saprò dire domani mattina ... o domani sera."
Il numero della camera è il 15. Mi dà la chiave, ma vedrò la camera stasera
al mio ritorno. Potrebbe essere la mia ultima notte e la dividerò con uno
sconosciuto in uno sperduto paese del Kentucky!
Meglio tornare sul "luogo del delitto" a farmi venire l'ispirazione.
Saluto Al e risalgo in auto per ritrovarmi tra una familiare e un camper
tutti diretti verso il proprio incerto destino. Un bambino mi saluta e mi fa
258
le pernacchie dal retro dell'auto che mi precede. Non c'è più rispetto per la
gente di una certa età!
Parcheggio l'auto in mezzo a tante altre e vado a sdraiarmi sull'erba, faccia
in su a rimirare il cielo azzurro. Sapendo quello che so io potrei darmi del
pazzo a restarmene sdraiato.
Ma l'aria è così tersa, il Sole mi scalda il viso e si sente il vocìo della gente
intorno a me che se la sta spassando.
Chiudo gli occhi, mi concentro. Ho passato gli ultimi sette anni della mia
vita a fidarmi delle mie sensazioni, delle mie visioni. Ho messo la mia vita
e quella dei miei amici e compagni in mano alle mie premonizioni. Non
tradirò proprio adesso la mia esperienza e anni di duro lavoro cercando di
convincermi di qualcosa che non sta per accadere.
Mi metto a sedere. Mi guardo attorno. Qui non sta per succedere proprio
un bel niente! L'unica cosa veramente eccezionale qui domani sera sarà
l'eclisse e la prova della mia incompetenza e/o inaffidabilità.
Ma a questo punto che diavolo ho visto quando ho sorvolato questa zona!
Perché qualcosa ho visto! Le mie visioni si avverano sempre e l'unica cosa
non certa può essere l'interpretazione.
Quindi ho sbagliato tutto! E la corrispondenza con i numeri? L'eclisse? La
simbologia calzava a pennello!
Ho combinato un gran casino. Un sacco di gente sta per essere trasferita;
un sacco di militari sta portando a spasso una montagna di oro solo perché
gliel'ho detto io! Quello che è peggio è che ho sviato le indagini verso il
vero obiettivo favorendo gli attentatori!
Proprio un gran casino! Sono più agitato di prima.
Devo chiamare la sig.ra Appleton immediatamente e riferire ogni cosa.
Questa volta mi fa secco con le sue mani! Prima di chiamarla dovrei
pensare ad una alternativa da proporle, per addolcire la pillola.
Non c'è tempo. Meglio chiamarla subito.
La chiamata dura poco. La lascio senza parole. Non so se è più
preoccupata delle conseguenze della mia inettitudine in campo
internazionale, o del fatto che dei pazzi omicidi girano indisturbati per il
Mondo senza nessuno che li cerchi, visto che avevamo già scoperto tutto!
O del fatto che sta pagando un agente completamente inutile, se non
addirittura pazzo in preda ad attacchi paranoici.
Annuisco per tutta la durata della telefonata. Riesco solo a dire "Mi
dispiace" e "Le farò sapere se ho delle novità". Non è soddisfatta di
nessuna delle mie affermazioni.
259
A questo punto però ho risolto una parte del problema. So che tutta questa
gente non sta per morire. Ma so anche che fino a prova contraria sono
ancora in pericolo di vita. Le cose sono due a questo punto: non sono nel
luogo e nel momento in cui rischio la vita oppure dal giorno della visione
sull'aereo ho fatto qualcosa per cambiare la mia sorte.
Ho bisogno di altri elementi, ho bisogno di analizzare i rapporti, gli indizi.
Ma c'è anche l'ipotesi che la visione non centri nulla con gli attentati ma
riguardi esclusivamente me. E quindi lo scenario in cui ho sviato le
indagini verso delle ipotesi errate si rafforza.
Devo tornare alla locanda. Monto in macchina e ritorno di corsa alla
locanda. Devo telefonare a Clarence e farmi mandare via mail i rapporti.
Potrei partire dalla rotta del volo per New York e confrontarla con una
cartografia dettagliata della zona. Con Clarence ci siamo soffermati solo
sulle coordinate che gli ho detto di controllare. In questo modo potrei
avere escluso altre ipotesi plausibili.
In ogni caso gli scenari possibili sono alquanto ingarbugliati. Se sono
l'unico in pericolo (non è il massimo) non c'è il rischio di uno sterminio.
Però l'enigma degli attentati e dei numeri rimane. Se in qualche modo
abbiamo scongiurato il pericolo dobbiamo capire come e contro chi e cosa
abbiamo agito. E se invece la visione riguarda me siamo abbondantemente
in alto mare.
Spero di trovare qualche idea nei rapporti che mi farò mandare da
Clarence.
Parlo con Al della mia esigenza di usare Internet. Dopo averlo convinto
con una banconota da 50 $ mi lascia usare il suo pc per vedere la posta e
scaricare gli allegati. Il biglietto verde comprende anche la possibilità di
stamparmi quello che mi serve.
Per prima cosa mi concentro sulla rotta dell'aereo. Clarence mi evidenzia le
coordinate approssimative del momento in cui ho avuto la premonizione.
Stampo la pagina e mi siedo ad un tavolo della locanda. Sono le quattro
del pomeriggio. Ordino un altro caffè ed un altro ottimo pezzo di torta.
Con un paio di dollari compro una cartina della zona. Ho provato ad
azzardare che avrebbe potuto essere compresa nei 50 $. Traccio con una
penna la rotta del volo e segno l'area del probabile evento, avendo a suo
tempo ipotizzato (forse erroneamente) che l'ora in cui ho avuto la visione
sia stata quella in cui stavo sorvolando questa precisa zona. Con uno
scostamento di un quarto d'ora la zona ha un diametro di 170 chilometri
circa.
260
A questo punto in questo zona dovrebbe esserci:
- Un posto dove valga la pena sganciare una bomba atomica;
- Un posto dove avrebbero voluto sganciare una bomba atomica;
- Un posto dove mi piacerebbe andare ma dove rischio la vita;
- Un posto dove mi piacerebbe andare ma dove rischio la vita perché
stanno per sganciare una bomba atomica;
- Un posto dove rischio la vita e nessuno pensa di buttarci una bomba
atomica.
Bel dilemma. Non so se faccio prima a scoprire perché vogliano buttare
una bomba o perché mi sarebbe piaciuto un sacco venire qui!
-"Scusi ... si a lei. Cosa c'è di bello da queste parti che val la pena di visitare,
a parte l'eclisse di domani sera, ovviamente" - chiedo ad una delle
cameriere.
-"Oh, beh ... ."
-"A parte questa splendida locanda."
-"Mmm ... c'è Lake Barkley a qualche chilometro e la diga, il fiume Ohio,
Nashville, Mammoth Cave. Un sacco di cose!"
-"Certo, grazie."
Quali di queste cose mi sarebbe piaciuto visitare se non fossi già qui per
scongiurare lo scoppio della bomba? Nulla!
Sono qui perché deve accadere qualcosa di brutto, perché MI deve
accadere qualcosa di brutto, non esattamente qui, ma da qualche altra
parte nelle vicinanze. Ma in questo posto dimenticato da Dio non sembra
ci sia nulla di interessante da bombardare!
E se fossi io l'obiettivo? Potrebbe c'entrare con il fatto che a volte mi sento
seguito! Troppo megalomane. Una bomba atomica solo per farmi fuori!
Lasciamo stare.
-"C'è un'altra cosa di importante da queste parti, ad un centinaio di
chilometri da qua."
-"Come scusi?"
-"Prima mi aveva chiesto ... ."
-"Si, mi ricordo. Le è venuto in mente qualcos'altro?"
-"C'è Fort Knox. Non ti fanno certo fare un giro turistico, ma è una cosa
importante."
Ha ragione. Ed è l'unica cosa che il Governo Americano sta facendo
evacuare.
Partiamo dal presupposto che sono qui per puro caso: se non avessi
sorvolato la zona non avrei avuto la visione e se non avessi avuto la
visione non mi sarei mai sognato di venire nel Kentucky. Quindi la visione
mi ha portato a venire nel luogo oggetto della visione stessa! Si direbbe un
paradosso!
261
Ipoteticamente, escludendo me ed altri pittoreschi luoghi, l'obiettivo della
bomba potrebbe essere proprio Fort Knox.
OK. Ma la rivendicazione? E i numeri ritrovati? Qualcuno vuole
bombardare Fort Knox e qualcun altro ci ha avvertito per farlo evacuare in
tempo! Sarebbe compatibile con lo scenario attuale, e anche con la zona che
ho delimitato sulla cartina. Quindi chi ci ha avvertito ha previsto che come
prima cosa sarebbe scattato il piano di evacuazione: ingegnoso ed esperto
in fatto di piani governativi.
Se è così, gli attentatori con molto probabilità saranno venuti a sapere che
il posto è stato evacuato e che non avrebbe più senso sganciare la bomba.
Nessuno sarebbe più in pericolo, compreso me, e sarei venuto qui per
nulla. E non ci resterebbe che scoprire chi mette le bombe e chi ci sta
aiutando.
Già, i numeri?! Capisco la rivendicazione/proclama, ma i numeri. Se sono
gli indizi per aiutarci in che modo si collegherebbero a Fort Knox? Di certo
non indicano la sua posizione. Questo benefattore avrebbe dovuto
prevedere che qualcuno li avrebbe associati (erroneamente) all'eclisse e
conseguentemente pensato che la bomba sarebbe stata sganciata lì, in ogni
caso troppo vicino a Fort Knox per correre il rischio di non farlo evacuare.
Se è andata realmente così c'è ancora qualcosa che non quadra. Perché
avvertirci tenendoci lontano dal vero obiettivo, distogliendo mezzi e
uomini? Non era meglio dare le coordinate esatte dell'obiettivo evitandoci
un sacco di patemi d'animo!?
E se gli obiettivi fossero due? E se il vero obiettivo non fosse Fort Knox?
Esco dalla locanda. Chiamo la sig.ra Appleton e la rendo partecipe delle
mie ipotesi.
Vengono parzialmente bocciate come le probabili elucubrazioni mentali di
un pazzo. Di questi tempi però, cito testualmente, "Non si scarta nulla."
Come diceva Sherlock Holmes "Dopo aver scartato tutte le ipotesi, quello
che resta anche se assurdo, deve essere per forza la verità".
Per avvalorare la mia ipotesi dovrei andare a Fort Knox per mettermi
stupidamente in pericolo (come ha suggerito la sig.ra Appleton) e vedere
cosa succede. Sono le 6 e in un paio d'ore potrei essere lì.
--Parto immediatamente. Farà buio verso le 9 e ho quasi tre ore di luce.
Ripenso per tutto il viaggio alla mia ipotesi ma ritorno sempre alla
conclusione che manca ancora qualche elemento per spiegare ogni cosa.
Tutto sembrerebbe incastrarsi in questo assurdo puzzle a parte qualche
262
tassello che ancora non convince. Ma una risposta ce l'avrò tra poco
quando arriverò a Fort Knox.
Mi sono fatto preparare un paio di panini per il viaggio. E' tutto il giorno
che mangio panini. Non è che mi stia lamentando, visto la situazione, ma
sono abituato a ben altre trasferte. Ma anche mangiare in auto ha il suo
fascino. Mi ricorda i bei vecchi tempi in Australia quando giravo in cerca
di belle ragazze e onde da leggenda, senza quattrini e senza
preoccupazioni.
Appena mi avvicino alla zona insorgono i primi problemi. La zona è
ancora chiusa e non mi fanno passare. Al posto di blocco stavo per
raccontargli tutta la storia della mia vita quando un soldato mi ha
gentilmente fatto notare che se non mi fossi allontanato mi avrebbe
"giustiziato" sul posto. Sono ad una decina di chilometri dalla base e
ancora non "sento" nulla. Per essere sicuro a questo punto devo
avvicinarmi molto di più. Chiamo la sig.ra Appleton, che a sua volta
chiama i servizi segreti americani, che a loro volta ottengono un permesso
speciale dal direttore dell'NSA. A partire dal mio capo sono tutti un po'
restii a darmi ancora credito, ma alla fine se ne fanno una ragione, visto
che stiamo brancolando TUTTI ancora nel buio.
Entro alla base su una jeep di militari. La mia auto è rimasta al posto di
blocco. Gli ultimi camion stanno partendo adesso. Non penso esista al
Mondo adesso un luogo più protetto di questo: niente può entrare o
sorvolare la zona. Solo i militari sono ammessi, ed io.
Mi scaricano al cancello d'entrata dove hanno ricevuto ordine di lasciarmi
passare. Mai visti tanti soldati nello stesso posto in vita mia. E' come essere
in guerra. Cecchini sulle torrette, carri armati, armi di ogni genere.
Cammino verso gli uffici di coordinamento seguendo la strada, mani
rigorosamente non in tasca, per non innervosire qualche marine.
Il bello è che non mi sparano, il brutto è che di visioni neanche l'ombra.
Qui non sono in pericolo e non lo sarò neanche nel prossimo futuro. La
teoria della bomba sganciata su Fort Knox va a farsi benedire e ritorno al
punto di partenza.
Continuando con la similitudine del puzzle, è come se con i pezzi a
disposizione avessi composto un'immagine che non è quella corretta, ma
una che le assomiglia, e solo alla fine mi accorga che ne ho avanzato alcuni.
A questo punto non mi resta che disfare tutto e ripartire proprio dai pezzi
che mi sono rimasti.
263
Chiamo di nuovo la sig.ra Appleton. Non la prende bene. Ma comprende il
mio impegno e mi assicura tutto l'appoggio che potrà servirmi in queste
"ultime" ore.
Mi faccio riaccompagnare alla macchina. Ho due possibilità: andarmene e
tornare a New York dove non sono sicuramente in pericolo, oppure
montare in auto e tornare sui miei passi alla ricerca di qualcuno o qualcosa
che voglia farmi la pelle.
Impiego altre tre ore per tornare alla locanda di Al.
Per tenermi sveglio ripenso al complicato puzzle che devo comporre.
Sistemo i pezzi sulla tavola: ho la rivendicazione, i numeri, le coordinate e
la data, l'ora esatta, un buono e un cattivo, una bomba che doveva o deve
esplodere, un obiettivo incerto, ci sono io.
- Chi è il cattivo?
- Qual è il suo obiettivo?
- Vogliono veramente sganciare una bomba?
- Il pericolo è scongiurato?
- A cosa servono i numeri?
- Chi è il buono, se esiste veramente?
- Qual è il suo fine?
- Cosa succederà o doveva succedere domani?
- Sono ancora in pericolo?
- Abbiamo fatto qualcosa per cambiare il futuro?
Un sacco di domande e pochissime risposte.
Sono quasi sicuro che in un giorno non possiamo aver fatto qualcosa di
così decisivo da aver mandato all'aria un piano così ben orchestrato e
quindi dobbiamo aspettarci qualcosa per l'immediato futuro.
Quello che incasina la faccenda sono i numeri, il loro significato e chi ce li
ha mandati, nonché il mio coinvolgimento che in questo frangente sembra
complicare la vicenda invece che semplificarla.
Non abbiamo molti indizi e quelli che abbiamo sembrano condurre in
direzioni opposte. Magari è così. Magari non tutto si lega. E se avessimo i
pezzi di due o tre puzzle diversi mescolati tra di loro? La prima cosa da
fare sarebbe quella di dividerli e poi risolverli separatamente.
La bomba, i cattivi, la rivendicazione e gli attentati fanno parte
sicuramente dello stesso scenario.
Il presunto buono, la sua oscura missione e i numeri li metto da un'altra
parte.
Mi resta l'eclisse, l'interpretazione dei numeri associata alla mia visione e il
fatto che sarei in pericolo.
264
Il primo scenario non mi porta da nessuna parte, se non ad un ipotetico
pericolo: mezzo mondo è sulle tracce di questa gente e non se ne è cavato
un ragno dal buco.
Valuto la mia partecipazione in tutto questo come assolutamente
marginale e incidentale.
Escludendo la mia visione, l'eclisse perde di valenza, ma resta il fatto che
in questa zona sta per succedere qualcosa.
Che mi resta? Non molto. Il prossimo attentato potrebbe essere domani o
tra un mese. Probabilmente rischio ancora la vita in un qualsiasi angolo
remoto del Kentucky per un motivo che ancora non conosco. Fort Knox e
l'eclisse non hanno nulla a che fare con tutto questo. E c'è qualcuno che
vuole aiutarci dandoci un indovinello, troppo difficile da risolvere che
rischia di mandarci fuori strada.
E' quest'ultimo fatto che mi fa andare in bestia. Un sacco di gente sta
facendo le più svariate congetture sul significato dei numeri. Bastava solo
essere un po' più chiari, bastavano le coordinate esatte ed il gioco era fatto.
Avremmo scoperto il prossimo obiettivo e con esso anche i colpevoli.
Perché complicare tutto? Se qui non sta per succedere nulla stiamo
distogliendo mezzi e uomini dal probabile obiettivo. Non mi sembra il
modo migliore per aiutarci!
Forse chi ci ha dato quei numeri non vuole aiutarci, o forse questo non è il
suo obiettivo primario.
Alla fine mi sono rimasti solo tre pezzi del puzzle, quelli che non
combaciano con l'immagine sulla scatola: la mia visione, una figura
enigmatica ed un oscuro disegno.
Domani partirò da qui. Dare un significato a questo e magari salvarmi la
vita.
Solo dopo aver parcheggiato l'auto davanti alla locanda mi ricordo che
devo condividere la stanza con un'altra persona. Sono troppo stanco per
pensarci e troppo vecchio per dormire in auto.
Chiudo l'auto e mi frugo in tasca, dovrei avere la chiave da qualche parte.
Inizio ad imprecare quando scopro di averle lasciate in auto. Torno
indietro, frugo in auto per dieci minuti e torno al punto di partenza. La
luce fioca del porticciolo illumina flebilmente l'uscio e il primo tentativo di
infilare la chiave fallisce. Prima di riprovarci sento una chiave girare nella
serratura e la porta aprirsi fino a tendere la catena del chiavistello. Il mio
compagno di stanza immagino.
-"Salve. Mi scusi per l'ora ... ."
265
-"Sono armata."
-"Beh, io no. E se fossi stato un delinquente aprire la porta non sarebbe
stata una bella mossa. Non crede?"
-"Beh, ha ragione, ma ... ."
-"Lasciando perdere i convenevoli, io sono il suo compagno di stanza. Non
le ha detto Al che mi ha dato il secondo letto?"
-"No!"
-"Ah, beh. Me lo ha dato e così vorrei, se possibile, entrare e ... ."
-"Entrare?"
-"Se possibile?"
-"Mi faccia vedere la ricevuta del pagamento."
La ricevuta?
-"La ricevuta?"
-"Se non ce l'ha chiamo la polizia!"
Mi mancherebbe solo questo.
-"Aspetti che la cerco."
Dio vuole che per un puro caso l'abbia conservata.
-"Aspetti un momento."
Mi richiude la porta in faccia e mi ritrovo di nuovo davanti ad una porta
chiusa. Aspetto qualche minuto, si accende una luce, sento il rumore del
chiavistello che viene tolto e la porta si apre. Preparo il mio migliore
sorriso in modo da placare gli animi e non rischiare di dormire in
macchina.
Il mio migliore sorriso si tramuta nel mio sorriso da ebete quando do pieno
significato alla frase "Sono armata". Mio Dio! Una donna!
-"Salve."
-"Buona sera. Entri pure."
Ha addosso una vestaglia, i capelli raccolti e delle buffe ciabatte.
-"Mi chiamo Jason. Al mi ha dato un letto di questo appartamento. Non
sapeva il sesso di chi aveva prenotato. Non avrei accettato avendolo
saputo, ovviamente. Me ne scuso. Capisco il suo disappunto. Me ne vado
subito. Grazie ancora."
-"Aspetti. Mi chiamo Sara. Mi scusi per prima, ma con i tempi che corrono,
meglio non fidarsi. Dove andrà a dormire?"
-"In auto."
-"Non glielo posso lasciar fare. Sarebbe crudele e poi lei ha pagato. E qui ci
sono due letti. Penso si possa civilmente dividere la stanza."
-"Non mi oppongo a questa scelta, ovviamente. Le faccio vedere i miei
documenti. Non voglio passare per un maniaco e capisco la sua riluttanza."
-"Jason Patricks. New York. Piacere, Sara Anderson, dal New Jersey. Ha
dei bagagli da prendere?"
266
-"No. Viaggio leggero."
-"Si accomodi."
-"Grazie."
-"Ha l'aria stanca. Ha viaggiato molto?"
-"Si."
-"Le prendo qualcosa dal bar se vuole?"
-"Grazie. Molto gentile. C'è una doccia, vero?"
-"Certo. Ci sono degli asciugamani puliti ... Acqua?"
-"Grazie. Si fermerà molto qui?"
-"Un paio di giorni. E lei?"
-"Domani mattina tolgo il disturbo ... Adesso ho solo voglia di farmi una
doccia e di andare a letto. È stata una giornata pesante."
-"Prego. Io torno a letto. Stavo leggendo un po' prima di addormentarmi."
-"Buona notte, allora, se non la ritrovo sveglia. A proposito? Lei non è
armata."
Sorride.
Vado a farmi una doccia, anche se dopo dovrò rimettermi quello che sto
indossando. Uso il sapone della locanda e un bel po' di acqua calda per
togliermi i chilometri di dosso.
Esco dal bagno. Lei è ancora sveglia. Legge un libro. Sono troppo stanco
per fare conversazione, per chiederle cosa sta leggendo o per capire se è
carina!
Sorrido. Il massimo che mi riesce.
-"Se non le dispiace vorrei spogliarmi."
-"Ma certo. Buonanotte."
Ripone il libro, spegne la luce dalla sua parte e si corica. Io mi tolgo i
pantaloni e la camicia e con le mutande e la maglietta vado a letto. Forse
sto risultando sgarbato non prestandole molta attenzione o potrei esserlo
comportandomi all'opposto. Nel dubbio mi metto a dormire.
-"Buonanotte."
Domani sarò più brillante.
267
W 35
Sono le 8 di mattina.
Mi giro un paio di volte nel letto per trovare la posizione ideale per
continuare a dormire. Nella situazione di dormiveglia intravedo un raggio
di sole e percepisco aroma di caffè. E succede l'irreparabile: mi sveglio.
Apro un pezzo di occhio, quello meno sensibile alla luce. Da una parte
vedo un muro, una porta e un letto vuoto. Mi serve qualche altro indizio
per capire dove mi trovo. Mi giro dall'altra parte e mi investe la luce che
entra dalla finestra. Mi infilo sotto le lenzuola mugugnando. Ci riprovo
con lo stesso occhio e intravedo una sagoma in controluce. Non mi basta.
-"Buongiorno, sig. Patricks."
Una donna. Ma certo: la locanda, la camera, la donna ... Sara Anderson.
Non sto dando un bello spettacolo.
-"Buongiorno? ... Che ora è?"
-"Le 8 e mezzo, circa."
-"Ah."
-"Un po' presto per lei immagino. Mi dispiace ma dovevo lavorare. Ma le
ho portato del caffè e delle brioches."
Mi faccio forza. Non posso dormire mentre qualcuno mi guarda. Chissà da
quanto è lì a guardarmi mentre dormo. Non è decoroso.
Mi alzo dimenticandomi di essere in mutande, vagando per la stanza in
cerca dei vestiti.
-"I suoi vestiti sono su quella sedia."
-"Oh, grazie. Oh mio Dio. Mi dispiace. Non volevo. Mi vesto subito."
Raccatto i vestiti e vado in bagno a rassettarmi. Me ne esco in condizioni
accettabili pronto per la colazione.
268
-"Magari voleva andare alla locanda?"
-"Va benissimo anche qui. Visto che è stata così gentile."
Sorride. È carina. Ha ancora i capelli raccolti e le buffe ciabatte, ma il resto
è notevole. Sorrido.
Dopo due tazze di caffè e un paio di brioches ancora calde ritorno ad
essere una persona civile. Per tutto il tempo mi ha lasciato in pace e ha
continuato a leggere un libro ed a studiare delle carte che ha sparpagliato
sulla tavola.
-"Lei lavora anche di ... che giorno è oggi?"
-"Lunedì. Si, lavoro anche di lunedì."
Lunedì. Ieri era domenica. Dettagli insignificanti.
-"Che tipo di lavoro la porta fino in Kentucky in un lunedì di agosto?"
-"Potremmo anche darci del tu, visto che abbiamo già dormito assieme. Il
"lei" a questo punto della relazione ormai è superato."
-"Ha ragione ... hai ragione."
-"Sono un ingegnere civile, specializzato in impianti idroelettrici."
-"Interessante ... ?"
-"Si abbastanza. Oggi dovrò fare una verifica alla centrale idroelettrica
presso Lake Barkley. E' un lavoro importante, impegnativo. La centrale è
direttamente collegata alla vicina diga ed è anche la centrale di
smistamento e regolazione dei carichi elettrici."
-"Suona come un incarico importante" - le dico azzannando una brioche.
-"Già, e quindi niente ferie. Per adesso."
-"E' un bel posto Lake Barkley?"
-"Non ne ho idea. E' la prima volta che ci vado. Se non hai nulla da fare
oggi potresti passare a trovarmi. Se me la cavo in fretta potremmo fare un
giro ... se ti va, naturalmente."
-"Beh, effettivamente non ho molte cose da fare oggi, a parte una cosa o
due, a parte l'eclisse. Ma se sono in zona potrei anche passare. Se faccio il
tuo nome mi faranno entrare?"
-"Lascerò il tuo nome all'ingresso, nell'eventualità."
-"Mi fai vedere dove si trova la centrale?"
-"Certo. Guarda qui" - mostrandomi la cartina della zona - "Qui siamo noi,
qui c'è il lago, qui la diga con la centrale di smistamento."
-"Ma cos'è questa centrale. L'hai nominata anche prima."
-"Gli Stati Uniti sono divisi in zone elettriche, gestite autonomamente, che
comprendono Stati limitrofi. Nei punti di contatto tra queste zone, in
questo caso ECAR / MAIN / SERC, ci sono delle centrali di controllo."
-"E che fanno?"
-"In caso di sovraccarichi o di abbassamento di tensione regolano il flusso
in un senso o in un altro, in modo da bilanciare costantemente il carico
269
elettrico. Se dovesse succedere qualcosa a qualche centrale elettrica di una
di queste zone, qualcuno potrebbe rimanere senza corrente, a meno che in
quella zona non si faccia convogliare l'energia da un'altra zona: si
bilanciano i carichi."
-"Intelligente."
-"Esatto."
-"Beh, buon lavoro."
-"Grazie."
Ci lasciamo così. Lei parte per il lago e io vado sul punto della massima
eclisse. In mancanza di altri indizi ripartirò da lì.
--Mi ritrovo in mezzo al campo, tra un sacco di gente spensierata, già col
naso all'insù. Nessuna idea in vista, nessun piano, per adesso.
In mancanza di indizi per adesso qualsiasi cosa faccia o non faccia mi
porterà dritto al mio destino, al mio indefinito e tragico destino.
Sono le dieci del mattino e devo ancora scoprire se sono già al sicuro o cosa
devo farlo per esserlo.
Se la visione mi ha portato qui, è nel mio destino esserci lo era anche tutto
quello che ho fatto finora. Arrivare qui, andare a Fort Knox, trovarmi alla
locanda di Al, incontrare Sara Anderson: tutto questo, per quanto
insignificante, mi sta portando verso il realizzarsi della premonizione.
Devo solo scoprire dove e quando. Il problema delle visioni relative a fatti
lontani è che sono molto più vaghe di quelle che riguardano fatti
dell'immediato futuro: ho più tempo ma meno elementi per decifrarle.
Mi si siedo sull'erba, prendo la mia cartina. Ieri avevo delimitato la zona di
ricerca; la divido in settori e li perlustrerò in auto. Partirò da Est per finire
fino al confine Ovest. Lasciamo che il mio destino si compia.
--Passo il resto della giornata in auto senza concludere nulla. Evidentemente
non sono nel posto giusto e/o nel momento giusto. Non sono in pericolo di
vita, non qui almeno. Tutta quella storia dei numeri, delle coordinate e
dell'ora di Greenwich è un enorme buco nell'acqua.
Mi ritrovo al pomeriggio dalle parti di Lake Barkley. Non ho niente altro
da fare. Prima delle quattro è iniziata l'eclisse: una piccola parte della Luna
ha iniziato a coprire il Sole. Durerà fino alle nove di sera e l'eclisse piena
270
sarà alle 18.25. Si vedrà benissimo anche da qui, anzi, se non la vedo è
meglio.
Il lago è bellissimo, racchiuso tra montagne ricoperte da boschi; l'acqua è
di un verde intenso. Lo costeggerò verso Nord fino alla diga, poi dovrei
trovare delle indicazioni per arrivare alla centrale elettrica.
Arrivo ad uno stop. Vedo sulla sinistra la centrale elettrica, più sotto la
diga che chiude il lago. Non c'è anima viva in giro. Guardo a destra e a
sinistra, sto per partire quando mi irrigidisco sul volante, le braccia tese, gli
occhi chiusi; respiro a fondo, riapro gli occhi e affondo il piede
sull'acceleratore. Arrivo al cancello, suono il clacson e se ne esce la guardia;
gli do il nome, consulta la lista e mi apre la sbarra.
Si appoggia all'auto e mi guarda.
-"Tutto a posto?"
-"In che senso?"
-"La vedo un po' pallido."
-"E' il caldo. C'è Sara Anderson?"
-"Si, può parcheggiare là in fondo. Si trova in quell'ufficio."
-"Grazie."
Fermo l'auto, guardo l'orologio, sono le cinque. Dovrei avere ancora un po'
di tempo, sempre che quello che ho visto prima sia collegato all'ora precisa
dell'eclisse.
Entro negli uffici. Trovo una donna, le chiedo dove si trova Sara e che ho
bisogno di parlarle urgentemente. La chiama con l'interfono.
-"Sara Anderson è desiderata in amministrazione" - dice parlando al
microfono.
-"E' urgente. Può dire che c'è il signor Patricks" - ripeto.
-"Sara Anderson è desiderata in amministrazione con urgenza. Il signor
Patricks chiede di parlare con lei."
-"Grazie" - le dico cercando di sorridere.
Dopo qualche minuto arriva. Sorride e mi saluta.
-"Alla fine sei venuto."
-"Si, beh. Passavo."
-"E' tutto a posto? Ti vedo un po' nervoso."
-"Non c'è un posto dove poter parlare, in privato."
-"Che c'è?"
-"Dovrei chiederti una cosa, una cosa importante."
-"Ok. Mi devo preoccupare?"
Non rispondo.
Entriamo in un ufficio vuoto.
271
-"Senti, Jason. Mi fa piacere che tu sia passato, però, praticamente non ci
conosciamo e adesso tu sei qui, con quella faccia e mi dici che ... ."
-"Quanto gente lavora in questo posto?"
-"Non lo so. A te che importa?"
Non risolvo nulla così, devo dirgli come stanno le cose.
-"Allora. Quello che ti devo dire, la parte finale per lo meno, a cui non
crederai, è che qui sta per saltare in aria tutto e ... ."
-"Come scusa?"
-"Qui sta per esplodere una bomba."
-"Pensavo di non aver capito la prima volta. Sei pazzo? Un mitomane?"
-"Non so da dove cominciare e ho così poco tempo."
-"Beh, parti dall'inizio, perché altrimenti chiamo la polizia."
Guardo l'orologio, ho già perso un quarto d'ora.
-"Io lavoro per il governo. Abbiamo fondate notizie che questa centrale sia
nel mirino di un gruppo di terroristi, gli stessi responsabili dei quattro
attentati degli ultimi giorni."
-"Stai scherzando!" - guardandomi allibita.
-"No. La bomba esploderà alle 18.25 e potrebbe essere un ordigno atomico.
Dobbiamo perquisire la centrale, trovare la bomba e cercare di
disinnescarla, e di far evacuare tutto il personale."
-"Non credo ad una sola parola che mi hai detto. Come potrei? Che prove
hai?"
-"Le prove."
Bella domanda. Se le parlo delle mie visioni mi gioco quel poco di
credibilità che mi resta.
-"Ti faccio parlare con l'NSA e ti confermeranno tutta la storia."
Faccio il numero col cellulare del tizio che ha parlato alla riunione
dell'altro ieri a New York. Gli spiego tutta la storia, ragguagliandolo con
gli ultimi dettagli. Accetta di parlare con Sara. La conversazione dura
pochi minuti, durante i quali il volto di lei si incupisce sempre più. Mi
ripassa il telefono e si va a sedere.
-"Ok. E adesso?"
-"Mi credi?"
-"Diciamo di si. Cosa possiamo fare? Hai parlato di una bomba atomica!"
-"Beh, potrebbe essere una bomba atomica."
-"E quanto potente?"
-"Non lo so."
-"Abbiamo tempo per scappare?"
-"Forse non abbastanza per allontanarci ad una distanza di sicurezza."
Mi guarda sconsolata.
272
-"Dobbiamo perquisire la centrale. Trovare la bomba e cercare di
disinnescarla, perché se è potente quanto temo siamo spacciati."
-"Ok" - si alza, respira a fondo - "Andiamo."
Usciamo dall'ufficio e si fa dare dalla donna di prima il microfono
dell'interfono.
-"Sono Sara Anderson, il tecnico addetto alla verifica della centrale. Ho
parlato adesso con un agente del governo e con un responsabile dell'NSA.
È probabile che siamo vittime di un attentato terroristico e che nella
centrale ci sia una bomba. Tutto il personale deve ispezionare i locali in cui
si trova. Fate attenzione a ... quanto grande potrà essere la bomba" - mi
chiede guardandomi.
-"Una grossa cassa, direi" - rispondo.
-"Fate attenzione ad una grossa cassa. Se la trovate non toccate nulla, ma
contattatemi tramite l'interfono. Con me c'è l'agente del governo."
Le chiedo di passarmi il microfono.
-"Sono l'agente Patricks. La bomba è molto pericolosa e con tutta
probabilità molto potente. Chi vuole può scappare. Sappiate però che
anche facendolo potrebbe non esserci comunque via di scampo. L'unica
salvezza per tutti noi è trovarla e provare a disattivarla. Abbiamo tempo
fino alle 18.25."
Molta gente scappa. Non so dar loro torto. Io resto, è il mio destino. Anche
Sara resta, forse anche lei è nel mio destino.
-"Dimmi il posto più importante in cui potrebbero mettere una bomba in
questa centrale."
-"Aspetta."
Esce nel parcheggio e dalla sua auto prende la planimetria e i progetti della
diga e della centrale.
-"Questo è tutto il complesso. Se vogliono fare molti danni potrebbero far
crollare la diga."
-"Non penso. Ho in mente qualcosa di più ... esplosivo."
-"Esplosivo?"
-"Si. Qualcosa che si veda. Un bel botto."
-"Se la bomba è potente quanto dici un posto vale l'altro. Hai detto che
potrebbe essere una bomba atomica. Quanto potente non lo sai?"
-"No."
-"Più aspettiamo e meno tempo abbiamo per fuggire."
-"Forse già adesso non abbiamo più tempo a sufficienza per scappare così
lontano da sfuggire agli effetti dell'esplosione: radiazioni, tempesta di
fuoco, spostamento d'aria, fallout potrebbero investire un centinaio di
chilometri. Se la troviamo però possiamo tentare si salvare le nostre vite e
di tutti quelli che abitano in queste zone."
273
-"Ma se il governo aveva il sospetto perché non ha avvertito la
popolazione! Maledizione!"
-"Solo il personale governativo è stato allertato, le installazioni militari,
Fort Knox."
-"Bene. So per chi non votare alle prossime elezioni."
-"Sono le 17.35. Abbiamo meno di un'ora."
Prendiamo le planimetrie e cominciamo ad ispezionare la centrale. E' come
cercare un ago in un pagliaio e non siamo rimasti in molti.
Sono le 18 e non abbiamo ancora trovato la bomba. Guardo fuori dalla
finestra e vedo ormai l'eclisse nel suo massimo splendore.
Esco all'aperto. Nella premonizione guardavo l'eclisse, poi distoglievo lo
sguardo e quando rialzavo gli occhi venivo investito dall'esplosione. Ma se
la stessi osservando da qui e non dal punto di massima eclissi? Vorrebbe
dire che la visione evidenziava il momento preciso dell'esplosione e non il
luogo. È un'ipotesi che non avevo considerato, distratto anche dalla
perfetta coincidenza con i numeri. Potrebbe costarmi caro.
Esce anche Sara.
-"Che stai facendo?"
-"Che spettacolo."
-"Dobbiamo continuare le ricerche. Andiamo" - mi prende per un braccio
per riportarmi dentro.
Mi fermo.
-"Non possiamo farcela. È troppo tardi ... ."
-"Eh no, bello. Non ho intenzione di morire nel Kentucky."
-"Io neanche sapevo dov'era il Kentucky, fino a ieri."
-"Hai detto che esploderà alle 18.25. Sempre che ci sia una bomba,
ovviamente."
-"Si, alle 18.25. Dobbiamo trovare riparo ed aspettare."
-"E se la bomba non fosse così potente, se non fosse una bomba atomica?"
-"Non possiamo rischiare!"
-"Dove potremmo nasconderci?"
Sara si guarda in giro, ci pensa un po'.
-"Nella diga. Saremo al riparo sotto decine di metri di terra e acqua e
aspetteremo finché qualcuno non verrà a salvarci. Che mi dici? Perché ci
verranno a salvare, vero?"
Spero proprio di si! Potrebbe aver ragione.
Torniamo dentro e tramite l'interfono comunichiamo a tutti quelli rimasti
di dirigersi verso la diga.
-"Sospendete le ricerche. Ormai non c'è più tempo. Dobbiamo metterci in
salvo. Tutto il personale rimasta di diriga alla diga."
274
La distanza da percorrere è minima. Questa diga è molto grande e al suo
interno ci sono una serie di corridoi e stanze che la percorrono in tutta la
sua lunghezza.
Ci troviamo tutti sopra la diga, una trentina di persone; la centrale si trova
ad un centinaio di metri, dietro di noi c'è il lago. Tutti guardano noi due in
cerca di risposte e certezze.
-"Secondo il signor Patricks qui tra ... pochi minuti esploderà una bomba,
forse una bomba atomica. Non c'è più tempo per trovarla e disinnescarla,
quindi dobbiamo trovare riparo dove le radiazioni non ci potranno
raggiungere ... ."
-"E pensate che qua sotto saremo al sicuro?" - chiede terrorizzato qualcuno.
-"La bomba non sarà molto potente, spero. L'obiettivo è di distruggere la
centrale e di provocare molti danni, non di fare una strage. Questo è quello
che pensiamo."
-"Come facciamo ad essere sicuri che sarà così!"
-"Vuole rimanere qua fuori a parlarne per vedere cosa succede?"
Non ci sono altre obiezioni.
-"Dobbiamo scendere dentro la diga. È l'unico posto che potrà difenderci
dalle radiazioni. Forza!"
Entrano tutti. Prima di scendere, indugio qualche secondo per spedire a
Clarence un messaggio col cellulare con le nostre coordinate e il luogo
esatto di dove ci potrà trovare, e salvare spero. Chiudo il portone di
accesso e seguo Sara ed alcuni tecnici della diga rimasti ad aiutarci che ci
fanno strada. Continuiamo a scendere. Sara ha fatto spegnere l'impianto di
aerazione per evitare che le radiazioni vengano portate all'interno: non
dovremmo morire avvelenati o soffocati finché non finirà l'aria presente
nelle stanze e nei corridoi. Per la fame e la sete non siamo attrezzati, ma
confidiamo in celeri aiuti.
Non so di quanto siamo scesi. Spero basti. Spero che la bomba non faccia
crollare tutto. Sarebbe una morte schifosa.
Sono le 18.19.
Ce ne stiamo tutti seduti lungo un corridoio, sguardi atterriti, fissi nel
vuoto. Sara mi sta di fronte.
-"Spero tu ti sia sbagliato."
-"Non è possibile."
-"Come fai ad esserne sicuro?"
Guardo l'orologio. Le 18.21.
275
-"Quattro minuti. Ti racconto la storia della mia vita. Ho un dono. Ho delle
visioni del mio futuro di tanto in tanto, nel momento del pericolo. Quando
sono arrivato qui ho visto l'esplosione della bomba e la mia morte. Non sto
scherzando. Come agente del governo sono impegnato in missioni
operative e il mio "dono" ha salvato me e la mia squadra molte volte.
Giorni fa ne ho avuta un'altra ed è per questo che ero nei paraggi."
Mi guarda in modo strano, come se avesse un pazzo davanti a se.
-"Non mi credi. Ovvio. Tra qualche minuto ne avremo la prova."
-"E come fai ad essere sicuro che non moriremo?"
-"Non mi sembra questo il luogo dove mi investiva l'esplosione."
-"Siamo qui perché tu hai le visioni? Non ci posso credere. Capisco perché
me lo stai dicendo solo adesso!"
-"Fidati. Sta per succedere qualcosa."
-"Che ora è?" - mi chiede.
Guardo l'orologio. Mi siedo di fianco a lei e le stringo la mano.
-"Oddio."
Sono le 18.25.
Il Sole è completamente coperto dalla Luna. Un sacco di gente sta
ammirando una splendida eclisse, tra picnic, birre, cannocchiali e lenti
affumicate. Al sta servendo bevande fresche a chi ha deciso di godersela
dalla sua locanda. Un gruppo di persone in una località segreta è in
fremente attesa di notizie che cambieranno per sempre il loro Mondo.
Qualcuno nella sua splendida villa ai Caraibi sta sorseggiando un cocktail
e un sorriso compare sul suo viso. Una trentina di persone incredule e
terrorizzate sono sedute in un angusto corridoio sperando di non morire.
Nella centrale elettrica di Lake Barkley, in un deposito, in una cassa
arrivata ieri assieme ad altri pezzi di ricambio, la bomba si attiva ed
esplode.
La scoppio viene avvertito a chilometri di distanza e qualcuno affermerà di
aver visto, favorito dalla semioscurità, un bagliore in direzione del lago.
La prima conseguenza è l'immediata mancanza di energia elettrica, e non
solo nei dintorni. Dopo qualche minuto nelle tre zone adiacenti, MAIN (a
Ovest), ECAR (a Est), SERC (a Sud) a cascata avviene un totale blackout
per il collasso del sistema elettrico: non essendoci approvvigionamento
reciproco tra queste tre aree, le case e le fabbriche di ogni Stato in queste
tre assorbono corrente dagli Stati vicini tramite altre centrali di
smistamento simili a quella di Lake Barkley. Dopo qualche minuto viene
letteralmente tolta la corrente a tutti e tre i compartimenti per non far
collassare il resto del Paese.
276
La diga trema pericolosamente, le luci si spengono e ci ritroviamo al buio.
Per qualche istante in cui tutti gridano disperati ci sentiamo vicino alla
morte. Le vibrazioni continuano per diversi minuti producendo un rumore
sordo; qualcuno accende una torcia elettrica per controllare la situazione;
non ci sono infiltrazioni, per adesso, ma in questi casi basta una minima
crepa per decretare la fine dell'intera struttura. Sono ancora stretto a Sara;
sento il suo respiro affannato fondersi con il mio. Non sono mai stato così
vicino alla morte come oggi.
Una decina di Stati si ritrovano senza elettricità. Per adesso treni,
fabbriche, ascensori, frullatori, cellulari, televisioni, radio si spengono
all'unisono e milioni di persone condividono la medesima condizione.
Visto che siamo vivi presumo che non sia stata una bomba atomica e le
conseguenze saranno limitate. La centrale sarà stata devastata ma non
dovrebbero esserci vittime. Non sono morto e per l'ennesima volta sono
andato contro al mio destino.
--Si mettono in moto immediatamente i soccorsi e, anche grazie alla mia
segnalazione, sanno dove dirigere le ricerche. Tutta la mia squadra è
partita da Adelaide nel momento in cui ho spedito il messaggio.
Il nostro recupero diventa però molto più difficile del previsto. Da
un'analisi fatta con i satelliti si scopre subito che la bomba conteneva anche
una dose di materiale radioattivo che è stato sparso ai quattro venti con
l'esplosione: tecnicamente una bomba "sporca". I soccorritori che stavano
arrivando vengono fatti fermare ad una decina di chilometri dalla centrale:
tutta la zona è messa in quarantena e devono essere applicati tutti i
protocolli in caso di esposizione alla radioattività.
Nella diga gli animi si stanno placando.
-"Visto che avevo ragione?"
-"Si."
-"E siamo vivi. Che ti avevo detto."
Le lascio la mano e ci alziamo. Ci abbracciamo, soddisfatti di non essere
morti, e molti altri fanno come noi. Tutti vengono a ringraziarmi di aver
salvato loro la vita, ma il loro pensiero è per chi è rimasto in superficie,
parenti, amici, colleghi. A poco vale la mia rassicurazione che
probabilmente non si è trattata di una bomba atomica, come pensavo, ma
solo di una potentissima bomba.
Visto che finora ho avuto ragione, chiedono a me il dafarsi.
277
-"I soccorsi saranno già qui. Non dobbiamo correre rischi inutili. Non
sappiamo cosa ci può essere lì sopra. Dobbiamo aspettare che vengano a
prenderci."
-"Ma ha detto che non era una bomba atomica e adesso ci dice di rimanere
qui lo stesso. Io voglio andare da mia moglie, dai miei figli!"
-"Anch'io!"
-"Sentite. Lo so che siete preoccupati. Ma non è rischiando la vita
inutilmente che potrete essere loro d'aiuto. Fidatevi. Aspettiamo."
-"Un paio di persone con una torcia potrebbero fare un giro per i corridoi e
vedere se ci sono delle infiltrazioni, che ne dite?" - aggiunge Sara.
Ci si divide in gruppi, uno verso destra e uno a sinistra. Gli altri, con Sara
ed io, ritornano a sedersi alla luce di un paio di torce rimaste.
-"Cosa pensi stia succedendo lì sopra?"
-"Non ne ho idea. So solo che stanno venendo a prendermi."
-"Sei così importante?"
-"Sono un tipo speciale."
-"Sei un tipo speciale. Le sai proprio movimentare le giornate ad una
donna."
-"Già."
-"La storia delle visioni è vera, allora?"
-"Già."
-"A che stai pensando?"
-"A tutta questa storia. Dietro c'è molto di più di quello che ti ho detto
prima."
-"È un segreto?"
-"Si."
-"E non me ne puoi parlare. Anche se ti ho salvato la vita?"
-"Come sarebbe a dire?"
-"Ti ho salvato la vita. Se non fosse per me non saremmo qui."
-"Ripensandoci ... hai ragione. E non sai quanto. Era destino che noi ci
incontrassimo. Era destino che Al ci desse la stessa stanza. Eri nel mio
destino."
-"Suonerebbe molto romantico, lo sai?"
La guardo senza rispondere.
-"Me la racconti questa storia, allora?"
Parlarne con qualcuno mi aiuterà a chiarirmi le idee, anche alla luce dei
nuovi eventi. Parto dall'inizio: la bomba in Cina, i quattro attentati, la
rivendicazione, i numeri, la mia visione, l'eclisse, la bomba alla centrale.
Non si stupisce di come si riescano a manipolare i media in modo da non
far trapelare informazioni al pubblico. Le parlo delle mie ipotesi e di come
si siano rivelate errate, del fatto che forse non tutto quello che è successo
278
nell'ultimo mese è collegato, visto che da qualsiasi parte la si prenda, in
questa storia resta sempre escluso qualcosa. Anche l'esplosione alla
centrale potrebbe non essere collegata, visto la modalità di esecuzione e
l'obiettivo scelto. E' come se ci fossero due soggetti dietro a tutto questo, e
di questo ne sembra certa anche Sara.
Quello che manca è sapere chi sono e a cosa mirano.
-"Devi pensare alle conseguenze di ogni cosa. A cosa serviva e a cosa ha
portato ogni singolo evento? Quali sono stati i benefici? I quattro attentati a
cosa sono serviti? A farvi avere i numeri? Ad uccidere tanta gente? E la
rivendicazione va nella stessa direzione di quest'ultimo attentato o ce ne
potrà essere un altro? E questa bomba? Chi ne ha tratto profitto? Quali
sono le sue conseguenze? Perché proprio qui. Mi sai rispondere?"
-"No."
-"E tu che ci fai qui? Te lo sei chiesto?"
-"Per incontrare te e farmi salvare la vita, ovvio."
-"Oltre che a cacciarti nei guai, perché sei venuto?"
-"Ho avuto quella visione, l'ho associata all'eclisse e i numeri
combaciavano perfettamente con le sue coordinate. Ho pensato che
qualcuno avesse voluto aiutarci dandoci questo indizio, facendoci sapere
dove avrebbero colpito la prossima volta, sperando che in qualche modo ci
saremo arrivati. Ma poi la bomba è esplosa qui e alla stessa ora dell'eclisse,
che corrisponde alla stessa ora dei quattro attentati. E qui mi sono perso."
-"Forse hai due problemi da risolvere. Forse chi ti ha lasciato quei numeri
non voleva farti un favore, ma lo stava facendo a se stesso."
-"E in che modo?"
-"E che ne so! Non sono un agente segreto super pagato dal governo, lo
stesso governo che mi lasciava qui a morire."
-"Ma io sono venuto!"
-"Ma non ti ci hanno mandato!"
279
W 36
Attorno alla zona in quarantena si sta radunando un sacco di gente:
militari, agenti del governo e dell'NSA, truppe speciali addestrate per
missioni in zone radioattive. Devono approntare dei mezzi per riuscire ad
arrivare alla centrale senza dover morire nel farlo. Questo vuol dire camere
di decontaminazione, tute antiradiazioni, veicoli a tenuta stagna, un pieno
di benzina.
La zona non è densamente popolata e le radiazioni in assenza di vento non
si stanno espandendo. Stanno preparando anche delle missioni aeree per
spegnere l'incendio ed evitare che altri fumi tossici si disperdano nell'aria.
L'obiettivo primario è quello di mettere in sicurezza la zona.
La popolazione è stata avvertita e consigliata di rimanere chiusa in casa
fino a nuovo comunicato. Non ci sono state conseguenze dirette
dell'esplosione. Tutti si sono accorti della mancanza di corrente e in tutti i
telegiornali è stata data la notizia della devastazione della centrale
elettrica.
Verso mezzanotte parte un convoglio attrezzato per una prima
ricognizione. Lo scopo è valutare i danni e trovare eventuali superstiti.
Con i satelliti analizzano costantemente la zona per verificare lo
spostamento della nube radioattiva e con voli a bassa quota controllano
con speciali apparecchiature la presenza di superstiti o qualsiasi altro tipo
di attività. Se tutto andrà bene partirà un secondo convoglio per venire a
prelevarci in base alle indicazioni che ho dato con il mio messaggio a
Clarence.
I servizi segreti hanno avvertito tutti della complessità della situazione e
della necessità di non tralasciare nulla al caso.
280
A New York si sta svolgendo una riunione straordinaria, negli stessi uffici
che mi hanno visto coinvolto due giorni fa, per capire come possa essere
successa una cosa del genere.
-"Ditemi che qualcuno sapeva che sarebbe successo. Ditemi perché
quell'australiano si trovava lì! Ho bisogno di saperlo!"
-"Nessuno l'aveva previsto. Eravamo intenti a controllare la zona
dell'eclisse. Non c'erano avvisaglie che l'obiettivo sarebbe stata la centrale
elettrica. È fuori da ogni analisi possibile. Non coincide con alcun profilo
ipotizzato."
-"Non mi frega nulla dei profili. Voglio sapere se questa bomba ha
qualcosa a che fare con tutta questa storia. Voglio che qualcuno mi dica chi
è stato!"
-"Certo, signore."
-"Si sa nulla dell'Australiano? È ancora vivo?"
-"I soccorsi stanno partendo in questo momento. Dovrebbe trovarsi dentro
alla diga assieme ai dipendenti della centrale. I rilevamenti satellitari
confermano che la diga ha retto. Non ci resta che aspettare."
-"Quando verrà ripristinata la corrente elettrica?"
-"Per quello ci vorrà tempo. Devono ricalibrare il sistema di smistamento
per non far saltare tutto. Altrimenti il blackout di New York del '68
sembrerà un scherzo."
-"I giornali ci faranno a pezzi questa volta. Come facciamo a mettere tutto a
tacere? Ho milioni di Americani al buio chiusi in casa per paura delle
radiazioni. Cosa gli dico? Cosa gli dirò quando inizieranno a nascere
maiali con due teste o a crescere zucche di un centinaio di chilogrammi?"
Nel frattempo la prima squadra di ricognizione è arrivata sul posto. Lo
spettacolo che gli si para davanti è sconfortante. Il buio totale viene
squarciato dalle fiamme che avviluppano l'intera struttura. Nulla è rimasto
in piedi. La bomba doveva avere una potenza inaudita. Dopo aver
verificato le condizioni ambientali comunicano con la base per far partire
la missione di soccorso. Le radiazioni sono ad un livello pericoloso ma non
tale da impedire il nostro recupero. La cosa sarà un po' complessa perché
ci devono far uscire dalla diga e infilare dentro un camion senza che si
venga a contatto con materiale e aria contaminati. Dovranno installare una
struttura all'esterno della porta di ingresso che funga da camera di
decontaminazione, in modo che il personale possa entrare da noi senza
contaminarci, portandoci le tute che useremo per uscire.
L'aria all'interno della diga comincia a diventare pesante. Ci spostiamo
lentamente verso la superficie per trovarne di più fresca, ma comincia a
281
farsi sentire oltre alla mancanza di cibo e acqua, anche una crescente
sensazione di claustrofobia. Gli animi si stanno scaldando ma speriamo
che la gente regga.
--In Bretagna, ore 01.25.
Da un'altra parte del Mondo si sta svolgendo per altri versi un altro
dramma.
Gli appartenenti alla setta si sono riuniti in attesa di notizie dalla zona
dell'eclisse. Hanno atteso questo momento per anni. Gli è stato promesso
che questo sarebbe stato il giorno della svolta e che da oggi per loro il
Mondo sarebbe cambiato radicalmente. Sono seduti nella sala riunioni in
attesa che il loro informatore dia loro la notizia dell'esplosione nucleare nel
momento di massima eclisse in Kentucky.
È l'una di notte. Per loro dovrebbe essere la mattina di un Nuovo Mondo.
Stanno già brindando quando dal loro informatore arrivano notizie poco
chiare.
-"Silenzio" - grida qualcuno - "Ripeta quello che ha detto."
-"Non c'è stata l'esplosione alle coordinate assegnate. Ripeto. Non c'è stata
alcuna esplosione."
-"Non è possibile. Era tutto organizzato."
-"In tutta la zona però è venuta a mancare la corrente elettrica."
-"Chiamate immediatamente il consigliere. Presto!"
I minuti passano e il panico si diffonde tra i partecipanti. Nulla di ciò che è
stato pianificato sta accadendo. Vani sono i tentativi di mettersi in contatto
con il consigliere responsabile dell'organizzazione dell'attentato.
Dopo un po' l'informatore richiama.
-"Le televisioni locali parlano in effetti di una esplosione, non lontana dalla
posizione prefissata."
-"E' esplosa lì la nostra bomba?"
-"No, signore. Parlano di una bomba che avrebbe distrutto la vicina
centrale elettrica."
Qualcuno accende la televisione sintonizzandosi sulla CNN per controllare
le notizie date in diretta. Parlano di un'esplosione devastante che avrebbe
distrutto la centrale elettrica di Lake Barkley lasciando milioni di persone
al buio.
Dopo neanche mezz'ora a tutti viene recapitato un messaggio.
"E' finita. Attendete istruzioni. Il consigliere."
282
Qualsiasi tentativo di comunicare con il loro soliti informatori cade nel
vuoto. Solo ora si accorgono di essere stati tagliati fuori dalla loro stessa
organizzazione.
Per loro è iniziata una nuova era. Ma è sui loro volti che adesso si
riconosce la paura.
--Diverse tragedie si stanno consumando in varie parti del mondo.
Pazzi omicidi in preda al panico, poveri innocenti che rischiano di morire,
milioni di persone nella morsa di un blackout.
Sono passate sette/otto ore dallo scoppio della bomba. Sono ancora sicuro
che stanno per venirci a prendere ma le condizioni ambientali si fanno via
via più pesanti: mancanza di cibo e acqua, aria irrespirabile. Non ci resta
che chiacchierare o dormire per far passare il tempo. Fissiamo anche dei
turni per controllare se dall'esterno provengono rumori che ci possano
chiarire cosa stia succedendo là fuori e per ispezionare la diga alla ricerca
di cedimenti; serve anche per mantenere alta la concentrazione e
l'attenzione. Ci sono rimaste solo due torce funzionanti: una rimane col
gruppo e l'altra con chi va in ispezione.
-"Mi devi invitare più spesso a farti visita."
-"Non fare il sarcastico con me, Jason. Se tu che hai detto che ero nel tuo
destino!"
-"L'ho detto? Sei sposata?"
-"E questo che c'entra?"
-"Solo per onor di cronaca."
-"No. E tu?"
-"No. Con il mio lavoro ... ."
-"Già, sei un agente segreto. Dovresti mentire a tua moglie per non
rivelarle segreti di stato ... beh, non dovrebbe risultarti difficile farlo. È una
cosa che gli uomini fanno solitamente con le proprie mogli."
-"Cosa?"
-"Mentire."
-"Femminismo da salotto."
-"Cosa mi tocca sentire. Hai più pensato ad una spiegazione plausibile per
tutto questo?"
-"Rimuginavo su quella storia delle conseguenze, ad azione corrisponde
una reazione."
-"E dunque?"
283
-"Pensavo ai benefici. I quattro attentati non sono serviti solo a farci avere i
numeri. Avrebbero potuto recapitarceli, come poi è stato fatto. Quindi
qualcuno ha tratto dei vantaggi in quella carneficina. La rivendicazione
serviva ai mandanti per farsi conoscere, per appagare il senso di
megalomania e potere che accompagna sempre questi pazzi. Quello che mi
manca è l'utilità dei numeri, del volerci lasciare una falsa pista da seguire e
di aver fatto saltare in aria la centrale elettrica che, come mi hai spiegato,
avrà causato un enorme blackout a catena in svariati Stati. Quindi, per
concludere, se troviamo il nesso tra la falsa pista e un enorme blackout
siamo a cavallo! Sono stato bravo?"
-"E tu saresti uno degli agenti migliori, mi hai detto?"
Non sarà parente della sig.ra Appleton?
-"In ogni caso ti mancherebbe poi da scoprire chi è tutta questa gente. Un
colpevole bisognerà scovarlo!?"
-"Certo, ma trovato il movente troverò l'assassino."
-"Gli assassini. È chiaro che dietro a questa ... storia ... ci sono due entità e
volontà distinte. Metto una bomba grande o la metto piccola. Resto
nascosto o mi faccio scoprire. O sono due o c'è qualcuno che ha bisogno di
una camicia bianca rinforzata e una bella stanza imbottita."
-"Ricominciamo da capo. Un tizio costruisce una bomba e la prova in Cina,
avvertendo che ce ne saranno altre. Poi scoppiano altre quattro bombe, ci
sono un sacco di morti e si promettono altre disgrazie. Tutto riconduce allo
stesso tizio, il tizio "A" e ad un successivo attentato. Ma un altro tizio, il
tizio "B", legato al primo, ci vuole aiutare dicendoci dove scoppierà la
prossima bomba e ci lascia le coordinate del posto. E i tizi sono due. Si
manda via un sacco di gente, si va nel luogo indicato, ma non succede
nulla. A questo punto dove nessuno sta guardando scoppia una bomba,
piccola, che fa un sacco di danni. O il tizio "A" ha fatto uno scherzo a noi
ed al tizio "B" cambiando i piani? O è il tizio "B" che ci ha fatto uno scherzo
mandandoci nel posto sbagliato."
-"Fin qua la storia."
-"Ma ipotizziamo che il tizio "A" non abbia cambiato i piani."
-"E su quali basi?" - mi chiede Sara.
-"Non sarebbe coerente con tutto quello che ha fatto nell'ultimo mese. Non
posso far esplodere un ordigno nucleare in Cina per poi ridurmi a far
saltare una centrale in Kentucky! Non ci vuole molto per costruire una
bomba del genere e portarla qui. Non hai idea del tipo di organizzazione
con cui ci siamo scontrati finora: struttura militare, aerei trafugati,
scienziati pazzi, diplomatici corrotti. Tutto questo serve a molto di più!"
-"Ok. Facciamo questa ipotesi. Che ci resta?"
-"Resta che il tizio "B" ha voluto fregarci tutti e due."
284
-"In che modo?"
-"Mmm ... Vediamo. Ha spinto la nostra attenzione verso il luogo
dell'eclisse mettendo paura al tizio "A", che forse per questo ha desistito
dal suo intento, ma così facendo ci ha fatto distogliere lo sguardo dal suo
vero obiettivo."
-"Ci sta. E la centrale elettrica sarebbe il suo obiettivo? Tutto questo per
causare un blackout? Le sfere, i numeri, e poi? Cos'ha, gli appalti per
ricostruire la centrale? Poco credibile anche in questo caso."
-"Già. Manca sempre qualcosa."
-"Ci sono!"
-"Si?"
-"Si. La centrale elettrica non è l'obiettivo del tizio "B"."
-"Questo lo si era intuito ... ."
-"Sciocco, fammi finire. Cosa ha fatto il governo quando ha saputo della
bomba?"
-"Ha fatto evacuare tutti e ha concentrato tutte le forze militari e di
intelligence nella zona dell'eclisse."
-"Tutto il personale governativo e militare, volevi dire ... Tutti avevano gli
occhi puntati sulla zona dell'eclisse. E adesso dov'è sta guardando
l'America, i servizi segreti, i militari ed ogni agente del governo
disponibile?"
-"Qui alla centrale ... Un diversivo!"
-"Un diversivo. Non siamo altro che un diversivo."
-"A senso. Potrebbe essere. Complesso e complicato, ma potrebbe essere ...
Sei un genio ... Mi vien voglia di baciarti!"
-"Non mi opporrei. Me lo merito."
Glisso.
-"E cosa ci stiamo perdendo? Se siamo solo un palcoscenico secondario,
dove si sta svolgendo lo spettacolo principale?"
--Ai Caraibi, ore 19.26.
-"Le confermo la conclusione dell'operazione "Secondo Sole", signore."
-"Grazie, Nigel."
-"Sarà soddisfatto, signore."
-"Ovvio. Anni di lavoro sono stati ripagati con la giusta ricompensa."
-"Giusto, signore."
-"Potrei aggiungere come chiosa finale, Nigel, "Il Mondo è mio" ma
rischierei di essere melodrammatico."
-"Potrebbe essere visto come ... eccessivo, signore."
285
-"Potrebbe. Ma oggi mi sento diverso. Ho ereditato il Mondo da quei
quattro babbei esaltati che in questo momento staranno aspettando in
piena notte in quella triste villa in Bretagna che qualcuno dica loro che c'è
un "Nuovo Mondo" là fuori tutto per loro. Mi viene quasi da ridere."
-"Ravviso degli aspetti ilari, signore."
-"Ma te lo immagini. Volevano fare scoppiare un ordigno nucleare nel
centro dell'America, e farla franca. Uccidere milioni di persone per far
capire alla gente che lì c'era il Male, quello con la M maiuscola, e che loro
sono discesi dal cielo per portarli verso la salvezza."
-"Un progetto alquanto ... strano?"
-"Strano, Nigel? Strano? Sono dei pazzi fanatici. Mi viene da dire che oggi
ho salvato il Mondo, se ci pensi bene."
-"E' vero, signore."
-"Dovrei essere ricompensato!"
-"Direi che lo è stato, signore."
-"Si. Oggi ho ricevuto la mia giusta ricompensa."
-"Tornando a noi, signore, le confermo l'esplosione alla centrale elettrica in
Kentucky, la sua conseguente distruzione e il totale blackout della zona
circostante, come previsto."
-"Ottimo."
-"Le operazioni di soccorso sono già scattate. Ovviamente procedono a
rilento per la presenza delle radiazioni nella zona e per la mancanza di
energia elettrica. Sono state rispettate le previsioni in materia di danni
materiali e perdite di vite umane ... ."
-"Perdite accettabili" - suggerisce, sorseggiando un aperitivo - "D'altro
canto, se avessi voluto rubare una mela al mercato sarebbe bastato un
petardo, ma in questo caso serviva un diversivo più consistente."
-"Ovviamente, signore. Dalla nostra rete di informatori però risulta che
stranamente ci siano dei superstiti alla diga di Lake Barkley."
-"Gente fortunata."
-"Forse, signore."
-"Procedi" - gli indica con un cenno della mano.
-"Certo, signore. Come già saprà dalla nostra riunione di ieri, grazie alla
nostra "soffiata" ... ."
-"Stai usando termini da gangster dei bassifondi, Nigel. Mi stupisci!"
-"Mi scusi, signore. I numeri che abbiamo fornito ai servizi segreti hanno
consentito loro di scoprire il luogo del presunto attentato; in questo modo
sono scattati i protocolli di evacuazione in caso di incidente atomico per il
personale e i siti governativi, compreso Fort Knox. Oggi pomeriggio
l'evacuazione di Fort Knox si è conclusa nei tempi previsti; il convoglio
286
non ha avuto contrattempi e tutto l'oro è stato consegnato nel nostro sito di
stoccaggio."
-"Ottimo."
-"Tutto l'oro è già stato "convertito". E nel fascicolo che ha già sulla sua
scrivania troverà conferma degli avvenuti trasferimenti. Non ci metteranno
molto a scoprire l'ammanco, signore."
-"Certo, ma sarà troppo tardi. Nigel, hai assistito al più grande furto della
storia!"
-"Indiscutibilmente, signore."
-"C'è altro, Nigel?"
-"Non ho ancora ricevuto disposizione in merito al destino dei suoi alleati,
signore."
-"Nigel, mi metti fretta? Sto ancora assaporando la vittoria e vuoi che pensi
già alla vendetta! Dovrei dar loro ancora qualche ora di speranza."
-"Se lo desidera, signore."
-"Meglio di no. Ecco" - e gli porge dei fogli - "Ci sono tre liste. Sai già cosa
farne."
-"Certamente, signore."
Su questi tre pezzi di carta ci sono i destini di centinaia di persone, persone
cattive, corrotte, stupide, avide.
Dopo poche ore, a partire dalle 18.25 alcuni membri della setta verranno
trovati morti, scelti per il ruolo rivestito all'interno dell'organizzazione o
perché sapevano troppo, ma soprattutto per essere d'esempio per chi avrà
la sfortuna di rimanere vivo. Altri invece saranno usati come capro
espiatorio e arrestati: ampia documentazione sarà fatta recapitare agli
organi di giustizia, da usare come prova inconfutabile dei loro crimini. La
maggior parte dei membri o semplici affiliati alla setta rimarranno al loro
posto, alla loro vita.
La setta viene smantellata in poche ore, ma la distruzione totale
dell'organizzazione sarebbe inutile: chi rimane ne garantirà il buon
funzionamento. Il loro unico scopo nella vita sarà servire il loro "padrone",
spinti dalla costante minaccia di essere denunciati o uccisi.
---"Nigel."
-"Si, signore?"
-"Ho appuntamenti domani?"
-"No, signore."
-"Puoi andare."
287
-"Buona sera, signore."
Gira la poltrona verso l'ampia vetrata che domina un meraviglioso
panorama caraibico, il Sole all'orizzonte, il cielo e il mare di un colore
indescrivibile, e un dubbio lo assale: cosa fa il re del Mondo?
288
W 37
Alla mattina del giorno dopo arrivano i soccorsi. Grazie alla zona di
decontaminazione riescono ad entrare. Veniamo a sapere che la bomba
esplosa ha provocato ingenti danni e che aveva al suo interno del materiale
radioattivo che ha causato la contaminazione di un'ampia zona. L'esserci
rifugiati nella diga ci ha salvato la vita.
Indossiamo le tute antiradiazioni e una volta usciti ci portano fuori dalla
zona di pericolo.
Alla base dei soccorritori ci ripuliscono, ci danno da bere e da mangiare;
chi ha famiglia si informa delle loro condizioni; io tento di contattare il mio
dipartimento. Le strette di mano si sprecano: tutti i superstiti sanno di
dover ringraziare la buona sorte, Sara Anderson per avere avuto l'idea di
rifugiarsi nella diga e me per averli avvertiti.
Poi veniamo divisi per essere visitati. Perdo di vista Sara.
Il comandante viene a trovarmi nel centro medico.
-"Ce l'ha fatta, signor Patricks."
-"Direi di si. Siamo stati fortunati. Lei mi conosce?"
-"Mi hanno informato del suo apporto alle indagini. Grazie alle sue
indicazioni siamo riusciti a trovarvi. Senza quelle sareste rimasti lì per un
pezzo."
-"I miei colleghi sono arrivati?"
-"Colleghi?"
-"Agenti dall'Australia."
-"No."
289
-"Ok. Lei sa che sono autorizzato a chiedere qualsiasi tipo di
informazione."
-"Ho ricevuto ordini in merito."
-"Che sapete dirmi dell'esplosione?"
-"Alle 18.25 è esplosa una bomba "sporca" all'interno della centrale
elettrica. La centrale è distrutta, il blackout si è esteso su una vasta zona ma
le radiazioni fortunatamente hanno coperto una zona limitata. Per questo i
soccorsi e i sopralluoghi sono difficoltosi."
-"Quanto ci vorrà per ripristinare l'energia elettrica?"
-"Non si sa. Stanno ricalibrando tutto il sistema per dirottarne da altre
zone. Per adesso siamo tutti al buio."
-"Vittime accertate?"
-"Per adesso nessuna."
-"Bene. Ha notizie per caso di altri fatti strani accaduti da queste parti,
subito prima o subito dopo lo scoppio?"
-"Strani? Dopo questo mi aspetto solo di vedere gli UFO!" - esclama il
comandante.
-"Già, ha ragione. Glielo chiedo perché dopo tutto questo tempo passato a
pensare dentro alla diga, sono arrivato alla conclusione che tutto ciò è solo
un diversivo."
-"Che mi venga un accidente! Non le sembra un po' troppo?"
-"Si ... No. Prima pensavamo ad un attentato con una bomba atomica,
invece è esplosa la bomba nella centrale: ha fatto tanti danni, ma non è una
catastrofe. Un buon attentato terroristico, ma se ha visto le premesse
leggendo il dossier, si renderà conto anche lei che è un po' poco."
-"Questo tipo di bomba la potrebbe costruire anche mio nipote, navigando
in Internet per un paio d'ore. Un diversivo? Vorrebbe dire che mentre noi
ce ne stiamo qui, e quando dico noi intendo dallo sceriffo della contea,
all'esercito, ai satelliti che ci stanno ronzando sopra la testa ... mentre noi ce
ne stiamo qui, qualcuno ci sta fregando proprio sotto il nostro naso?"
-"E' il termine tecnico esatto."
-"Ma lei lo sa che qui in Kentucky non c'è nulla di importante. A parte Fort
Knox."
-"Lo avete evacuato, vero?"
-"Certo. Oggi pomeriggio. L'oro è stato trasferito in un sito sicuro ore
prima dell'esplosione."
-"Non ce modo che qualcosa sia andato storto?"
-"Impossibile."
Nel frattempo mi alzo dal lettino. Mi basta che abbiano escluso una mia
contaminazione radioattiva, il checkup completo lo farò un'altra volta.
-"Usciamo, comandante. Ho bisogno di aria fresca."
290
Usciamo dal centro medico e facciamo due passi verso il suo ufficio.
Respiro a pieni polmoni e mi guardo in giro.
-"C'è un sacco di gente."
-"Facciamo le cose in grande. Venga dentro le offro del caffè."
Si siede alla scrivania, mi accomodo su una poltrona e mi porge una tazza
di caffè.
-"Le faccio portare qualcosa da mangiare."
-"In questi giorni sono abituato ad azzardare delle ipotesi e purtroppo ho
cominciato ad azzeccarci. Le è possibile ricontrollare se il trasferimento ha
avuto successo? Se l'oro è arrivato a destinazione?"
-"Sono già sicuro che l'operazione è stata un successo."
-"Ok. Ci si può mettere in contatto con il sito di destinazione?"
-"Temo che mi sia impossibile. È un'informazione coperta da segreto di
stato. Solo il presidente e pochi altri ne sono a conoscenza."
-"Dovremo svegliare qualcuno allora, che ne dice?" - gli dico sorseggiando
il mio caffè.
-"Perché no. Si metta comodo, è arrivato da mangiare."
291
W 38
Mi assegnano un alloggio dove riposare. Gli altri superstiti della diga sono
stati visitati e rispediti a casa. Saranno tenuti in osservazione per qualche
settimana per verificare l'eventuale insorgere dei sintomi di
avvelenamento da radiazioni.
Ho perso di vista Sara Anderson, l'avranno rispedita a casa come tutti gli
altri, con la raccomandazione di non divulgare alcuna notizia su quanto
accaduto ieri a Lake Barkley.
Riesco a dormire tranquillamente per cinque/sei ore, dopodiché vengo
svegliato bruscamente dal comandante con cui avevo parlato questa notte.
Il risveglio risulta traumatico. Era da tempo che non mi capitava di
dormire così piacevolmente. A differenza del clima concitato di queste ore
che pervade tutta la base, le mie poche ore di sonno sono state tranquille e
riposanti. Vengo da un periodo stressante, ho rischiato di morire, ho
passato una decina di ore al buio dentro una diga. Ma il comandante non
ha riguardo per le mie condizioni e non trova di meglio che prendermi per
una spalla e scuotermi per svegliarmi.
-"Signor Patricks, si svegli. Ho contattato l'ufficio della Presidenza e dopo
qualche ora mi hanno richiamato. Non mi hanno dato i dettagli, ma hanno
richiesto la sua presenza alla riunione dei servizi segreti che si terrà a New
York tra ... cinque ore. Un aereo militare la sta aspettando all'aeroporto di
Nashville."
-"Si?"
-"Forza, signor Patricks, si alzi."
-"Ok. C'è almeno del caffè?"
292
-"Caffè e ciambelle sono in questo pacco e un elicottero la sta aspettando
pronto a decollare. Il caffè lo berrà in volo."
-"Oh, accidenti. Ma non le hanno detto nulla?"
-"No. Non ho la necessaria autorizzazione."
-"E questo che vuol dire?"
-"Vuol dire che forse la sua ipotesi non era così azzardata. Si sbrighi."
L'elicottero decolla e mi lascio la base alle spalle. L'aria sferzante entra dal
finestrino e mi colpisce in faccia come aghi di ghiaccio. Il Sole è sorto da
qualche ora. Ci sono tutti i presupposti perché questo sia l'inizio di una
pessima giornata.
--Mi ritrovo in poche ore a New York. Mi prelevano all'aeroporto e mi
portano direttamente negli stessi uffici dove si è tenuto la riunione di un
paio di giorni fa.
Ci sono le stesse facce dell'altra volta, più qualcun altro di nuovo. Sono
tutti ben vestiti, riposati, chiacchierano tra di loro amichevolmente.
Sono seduto in disparte. Ho ancora il cartoccio con dentro una ciambella
che non sono riuscito a mangiare. Devo ancora pranzare.
Mi alzo e vado verso la porta della sala.
-"Dove sta andando signor Patricks?" - mi chiede qualcuno.
-"A trovarmi qualcosa da mangiare" - rispondo non curante del ruolo che
chi mi parla possa rivestire.
-"Tra poco iniziamo."
-"Tra poco sarò morto di fame."
-"Le faccio portare qualcosa."
-"Bene. Basta anche una pizza e qualcosa da bere ... e un caffè, e tanto caffè.
Grazie."
Torno a sedermi. Sembro più uno zombie maleodorante che un agente
operativo. Forse è per questo che mi stanno tutti lontani. Spero solo che si
inizi. Appoggio le braccia conserte sul tavolo e su di esse poso la testa per
riposare gli occhi un minuto, ma vengo interrotto da qualcuno che entra
nella sala. Alzo la testa per vedere se è il mio pranzo, ma vengo deluso
dall'entrata di un signore con un piccolo seguito. Non penso mi riguardi e
rimetto la testa tra le braccia.
-"Iniziamo la riunione."
Ottimo.
293
-"Vi presento, per chi non lo conosce, il Segretario di Stato. Ha voluto
essere presente alla riunione per darci personalmente le informazioni.
Segretario, prego."
-"Vi ho voluti qui perché questa mattina abbiamo scoperto un fatto
gravissimo. Nulla di quanto detto qui dovrà uscire da questa stanza. Solo il
Presidente e pochi altri ne sono a conoscenza. Questa mattina, su
segnalazione del signor Patricks, qui presente e che ringrazio, abbiamo
avviato delle indagini e abbiamo scoperto con ... orrore che, in seguito agli
avvenimenti degli ultimi giorni, l'oro di Fort Knox è stato trafugato."
Segue sgomento e brusio generale.
Non ci posso credere: ho indovinato!
-"Parliamo di quasi 5000 tonnellate di oro per un valore di quasi 100
miliardi di dollari."
-"Ma come è potuto succedere" - chiede qualcuno.
-"I protocolli di evacuazione sono sicuri, protetti da segreto di Stato.
Abbiamo quasi 20000 uomini d'istanza lì e ce l'hanno rubato da sotto il
naso!"
-"Tutto vero. Apparentemente tutto ha funzionato alla perfezione:
l'evacuazione della base, lo stoccaggio, il trasporto, la consegna al sito di
destinazione. Tutto secondo i piani" - risponde il Segretario.
-"E allora?"
-"Da dove è sparito l'oro?"
-"Dal sito di destinazione" - continua il Segretario.
-"Si spieghi, per favore."
-"Il sito di destinazione è un luogo segreto. Al convoglio viene comunicato
poco prima della partenza. Tutto avviene automaticamente e forse è stato
questo il nostro sbaglio e su questo puntava il ... ladro. Dall'ufficio della
Presidenza è partito un comunicato con la destinazione dell'oro, ma al
convoglio è arrivato un comunicato diverso con una destinazione diversa.
Al sito ufficiale non è arrivato nulla. Abbiamo parlato con il comandante
del convoglio, ci ha dato le coordinate della base in cui ha consegnato l'oro.
Abbiamo interrogato ogni uomo di quella spedizione e tutti hanno
confermato la versione del comandante. L'oro è stato consegnato ad una
installazione militare in piena regola, in possesso di tutte le credenziali e
autorizzazioni necessarie. Da qui la totale buona fede del comandante.
Abbiamo fatto immediatamente un sopralluogo ma al nostro arrivo non
abbiamo trovato traccia di uomini, mezzi e soprattutto dell'oro. La base,
ricavata in parte all'interno di una montagna, è stata distrutta, rasa al
suolo. Anche volendo servirebbero anni per scavare tutta quella roccia. Ma
non è detto che non arriveremo a tanto."
-"E' pazzesco. Come sono riusciti a fare una cosa del genere!"
294
-"Hanno sfruttato le nostre debolezze e le nostre certezze. E come ci ha
suggerito il signor Patricks, hanno sfruttato il loro diversivo."
-"Diversivo?"
-"Si, diversivo. Vuole spiegare lei le sue conclusioni, signor Patricks?"
-"Ehm ... si ... signor Segretario. Come sapete, penso, sono reduce
dall'attentato alla diga di Lake Barkley. Dopo attenta riflessione sono
arrivato alla conclusione che qualcosa in questa faccenda non quadrava, e
tuttora non quadra, a dir la verità. Ci sono ancora molti punti oscuri ... ma
non divaghiamo. Ho ipotizzato che la bomba alla diga fosse un diversivo,
un'ipotesi plausibile, compatibile con le rivendicazioni, i numeri. Ho
ipotizzato che ci fossero due soggetti diversi: uno che volesse mettere una
grossa bomba atomica in mezzo al vostro paese e fare un sacco di danni;
un altro soggetto invece, che volesse, fregarci tutti, dandoci falsi indizi per
farci guardare dalla parte sbagliata."
-"Si spieghi meglio. Cosa vuole ... ."
-"Scusate, qualcuno ha ordinato la pizza?" - chiede un tizio entrato nella
sala.
-"Si, è per me. Non mangio da ieri. Grazie. Pagate voi, vero?"
Il Segretario sorride e mi fa cenno di proseguire.
Apro il cartone della pizza e ne prendo un pezzo.
-"Stavo dicendo ... ah si. Il cattivo, uno dei cattivi, il ladro tanto per capirci,
ci ha dato degli indizi. In qualche modo ci siamo arrivati. Abbiamo
pensato alla bomba durante l'eclisse, tutto combaciava. Avete fatto
evacuare Fort Knox e avete convogliato tutte le vostre forze e attenzioni su
quel luogo e su quell'ipotesi. Ma sbagliavamo! Sfruttando la nostra
disattenzione il ladro, grazie alla sua organizzazione che sappiamo essere
molto potente, ha dato il via al suo piano. Sapeva perfettamente che in caso
incidente nucleare Fort Knox sarebbe stato evacuato. Ha cambiato la
destinazione del convoglio e infilandosi tra le maglie della burocrazia ce
l'ha fatta sotto il naso. Gli abbiamo letteralmente consegnato l'oro; lui l'ha
preso e poi l'ha immediatamente trasferito ... chissà dove."
Finisco il mio pezzo di pizza e me ne prendo un altro, mi siedo e aspetto le
loro reazioni. Mi guardano, guardano il Segretario e non sanno cosa dire.
-"E' andata così" - conferma il Segretario di Stato - "Nessuno al Mondo
deve sapere che ci siamo ... persi ... le nostre riserve auree. Sarebbe una
catastrofe immane, un crollo in Borsa, il panico degli investitori nazionali e
internazionali."
-"Cosa faremo adesso?" - chiede qualcuno.
-"Sono già in corso delle indagini, perlustrazioni a tappeto, controlli in tutti
gli aeroporti, porti, stazioni dei treni. Stiamo monitorando i trasferimenti
295
bancari di mezzo Mondo. Non sarà facile per loro contrabbandare tutto
quell'oro!"
-"Capite però che non possiamo pensare di prenderlo come se fosse un
normale ladro che sta riciclando il frutto di una rapina in banca. Stiamo
parlando di una montagna d'oro. Visto il suo modus operandi mi
aspetterei qualcosa fuori degli schemi. Con tutta probabilità il suo è un
piano che va avanti da anni. Pensate a quello che ha fatto per coprire il
furto: pensate che si farà pescare facilmente con le mani nel sacco?"
Tutti lo sperano, ma pochi lo pensano.
La riunione finisce e tutti se ne vanno con la consapevolezza che nessuno
di loro è o è stato preparato ad una simile evenienza.
Per quanto mi riguarda, immagino che il mio compito si terminato.
Dovevo investigare sugli attentati e continuerò a farlo, dopo aver mangiato
l'ultima ciambella e dopo aver fatto un bagno.
Immagino male.
-"Signor Patricks" - mi dice il Segretario - "Il suo aiuto è stato
fondamentale. Il suo superiore ha tessuto lodi sul suo conto."
-"Il mio ... la sig.ra Appleton, vuole dire."
-"Certo. Non si sa ancora se la faccenda degli attentati sia conclusa, ma
stando alla sua ipotesi, adesso dovremo occuparci di ben altro."
-"Avete una bella gatta da pelare. Ma io continuerò ad indagare per trovare
il colpevole degli attentati, della bomba in Cina e nel Kentucky. Sto
aspettando la mia squadra dall'Australia."
-"Lo so. Ho parlato con la sig.ra Appleton."
-"E ... ?"
-"E le ho chiesto se potevamo usare lei e la sua squadra nelle indagini sul
furto dell'oro. Si è detta felice di offrire la collaborazione dei suoi uomini
migliori."
-"Ha detto così? Ok. Vorrei trovare prima di tutto i colpevoli dei quattro
attentati, piuttosto che dare la caccia a dell'oro. Ma immagino debba
obbedire. Speriamo che le indagini mi portino nella medesima direzione."
"Grazie. La farò accompagnare a casa."
Non mi resta che obbedire, come ho detto al Segretario di Stato.
Aspetterò i miei compagni e poi vedrò il dafarsi. Dovremo analizzare di
nuovo tutte le informazioni in nostro possesso e gli ulteriori elementi
emersi in questi due giorni. Non so cosa ne pensi la sig.ra Appleton, ma c'è
ancora in giro un sacco di gente con strane idee in testa e vorrei prenderli!
296
W 39
Dopo due giorni dall'attentato in Kentucky mi ritrovo a casa.
Prima cosa: bagno.
Seconda cosa: dormita di circa dodici ore.
Ho mandato un messaggio ai ragazzi perché non si sognino nemmeno di
venire a trovarmi prima di domani mattina. Che occupino il tempo in
qualche modo, facciano un giro in città, diano la caccia ai cattivi: li pagano
per questo!
--Nel frattempo, finché dormo e lascio il Mondo al proprio destino, ci sono
importanti sviluppi della faccenda.
Sono stati fatti pervenire all'NSA dossier dettagliati che inchiodano senza
ombra di dubbio una decina di persone come mandanti dell'esplosione
nucleare in Cina, dei quattro attentati e dell'esplosione alla diga in
Kentucky: qualche politico influente, alcuni generali, dei diplomatici. Nei
dossier ci sono i dettagli di tutta l'operazione: il tipo di organizzazione; le
persone coinvolte e qualsiasi dettaglio sulla loro esistenza; il modo in cui si
sono procurati l'ordigno atomico, i piani dettagliati. Nei dossier è
contenuto anche un elenco delle persone che negli ultimi giorni sono state
uccise per cancellare ogni traccia che potesse condurre ai vertici. Questo
ultimo trova immediato riscontro quando la lista viene incrociata con i
nomi delle persone trovate morte nelle ultime ventiquattro ore.
297
Unendo le due cose si ha una visione di insieme di quella che dovrebbe
essere stata l'organizzazione che ha portato scompiglio dalla Cina al
Kentucky.
Ci hanno servito su un piatto d'argento i mandanti, una parte degli
esecutori e i piani. C'è tutto e le indagini sugli attentati potrebbero anche
essere concluse, ma resterebbero in sospeso due o tre domande, cose non
da poco: perché lo hanno fatto, chi li ha denunciati, che fine ha fatto l'oro
di Fort Knox.
Da qualche parte, in un posto segreto negli Stati Uniti, li stanno
interrogando per dare una risposta a queste domande.
L'interrogatorio avviene separatamente; gli arrestati non hanno avuto la
possibilità di comunicare tra di loro; tutti danno la stessa identica versione;
l'unica versione data combacia perfettamente con il dossier ricevuto.
Alle domande cruciali vengono date da tutti le stesse risposte: volevano
distruggere l'America corrotta colpendola al cuore ed iniziare una Nuova
Era; sono stati denunciati dalle stesse persone che sono state uccise nelle
ultime dodici ore, ma senza evitare che i dossier fossero consegnati; non
sanno nulla della doppia rivendicazione e dei numeri; non sanno nulla di
Fort Knox.
Nessuna di queste risposte soddisfa a pieno, ma ... È credibile
l'organizzazione ramificata nella politica, nei corpi diplomatici e militari e
dà una spiegazione di come possano aver ordito ed eseguito i vari
attentati. È credibile che siano stati denunciati da membri
dell'organizzazione in disaccordo, o con sensi di colpa, e che questi per
proteggersi abbiano raccolto i dossier per distruggerla. Hanno anche
fornito dettagliate informazioni sulle persone uccise che dimostrerebbe la
possibilità di questi ultimi di avere a disposizione il materiale necessario
per denunciarli. Quello che risulta poco credibile, a meno di presumere che
siano una banda di pazzi esaltati, è che abbiano fatto tutto questo per dare
l'avvio ad una Nuova Era! Ma la loro fermezza e freddezza nello spiegare
l'accaduto farebbe però pensare che siano effettivamente matti dal legare.
Anche sull'oro di Fort Knox e sui numeri sono unanimi: nessuno sa nulla.
Su questo ultimo punto si sono concentrati gli sforzi degli investigatori
nelle ultime ore, ma nessun tipo di interrogatorio ha portato ad una
diversa conclusione.
Alla domanda "Dove è finito l'oro di Fort Knox'" sui loro volti spuntava
sempre la stessa espressione di muto stupore.
Quest'ultimo fatto potrebbe portare a tre distinte conclusioni: è tutto falso,
questi non sono i veri colpevoli e il vero unico colpevole è ancora in libertà;
i dossier sono veri, questi pazzi sono i colpevoli ma in giro c'è qualcuno
298
con tutto l'oro di Fort Knox; questi sono i colpevoli anche del furto dell'oro
ma non lo vogliono dire.
Nessuno si azzarda a dire quale potrebbe essere la conclusione migliore.
Ma in fondo è meglio sperare che non ci siano altri pazzi in libertà e
pensare che da qualche parte nel Mondo ci sia qualcuno che ci ha fatto
fessi tutti e si sta godendo la sua personalissima montagna d'oro.
E cosa più importante, la gente ha bisogno della verità ... e di un colpevole.
Dopo ventiquattrore dall'esplosione a Lake Barkley viene data notizia, in
contemporanea in tutto il Mondo, della fine delle indagini sugli
avvenimenti dell'ultimo mese.
Ai vari network vengono fornite solo le informazioni necessarie per
rendere, all'opinione pubblica, un'esauriente ed inconfutabile spiegazione.
"È stata sgominata l'intera organizzazione colpevole non solo
dell'esplosione in Cina, ma anche delle stragi compiute con i quattro
attentati avvenuti il 2 agosto scorso e della recente esplosione in Kentucky.
I colpevoli, tutti appartenenti ad una specie di setta che professava
l'avvento di una Nuova Era, sono già stati assicurati alla giustizia. Grazie
alle prove schiaccianti raccolte dopo accurate indagini, varie agenzie
governative sparse nel Mondo, coordinate dal Governo Americano, sono
giunte ad una rapida conclusione del caso."
La gente comune verrà a sapere che ci sono militari e politici corrotti ma
che della maggior parte di loro ci si può ancora fidare, che il Mondo è
pieno di pazzi, che i pazzi si possono procurare le bombe atomiche e che il
loro Paese, qualsiasi esso sia, fa di tutto per proteggere la gente comune!
Nulla trapela ancora su Fort Knox.
Io sto dormendo.
--Nessuno, a parte chi li ha in custodia in questo momento, saprà mai dove
questa gente verrà incarcerata. Nessuno avrà mai più loro notizie.
Saranno resi disponibili alle altre agenzie governative solo i dossier e i
resoconti degli interrogatori.
--Appena i miei colleghi arrivano a New York trovano tutto il materiale
esistente sul caso a loro completa disposizione. Hanno ricevuto ordine di
fornire completo appoggio ai servizi segreti americani.
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Prima di queste ultime rivelazioni avevano intenzione, come me, di fare il
possibile per trovare i colpevoli delle stragi. Ma adesso ci sono stati forniti
su un piatto d'argento.
Aiuteremo gli Stati Uniti a ritrovare il loro oro, ma se possibile
continueremo le indagini sugli attentati.
Tutta questa faccenda non è mai stata chiara: tutto è sempre sembrato
plausibile ma non certo! A questo punto, forse, il vero elemento mancante
che potrebbe dare ad ogni ipotesi un senso è questo machiavellico,
misterioso e forse inesistente personaggio, che da solo si è fatto beffe del
Mondo intero.
300
W 40
Vengo svegliato la mattina del giorno dopo dal campanello della porta che
suona fastidiosamente per qualche minuto.
Non so che ora sia, ma ho ancora sonno e voglio restarmene a letto.
Il campanello non desiste dal suonare.
Evito di guardare la sveglia, non mi vesto, non accendo la luce, attraverso
l'appartamento con solo un occhio aperto e arrivo alla porta. Guardo dallo
spioncino con l'occhio chiuso e l'unica cosa che vedo è il nulla e la porta da
un centimetro di distanza. Prova ad invertire gli occhi "sperando" in un
risultato migliore. Mi sembra di vedere qualcosa quando dei colpi alla
porta mi fanno saltare all'indietro dallo spavento: apro anche il secondo
occhio e mi sento un po' più sveglio di prima. Ritorno alla porta.
-"Chi è?"
-"Siamo noi, babbeo addormentato!"
Questa voce, questo accento.
-"Vinnie! Vai al diavolo."
-"Apri."
-"Ok."
Apro la porta ed un quindicenne troppo sviluppato entra dentro casa
salutandomi calorosamente con una pacca sulle spalle e facendo battute
sul mio pietoso stato mattutino.
-"Sei veramente un cesso. Ma ti sei visto?"
-"Vinnie, lascialo in pace. Ciao Jason."
-"Clarence."
-"Mio Dio, Jason. Vai a vestirti, non sei un bel vedere, non lo sei mai stato."
-"Mike. Entrate."
301
L'orda di barbari si sistema nel mio soggiorno. Io me ne vado in camera a
vestirmi e a rinfrescarmi in bagno.
-"Ma senti che puzza! Jason!"
-"Vinnie. Abbi pietà. Aprite le finestre, se volete."
Torno in soggiorno. Mi guardo attorno e vedo delle facce che mi guardano
aspettandosi qualcosa.
-"Perché siete qui?"
-"Ci hai chiamati tu" - mi dice Mike.
-"Riformulo la domanda. Perché siete qui a quest'ora?"
-"Abbiamo notizie fresche da darti e non abbiamo ancora fatto colazione."
-"Ma che ore sono?"
-"Le 8.30, circa."
-"Le 8.30? Ma avete idea di quanto ho dormito negli ultimi due giorni?"
-"Si, va bene. Che ci prepari per colazione?"
-"La colazione. No, scusate. Volete la colazione da me?"
-"Beh, avevamo fretta di venire e abbiamo pensato di farla qui" - mi
risponde Clarence.
-"Mah ... ."
-"Niente colazione? Cominciamo male la giornata!" - esclama Vinnie.
-"Già, cominciamo male la giornata" - rispondo.
-"Allora ti diciamo le ultime novità! Devastanti. Non hai idea."
-"Clarence, abbi pietà. Sono sveglio da tre minuti, non ho bevuto il caffè e
la prima cosa che ho visto stamattina è stato Vinnie. Non ti sembra
abbastanza!?"
-"Questo è meglio. Ieri sono arrivati dei dossier che ... ."
Suonano alla porta.
-"Aspetta. Vado a vedere chi c'è. Non muovetevi. Ricordate: siete colleghi
di lavoro."
Vado alla porta. È Rachel. E adesso? Non ho la lucidità necessaria per
affrontarla. Potrei non aprirle, ma avrà sentito le voci.
Suona di nuovo. Le apro. Sono spacciato.
-"Jason. Ciao. Sei tornato ... Mio Dio che faccia che hai! Ma ti sei visto!"
-"Non ho dormito molto in questi giorni ... ."
-"Hai già fatto colazione?"
-"Veramente no, ma ... ."
-"Vuoi venire da me?"
-"Non so ... ."
-"Salve!"
Vinnie. Sono rovinato.
-"Salve, sono Vinnie, un collega di Jason."
-"Ciao, sono Rachel, una vicina."
302
-"Vieni dentro, non vorrai rimanere sulla porta" - continua Vinnie.
-"Grazie. Ma stavo chiedendo a Jason di venire a fare colazione da me e ...
."
-"Colazione, colazione. Ma certo che accetta ... E se non ti dispiace dar da
mangiare anche ad altri tre affamati di caffè e brioches, io e altri due suoi
colleghi accetteremmo volentieri un tuo invito ... Rachel ... Rachel ... Jason
ci parla spesso di te, durante la pausa pranzo, alle riunioni, ma non ti
rende merito."
-"Si?"
-"Mike, Clarence. Venite. Avete visto chi c'è? Rachel. Ve la ricordate, ce ne
ha parlato spesso Jason."
Non c'è fine al peggio e arrivano anche gli altri due.
-"Ciao, Rachel. È un piacere conoscerti."
Mi volto verso di loro e li fulmino con uno sguardo che vorrebbe dire
"Piantatela!".
-"Siamo venuti a trovarlo e come al solito ci invita e non ha nulla da offrirci
per colazione. È sbadato, ma è un bravo ragazzo" - incalza Clarence.
Non ne uscirò mai vivo.
-"Va bene. Venite tutti su da me. Faremo colazione insieme e mi
racconterete com'è Jason."
-"Sarà un piacere per noi" - chiosa Mike.
-"Non vorremmo disturbarti ... " - intervengo tentando di salvarmi.
-"Nessuno disturbo."
-"Ok. Mi sistemo a saliamo subito da te."
-"Ok. Ci vediamo tra poco."
Chiudo la porta alle mie spalle.
-"Giuro che se mi combinate qualche casino, alla prossima missione vi
lascio morire tutti, intesi?"
-"Si, capo."
-"Come vuoi, capo."
-"Come mai non ci hai mai parlato di questo meraviglioso esemplare di
femmina americana?" - mi chiede Vinnie.
-"Perché vi conosco e so che in queste occasioni vi comportate come degli
idioti!"
-"E hai già ... " - e accompagna la domanda con un gesto eloquente.
-"No. Vinnie non è successo ancora nulla."
-"Tipico. Sei il solito perditempo."
-"Lascialo stare. Avrà i suoi tempi."
-"Questo non è argomento di discussione! Avete capito?"
-"Cristallino. Posso provarci io?"
303
-"No! Non ci puoi provare. Te lo proibisco. Ok? Parliamo di cose serie. Te
ne sei uscito dicendo che siamo colleghi. State attenti a quello che dite.
Sono sempre stato vago sul tipo di lavoro che faccio. Diciamo che
lavoriamo per una ditta di consulenze e analisi dati per conto di aziende
sul territorio nazionale e così giustifico con il lavoro il fatto che sono spesso
fuori casa. Tutto chiaro?"
-"Ok, capo. Si va a mangiare" - mi risponde Vinnie.
Saliamo tutti e quattro nell'appartamento di Rachel.
Prima di bussare li guardo in faccia.
-"Fatemi fare brutta figura e vi uccido nel sonno!"
Come risposta in due bussano alla porta e uno suona il campanello. Rachel
apre.
-"Ciao" - la salutano all'unisono.
-"Entrate."
-"Che casa deliziosa, che buon gusto" - esordisce Vinnie.
Sono un uomo morto.
--Ritorniamo dopo un'ora nel mio appartamento.
Tralascio i commenti fatti sulla mia pietosa vita privata.
Mi aggiornano sulle indagini. Mi parlano dei dossier, della gente arrestata,
dei morti, delle confessioni, della fine delle indagini. Mi confermano che
abbiamo l'ordine di aiutare i servizi segreti americani a ritrovare il loro oro
visto che nessuno di quelli arrestati ha finora fornito informazioni in
merito. Sono del loro stesso parere quando mi dicono che, se possibile,
vorrebbero continuare le indagini sulle stragi. E sono del mio stesso parere
quando dico loro che bisogna trovare il bastardo che ha provato a fregarmi
nel Kentucky e che con tutta probabilità si è fregato l'oro di Fort Knox.
--Passiamo il resto della giornata negli uffici che ci hanno assegnato qui a
New York. In questo modo li ho allontanati dal mio condominio!
Rileggiamo con attenzioni i rapporti, i dossier, i profili dei tizi arrestati e di
quelli trovati morti. Controlliamo che le loro versioni dei fatti coincidano
con i dossier e che il tutto coincida con quello che è emerso finora dalle
indagini sul campo.
304
Purtroppo tutto combacia. Abbiamo i nostri colpevoli. Per quanto riguarda
i quattro attentati nei dossier sono anche indicati i veri obiettivi delle
esplosioni.
Ma il dossier è anche la conferma che all'appello manca ancora qualcosa.
Chi ci ha mandato la seconda rivendicazione e i numeri? Chi ha voluto
sviare le indagini facendo evacuare Fort Knox? Chi ha rubato l'oro? E se
anche tutto questo fosse un'enorme messinscena?
Tutte queste carte che stiamo leggendo da ore spiegano perfettamente ogni
cosa e danno la certezza, ad ogni agente che sta investigando sul caso, che
c'è ancora un colpevole in circolazione e che la caccia non è ancora finita.
C'è solo da scoprire se fornirci queste informazioni e queste certezze sia
stato un fatale errore da parte sua o un'incrollabile sicurezza nei propri
mezzi.
305
W 41
Anche questa è stata una giornata intensa e il futuro prossimo non si
profila assai diverso.
Per fortuna i miei colleghi se ne vanno in albergo a dormire e mi lasciano
finalmente in pace. Faranno rapporto alla sig.ra Appleton per informarla
dei nostri ... forse definirli "passi avanti" è eccessivo.
Mi faccio una doccia, mangio un po' di gelato disteso sul letto e accendo la
televisione, solo per vedere qualcuno che parla del più e del meno, o del
tempo, o magari una televendita di coltelli.
Ho bisogno di rilassarmi e di svuotare la mente dai pensieri, dalle
congiure, dai pericoli.
"Chissà cosa starà facendo Sara". Perché sto pensando a Sara? Che mi
prende. Non dovrei pensarci! C'è Rachel, sembra stia per succedere
qualcosa tra di noi. Potrei rovinare tutto! O forse no. Potrei chiamarla solo
per chiederle come sta. Si, potrei fare così, una cosa innocente, non lo saprà
nessuno! Ma di che mi preoccupo. Posso chiamare chi voglio. Dovrò
trovare il numero di telefono. Ma sono una spia, saprò trovare un numero
di telefono! Chiederò a Clarence di aiutarmi, è più pratico. Si, domani la
chiamerò. Ma prima dovrei parlare con Rachel. Mio Dio, mi sto facendo
del male! Sarà il gelato! ... Meglio dormire.
Torno in cucina, rimetto la scatola del gelato in freezer e me ne torno in
camera deciso a farmi una bella dormita; mi butto sul letto e spengo la
luce.
Sembra fatta quando, dopo pochi secondi, avverto quel fastidioso
formicolio lungo la schiena: pericolo? Resto disteso, mi concentro.
Pericolo? ... No. È solo quella maledetta vaga sensazione di esserlo.
306
Dura solo un attimo, mi alzo, accendo la luce. Come le altre volte nessuna
visione. In questi giorni mi ero dimenticato di avere anche questo
problema. Il bello è che non so che farci. Potrei chiamare la sig.ra
Appleton, ne sarebbe felice! O potrei rischiare veramente la vita tentando
di farmi togliere la trasmittente che mi ritrovo in testa. O magari scoprire
chi tenta di rintracciarmi.
Meglio dormirci su.
--Mesi fa, nello spazio, in un orbita stazionaria attorno alla Terra, un
satellite, inattivo da un sacco di anni, viene colpito da un pezzo di
spazzatura spaziale. È un vecchio satellite, l'ultimo del suo genere, che
faceva parte di una rete di satelliti spia e che per il colpo ricevuto, per
chissà quale strano caso, si riattiva: prodigio della tecnica, puro caso, non
si sa. Dopo anni ricomincia il suo lavoro: i pannelli solari catturano i raggi
del Sole, nuova linfa arriva alle antenne ed inizia a sondare frequenze,
trasmettere segnali.
Nessuno gli risponde finché dopo qualche giro sopra le nostre teste,
qualcuno o qualcosa si rifà vivo: riceve un flebile segnale da una delle
centinaia di ricetrasmittenti che aveva il compito di seguire anni fa.
Mantenere la comunicazione non è facile, è da solo e la sua orbita varia ad
ogni rotazione intorno alla Terra: il contatto dura sempre solo pochi
secondi.
Altro effetto della collisione è che la sua orbita è variata di pochi centimetri
e a causa di questo, inesorabilmente rientrerà nell'atmosfera.
Oggi quel piccolo satellite ha terminato il suo lavoro rientrando
definitivamente nell'atmosfera, disintegrandosi.
307
W 42
Mi sono alzato, dopo una lunga notte di sonno, riposato come non mi
accadeva da molto tempo.
Forse il Mondo oggi è un luogo più sicuro anche per merito mio, visto che
questa storia sembra si sia conclusa per il meglio. Gli Americani
potrebbero non essere dello stesso parere, visto che qualcuno si sta
divertendo con il loro oro. Ma per oggi è un loro problema.
Mi faccio la doccia, la barba, mi vesto ed esco.
Vado a comprarmi il giornale e in un bar mi fermo a fare colazione. Scopro
leggendo che oggi è venerdì e che l'interesse della stampa e della gente per
gli attentati e per la conclusione delle indagini è sceso fino alla pagina 5.
Mi faccio un giro per il parco fino all'ora di pranzo; nel frattempo mi
chiama Clarence per darmi l'informazione che gli avevo chiesto ieri.
Mi fermo da un venditore di hot dog e me ne compro un paio, assieme a
qualcosa da bere.
Non vado a casa a mangiarli. Mi fermo davanti ad un palazzo, l'indirizzo è
quello giusto, un sacco di gente sta uscendo per la pausa pranzo, di fronte
c'è un piccolo parco e ne approfitto. Mi siedo ed aspetto, non ho fretta. La
mia pazienza è premiata quando da lontano la vedo uscire, faccio un cenno
della mano e mi raggiunge.
Sorride, mi saluta e si siede.
-"Un hot dog?"
-"Ok."
-"Parliamo, ti va?"
FINE
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