Chiesa cattolica e musulmani in Italia. Sfide e percorsi di dialogo

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Chiesa cattolica e musulmani in Italia. Sfide e percorsi di dialogo
La Chiesa italiana sta affrontando la sfida di gestire le relazioni con
i musulmani in Italia attraverso due istanze fondamentali: contribuire
a creare le premesse sociali e culturali per la loro integrazione
e per sviluppare il dialogo interreligioso «della vita».
La sua azione pastorale si confronta con le esperienze
delle altre Chiese in Europa e nell’area del Mediterraneo.
Chiesa cattolica
e musulmani in Italia.
Sfide e percorsi di dialogo
di Andrea Pacini
partire dalla seconda metà degli anni Ottanta del
XX secolo la Chiesa italiana si è trovata coinvolta in
modo crescente nella sfida di sviluppare relazioni
interreligiose con i musulmani. Questa nuova frontiera della pastorale si è aperta a partire dal progressivo delinearsi di un contesto nuovo: le migrazioni
internazionali – provenienti in larga misura dai Paesi nordafricani
– che incominciarono a interessare in modo consistente l’Italia,
hanno provocato la progressiva espressione di
un pluralismo religioso di nuovo tipo, caratte- Andrea Pacini
rizzato in particolare dall’insediamento in Italia è sacerdote dell’arcidiocesi di Torino.
di popolazioni di varia origine nazionale, ma È docente di Introduzione alla Teologia e di
accomunate dall’appartenenza religiosa islami- Teologia orientale alla Facoltà teologica
ca. Nell’ultimo trentennio le dinamiche migra- dell’Italia settentrionale e di Cristologia
torie si sono intensificate, e hanno causato il all’Istituto internazionale «San Giovanni
progressivo aumento della popolazione di origi- Bosco» di Torino. Dal 2005 è consultore della
ne musulmana, quantificabile oggi a circa tre Commissione per i rapporti religiosi con i
milioni di persone. A fronte di componenti ben musulmani presso il Pontificio Consiglio per il
più esigue appartenenti ad altre tradizioni reli- Dialogo interreligioso. Tra le sue pubblicazioni:
giose – ad esempio le religioni orientali –, le re- Chiesa e Islam in Italia, Paoline, Milano 2008;
lazioni interreligiose in Italia sono lette essen- Sicilia e Tunisia nell’area geografica e
zialmente come relazioni islamo-cristiane, con culturale del Mediterraneo.
l’intento di creare i presupposti perché possano Per una convivialità delle differenze,
formarsi rapporti costruttivi e positivi tra cri- Sciascia editore, Caltanisetta 2006;
stiani e musulmani, e, più in generale, perché i Le chiese ortodosse, Elledici, Torino 2000.
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musulmani possano inserirsi in modo non conflittuale nella società italiana storicamente segnata sul piano religioso dall’appartenenza alla tradizione cattolica. La focalizzazione sui rapporti
con i musulmani è poi dovuta non solo alla reale prevalenza di tale componente religiosa tra gli immigrati, ma anche alla maggiore
problematicità che viene riconosciuta all’Islam, sia per l’interdipendenza esistente al suo interno tra dimensione religiosa e eticopolitica e giuridica – gravida di possibili elementi contraddittori
con il diritto fondamentale che regge l’ordinamento degli Stati
europei – sia per le dinamiche conflittuali che caratterizzano parte dell’Islam contemporaneo.
Interrogata dalla nuova presenza islamica, la Chiesa cattolica in
Italia ha cercato di elaborare risposte sia sul piano pastorale sia
sul piano teologico, sebbene questo secondo livello sia allo stadio nascente.
L’attenzione pastorale alla presenza dei musulmani si è espressa
nel corso degli ultimi venticinque anni in modo articolato, includendo la riflessione di vescovi e molteplici iniziative promosse a livello diocesano o sorte dalla base ecclesiale, a loro volta espressioni di associazioni o di movimenti o di ordini religiosi. In questa
analisi ci limiteremo a proporre una lettura delle prospettive fondamentali con cui la Chiesa italiana sta cercando
Interrogata dalla nuova di gestire i rapporti con i musulmani1.
presenza islamica, Potremmo dire che a fronte di un impegno decila Chiesa cattolica in Italia ha so e “massiccio” sul fronte dell’assistenza in favocercato di elaborare risposte re degli immigrati di cui la Chiesa italiana si è
sia sul piano pastorale sia sul fatta carico tramite la Caritas, i servizi della Mipiano teologico, sebbene grantes, nonché svariate iniziative di volontariaquesto secondo livello sia to, fin dall’inizio è stata nettamente percepita la
allo stadio nascente. sfida prettamente culturale e religiosa che l’immigrazione e, in particolare, la nuova presenza
musulmana, portava con sé. Tale percezione trovò riscontro pubblico nella lettera Noi e l’Islam scritta dal cardinal Martini l’ormai
lontano 7 dicembre 1990, quando il fenomeno immigratorio era
ancora agli inizi e poco regolamentato sul piano legislativo, ma ha
trovato espressione anche in decisioni prese in alcune diocesi –
dapprima Torino e Milano, rapidamente seguite da Padova e Verona, e in seguito da alcune altre – di inviare dei preti a specializzarsi in Scienze islamiche al Pontificio Istituto di Studi arabi e di
Islamistica (Pisai) a Roma, in modo da avere operatori pastorali
adeguatamente formati per affrontare la sfida posta dalle relazioni
con i musulmani. Si è trattato di scelte finalizzate in alcuni casi a
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istituire centri diocesani specificamente dedicati al dialogo interreligioso e islamo-cristiano: è quanto avvenuto in diocesi di Torino nel 1993 con l’erezione del Centro «Federico Peirone» per le
relazioni cristiano-islamiche, in diocesi di Milano con l’erezione
del Centro ambrosiano di Documentazione sulle religioni (Cadr)
nel 1994, in epoca più recente con la costituzione della Fondazione «Oasis» a Venezia.
Tali decisioni mostrano che almeno in alcune grandi diocesi l’investimento nelle relazioni interreligiose con l’Islam è stato reputato una scelta prioritaria, che ha rivelato, specie agli inizi, una lucida preveggenza, cui ha contribuito in primo luogo la conoscenza
di quanto stava avvenendo nei Paesi europei di più antica immigrazione (Francia, Gran Bretagna, Germania, Belgio). In tutti
questi Paesi le espressioni collettive dei musulmani nella sfera
pubblica avevano innescato uno spettro di questioni nei rapporti
con le istituzioni locali e con lo Stato coinvolgendo la società nel
suo insieme. La presenza musulmana aveva coinvolto direttamente anche la Chiesa, soprattutto in alcuni ambiti specifici quali i
matrimoni misti, la frequenza di studenti musulmani nelle scuole
cattoliche, l’inserimento di imam per l’assistenza religiosa nelle
carceri e negli ospedali accanto ai cappellani cattolici; più in generale era maturata l’esigenza anche per la Chiesa di gestire i rapporti con le presenze musulmane sul territorio. La Chiesa cattolica in
questi Paesi stava da tempo promuovendo una riflessione che alimentava tutta una serie di indirizzi pastorali per gestire i rapporti
complessi con l’Islam, creando anche organismi specifici a questo
scopo, come il Segretariato per le Relazioni con l’Islam della Conferenza episcopale francese (Sri), e organismi analoghi esistenti in
Germania e Belgio. A livello europeo le iniziative pastorali erano
finalizzate a promuovere nei fedeli e più in generale nei cittadini
una conoscenza approfondita dell’Islam, nel tentativo di fare superare, da un lato le semplificazioni e le letture pregiudiziali, ma,
dall’altro lato, puntualizzando i problemi e cercando di prospettare linee su cui sviluppare relazioni costruttive.
Un problema pastorale percepito come particolarmente complesso e ovunque affrontato è quello dei matrimoni misti, che ha
destato e desta preoccupazione sia per le questioni giuridiche implicate in rapporto al diritto musulmano, sia per la diversa comprensione delle proprietà del matrimonio, sia per l’educazione
religiosa dei figli, sia per l’alto tasso di fallimenti riscontrato in tali matrimoni; sono state però affrontate anche le problematiche
poste dalla presenza di ragazzi musulmani nelle scuole cattoliche
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e negli oratori, nonché in modo più generale, i problemi posti da
una comprensione diversa dei rapporti Stato-società-religione
veicolati dall’Islam rispetto alla tradizione europea moderna e
contemporanea.
Su questa serie di temi è stata prodotta una nutrita documentazione, frutto di impegno laborioso e qualificato, quali le schede pubblicate dal Sri in Francia o il documento della Conferenza episcopale tedesca sull’Islam e le relazioni islamo-cristiane in Germania2.
Il coinvolgimento ormai avanzato di altri episcopati europei sulla
questione dei rapporti con l’Islam ha senza dubbio costituito un elemento importante che ha favorito l’emergere precoce di un’analoga
consapevolezza tra almeno alcuni dei vescovi italiani. Non è un caso
che il cardinal Martini all’epoca della sua lettera Noi e l’Islam ricoprisse il ruolo di presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, nel cui programma di lavoro era già all’ordine del giorno la questione dei rapporti tra Chiesa e Islam in Europa.
Ma vi è anche un altro canale, di più lungo periodo, che ha funzionato come “trasmettitore” di consapevolezza nei riguardi della
presenza islamica e della complessità di cui è portatrice: si tratta
dell’esperienza delle Chiese cattoliche e ortodosse del Medio
Oriente, “esperte” – in tutte le accezioni del termine – di una convivenza plurisecolare e per certi aspetti problematica con l’Islam.
La tradizionale subalternità dei cristiani nei Paesi musulmani mediorientali, il regime anche legale di marginalizzazione esistente in
molti campi – anche per quel che riguarda l’esercizio del culto
pubblico –, il divieto di missione e la negazione della libertà di coscienza ai musulmani stessi, fino alla mancanza di ogni forma di
libertà religiosa in Arabia Saudita e, seppur con diverse modulazioni, la stretta connessione tra diritto, religione e politica nei Paesi musulmani, spesso lesiva di un diritto egualitario di cittadinanza per i non musulmani, costituiscono un bagaglio di esperienza
«oggettiva» trasmessa alle Chiese europee e alla Chiesa italiana3.
Da qui è scaturito un senso di solidarietà con le Chiese minoritarie in ambito islamico e si è confermata la consapevolezza che la
tradizione islamica è portatrice di visioni spesso diverse rispetto
alla tradizione cristiana ed europea non solo su questioni dogmatiche, ma su questioni direttamente rilevanti la sfera civile e politica. Tale consapevolezza non ha però prodotto generalmente nella
Chiesa italiana (né europea) atteggiamenti di rifiuto, ma al contrario ha stimolato un approccio pastorale cosciente delle sfide da
affrontare in chiave costruttiva.
Tale duplice esperienza di Chiese limitrofe – in ambito rispettivadialoghi n. 3 settembre 2012
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mente nordeuropeo e mediterraneo – ha dunque costituito un retroterra di consapevolezza e ha offerto una griglia di lettura con
cui interpretare la situazione italiana aprendo possibili prospettive
pastorali. Una serie di documenti pubblicati da singoli vescovi e
da Conferenze episcopali regionali sulle relazioni con l’Islam tra il
1990 e il primo quinquennio del 2000 è la prova concreta di questo interesse; ad essi si è aggiunto nel 2005 il documento I matrimoni misti tra cattolici e musulmani pubblicato dalla presidenza
della Conferenza episcopale italiana per dare indicazioni a riguardo dei matrimoni misti al fine di favorire prassi omogenee e consapevoli nelle diverse diocesi4. La Sezione per l’Ecumenismo e il
Dialogo dell’Ufficio catechistico nazionale, che è stata ormai da
alcuni anni costituita in Ufficio autonomo della Cei, ha accompagnato tramite una serie di convegni e seminari promossi a livello
nazionale la sensibilizzazione e la formazione degli operatori pastorali diocesani, nonché la comune riflessione sulle relazioni islamo-cristiane nel contesto italiano.
L’analisi dei documenti sopra citati permette di individuare due
istanze prioritarie attraverso le quali la Chiesa italiana ha interpretato la presenza musulmana in Italia e il proprio coinvolgimento
nel rapporto con i musulmani: la prima è quella dell’integrazione,
la seconda quella del dialogo interreligioso sul piano del vissuto,
ovvero il cosiddetto «dialogo della vita».
L’insistenza sul nodo dell’integrazione manife- La Chiesa ha ribadito
sta che la Chiesa italiana ha correttamente letto l’importanza di tutelare
la nuova presenza musulmana – accanto ad al- l’ordinamento italiano,
tre presenze di origine straniera – nel quadro promuovendo l’integrazione in
della società civile e dell’ordinamento istituzio- esso anche della popolazione
nale. A fronte di possibili visioni diverse del musulmana, tramite un
rapporto fondamentale tra cittadino e Stato, processo che richiede insieme
tra religione e istituzioni statali sostenute dalla l’attivazione di politiche
tradizione musulmana, la Chiesa ha ribadito sociali e culturali adeguate da
l’importanza di tutelare l’ordinamento italiano, parte dello Stato, ma anche
promuovendo l’integrazione in esso anche del- l’impegno personale dei singoli
la popolazione musulmana, tramite un proces- musulmani nel rispondervi.
so che richiede insieme l’attivazione di politiche sociali e culturali adeguate da parte dello Stato, ma anche
l’impegno personale dei singoli musulmani nel rispondervi. D’altra parte l’integrazione richiama anche la partecipazione della società civile nel promuovere tale processo, attraverso iniziative di
formazione, di solidarietà, di partecipazione culturale, in cui anche l’associazionismo musulmano è chiamato a dare attivamente
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il proprio contributo. In questo processo la Chiesa italiana si è attivamente impegnata, da un lato mediando culturalmente i valori
evangelici della carità e dell’accoglienza, e dando così un contributo prezioso all’evitare derive di rifiuto o di insofferenza verso la
diversità da parte di qualche componente della popolazione autoctona; dall’altro ha promosso una formazione diffusa alla conoscenza della diversità religiosa e culturale, in particolare in rapporto all’Islam, per favorire percorsi di dialogo che necessitano di un
«supplemento di cultura».
Quest’ultimo aspetto conduce alla seconda istanza privilegiata
dalla Chiesa italiana, ossia l’insistenza sul dialogo interreligioso
«della vita» rispetto al dialogo ufficiale con gli organismi rappresentativi musulmani che si sono presto costituiti in Italia5. Tale
possibilità non è naturalmente esclusa per principio; si prende
però atto che l’“ufficialità” e il grado di rappresentatività di tali organismi è sempre relativo, spesso poco verificabile, e si sperimenta d’altra parte come gli organismi musulmani stessi siano in competizione reciproca, talora utilizzando le stesse iniziative di dialogo come “modo” per accrescere la propria legittimità di fronte alla
società e allo Stato. D’altra parte si deve anche prendere atto che
spesso gli organismi musulmani non sono così interessati a sviluppare relazioni di dialogo con la Chiesa, preferendo piuttosto il dialogo con le istituzioni locali o statali al fine di ottenere risposte a
esigenze concrete inerenti al loro inserimento in contesto italiano
(apertura di moschee, centri culturali ecc.). L’insieme di questi
fattori ha spinto la Chiesa italiana a privilegiare
Il dialogo implica anche la il dialogo della vita, sviluppato su base prevalentrasmissione di una temente interpersonale, o anche comunitaria,
conoscenza almeno minima ma sempre a livello locale, laddove si sviluppino
della religione cristiana, la vissuti «in comune».
socializzazione a valori morali La grande sfida che però si apre è come promuoe spirituali comuni, lo stimolo vere e articolare il dialogo della vita in modo
offerto ai musulmani di maggiormente elaborato ed efficace negli spazi
presentare e verificare il ecclesiali, con cui i musulmani, soprattutto gioproprio vissuto religioso in vani, entrano e entreranno in contatto. È questa
rapporto alla vita in Italia. una nuova frontiera della pastorale, in cui il dialogo implica anche la trasmissione di una conoscenza almeno minima della religione cristiana, la socializzazione
a valori morali e spirituali comuni, lo stimolo offerto ai musulmani di presentare e verificare il proprio vissuto religioso in rapporto
alla vita in Italia, anche tramite la conoscenza dell’esperienza di vita di fede vissuta dai coetanei cristiani. Si tratta di prospettive
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aperte su cui l’impegno pastorale è in atto a livello per ora prevalentemente sperimentale.
Mi sembra importante notare in chiusura come la Chiesa italiana
non abbia eluso la questione teologica che è alla base del dialogo
interreligioso, e che riguarda il possibile statuto teologico da riconoscere all’Islam: il documento Per un discernimento cristiano dell’Islam pubblicato dalla Conferenza episcopale siciliana apre la riflessione su questo importante aspetto, consegnandola all’ulteriore approfondimento della riflessione teologico-pastorale6.
Note
1
Per una trattazione articolata e ampia del tema si veda A. Pacini (a cura di), Chiesa e
Islam in Italia. Esperienze e prospettive di dialogo, Edizioni Paoline, Milano 2008.
2
Secrétariat pour les relations avec l’Islam, Les mariages islamo-chrétiens, Dossier, Paris
1986, 1995, 2005; Commission interdiocesaine pour les relations avec l’Islam, Les
mariages islamo-chrétiens, Bruxelles s.d.; Segretariato della Conferenza episcopale tedesca, Cristiani e musulmani: una convivenza possibile?, Edizioni Centro Peirone, Torino
1996 (originale tedesco: Bonn 1993).
3
Sulla situazione delle comunità cristiane in Medio Oriente si veda, di A. Pacini, Christian
communities in the Middle East. The challenge of the future, Oxford University Press,
Oxford 1998, e Id., Il rapporto con il pluralismo: una sfida culturale e politica per l’islam
contemporaneo, in Andrea Pacini (a cura di), Le religioni e la sfida del pluralismo, Paoline,
Milano 2009, pp. 127-150.
4
Commissione triveneta per l’Ecumenismo e il dialogo, Cristiani e Musulmani in dialogo,
EDB, Bologna 1992. Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, Islam e cristianesimo,
EDB, Bologna 2000. Conferenza episcopale Siciliana – Facoltà Teologica di Sicilia, Per un
discernimento cristiano sull’Islam, Paoline, Milano 2004. Conferenza episcopale del Triveneto, Le vie dell’incontro. Quale dialogo con i musulmani?, EDB, Bologna 2006.
5
Il dialogo della vita è una delle quattro tipologie di dialogo interreligioso proposte dal documento Dialogo e annuncio del 1991: cfr. Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli – Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, Dialogo e annuncio, 42.
6
Il documento è uno dei frutti dell’intenso lavoro di ricerca teologica e di dialogo attuato dal
Dipartimento di Teologia delle religioni della Facoltà teologica di Sicilia; una trattazione
ampia e articolata sul tema si trova in M. Crociata (a cura di), Per un discernimento cristiano dell’Islam, Città Nuova – Facoltà teologica di Sicilia, Roma 2006.
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