assistente sociale: professione a rischio?

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assistente sociale: professione a rischio?
N. 13 - GENNAIO 2005
NEWS
ABRUZZO
pagina 3
• Progetto ICF
e politiche del
lavoro
pagina 4
• Nuovi strumenti di
lavoro: la Carta
per la
Cittadinanza
Sociale
pagina
• Riceviamo
dall’Ordine
regionale del
Lazio
• Proroga elezioni
Consigli Regionali
pagina 6
• Il Consiglio
Nazionale incontra
il Sottosegretario
alla funzione
pubblica
• Corso Esperto in
Servizio Sociale
Forenze
Periodico dell’Ordine
degli Assistenti Sociali
Consiglio Regionale d’Abruzzo
Iscrizione al Registro Giornali
del Tribunale dell’Aquila n. 469 del 28.6.2000
n. 13 - Gennaio 2005
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Div. Corr. Dir. Com. Imprese - Ancona
In caso di mancato recapito restituire al mittente
che si impegna a pagare la tassa relativa
Editoriale
ASSISTENTE SOCIALE:
PROFESSIONE
A RISCHIO?
di Pina Marchesani Tito*
La vigente normativa sulle funzioni degli Assistenti Sociali produce nuove soglie di stress e
di rischio di burnout che questa categoria professionale deve prepararsi ad affrontare, proprio per le profonde innovazioni che stanno
attraversando il contesto operativo, chiamando a nuovi compiti e a nuove tensioni gli
stessi Assistenti Sociali.
Il ruolo ricoperto da sempre dagli Assistenti Sociali, sovente misconosciuto, sia all’esterno che
all’interno del proprio settore lavorativo, oggi
è esplicitato dalle Leggi e dai Decreti in essere.
Ne consegue che l’Assistente Sociale deve:
• ricoprire una pluralità di funzioni ed assumersi un carico di responsabilità (amministrative, civili e penali) non sempre accompagnate dalla possibilità di usufruire di strumenti adeguati;
• operare in contesti di intervento sociale,
dove si registra un carico di lavoro non indifferente, aggravato da un allargamento delle
aree di responsabilità per le decisioni che è
chiamato a prendere (come dire che la velocità di problem solving richiesta dal contesto potrebbe non rendere giustizia alla ponderazione e alla oculatezza che, invece, la
presa di responsabilità imporrebbe);
• imparare ad analizzare se quello che si fa
nella sua organizzazione è essenziale, marginale o inutile.
Premesso che ogni Organizzazione Sociale definisce la sua azione sulla base del proprio
compito primario che vincola, ma, nel contempo, garantisce la coesione e la sopravvivenza stessa dell’Organizzazione, l’Assistente
Sociale è tenuto, perciò, a considerare che la
conservazione dell’identità istituzionale dipende molto dalla sua capacità di mantenere
la specificità del servizio offerto, organizzando e coordinando in questa direzione il
proprio lavoro, nel rispetto della peculiarità
del contesto territoriale.
Ciò implica promuovere, all’interno del Servizio, da un lato la ricerca di un valore più
ampio dell’operatività offerta, al di là dell’utilizzo immediatamente strumentale, e, dall’altro, tenere sotto controllo le dimensioni
emotivo-affettive implicate nella relazione
con gli altri, per favorire l’efficacia dell’intervento, rispetto all’identità istituzionale.
Di conseguenza l’intervento dell’Assistente Sociale deve fondarsi sulla condivisione di tali
obiettivi per contribuire ad ottimizzare i contesti lavorativi.
Laddove esiste discrepanza fra le esigenze
dell’Organizzazione e le esigenze dell’Operatore, si struttura una maggiore vulnerabilità
allo stress.
Le discrepanze possono verificarsi sia per l’incremento del carico di lavoro, cui non corrisponde un adeguamento del sistema di ricompense, sia per il sistema di valori individuali
che non sempre è in linea con gli obiettivi di
efficienza ed efficacia cui sottostanno le organizzazioni nella logica aziendale, oggi imperante.
Tale componente di lavoro attiene al ruolo che
il lavoro assume nella vita dell’Operatore e,
nello specifico, agli aspetti cognitivo-affettivi
richiamati nelle attività lavorative; il grado di
identificazione ed il coinvolgimento della persona risultano essere due indicatori fondamentali per la valutazione del grado di stress.
Al contrario, quando l’Operatore esercita
scarso controllo su “quanto” si fa sul lavoro e
su “come” lo si sta facendo, si corre il rischio
di rendere marginale l’importanza della vita
lavorativa rispetto agli altri ambiti di vita (familiare, sociale, di relazione, dove la condivisione dei valori è più forte).
Individuare i valori centrali, significa stabilire
delle priorità, scegliere gli approcci, prendere
decisioni: se l’autonomia individuale è fortemente limitata, anche il coinvolgimento è proporzionalmente ridotto.
(segue a pag. 2)
* Consigliere Ordine degli
Assistenti Sociali Regione Abruzzo
L’EDITORIALE
1 segue da p. 1
ASSISTENTE SOCIALE:
PROFESSIONE A RISCHIO?
Ecco che l’Assistente Sociale
“nel dare aiuto” si trova a
sperimentare quote di autonomia e di controllo maggiori che
implicano soglie di stress quotidiano più alte, che alla lunga
potrebbero confinarlo nella
condizione di “aver bisogno di
aiuto”.
Molti studi, infatti, hanno evidenziato l’emergere di un particolare disturbo professionale
che colpisce soprattutto coloro
che svolgono un lavoro d’aiuto
verso altre persone e che ad
un certo punto si sentono
esausti (bruciati) per il continuo contributo emotivo dato e
le scarse soddisfazioni che ricavano dal proprio lavoro.
Tale disturbo professionale,
presente fra coloro che esercitano una helping profession, si
identifica nella “sindrome del
burnout”, definita come “un
processo nel quale un professionista precedentemente impegnato, si disimpegna dal
proprio lavoro in risposta allo
stress e alla tensione sperimentata sul lavoro” (Cherniss,
1983) e caratterizzata da
“esaurimento emotivo, depersonalizzazione, ridotta realizzazione personale” (Maslach,
1976).
Il burnout, in analogia con la
“reazione generale di adattamento”, descritta da Selye
(1979) sembra essere un processo transazionale suddiviso
in tre fasi:
1. stress lavorativo (squilibrio tra risorse disponibili
e richieste dell’utenza);
2. esaurimento (risposta
emotiva allo squilibrio:
tensione nervosa, resistenza);
3. conclusione difensiva
(cambiamenti nell’atteggiamento e nel comportamento: distacco emotivo,
ritiro, cinismo, rigidità).
La sindrome del burnout rappresenta, dunque, rispetto allo
stress lavorativo, la risposta
che utilizza difese psicologiche, piuttosto che metodi di
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Iscrizione
Presidente
Direttore responsabile
Comitato di redazione
Segreteria di redazione
Hanno collaborato
a questo numero
Impaginazione e stampa
attiva soluzione del problema.
Le cause del burnout risalgono
alla personalità degli Operatori e ai problemi legati alle
condizioni lavorative. In ogni
forma di lavoro sono presenti
fonti potenziali di stress;
mentre nelle strutture esiste
una diversificazione fra quelle
che possono creare più stress e
tensione, e quelle che, invece,
possono fornire più stimoli ed
offrire la possibilità di un coinvolgimento personale appagante.
Il vissuto ambiguo e conflittuale del ruolo che si occupa
nell’ambito di una struttura
organizzativa sembra essere
un importante punto di riferimento per valutare il rischio
del burnout.
Le cause più frequenti dello
stress lavorativo, oltre a
quelle precedentemente citate, possono ricercarsi nel:
- lavorare in strutture amministrative mal gestite, ove
vengono per esempio scoraggiati la creatività, l’entusiasmo e il coinvolgimento;
- non avere la possibilità di pianificare, programmare, organizzare la propria
attività, confrontandosi in
modo costruttivo con i superiori e/o con i colleghi;
- non avere, all’interno della
struttura, la possibilità di
partecipare a corsi di aggiornamento, a programmi di
supervisione e/o di supporto
psicologico.
Sul piano clinico la sindrome
del burnout presenta una serie
di segni e sintomi quali:
- l’assenteismo (inteso come
resistenza ad andare al lavoro), la sensazione di fallimento, la rabbia, l’indifferenza, lo scoraggiamento, il
senso di colpa, l’isolamento,
il senso di affaticamento e/o
stanchezza, la perdita di
sentimenti positivi verso l’utente, l’incapacità di concentrazione e di ascolto,
l’immobilismo, l’insonnia, la
1 continua a p. 3
Periodico quadrimestrale dell’Ordine degli Assistenti Sociali
Consiglio Regionale d’Abruzzo
via Costa Masciarelli 47/49 - 67100 L’Aquila
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Filomena Cioppi
Antonio Di Muzio
Rachele Bergantino, Filomena Cioppi, Luana D’Antonio, Patrizia Di Benedetto, Maddalena Iavolato, Giampiero Petrucci
Luana D’Antonio
Pina Marchesani Tito, Rosanna Giancola, Luana D’Antonio,
Malta Zugaro, Daniela Cremasco
Gruppo Tipografico Editoriale - Via Castiglione 29 - 67100 L’Aquila
News Abruzzo è uno spazio di confronto e di informazione. In esso possono essere pubblicati articoli che i lettori
vorranno inviare al Consiglio di questo ordine Professionale, Costa Masciarelli, 47/49 - 67100 L’Aquila. Gli elaborati
non devono superare le due cartelle dattiloscritte. Essi devono pervenire, firmati e corredati dell’indirizzo e del
recapito telefonico dell’autore, entro quindici giorni antecedenti la fine di ogni quadrimestre, in formato
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La redazione si riserva di pubblicare gli scritti che resteranno di proprietà dell’Ordine e, pertanto, non saranno
restituiti i supporti informatici (dischetti) e le relative stampate.
LE COMMISSIONI ED I RELATIVI REFERENTI
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2
Commissione stampa: Patrizia Di Benedetto, Maddalena Iavolato, Laura Tartaglia, Fausta De Rosa.
Referente: Rachele BERGANTINO (cell. 328.9210756).
Commissione Rapporti con le Università, Formazione, Esami di Stato, Libera Professione: Cristina Gabriele, Laura Tartaglia,
Fausta De Rosa.
Referente: Giuseppina MARCHESANI (cell. 348.8294486).
Commissione Tutela e Deontologia Professionale, Regolamento Interno e Disciplinare: Rachele Bergantino, Maddalena Iavolato, Giuseppina Marchesani, Maria Palleschi.
Referente: Patrizia DI BENEDETTO (cell. 339.7759692).
Commissione Settore Sociale e sanitario: Rossana Giancola, Giuseppina Marchesani.
Referente: Malta ZUGARO (cell. 349.6605569).
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SPERIMENTAZIONE
1 segue da p. 2
rigidità di pensiero, la resistenza al cambiamento, il
mal di testa, i disturbi gastrointestinali, i conflitti coniugali e familiari ecc… .
In sintesi il burnout nasce dalla
difficoltà dell’Operatore ad entrare in relazione con se stesso
e con il proprio ruolo in termini
realistici ed adattativi. Il termine burnout, quindi, richiama
l’attenzione sulle interazioni
fra le problematiche personali,
familiari, lavorative e sociali.
“Un lavoro per essere davvero
gratificante deve garantire novità, significato e opportunità
di creatività ed espressione
personale. Deve essere un
mezzo di autorealizzazione e
sicurezza economica” (Cherniss, 1983). Ciò comporta la
necessità di realizzare adeguati
programmi di prevenzione del
burnout, attraverso strategie
ben precise, puntando ad una
migliore e più qualificata gestione delle risorse umane,
nonché ad una programmazione
sociale più attenta alle esigenze del territorio.
Le proposte, sinora avanzate,
relative al superamento delle
problematiche individuali,
sono tese ad incentivare percorsi di training e di sostegno,
volti a migliorare l’interazione
tra l’Operatore e i suoi contesti di vita.
Il tutto implica un miglioramento della qualità della vita
e una promozione del benessere individuale e sociale, attraverso lo sviluppo di strategie per ridurre l’impatto dello
stress e promuovere fattori
protettivi in particolari momenti di crisi.
*****
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
DEL RIO G. (1990) Stress e lavoro
nei Servizi. Sintomi, cause e rimedi del burnout. NIS Roma.
DI MARIA F. ecc. (2001) Stress e
aggressività. Studi sul burnout.
Franco Angeli, Milano.
DI NUOVO S.-COMMMODARI E.
(2004) Costi psicologici del curare.
Stress e burnout nelle professioni
di aiuto. Bonanno Editore, Acireale. Roma
PELLEGRINO F. Stress lavorativo e
gestione delle risorse umane. La
sindrome del burnout. Risorse
Umane in Azienda n° 57/1997.
A.A.V.V. Psicologia e Scuola. n°
120/2004. Giunti, Firenze.
TIBERIO A.- FORTUNA F. (2001) Dizionario del sociale. Franco Angeli,
Milano.
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Progetto ICF
e Politiche del lavoro
di Rosanna Giancola*
I
l progetto sperimentale ICF e
politiche del lavoro promosso
dal Ministero del Lavoro, attuato
da “Italia Lavoro” e con la partecipazione della Comunità scientifica “Disability Italian Network”,
nasce per introdurre in Italia la
nuova classificazione internazionale del funzionamento della salute e della disabilità (ICF) adottata dall’OMS. La sperimentazione
dell’ICF è partita in tre province
Italiane, una al nord (TorinoCuneo), una al centro (Teramo)
ed una al sud (Taranto), scelte in
base a criteri di selezione specifici del territorio. Per Teramo i
criteri sono stati i seguenti:
• Interesse da parte delle Istituzioni, nell’ambito Provinciale
e a livello Operativo;
• Disponibilità da parte degli
Organismi;
• Conoscenza e applicazione del
programma Inserimento mirato (programma nel quale
Teramo ha mostrato una situazione di eccellenza e una
metodologia collaudata);
• L’approccio avanzato dei Silus
nei Centri per l’Impiego della
Provincia di Teramo,è l’elemento di plusvalore rispetto
alle altre tre province.
Cos’è l’ICF (Internazional Classificazion of Functioning)?
Classifica la salute e gli stati di
salute ad essa correlati e si propone un’unificazione del linguaggio attraverso una classificazione denominata, per l’appunto, ICF.
Perché una classificazione internazionale del funzionamento
della salute?
I cambiamenti delle politiche
socio-sanitarie hanno spostato
l’attenzione dalla focalizzazione
della patologia a quella sulleconseguenze della patologia. La
novità dell’ICF sta quindi nel
porre l’accento sul concetto di
salute e funzionalità del soggetto e non, come in precedenza, su malattia e disabilità
della persona.
L’ICF nasce dalla necessità di
un linguaggio comune per descrivere a livello internazionale
ed interdisciplinare la funzionalità dell’individuo, consentendo
di dare risposte ai bisogni delle
persone con disabilità e definendo aree e parametri per ottimizzare gli interventi.
L’ICF è, infatti in grado di valutare le performance, le abilità e
di valorizzare le capacità personali dei soggetti con disabilità;
inoltre è in grado di misurare
l’impatto dell’ambiente nel
quale la persona con disabilità
vive su detta disabilità. In particolare, nel settore delle politiche
del lavoro, l’approccio globale di
valutazione dell’ambiente e delle
abilità e potenzialità della persona garantisce l’identità di ciascuno rispetto al lavoro.
Quale il modello adottato?
Si passa da un Modello Causale
(Medico: la disabilità concerne
anormalità fisiologiche e psicologiche che necessitano di trattamento medico; Sociale: la disabilità concerne svantaggi causati
dall’ambiente fisico e sociale che
restringe la vita delle persone)
ad un Modello Biopsicosociale,
quale “griglia” integrativa e interagente che consente appunto di
spostare il “fuoco”:
• dal problema personale al problema sociale
• dalla terapia medica all’integrazione sociale
• dal trattamento individuale
all’azione sociale
• dall’aiuto personale alla responsabilità individuale e collettiva
• dall’assistenza ai diritti umani
• dalle politiche sanitarie alle
politiche
• dall’adattamento al cambiamento sociale
Quali sono gli obiettivi che la sperimentazione si propone di realizzare nel mercato del lavoro?
Trasferire il concetto di ICF nelle
politiche del lavoro significa
mettere in moto un processo innovativo. Gli obiettivi sono, infatti, quelli di creare le condizioni affinché nel mercato del lavoro si sviluppi una cultura che
consideri “normale” che una persona con disabilità possa ottenere un lavoro rispondente alle
proprie aspettative, alle proprie
competenze professionali e capacità funzionali, e allo stesso
tempo soddisfare le esigenze di
inserimento produttivo del richiedente prestazione d’opera.
Dall’altro canto costruisce le
condizioni per favorire la comunicazione tra i vari soggetti
coinvolti (Servizi Sociali, Ser-
vizi Sanitari, Servizi per l’Impiego Aziende , Associazioni
,Cooperative…). Molto utile e
funzionale è la creazione di una
piattaforma informatica supportata da “Italia Lavoro”, con un
sito WEB specifico che costituisce il punto di incontro per tutti
i soggetti coinvolti.
L’Italia è il primo paese al
mondo che sperimenta la Classificazione Internazionale del Funzionamento della salute e disabilità nell’ambito delle Politiche
del Lavoro e sarà il primo Stato
a rendere partecipe gli altri
paesi sullo sviluppo e sui risultati
della sperimentazione.
Nel progetto sono coinvolti diverse professionalità:
• Dirigenti ed Amministratori
Regionali e Provinciali, della
Salute, dell’Istruzione, del Lavoro;
• Assistenti Sociali, Psicologi, Medici del Lavoro e della Medicina
Legale, Orientatori, Operatori
dei Servizi per l’Impiego, Educatori, Sociologi, Servizi Sociali
comunali , Associazioni di categoria. Professionalità che nella
quasi totalità hanno partecipato, per il territorio di Teramo, al corso base per acquisire familiarità e strumentalità
di base con la tematica trattata.
Al corso avanzato attualmente in
itinere,partecipano le:Assistenti
Sociali del Settore Politiche del
Lavoro: le quattro Assistenti Sociali dei Centri Impiego e una del
Coordinamento per l’inserimento
lavorativo disabili: Assistenti Sociali della ASL (Dipartimento di
Salute Mentale), delle Commissioni L.68/99 ASL e Comitato
Tecnico provinciale; i Medici del
Lavoro e della Medicina Legale,
Operatori dei Servizi per l’Impiego, Orientatori, Rappresentanti di Cooperative Sociali, al
fine di garantire competenza
tecnica a chi opera nel collocamento specifico delle persone
con disabilità. I soggetti coinvolti
saranno i promotori ,nei propri
campi ,di questo cambiamento.
Il progetto si concluderà nell’ottobre 2005 e i risultati saranno
presentati e discussi in Conferenze Nazionali con la partecipazione dei Membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
* Componente Commissione
Sociale e Sanitario O.A.S.R.A.
3
Nuovi strumenti di lavoro:
la Carta per la Cittadinanza
Sociale
PROGRAMMI
di Luana D’Antonio*
L
a Carta per la Cittadinanza Sociale fa parte
del più ampio programma
sperimentale di comunicazione sociale avviato all’inizio del 2002 dalla Regione
Abruzzo, inserita nella programmazione regionale tra
le Azioni innovative con la
finalità di dare concretezza
al processo di cambiamento
previsto dalla Legge quadro
per la realizzazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali (L.
8 novembre 2000, n. 328).
La Legge quadro prevede,
tra i Principi generali e le finalità, la partecipazione attiva dei cittadini alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali (art.1); sancisce il
dovere per tutti gli enti che
erogano servizi e prestazioni
alla persona di informare i
destinatari degli stessi sulle
prestazioni attivate, sui requisiti per l’accesso, sulle
modalità di erogazione
(art.2); impegna i comuni a
realizzare forme di consultazione dei rappresentanti
della collettività organizzata
ed a garantire ai cittadini i
diritti di partecipazione al
controllo della qualità dei
servizi erogati (art.6); introduce, anche per i servizi sociali, la Carta dei servizi
(successivamente definita
dal Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali
Carta per la cittadinanza sociale), con l’obbligo per ciascun ente erogatore di servizi sociali di dare adeguata
pubblicità della Carta stessa
presso gli utenti (art.13);
stabilisce, inoltre, la neces4
sità di responsabilizzare i
cittadini nella programmazione e nella verifica dei
servizi (art.19).
La Carta per la cittadinanza
sociale dunque è la Carta
generale dei servizi e degli
interventi sociali offerti
dagli ambiti territoriali, che
nasce da un patto di cittadinanza sociale tra comunità e
istituzioni, per garantire la
partecipazione, la promozione dei diritti, la tutela
per il cittadino, la qualità
dei servizi, la comunicazione.
È un vero e proprio processo
al quale sono chiamati a
partecipare istituzioni, attori sociali e cittadini per
definire congiuntamente le
caratteristiche più rispondenti a bisogni ed esigenze
manifeste.
Il processo è guidato da un
gruppo di lavoro formato da
rappresentanti dei principali
attori sociali (ambiti territoriali, ASL, terzo settore, volontariato), nominato dalla
Conferenza dei Sindaci con
il compito di accompagnare
lo svolgersi del percorso, di
indirizzarlo, di sostenerlo,
di redigere il patto e la
carta.
La Carta si compone di quattro parti: la prima, introduttiva, descrive l’Ente d’Ambito Sociale (EAS) e le sue
funzioni; la seconda riporta
informazioni su tutti i singoli
servizi esistenti nell’ambito
e sulla loro organizzazione,
individuando i soggetti responsabili e le loro funzioni
(gran parte della mappatura
del terzo settore è stata realizzata dai Centri di Servizio
per il Volontariato delle
quattro province); la terza
sezione esplicita gli impegni
che l’EAS assume nei confronti della cittadinanza; la
quarta contiene la descrizione delle procedure che i
cittadini possono attivare
per far valere un proprio diritto, per contribuire al miglioramento del sistema e
per aiutare l’EAS nel monitoraggio della qualità del servizio offerto, ai fini del miglioramento continuo delle
prestazioni erogate.
Questo è il modello che si è
delineato nella sperimentazione della costruzione della
Carta in quattro ambiti pilota e che si è poi esteso
agli altri ventiquattro ambiti
che hanno aderito al progetto.
Dei ventotto ambiti quattordici hanno completato la
Carta e dodici sono in attesa
di definitiva approvazione.
In realtà la Carta è un documento che non si può mai ritenere completo, perché
l’ascolto permanente del
cittadino ed il miglioramento continuo richiedono
regolari aggiornamenti, revisioni e riedizioni.
Non si può certo dire che sia
un facile strumento: esige
dati misurabili che non consentono alcuna approssimazione, la sua capillare distribuzione richiede risorse che
sono invece in netta diminuzione e, soprattutto, è difficile ottenere il coinvolgimento dei cittadini e la loro
partecipazione attiva in Ambiti Territoriali della regione, in special modo quelli
più interni, in cui è comple-
tamente assente la cultura
della cittadinanza.
Durante il percorso della
formazione e della costruzione della Carta ognuno di
noi, operatore o dirigente o
relatore o funzionario regionale, è stato assalito dal
dubbio che sia pura utopia
pensare che semplici comparse diventino i reali protagonisti di un sistema integrato di interventi e servizi
sociali, il cui cammino, a
sua volta, è appena iniziato
e la strada è ancora tutta in
salita.
Questa è la risposta che ci
siamo dati: è utopia se l’obiettivo è immediato; è percorso di crescita se l’obiettivo diventa un “faro” che
orienti il nostro lavoro in
questa direzione e che indirizzi le nostre energie verso
la dimensione comunitaria
più di quanto non si sia fatto
in passato.
La comunità non esiste a
priori, ma va costruita.
“La comunità esiste quando
un insieme di persone e di
organizzazioni supera l’individualità e prende coscienza
della presenza di obiettivi,
di interessi, di problemi comuni. Se la comunità esiste
gli individui che ne fanno
parte sentiranno di “appartenere” ad un sistema sociale “buono” e da difendere sia all’interno che all’esterno.”1
* Assistente sociale
ROBERTO MAURIZIO, L’integrazione
e il coordinamento nell’ambito
della Legge 285, in “Politiche
Sociali”(n. 6 /1999), p.35.
1
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FORUM
Riceviamo dall’Ordine regionale
del Lazio
Ai Consigli Regionali
Questo Ordine professionale
sta attivando, su proposta di
una iscritta (vd. allegato), un
forum di discussione sulle modalità contrattuali offerte ai
colleghi dalla L. 30/03 in poi...
Riteniamo estremamente interessante l’iniziativa anche per
la costruzione di una banca
dati sempre più precisa rispetto alla collocazione lavorativa dei nostri iscritti. Vi chiediamo pertanto sia l’invio di
materiale che riteniate interessante, sia la pubblicazione
dell’iniziativa sul vostro sito o
su altre possibili divulgazioni.
Vi ringraziamo per la collaborazione e vi inviarne cordiali
saluti.
la Presidente
A.S.- Maria Laura Capitta
Gentili colleghe/i,
sono Daniela Cremasco, assi-
stente sociale e docente di Metodi e tecniche III, presso il
Corso di Laurea in Servizio Sociale dell’Università degli Studi
di Roma “La Sapienza”, sto raccogliendo un dossier sulla situazione lavorativa degli assistenti
sociali collaboratori coordinati
e continuativi, negli enti di
terzo settore alla luce della
legge n. 30/03 e del successivo
decreto legislativo n. 276/03 di
attuazione delle deleghe di cui
al punto precedente.
Da una prima e grossolana analisi, infatti, mi risulta che, l’esclusione dalla possibilità di essere inseriti in tipologie di contrattuali a progetto per “...le
professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria
l’iscrizione in appositi albi professionali...” (art. 61, comma 3
D.Legs n. 276/03) sembrerebbe
aver prodotto, da parte di una
buona maggioranza degli enti di
terzo settore, la richiesta di
apertura della partita IVA agli
assistenti sociali che, fino allo
scorso anno, erano impiegati
nelle associazioni e nelle cooperative sociali con contratti di
collaborazione coordinata e
continuativa.
Questa scelta è stata spesso
motivata da insormontabili difficoltà giuridiche, nonostante,
in una circolare di chiarificazione del decreto legislativo da
parte del ministero del lavoro e
delle politiche sociali, (circolare n. 1 dell’8.01.04) fosse sottolineato che: “...l’art. 61 non
sostituisce e/o modifica l’art.
409, n. 3, c.p.c (...) non tende,
ad assorbire tutti i modelli contrattuali riconducibili in senso
lato all’area della cosiddetta
parasubordinazione”.
Risulta allo stato attuale molta
confusione su questo punto e
spesso è chiesto agli stessi assistenti sociali di informarsi
sull’argomento. Penso che il
punto di partenza per poter
fare una riflessione sul feno-
meno e valutarlo, sia conoscerlo un po’ meglio, sia quantitativamente, sia qualitativamente.
Tutti coloro i quali siano interessati a segnalare la loro
esperienza in questo campo
specifico, sono pregati di scrivere alla mia casella di posta
elettronica ([email protected]).
L’idea è quella di aprire un
forum di discussione sull’argomento e mettere insieme un
dossier per un articolo sull’argomento sulla rivista del nostro
ordine professionale.
Sottolineo che i dati che mi saranno forniti saranno utilizzati
nel completo rispetto della privacy esclusivamente nella loro
veste quantitativa, finalizzati
alla misurazione del fenomeno.
Aspetto i vostri commenti e le
vostre esperienze.
Daniela Cremasco.
AVVISO IMPORTANTE
PROROGA ELEZIONI CONSIGLI REGIONALI
di Malta Zugaro*
Il Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali ha comunicato che il 31 dicembre u.s. il
Miur ha approvato l’emendamento che sposta al 30 giugno 2005 la data per il rinnovo dei Consigli
Regionali e del Consiglio nazionale. Tale proroga è il risultato dell’intensa attività svolta, unitamente al Cup, dal Sottosegretario di Stato, senatrice Maria Grazia Siliquini, che ha permesso di
superare il momento di confusione presente negli Ordini Professionali per la carenza di indicazioni riguardanti il riordino del sistema elettorale.
Si riporta di seguito l’articolo dell’emendamento approvato:
“1 Le disposizioni previste per gli ordini professionali del decreto legge 24 giugno 2004, n. 158,
convertito con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 188, sono prorogate al 30 giugno
2005 in modo da consentire che il regolamento previsto dall’articolo 4, comma 3 del decreto del
Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, proceda al riordino del sistema elettorale
delle singole categorie, uniformando e semplificando le procedure, nonché realizzando la rappresentanza unitaria degli iscritti all’albo nei consigli nazionali e territoriali i quali, a far data dall’entrata in vigore del regolamento, avranno durata, rispettivamente, di cinque e quattro anni.”
Sarà premura di questo Consiglio informare tempestivamente su tempi, modalità e procedure
concernenti anche la possibilità per ogni iscritto/a di candidarsi, sollecitando sin d’ora la partecipazione più fattiva sia alle elezioni sia alla presentazione delle candidature.
* Referente Commissione Settore Sociale e Sanitario
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ABRUZZO
N. 13 - GENNAIO 2005
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COMUNICAZIONI / NEWS ABRUZZO INFORMA
Il Consiglio Nazionale
incontra il Sottosegretario alla
funzione pubblica
I
mportante incontro a
Roma tra il Consiglio Nazionale ed il Sottosegretario di Stato alla Funzione
pubblica Sen. Avv. Learco
Saporito.
La Presidenza del Consiglio Nazionale dell’Ordine
degli Assistenti sociali,
nelle persone di Paola
Rossi e Luisa Spisni, è
stata convocata ad horas,
a seguito di un precedente
incontro, dal Sottosegretario di Stato alla Funzione Pubblica Sen. Avv.
Learco Saporito, coadiuvato dal Vice Capo di Gabinetto Dott. Antonio Naddeo, con il quale ha esaminato e discusso alcune
delle più importanti questioni relative alla professione, di cui si attendono
da tempo le soluzioni.
L’incontro si è
svolto sui seguenti
punti:
• Acquisizione articolazione
degli assistenti
sociali in due
sezioni di un
unico albo: sezione A - assistenti sociali
specialisti (laurea magistrale
classe 57/S);
sezione B - assistenti sociali
(laurea triennale classe 6),
e acquisizione
dei profili relativi (D.P.R. 5
giugno 2001, n.
328).
del Codice deontologico approvato dal
Consiglio Nazionale il 6
aprile 2002.
• Aggiornamento dei profili professionali nell’ambito della contrattazione collettiva di
tutti i settori del pubblico impiego e relative
norme concorsuali.
• Dirigenza nella sanità.
• Disciplina organica
della professione di assistente sociale e di assistente sociale specialista (testo allo studio
del Ministro La Loggia).
Data l’imminenza della
contrattazione relativa al
comparto sanità, è stato
posto un particolare accento sulla necessità che,
a tutti i livelli di contrat-
tazione, vengano acquisiti
il nuovo status della professione e le disposizioni
contenute nella legge 26
maggio 2004, n. 138, nella
quale si prevede anche
per gli assistenti sociali il
conferimento di incarichi
di dirigente.
A sostegno delle tesi del
CNOAS e della necessità
irrinunciabile di procedere
ad una revisione sistematica della normativa vigente, per introdurre gli
opportuni aggiornamenti,
è stato presentato materiale di consultazione e, in
particolare, i pareri pro
veritate dell’Avv. Prof.
Alessandro Garilli del Foro
di Palermo e dell’Avv.
Prof. Luigi Di Filippo del
Foro di Roma, concernenti
le questioni relative alla
dirigenza in sanità.
Il Sottosegretario Saporito
ha convenuto sulla necessità di porre mano alle
questioni proposte dal
Consiglio Nazionale, e ha
proposto un successivo incontro per meglio focalizzare le questioni con l’apporto del Ministero degli
Affari regionali, dell’ARAN, dell’Assessore Colozzi, Presidente del Comitato di settore dell’ARAN per il comparto sanità, dei Sindacati. Sono
state inoltre individuate
alcune linee strategiche
verso la soluzione dei problemi presentati.
La Presidenza esprime la
propria soddisfazione e
sottolinea agli Ordini regionali ed agli iscritti l’esito positivo dell’incontro.
• Acquisizione
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N. 13 - GENNAIO 2005
NEWS
ABRUZZO
NEWS ABRUZZO INFORMA
Corso Esperto in Servizio Sociale Forense
Ho il piacere di comunicare a tutti i Colleghi interessati che l’Università Federico II di Napoli ha rinnovato ed ampliato il Corso in Servizio Sociale Forense di cui vi trasmettiamo il bandodi concorso.
È opportuno segnalare che la data di scadenza per la presentazione della domanda e le successive
scadenze per gli adempimenti del caso sono state ulteriormente prorogate al 28 febbraio 2005.
Si sottolinea l’interesse delle materie che saranno trattate e il significato dello stesso Corso per
la ricaduta professionale che esso avrà sugli Assistenti Sociali della nostra Regione.
Con la massima cordialità ed in attesa di favorevoli riscontri vi porgo i migliori saluti
Il Vicepresidente dell’Ordine e Direttore del Corso
Prof. Antonio Borriello
1° CORSO DI FORMAZIONE
CONSULENTE ESPERTO
IN
“SERVIZIO SOCIALE FORENSE”
Il corso di formazione in epigrafe, realizzato dal Polo
delle Scienze Umane e Sociali dell’Università degli
Studi di Napoli “Federico II”
e dall’Ordine degli Assistenti
Sociali della Regione Campania con la collaborazione
dell’ISPPREF (Istituto di Psicologia e Psicoterapia Relazionale e Familiare) di Napoli, è finalizzato a fornire
una formazione teorica tecnico-pratica per chi deve
operare, nell’ambito giudiziario quale assistente sociale specialista in servizio
sociale forense sia durante la
fase delle indagini preliminari che nel dibattimento.
Il corso è articolato in modo
tale da fornire alcune competenze ai corsisti rispetto alla
metodologia da seguire nella
stesura di relazioni peritali,
nonché la conoscenza di alcuni importanti strumenti per
l’individuazione e l’intervento in situazioni di disagio
ambientale e psico-socialerelazionale, con riferimento a
due principali livelli: da una
parte l’acquisizione delle conoscenze, nell’ambito di una
griglia interpretativa, dall’altra la capacità di operare
perseguendo strategie mirate
e adeguate all’obiettivo.
Per il raggiungimento degli
obiettivi del corso, i contenuti saranno articolati mediante attività teoriche, tecniche-esperenziali e di tiroci-
NEWS
ABRUZZO
N. 13 - GENNAIO 2005
nio per un totale complessivo
di 205 ore, così ripartite:
• 128 ore lezioni teoriche
frontali presso il CdL in
Scienze del Servizio Sociale.
• 52 ore esercitazioni tecnico-esperenziali presso
l’ISPPREF.
• 25 ore di stage/tirocinio
presso sedi legali e/o Tribunali civili e/o penali.
SCADENZA: ENTRO LE ORE
12.00 DEL 28 FEBBRAIO 2005
LUOGO DI SVOLGIMENTO
• attività didattiche teoriche– Sede del Corso di
laurea in Scienze del Servizio Sociale Via Don
Bosco, Napoli.
• attività tecniche-esperenziali – presso una o
più sedi dell’ISPPREF
• attività di tirocinio – Le
sedi saranno indicate durante il Corso.
DESTINATARI DEL CORSO
Il corso di consulente esperto
in servizio sociale forense è
rivolto agli assistenti sociali
iscritti all’Ordine alla data di
pubblicazione del presente
avviso.
CARATTERISTICHE DEL CORSO
Il corso è rivolto inderogabilmente ad un numero massimo di 90 partecipanti.
Il calendario delle lezioni
sarà pubblicato sul sito web
dell’Ordine e sul sito web
del Polo S.U.S.www.polosus.unina.it successivamente
alla pubblicazione della graduatoria degli ammessi.
La frequenza è obbligatoria e
i partecipanti - ai fini del rilascio dell’attestato di formazione - sono tenuti ad una
presenza effettiva pari
all’80% del monte ore complessivo.
Le ore di assenza giornaliere
saranno computate nel conteggio del 20% delle assenze
consentite. La mancata frequenza al corso non comporterà alcun rimborso, né della
quota totale di iscrizione né
del versamento da effettuare
all’atto della domanda.
RICONOSCIMENTO CREDITI
FORMATIVI
Il conseguimento dell’attestato di formazione riconosce crediti formativi (CfU),
così come previsto dal Consiglio del Corso di Laurea in
Scienze del Servizio Sociale
dell’Università degli Studi di
Napoli Federico II.
La domanda, redatta mediante modulistica (ALL. 1
per la domanda, ALL. 2 per
l’autocerti-ficazione dei titoli ) disponibile in rete sul
sito web del Polo S.U.S.
“http://www.polosus.unina.
it”, e sul sito web dell’Ordine “http://www.assistentisocialiodc.it/” dovrà pervenire presso: la sede dell’Ordine – Corso Umberto I,
34 Napoli oppure presso la
sede del Polo delle Scienze
Umane e Sociali – Ufficio Affari Generali – Via A. De Gasperi, 55 Napoli, entro e non
oltre la data di scadenza del
presente avviso (non fa fede
il timbro postale).
La domanda dovrà essere
corredata da:
- copia della ricevuta del
versamento di € 50,00 sul
c.c. postale n. 37077807
dell’Ordine professionale
degli Assistenti Sociali
della Regione Campania;
- titoli posseduti, valutabili ai
fini della selezione, in originale oppure autocertificati
(ALL. 2) ai sensi di legge;
L’elenco integrale degli ammessi, sarà pubblicato presso
gli Albi rispettivamente del
Polo S.U.S. e dell’Ordine,
nonchè su entrambi i siti.
TASSA
DI ISCRIZIONE
E SPESE PER L’ATTIVITÀ FORMATIVA
E DI TIROCINIO
Il costo complessivo del
corso è di euro 650,00 così
suddiviso:
• tassa di iscrizione euro
50,00;
• le altre 3 rate euro 200,00
cadauna;
INFORMAZIONI:
• Ordine degli Assistenti Sociali
della Regione Campania C.so Umberto I, 34 Napoli
Tel. 081/5528899
Fax 081/4971094
Sito web:
www.assistentisocialiodc.it
• Polo S.U.S. – Via De Gasperi, 55 Napoli
Tel. 081/2534810
Fax 081/2534820
Sito web:
www.polosus.unina.it.
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