maestri di cappella - Cattedrale di Como

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maestri di cappella - Cattedrale di Como
Profilo storico della Cappella Musicale della Cattedrale di Como
a cura di Lorenzo Pestuggia
Nel duomo di Como, fin dalla antica Santa Maria Maggiore, vi sono notizie della presenza di un organo
(quindi di attività musicali) a partire almeno dal 1441.
La fondazione di una cappella musicale stabile risale al 17 marzo 1635 quando il vescovo Lazzaro
Carafino interviene a sanare una lite sorta tra il Comune di Como e l’Opera Pia Gallio, riguardo ai
mancati versamenti di una quota annua dovuta al suddetto ente benefico. Attraverso un rogito redatto
dal notaio Fabio Lucini si stabilì che gli interessi maturati su tale somma sarebbero stati utilizzati per
stipendiare «alcuni esperti nell’arte musicale che si impegnino a servire con il canto e l’organo alla
cappella maggiore del duomo di Como».
Al duca Gallio, al Capitolo della cattedrale e al vescovo sarebbe spettata la nomina di questi maestri;
nel 1642 il vescovo Carafino stabilì un preciso regolamento concernente le buone norme di
comportamento e i doveri dei musici della cappella.
È questo l’inizio di un percorso musicale continuato ininterrottamente sino ai giorni nostri, sviluppato
grazie all’ingegno di personaggi più o meno talentuosi il cui apporto ha contribuito alla costruzione di
una delle tante “piccole-grandi storie” della nostra cattedrale. Alcuni di essi hanno avuto un prestigio e
una risonanza ben oltre l’ambito locale, arrivando ad oltrepassare addirittura i confini nazionali ed
europei (sarà il caso, come vedremo, di Francesco Pasquale Ricci, nel Settecento, e di Marco Enrico
Bossi, nell’Ottocento).
Una delle figure certamente più rappresentative del Barocco comasco è Francesco Spagnoli detto
Rusca (1632-1704). Poliedrica personalità e compositore dotato di grande tecnica e musicalità, è
maestro di cappella a partire dal 1661. La sua produzione (che costituisce il fondo più consistente
custodito nell’Archivio musicale del duomo) è lo specchio di uno dei momenti culturali più alti di questa
giovane istituzione, allora paragonabile alle più prestigiose cappelle musicali d’Italia.
Francesco Pasquale Ricci (1732-1817), sacerdote comasco, fu maestro di cappella dal 1759 sino al
1812. I suoi continui spostamenti in Europa e la permanenza a L’Aia in qualità di musico di corte (come
ci testimoniano le edizioni di alcune sue opere), lo portarono a rinunciare all’incarico assunto a Como,
nonostante l’appoggio del duca d’Alvito (membro di quell’Opera Pia che stipendiava i musicisti del
duomo) che di lui scrisse: «Dà nome alla cattedrale nel tempo stesso che sparge le sue composizioni
per le corti più cospicue d’Europa». Il suo testimone venne raccolto da una serie di allievi che gli
subentrarono come successori sino quasi alla fine del secolo.
Bisognerà attendere il 1879 per avere un maestro di cappella nominato per concorso: una scelta
maturata a fronte di una volontà nuova di riorganizzare la vita musicale della cattedrale. Il nuovo
maestro, stipendiato, avrebbe dovuto provvedere al mantenimento di quattro cantori ordinari e due
straordinari, all’accordatura degli organi, all’emolumento degli “alzamantici” e all’educazione musicale
(gratuita) impartita a sei ragazzi del locale orfanotrofio: i pueri cantores della cappella.
È in questo contesto che avviene la nomina di Marco Enrico Bossi (1861-1925): risultato secondo
nella terna dei vincitori al concorso del 1879, succedette al bergamasco Napoleone Carozzi il primo
novembre 1881. Forte dell’entusiasmo giovanile e dell’indubbia preparazione musicale, colui che sarà
ricordato come uno dei più importanti organisti al mondo, lascerà un segno profondo nella vita musicale
del duomo di Como, durante i suoi nove anni di permanenza come maestro di cappella. I due organi del
duomo ricostruiti sotto la sua attenta direzione divennero strumenti tecnicamente evoluti, dal cuore
italiano ma di respiro europeo: lontani da quello stile organario che allora impazzava nelle chiese e che
aveva trasformato il “re degli strumenti” in un surrogato della banda. Le partiture conservate nel fondo
Bossi dell’archivio musicale rivelano la sensibilità di un musicista che vuol concorrere in prima persona
al rinnovamento del canto sacro: Bossi riuscì a piegare la propria mano alle esigenze di una cappella di
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modeste dimensioni, attraverso l’uso di un linguaggio sempre più personale e lontano dai consunti echi
melodrammatici, allora ancora in voga nelle chiese.
Altro musicista illustre in questa storia è Luigi Picchi (1899-1970). Nel 1928 risulta vincitore del
concorso per il posto di maestro di cappella e di organista della cattedrale. Il maestro Picchi,
personaggio di spicco nel panorama della musica liturgica italiana, rimarrà a servizio del duomo per
oltre quarant’anni, sino alla morte. Come compositore, egli ha saputo individuare, per primo e in
anticipo sui tempi, le peculiarità e la natura di un canto veramente liturgico: l’attenzione al testo e la
consapevolezza che la musica ne debba essere “serva”, la pertinenza al rito da celebrare e la dignità
del linguaggio musicale visto come prodotto d’arte ma accessibile a tutti. Per questo Luigi Picchi non si
trovò impreparato di fronte ai mutamenti liturgici culminati con la riforma del concilio Vaticano II: la sua
Messa Vaticano II del 1965 (il primo ordinario dei canti della messa in lingua italiana) ne è ancor oggi
fulgido esempio. Tra gli innumerevoli meriti del maestro vi è stato anche quello di aver editato, divulgato
e riproposto, nelle liturgie e nei concerti, il materiale del fondo barocco custodito nell’archivio musicale
del duomo. Nel corso della sua lunga attività musicale, Luigi Picchi ha formato una vera e propria
“scuola”, instillando nei suoi allievi i caratteri di un pensiero musicale solido unito alla consapevolezza
che la musica debba essere al servizio della liturgia.
Uno di quegli alunni fu mons. Ilario Cecconi (1912-2008), discepolo prediletto tra i sacerdoti e suo
naturale successore (dal 1970 al 1994) nella carica di maestro di cappella della cattedrale. In
collaborazione con il maestro Picchi, don Ilario, già dal 1968, diede alla Cappella musicale del duomo
l’attuale fisionomia, costituendo un coro di volontari laici non professionisti ma sensibili all’arte musicale
e disposti a servire, in questo ruolo così importante di aiuto alla preghiera, la cattedrale. Ciò anche a
seguito delle difficoltà economiche del dopoguerra, che non permisero più al Capitolo di stipendiare
cantori professionisti (gli ultimi furono licenziati nel 1949), e per il fatto che il seminario diocesano non
potè più garantire un servizio musicale stabile in cattedrale, quale aveva svolto in precedenza.
Un merito di mons. Cecconi è l’ideazione del periodico “Convegno diocesano delle corali liturgiche”,
proposta che nasce dalla precisa volontà di consolidare un repertorio diocesano esemplare, che
valorizzi i compositori presenti sul territorio, senza dimenticare le peculiarità della grande traditio
musicale della diocesi di Como. Nel 1994 don Ilario ricevette la civica onorificenza comasca dell’
“Abbondino d’oro”, per meriti musicali: in oltre quarant’anni di attività musicale aveva formato
generazioni al canto liturgico, attuando una capillare opera di promozione, formazione e diffusione dei
cori in tutta la diocesi.
Suo successore fu mons. Felice Rainoldi (1935-2015). Allievo di Luigi Picchi e di Ilario Cecconi, fu
maestro di cappella dal 1994 al 2008. Gregorianista, compositore, musicologo e liturgista, l’eclettico
sacerdote valtellinese continuò l’opera dei suoi predecessori, lasciando un corpus di composizioni per il
servizio in cattedrale caratterizzate da una esemplare sinergia tra testo e musica nei suoi aspetti
compositivi e formali. Sono modelli di assoluta pertinenza liturgico-musicale e la realizzazione concreta
di un pensiero teorico che don Felice ha ben sistematizzato in alcune pubblicazioni che lo collocano tra
i maggiori esperti a livello internazionale di “musicologia liturgica”.
Oggi il maestro di cappella è un altro sacerdote valtellinese: mons. Saverio Xeres (1955-). Cresciuto
alla scuola dei suoi predecessori, ha studiato organo con il maestro Aldo Ghedin, organista titolare della
basilica di san Fedele in Como e apprezzato concertista. Don Saverio, storico della Chiesa prestato alla
musica, si dedica con passione alla preparazione del coro della cappella musicale; inoltre sovraintende
e coordina l’organizzazione di tutte le attività musicali della Cattedrale.
Dopo la scomparsa del maestro Luigi Picchi (1970) divenne organista titolare del duomo il figlio
Alessandro. Il professor Alessandro Picchi (1936-) svolse con dedizione ed impegno fuori dal comune
la sua “missione” di organista liturgico alla consolle degli organi della cattedrale per oltre quarant’anni
( anche se iniziò la collaborazione col padre sin dal 1951). Fine interprete e profondo conoscitore degli
strumenti del duomo, continuò l’opera paterna studiando, trascrivendo e riproponendo al pubblico gli
antichi tesori custoditi nell’archivio musicale di cui fu puntuale catalogatore e fedele custode. Letterato e
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musicologo oltre che musicista, Alessandro Picchi ha pubblicato alcuni studi sulla storia degli organi e
della Cappella musicale del duomo di Como, approfondendo in particolare la figura di Marco Enrico
Bossi e del padre Luigi.
Il suo successore è Lorenzo Pestuggia (1973-) dal 2013 nominato “maestro di musica della
Cattedrale”: una figura nuova che si affianca al maestro di cappella con particolari responsabilità
riguardanti l’organo, l’archivio musicale e la composizione per la liturgia.
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