scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 20 febbraio 2014
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
20/02/2014 Corriere della Sera - Nazionale
quegli Ottantamila Figli della Legge 40 il Decennio dei Nati in Provetta
6
20/02/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Il neurologo alla malata di Alzheimer: «Ti lascio morire»
8
20/02/2014 Corriere della Sera - Milano
Dossier sui tumori Tutti i dati in Rete
10
20/02/2014 La Repubblica - Bari
"Sospetta meningite", nessun posto in Puglia
11
20/02/2014 La Repubblica - Bari
* Sanità, sbloccate 800 assunzioni
12
20/02/2014 La Repubblica - Nazionale
La super pastiglia
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20/02/2014 La Repubblica - Nazionale
QUEL RIFIUTO DEI NOSTRI LIMITI CHE CI TRASFORMA IN SCHIAVI
15
20/02/2014 La Repubblica - Nazionale
Sottrazioni in cucina
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20/02/2014 La Repubblica - Genova
San Martino, l'ultima scommessa
18
20/02/2014 La Repubblica - Bologna
Per dar sollievo ai bambini arriva l'hospice pediatrico
19
20/02/2014 La Repubblica - Palermo
L'INAUDITA ALLEANZA ALL'ARS PER RESUSCITARE LA CURA DI BELLA
20
20/02/2014 La Repubblica - Roma
Ha una trombosi, sbagliano la cura e muore "A processo medico dell'ospedale
israelitico"
22
20/02/2014 La Repubblica - Torino
Troppi primari in Piemonte direttori convocati in Regione
23
20/02/2014 La Stampa - Nazionale
Reece, la lista dei sogni che commuove il mondo
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20/02/2014 La Stampa - Nazionale
"Accusa falsa, l'Aifa non ha mai autorizzato il metodo Stamina"
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20/02/2014 La Stampa - Nazionale
"Ci ammaliamo di carbone Ora diteci tutta la verità"
27
20/02/2014 La Stampa - Nazionale
Sos antibiotici. I batteri stanno diventando invincibili
29
20/02/2014 La Stampa - Nazionale
**Contro il rischio infarto non basta più una statina Ecco le nuove linee-guida
31
20/02/2014 La Stampa - Nazionale
"I consigli: no al fai-da-te dei farmaci e riscopriamo l'igiene personale"
33
20/02/2014 La Stampa - Nazionale
"Mai più disperati: la lezione inizia da Dallas Buyers Club"
34
20/02/2014 La Stampa - Nazionale
I micro--Rna svelano il tumore in anticipo
36
20/02/2014 La Stampa - Torino
Tumore al colon "Contro le metastasi c'è un'arma in più"
37
20/02/2014 Il Messaggero - Roma
Pazienti curati sui materassi San Camillo sotto inchiesta
38
20/02/2014 QN - Il Resto del Carlino - Bologna
Usb davanti all'Inps, Labas in piazza Nettuno
39
20/02/2014 QN - Il Resto del Carlino - Bologna
«Senza il centro nascite gli altri ospedali scoppiano»
40
20/02/2014 Avvenire - Nazionale
Terapia italiana blocca le metastasi al colon
41
20/02/2014 Avvenire - Nazionale
Curarli o no? Londra scarica i nonni
42
19/02/2014 Il Manifesto - Nazionale
Il tumore non è uguale per tutti, la lotta per i diritti di Daniela
43
20/02/2014 Il Secolo XIX - Genova
Influenza, ricoveri raddoppiati
44
20/02/2014 Il Tempo - Roma
Otto giorni in barella Anche i pazienti oggi alla fiaccolata
45
20/02/2014 Il Tempo - Roma
Ecodoppler, ci vediamo nel 2015
47
20/02/2014 ItaliaOggi
In viaggio, ma con medico a seguito
48
20/02/2014 ItaliaOggi
Bambini obesi, ci pensa il bisturi
49
20/02/2014 ItaliaOggi
La sanità integrativa è il futuro
50
20/02/2014 Panorama
Gene-radar trova i virus in un'ora
52
19/02/2014 Panorama della Sanita
La cultura di Sanità pubblica e la professione infermieristica Un'occasione da non
perdere
53
19/02/2014 Panorama della Sanita
«Nessuna trattativa senza area contrattuale specifica»
55
19/02/2014 Panorama della Sanita
Non soffrire è possibile
57
19/02/2014 Panorama della Sanita
Generali e Revert insieme contro le malattie neurodegenerative
58
19/02/2014 Panorama della Sanita
Aumenta la spesa ospedaliera, diminuisce la territoriale, ed è boom di antibiotici
59
19/02/2014 Panorama della Sanita
L'uso dei Farmaci in Italia / 1
60
19/02/2014 Panorama della Sanita
L'uso dei Farmaci in Italia / 2
66
19/02/2014 Panorama della Sanita
Tempi certi per i farmaci anticancro salvavita
68
19/02/2014 Panorama della Sanita
Istituito tavolo tecnico congiunto per la distribuzione
70
19/02/2014 Panorama della Sanita
153 milioni di euro di valore aggiunto nel 2012
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
45 articoli
20/02/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Dossier Cosa è cambiato e potrebbe cambiare della procreazione assistita
quegli Ottantamila Figli della Legge 40 il Decennio dei Nati in Provetta
Dalla fecondazione eterologa alla donazione degli embrioni crioconservati per la ricerca: i fronti ancora aperti
La richiesta I centri di Toscana e Friuli Venezia Giulia sono i più richiestiAumenta ancora l'età delle donne che
si rivolgono alla Pma
Margherita De Bac
NOTIZIE CORRELATE
ROMA - Diverse centinaia di embrioni sono conservate da oltre dieci anni nei congelatori dei centri di
procreazione medicalmente assistita (Pma) e non possono essere più utilizzate per tentare la nascita di un
bimbo. Il destino è che restino al freddo per sempre. In Italia è infatti vietato donarli alla ricerca, come invece
è previsto in molti Paesi. Una donna, rimasta vedova, non ha voluto accettare quella che ritiene la violazione
di un suo diritto. E si è appellata alla Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo. I giudici di
Strasburgo hanno fissato l'udienza per il 18 giugno, ore 9,15.
Se il nostro governo fosse condannato il testo che dal febbraio 2004 regola l'attività della Pma potrebbe
ricevere l'ennesima, poderosa spallata. Anche la nostra Corte Costituzionale si appresta (8 aprile) a
esaminare il carattere di legittimità dello stop alla sperimentazione sugli embrioni in sovrannumero. E non è
l'unico attacco alla legge approvata sotto il governo di Berlusconi, subito criticata come oscurantista, «madre»
di 79 mila bambini dal 2005 al 2012: due ogni cento nati. Il secondo fronte aperto riguarda le tecniche
eterologhe cioè la possibilità di tentare il concepimento in provetta attraverso la donazione di un gamete,
ovocita o spermatozoo, appartenente a un donatore (in realtà si tratta di una donazione non gratuita).
La Corte Costituzionale su ricorso dei tribunali di Firenze, Milano e Catania si riunirà l'8 aprile. Mentre non è
stata ancora fissata dalla Consulta la data per la discussione sul cosiddetto «accesso alle cure» delle coppie
fertili. Oggi ai centri possono rivolgersi solo gli aspiranti genitori con sterilità e non coloro che, a causa di
patologie, non riescono a mantenere la gravidanza.
Se anche questi ultimi tre puntelli saltassero la contestatissima «Quaranta», dal numero che porta,
risulterebbe completamente stravolta. Nel tempo i suoi assi portanti sono stati sgretolati dalle sentenze di
Cassazione e tribunali. Via il divieto di fecondare più di tre ovociti insieme, dunque di creare più di tre
embrioni. Via l'obbligo di trasferirli in un'unica soluzione nel grembo della donna per evitare la conservazione
sottozero di quelli in sovrannumero. Caduto questo muro i centri hanno ripreso a congelare.
E infine la sentenza del tribunale di Cagliari che nel 2012 ha obbligato un centro pubblico a effettuare la
diagnosi preimpianto sugli embrioni, tecnica che permette di individuare la presenza di patologie gravi di cui i
genitori sono portatori. Di fatto però questa metodica è quasi del tutto assente dagli ospedali e viene garantita
solo dai privati.
Battaglie sostenute dalle associazioni (Cerco un Bimbo,l'Altra Cicogna e Amica Cicogna), in prima fila da
Filomena Gallo, segretario della «Luca Coscioni», l'uomo che si è battuto per la libertà di ricerca, oggi
l'anniversario della morte: «La legge così come è stata rimodellata rispetta finalmente i diritti della coppia ed è
più applicabile. Nel testo del 2004 c'era una volontà di fondo. Non si volevano far nascere bambini e
famiglie». Per Andrea Borini, presidente Sifes (Società italiana di fertilità e sterilità, lunedì un convegno a
Roma sull'anniversario) «È stata incentivata la fuga all'estero delle nostre coppie che hanno cercato altrove
soluzioni qui erano negate».
Però anche i più indefessi nemici riconoscono all'impianto originario alcune norme pregevoli che infatti non
sono mai state attaccate. A cominciare dalla creazione presso l'Istituto Superiore di Sanità del Registro
nazionale per la procreazione medicalmente assistita, affidato alla dottoressa Giulia Scaravelli, che se ne
occupa con grande competenza e passione. Sulla base dei dati analitici comunicati dai 358 centri italiani ogni
anno viene inviata al Parlamento una relazione che permette nel dettaglio di avere la fotografia di un'attività
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definita prima del 2004 da «Far west» proprio perché mancava il controllo. Un po' per i limiti iniziali della
legge un po' per questo monitoraggio stretto le cliniche della fertilità hanno dovuto puntare sulla qualità e
affinare le tecniche. Chi legge le tabelle della Scaravelli e le percentuali di successo capisce chi lavora bene
e chi no.
La prossima relazione, relativa al 2012, verrà mandata al ministro della Salute a fine mese. Conterrà risultati
in parte sovrapponibili a quelli precedenti. I bambini nati con le varie tecniche sono stati circa 12 mila, numero
che si discosta di poco da quello del 2011 e che si presume resterà costante. Aumentata ancora l'età media
delle donne, circa 36,7 anni, fattore che riduce la percentuale di successo.
Continuano a calare fortunatamente le gravidanze trigemine, segno di maggiore attenzione nel trasferimento
di embrioni e nella stimolazione delle pazienti. Resta vivace il fenomeno della migrazione interregionale
legata al divario dell'offerta. Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Emilia Romagna sono le mete più
battute secondo un rapporto dell'associazione Cittadinanzattiva.
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Storie di memoria A Sassari 23 indagati per maltrattamenti e truffa ai danni di persone con demenza. Il dottor
Dore ancora in attività
Il neurologo alla malata di Alzheimer: «Ti lascio morire»
Michele Farina
«Non venite più. Quelli che non vogliono guarire, io li lascio morire».
Luciano, meccanico in pensione di Ploaghe, ricorda le parole del neurologo Giuseppe Dore nel suo studio
privato a Sassari, un ritratto di Einstein dietro la scrivania, il giorno dell'ultima visita alla moglie Santina.
«Tornando a casa ho pianto. Nove mesi prima mi aveva detto: "In un anno te la guarisco"». Dalla demenza
non si guarisce. «Io invece gli ho creduto, mi sentivo rinato. Gliela portavo una volta alla settimana. A lei non
piaceva. Le faceva muovere le dita, le dava esercizi a casa: scrivere le parole del vocabolario. Mia nuora
dettava. Santina, seduta in cucina, provava a scrivere. Mi ero illuso, quando sei disperato ti aggrappi a tutto».
Violenze? «Una volta andai a prenderla in anticipo e lo sentii inveire dietro la porta dello studio».
Con altre 22 persone Dore è indagato a Sassari. Associazione a delinquere, truffa, maltrattamenti. Lui
sostiene che la sua «neuropsicoanalisi», priva di fondamenti scientifici, è una scoperta mondiale che guarisce
l'Alzheimer. Gli annunci su Internet avevano attirato famiglie da tutta Italia. Arrestato nell'agosto 2012 e poi
rilasciato dopo 28 giorni, ringraziando l'Ordine dei medici Dore è ancora in attività. Il magistrato ha chiesto
una perizia sulla validità della «terapia» (un mix assurdo di matematica, neurologia, cabala), la cui
conclusione slitta di mese in mese. Una nuova decisione del tribunale è attesa per il 4 marzo. In aula Dore ha
tuonato: «La psiconeuroanalisi l'ho inventata io e non può essere oggetto di perizia». Le telecamere nascoste
dai carabinieri nelle case di alcuni pazienti hanno mostrato anziani malmenati o legati ai pali. Il neurologo con
gli stivali neri ha rifiutato di farsi intervistare dal Corriere . Sostiene che le violenze non fanno parte della sua
cura. Per la Procura i malati venivano picchiati da parenti e badanti, su indicazione di Dore.
È stata una neurologa dell'ospedale di Sassari, Marinella D'Onofrio, a consigliare al meccanico Luciano di
rivolgersi a Dore, era lei a dirottare pazienti dalla Unità di valutazione Alzheimer (Uva) allo studio del collegaamico: «Quando le raccontai cosa mi aveva detto all'ultima visita, la dottoressa allargò le braccia: "E cos'altro
doveva dire?"». Anche D'Onofrio è indagata. L'ospedale non l'ha sospesa anche se non lavora più all'Uva,
ma all'ambulatorio cefalee. «Noi non ne sapevamo niente», dice Maria Teresa Piras, responsabile Uva. La
vicenda del medico di Ittiri è solo un caso di santoni e malasanità? «Le carenze istituzionali sono
estremamente gravi - dice Piras - Sono passati quasi due anni e manca ancora la volontà di dare risposte sul
territorio, di potenziare i servizi. La gente è disperata, e si rivolge ai santoni».
La Sardegna, come altre regioni, non ha un piano per le demenze. L'Italia non ha un piano nazionale e «ciò
comporta danni enormi - dice il neurologo Nicola Vanacore, dell'Istituto Superiore di Sanità -. Questo ritardo è
delittuoso». Nelle 400 Uva operano duemila professionisti, spesso in condizioni di precariato: «Anziché
supportarli, li stiamo spegnendo». E questo mentre l'Italia ha un milione di persone con demenza: 70 mila
«nuovi» malati all'anno (i casi di tumore sono 265 mila, di Sla 1.800). Settantamila: come gli abitanti di Pavia
o di Trapani. «La Francia, che ha un piano nazionale, ha 400 cliniche della memoria collegate in rete. Ogni
giorno a Parigi 5 persone studiano i dati che arrivano dal territorio. E noi a livello centrale non riusciamo a
creare neppure una squadra di due persone che si occupino a tempo pieno di demenza?».
La vita va avanti. Santina, 67 anni, non ricorda, parla a fatica. Ritrova tre parole guardando la foto della
nipotina in salotto: «Com'è bella». La figlia è morta di cancro 2 anni fa. Giuseppe e Santina hanno portato il
lutto abbandonando la sola attività che la malattia ha risparmiato: il ballo. Hanno ripreso da poco, dice
Luciano: al sabato sera, per qualche minuto, una mazurka «compie il miracolo di farci sentire ancora vivi».
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(7-fine)
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Corriere della Sera - Ed. nazionale
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(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Foto: Il video Un paziente del dottor Giuseppe Dore picchiato da chi l'assiste: i filmati provengono da
telecamere nascoste dai carabinieri
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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20/02/2014
Corriere della Sera - Milano
Pag. 15
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Dossier sui tumori Tutti i dati in Rete
Sergio Harari
Malgrado sia ormai disponibile da qualche tempo, forse non tutti conoscono il secondo rapporto sui tumori a
Milano sviluppato dall'Asl della nostra città. Il primo rapporto, pubblicato nel 2007, rivolto ai cittadini, agli
esperti, ai decisori sanitari e ai media, conteneva una messe di dati e di informazioni impressionante e
preziosa e si è rivelato un utilissimo strumento per riflessioni, approfondimenti, confronti con aree
metropolitane diverse e di altre regioni.
Il secondo rapporto ha qualcosa in più di particolarmente innovativo: la possibilità di scaricare dalla Rete i dati
direttamente in formato elettronico, consentendo così a tutti gli interessati di poter condurre sottoanalisi o
rielaborazioni ma anche di poterli utilizzare per lezioni, presentazioni scientifiche, discussioni pubbliche
(http://rapportisalute.asl.milano.it). A ciò si aggiunga il grande vantaggio che i dati possono essere
costantemente aggiornati online dall'Asl, garantendo così un servizio estremamente interessante e unico nel
suo genere, almeno nel nostro Paese.
Questo secondo rapporto è quindi particolarmente importante sia per i dati contenuti e le elaborazioni
sviluppate sia per il messaggio di trasparenza scientifica che contiene e col quale è stato costruito. Un lavoro
importante che dobbiamo all'epidemiologo Luigi Bisanti e al suo gruppo di lavoro, al servizio della comunità.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Aria di salute
20/02/2014
La Repubblica - Bari
Pag. 6
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Sospetta meningite", nessun posto in Puglia
an. cas.
UN CASO sospetto di meningite, il malore di un paziente, le inutili telefonate nel tentativo di trovare un posto
libero negli ospedali pugliesi. Alla fine il trasferimento nel reparto infettivi del San Carlo di Potenza. A un
mese esatto dalla triste vicenda della donna ricoverata per ore nel pronto soccorso di Terlizzi, prima di essere
trasferita nella rianimazione del capoluogo lucano per assenza di posti in Puglia, la cronica carenza di posti
letto in regione gioca un nuovo brutto scherzo. Questa voltaa farne le speseè un uomo di 56 anni, residente a
Lecce, ma che negli ultimi giorni si trovava a Gioia del Colle. Il malore improvviso dopo giorni di febbre, la
corsa verso il Miulli di Acquaviva delle Fonti e la scoperta: possibile caso di meningite di natura batterica.
L'istituto ecclesiastico è però sprovvisto di reparto infettivi. Per questo medici e infermieri del pronto soccorso
cominciano a cercare disponibilità negli altri ospedali. Niente da fare, posti letto esauriti. Dopo tre ore, arriva
l'ok da Potenza. Nel frattempo proseguono le ricerche per accertare se si tratti davvero di meningite. Il caso
però risolleva il problema della carenza di posti letto negli ospedali pugliesi. Risale solo a un mese fa la
vicenda di Maria Memoli deceduta proprio al San Carlo. Giorni dopo si scoprì che c'era un posto libero nella
rianimazione dell'ospedale di Lecce. Ora però gli addetti del Miulli confermano di non aver trovato un solo
posto libero in tutta la Puglia. Sono 140 i posti in otto reparti infettivi (Policlinico a Bari, Bisceglie, Foggia,
Lecce, Taranto e Brindisi). «Quello degli infettivi- dice Antonio Mazzarella, della Cgil Medici Puglia - è un
settore in difficoltà. I reparti costano molto, non tutti possono permetterseli».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Per tre ore lasciato al pronto soccorso del "Miulli" prima del trasferimento al San Carlo di Potenza Il caso
20/02/2014
La Repubblica - Bari
Pag. 1.6
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Maretta nel Pd, Blasi attacca Capone: dimenticano il Salento
ANTONELLO CASSANO
Regione ...ha dato il via libera a 800 assunzioni nella sanità , tra medici ed infermieri. «E' la fine di un... LA
GIUNTA regionale ha dato il via libera a 800 assunzioni nella sanità, tra medici ed infermieri. «E' la fine di un
incubo» dice Vendola. A PAGINA VI Foto: Nichi Vendola
LA FINE di un incubo per la Puglia che esce dalla condizione di osservata speciale e comincia a tappare le
falle lasciate dal piano di rientro. Il tavolo Massicci di Roma conferma il disco verde sulla sanità e permette
alla Regione di avviare la prima di tre tranche di 2600 assunzioni del piano regionale 2013-2015 negli
ospedali pugliesi. Rinforzi destinati soprattutto nel territorio barese. Una scelta, quest'ultima, che non è
piaciuta affatto a Sergio Blasi. L'ex segretario regionale del Pd parla di «delibera iniqua che penalizza il
Salento in maniera punitiva» e si scaglia contro la salentina Loredana Capone, assessore allo Sviluppo
economico, colpevole di non aver saputo rappresentare il territorio. Le cifre della delibera che ieri è stata
approvata in giunta parlano chiaro. Con una spesa di poco meno di 40 milioni di euro arrivano i primi 703
rinforzi, così ripartiti: 11 direttori di dipartimento, 233 medici, 11 dirigenti sanitari, 419 infermieri e tecnici e 29
operatori socio-sanitari. La parte più consistente di questo esercito verrà distribuita nell'Asl di Bari, in
particolare nell'emergenza urgenza. Qui arriveranno in 418 tra medici e infermieri. All'Asl di Brindisi saranno
60, 26 a Foggia, 29 a Lecce, 158 a Taranto.
Spazio anche per 6 primari al Policlinico, 2 all'Irccs di Castellana e 4 al Giovanni Paolo II. Solo l'Asl Bat salta
un giro, ma verrà recuperata nel prossimo appuntamento con la seconda tranche di assunzioni. «Una buona
notizia per la Puglia, la fine di quello che per noi è stato un incubo - commenta il presidente della Regione
Nichi Vendola - abbiamo investito soprattutto su radiologi, rianimatori, cardiologi, ma anche psichiatri e
neuropsichiatri infantili». I tempi per le assunzioni saranno rapidi, promette Elena Gentile, assessore
regionale alla Sanità. Entro il mese di aprile saranno promossi i bandi concorsuali per la mobilità
extraregionale.I posti non coperti dalla mobilità saranno messi a concorso.
La scelta della Regione di privilegiare soprattutto il territorio barese si scontra subito con le proteste dei
consiglieri regionali salentini. Salvatore Negro dell'Udc definisce le 29 assunzioni leccesi una «disparità
ingiustificata». Maè il pd Sergio Blasia scagliare l'attacco più forte soprattutto nei confronti dell'assessore
Capone, «la cui assenza dalla giunta di oggi (ieri, ndr) pesa come una grave responsabilità». «A Vendola
dico - aggiunge - che non abbiamo l'anello al naso. Ci aspettiamo un recupero sostanziale di questa
discriminazione».
Foto: Il governatore Nichi Vendola con l'assessore Elena Gentile
Foto: PRONTO SOCCORSO Una veduta dell'ospedale "Miulli" ad Acquaviva delle Fonti
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* Sanità, sbloccate 800 assunzioni
20/02/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1.43
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La super pastiglia
MICHELE BOCCI
Acaccia della pillola magica. Quella che fa stare meglio i sani, rende più facile la vita, regala concentrazione,
sicurezza di sé, eccitazione. Lo studente che cerca lucidità per imparare di più e più velocemente, il manager
che vuole battere la concorrenza, l'operaio che deve stare sveglio tutta la notte, il cinquantenne che ha paura
di invecchiare e scordarsi le cose: magari non lo sanno ma consumando farmaci psicostimolanti e
antidepressivi stanno dando materiale a uno dei dibattiti più vivaci della ricerca medica contemporanea,
quello sul neuroenhancement, cioè sul potenziamento neurologico. È giusto migliorare le prestazioni del
cervello con la chimica? Quali sono i limiti etici e i pericoli? Mentre l'accademia discute, l'uso di queste
molecole cresce, un po' grazie ai canali ufficiali, tantissimo grazie a quelli clandestini, in particolare su
Internet. L'Agenzia del farmaco mette in guardia sui pericoli per i consumatori e sottolinea la necessità di un
lavoro scientifico serio in un campo così delicato. Antidepressivi, derivati vari delle amfetamine,
benzodiazepine ma anche molecole create di recente e usate per gravi malattie neurologiche come il
Parkinson, ecco cosa viene preso per avere un cervello più in forma. «È solo doping della vita quotidiana»,
riflette Roberta Pacifici, che si occupa per l'Istituto superiore di sanità degli sportivi che imboccano la
scorciatoia di anabolizzanti e altro. Tutto nasce da una rivoluzione nel concetto di farmaco. Scordatevi il
binomio malattia-cura, qui si entra nel campo delle medicine per chi è sano. Un esempio? Il Viagra. Una
ventina di anni fa ha rivoluzionato la vita sessuale di molte persone. Ma non solo: il suo utilizzo di massa ha
aperto una crepa nel modo di intendere i trattamenti farmacologici, perché salvo casi di patologie importanti
ma fortunatamente poco diffuse, la maggior parte delle persone che lo acquistano vogliono solo migliorare la
performance a letto.
Stessa cosa vale per il doping, su cui esiste ormai una letteratura sconfinata ma il cui schema è semplice:
amanti dello sport si caricano di ormoni, integratori, antinfiammatori per andare più forte. Ma non bisogna
scordare l'abuso di testosterone che si sta registrando negli Usa. Il farmaco, la cui efficacia tra l'altro deve
ancora ottenere l'avallo scientifico definitivo, è usato soprattutto da chi si avvicina alla terza età, per restare
pimpante come un ventenne. O almeno provarci.
Poi c'è il versante antidolorifici e antinfiammatori, farmaci usati in modo preoccupante da chi ha solo fini
"ricreativi". E qui si apre un altro capitolo sull'uso improprio dei medicinali. Basta vedere The Wolf of Wall
Street per fare un'immersione piuttosto eloquente nella storia dello sballo e della dipendenza da farmaci, in
molti casi sovrapponibile a quella dalla droga.
«Prendere medicinali per migliorare le performance, a vari livelli, è un processo quasi inevitabile. La specie
umana ha sempre cercato il modo di stare meglio, si è sempre potenziata, ad esempio quando c'è da fare la
guerra». A parlare è Gilberto Corbellini, ordinario di Storia della medicina alla Sapienza di Roma. «Già alle
Olimpiadi classiche, nell'antichità, ci si dopava, mangiando erbe e proteine. Oggi viviamo nella società della
conoscenza e quindi, oltre agli aspetti legati ad attività fisica e sesso, potenziamo le azioni cognitive». È a
questo "passo avanti" che si sta assistendo in questi anni.
Pone vari problemi, segnalati di recente dal direttore dell'Aifa Luca Pani in un editoriale sul sito dell'Agenzia.
«Il neuroenhancement - scrive Pani - riguarda persone sane che decidono di esporsi a rischi di effetti
collaterali e dipendenze, prescindendo dal classico concetto di cura. Ciò apre problemi di natura etica,
scientifica e regolatoria, Per ora, l'efficacia nelle persone sane è stata dimostrata solo in situazioni
sperimentali estremamente controllate. Si tratta dunque di valutare, in base allo stato attuale delle
conoscenze, quale sia il reale profilo beneficio-rischio e quale il vero valore aggiunto».
Siccome la pillola magica, quella che migliora la vita senza recare alcun danno a chi la prende, non esiste
ancora, molti finiscono male. Come minimo hanno bisogno dell'aiuto di un medico. Michele Sforza è uno
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R2/ Dall'operaio del turno di notte al manager È boom di farmaci che promettono performance sorprendenti
Viaggio nel nostro doping quotidiano
20/02/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1.43
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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psichiatra e psicoterapeuta molto esperto di dipendenze che dirige la clinica Le Betulle di Appiano Gentile.
«Da noi arrivano tantissime persone con problemi legati ai medicinali - spiega - Alcuni li usano come le
droghe, altri iniziano con la prescrizione del medico e poi perdono il controllo. Altri ancora partono con
l'intenzione esclusiva di essere più lucidi, così si prendono, ad esempio, i derivati dell'amfetamina. All'inizio
pensano di stare meglio ma alla lunga si scoprono dipendenti. Possono avere percorsi simili anche gli
ansiolitici e gli antidepressivi».
Alcuni di questi medicinali sono molto sofisticati. «Fanno azioni ben precise nel cervello - spiega Giovanni
Biggio, ordinario di neurofarmacologia a Cagliari - Ad esempio gli antidepressivi, provocano modifiche e alla
fine i neuroni pagano il prezzo. Possono essere molto efficaci ma solo in certi casi». Questa categoria di
medicinali vede una crescita delle vendite costante, negli ultimi 10 anni è stata di quasi il 5 per cento. Le case
farmaceutiche ovviamente approfittano della voglia di uomini e donne di avere a disposizione qualcosa in
grado di migliorare le loro capacità. «L'aspirazione di chi vende i medicinali è stata fondamentale in questo
fenomeno, ma c'è di più - spiega Silvio Garattini del Mario Negri di Milano - La vita moderna spinge
all'ambizione, al desiderio di denaro e molti cercano il modo di poter lavorare di più e più lucidamente. Poi c'è
l'idea che debba esserci un farmaco per qualunque cosa».
Anche il Comitato nazionale di bioetica, di cui Garattini fa parte, si è occupato del potenziamento
neurologico. Ha espresso un parere concludendo che ad oggi bisogna continuare a mantenere vincoli molto
rigidi quando si tratta di prescrivere farmaci con effetti neurostimolatori. Ma nel documento ci sono anche
alcune aperture. «Il ricorso a sostanze di vario genere (Caffeina, nicotina, amfetamine, eccetera) per
migliorare la resistenza alla fatica e alle prestazioni intellettuali ha, come è noto, una lunga storia; la novità
odierna sta piuttosto nella disponibilità di una farmacopea più sofisticata, sviluppata per il trattamento di
sindromi e patologie psichiatriche e neurologiche (Alzheimer, Parkinson, demenza, sindrome da deficit di
attenzione, narcolessia, autismo, eccetera), il cui utilizzo da parte di soggetti "sani" sembrerebbe
incrementarne in qualche misura, sebbene con risultati contraddittori, la memoria a breve termine, le capacità
di concentrazione e apprendimento, il controllo cognitivo».
La scoperta della pillola magica non sembra però dietro l'angolo. «In futuro, un impiego saggio e
adeguatamente regolato di potenzianti cognitivi di tipo farmacologico, accertata la loro non nocività ed
efficacia, nonè in linea di principio di per sé moralmente condannabile». Ma ci potrebbero esser problemi
legati ad esempio all'equità, cioè alla possibilità riservata ai più ricchi di accedere a questa "pillola". «Va
anche considerato - scrive il Comitato nazionale di bioetica - che le funzioni cognitive possono essere
migliorate in maniera più duratura dall'istruzione, dall'educazione e dalla formazione continua, da una vita
sociale e di relazioni ricca, dallo studio, dall'apprendimento da una stimolazione continua dell'interesse, da
stili di vita sani».
Facile a dirsi. Ma in un mondo che corre sempre più veloce e diventa sempre più difficile da affrontare, in
tanti sono disposti a prendere la scorciatoia. Una pillola e via.
zoom
VIAGRA & CO Del Viagra per la disfunzione erettile si vendono in Italia 500mila confezioni, lo stesso per il
Cialis ORMONI Negli Usa è boom di questi farmaci, come il testosterone, grazie anche a spot martellanti.
Si spendono due miliardi di dollari l'anno DOPANTI Anabolizzanti, diuretici, corticosteroidi, ormoni non
steroidei come l'Epo; 450mila gli sportivi che ne fanno uso PROZAC Psicostimolanti e antidepressivi vengono
usati per il potenziamento neurologico e migliorare le performance professionali
PER SAPERNE DI PIÙ www.agenziafarmaco.gov.it www.sostanze.info
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Pag. 45
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QUEL RIFIUTO DEI NOSTRI LIMITI CHE CI TRASFORMA IN SCHIAVI
MASSIMO RECALCATI
La natura tradizionale del farmacoè quella di essere un rimedio. Dove la vita manifesta un disfunzionamento
(nel corpo come nel pensiero) la promessa del farmaco è quella di ripristinare il livello normale di efficienza
guastato dall'irruzione della malattia.
Nel nostro tempo, all'estensione inflattiva di questa promessa che tende sempre più a medicalizzare la vita (i
rimedi si sono moltiplicati grazie ai progressi della medicina, ma anche agli interessi dell'industria
farmaceutica), dobbiamo aggiungere qualcosa di inedito: una versione del farmaco non più come rimedio ma
come potenziamento della vita.
Se la versione tradizionale, ippocratica, del farmaco-rimedio rimane nel solco classico della filosofia della
medicina poiché il farmaco dovrebbe curare la causa della malattia che il paziente percepisce nella
sofferenza sintomatica, questa nuova versione del farmaco come potenziamento scavalca decisamente
quella filosofia.
Non si tratta più di curare la malattia che ci affligge, ma di offrire alla vita l'illusione di una sua espansionee di
un suo rafforzamento artificiale.
La cura lascia qui il posto ad un doping indotto che esalta le funzioni del corpo e del pensiero: dal Viagra
all'uso degli psicostimolanti, dal testosterone all'abuso di antidolorifici, l'industria del farmaco offre sul mercato
provvedimenti chimici che hanno come obbiettivo l'enfatizzazione delle risorse dell'organismo più che la cura
tradizionale delle sue malattie. Al fondo di questo cambiamento di paradigma troviamo un mito ideologico del
nostro tempo: l'esaltazione di quello che già Marcuse alla fine degli anni Cinquanta in Erose Civiltà
battezzava come principio di prestazione.
Di cosa si tratta? Di una forma inedita di sfruttamento. Non solo quello dell'uomo sull'uomo analizzato da
Marx, ma quello che impone ad ogni uomo di vincere su se stesso, di imporsi su se stesso come macchina
efficiente, capace di prestazioni senza difetto. Un falso ideale di grande salute sembra così inondare la nostra
vita. Rifiuto del senso del limite, esorcismo dell'irreversibilità del tempo, cancellazione di ogni forma di
mancanza, autoaffermazione di se stessi.
Questo ideale performativo accompagna il valore ideologico attribuito dal nostro tempo alla crescita
economica, all'espansione illimitata dei mercati, alla rincorsa folle del profitto. Nel suo ultimo film titolato The
Wolf of Wall Street, Martin Scorsese offre un ritratto precisoe sconcertante di questo mito mostrando la sua
tendenza a collassare su se stesso. L'ideale cinico del potenziamento del proprio Ego viene perseguito in una
modalità predatoria e perennemente insoddisfatta.
Il consumo compulsivo di sostanze chimiche di ogni genere sembra coltivare una efficienza della macchinauomo ridotta ad una macchina di godimento acefala. Come presi in una corsa impazzita verso una meta che
non esiste, i personaggi di questo film offrono la rappresentazione di una volontà di potenza ormai priva di
ogni senso di responsabilità che non può non evocare il Pasolini di Salò o le 120 giornate di Sodoma.
La versione ascetica del capitalismo weberiano che costruisce il suo successo sulla rinuncia al godimento
immediato, sull'ideale del lavoro come "freno dell'appetito", lascia il posto ad un capitalismo che odia ogni
forma di rinuncia e che consuma se stesso manifestandosi come una pura volontà di godimento.
È in questa spirale mortifera dobbiamo inserire le nuove illusioni dei farmaci finalizzati a potenziare il
principio di prestazione. Si tratta di una nuova forma di schiavitù: la vita viene sottoposta ad un doping
permanente che s'intreccia con l'esibizione di una avidità pulsionale totalmente sregolata. Risultato: la caduta
di ogni dimensione solidale dell'esistenza, il cinismo narcisistico, la vacuità, la sconfitta dell'amore, la
distruzione della vita.
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R2/
20/02/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 32
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Sottrazioni in cucina
Sono in aumento le allergie ma dal punto di vista medico il vero problema è il consumo eccessivo di sale Il
progetto dello chef Scabin: preparare grandi piatti anche eliminando gli alimenti che fanno male
GIUSEPPE CALABRESE (segue dalla prima dell'inserto)
CI sono dati epidemiologici anglosassoni che dimostrano un aumento dell'allergia alimentare. È probabile che
questo incremento si verifichi in tutto il mondo occidentale anche se mancano dati specifici per l'Italia»,
spiega la professoressa Antonella Muraro, responsabile del Centro di specializzazione della Regione Veneto
per lo studio e la cura delle allergie e delle intolleranze alimentari, nonché Segretario Generale
dell'Accademia europea di allergiae immunologia EAACI.
«Le allergie e le intolleranze alimentari - continua - possono dare sintomi anche gravi soprattutto nei
bambini». Il problema ha pertanto bisogno di risposte rapide e concrete.
Soprattutto, spiega ancora Muraro «avrebbe bisogno di politiche comuni». Proprio per questo a ottobre è
stata presentata al Parlamento Europeo una dichiarazione scritta in cui viene chiesto alla Commissione di
«incoraggiare la cooperazione e il coordinamento fra gli Stati membri al fine di promuovere programmi
nazionali in materia di allergie», ma anche «per ridurre l'onere della malattia» che in alcuni casi è molto
elevato.
Dunque qualcosa si sta muovendo, soprattutto sul fronte italiano. Ben 35 parlamentari europei italiani su 65
hanno firmato quella dichiarazione. «Un aspetto molto importante, soprattutto in vista del semestre di
presidenza italiana - continua Muraro - . L'Italia potrebbe essere capofila di questo progetto».
La black list degli alimenti pericolosi è lunghissima. E non ci sono solo latte e grano. Il Centro nazionale di
epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute ha appena pubblicato i risultati preliminari del
consumo di sale in Italia: il 97% degli uomini e l'87% delle donne hanno un apporto giornaliero eccessivo. Un
problema in più. Ma spesso anche zuccheri, grassi e uova possono diventare pericolosi. Poi ci sono allergie o
intolleranze meno note. Quella al nichel e al cromo, che si trovano in alcuni vegetali, il meno diffuso favismo
(farina di fave), oppure la sindrome di Biancaneve, che non permette di mangiare alcuni tipi di frutta (per
esempio la mela) a chi soffre di allergia ai pollini. Un mondo talmente vasto e variegato che negli ultimi anni
ha messo in difficoltà cuochie aziende alimentari. «Nel nostro ristorante chiediamo sempre se ci sono allergie
o intolleranze - spiega Marianna Vitale, una stella Michelin, chef del ristorante Sud,a Quarto, provincia di
Napoli - e spesso ci capitano cose stranissime, come quel cliente che mi disse che era intollerante a tutti gli
zuccheri che finivano per "olo". O un altro che mi chiese tutto il menu senza latticini perché era intollerante al
lattosio, ma poi fece un'eccezione per il dolce. Diciamo che un po' di intolleranti ci sono, e noi siamo pronti a
soddisfarli senza nessun problema, però molti ci fanno. Ormai è diventata quasi una moda».
Già, così pare. Una moda tutta italiana, però.
«Per la mia esperienza all'estero non c'è tutta questa richiesta - spiega Loretta Fanella, pastry chef che ha
lavorato con Adrià, Cracco e Pinchiorri - . Fare dolci senza lattosio o glutine non è un problema, ma se si
toglie tutto un dolce perde equilibrio». Però sono sempre di più quelli che "mangiano senza", tanto che
Marcello Coronini ha deciso di dedicare l'edizione 2014 di "Gusto in scena"(dal 16 al 18 marzo) proprio alla
"Cucina dei senza". «Vogliamo dar vita a una nuova cucina, dove non si toglie sapore, anzi si esalta - spiega
Coronini - con un'attenzione particolare al gusto, ma soprattutto alla salute».
Un restyling delle nostre abitudini alimentari che coinvolge un numero sempre maggiore di persone. Il sito
"Cucina Mancina" (www.
cucinamancina. com), online da un anno,è già un punto di riferimento per chi vuole "mangiare differente" e la
sua filosofia è diventata anche un libro, edito da Gribaudo: "Eat different. Ricette creative per chi mangia
diversamente". Una sorta di manuale della cucina "senza". «Abbiamo deciso di trasformare gli sfigati
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Tra salute, diete e mode, "mangiare senza qualcosa" è diventata un'esigenza sempre più diffusa Ecco come
fare per non rinunciare al sapore LA TENDENZA
20/02/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 32
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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alimentari in persone che si nutrono in modo diverso- spiega Lorenza Dadduzio, autrice del libro e ideatrice
del sito insieme Flavia Giordano - Basta con i piatti tristi, siamo una comunità che con orgoglio, e creatività,
mangia differente».E in questo solco si inserisce anche il progetto Food Cleanic, ideato in collaborazione con
il gastroenterologo Matteo Goss e presentatoa Identità Golose da Davide Scabin, chef del bi-stellato Combal.
zero di Rivoli. «È un viaggio-progetto nel buon cibo - spiega Scabin - . È l'anello mancante di una catena che
mette insieme medici, nutrizionisti, dietologie gastroenterologi. Chi ha problemi alimentari non deve sentirsi
né diverso né isolato né avere una visione triste della cucina. Anche togliendo gli alimenti che possono far
male è possibile gustare un grande piatto. Buono e goloso. Questo è il mio obiettivo». Nel futuro di Food
Cleanic c'è anche una sede («Ma non prima di fine anno») e un sito open source su cui dare consigli. «Vorrei
insegnare anche alla gente a casa come cucinare per non perdere mai il gusto del buon cibo», conclude
Scabin.
Nel frattempo l'industria alimentare si è dovuta adeguare. Secondo una ricerca Nielsen, tra marzo 2011 e
febbraio 2012, nelle sole farmacie sono stati venduti prodotti senza glutine per 176 milioni di euro. Salute e
gusto, appunto. Non a caso a Identità Golose l'azienda Viazzo ha presentato la pasta di riso brevettata, già
adottata da Davide Oldani nel suo ristorante D'O. E ancora la linea Luxury della Savini Tartufi, dove tutti i
prodotti vengono lavorati freschi e senza aromatizzanti.
Come fa Cristina Crotti (Borgo del Balsamico) con il suo aceto. «Il 90% dei produttori utilizza il caramello,
mentre i nostri aceti sono tutti senza additivi o coloranti».
Il libro Eat different
L'incontro Gusto in scena Eat different, ovvero ricette creative per chi mangia diversamente (Gribaudo), è un
libro scritto da Lorenza Dadduzio e Flavia Giordano Destinato a "tutti coloro che fanno della consapevolezza
alimentare una scelta di vita". Otto le diverse "categorie" presenti: vegetariani, vegani, senza glutine, senza
lattosio, pochi grassi, pochi zuccheri, poco sodio, curiosi alimentari.
Il volume è ricco di simboletti pratici per individuare i piatti preferiti Torna a Venezia, dal 16 al 18 marzo,
Gusto in Scena, evento ideato da Marcello CoroninI. Chef e grandi pasticceri saranno chiamati a salire sul
palco del congresso per dare vita a una nuova cucina, La Cucina del Senza.
Lo faranno attraverso studi di piatti senza grassi, o sale o di dessert senza zucchero.
Tra gli chef invitati: Cracco, Candiani, Hintner, Marchini, Mazzucchelli, Aprea, Beck.
Tra i pasticcieri: Salvatore De Riso e Iginio Massari.
www.gustoinscena.it
TRE PIATTI Tre immagini di piatti "senza" tratte dal libro Eat different (Gribaudo) Da sinistra: Fiori di zucca
crudisti (foto Lorenza D'Adduzio); Tortini di grano saraceno ai formaggi (foto L. D'Adduzio); Torta di carote e
cocco senza farina (foto Sonia Piscicelli)
20/02/2014
La Repubblica - Genova
Pag. 6
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Gelo fra Montaldo e il direttore generale Barabino: 26 milioni di euro in lista d'attesa Gli investimenti
l'ennesimo anello di una lunga catena di indecisioni e nodi mai affrontati
AVA ZUNINO
«SAN Martino è la scommessa più grossa. Ci sono molte cose da fare e per farle occorre una visione
strategica»: il vice presidente della giunta e assessore alla salute Claudio Montaldo, altro non dice sulla
situazione dell'Irccs. Preferisce astenersi dall'entrare nel merito dei rapporti tra la Regione e il direttore
generale, Mauro Barabino. Dopo i primi entusiasmi, è calato il gelo. La riorganizzazione dell'istituto di ricerca
è rimasta al palo e percorsi e confini di assistenza e ricerca non sono ancora stati codificati. Il nuovo
ospedale, e ormai sono passati gli anni, non ha preso forma. Qualcuno dice che direttore e assessore non si
rivolgano neppure più la parola. E probabilmente i contatti sono ridotti allo stretto necessario. Anche ieri sera
sarebbe stato previsto un incontro, saltato per indisponibilità di Barabino. Non stava bene. Eppure sono giorni
roventi, in cui si chiudono partite importanti.
Per San Martino si tratta adesso di incassare 26 milioni con cui realizzare operazioni importanti come ad
esempio la costruzione del nuovo blocco operatorio. In Regione è in corso un confronto tra i tecnici e la
direzione dell'ospedale. Va avanti da tempo e non è ancora concluso.
La Regione a fine mese dovrà versare questi 26 milioni al colosso nato dalla fusione tra ospedale e istituto
dei tumori.
Quattrini per avviare una ristrutturazione che, dice la Regione, dovrà anticipare un riassetto complessivo
dell'ospedale. «Se si spendono tanti soldi - spiega il vice presidente Montaldo - sotto deve esserci un
disegno, bisogna realizzare parti che siano progressivamente coerenti una con l'altra». E a quanto pare su
questo disegno il direttore generale di San Martino-Ist, Mauro Barabino, non avrebbe mostrato idee troppo
chiare.
Avrebbe anzi cambiato più volte idea. Il principio richiesto per questi progetti è semplice: dal momento che
non ci saranno mai centinaia di milioni a disposizione per un intervento integrale (che non è neppure possibile
a meno di chiudere, per lavori, l'ospedale), l'impegno è a progettare per lotti il San Martino del futuro. Ma gli
investimenti sono solo l'ultimo anello di una lunga catena di indecisioni e nodi mai affrontati. Tra le iniziative
rimaste al palo, San martino non ha mia presentato il piano strategico del nuovo Ircss, chiesto anche dal
Ministero per la ricerca e l'assistenza.
PER SAPERNE DI PIÙ www.hsanmartino.it genova.repubblica.it
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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San Martino, l'ultima scommessa
20/02/2014
La Repubblica - Bologna
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Per dar sollievo ai bambini arriva l'hospice pediatrico
Affiancherà i centri per malati al Bellaria, a Casalecchio e a Bentivoglio
CATERINA GIUSBERTI
UN HOSPICE per i bambini, il primo in Emilia-Romagna. È il nuovo progetto al quale sta lavorando la
proprietaria del gruppo Coesia Isabella Seragnoli, che con la sua Fondazione ha già costruito tre strutture per
assistere i malati inguaribili e operare nell'ambito delle cure palliative a Bentivoglio, Casalecchio e
all'ospedale Bellaria. Proprio qui, in un terreno di fianco all'ospedale, sorgerà l'hospice per i più piccoli. Ieriè
arrivato anche l'ok del Comune di Bologna, che in commissione ha dato il via libera al piano già autorizzato
da Regione e Ausl. «È un progetto molto ambizioso - spiega la direttrice della Fondazione Isabella Seragnoli,
Monica Bravi - e si rivolgerà non solo ai bambini malati di tumore, ma anche a quelli affetti da malattie rare e
incurabili. Sarà un modo per dare sollievo a loro e alle loro famiglie». L'hospice pediatrico sorgerà in un'area
di 2.500 metri quadrati estendibili a 4.600, di proprietà della Croce rossa. Avrà dieci posti letto per i piccoli
pazienti dell'Emilia-Romagnao provenienti da altre parti d'Italia. E ci sarà spazio per accogliere le famiglie.
Oltre a gestire l'hospice, in convenzione con le aziende sanitarie, la Fondazione si occuperà della
sistemazione delle aree verdi vicino all'ospedale Bellaria, dove sorgerà il centro. «Con i nostri hospice
abbiamo risposto alla domanda del territorio. Adesso, con quello per i bambini, offriremo un servizio a
un'utenza molto più ampia», racconta con orgoglio Maurizio Martinelli, Art director della Fondazione. La scelta
di estendere le curie palliative anche ai bambini, spiega la direttrice Bravi, è prevista «da una legge del 2010,
cui la Regione Emilia Romagna ha fatto seguito nel 2012 con delle linee guida sulle cure palliative
pediatriche». Un terreno ancora poco battuto, in Italia, in cui la Fondazione Seragnoli vuole fare ancora una
volta da apripista. «Stiamo studiando le esperienze di altri Paesi. Sono in corso di definizione gli accordi con
l'Ausl per tutti gli aspetti normativi e giuridici».
Nei prossimi mesi è prevista anche l'apertura di una residenza per pazienti con disturbi alimentari, immersa
nel verde, in una villa di via Siepelunga.
Ieri in Comune c'è stato un plauso bipartisan a questa nuova sfida. I dirigenti di Palazzo d'Accursio Eno
Quargnolo (capo del dipartimento benessere) e Francesco Evangelisti (riqualificazione urbana) hanno
spiegato che l'amministrazione «s'impegna a collaborare perché i procedimenti autorizzativi, compreso il
rilascio dei necessari titoli edilizi, avvengano secondo criteri di celerità e non aggravamento».
PER SAPERNE DI PIÙ www.saluter.it www.ausl.bologna.it
Foto: PER I MALATI Bentivoglio, l'ingresso dell'Hospice che assiste i malati terminali. Ora nascerà una
struttura anche per i bambini
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Ieri il via libera all'ultima iniziativa della Fondazione Seragnoli Il progetto
20/02/2014
La Repubblica - Palermo
Pag. 15
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SEBASTIANO MERCADANTE
A volte ritornano. La potremmo chiamare così questa storia inaudita e senza fine, che poteva rinascere solo
in Sicilia. Le cronache hanno riportato un premio assegnato a Catania allo psicologo Vannoni, che sta
seminando il facile terreno della speranza di una guarigione laddove la medicina con tanta fatica arrancaa
trovare soluzioni. Non mi sono stupito di vedere in un viale di Modica un gazebo presidiato da uomini
infreddoliti, con cartelli inneggianti la libertà di cura col metodo Stamina, cioè un'accozzaglia di cellule di
incerta provenienza, come certificato da qualsiasi esperto.
Ma c'è di peggio se possibile. Un disegno di legge di alcuni parlamentari siciliani "tetrapartizan" prevede uno
stanziamento di 5 milioni per resuscitare la terapia Di Bella (anche se l'accennoè fatto all'ultimo comma).
Recita l'incipit: «La difficoltà che numerosi cittadini incontrano nell'affrontare forme tumorali per le quali le
cure tradizionali offrono poche speranze di guarigione.... «, per poi continuare: «spesso gli stessi sono portati
ad impiegare farmaci non dispensati dal sistema sanitario prescritti da medici sulla base di studi pubblicati in
riviste internazionali accreditate...», «.. terapie che incidono anche in termini di attenuazione della
sintomatologia del male (sic), dell'alleviamento delle sofferenze e di perseguimento della residua speranza
terapeutica (doppio sic)». Ma queste informazioni dove le hanno prese, dal Reader's Digest? Infine
concludono, denotando un certo analfabetismo legislativo, che i provvedimenti proposti non si pongono in
contrasto con la «gerarchia normativa vigente»(testuale), fantasticando di farmaci non ancora in commercio
ma sottoposti a sperimentazione o di criteri sull'uso dei farmaci off-label. Tali commi invece recitano in
maniera diametralmente opposta. L'iniziativa sarebbe respinta proprio perché contraria alle leggi vigenti. I
farmaci di cui si vaneggia sono disponibili per le corrette indicazioni, ma non esiste alcun criterio logico per
l'uso e soprattutto sono stati già sperimentati nell'insieme della terapia Di Bella: i risultati sono tristemente noti
e disastrosi per i pazientie per l'Italia, che siè esposta ad una figuraccia planetaria di fronte all'opinione
pubblica mondiale sperimentando una terapia tanto fantasiosa quanto inefficace e tossica. I poveri oncologi,
la cui colpa principale era (e rimane) una scarsa umanizzazione delle cure ed un atteggiamento spesso
protervo, furono costretti ad utilizzare il protocolloe pubblicarlo. I risultati sono consultabili, ahimè, su riviste
internazionali importanti (le leggano gli onorevoli, please), che generalmente riservano la loro attenzione a
ben altro, ma hanno dato ospitalità al folklore di circostanza, tra un sorrisetto e l'altro. A titolo di
esemplificazione, dall'archivio del professore, è risultato che molti ammalati non avevano neanche una
diagnosi di cancro. In quel periodo abbiamo visto la disperazione negli occhi dei familiari, alimentata dalla
rabbia iniettata da un sistema mediatico malato, che aveva fatto di un signore, di cui si può dire solamente
che era un po' avanti negli anni, una star. Magistrati che imponevano alle ASL di organizzare dei veri e propri
servizi per somministrare la cura, eserciti di agitatori in piazza, presenze televisive ubiquitarie, medici
improvvisati diventati esperti del metodo, dopo aver pagato la certificazione doc naturalmente, che
dispensavano fotocopie alla modica cifra di 300 mila lire, deputati e onorevoli che cavalcavano l'onda emotiva
di quei poveri disgraziati cui era stata offerta una miserevole speranza. I miliardi spesi in quegli anni sono
incalcolabili. Sappiamo come è andata a finire.
La medicina nonè quella "tradizionale", è medicina e basta, e ha i suoi limiti, ma la vita media siè allungata di
almeno dieci anni da quando la medicina è supportata dalla scienza. E la medicina alternativa non è una
novità, la disperazione di fronte a malattie incurabili esiste in tutto il mondo, anzi è frequentissima in paesi
avanzati, ma non diventa medicina di Stato. Di solito è praticata da soggetti furbi che usano mezzi bislacchi
approfittando dell'ignoranza e della credulità popolare. Io suggerirei agli onorevoli alcuni argomenti di una
nuova scienza sorgente in tempi di spending review, l'etica economica. Spiega che le cure insensate o futili
non possono essere spalmate sulle necessità dei cittadini, sottraendo preziose risorse economiche. I veri
diritti sono quelli esistenti non quelli immaginari. L'umanizzazione delle cure, state tranquilli, è un'altra cosa.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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L'INAUDITA ALLEANZA ALL'ARS PER RESUSCITARE LA CURA DI BELLA
20/02/2014
La Repubblica - Palermo
Pag. 15
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Significa riuscire a comunicare, dosando bene i termini, la situazione clinica e le opzioni terapeutiche, offrire
la sponda anche per gli sfoghi della disperazione, e continuare a curare, limitando le sofferenze, anche
quando la prognosi diventa infausta, non alimentare false illusioni o fornire ricette magiche.
Per quelle c'è già il mago Otelma.
DOVE SCRIVERE Inviate le lettere su argomenti locali a La Repubblica Via Principe di Belmonte 103 90139
Palermo
20/02/2014
La Repubblica - Roma
Pag. 13
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La 70enne deceduta dopo il ricovero. Il pm: "Non le hanno somministrato i farmaci giusti" Archiviate le
denunce nei confronti di altri due dottori: "Non responsabili"
RORY CAPPELLI
IL PM Attilio Pisani ha chiesto il rinvio a giudizio per una cardiologa dell'ospedale Israelitico per «colpa
consistita in imprudenza e negligenza» perché «ometteva di prescrivere e somministrare adeguata terapia
profilattica antitrombotica» fino a «cagionare la morte» della signora Lidia Angelini.
La storia ha inizio a novembre del 2012 quando la signora, una settantenne, viene ricoverata per
accertamenti all'ospedale di Monterotondo. Non si sente bene, è affaticata. I sanitari le consigliano però di
sottoporsi a un check completo all'Israelitico di Roma, dove infatti viene ricoverata il 4 novembre. Qui nei
giorni successivi peggiora: non riesce a muoversi bene, è stanca. Ma le difficoltà motorie non fanno scattare
nessun campanello d'allarme. Tanto che il 10 novembre, di mattina, l'infermiera di turno la trova morta.
Quando arriva il figlio, Luciano Cornacchia, ha un alterco con il medico di guardia e poi va a sporgere
denuncia.
Subito nel mirino del pm Attilio Pisani che coordina le indagini finiscono tre medici: quello di guardia nella
notte del decesso, una dottoressa che si riteneva fosse responsabile del reparto (risulterà poi che il
responsabile è invece un professore che allo stato attuale non è indagato) e la dottoressa in servizio presso il
reparto di cardiologia che aveva in cura la signora Angelini. Il procuratore dispone due consulenze
successive: la prima per stabilire le cause del decesso, se si tratta cioè di cause naturali o di negligenza. Con
la seconda consulenza tecnica richiede invece che si stabiliscano le responsabilità: che sia cioè individuato
chi, tra i tre medici, sia da ritenere responsabile. La consulenza esclude il medico di guardia, dapprincipio
indagato: il professionista non poteva essere responsabile, stabilisce la perizia, perché il fatto era ascrivibile a
un mancato trattamento pregresso nona un errore di quella notte. La dottoressa ritenuta responsabile del
reparto, che però non lo era, in quei giorni era in vacanza. Anch'essa viene perciò esclusa dalle indagini. Le
due posizioni vengono quindi archiviate. Ora le indagini sono chiuse e c'è stata la richiesta di rinvio a giudizio
per la dottoressa, S.B., che fin dall'inizio si è occupata dalla donna. E ora? «Nessun commento, ma massima
cautela in attesa di capire quello che accadrà» risponde l'avvocato della famiglia Giuseppe Lavigna. «Voglio
solo capire cosa è successo» dice invece il figlio della signora Angelini, che ancora non si rassegna alla
morte della madre. «Non mi voglio vendicare, non voglio perseguitare nessuno: solo capire».
Foto: L'ISOLA L'Ospedale israelitico si trova sull'isola Tiberina
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Ha una trombosi, sbagliano la cura e muore "A processo medico
dell'ospedale israelitico"
20/02/2014
La Repubblica - Torino
Pag. 8
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Dubbi sulla convenzione tra San Luigi e Asl To1 Il sindacato medici: "Non vorremmo che si stiano ripagando
debiti elettorali"
SARA STRIPPOLI
TROPPI primariati, quasi cento in più rispetto alle indicazioni standard stabilite a livello nazionale. In
Piemonte, solo negli ospedali piemontesi, dovrebbero essere 700, ma il calcolo delle strutture complesse
indicate negli atti aziendali arrivati in assessorato in questi giorni e da approvare entro il 31 marzo, conferma
che i direttori generali si sono fatti prendere la mano. In questo periodo di interregno, l'assessorato alla sanità
è uno dei pochi che lavora a ritmo serrato: il rispetto dei parametri stabiliti dai diktat dei ministeri di economia
e salute è un punto fermo, considerato in sintonia con "l'indifferibile e urgente" prescritto dalla sentenza del
Tar.
Adesso al vaglio dell'assessorato sono gli atti aziendali che dovranno essere corretti in itinere prima
dell'approvazione della delibera. Lunedì tutti i direttori sono convocati in corso Regina.
«Il numero deve diminuire», dice Sergio Morgagni. Il direttore regionale per il momento non si spinge oltre,
ma la verifica sulle attività dei diversi reparti è nelle mani dell'Agenas, che da mesi ha inviato qui a Torino un
esperto, Thomas Shell, per un controllo capillare, anche su bilanci.
Da giorni comunque negli ospedali cittadini rimbalzano notizie su decisioni assunte dalle direzioni che in
molti casi appaiono assai discutibili. Un caso che crea grande fibrillazione riguarda le convenzioni fra
l'ospedale San Luigi e l'Asl To1 per progetti sperimentali di coordinamento interaziendale delle strutture
complesse di otorinolaringoiatria e di ortopedia e traumatologia. Una "fusione" che ha creato grave disagio fra
i dipendenti dell'ospedale Martini ed è oggetto di una interpellanza firmata dal consigliere Pd Mauro Laus.
«Sonoa conoscenza di questo disagio ma non risulta nessuna decisione in merito negli atti aziendali della
To1», dice Morgagni, il quale aggiunge di aspettare integrazioni dalla direzione.
Al di là dei numerosi casi che potrebbero essere citati, una pesante denuncia è firmata dal sindacato medici
Anaao-Assomed: «Quelloa cui si assiste- dice il segretario regionale Gabriele Gallone - è un fenomeno
abbastanza noto fra gli operatori sanitari. Con gli atti aziendali in apparenza si riorganizzano le aziende
sanitarie secondo le linee guida regionali, ma in realtà si ripagano i debiti contratti in campagna elettorale». Al
di là di meriti o demeriti, incalza l'Anaao, «nascono strutture complesse che non dovrebbero essere tali e
vengono declassate strutture che hanno tutti i requisiti per essere primariati». Il sindacato medici è pure
convinto che il via agli atti aziendali non possa essere un'azione indifferibile e urgente: «Se saranno approvati
ci riserveremo di valutare un ricorso al Tar».
Foto: SANITÀ Almeno cento primari in più rispetto alle indicazioni standard stabilite a livello nazionale.
Il direttore regionale chiede di metterci un freno
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Troppi primari in Piemonte direttori convocati in Regione
20/02/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 12
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Reece, la lista dei sogni che commuove il mondo
Nel 2008, all'età di 5 anni, ha scoperto di essere malato di neuroblastoma Lettera d'addio di un bimbo inglese
condannato da un tumore «Mia madre vorrebbe tenermi ancora con sé ma ha capito che è meglio lasciarmi
andare...»
VITTORIO SABADIN
Reece Puddington , un bambino inglese di 11 anni affetto da un tumore incurabile, ha deciso con i suoi
genitori di lasciarsi morire e lo ha annunciato su Facebook, il luogo dove i suoi coetanei si scambiano ogni
giorno foto di esperienze felici. Aiutato dalla madre Kay, Reece ha postato una commovente lettera che ha
subito generato migliaia di risposte, piene di affetto e di ammirazione: molti lo definiscono un grande uomo
coraggioso, tutti pregano per lui e chiedono che avvenga un miracolo, l'unica cosa che potrebbe ancora
salvarlo. Reece vive a Whitstable, nel Kent, e ha scoperto di essere malato di neuroblastoma nel 2008,
quando aveva 5 anni. Questo tumore, che causa 100 vittime l'anno solo in Gran Bretagna, si annida in cellule
primitive dell'embrione e del feto e colpisce il sistema nervoso dei bambini. Non è curabile, se non attraverso
le solite sedute di chemioterapia che allungano un po' l'aspettativa di vita. Nel 2010 è sembrato però che le
cure facessero effetto: Reece stava meglio, il tumore era regredito e Kay e il marito Paul erano felici che il
loro bambino avesse finalmente la possibilità di comportarsi come gli altri. Poco più di due anni fa, Reece
stava facendo la doccia quando avvertì, raccontò poi a sua madre, «qualcosa di buffo in testa»
un'espressione che molte persone affette da sinusite ma anche da tumori - spesso usano per indicare un
disagio inafferrabile. Era un cancro al fegato, e non c'erano speranze. Ricominciò il calvario dei viaggi al
Royal Marsden Hospital nel Surrey, della chemioterapia e dell'umiliante debilitazione che l'accompagna.
Qualche settimana fa, in una straziante riunione familiare, la decisione di rinunciare alle cure e, come ha
scritto Reece, di «lasciarsi andare». «C'erano due opzioni - si legge ora nella sua lettera su Facebook -:
optare per un'altra sessione di cure, che voleva dire molti viaggi all'ospedale facendo fronte agli effetti
collaterali, per prolungare la mia vita. Oppure... Semplicemente non fare nulla, lasciando che la natura segua
il suo corso, e questo vuol dire finire la mia vita un po' prima che se mi sottoponessi ad altri trattamenti». «Mia
madre - aggiunge Reece - ha sempre sperato negli ultimi cinque o sei anni di avere il coraggio di capire
quando abbastanza fosse stato abbastanza. Dopo accurate valutazioni, mamma ha pensato che se dovesse
decidere per se stessa, mi sottoporrebbe ad altre terapie, perché non vorrebbe lasciarmi andare. Ma se
dovesse decidere per me, mi lascerebbe andare. Bene, mi sta lasciando andare...». Nella lettera, intitolata
«L'inizio della fine», Reece spiega che la decisione è stata presa dopo l'ultimo trattamento in ospedale.
«Sarebbe stato disonesto nei suoi confronti continuare la cura ha spiegato Kay Puddigton al "Daily
Telegraph" -. Reece è stanco, non ne può più. Stare a casa per lui significa molto, è come poter respirare di
nuovo. Ci hanno proposto altre medicine, ma sono tutte uguali: nausea, vomito, spossatezza. Abbiamo
deciso che è meglio così». Sempre su Facebook, Reece ha postato la sua «Bucket List», l'elenco delle cose
da fare prima di morire. Sono 14 in tutto, alcune infantili, altre molto tenere. Vorrebbe che sua madre
imparasse finalmente a guidare e fare un viaggio in auto con lei sulle scogliere. Vorrebbe incontrare l'attore
Johnny Depp, vestito come il capitano Jack Sparrow nei «Pirati dei Caraibi». Desidera una stanza tutta per
sé, il nuovo Xbox One, visitare Sun City in Sud Africa e una colazione da Wetherspoon's, una catena di pub
economica, ma apprezzata per il cibo. Migliaia di persone stanno ora salutando Reece, online e nei commenti
sui giornali, con emozione e affetto, lodando il suo coraggio e rispettando la sua decisione di morire con
dignità. Chi vuole, gli mandi un sorriso. I suoi desideri pubblicati su Facebook Tra i quattordici desideri prima
di morire anche quello di incontrare l'attore Johnny Depp vestito come il capitano Jack Sparrow nei «Pirati dei
Caraibi» Reece sognava una colazione da Wetherspoon's una catena di pub economica ma molto
apprezzata per il cibo Nella lista dei sogni il nuovo Xbox One e una stanza tutta per sé Ma anche una visita
nella città-resort di Sun City in Sud Africa
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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La storia
20/02/2014
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Pag. 12
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Foto: Reece Puddington ha 11 anni: combatte con la malattia da quando ne aveva 5
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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20/02/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Accusa falsa, l'Aifa non ha mai autorizzato il metodo Stamina"
Il direttore Tomino: il Comitato etico degli Spedali di Brescia mente
PAOLO RUSSO ROMA
Carlo Tomino, direttore «ricerche e sperimentazione clinica» dell'Aifa, l'Agenzia ministeriale del farmaco, non
ci sta a farsi mettere nel banco degli imputati. Anzi, accusa lui il presidente del Comitato etico degli Spedali
Civili di Brescia di falso, rivelando di non aver mai concesso nulla osta alla produzione di cellule secondo la
metodica Stamina. Ma il presidente del Comitato etico, De Ferrari, afferma di aver dato il suo nulla osta dopo
il suo via libera nonostante il laboratorio bresciano non fosse in regola. «Il 21 giugno del 2011 ricevo dalla
dottoressa Carmen Terraroli del Comitato Etico una mail sul "comportamento da adottare per richieste fatte in
base al Decreto sulle cure compassionevoli del 2006 con terapia cellulare somatica e tecniche di omo o autotrapianto con il supporto della Stamina Foundation". Le ho risposto dopo 6 giorni: "Per quanto riguarda le
cellule prodotte dalla Stamina, non mi risulta che queste siano fatte in accordo con le linee di sicurezza
internazionali GMP". Specificando che in assenza di queste, il loro utilizzo non poteva essere autorizzato». E
poi che cosa succede? «Il 29 luglio 2011, il direttore generale degli Spedali Civili di Brescia, Cornelio Coppini,
non il Comitato etico, mi comunica che, in base alla legge del 2006 sulle cure compassionevoli, l'Azienda
ritiene di poter operare trattando casi per i quali esistano pubblicazioni scientifiche accreditate o evidenze
cliniche. Inoltre i trattamenti riguarderanno solo pazienti per i quali ci sia stato parere favorevole del Comitato
etico con procedura d'urgenza, e la produzione cellulare avverrà presso il laboratorio bresciano per il quale, si
specifica, sono presenti requisiti richiesti dal Decreto ministeriale del 5 dicembre 2006». E questa volta lei
autorizza? «Non la produzione di cellule Stamina, per le quali non ho mai concesso nulla osta. A quella nota
del direttore degli Spedali Civili rispondo che, fermo restando la responsabilità sulle affermazioni rese, "non si
ravvedono ragioni ostative al trattamento indicato", che però non è Stamina, rispetto alla quale non ho mai
cambiato il mio primo e negativo parere». Allora cosa avrebbe autorizzato? «Altre produzioni, non di cellule
mesenchimali, visto che la direzione dell'ospedale fa riferimento alla presenza dei requisiti del decreto del
2006, che non erano rispettati a Brescia per le mesenchimali. Alle quali nella comunicazione di Coppini non si
fa mai riferimento. Allora le richieste della direzione ospedaliera e quella del Comitato non avevano alcun
collegamento». Il presidente del Comitato etico non dice il vero? «L'affermazione a me attribuita riportata da
De Ferrari "non ci sono ragioni ostative al trattamento Stamina" è falsa».
Foto: Una manifestazione pro-Stamina a Brescia
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Intervista
20/02/2014
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Pag. 15
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"Ci ammaliamo di carbone Ora diteci tutta la verità"
Viaggio a Vado dopo l'accusa della procura: la centrale ha causato 400 morti LA 28ENNE MALATA «La mia
patologia colpisce soprattutto i più giovani ed è favorita dalle emissioni» IL GRUPPO DI MEDICI «Stiamo
raccogliendo cartelle cliniche: pensiamo di costituirci parte civile»
TEODORO CHIARELLI INVIATO A VADO (SAVONA)
Te le trovi davanti all ' improvviso, in autostrada, venendo da Genova, subito dopo lo svincolo per Torino. Due
camini a strisce bianche e rosse alti 200 metri. Due enormi lance scagliate a ferire l'orizzonte. E' la centrale
termoelettrica di Vado Ligure, il mostro che dal 1970, prima sotto il cappello Enel e dal 2002 sotto quello di
Tirreno Power, ammorba l'aria della seconda piana della Liguria dopo Albenga. Un gigante vicino alle case e
a un pugno di campi di calcio e di impianti sportivi. Ovviamente Tirreno Power (50% della francese GdF
Suez, 50% di Energia Italiana, a sua volta controllata al 78% da Sorgenia del gruppo Cir che fa capo alla
famiglia De Benedetti) sostiene di rispettare le prescrizioni di legge. Dopo mesi di indagini, analisi, studi e
ascolto di consulenti, la procura di Savona accusa in modo diretto Tirreno Power di aver ucciso. Per il
procuratore Francantonio Granero le emissioni della centrale a carbone di Vado hanno causato 400 morti tra
il 2000 e il 2007. «Senza la centrale di Vado tanti decessi non vi sarebbero stati», ha detto. E l'affermazione
non si basa su un calcolo algoritmico, come era emerso in passato, ma su dati reali. Secondo il procuratore,
ci sarebbero stati anche tra i 1.700 e i duemila ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari e
450 ricoveri di bambini per patologie respiratorie e attacchi d'asma tra il 2005 e il 2012. I consulenti della
procura hanno mappato una "zona di ricaduta delle emissioni" della centrale ed hanno escluso come causa
delle patologie il traffico automobilistico, altre aziende della zona e i fumi delle navi in porto. Il perimetro della
mappa riguarda quasi tutta Savona, Vado, Quiliano, Bergeggi e in parte Albisola e Varazze. La piana di
Valleggia di Quiliano sino alla fine degli anni Sessanta era famosa per le sue albicocche. Da queste parti
ricordano ancora i camion che venivano a caricarle destinazione Germania. Ma si era in pieno boom
economico, l'Italia chiedeva energia, ferro, petrolio e treni per lasciarsi alle spalle la povertà del dopoguerra.
Così i contadini vendono i terreni e diventano operai e tecnici. Arriva l'Enel (1971), ci sono la Esso, la
Montedison, l'Eni, la Carbocoke, la Westinghouse (oggi Bombardier), il porto pompa greggio e sostanze
chimiche. E' l'industria pesante, un modello di sviluppo, con regole scarse ma confuse, che dovrebbe
condurre al benessere. Vado diventa il paese a maggior concentrazione industriale d'Europa, dipinto dalla
retorica industrialista come una piccola Manchester. Poi il boom finisce, le aziende chiudono o smagriscono,
ma la devastazione del territorio rimane. E la gente scopre che il (presunto) benessere ha i suoi prezzi,
altissimi, da pagare. Ilaria Mastrorosa ha 28 anni e ha appena finito di combattere con un tumore maligno al
sistema linfatico. È una delle pochissime persone disposta a parlare con nome e cognome. Aveva un bar a
Savona, dove abita, e nell'ottobre del 2012 le diagnosticano "la bestia". «Sono stata operata, ho fatto la
chemio, ho dovuto chiudere la mia attività. Un percorso durissimo, con la chemio ti senti una vecchia di
cent'anni, perdi la gioia di vivere. Ho stretto i denti e ora sembra che il tumore sia in remissione. Non mi sono
arresa, ho voluto cercare le cause, capire se derivavano da fattori ambientali. E guarda caso il mio tipo di
patologia è favorito dalle emissioni legate al carbone. E prende sempre di più i giovani. Quando facevo la
chemio, io di 27 anni ero la più vecchia. Uno strazio. Così ho deciso di farmi fotografare durante la cura
senza capelli e con una maglietta con la scritta "no carbone". Bisogna far uscire la gente allo scoperto,
denunciare». Non è facile. Soprattutto in momenti di crisi economica, la contrapposizione lavorosalute ha un
esito scontato. Dario Miedico è un medico legale, specializzato in medici na del lavoro. Vive a Milano e ha
una casa di vacanze ad Albissola: si è appassionato alla causa. «Contrariamente a quanto si pensa, le
principali conseguenze dell'inquinamento da carbone sono non tanto i tumori, quanto patologie respiratorie e
cardiorespiratorie. Stiamo raccogliendo documentazione e cartelle cliniche. Abbiamo seguito una settantina di
casi: vorremmo arrivare a una denuncia e alla costituzione di parte civile. L'iniziativa della procura ci fa ben
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Reportage
20/02/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 15
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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sperare, ma bisogna proseguire a sensibilizzare la gente. L'obiettivo finale? Spero che la centrale chiuda o si
trasformi a metano». Nel frattempo Miedico si è beccato una denuncia da Tirreno Power con richiesta danni
da 1 milione di euro. Un altro medico, referente savonese di "Medicina democratica", Maurizio Loschi, parla di
famiglie decimate: padre, figlio e suocero uccisi dalle polveri di carbone. O di quell'operaio che lavorava
vicino alla centrale stroncato dall'antracosi, ossia dalla presenza di carbone nei polmoni. Ma anche di malattie
esplose in famiglia. «La mia compagna - racconta - abita a Noli, praticamente sul mare. Ora è affetta
dall'asma. Dopo di lei è toccato al figlio della sorella, 28 anni. Un giovane che non si è mai mosso da Noli». Il
sindaco di Vado, Attilio Caviglia, tuona: «Vogliamo capire con sicurezza cosa c'è nell'aria che respiriamo,
nell'acqua dei torrenti e nel suolo». Alberto Ferrando, sindaco di Quiliano, paese confinante, va giù duro: del
resto la sua amministrazione ha fatto ricorso al tar contro l'ampliamento della centrale e contro l'Aia. «Dopo le
affermazioni del procuratore mi aspetto che ci siano azioni conseguenti, avvisi di garanzia e un processo.
Purtroppo le istituzioni qui in Liguria sono in grave ritardo».
Foto: Le torri
Foto: I due camini a strisce bianche e rosse alti 200 metri di Tirreno Power s'innalzano a Vado Ligure
20/02/2014
La Stampa - Ed. nazionale - tutto scienze
Pag. 42
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Sos antibiotici. I batteri stanno diventando invincibili
Sotto accusa non solo gli abusi terapeutici, ma quelli nell'agricoltura e negli allevamenti Le aziende
farmaceutiche preferiscono investire in settori più profittevoli
VALENTINA ARCOVIO
no, inseriti nelle vernici delle barche per tenere lontani i crostacei. Per non parlare dell'assunzione
inappropriata di questi farmaci senza prescrizione medica. Si stima, in particolare, che nel mondo la
maggioranza delle 100-200mila tonnellate di antibiotici prodotte vengano usate in modo disinvolto sia in
agricoltura sia nel settore veterinario per mantenere sani gli animali negli allevamenti industriali. «La
situazione sta peggiorando», ha ammonito sul «Daily Telegraph» Zac Goldsmith, tesoriere del gruppo
bipartisan nato in Gran Bretagna sul tema. «Quando si concentra un gran numero di animali, soprattutto
maiali, in situazioni di stress si crea ogni genere di problema. La storia - continua - ci insegna che non si
possono tenere gli animali in questo modo senza usare quotidianamente gli antibiotici, ma si tratta di un
modello che non può più funzionare». Il risultato, infatti, è la creazione di un esercito di batteri resistenti che
ogni anno reclama la vita d i 25mila persone in Europa, più o meno quante sono le vittime della strada.
Abbiamo usato, o stiamo usando, tutti i farmaci «di ultima speranza» e, oltre a non esserci più nulla
nell'arsenale medico, non ci sono molti nuovi prodotti in via di sviluppo. E intanto il 70% dei batteri ha
sviluppato resistenze specifiche, comprese contro i farmaci considerati più potenti. Così il pericolo si allarga:
da locale sta raggiungendo proporzioni globali. I «superbatteri», per esempio quelli che nascono in un
ospedale cinese o in un fiume inquinato in Pakistan, possono attraversare i continenti più velocemente di
quanto si riesca a scoprirli. Uno studio condotto su 100 svedesi che hanno viaggiato in Paesi al di fuori
dell'Europa del Nord ha rivelato che uno su quattro Siamo entrati nell'era post-antibiotica e senza nuovi alleati
si prospetta un futuro apocalittico. I farmaci che ci hanno permesso di sopravvivere a malattie infettive in
passato devastanti, come la tubercolosi o la setticemia, non funzionano più. Gli antibiotici che hanno salvato
la vita di milioni di persone sono così diffusi che i batteri hanno trovato un modo per resistere al loro attacco.
Sono ormai dappertutto: vengono spruzzati sui raccolti, scaricati nei fiumi e persino, come è emerso al
meeting dei ministri della scienza del G8 lo scorso anaveva qualche batterio resistente presente nello
stomaco. D'altra parte, solo nel 2011, ci sono stati almeno 35mila casi di infezioni da batteri resistenti in tutta
Europa: è un aumento di sei volte in pochi anni. I dati sottolineano l'aumento della resistenza in due specie di
batteri: Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae. Queste due specie - responsabili di infezioni urinarie, sepsi
ed altre infezioni nosocomiali - mostrano un significativo aumento nelle percentuali di resistenza ad antibiotici
come le cefalosporine di terza generazione, i fluorochinoloni e gli aminoglicosidi. Resistenze, queste, che
sono spesso combinate tra loro, generando di conseguenza batteri multi-resistenti, causa di infezioni sempre
più difficilmente trattabili. Negli ultimi anni, poi, tra le resistenze si è aggiunta quella ai carbapenemi, antibiotici
considerati di «ultima risorsa», rendendo le infezioni praticamente intrattabili. La situazione è ancora più
grave in Italia, uno dei Paesi europei con i più alti livelli di allarme. «A fronte di una sorveglianza al fenomeno
che descrive puntualmente, ogni anno, una situazione problematica - spiega l'Istituto Superiore di Sanità - gli
interventi che sono stati messi in atto sono scarsi e parcellizzati». La crisi che incombe è facilmente descritta
da altri due dati: se tra il 1935 e il 1968 sono state scoperte 14 nuove classi di antibiotici, da allora ne sono
emerse soltanto cinque. Il problema - spiegano gli esperti - è che le aziende farmaceutiche si sono ritirate da
questo tipo di ricerca, preferendo concentrarsi sulle malattie croniche, per le quali è necessario assumere
farmaci per tempi molto lunghi, piuttosto che sulle infezioni che, invece, guariscono in pochi giorni. La
conferma che l'industria sta abbandonando questo settore-chiave arriva anche da uno studio italiano,
condotto all'Ospedale Santa Maria Misericordia di Udine e pubblicato lo scorso agosto sugli «Annals of
Clinical Microbiology and Antimicrobials». Si dimostra come, mentre all'inizio degli Anni 90 c'erano 18
aziende impegnate nello sviluppo di nuovi antibiotici, nel 2011 ne erano rimaste quattro e come da 10 nuovi
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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FARMACOLOGIA/1
20/02/2014
La Stampa - Ed. nazionale - tutto scienze
Pag. 42
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antibiotici approvati nello stesso arco di tempo si sia passati a due soltanto. Allo stesso tempo sono pochi i
governi che stanno prendendo parte attiva alla ricerca, come gli Usa, che hanno investito 200 milioni di dollari
in una unità della GlaxoSmithKline (una delle quattro aziende rimaste a fare ricerca in questo campo) per lo
studio di nuovi antibiotici da usare in caso di un attacco bioterroristico.
20/02/2014
La Stampa - Ed. nazionale - tutto scienze
Pag. 41
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Questi farmaci salva-vita vengono prescritti in modo eccessivo? Fondamentali l'esercizio fisico e una dieta
corretta
GIANA MILANO
Basta una pillola al giorno, cioè una statina, per togliere di torno il nemico 1 del cuore, il colesterolo, ed
evitare l'infarto? Di statine ce ne sono svariate e si contano a milioni le persone che ne fanno uso, anche in
assenza di fattori di rischio cardiovascolare, con l'obiettivo di prevenire. E, infatti, la convinzione che questi
farmaci - dopo 30 anni di spettacolare successo commerciale - possano proteggere il cuore ha preso
talmente piede da far passare in secondo piano la prevenzione primaria, quella basata sullo stile di vita: dieta
sana, niente fumo, esercizio fisico. E così, secondo il rapporto «OsMed» (l'osservatorio sull'uso dei
medicinali), le statine usate nell'ipercolesterolemia occupano per spesa il primo posto. Che il colesterolo sia
da tenere sotto controllo - specie quello «cattivo», il colesterolo-Ldl (dal nome della proteina a bassa densità,
Low density lipoprotein) - è ormai un mantra. E' risaputo che per mantenersi in salute i suoi valori non devono
superare una soglia di sicurezza, soglia che è stata via via abbassata. Eppure già nel '93, nel saggio
«Leggenda e realtà del colesterolo. Le labili certezze della medicina» (Cortina), il cardiologo Marco Bobbio
sfatava il mito della correlazione matematica tra riduzione del colesterolo e infarto. E di recente la rivista
«Jama», caposaldo della comunicazione medica, ha pubblicato le nuove linee-guida per il colesterolo,
elaborate dall'«American Heart Association» e dall'«American College of Cardiology». E il dibattito sul
binomio colesterolo-statine si è subito riacceso. La buona notizia, almeno in apparenza, è che le nuove
raccomandazioni dicono addio ai numeri, perché eliminano il criterio dei valori-soglia di colesterolo-Ldl per
iniziare una terapia, ma «di fatto ampliano il bacino dei candidati alle statine, dato che invitano a trattare
persone che hanno un rischio di malattia cardiaca maggiore del 7,5% nell'arco di 10 anni, rispetto alla soglia
del +20% delle precedenti linee-guida», scrive sul «British Medical Journal» John Abramson, professore alla
Harvard Medical School e autore del saggio «Overdosed America: The Broken Promise of American
Medicine». E avverte: «Eliminare il criterio della soglia di colesterolo-Ldl significa aumentare il numero dei
sani a cui le statine verranno prescritte, esponendoli ai loro effetti collaterali». Negli ultimi tre anni, d'altra
parte, c'è stata una continua oscillazione nelle indicazioni. Nel 2011 una revisione di vari studi clinici condotta
dalla Cochrane Collaboration - gruppo no-profit che valuta l'efficacia degli interventi sanitari - concludeva che
c'erano «scarse prove a sostegno della prevenzione primaria con statine tra le persone a basso rischio
cardiovascolare (cioè inferiore al 20% in 10 anni), perchè in questi casi il rapporto rischio -beneficio era
sfavorevole». Due anni dopo, nel 2013, un altro report Cochrane, invece, ha concluso che le statine riducono
non solo gli «eventi cardiovascolari», ma la mortalità in chi è «a basso rischio». Conclusioni in sintonia con
quelle di un'analisi della Cholesterol Treatment Trialists Collaboration: «I benefici superano i rischi legati alle
statine, come miopatia e diabete». Un verdetto che, però, ha preoccupato Fiona Godlee, direttore del «British
Medical Journal», dato che gli studi inseriti nell'analisi erano finanziati da chi produce statine. «Possono
averne esagerato i benefici e minimizzato gli effetti collaterali e chi è a basso rischio cardiovascolare deve
saperlo. Così come si deve essere informati sui benefici di un cambiamento dello stile di vita, aspetto che
resta nell'ombra», scrive Godlee. Perplessità condivise da Abramson: «Le raccomandazioni sono state
elaborate da un gruppo di esperti non scevro da conflitti di interesse». Senza contare che «focalizzare
l'attenzione sul colesterolo come bersaglio è fuorviante: le statine potranno anche ridurlo, ma è un obiettivo
secondario rispetto a quello primario di incidere sulla mortalità totale per malattie cardiovascolari», osserva
Gianni Tognoni, epidemiologo e direttore del Negri Sud, autore di studi che hanno cambiato la storia
dell'infarto. Dove porteranno, quindi, le nuove linee-guida? «A prescrivere statine a tutti coloro che hanno più
di 50 anni, anche se con un basso rischio cardiovascolare?», si chiede Godlee, in un editoriale in cui invita
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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**Contro il rischio infarto non basta più una statina Ecco le nuove
linee-guida
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alla cautela. C'è anche chi (dal «New England Journal of Medicine») ribatte alle critiche alle nuove
raccomandazioni, perché si basano sulla «medicina delle evidenze», la «evidence based medicine». «Uno
dei suoi padri, Gordon Guyatt, invita a riflettere. L'evidenza scientifica non è mai sufficiente da sola e
dev'essere accompagnata da criteri di applicabilità, ai costi della terapia e alle scelte condivise con il
paziente», ricorda Giovanni Peronato, membro dei «NoGrazie», movimento di operatori sanitari che si
oppone agli attuali rapporti tra medici e industria. Alle critiche del «British Medical Journal» si è unita
«Lancet». Paul Ridker e Nancy Cook sottolineano come le nuove linee-guida prevedono un «calcolatore di
rischio»: è un algoritmo, da cui si ottiene il rischio di malattia cardiovascolare nei successivi 10 anni. Secondo
i due studiosi, il calcolo sovrastima il pericolo, anche raddoppiandolo. E così si può cadere nella sovraprescrizione di statine. Con questa logica - ammoniscono - potrebbe essere trattato con statine il 40-50% dei
33 milioni di americani di mezza età che sono sotto la soglia di rischio del 7,5% a 10 anni. «Il dubbio che sia
un'operazione commerciale è legittimo», osserva Maria Font, del dipartimento Ulss 20 di Verona, autrice del
bimestrale online di informazione sui farmaci «InfoFarma». La discussione, quindi, è destinata a proseguire. n
Partendo da questa osservazione, i ricercatori della Northwestern University di Chicago hanno cercato un
modo per limitare i danni, provando a spegnere l'infiammazione. Come? Con nanosfere di acido lattico,
coniugate all'acido glicolico. Una tecnologia tanto semplice quanto geniale. Queste particelle hanno la
caratteristica di possedere sulla superficie una carica negativa capace di attirare le cellule del sistema
immunitario. Un'«attrazione fa- tale» che porta alla loro eliminazione e alla riduzione del processo
infiammatorio. Le nanosfere, testate in un modello animale, sono state in grado di ridurre del 50% i danni
causati dall'infarto. Come spiega Daniel Getts, uno degli autori dello studio, «questa è la prima terapia che va
a colpire un fattore-chiave. La nuova cura può potenzialmente trasformare il modo con cui si affrontano gli
attacchi di cuore e le malattie cardiovascolari». Un approccio che potrebbe essere testato nell'uomo già dal
prossimo anno. Tenere l'infiammazione sotto controllo, tuttavia, non è la sola strategia allo studio. Dopo un
infarto miocardico acuto spesso si verificano quasi immediatamente variazioni di forma e dimensioni del
ventricolo sinistro, che portano a problemi di in- sufficienza cardiaca, una situazione d'emergenza in cui il
muscolo non è in grado di pompare adeguatamente. In questi casi i responsabili del pericoloso cambiamento
strutturale sono alcuni enzimi - le metalloproteinasi- che distruggono la matrice cellulare. Ecco perché,
contrastandone la fun- zione, è possibile limitare le conseguenze più disastrose dell'infarto. Un obbiettivo che
sembra essere stato raggiunto dai ricercatori della University of South Carolina di Charleston. Il segreto, in
questo caso, si chiama idrogel. All'interno di questo materiale, composto in gran parte da acido ialuronico,
sono presenti degli enzimi che contrastano l'azione proprio delle metalloproteinasi. Iniettando il gel nel cuore,
si è limitato il rimodellamento del ventricolo e la conseguente insufficienza cardiaca. Anche in questo caso la
strategia terapeutica, testata in modello animale, potrebbe presto essere estesa all'uomo. Un duplice
approccio, quello descritto nei due studi, che promette di rivoluzionare il trattamento delle persone che
sopravvivono all'infarto.
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"I consigli: no al fai-da-te dei farmaci e riscopriamo l'igiene personale"
«Ogni individuo può nel s u o piccolo contribuire a contrastare l'emergenza dell'antibiotico-resistenza. Non
solo evitando di assumere questi farmaci in modo inappropriato, cioè senza prescrizione medica, ma
riducendo al minimo il rischio infezioni tramite una serie di accorgimenti da seguire nella vita di tutti i giorni».
A elencare i consigli pratici per evitare di assumere antibiotici è Walter Ricciardi, docente di Igiene
all'Università Cattolica Sacro Cuore-Policlinico Gemelli di Roma. Professore, qual è la principale
raccomandazione per proteggersi dai batteri? «Lavarsi le mani. Non per pochi secondi e superficialmente, ma
strofinando con il sapone tutta la superficie. Specialmente fra le dita, dove si annidano questi microrganismi,
e che è una parte della mano che spesso viene trascurata durante il lavaggio». su cos'altro dobbiamo porre
maggiore attenzione? «Sull'igiene in casa, specialmente se sotto il nostro tetto vivono anche animali
domestici, come un cane o un gatto. Maggiore attenzione, inoltre, va data alla pulizia in cucina, dove i batteri
possono facilmente passare per via orale. Consiglio di tenere pulite al massimo le superfici adibite alla
preparazione e alla conservazione degli alimenti. In particolar modo il frigorifero, dove il rischio di
contaminazione è più elevato, soprattutto se entrano in contatto cibi crudi con quelli cotti». Dal frigorifero alla
tavola il passo è breve? «Purtroppo sì, specialmente se abbiamo a che fare con alimenti che si consumano
crudi. Come la frutta e la verdura, che raccomando di sciacquare abbondantemente». Il bicarbonato è utile
per disinfettare questi alimenti? «Sì. Quando si sciacquano frutta e verdura, il bicarbonato, o in alternativa
altri disinfettanti creati per questo scopo, possono aiutare a distruggere eventuali batteri. Soprattutto quando
questi alimenti possono essere consumati senza il bisogno di sbucciarli o di togliere un involucro esterno:
come l'insalata o l'uva». I batteri possono annidarsi anche nei vestiti? «Sicuramente. Ecco perché
raccomando di arieggiare gli abiti indossati prima di riporli su una sedia in camera da letto o nell'armadio.
Maggiore attenzione va riposta ai vestiti indossati dai bambini, più inclini a sporcarsi mentre giocano fuori e
quindi a portare in camera eventuali batteri». Qualche consiglio invece per quando si è in viaggio? «Se la
destinazione è un Paese esotico, la prima regola per proteggersi da batteri potenzialmente pericolosi è quella
di consumare solo acqua minerale in bottiglia perché più controllata. In alcune aree del mondo gli acquedotti,
infatti, non sono sicuri e possono contenere batteri di vario tipo, soprattutto di origine fecale. Bisogna quindi
evitare di esporsi al rischio di infezioni. Questo discorso vale anche per il ghiaccio: non ha senso consumare
acqua minerale in bottiglia, se poi si va in un bar e si beve un cocktail con ghiaccio fatto con acqua
contaminata». Ma, se anche seguendo questi i suggerimenti, un batterio ci colpisce, cosa si può fare? «La
regola è non assumere farmaci senza indicazione medica. Non possiamo essere certi che si tratta di un
batterio o di un virus. E in quest'ultimo caso gli antibiotici sono inutili, perché sono efficaci solo se l'infezione
ha origine batterica e questo ce lo può dire il medico. Purtroppo spesso l'antibiotico viene assunto anche per
un raffreddore o l'influenza e questo non fa altro che aumentare il fenomeno dell'antibiotico-resistenza».
Walter Ricciardi Igienista RUOLO : È PROFESSORE DI IGIENE ALL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL
SACRO CUORE E DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI SANITÀ PUBBLICA DEL POLICLINICO
UNIVERSITARIO GEMELLI DI ROMA
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F ARMACOLOGIA/2
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"Mai più disperati: la lezione inizia da Dallas Buyers Club"
Come le organizzazioni dei malati possono influenzare (bene) la ricerca
GABRIELE BECCARIA
Ametà della conversazione spunta la figura scheletrita di Matthew McConaughey. Il professor Giuseppe
Testa evoca «Dallas buyers club»: il film racconta la storia vera di Ron Woodroof, il cowboy ammalato di Aids
che negli Anni 80 ingaggia una guerra privata per la sopravvivenza, quando del virus si sapeva pochissimo.
Tra scene di strazio e violenza c'è il frammento di una storia più grande, altrettanto autentica: quella di alcuni
gruppi di attivisti americani - racconta il direttore del laboratorio di epigenetica delle cellule staminali
dell'Istituto Europeo di Oncologia - che si trasformarono in esperti al punto di spingere la Food&Drug
Administration (l'ente che dà luce verde ai farmaci) a ridefinire i criteri per la sperimentazione clinica e quindi
a velocizzare l'approvazione di nuove terapie. «Un caso da manuale», sottolinea Testa nel suo ufficio
milanese, che dimostra come la scienza sia una macchina più sofisticata rispetto agli stereotipi a cui hanno
creduto tanti italiani, vittime del truffaldino metodo Stamina. «Il caso americano, in effetti, fa da contraltare al
caso italiano. L'uno, un successo di inclusione intelligente dei non addetti ai lavori, l'altro un fallimento che ha
diviso il Paese sul nulla». Stamina, tuttavia, resta per molti un'ossessione e Testa è lo studioso giusto per
riflettere su uno scandalo del quale non ci si è ancora liberati. Di lui si è parlato nelle scorse settimane per il
progetto, finanziato dall'Ue, che punta a trasformare proprio le staminali in «cavia perfetta» con cui studiare
cure innovative contro alcune malattie neurologiche. Sempre lui ha contribuito al libro considerato la bibbia
sul tema, «Stem cells: from basic research to therapy»: lì, in un capitolo alla frontiera tra ricerca, etica e
politica, Testa spiega perché le staminali siano il caso-simbolo di come le bio-scienze che promettono di
riparare le parti di noi che non funzionano più e di svelare la logica delle malattie che ci angosciano, dal
cancro all'Alzheimer - richiedano una logica innovativa, che coinvolga scienziati, cittadini e politici. «Una
scienza che sia più inclusiva dei bisogni di una cittadinanza sempre più consapevole». Professore, lei
sostiene che la qualità di una democrazia si misura anche dal modo in cui affronta le questioni aperte dalla
scienza: perché l'Italia fa fatica a gestirla, tra l'indifferenza per i tagli alla ricerca e le psicosi per le cure
miracolose? «Per un problema che si sintetizza sotto una formula oscura solo in apparenza: epistemologia
civica». Spieghi cosa significa. «Ho intitolato il mio capitolo "Democrazia della staminalità" perché analizzo
come le staminali siano state affrontate e regolamentate e cosa rivelino di una società: non si riflette
abbastanza su come una collettività decida - con la scienza e sulla scienza - organizzando il processo con cui
si arriva a conoscere attraverso il contributo di tanti. Uso quindi il concetto di "epistemologia civica" per
indicare come si stabiliscono gli standard del sapere, come vengono definiti e da chi, e attraverso quali canali
vengono certificati in modo pubblico. Ecco perché l'epistemologia è civica: viviamo nella "knowledge intensive
society", la società ad alta intensità di conoscenza, che richiede l'esercizio di questa virtù - civica, appunto - di
confronto e scambio. E gli scontri sulle staminali sono significativi per capire quanto diversa sia l'Italia da molti
altri Paesi: da noi l'epistemologia civica è frammentata, non rodata e vive con inquietante regolarità momenti
di crollo». Come nel caso Stamina? «Sì ed è emblematico: mancano evidentemente quei canali di tipo
istituzionale che permettono di fare della conoscenza una pratica orgogliosamente vissuta come patrimonio
comune. E così è successo che Stamina sia entrata nel sistema sanitario, aggirando una serie di soglie che
sono sia di affidabilità scientifica sia, appunto, di responsabilità civica. E, una volta esplosa nello spazio
pubblico, ha creato un'enorme controversia. Tanto che si era inizialmente arrivati, per volontà di un governo,
a proporre una sperimentazione atto che è per antonomasia parte del processo della ricerca - seguendo un
percorso radicalmente diverso da ciò che è codificato come corretta pratica scientifica. Mancano, quindi, i
meccanismi con cui arrivare a una conoscenza condivisa e pubblica, in cui scienza e politica dialoghino,
generando un percorso comune che includa le priorità dei cittadini e sia radicato nell'evidenza». E i cittadini?
Come li si coinvolge? «Quando si parla di scienza e democrazia - il tema di questa serie di "Tuttoscienze" - si
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MEDICINA Scienza Democrazia
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deve partire dal fatto che i luoghi del sapere si moltiplicano e non sono più solo università e l a b o ra t o r i .
Un e s e m p i o è l 'a z i e n d a c a l i f o r n i a n a "23andMe", che vende test genetici online ed è al centro
di molte controversie su come regolare la distribuzione di questo tipo di informazioni. Creata dall'ex moglie di
Sergey Brin, uno dei fondatori di Google, incarna - non a caso - la convergenza tra ricerca genetica e
tecnologie digitali. Partita tra l'incredulità generale, ha raccolto così tanti dati da trasformarsi, al punto che
oggi produce anche ricerche di punta sulle basi genetiche delle malattie. È uno dei modi, pur non esente da
problemi, attraverso cui la conoscenza sta diventando "scienza partecipata". Il punto è farla bene». Che cosa
insegnano i casi americani? «Di fronte all'Hiv molti attivisti si trasformarono in esperti tra gli esperti,
influenzando i criteri di ricerca e sperimentazione. Ma non è il solo caso. Nei Paesi a forte vocazione
scientifica diverse organizzazioni di pazienti hanno smesso di essere semplici associazioni che raccolgono
soldi: lavorano fianco a fianco con gli studiosi e divengono parte integrante del processo della ricerca. In
Italia, invece, è successo che il dolore dei malati finisse stravolto e strumentalizzato, come con Stamina».
Come si rimedia? «In due modi. Il primo è l'inclusione. È impensabile che un dibattito sulla scienza ponga i
pazienti in antagonismo con la ricerca. Un esempio è stata l'Authority inglese per la fertilizzazione e
l'embriologia (Hfea), che coinvolge nei propri pareri tanti pezzi della società civile. Il secondo è la
responsabilità. Ogni decisione dev'essere tracciata con un iter istituzionale chiaro e trasparente per tutti». E i
verdetti spesso sconcertanti della magistratura? «Quando c'è di mezzo la "biopolitica", la magistratura non
può agire come se fosse avulsa dalla sfera decisionale della scienza. Il diritto deve incontrare le scienze della
vita. Cito ancora l'Inghilterra. Quando, un decennio fa, il caso della pecora Dolly suscitò una serie di
interrogativi sulle s o m i g l i a n z e e sulle differenze tra cloni ed embrioni, fu la Camera dei Lord a decidere,
ma lo fece con un processo che integrava prove scientifiche e ragionamenti giuridici». Perché in Italia gli
scienziati non fanno il primo passo? «A volte lo fanno, ma mi piacerebbe che si offrissero sempre di più come
risorsa civica, di "civil servants". E che trovassero, tra i politici più illuminati, non solo una sponda, ma un vero
e proprio attracco». Perché sulle staminali abbondano equivoci e litigi? «Perché spesso non si capisce che
c'è bisogno di tempo, almeno 15-20 anni. La riprogrammazione cellulare apre orizzonti unici. Di fronte a
queste sfide è necessario costruire un consenso diffuso e rigoroso. Solo così si ridurranno le probabilità di
nuovi e pericolosi scollamenti nella società». 7 - continua
Giuseppe Testa Biologo RUOLO : È DIRETTORE DEL LABORATORIO DI EPIGENETICA DELLE
CELLULE STAMINALI DELL'ISTITUTO EUROPEO DI ONCOLOGIA DI MILANO
Foto: Matthew McConaughey protagonista di «Dallas Buyers Club»: il film è ispirato alla storia vera di un
malato di Aids negli Anni 80
20/02/2014
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I micro--Rna svelano il tumore in anticipo
I test: "E da queste molecole anche nuove cure" RUOLO : È DIRETTORE DELL'UNITÀ OPERATIVA DI
CHIRURGIA TORACICA DELL'ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI DI MILANO IL SITO :
WWW.ISTITUTOTUMORI.MI.IT/
FABIO DI TODARO
All'inizio, che risale a un decennio fa, la porzione di materiale genetico che non risultava impegnata nella
sintesi di nuove proteine fu etichettata con accezione negativa: «Dna spazzatura». Poi, dopo aver scoperto
che questo Dna costituiva la quota predominante del Genoma e differenziava l'uomo da altre specie, la
ricerca ha iniziato a esplorarla e la percezione sulle sue caratteristiche è cambiata. Oggi conta di valorizzarla
nella ricerca sul cancro: sia in fase di diagnosi sia come approccio terapeutico. La nuova frontiera
dell'oncologia molecolare studia con interesse crescente le sequenza non codificanti del Genoma, il cui ruolo
di regolazione potrebbe risultare molto rilevante. «Sappiamo che i pazienti affetti da un tumore hanno micro Rna diversi da quelli espressi nei soggetti sani - spiega Antonio Moschetta, direttore scientifico dell'Istituto
oncologico Giovanni Paolo II di Bari -. I test attraverso i quali vengono rilevati hanno specificità e sensibilità
tali da permettere di scoprire la malattia con due anni di anticipo. Nel momento in cui questo approccio sarà
riconosciuto sui grandi numeri potrà essere usato anche come procedura di screening». Note le molecole
alterate, basterebbero un prelievo di sangue ma vanno avanti le ricerche per procedere anche a partire da un
campione di saliva, urine o feci - e un pacchetto di esami di laboratorio per escludere o meno la presenza di
diverse forme tumorali. A oggi, infatti, micro-Rna specifici sono stati collegati a diverse neoplasie: dal
pancreas al seno, dal colon retto all'ovaio. Si tratta di sequenze quasi mai più lunghe di 22 nucleotidi (se ne
conoscono più di un migliaio e si trovano nel siero, nelle cellule circolanti, nelle piastrine). Senza dimenticare
che la prima scoperta, nel 2002, collegò una forma di leucemia linfatica cronica alla presenza di un «pattern»
alterato proprio di queste molecole. E che l'ultima scoperta, tutt a i t a l i a n a , delinea nuovi s c e n a r i s u l
tumore al polm o n e . Pe r d i rl a co n l e parole di Ugo Pastorino, direttore dell'Unità operativa di chirurgica
toracica dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, «la riduzione dei falsi positivi, ottenuta combinando i
risultati del test dei micro-Rna e della Tac spirale, può portare alla diminuzione dei costi e dei rischi associati
alle indagini radiologiche e alle altre metodologie diagnostiche, più invasive». Dopo un'indagine su 939
fumatori, il team milanese ha notato come la ricerca di queste molecole di Rna nel sangue fosse in grado di
identificare il tumore fino a due anni prima della diagnosi ottenuta con la Tac spirale. Un risultato che,
allargato ai grandi numeri, permetterà di definire queste molecole - oggi misurabili con esami di laboratorio ad
alta precisione (Pcr real time, Pcr digitale, sequenziamento di nuova generazione) - come veri «marker
tumorali». Ciò che fino a 10 anni fa molti consideravano «materia inutile» può così diventare la chiave per
fornire una risposta efficace nella lotta ai tumori. «I micro-Rna sono molecole molto stabili nel sangue:
possono essere rilasciate in circolo dal tumore, ma anche dal sistema immunitario che reagisce alla malattia chiarisce Stefano Volinia, ricercatore del dipartimento di morfologia, chirurgia e medicina sperimentale
all'Università di Ferrara -. La diagnosi precoce dipenderà, quindi, dall'identificazione dei m i c r o - R n a ,
integrata con le informazioni provenienti dagli altri geni coinvolti nei meccanismi di formaz i o n e d i u n
tumore». D i a g n o s i , in primis, ma anche terapia: i micro -Rna possono essere somministrati a scopo
terap e u t i co. S e co n d o Vo l i n i a , «non esistono molecole migliori per intraprendere la terapia genica:
sono piccoli, entrano nelle cellule e sono stabili. I micro-Rna sono pervasivi: basta uno per controllare fino a
100 geni». Piccole porzioni di acido nucleico non codificante, nelle cellule tumorali, sono in grado di legare
l'Rna messaggero e bloccare la trascrizione, il processo di sintesi di nuove proteine (che sono alterate, se
l'habitat è quello di una cellula tumorale). Non svelano ancora tutto, ma «detective» così affidabili nella
ricerca dei tumori l'uomo non ne aveva finora incontrati. Twitter @fabioditodaro
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ONCOLOGIA
20/02/2014
La Stampa - Torino
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marco accossato
Contro il tumore al colon retto la medicina ha un'arma in più. All'Istituto di Candiolo per la Ricerca e la Cura
del cancro i ricercatori del Laboratorio di Genetica molecolare sono riusciti a mettere a punto una
combinazione di farmaci in grado di bloccare la proliferazione del tumore divenuto resistente alle terapie. Lo
sviluppo della malattia è stato per il momento bloccato in vitro, ma a breve partirà la sperimentazione
sull'uomo che durerà un paio di anni.
Lo studio è stato coordinato dal professor Alberto Bardelli, che ha lavorato in stretto contatto con la Divisione
di Oncologia Medica dell'ospedale Niguarda di Milano diretta dal dottor Salvatore Siena. La ricerca è stata
pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale «Science Translational Medicine». Lo studio
Nel mirino dei ricercatori di Candiolo c'è il terzo tumore per incidenza e mortalità, una neoplasia che presenta
l'alterazione di una molecola sulla superficie delle cellule della mucosa intestinale: uccide ogni anno oltre 600
mila persone al mondo, e in Italia si osservano 40 nuovi casi ogni 100 mila abitanti.
L'obiettivo dei ricercatori torinesi era capire soprattutto il perché, dopo un periodo di terapia efficace lunga
dai 6 ai 12 mesi, le cellule tumorali smettono di rispondere al farmaco a bersaglio molecolare e riaprono di
fatto la strada alla comparsa delle metastasi al fegato.
Il lavoro è iniziato tre anni fa. Partendo dall'analisi in laboratorio, i ricercatori dell'Irccs di Candiolo hanno
infine messo a punto un «cocktail» di medicinali risultato promettente. Inoltre, grazie a un nuovo esame, la
biopsia liquida che individua il Dna del tumore nel sangue, a Candiolo sono riusciti a valutare in anticipo
quando il paziente avrebbe sviluppato la resistenza alla terapia. La sperimentazione
Si tratta di uno dei progetti più promettenti dell'istituto alle porte di Torino, riconosciuto da poco come centro
«a carattere scientifico». Completato lo studio in laboratorio ora partirà la sperimentazione sui pazienti.
Verranno loro somministrati due tipi di farmaci antitumorali: al già noto «cetuximab» sarà affiancato un
farmaco sperimentale, il «mek inibitore».
Lo studio sui malati è stato battezzato «Ares», che richiama il nome del mitologico dio della guerra, «perché
questa - sottolineano a Candiolo - è davvero una nuova battaglia della scienza contro una delle malattie più
difficili da combattere». Uno di quei casi - aggiunge il professor Bardelli - «in cui la ricerca si trasforma
rapidamente in medicina sperimentale, proprio secondo la mission dell'Istituto nato per coniugare ricerca
scientifica a pratica clinica». Il professore
Genetista molecolare esperto nel campo delle terapie personalizzate, il professor Bardelli è uno dei più noti e
brillanti «cervelli» della Medicina: laureato a Torino nel 1991 (con lode e menzione d'onore) ha studiato al
Ludwig Institute For Cancer Research di Londra, dove è tornato dopo la laurea, e dove ha ottenuto nel 1996 il
PhD in Biochimica e Biologia Molecolare all'University College London.
T ornato in Italia, il professor Bardelli è ripartito nel 1999 per gli Stai Uniti, per un'esperienza post-dottorato
nel laboratorio diretto da Bert Vogelstein all'Howard Hughes Medical Institute, presso la John Hopkins
University a Baltimora, nel Maryland. Ma nel 2004 è rientrato nuovamente in Italia, a Candiolo, dove è nato il
programma di ricerca Ifom sulla genomica dei tumori e sulle terapie anticancro mirate.
Twitter @MarAcc
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Tumore al colon "Contro le metastasi c'è un'arma in più"
20/02/2014
Il Messaggero - Roma
Pag. 40
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Dopo la pubblicazione delle foto-choc la procura indaga sul pronto soccorso OGGI LA FIACCOLATA DEI
DIPENDENTI DELL'OSPEDALE IL CONSIGLIERE FABRIZIO SANTORI: «ORA SI FACCIA LUCE»
Elena Panarella
SANITÀ La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta per indagare sulle presunte carenze nei pronto soccorso
degli ospedali. Il fascicolo, contro ignoti e senza ipotesi di reato, ha preso spunto dalla pubblicazione sul
Messaggero di immagini del Pronto soccorso del San Camillo dove (il 18 gennaio) alcuni pazienti venivano
curati a terra sui materassi con il personale costretto a ritmi impossibili e i pazienti in attesa di ricovero in
condizioni davvero precarie. Le indagini condotte dal sostituto procuratore Mario Palazzi si basano anche su
un esposto dettagliato presentato dal consigliere regionale, Fabrizio Santori. L'ESPOSTO «Avevo
formalmente inviato un esposto circostanziato alla Procura della Repubblica - dice il consigliere regionale e
componente della commissione Salute - sui gravi fatti che si stanno susseguendo nei vari Pronto Soccorso
della Capitale con particolare riferimento al caso limite del San Camillo. Ora finalmente la Procura vuole fare
luce sull'intera vicenda apprezzo il lavoro che porterà avanti per far emergere tutte le omissioni e le violazioni
commesse». In aggiunta all'esposto di Santori sono state presentate delle integrazioni dall'avvocato Luisa
Cicchetti, in rappresentanza dell'Assotutela, come il diritto alla salute del cittadino, il malfunzionamento del
pronto soccorso, violazioni in merito all'attribuzione di fondi regionali per l'ampliamento del Dea del San
Camillo e la sicurezza sul lavoro. «Si tratta - prosegue il consigliere - di un esposto differente da quello
presentato dalla Regione che, tra smentite e minacce di querela, cerca di nascondere l'emergenza. Un
atteggiamento di una gravità inaudita, oltre che incoerente e ingiusto, anche perché altrimenti nell'esposto
sarebbe doveroso citare anche l'ex consigliere regionale Montino che, proprio nel febbraio 2012, affermava
che al pronto soccorso del San Camillo vi fosse una situazione al limite della vergogna. Ora spetta a
Zingaretti fare la sua parte con interventi concreti». E poi c'è la delibera di Giunta del luglio 2012. «Sono stati
stanziati - conclude Santori 467mila euro per l'ampliamento del pronto soccorso del San Camillo che ad oggi
non risultano essere stati ancora utilizzati. Nella maggior parte dei pronto soccorso ci sono locali limitati a tal
punto che gli utenti sono costretti a sopportare condizioni di promiscuità in cui viene lesa ogni dignità
umana». LA MANIFESTAZIONE Una fiaccolata per il San Camillo. La Cisl funzione pubblica aziendale
«invita i pazienti a partecipare alla fiaccolata» che si terrà oggi, per continuare l'opera di sensibilizzazione nei
confronti della Regione sui «gravi problemi» con i quali la struttura fa i conti. E intanto il sindacato infermieri
Nursind dice «basta a questo sistema sanitario Regionale che usa i pronto soccorso come reparti di degenza
- precisa Stefano Barone - snaturando la vera mission dell'Unità Operativa, che ridimensiona la
professionalità del personale sanitario, personale che dedica gran parte dell'attività lavorativa ad assistere in
condizioni incivili utenti la cui colpa è solo quella di richiedere un'assistenza umana».
Foto: Un paziente curato da un infermiere su un materasso a terra al pronto soccorso del San Camillo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
38
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Pazienti curati sui materassi San Camillo sotto inchiesta
20/02/2014
QN - Il Resto del Carlino - Bologna
Pag. 10
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Usb davanti all'Inps, Labas in piazza Nettuno
NASCERÀ qui il primo hospice pediatrico della regione: 10 posti per altrettanti bambini e le loro famiglie. La
struttura sarà realizzata con i fondi della Fondazione Seragnoli, vicino all'Ospedale Bellaria. E ieri il Comune
in commissione ha approvato la convenzione che dà il via all'operazione, voluta dalla Fondazione e
autorizzata sia dalla Regione che dall'Ausl. Parte del terreno da 8.000 metri quadrati, di proprietà della Croce
Rossa italiana, viene dunque venduto alla Fondazione, che in una superficie di 2.500 metri quadrati,
estendibili fino a 4.600, creerà l'hospice per le cure palliative dei piccoli pazienti, con tanto di strutture per
accogliere le loro famiglie. I posti a disposizione saranno 10, così come determinato dalla Regione, dopo uno
studio sull'epidemiologia pediatrica sul territorio, ma l'hospice potrà accogliere anche bambini provenienti da
altre parti d'Italia. Sarà la Fondazione a gestirlo, in convenzione con le strutture sanitarie. Tra l'altro, sarà
vicinissimo all'ospedale Bellaria e in zona pedecollinare, e la Fondazione si occuperà anche della
sistemazione delle aree verdi. Alla Croce Rossa resterà un terreno di circa 1.500 metri quadrati per le sue
esigenze. La giunta comunale già nel 2012, aveva dichiarato che «la realizzazione di un Centro di cure
palliative pediatriche, nell'area indicata, corrisponde agli obiettivi di potenziamento delle strutture sanitarie e
assistenziali posti dagli strumenti urbanistici comunali, in sinergia con il Polo per le Neuroscienze di cui
l'Ospedale Bellaria costituisce centro di riferimento nazionale ed europeo».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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PRESIDI E PROTESTE
20/02/2014
QN - Il Resto del Carlino - Bologna
Pag. 24
(diffusione:165207, tiratura:206221)
«Senza il centro nascite gli altri ospedali scoppiano»
«Al Sant'Orsola mancano 17 unità e ne arrivano solo tre»
LORENZO ZENOBI
PORRETTA - PIÙ CHE la goccia che ha fatto traboccare il vaso, è stata la conferma di una catastrofe ormai
certa. Dopo la chiusura del centro nascite dell'ospedale di Porretta, avvenuta lo scorso 14 febbraio, un
pesante macigno ha messo fine alle relazioni sindacali tra la Fials (Federazione Italiana Autonomie Locali e
Sanitarie) e le aziende sanitarie cittadine (Aosp, Ausl e Ii.oo.rr). «Ci hanno informato della chiusura del punto
nascite con solo tre giorni di anticipo: una dimostrazione palese delle insufficienti (per non dire inesistenti)
relazioni comunicative tra sindacato e aziende. Per non parlare, poi, delle conseguenze che derivano da una
decisione di questo genere. È chiaro che ormai hanno superato il limite» racconta Daniele Bedetti, segretario
provinciale della Fials, rendendo chiare le ragioni della rottura. Sono tante, infatti, le ripercussioni che il caso
dell'ospedale di Porretta avrà sui cittadini che, in circostanze di necessità, dovranno affrontare un viaggio di
non poco conto per recarsi all'ospedale più vicino, e sul personale ostetrico, in parte temporaneamente
trasferito al punto nascite del Maggiore (precisamente sei dipendenti). COME SPIEGA Alfredo Sepe,
segretario aziendale Ausl di Bologna, «tra il personale trasferito da Porretta a Bologna, ci sono persone con
situazioni famigliari delicate, che non sanno ancora cosa ne sarà del proprio futuro lavorativo». In tempi non
ancora stabiliti, infatti, i sei verranno nuovamente divisi tra il consultorio di Vergato e il poliambulatorio Tiarini
di Bologna. Come se tutto questo non bastasse, la chiusura del punto nascite di Porretta porterà un'ondata di
nuovi pazienti presso i reparti di ostetricia dei più importanti ospedali della città, già affollati e carenti di
personale. «NELL'AREA ostetrica dell'ospedale Sant'Orsola, a fronte delle diciassette unità di personale
mancante, sono previste solamente tre assunzioni. Stiamo parlando di numeri ridicoli per un ospedale di
terzo livello, dove le risorse umane non dovrebbero assolutamente mancare» ci tiene a far notare Diego
Stellino, segretario aziendale Aosp di Bologna, stanco delle condizioni estreme che il personale medico deve
affrontare per far fronte al problema. Per palesi questioni di sicurezza ed efficienza, dunque, qualche
soluzione deve essere presa: non c'è santo che tenga, l'assistenza alle future mamme di tutto il territorio
bolognese non può essere messa in discussione. Image: 20140220/foto/1318.jpg
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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PORRETTA LA DENUNCIA DEL SINDACATO DELLA FIALS
20/02/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 13
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Terapia italiana blocca le metastasi al colon
Lo studio dell'Istituto Candiolo di Torino e del Niguarda di Milano, testato a breve sui pazienti
( V. Sal. )
E`un lavoro iniziato tre anni fa e che dà segnali di speranza contro il terzo tumore per incidenza e mortalità».
Così il professor Alberto Bardelli, direttore del Laboratorio di genetica molecolare dell'Istituto per la Ricerca e
la Cura del Cancro di Candiolo (Torino), commenta la messa a punto della nuova terapia sperimentale per
bloccare la crescita delle metastasi di un cancro al colon retto. Un successo della ricerca italiana - ripreso
dalla rivista Science translation Medicine -, che si inserisce sulla scia degli studi condotti sempre da Bardelli
per sconfiggere le mutazioni genetiche che fanno diventare i tumori resistenti ai farmaci. Nel mirino, spiega
Bardelli, la cui équipe ha collaborato con i ricercatori dell'Ospedale Nguarda di Milano, i tumori del colon retto
che presentano l'alterazione di una molecola, l'Egfr. «Un paio di anni, Nature - sottolinea lo scienziato -, diede
risalto alla messa a punto di un nostro test, il test di Kras, poi adottato a livello internazionale, che può predire
la risposta del tumore del colon retto alle terapie personalizzate e quindi stabilire quali cure sono più efficaci».
La sperimentazione sui pazienti inizierà a breve.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Tumori .
20/02/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 16
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Un progetto di legge prevede di sospendere le medicine agli anziani quando si ritenga che ne abbiano già
ricevute a sufficienza e vissuto abbastanza a lungo. Rivolta dei medici: «I pazienti non sono merce»
Elisabetta Del Soldato
Il governo britannico ha presentato nei giorni scorsi una proposta di legge che prevede il ritiro delle medicine
a quegli anziani che secondo i medici avrebbero ormai ricevuto sufficienti cure e vissuto abbastanza a lungo,
almeno in base alle loro aspettative di vita, un concetto che in Gran Bretagna è conosciuto come fair innings .
Quando curare un anziano, si legge nella bozza della Sanità, non rappresenta più «un beneficio per la
società più ampia» sarebbe giunta l'ora, secondo il governo, di rimuovere le cure che lo tengono in vita. La
proposta, che bolle nella pentola della Sanità da anni e che servirebbe essenzialmente al governo a tagliare
ulteriori costi, ha scatenato forti reazioni e sparso oltraggio non solo in Parlamento ma anche tra le diverse
associazioni mediche che l'hanno fortemente condannata e definita «pazza e crudele». Sir Andrew Dillon,
direttore del National institute for health and care excellence è stato uno dei primi a dichiararsi contro le
nuove regole sostenendo che queste non farebbero altro che «ridurre i pazienti anziani in un contesto
puramente e crudamente economico». Anche Nice, uno dei dipartimenti del governo che si occupa di far
tornare i conti della Sanità, ha ammesso che la proposta di ritirare le cure agli anziani potrebbe creare la
situazione in cui i pazienti più giovani sono considerati ufficialmente una priorità perchè avrebbero più anni
davanti e la possibilità di contribuire più a lungo all'economia. a c'è di più: le nuove riforme coferiranno per la
prima volta un «valore sociale alle medicine». Queste saranno valutate non solo in base ai benefici che
conferiranno ai pazienti ma alla società intera. Una medicina che aiuta un paziente a vivere più a lungo in un
ospizio costoso o a spese dei contribuenti potrebbe, per esempio, avere un «valore sociale negativo» perchè
questo paziente prenderebbe dalla società più di quanto è in grado di contribuire. «È un concetto alquanto
bizzarro, direi quasi orwelliano - ci dice Ros Altman, un ex consulente del ministero del Tesoro - dire che se
non sei più in grado di lavorare la società non ti deve più niente. Non è vero che gli anziani non
contribuiscono alla società: fanno spesso volontariato nella comunità e aiutano a tirare su i nipoti e il loro
lavoro fa risparmiare milioni di sterline ogni anno». e nuove regole puntano i riflettori su una realtà che già
esiste in Gran Bretagna alimentata dal Liverpool care pathway, uno schema adottato in un ospedale di
Liverpool alla fine degli anni Novanta e più tardi anche su scala nazionale e che prevede il ritiro delle cure ai
pazienti in fin di vita. Lo scorso luglio il governo ha finalmente deciso di ritirare lo schema dagli ospedali entro
un anno dopo che ha scoperto che la metà di questi lo usavano per ottenere bonus e altre ricompense
economiche.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Curarli o no? Londra scarica i nonni
19/02/2014
Il Manifesto - Ed. nazionale - apertura
Pag. 2
(diffusione:24728, tiratura:83923)
Il tumore non è uguale per tutti, la lotta per i diritti di Daniela
Con l'Inps Daniela Fregosi, lavoratrice autonoma di 46 anni e formatrice da 20, ha dovuto creare una
relazione necessariamente complicata. Quando nell'estate del 2013 le è stato diagnosticato un tumore al
seno, Daniela ha iniziato la sua lotta personale contro la burocrazia e le ingiustizie del welfare italiano che, a
differenza dei lavoratori dipendenti, non riconosce agli autonomi il diritto di curarsi per malattie così gravi. «La
mia vita è esplosa in poche settimane - racconta sul suo blog Afrodite K (tumoreseno.blogspot.it) Un
carcinoma infiltrante alla mammella. Il mio corpo che si trasforma, un compagno che sparisce. Il lavoro e il
mio conto in banca vanno in tilt». Da qui il titolo del blog, nato nel novembre 2013, che ricorda il robot della
serie giapponese Mazinga Z, ben conosciuta da chi ha vissuto l'adolescenza tra gli anni Settanta e Ottanta:
«Ecco come sono diventata Afrodite l'eroina dalle tette bioniche - scrive Daniela - che combatte per i diritti
delle donne con il tumore al seno. Afrodite, ma non con la «A», con la K, come carcinoma». I liberi
professionisti con la partita Iva non dispongono di «ammortizzatori sociali» in caso di malattie gravi come
quella di Daniela. Quando si ammalano, e succede spesso, come per tutti gli esseri umani, «devono essere
sempre splendidi, sanissimi, smaglianti, superperformanti, pieni di lavoro e richiestissimi». Se nelle loro
parole appare un disagio, o la confessione dell'indicibile, un cancro, devono tenerseli per sè. Per timore di
«rovinarsi il mercato», di non ricevere più incarichi o commesse. Daniela ha invece rovesciato il tavolo, e non
ha accettato di restare nell'invisibilità dove gli autonomi a partita Iva, e iscritti alla gestione separata dell'Inps,
sono abituati a restare nascosti - per abitudine o per status. Ha iniziato a raccontare il suo «viaggio
terrificante» sul blog, descrivendo le giornate nelle file interminabili ai patronati con utenti disorientati in cerca
di informazioni. Racconta le attese ai call center dell'Inps dove, come spesso accade ai lavoratori autonomi documentatissimi e consapevoli dei diritti che mancano - di spiegare ai funzionari dietro il vetro l'ultima
circolare del maggio 2013 sui lavoratori autonomi. Alla fine di questo pellegrinaggio, questo è stato il risultato:
«Finalmente ricevo il saldo complessivo delle due indennità di malattia il 20 gennaio 2014 - scrive Daniela totale giorni indennizzati 61 (è la regola più di 61 in un anno non te ne danno, meno male che il 2013 è finito
sennò m'attaccavo). La cifra totale è di 794,46 euro per una media di circa 13 euro al giorno». In altre parole,
se sei una lavoratrice autonoma in Italia, hai il diritto di essere curata per un cancro solo per 61 giorni e non
per tutta la durata della malattia. In più gli autonomi sono costretti a continuare a pagare gli anticipi Inps e
quelli Irpef anche se non possono più lavorare. Ma questo non basta perché, viste le file interminabili negli
ospedali pubblici, anche l'autonomo sarebbe tentato di rivolgersi ai privati. Oltre al fisco implacabile, allora
deve pagare anche queste cure. Daniela ha reagito e promuove la disobbedienza fiscale per gli autonomi
ammalati in cambio del riconoscimento dei diritti. Ha anche lanciato una petizione su change.org che ha
raccolto ad oggi 4.055 sostenitori (ne servono altri 10.945 mila). Chiede la revisione delle norme attuali per
tutelare almeno le situazioni di malattie adeguatamente documentate e la possibilità di sospendere tutti i
pagamenti inps e irpef durante la malattia. Altro punto della sua battaglia è la richiesta di un indennizzo
relativo alla malattia uguale a quello stabilito per la degenza ospedaliera quando ci si deve sottoporre a
terapie invasive (chemio, radio). Daniela Fregosi è una socia dell'associazione dei consulenti del terziario
avanzato (Acta) che dal 2004 è impegnata nella battaglia a favore della crescita della coscienza del Quinto
Stato tra i lavoratori autonomi. A partire dai diritti sociali non riconosciuti a chi non ha un contratto da
dipendente. Questi lavoratori indipendenti vivono come «cittadini di serie B», cioè come apolidi fuori dalla
costituzione che nell'articolo 32 e nel 38 stabilisce il diritto alla cura e all'assistenza universali per tutti, sia per
le partite Iva, che per i dipendenti e tutti i precari. Daniela sa che la sua battaglia ha un valore europeo e
infatti cita la risoluzione del parlamento europeo del 14 gennaio 2014 che chiede a tutti gli Stati membri di
garantire la sicurezza sociale a tutti i lavoratori, dunque anche agli autonomi - oltre il 15% dell'occupazione
totale nell'Ue - che per la prima volta vengono riconosciuti come lavoratori in quanto tali. ro. ci.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Autonomi / LA STORIA SUL BLOG DI «AFRODITE K»
20/02/2014
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 15
(diffusione:103223, tiratura:127026)
Influenza, ricoveri raddoppiati
Allarme per i casi di broncopolmonite. Tremila già a letto e il picco deve ancora arrivare
BRUNO VIANI
È ARRIVATA in ritardo. E nessuno ne sentiva la mancanza. Ma, mentre si avvicina già il Carnevale, sta
giocando un brutto scherzo a a migliaia di genovesi: l'influenza 2014, variante del virus H1N1 diventato
famoso quando si iniziò a parlare di aviaria, in questo preciso momento sta tenendo a letto 3.000 persone.
Sono raddoppiati i ricoveri al pronto soccorso. E a complicare le cose sono anche il proliferare di virus
parainfleunzali e della varicella, ma anche di un numero imprecisato di casi di fuoco di sant'Antonio e herpes.
L'influenza compare sulle scene sgomitando quando a esserne colpita è una cantante lirica come Daniela
Dessì, attesa nel suo doppio ruolo di protagonista e regista debuttante nella Madama Butterfly l'altra sera al
Carlo Felice: la sua rinuncia a indossare il kimono in prima persona è stata annunciata all'ultimo momento dal
sovrintendente Giovanni Pacor e giustificata proprio da un malessere influenzale. «Oggi l'incidenza
dell'influenza è pari a 6 casi ogni mille abitanti - racconta Filippo Ansaldi, responsabile del laboratorio del San
Martino che segue i casi di influenza e malattie esantematiche - e contrariamente a quanto è successo lo
scorso anno, quando all'inizio di febbraio eravamo già in fase calante, quest'anno a metà febbraio i numeri
sono ancora in crescita». Le cause? Prima di tutto la temperatura di un inverno anomale e decisamente
caldo, anche se questo fattore da solo non basta. E se i più colpiti sono i piccolissimi nella fascia 0-4 anni
(seguiti da bambini e ragazzini dai 5 anni all'adolescenza), la sorpresa è che anche chi è vicino alla terza età
non si salva, malgrado le campagne di vaccinazione: tra i genovesi oggi colpiti da influenza si stima che gli
over 65 siano poco meno di 400. L'influenza non è di per sé un dramma, i problemi arrivano quando si
sovrappone a problemi di salute già esistenti. E allora si va anche al pronto soccorso, spesso
impropriamente: se la media ospedali cittadini, il numero di accessi per influenza è elevato: qualche giorno fa
si è superata di tre volte la media. Significa che il virus è "cattivo" e non a caso in un numero elevato di casi
porta conseguenze più serie. Una complicanza può essere la broncopolmonite in agguato quando l'influenza
sembra in via di remissione. L'influenza non va sottovalutata e Genova è all'avanguardia per il monitoraggio
della sua diffusione: dal cosiddetto "Sistema di Sorveglianza Sindromica" che è un occhi costantemente
aperto sugli accesso ai pronto soccorso cittadini, ai medici sentinella che trasmettono ogni settimana, da tutta
la Liguria, i dati della settimana precedente, Ma per centinaia di famiglie la paura maggiore viene dalla
varicella, risultata lo scorso anno la più diffusa tra le malattie esantematiche dei bambini e dei ragazzi: un
dato che fotografi la situazione in questo preciso momento non esiste, le stime dei pediatri parlano di almeno
350 casi. I virus che si respirano sono tanti. E non sempre chi ne è affetto si rivolge a l medico. Così in questi
giorni le farmacie genovesi sono prese d'assalto da persone che cercano soluzioni per attacchi di vomito e
diarrea, sintomi inequivocabili di un virus intestinale che non è influenza, «Nel caso di influenza gli unici
farmaci a cui si può ricorrere sono quelli sintomatici - dice il presidente di federfarma Giuseppe Castello - ad
esempio un antipiretico come il paracetamolo o un'aspirina per togliere fastidi come il mal di testa. Nel caso
invece di problemi intestinali è opportuno associare dei probiotici e dei fermenti lattici che aiutino a aggiustare
l'intestino». Dall'associazione dei pediatri genovesi invece arriva l'invito alle mamme a non pensare che solo
la febbre sia il sintomo di un virus: «Un bambino può non averla affatto e stare male, allora bisogna cogliere
altri segnali. Se vostro figlio invece di essere sempre in movimento e giocare con qualsiasi cosa vi appare
mogio, allora può essere il primo sintomo dell'influenza. E chi può coglierlo meglio di una mamma?».
BUTTERFLY, DEFEZIONE ALLA PRIMA Forfait per influenza alla prima della Butterfly anche del soprano
Daniela Dessì
Foto: Anche Il pronto soccorso dell'ospedale Galliera ha accolto pazienti con complicazioni respiratorie
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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L'OSSERVATORIO DELLA ASL, I PEDIATRI E LE FARMACIE "FOTOGRAFANO" ANCHE IL BOOM DI
VIRUS INTESTINALI
20/02/2014
Il Tempo - Roma
Pag. 8
(diffusione:50651, tiratura:76264)
Otto giorni in barella Anche i pazienti oggi alla fiaccolata
In corteo contro l'austerity della sanità Le famiglie: la buona volontà non basta Bruna Manzin, 77 anni La
figlia: «192 ore in un metro quadrato insieme ad altri malati»
Grazia Maria Coletti [email protected]
Se potesse, oggi pomeriggio, anche lei che ha passato otto giorni e otto notti in barella, malata oncologica in
attesa di un posto letto, a 77 anni suonati, prenderebbe un moccolotto acceso in mano e percorrerebbe i bei
viali del San Camillo Forlanini. Ma al suo posto, oggi alle 18, davanti all'ingresso della prima azienda
ospedaliera romana, alla fiaccolata contro l'austerità che mette a dura prova pazienti e personale, ci saranno
il marito e la figlia di Bruna Manzin, che dopo 192 ore di attesa è finalmente riuscita a conquistare l'agognato
letto e ora sorride coccolata da dottori e infermieri nel reparto di oncologia del padiglione Flaiani. «Tanto è
durata l'odissea di mia madre» conferma Francesca, la figlia 42enne dell'anziana paziente, entrata al pronto
soccorso il 5 febbraio, dove è rimasta fino alla sera del 13. «Tutto il personale è da 10 e lode - premette la
giovane donna - ma mamma è restata in barella 8 giorni in una stanza di un metro quadrato insieme a uomini
e donne in attesa di un ricovero come lei, neanche fossimo in India, il pronto soccorso è diventato un reparto
a tutti gli effetti». E che situazione. Una situazione «agghiacciate» la definisce Francesca, comun
denominatore di altri ospedali romani e non solo. «Tutta la struttura si regge solo sulla buona volontà del
personale, sempre con il sorriso sulle labbra anche quando la stanchezza per i doppi turni si fa sentire continua a raccontare - nessuno qui dentro si risparmia, ma la promiscuità non può evitare il disagio. Ho visto
un'anziana donna cambiata davanti a uomo, se almeno si riuscisse a dividere i sessi in stanze separate..». Il
sofraffollamento al pronto soccorso è ancora di casa. E anche se non si sono visti più i pazienti curati sui
materassi a terra, con le foto scattate dagli stessi malati, e l'attesa media è di «due giorni» situazioni limite
come quella della signora Bruna non sono un'eccezione. Un'altra paziente, Mirella Cingolani, entrata in
pronto soccorso in codice giallo (polmonite e scompenso cardiaco) ha aspettato il ricoverso in barella per
quattro giorni, venerdì, sabato, domenica e lunedì. La "piazzetta" delle ambulanze parla chiaro. «Martedì alle
14 ce n'erano ferme 9» dice Marco Lelli, segretario aziendale Nursind, il sindacato degli infermieri che
avrebbe preferito «bloccare la Gianicolense», con la fiaccolata odierna cui partecipano anche Stefano Barone
delegato aziendale Nursind, il coordinatore Cisl, Adriano Fiorini, il coordinatore Uil Roberto Marrone, per la
Cgil Andrea Fidanza, per la Fsi (Federazione sindacati indipendenti) Fabrizio Tosti e poi ancora Usb, Peppe
Nardo, il coordinatore Rsu Massimiliano De Luca. Per i medici Bruno Schiavo dell'Anaao, il più
rappresentativo sindacato della dirigenza medica. Per Lelli la manifestazioni di oggi pomeriggio non è che
l'«antipasto». Se l'«austerity della sanità continuerà - prosegue - siamo pronti a fare le barricate con i letti su
via Gianicolense». «Chiediamo alla Giunta Zingaretti - spiega Fiorini, Cisl - infermieri, ausiliari, tecnici, per
ridurre le liste d'attesa, per aumentare i ricoveri, per ridurre i gravi disagi che molti cittadini sperimentano ogni
giorno presso il Pronto soccorso ed in molti altri reparti». E ieri in Regione l'incontro tra il subcommissario
Renato Botti e i sindacati, da cui è emersa la decisione di «organizzare tavoli tematici», il primo e il più
urgente quello «sul personale». L'iniziativa su richiesta delle delegazioni della Funzione pubblica e della
Sanità di Cgil, Cisl e Uil. L'incontro, organizzato e coordinato dalle strutture del commissario ad acta, si è
svolto in Regione. Al centro dell'incontro la «situazione complessiva della sanità regionale», le «riforme in
cantiere», quelle «messe in atto per superare le criticità», i «programmi operativi» e il «tema
dell'occupazione». La riunione si è conclusa con la decisione di organizzare «tavoli tematici» per declinare in
modo concreto le misure necessarie a sciogliere i nodi attuali. Il primo dei temi sarà quello del «personale», a
cui seguirà subito l'argomento della «sanità privata» che presenta situazioni di grave debolezza per quanto
riguarda le «regole d'ingaggio» con il sistema sanitario regionale, il «personale» e i «contratti».
Foto: Attesa infinita Mirella Cingolani, nella foto, è rimasta 4 giorni in barella prima di avere un letto. Un'altra
paziente ha atteso 8 giorni
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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San Camillo Forlanini Pronto soccorso ancora nel caos
20/02/2014
Il Tempo - Roma
Pag. 8
(diffusione:50651, tiratura:76264)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Foto: Marco Lelli Nursind
Foto: Segretario aziendale del sindacato degli infermieri, 500 iscritti al San Camillo Forlanini
Foto: Adriano Fiorini È il 42enne coordinatore infermieristico del S.Camillo Forlanini e segretario aziendale
Cisl Fp
20/02/2014
Il Tempo - Roma
Pag. 11
(diffusione:50651, tiratura:76264)
Ecodoppler, ci vediamo nel 2015
A Tivoli troppi 314 giorni per l'esame del cuore. Al via i controlli
Antonio Sbraga
TIVOLI Ecodoppler? Ripassi nel 2015. Questo si sentono rispondere i fin troppo pazienti che chiedono di
effettuare l'esame della situazione anatomica e funzionale dei vasi sanguigni, arteriosi e venosi, all'ospedale
di Tivoli, dove ci sono da aspettare ben 314 giorni. Una fila-record, ma non la sola, nonostante l'entrata in
vigore, dal mese scorso, del Piano regionale per l'abbattimento delle liste d'attesa, che prometteva di
ripristinare il rispetto dei tempi di legge secondo classi di priorità (urgente con esami entro 72 ore, breve entro
10 giorni e differibile entro 30 giorni le visite e 60 gli accertamenti). Stando agli ultimi dati appena sfornati dal
Recup regionale, oltre alla maglia nera dei 10 mesi e mezzo di attesa al nosocomio tiburtino, nel mesto podio
della Fila Cup il secondo posto va al poliambulatorio di Capena, con quasi 7 mesi di attesa per fare
un'ecografia al capo (202 giorni e 185 per quella dell'addome). Terzo posto per i 5 mesi e mezzo richiesti per
un appuntamento (165 giorni) con il fisiatra all'ospedale di Colleferro, che oggi ospiterà il primo sopralluogo
del nuovo direttore generale della Asl Rm G Giuseppe Caroli dopo le proteste per la mancanza dei radiologi
nei turni notturni e festivi (con esami in teleconsulto da Tivoli, come per gli altri cinque nosocomi aziendali).
«Non permetteremo mai che il nostro ospedale venga penalizzato con tagli e riduzioni, soprattutto quando si
tratta di servizi indispensabili come la diagnostica», avverte il sindaco Mario Cacciotti chiedendo al nuovo
direttore della Asl di «affrontare le questioni in sospeso, dalla Rianimazione (costata 800mila euro e pronta
dal gennaio 2013, ndr) all'ampliamento (cantiere da 12 milioni e911 mila euro aperto da 7 anni, ndr), dal
laboratorio analisi al pronto soccorso, il quale versa in una situazione sempre più difficile». Anche il sindaco di
Subiaco Francesco Pelliccia ha chiesto un incontro sull'Angelucci, da quasi 4 mesi senza Tac e radiologi, con
i degenti costretti in ambulanza a Tivoli e Colleferro anche per una semplice ecografia. Non va meglio a
Bracciano: chi deve fare una tac del capo o del collo deve attendere ben 162 giorni. Al «Padre Pio» ci
vogliono 5 mesi anche per un'esofagoscopia (149 giorni), e 3 mesi per un appuntamento dal neurologo.
Quasi 4 mesi, invece, devono passare per una spirometria a Monterotondo (114 giorni), un
elettrocardiogramma dinamico a Palombara (111) e le visite dal cardiologo ad Albano (111) e dal ginecologo
ad Anzio (104).
Foto: I numeri A Capena 7 mesi per un'ecografia e a Bracciano 5 per l'esame dell'esofago
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Malasanità Sopralluogo del neodirettore della Asl RmG a Colleferro
20/02/2014
ItaliaOggi
Pag. 1
(diffusione:88538, tiratura:156000)
In viaggio, ma con medico a seguito
da Berlino ROBERTO GIARDINA
In viaggio, ma con medico a seguito È un bel romanzo breve di Arthur Schnitzle r, Il Dottor Gräsler, medico
termale, che si svolge tra isole del Mediterraneo e le terme della Mitteleuropa. Una storia triste da cui Roberto
Faenza trasse un film nel 1990 ricreando l'atmosfera dell'epoca. Schnitzler, che era medico a sua volta,
scrisse il racconto nel 1917. Ci sono centinaia di luoghi tra Germania, Austria, Svizzera il cui nome è
preceduto da un Bad, terme per l'appunto, alcune celebri, altre di provincia ma non meno efficienti. Quasi
cent'anni fa, per i turisti di lingua tedesca, o quelli britannici descritti da Agata Christie, era indispensabile, e
scontato, trovare sul luogo di vacanza, non solo alle terme, un medico di cui fidarsi e che parlasse la loro
lingua. Al Cairo o alle Canari e. Oggi il Doktor di Schnitzler non passerebbe la sua vita solitaria per intere
stagioni in una località. Per difendere il mercato, conquistare nuovi clienti e mantenere i vecchi, le agenzie di
viaggi in Germania puntano sull'assistenza medica. Già adesso tutti offrono un'assicurazione sanitaria, ma è
un'altra cosa. E i viaggi con il dottore al seguito non sono riservati ai malati, o a chi ha prenotato un soggiorno
in una località di cura. «Dobbiamo ancora combattere contro qualche pregiudizio», ammette Ralf Baumbach,
della Mediplus. Offrire la presenza di un medico nel gruppo può essere controproducente: chi parte per le
vacanze non vuole pensare di ammalarsi. E sorge il dubbio: allora il posto dove ci vogliono condurre è
pericoloso? «In realtà i nostri programmi non differiscono dalle normali offerte», dice Jens Hulvershorn, della
Gebeco. Con un supplemento da 50 a 250 euro rispetto alle normali tariffe, medicine a parte, si prenota un
tour in cui, oltre la presenza di una guida che parli la nostra lingua, si assicura la presenza costante, 24 ore
su 24, di un Herr Doktor. I tedeschi amano i viaggi avventurosi, anche se spesso l'avventura significa solo
scomodità, e il pericolo viene solo da cibi pesanti a cui gli stomaci teutonici non sono abituati. O, meglio, a
un'altra pesantezza culinaria. Fino a pochi anni fa, e nessuno se lo ricorda, per loro l'olio d'oliva era ancora
qualcosa di esotico. Inoltre i clienti più redditizi sono quelli di una età diciamo «matura». Sulla sessantina e
oltre, hanno più soldi e tempo libero e più curiosità. Il dottor Gläser si sente invecchiare perché ha 48 anni;
oggi ovviamente è diverso, però un settantenne non è un trentenne, e spesso lo dimentica, ed esagera. Se
sorge qualche malessere, ecco il medico del tour pronto a dare un consiglio e prestare le prime cure. È un
trend in espansione: alla Tour Vital i viaggi con il Doktor rappresentano già il 40 per cento del fatturato; alla
Mediplus il fatturato dei viaggi assistiti ha raggiunto i 16 milioni di euro, il 10 per cento del totale. Ma il settore
è ancora una nicchia. Ci sono problemi. In molti paesi non è consentito a un medico straniero esercitare la
professione. Può prestare un primo soccorso, ma non curare. Bisogna chiamare un collega locale. Ma anche
in questo caso il dottore del tour può consigliare a quale specialista rivolgersi e presenziare alla visita, e
spiegare nella sua lingua al paziente che cosa deve fare.
Foto: Medici sempre più attivi anche in vacanza
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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GERMANIA
20/02/2014
ItaliaOggi
Pag. 1
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Bambini obesi, ci pensa il bisturi
MASSIMO GALLI
Bambini obesi, ci pensa il bisturi In Arabia Saudita e negli altri paesi del Golfo sempre più genitori fanno una
scelta radicale per debellare l'obesità dei loro figli. Altro che diete, meglio ricorrere al bisturi. Il chirurgo riduce
le dimensioni dello stomaco: in questo modo esso accoglie una minor quantità di cibo e il bimbo mangia
meno. Una soluzione radicale, adottata per esempio da una famiglia di Riyadh per il loro figlio di tre anni,
Daifailluh alBugami, che pesa 28 chili, il doppio della media alla sua età. Episodi del genere diventano
sempre più frequenti in Medio Oriente, dove sta succedendo quanto avviene da decenni negli Stati Uniti: i
giovanissimi si riempiono di cibo spazzatura e hanno uno stile di vita sedentario. Non esiste una cultura della
dieta e dell'attività sportiva. I chili di troppo non tardano ad affacciarsi. In assenza di dati ufficiali, gli esperti
sostengono che l'obesità è diventata un serio problema di salute per l'infanzia saudita, che riguarda circa il
9% dei bambini. Per avere un termine di paragone, basti pensare che nel 2010 il 18% dei bambini americani
era considerato obeso. Aayed Alqahtani, il chirurgo che opererà il piccolo Daifailluh, negli ultimi sette anni ha
curato chirurgicamente un centinaio di bambini sotto i 14 anni. Il suo lavoro viene studiato a livello
internazionale per capire se questo approccio sia adeguato al problema. Negli Usa l'età minima per
l'intervento è proprio di 14 anni. L'Organizzazione mondiale della sanità è giunta alla conclusione che è
preferibile un approccio prudente prima che vengano condotti studi di lungo termine sui casi trattati ricorrendo
al bisturi. Il problema è valutare attentamente le conseguenze dell'intervento nell'età evolutiva. La chirurgia
dello stomaco era stata adottata per gli adulti con parecchi chili di troppo, ma nei più piccoli occorre
fronteggiare eventuali rischi legati all'improvviso cambiamento di alimentazione: in particolare, lo sviluppo del
cervello e la maturazione sessuale. Il dottor Alqahtani, tuttavia, ritiene che l'età in sé stessa non possa
rappresentare un ostacolo all'intervento chirurgico: in presenza di condizioni di salute che minacciano la loro
vita, non è possibile negare questa soluzione ai bimbi. Il medico spiega che la chirurgia è diventata un
trattamento accettato tra gli adulti ed è rimborsato dallo Stato: in Arabia, nel 2012, sono stati effettuati circa
11 mila interventi. La questione sta diventando preoccupante anche nell'età adulta. Il 20% della popolazione
saudita soffre del diabete di tipo 2 che deriva dall'obesità nei soggetti geneticamente predisposti alla malattia.
Negli Stati Uniti la percentuale è pari a meno della metà, intorno all'8%. La spesa per la cura del diabete in
Arabia Saudita dovrebbe raggiungere, secondo le stime, i 2,4 miliardi di dollari (1,7 mld euro) nel 2015, più
del triplo rispetto al 2010. Un'emergenza sanitaria e sociale, oltre che economica. Il problema investe anche
l'universo femminile. In Kuwait quasi metà delle donne adulte è considerata obesa, seguita a ruota dal Qatar
(45%) e dall'Arabia (44%). Sotto accusa è anche la diffusione del fast food occidentale, soprattutto nei negozi
dei centri commerciali che sono molto frequentati da famiglie con bambini.
Foto: Anche in Medio Oriente bambini a rischio obesità Le due pagine di «Estero - Le notizie mai lette in
Italia» sono a cura di Sabina Rodi
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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MEDIO ORIENTE
20/02/2014
ItaliaOggi
Pag. 28
(diffusione:88538, tiratura:156000)
La sanità integrativa è il futuro
Dal check up agli accertamenti, al via un progetto pilota
Parte da Verona il primo test di prevenzione sanitaria tra privato e pubblico. Dopo il consolidamento della rete
di strutture sanitarie private convenzionate (oltre 2.500 strutture su tutto il territorio nazionale), Cadiprof
inaugura un nuovo ciclo dell'assistenza sanitaria integrativa grazie all'esclusiva convenzione con una struttura
sanitaria pubblica di eccellenza. Nelle scorse settimane, infatti, è stato siglato l'accordo tra Cadiprof e
l'Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona (Aoui): la prima sinergia tra una struttura del Ssn e un
fondo di assistenza sanitaria integrativa di matrice contrattuale, che ha anticipato il tavolo istituito dalla
Regione Veneto per lo studio di meccanismi di integrazione tra il Servizio sanitario regionale e alcuni fondi
sanitari integrativi. L'intesa siglata a Verona dal presidente Cadiprof, Gaetano Stella e dal direttore generale
dell'Aoui, Sandro Caffi, pone le basi a un innovativo modello a sostegno alla spesa sanitaria pubblica, che
prevede l'afflusso di risorse dalla Cassa (soggetto privato) a una struttura del Servizio sanitario nazionale,
nell'interesse di una specifi ca fascia di popolazione rappresentata dai lavoratori degli studi professionali. «Il
protocollo sottoscritto con l'Azienda ospedaliera di Verona segna uno spartiacque nel dialogo tra i fondi
sanitari integrativi e il servizio sanitario pubblico», sottolinea Stella. «Abbiamo trovato la massima disponibilità
della struttura pubblica a sviluppare un progetto di eccellenza che, mediante un'interazione delle entrate delle
strutture sanitarie. Il programma di prevenzione biennale può quindi rappresentare un modello vincente e il
nostro auspicio è che si possa estendere ad altre realtà». Il protocollo d'intesa è finalizzato all'attuazione di un
«programma biennale di prevenzione» dedicato agli iscritti a Cadiprof. Un percorso ad hoc dove gli addetti
degli studi professionali, senza alcun onere a carico, potranno tra risorse pubbliche e private, consente di
contribuire fattivamente alle politiche della prevenzione sul territorio con prestazioni ad alto profi lo sanitario e
nello stesso tempo al miglioramento accedere a un'ampia gamma di accertamenti previsti dal Piano sanitario
(esami di base e valutazione rischio cardiovascolare ed oncologico) tarati sulle caratteristiche di genere ed
età dei lavoratori. Non solo. Un ulteriore vantaggio risiede nella possibilità di effettuare gli accertamenti in
un'unica giornata e in un'unica sede, con orario preventivamente concordato con l'Azienda ospedaliera,
disponibile anche per la verifi ca dell'esito degli accertamenti da parte di uno specialista ospedaliero e
dell'eventuale assistenza e cura del lavoratore per i successivi accertamenti che si rendessero necessari in
caso di sospetta patologia. Tutti i costi del check up, compresi gli eventuali ulteriori accertamenti diagnostici
necessari, saranno coperti da Cadiprof. «Si tratta di un concreto aiuto ai dipendenti iscritti alla Cassa veronesi
e non solo», commenta il presidente Stella. «In un momento diffi cile per l'economia delle famiglie, Cadiprof
mantiene l'impegno di alleggerire la spesa sanitaria attraverso un modello di welfare contrattuale innovativo e
sempre più vicino alle esigenze di prevenzione e salute degli iscritti alla Cassa». Nel dettaglio, l'accordo
stabilisce un primo check up su esami di base differenti tra uomo e donna anche in base all'età anagrafi ca
(colesterolo, glicemia, urine...). Conclusi i primi accertamenti, il secondo step prevede opportunamente una
visita conclusiva con un medico specialista internista, che dovrà valutare gli esiti delle certifi cazioni e dei
referti sanitari da consegnare agli iscritti. Ma il programma di prevenzione non si esaurisce qui. Se infatti dai
referti sanitari dovesse emergere la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti diagnostici, il medico
specialista internista li segnalerà all'iscritto e,a richiesta dell'interessato, eseguirli nell'ambito della struttura
aziendale, anche in regime di Servizio sanitario nazionale. Tale screening è calibrato per la prevenzione del
rischio cardiovascolare e oncologico che potrà essere monitorato attraverso ulteriori accertamenti (Ecg,
azotemia, pap-test, mammografi a...) in base all'età dell'iscritto alla Cassa. Un altro elemento importante della
convenzione riguarda poi i tempi di intervento. Per poter effettuare gli accertamenti, i dipendenti degli studi
professionali aderenti a Cadiprof, infatti, non dovranno attendere tempi lunghi, perché non solo l'Azienda
ospedaliera universitaria integrata di Verona garantisce l'esecuzione degli esami urgenti, nei tempi previsti
dalla normativa regionale in base ai codici di priorità, ma in base all'accordo assicura l'esecuzione entro
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Operativo il protocollo fra Cadiprof e l'Azienda ospedaliera universitaria di Verona
20/02/2014
ItaliaOggi
Pag. 28
(diffusione:88538, tiratura:156000)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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massimo 60 giorni anche per quelle prestazioni programmabili che di solito vengono eseguite in un arco
temporale più ampio. La Cassa nel sottoscrivere la convenzione ha cercato di conciliare le esigenze sia del
datore di lavoro che del personale di studio, per ridurre al minimo i tempi da dedicare agli esami previsti. La
scelta è ricaduta su Verona non solo per l'eccellenza delle sue strutture ospedaliere ma anche per la
posizione geografica strategica che riveste, all'incrocio tra Lombardia, Trentino ed Emilia. Già 400 dipendenti
di Verona hanno ricevuto la lettera di invito e sono entrati nel programma di prevenzione. Nelle prossime
settimane l'invito sarà esteso agli altri lavoratori residenti nella provincia di Verona e a tutti quelli delle
province limitrofe. Per poter accedere al Programma biennale di prevenzione della Cassa, il dipendente dovrà
semplicemente comunicare la sua adesione al protocollo contattando direttamente Cadiprof (ai numeri
06.5910526-06.54210812). Quindi, sarà contattato da un referente dell'amministrazione ospedaliera per
concordare il giorno in cui eseguire gli esami previsti.
Che cosa prevede la convenzione Uomo Uomo Donna Donna Elettrocardiogramma • Azotemia •
Colesterolo Ldl • Dosaggio omocisteina • Visita specialistica cardiologica • Ecocardiogramma • Ecodoppler •
Agoaspirato o biopsia ecoguidata • Esame citologico • Rettocolonscopia • Prevenzione rischio oncologico
Prevenzione rischio oncologico Psa • Sof • Pap-test + visita ginecologica • Ecomammaria • Mammografia •
Visita conclusiva Visita conclusiva APPROFONDIMENTI DIAGNOSTICI APPROFONDIMENTI
DIAGNOSTICI Visita specialistica cardiologica • Ecocardiogramma • Ecodoppler • Biopsia ed esame
istologico • Ecografia prostatica transrettale • Rettocolonscopia • CHECK UP DI BASE CHECK UP DI BASE
esami ematochimici • esami ematochimici • Prevenzione rischio cardiovascolare Prevenzione rischio
cardiovascolare Elettrocardiogramma • Azotemia • Colesterolo Ldl • Dosaggio omocisteina •
Foto: Gaetano Stella
Foto: Sandro Caffi
20/02/2014
Panorama - N.9 - 26 febbraio 2014
Pag. 39
(diffusione:446553, tiratura:561533)
Gene-radar trova i virus in un'ora
Un rivoluzionario apparecchio tascabile scopre in una goccia di sangue la presenza di infezioni virali. In
futuro, potrà servire per molte altre malattie.
(Chiara Palmerini)
Una goccia di sangue o di saliva su un chip per diagnosticare in tempo reale l'influenza, un'infezione
batterica, l'aids o la malaria, senza andare al laboratorio dell'ospedale. È quanto promette Gene-radar, uno
strumento grande come un tablet su cui stanno lavorando (con molta segretezza) alla Nanobiosym, start-up
biotecnologica di Cambridge, Massachusetts. A guidare l'impresa è Anita Goel, professore a Harvard, con
una visione ambiziosa: fornire diagnosi istantanee e a basso costo per ogni malattia in base alla sua impronta
genetica, con un apparecchietto portatile. Basta versare una goccia di sangue o saliva su un nanochip: Generadar lo «legge» estraendo il dna e l'rna e paragonandoli con quelli del virus o del batterio per la malattia da
diagnosticare. Esami che oggi si possono fare solo nei laboratori, e i risultati arrivano dopo giorni o settimane.
Sono in corsoi primi test clinici di Gene-radar in Rwanda, dove gran parte della popolazione non ha accesso
a ospedali e laboratori, per diagnosticare l'aids sul posto a un costo centinaia di volte inferiore rispetto agli
esami standard. Ma le applicazioni potrebbero essere infinite. Se un bambino ha la febbre alta, i genitori
potrebbero fare il test a casa per capire se è influenza o qualcosa di più grave. Un'epidemia potrebbe essere
fermata sul nascere. L'efficacia delle cure su un tumore potrebbe essere verificata in tempo reale. Uno
strumento del genere, dice Goel, sarebbe una rivoluzione per la salute paragonabile a quello che internetè
stata per la ricerca di informazioni. Una rivoluzione non priva, forse, di problemi inediti: con le diagnosi fai-date, chi prescriverà le cure?
Foto: Dimensioni: come un tablet (in futuro, sarà piccolo come uno smartphone, addirittura indossabile o
ingeribile).
Foto: 1. Una goccia di sangue o di saliva (a seconda di ciò che si intende cercare) viene posta su un chip.
Foto: 2. Il chip viene inserito in Gene-radar che ne analizza il dna o l'rna alla ricerca di eventuali biomarcatori
di infezioni virali.
Foto: 3. Prossimo obiettivo utilizzare Gene-radar per verificare in tempo reale evoluzione ed efficacia delle
cure sui tumori.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Scenari FRONTIERE
19/02/2014
Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
Pag. 4
La cultura di Sanità pubblica e la professione infermieristica Un'occasione
da non perdere
Augusto Pana*, Armando Muzzi*
La presentazione della "Bozza di Accordo Stato Regioni recante l'ampliamento del profilo di competenze e
delle responsabilità professionali dell'infermiere e dell'infermiere pediatrico" ha provocato un acceso dibattito
sulle "competenze avanzate infermieristiche" (tema che riguarda in generale tutte le professioni sanitarie),
non solo per una temuta "invasione di campo" ritenuto proprio (legalmente e/o tradizionalmente) della
professione medica, ma anche per la difficoltà di stabilire con norma competenze che non possono essere
"inoculate" ma come avviene per tutte le professioni - acquisite nel tempo solo con l'esperienza e solo da chi
possiede attitudini e capacità personali. Senza entrare nel merito della questione, si può solo notare come si
cerchi di risolvere il problema con trattative sindacali, su cui spira "l'alito forte delle corporazioni" (Roberto
Pollilo, quotidianosanita.it del 25 gennaio 2014), piuttosto che con approfondite analisi tecnicoculturali su un
tema a valenza mondiale (Sklar DP. 2013 Question of thè Year: What Is a Doctor? What Is a Nurse? Acad
Med. 2013; 88: 3). Occorre rammentare che il sindacato, nel diritto del lavoro, è un ente che rappresenta i
lavoratori delle varie categorie produttive allo scopo di difendere i loro interessi. Non sempre questi interessi
corrispondono a quelli generali della popolazione, specialmente laddove gli interessi di parte potrebbero
originare ricadute negative, dirette (scarsa o distorta preparazione professionale) e/o indirette (funzionalità del
sistema sanitario), sulla salute collettiva. In questa sede si vuole richiamare l'attenzione sull'art. 3 della Bozza
di Accordo riservato alla Formazione in quanto «é prevista una formazione complementare modulare, post
laurea, sulla base di programmi definiti tra Ministero della Salute, Regioni e Province Autonome, da svolgersi
nell'ambito del Servizio Sanitario Regionale. Con successivo provvedimento del Ministero dell'Università e
della Ricerca scientifica, d'intesa di concerto con il Ministero della Salute, d'intesa con le Regioni e Province
Autonome, saranno rivisitati i piani di studio della Laurea in infermieristica, della Laurea Magistrale in Scienze
Infermieristiche e dei Master universitari di I e II livello». Un'occasione irripetibile se si vuole procedere ad un
effettivo cambiamento del sistema sanitario con le caratteristiche che tutti auspicano ma che appaiono così
difficili da raggiungere. Basta ricordare come l'Oms, trent'anni dopo la dichiarazione di Alma Ati sulla
Assistenza sanitaria primaria, abbia dovuto constatare che il sogno si deve ancora tradurre in realtà (The
World Health Report 2008. "Primary Health Care - ì\ow Adore Than Ever") e che l'auspicato ri-orientamento
dei sistemi sanitari, una delle cinque strategie presente nella Carta di Ottawa per la Promozione della salute,
dal 1986 non si è ancora realizzato. In Italia, come pure in quasi tutti i paesi occidentali, l'assistenza sanitaria
si trova in una fase di radicale trasformazione. Come è possibile contenerne i costi in un momento di crisi
finanziaria, soddisfare le esigenze e le richieste dei sempre più informati e competenti "consumatori", attuare
«le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano ... evidenze scientifiche di un
significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate» (D.
lgs. 229/99, art. 1, comma 7), incentivare gli operatori sanitari a produrre di più e meglio e tutte queste cose
nello stesso momento? È chiaro che non esistono soluzioni semplici tanto che finora i tentativi di risolvere
questi problemi - a livello regionale e/o locale non hanno avuto completo successo. È necessario un
sostanziale cambiamento di cultura sanitaria e di gestione della salute tra cui fondamentale è lo spostamento
del quasi esclusivo interesse per i servizi di assistenza sanitaria "a valle" della malattia, per i servizi "a
monte", tesi a tutelare e promuovere la salute delle comunità. Il che significa investire nella sanità pubblica
affrontando il crescente "divario di salute" tra i gruppi sociali; perseguendo una nuova concezione
dell'organizzare l'assistenza integrata e del sostegno alle malattie croniche; trovando nuovi approcci per il
perseguimento delle migliori performan ce; investendo in una conduzione innovativa e realistica delle
informazioni; attuando una più efficace gestione delle risorse umane; concependo nuovi modelli di attività
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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editoriale
19/02/2014
Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
Pag. 4
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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assistenziale; integrando la visione e la missione della Medicina clinica con quelle della Medicina di Sanità
pubblica (Panorama della Sanità 2010, n° 30, 10-21), e così via. Questi nuovi orientamenti devono essere
teoricamente validi ed empiricamente verificati essendo, in effetti un campo di studio che oggi costituisce una
vera "scienza dei cambiamenti dell'assistenza sanitaria" (Grol R, Baker R, Moss F. Quality improvement
research: understanding thè science of change in health care. Qual. Saf. Health Care 2002; 11: 110-111) e
che, almeno a giudicare dalla letteratura pubblicata, viene seguita e praticata più dalle società scientifiche
infermieristiche che mediche. L'argomento principale a favore dell'investimento nella sanità pubblica è, di
fatto, elementare: perché spendere ingenti risorse (finanziarie e umane) per chi si ammala, mentre nella
stragrande maggioranza dei casi sarebbe più costo-efficace e migliorerebbe la qualità della vita delle
persone, se le cause di cattiva salute potessero essere evitate all'origine? Ricorrendo ad una famosa
metafora, perché passare il tempo e sprecare fatica per salvare le persone cadute nel fiume, invece di andare
a monte per scoprire che cosa sta causando la loro caduta, impedendolo? Per avere successo non basta
però che questa semplice idea sia recepita dai decisori politici, dai cittadini e dai professionisti sanitari,
perché occorre superare molti e complessi ostacoli, il principale dei quali è poter disporre di una forza lavoro
"adatta allo scopo", con una adeguata preparazione proprio in Sanità pubblica (Muzzi A. Ferri S., Pana A.
Elementi di sanità pubblica per i professionisti sanitari. Edizioni "Panorama della sanità". Roma 2010). Invece
di desiderare un'ulteriore riforma (finora chiamata dal legislatore riordino, razionalizzazione,
ammodernamento) del Servizio sanitario nazionale e visto che affidarsi alla sola cultura
aziendalisticomanageriale non è stato sufficiente a conseguire risultati di salute, si rende necessaria una riformazione dei "nuovi" professionisti sanitari che per il loro numero, la ricerca di un proprio spazio
professionale, la volontà innovatrice potrebbero diventare gli "agenti di cambiamento" del sistema sanitario, a
lungo cercati e nella giusta direzione.
Foto: *Vice-Presidente Istituto Superiore Studi Sanitari "Giuseppe Cannarella" **Componente Comitato
Scientifico Istituto Superiore Studi Sanitari "Giuseppe Cannarella"
19/02/2014
Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
Pag. 6
«Nessuna trattativa senza area contrattuale specifica»
C.D.R.R.
Dott. Mazzoni, si è appena concluso il Direttivo Fassid che l'ha nominata Coordinatore per il 2014. Al centro
del dibattito della professione ci sono alcuni temi fondamentali come l'apertura del tavolo della trattativa per il
rinnovo contrattuale e il ruolo (e i rapporti) di professioni, come quella infermieristica, che nei progetti allo
studio dovrebbero occupare ruoli di sempre maggiore responsabilità. Qual è la Posizione della Fassid su
questo? Senza un'area contrattuale specifica per la dirigenza medica e sanitaria e lo sblocco dei fondi
aziendali (ma non solo) non ci si può sedere ai tavoli per il rinnovo contrattuale. È da tempo che lo ripetiamo:
abbiamo richiesto al Ministro di inserire nella Legge di Stabilità una variabile sul blocco della legge 122
(blocco delle progressioni all'intero delle aziende sanitarie per la dirigenza), ma questo emendamento non è
stato mai inserito. Ci sono dei fondi delle aziende che sono in giacenza e sono di spettanza della dirigenza
medica sanitaria ma che sono bloccati. Questa nostra posizione è stata espressa chiaramente e verbalizzata
anche nell'incontro con il Presidente del Comitato di Settore Regioni- Sanità, Dott. Claudio Montaldo, del 9
gennaio. Senza un impegno serio e tempestivo del Governo non riapriamo le trattative, anche solo per la
componente normativa. Quanto alle nuove competenze infermieristiche la Fassid condivide la battaglia
portata avanti anche come Intersindacale medica: siamo e saremo contrari alla bozza di accordo tra il
Governo e Regioni, sulla ridefinizione delle competenze e delle responsabilità professionali dell'infermiere e
dell'infermiere pediatrico. La centralità del ruolo medico nella diagnosi e nella terapia non può essere messa
in discussione; inoltre il paziente è uno e non si può "spacchettare" tra un piano clinico del medico e uno
assistenziale dell'infermiere. Le regioni, utilizzando infermieri in compiti fin qui affidati al medico, spostano
incombenze da fattori produttivi ad alto costo ad altri a basso costo. Ma alla base della "riserva di
competenze" ai medici c'è la legge 502, che è una fonte superiore e fin qui ha impedito confusioni. Il nuovo
profilo infermieristico deve essere approvato per legge e non con decreto della Conferenza Stato-Regioni.
Non manca giorno in cui, anche abbastanza trasversalmente, qualcuno non si scagli contro la modifica del
Titolo V della Costituzione e la traduzione che l'Italia ha fatto del federalismo in sanità trasformandolo in neocentralismo regionale. I conflitti tra Stato e Regioni in questo campo sembrano rendere praticamente
impossibile ogni seria riforma del sistema. Quale dovrebbe essere la strada, a vostro giudizio, per restituire
dinamicità al sistema evitando al contempo differenze regionali che, di fatto, annullano ogni accezione
universalistica del Servizio sanitario nazionale? Anche qui bisogna discernere il grano dal loglio... Sulla
riforma del Titolo V della Costituzione, riteniamo opportuna una riflessione attenta sull'oggetto della revisione.
Una modifica sensata del Titolo V, deve prevedere che la gestione della sanità debba tornare allo Stato.
Qualunque affidamento, anche parziale, alle Regioni, riproporrà gli stessi problemi di sprechi, corruzione e
intromissioni della politica che si sono finora manifestati. Ed è proprio lo strapotere delle Regioni che blocca
la dinamicità del sistema... I sindacati trovano accordi con i Ministeri, suggeriscono soluzioni pratiche, poi il
tutto viene bloccato dalla conferenza Stato Regioni, vanificando il nostro lavoro ed il nostro buon senso
partecipativo. E le varie "cabine di regia" sono solo un contentino, che non ci fa uscire dal pantano dei
rapporti tra Stato e Regioni nel quale siamo scivolati. E ora che i sindacati tornino a fare il loro mestiere...
sindacare, appunto, non compiacere... come dice la Treccani: "Controllare individui, enti, amministrazioni e il
loro operato, specialmente per quanto riguarda lo svolgimento delle mansioni amministrative e pubbliche loro
affidate". Che ruolo ha, oggi, (o dovrebbe avere) il Ministero della Salute nella governance complessiva del
sistema? Ha ancora senso la sopravvivenza di un dicastero sostanzialmente claudicante se non sorretto
dall'Economia? Insomma, varrebbe la pensa restituirgli ruolo e autonomia o gli aspetti di cui si occupa (più
tecnici che politici) potrebbero essere materia per una sorta di Agenzia governativa più snella? E il Patto per
la salute... a caldo...chi lo sta scrivendo? Il Ministero è per noi centrale, ma ancora più importante è il riordino
normativo, senza il quale non si può parlare di Patto della Salute. L'innumerevole quantità di ricorsi e
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Tribuna Mauro Mazzoni (Simet) è il Coordinatore Fassid per il 2014
19/02/2014
Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
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impugnative tra Tar e Consiglio di Stato che le varie regioni presentano per leggi del Governo e decreti
ministeriali blocca di fatto le politiche sanitarie nel loro senso più stretto. E si ripercuote sull'operatività dei
medici e della loro carriera all'interno della struttura sanitaria. Inoltre non si può riorganizzare la sanità italiana
senza, o peggio, contro i medici e le altre professionalità del mondo sanitario, sistematicamente esclusi dai
confronti sul Patto per la salute. A me sembra che dopo il segnale positivo dei provvedimenti sul precariato,
assistiamo ad una progressiva disattenzione nei confronti di quanti continuano a garantire con sacrifici
crescenti la tutela della salute dei cittadini. Una politica stop and go che va invece ricondotta a strategie di
programmazione e indirizzo lungimiranti e non condizionate sempre e solo dalle urgenze economiche.
Ospedale, territorio, continuità assistenziale, dipartimentalizzazione, intensità di cura... ogni regione ha il suo
particolare spartito su cui suonano note anche profondamente diverse. Che ruolo possono giocare, per
esempio, le organizzazioni sindacali per ricondurre il più possibile il Ssn a un'identità più unitaria e con quali
strumenti? La frammentazione delle sigle è un ostacolo o un valore di pluralismo? Cominciamo a dire che
molto, troppo si parla di una riorganizzazione della sanità basata sull'ospedale di continuità, ovvero
suarchitetture fondate sulle competenze infermieristiche. La nostra richiesta è e sarà quella di rimanere
ancorati ai principi chiave della legge 229 del 1999, ovvero di un Ssn strutturato in dipartimenti la cui gestione
è affidata ai medici: non può esserci sanità al di fuori di questa logica. Quanto alla disparità di trattamento e
anche del diritto alla cura che si osserva oggi tra le varie regioni, noi crediamo che molto possano fare le
organizzazioni sindacali per ricondurre all'omogeneità delle politiche sanitarie che deve caratterizzare il
servizio sanitario. In questo senso è punto di forza della nostra politica sindacale il capillare approccio sul
territorio di tutte le componenti della Fassid con continuo e costante colloquio con le stesse anche attraverso
corsi di formazione ed istruzione dei quadri e la diffusione di un forte messaggio d'identità.
Foto: Mauro Mazzoni
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Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
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Non soffrire è possibile
A quasi quattro anni dalla promulgazione della legge 38, "Arco di Giano" pubblica una serie di testimonianze
e di contributi sul tema della lotta al dolore; dedicati a Mario Tiengo, un medico che ha dedicato la sua vita
allo studio del dolore
Cristina Corbetta
Un numero monotematico della rivista l'Arco di Giano per affermare un principio fondamentale: il diritto a non
soffrire: è questo in senso della pubblicazione dedicata a "La natura l'uomo e il dolore", curata da Maria
Teresa Sotgiu ed edita da Panorama Sanità, presentata nei giorni scorsi a Milano presso l'Istituto Gaetano
Pini alla presenza di Mariapia Garavaglia, Direttore dell'Arco di Giano e Presidente dell'Istituto degli Studi
Superiori "Giuseppe Cannarella". «A quasi quattro anni dalla promulgazione della legge 38 del marzo 2010ha
spiegato Garavaglia - molto è stato fatto sulla strada del diritto a non provare dolore, ma molto resta da fare.
Non si deve soffrire in silenzio, ma esigere che il proprio dolore sia ascoltato, misurato, affrontato e sedato».
«Siamo ormai sulla strada della medicina personalizzata - continua Garavaglia - e se il cittadino deve sapere
che può chieder di non soffrire, il medico deve essere in grado di dare risposte. In particolare il palliativista
deve sentire l'orgoglio del proprio ruolo all'interno del percorso di cura». Proprio a un palliativista che ha
dedicato la sua vita allo studio del dolore in tutti i suoi aspetti, Mario Tiengo, è dedicato il "ricordo" curato da
Renato Coluccia, che apre il volume, seguito da una serie di contributi che affrontano la tematica del dolore
dal punto divista clinico, psicologico, sociale, religioso e antropologico. Con uno sguardo al futuro, perché,
come hanno più sottolineato gli autori della pubblicazione, nonostante la valutazione e la misurazione del
dolore costituiscano elementi fondamentali nella cura di moltissime condizioni acute e croniche, c'è ancora
molta strada da fare perché metodi standardizzati entrino nella pratica, siano ben applicati dal personale
sanitario e siano soprattutto compresi dai pazienti. Il discorso vale anche per gli ospedali pediatrici, dove studi
recenti hanno dimostrato che la valutazione del dolore è un parametro scarsamente considerato nella routine
clinica. «La terapia del dolore - spiega Renato Coluccia - deve diventare parte integrante di ciò che una
persona può e deve aspettarsi dalla medicina e dai servizi sanitari. Per assolvere a questa esigenza si rende
necessaria una formazione continua per modificare abitudini di trattamenti ormai superati e inefficaci,
affiancata da una rilevazione sistematica dell'entità del dolore come qualsiasi altro parametro vitale.
Fondamentale è l'individuazione di un membro dello staff sanitàrio come responsabile dell'elaborazione di
protocolli analgesici standard, che si occupi anche del controllo di qualità dei trattamenti e del loro
aggiornamento continuo. E tutto ciò deve essere presente in tutti i maggiori ospedali». Sullo sfondo di tutti
questi ragionamenti c'è la legge 38, non ancora conosciuta a fondo neppure dagli addetti ai lavori, se è vero
che da una recente indagine Demoskopea su un campione di 200 medici di base risulta che solo un medico
su 4 conosce bene la normativa e solo il 26% dei medici attua il raccomandato monitoraggio del dolore. E se i
clinici hanno approfittato della possibilità offerta dalla legge di prescrivere i farmaci analgesici oppiacei più
comuni, sul versante della disponibilità del personale addetto alla terapia del dolore si registra una
preoccupante scarsità di risorse umane ed economiche. Il volume monotematico dell'Arco di Giano esce nel
decennale della fondazione dell'Associazione Italiana Lotta al Dolore (Ailad), di cui Mariapia Garavaglia è
presidente onoraria.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Diario
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Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
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Generali e Revert insieme contro le malattie neurodegenerative
Generali e Associazione Revert Onlus annunciano l'avvio di una partnership triennale per sostenere la
sperimentazione clinica di terapia cellulare sulla Sclerosi Laterale Amiotrofìca (Sia). L'obiettivo della
partnership è consentire all'equipe di Revert di completare la sperimentazione entro l'autunno per poi
estenderla anche ad altre malattie neurologiche e neurodegenerative. Il progetto scientifico, basato su una
tecnica italiana, è all'avanguardia a livello internazionale nella sperimentazione nell'ambito delle cellule
staminali. «Siamo lieti di sostenere - ha commentato Mario Greco, CEO del Gruppo Generali - un progetto
scientifico di eccellenza italiana in una delle principali sfide di carattere medico e sociale. Riteniamo che
questa ricerca possa dare un apporto significativo nell'individuazione di una cura delle malattie
neurodegenerative, migliorando la società in cui viviamo». La sperimentazione clinica di terapia cellulare sulla
Sia è iniziata nel giugno 2012 in collaborazione con la Fondazione Cellule Staminali, presso l'ospedale Santa
Maria di Terni, ed è formalmente autorizzata dall'Istituto Superiore di Sanità e dall'Aifa. A coordinarla è il
professor Angelo Vescovi, Direttore Scientifico di Revert (già Neurothon) e dell'Irccs Casa Sollievo della
Sofferenza di San Pio (San Giovanni Rotondo) che ha messo a punto questa tecnica nel 1996.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Notiziario / AZIENDE & PERSONE Revert
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Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
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Aumenta la spesa ospedaliera, diminuisce la territoriale, ed è boom di
antibiotici
E.M.
I ei primi nove mesi del 2013 gli italiani hanno acquistato un totale di 1.398 milioni di confezioni di medicinali
(classe di rimborsabilità A e C), per una media di circa 23 confezioni a testa, con una crescita pari al 2%
rispetto ai primi nove mesi dell'anno precedente. Lo rivela il rapporto Osmed, relativo a gennaio-settembre
2013, presentato lo scorso 6 febbraio presso la sede dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). A livello di
consumi in regime di assistenza convenzionata, nello stesso periodo temporale sono state prescritte 1.002,4
dosi giornaliere ogni mille abitanti; un valore sostanzialmente in crescita (+1,8%) rispetto all'anno precedente.
Per quanto riguarda il consumo dei farmaci a livello regionale, si conferma l'esistenza di un gradiente nordsud. Le regioni del Mezzogiorno fanno registrare consumi superiori al valore medio nazionale, prima fra tutte
la Regione Sicilia con 1.129,6 dosi medie giornaliere ogni 1.000 abitanti, mentre i consumi più bassi sono
stati rilevati nella P.a di Bolzano (747,2 dosi medie giornaliere per 1.000 abitanti). «Il Rapporto sull'uso dei
farmaci in Italia per i primi nove mesi del 2013», ha spiegato Luca Pani, direttore generale dell'Aifa, «ci dice
che, a fronte di una riduzione della spesa farmaceutica, si registra una crescita significativa dei consumi: il
numero di prescrizioni di medicinali è infatti aumentato del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2012». Ma
non solo, per il Direttore Generale Aifa: «Gli italiani si sono confermati grandi utilizzatori di farmaci per
l'apparato cardiovascolare, che restano in testa alla graduatoria di consumo e spesa». Mentre, «i farmaci per
l'apparato gastrointestinale e metabolismo, sono i secondi nella classifica dei più utilizzati. Gli italiani fanno
inoltre largo uso di antidepressivi che sono risultati la categoria del Sistema Nervoso Centrale maggiormente
prescritta tra i farmaci distribuiti dalle farmacie pubbliche e private». Infine Claudio De Vincenti,
sottosegretario allo Sviluppo economico, sottolinea come: «il rapporto Aifa sia un punto di riferimento per tutta
la filiera farmaceutica». Secondo l'esperto, infatti, l'Agenzia Italiana del Farmaco rappresenta uno strumento
fondamentale di regolazione del settore farmaceutico. È necessario intraprendere, però, «un cammino di
regolazione del mercato solo ed esclusivamente in sede Aifa; affinchè si possa tutelare la salute in maniera
omogenea su tutto il territorio nazionale». E.M.
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DOSSIE Presentato all'Aita il Rapporto sull'uso dei Farmaci in Italia, realizzato da Osmed
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L'uso dei Farmaci in Italia / 1
Nelle pagine che seguono riportiamo una sintesi del Rapporto Aifa sui primi nove mesi dei 2013. Il testo
completo con tutte le tabelle di riferimento è disponibile sul sito Aifa (www.agenziafarmaco.gov.it)
Andamento azionale Nei primi nove mesi del 2013 la spesa farmaceutica nazionale totale (pubblica e privata)
è stata pari a 19,5 miliardi di euro, di cui il 74,7% è stato rimborsato dal SSN. La spesa farmaceutica
territoriale pubblica è stata pari a 8.799 milioni di euro (148,1 euro prò capite), con una riduzione del -3,9%
rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Tale decremento è dovuto principalmente alla riduzione del
4,9% della spesa farmaceutica convenzionata netta, che si associa con una lieve riduzione del 0,3% della
spesa per medicinali di classe A erogati in distribuzione diretta e per conto. I consumi in regime di assistenza
convenzionale sono in significativa crescita, con incrementi sia del numero di ricette, che delle confezioni,
rispettivamente del +3,2% e del +2,6%; in media ogni giorno sono utilizzate 1.002,4 dosi ogni mille abitanti in
crescita del +1,8% rispetto all'anno precedente, e sono state dispensate 839 milioni di confezioni (circa 14
confezioni per abitante). Nel 2013 è stata riscontrata una crescente incidenza del 12,7% sulla spesa
convenzionata - della compartecipazione a carico del cittadino (comprensiva del ticket per confezione e della
quota a carico del cittadino eccedente il prezzo di riferimento sui medicinali a brevetto scaduto) rispetto al
12,1% registrato nel 2012. L'ammontare complessivo della spesa per compartecipazioni a carico del cittadino
sui medicinali di classe A è risultata pari a 1.074 milioni di euro, in un aumento rispetto allo stesso periodo
dell'anno precedente del +2,1%, attribuibile principalmente all'incremento del ticket fisso per ricetta (+5,0%),
mentre la quota a carico del cittadino eccedente il prezzo di riferimento per i medicinali a brevetto scaduto è
rimasta pressoché stabile (+0,3%). Il ticket per confezione, con un valore di spesa pari a 421 milioni di euro,
ha pesato per il 39,2%, mentre la quota a carico del cittadino eccedente il prezzo di riferimento per i
medicinali a brevetto scaduto, con 653 milioni di euro, ha inciso per il residuale 60,8%. La spesa privata,
comprendente tutte le voci di spesa sostenute dal cittadino, ha registrato un incremento del +3,9%, dovuto
all'incremento della spesa per i farmaci di fascia A acquistati direttamente dal cittadino (+11,2%), all'aumento
della spesa per i farmaci per l'automedicazione (+9,0%), all'aumento della spesa per compartecipazioni
nell'acquisto di medicinali (+2,1%) e alla riduzione della spesa per i farmaci di classe C con ricetta (-1,6%).
Nei primi nove mesi del 2013 la spesa per i medicinali acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche è stata pari
a 102,4 euro prò capite (corrispondente a 6.114 milioni di euro, data da 2.117+3.997), in crescita del +3,3%
rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; in media ogni giorno sono utilizzate 148,2 dosi ogni mille
abitanti in diminuzione del - 20,3% rispetto all'anno precedente. Le principali componenti della diminuzione
del -2,6% della spesa farmaceutica convenzionata (effetto quantità, prezzi e mix) rispetto allo stesso periodo
dell'anno precedente, evidenziano un aumento delle quantità di medicinali prescritti (+1,9% in termini di dosidefinite-giornaliere, i.e. DDD), una diminuzione dei prezzi (-4,7%) e, infine, un lieve spostamento dei consumi
da specialità medicinali meno costose verso quelle più costose (effetto mix positivo: +0,2%). In termini di
spesa a carico del SSN, si registrano andamenti opposti nel canale convenzionale (consumi in aumento
+1,9% e spesa in forte decremento -2,6%, rispetto al 2012) rispetto a quello non convenzionale -dato dagli
acquisti delle strutture sanitarie pubbliche-, che invece è caratterizzato da consumi in riduzione e spesa
crescente (rispettivamente -20,3% e +3,3%, rispetto al 2012). Nell'ambito dell'assistenza farmaceutica
convenzionata, la categoria terapeutica dei farmaci dell'apparato cardiovascolare rappresenta la prima sia in
termini di spesa (45,7 euro prò capite), sia in termini di dosi medie prescritte (469,4 dosi ogni 1000 abitanti al
giorno, di seguito DDD/1000 ab die); seguita dalla categoria dei farmaci dell'apparato gastrointestinale e
metabolismo, con una spesa prò capite di 24,4 euro e 151,6 DDD/1000 ab die. Nell'ambito dell'assistenza
farmaceutica erogata dalle strutture sanitarie pubbliche, la categoria terapeutica dei farmaci antineoplastici e
immunomodulatori rappresenta la prima a maggiore incidenza in termini di spesa con 41,4 euro prò capite e
la sesta in termini di dosi medie prescritte (8,8 DDD/1000 ab die); seguita da farmaci antimicrobici per uso
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DOSSIER Rapporto Nazionale Aifa (gennaio - settembre 2013)
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Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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sistemico, con una spesa prò capite di 19,0 euro e la settima in termini di dosi medie prescritte (5,9 DDD/
1000 ab die). In regime di assistenza convenzionata, l'utilizzazione di medicinali si concentra su un numero
limitato di principi attivi; infatti, le prime 30 sostanze rappresentano il 40% della spesa farmaceutica lorda. I
farmaci a brevetto scaduto rappresentano oramai il 46,0% della spesa farmaceutica convenzionata, in
crescita rispetto al 2012 del +4,9%, e il 65,0% delle DDD totali, in crescita rispetto al 2012 del +7,7%. La
percentuale di spesa per i farmaci equivalenti (farmaci a base di principi attivi con brevetto scaduto, ad
esclusione di quelli che hanno goduto di una copertura brevettuale) è stata pari al 29,2% del totale dei
farmaci a brevetto scaduto. Complessivamente, i primi venti principi attivi a brevetto scaduto rappresentano
circa il 50% delle DDD; il lansoprazolo continua ad essere il principio attivo a brevetto scaduto a maggior
spesa, seguito dal pantoprazolo, rispettivamente con una spesa di 196,8 e 195,2 milioni di euro. Nei primi
mesi del 2013 la spesa per i farmaci erogati attraverso la distribuzione diretta e per conto è stata pari a 3,5
miliardi di euro, a sua volta composta per 2,8 miliardi di euro dalla spesa diretta in senso stretto (per ogni
classe di rimborsabilità.) e per 703 milioni di euro dai medicinali erogati in distribuzione per conto. La spesa è
costituita per il 57,6% dai farmaci di classe A, per il 41,3% dai farmaci di classe H e dal rimanente 1,1% dai
farmaci di classe C. Tra i primi trenta principi attivi erogati in distribuzione diretta a maggior spesa si
confermano il fattore VII ricombinante (161,5 milioni di euro), l'etanercept (145,2 milioni di euro) e
l'adalimumab (142,2 milioni di euro). Infine, relativamente all'assistenza farmaceutica ospedaliera, le analisi
pubblicate nel presente rapporto hanno fecalizzato l'attenzione esclusivamente sulla spesa. Tale scelta
deriva da una rilevazione attraverso lo specifico flusso informativo delle unità posologiche dispensate, che è
ancora in fase di completamento. La spesa per i tarmaci utilizzati in ambito ospedaliero è stata pari a 1,9
miliardi di euro, per il 68,1% composta dai farmaci di classe H, per il 16,7% dai farmaci di classe C e per il
restante 15,2% dai farmaci di classe A. I primi 30 principi attivi rappresentano il 48,0% della spesa e
comprendono in prevalenza principi attivi che rientrano nella categoria degli antineoplastici. I primi tre principi
attivi a maggiore spesa nei primi nove mesi del 2013, utilizzati in ambito ospedaliero, rimangono il
trastuzumab (124,2 milioni di euro), il rituximab (90,9 milioni di euro) e il bevacizumab (77,9 milioni di euro).
La spesa dei farmaci erogati in distribuzione diretta e per conto e in ambito ospedaliero, trasmessa dalle
regioni e registrata attraverso i flussi NSIS, presenta un variabile grado di completezza ed in ogni caso è
soggetto ad un consolidamento progressivo in corso d'anno. Andamenti regionali Nel corso dei primi nove
mesi del 2013 le tre Regioni che hanno fatto registrare la spesa farmaceutica convenzionata di classe A-SSN
più. elevata sono la Sicilia con 178,9 euro procapite, la Campania 170,7 euro, la Puglia 163,7 euro; al
contrario le Provincie Autonome di Trento e Bolzano e l'Emilia Romagna hanno mostrato la spesa prò capite
più bassa pari rispettivamente a 109,1 euro, 95,7 euro e 109,6 euro; tali valori si assestano ben al di sotto
della media nazionale di 141,2 euro. In tutte le regioni, ad eccezione di Umbria e Marche, è stata osservata
una diminuzione della spesa, con le riduzioni maggiori in Sardegna (-7,8%), in Emilia Romagna (-5,5%) e
nella Provincia Autonoma di Trento (-5,2%). La spesa prò capite dei farmaci di classe C con ricetta mostra
una variabilità regionale che oscilla tra i valori più elevati della Liguria (44,9 euro), del Lazio (41,1 euro) e
della Toscana (40,3 euro), e i valori notevolmente più bassi del Molise (26,1 euro), della Basilicata (27,9 euro)
e della P.A. di Bolzano (29,9 euro). Quasi tutte le regioni hanno registrato una riduzione della spesa per i
farmaci di classe C e i maggiori decrementi rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente si registrano
nelle Regioni Sardegna (-3,7%), Campania (-2,9%) e Lombardia (-2,8%). Tutte le regioni, ad eccezione della
Valle d'Aosta, hanno registrato un incremento rispetto al 2012 della spesa lorda prò capite di farmaci per
automedicazione, con i maggiori incrementi in Sicilia (+13,0%), Molise (+12,6%) e Basilicata (+12,1%).
Dall'analisi della variabilità del consumo farmaceutico in regime convenzionale per quantità e costo medio per
giornata di terapia emerge, anche nel 2012, la presenza di un gradiente NordSud; con le Regioni del Sud che
presentano consumi superiori al valore medio nazionale (Sicilia + 12,7% oltre la media nazionale delle
DDD/1000 abitanti die, Puglia +11,8% e Lazio +10,8%) e all'estremo opposto le Regioni del Nord che
evidenziano consumi ben al di sotto del valore medio nazionale (P.A. di Bolzano -25,5%,Valle d'Aosta -
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14,6%, P.A. di Trento -12,8%). In termini di spesa, le Regioni con il costo medio per giornata di terapia più
elevato sono la Campania (+14,4% oltre la media nazionale), la Sicilia (+12,5%) e l'Abruzzo (+8,6%), mentre i
valori più bassi sono stati raggiunti in Emilia Romagna (17,7%), Toscana (-16,9%) ed Umbria (-15,2%). La
complessiva riduzione della spesa farmaceutica convenzionata nazionale nei primi nove mesi del 2013,
rispetto al 2012, è riconducibile prevalentemente alla componente della riduzione dei prezzi che ha assunto le
dimensioni più accentuate nella P.A. di Trento (-8,2%), Valle d'Aosta (-7,3%) e Sardegna (6,5%). Tale
riduzione dei prezzi è parzialmente controbilanciata a livello nazionale dall'effetto derivante da una crescita
dei consumi (effetto quantità: +1,9% in termini di DDD totali) con gli incrementi più elevati in Puglia (+3,6%),
nella P.A. di Trento e in Umbria (+2,7%); al contrario lievi incrementi si registrano in Emilia Romagna,
Toscana e Veneto (rispettivamente +0,5%, +0,6% e +0,8%); Valle d'Aosta (-4,5%) e Liguria (-0,2%) sono le
uniche regioni a mostrare una riduzione dei consumi. L'effetto mix positivo registrato durante i primi nove
mesi del 2013, in realtà, sottende un'ampissima variabilità regionale, compresa tra il valore massimo della
Valle d'Aosta (+2,9%) e quello minimo riportato in Sardegna (-2,9%). Umbria (68,0%), Emilia Romagna
(67,0%) e Toscana (66,6%) si confermano le regioni con il maggior consumo di farmaci a brevetto scaduto,
mentre l'incidenza più bassa si rileva nelle regioni Sardegna (61,5%), Basilicata (61,6%) e Molise (62,3%).
L'utilizzo dei farmaci a brevetto scaduto è in costante aumento e gli incrementi maggiori sono stati registrati in
Puglia (+10,9%), Basilicata (+9,7%) e Calabria (+9,1%). Le Regioni in cui si osserva la spesa prò capite più
elevata per i farmaci acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche sono state la Sardegna (127,6 euro), la
Puglia (122,4 euro) e la P.A. di Bolzano (118,2 euro), mentre la Valle d'Aosta (79,0 euro), la P.A. di Trento
(80,0 euro) e la Lombardia (86,2 euro) sono caratterizzate da valori di spesa molto inferiori rispetto alla media
nazionale di 102,4 euro prò capite. In termini di consumi, Valle d'Aosta e Campania sono le regioni
rispettivamente con il più alto e il più basso numero di dosi giornaliere ogni 1000 abitanti acquistate dalle
strutture sanitarie pubbliche (322,9 e 88,0 dosi giornaliere). La Valle d'Aosta e la Sardegna sono le regioni
nelle quali sono stati registrati i maggiori incrementi del consumo per medicinali acquistati dalle strutture
sanitarie pubbliche (rispettivamente + 12,3% e +3,9%); al contrario in Abruzzo e Puglia sono stati registrati i
maggiori decrementi del consumo (rispettivamente -43,3% e -42,6%). Nel 2013 tutte le Regioni hanno
adottato la distribuzione diretta, mentre l'Abruzzo e la Sicilia sono le uniche Regioni che non utilizzano la
distribuzione per conto. A livello nazionale, la ripartizione percentuale della spesa farmaceutica tra
distribuzione diretta in senso stretto e distribuzione per conto è pari rispettivamente all'80,2% e al 19,8%;
tuttavia emergono rilevanti differenze regionali: con Regioni che ricorrono in modo esteso alla distribuzione
diretta (Emilia Romagna, Sardegna e Lombardia) rispetto ad altre Regioni nelle quali tale canale alternativo è
relativamente meno utilizzato (Molise, Calabria e Lazio). Relativamente all'assistenza farmaceutica
ospedaliera, le regioni che registrano la maggior spesa per consumo di medicinali in ambito ospedaliere -in
valore assoluto- sono la Lombardia (222,5 milioni di euro), seguita dalla Toscana (201,4 milioni di euro) e dal
Veneto (189,1 milioni di euro). La spesa dei farmaci erogati in distribuzione diretta e per conto e in ambito
ospedaliero, trasmessa dalle regioni, e registrata attraverso il flusso NSIS presenta un variabile grado di
completezza ed in ogni caso è soggetto ad un consolidamento progressivo in corso d'anno è Al fine di
promuovere una ricomposizione del quadro dell'assistenza farmaceutica fornita dalle strutture sanitarie
pubbliche è stato operato un confronto dei dati provenienti da diversi flussi informativi, inclusi quelli relativi ai
dati del conto economico regionale. Attualmente si registra una discreta corrispondenza tra la spesa
comunicata dalle regioni attraverso i flussi informativi della distribuzione diretta e per conto e dei consumi
ospedalieri (sell-out), pari a 5.349 milioni di euro; e la spesa trasmessa dalla filiera distributiva relativa agli
acquisti delle strutture sanitarie pubbliche (sell-in), pari a 5.882 milioni di euro, entrambi i dati rappresentano
oltre l'85% della spesa del conto economico regionale nel medesimo periodo. L'applicazione della procedura
di espansione della spesa non convenzionata (vedi nota metodologica) permette una qualificazione della
spesa non rilevata rispetto al valore del conto economico regionale, tuttavia arriva a sopravanzarlo in alcune
regioni, in media è pari al 98% del valore del conto economico. Consumi per singola categoria terapeutica Di
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
seguito evidenziamo le prime tre categorie terapeutiche, procedendo in ordine decrescente di spesa pubblica,
ottenuta dalla combinazione della spesa farmaceutica convenzionata lorda, con la spesa a carico del SSN
relativa ai medicinali acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche. Nell'ambito delle singole categorie, laddove
possibile, sono anche compresi commenti specifici relativi ai dati provenienti dal flusso della distribuzione
diretta e per conto, dal flusso dei consumi ospedalieri e dal monitoraggio degli indicatori dell'appropriatezza
d'uso dei medicinali. Sistema cardiovascolare I farmaci del sistema cardiovascolare rappresentano la prima
categoria terapeutica a maggiore spesa pubblica pari a quasi 2,9 miliardi di euro (48,1 euro prò capite). Il
posizionamento complessivo di questa categoria è interamente giustificato dalla spesa e dai consumi
nell'ambito dell'assistenza farmaceutica convenzionata (rispettivamente 45,7 euro prò capite e 469,4 DDD/
1000 ab die), al contrario il contributo dato dall'acquisto da parte delle strutture sanitarie pubbliche è del tutto
marginale (rispettivamente 2,4 euro prò capite e 17,2 DDD/1000 ab die) e 15).Nello specifico dell'assistenza
convenzionata la spesa registra un calo del -6,1% rispetto al 2012, e tale riduzione è composta da un
significativo aumento del +1,3% dei consumi, da un netto calo dei prezzi (-6,4%) e da un effetto mix negativo
(-0,9%). Tale andamento della spesa convenzionata è stato in gran parte determinato dagli effetti sul 2013,
della perdita della copertura brevettuale avvenuta negli anni precedenti, di molecole attive sul sistema
cardiovascolare ad elevato consumo come l'atorvastatina, il candesartan, il valsartan e l'irbesartan. Gli
inibiton della HMG CoA reduttasi (statine) mantengono il primo posto in termini di spesa (8,1 euro prò capite),
mentre i farmaci più utilizzati continuano ad essere gli ACE-inibitori come monocomposti o in associazione
(119,6 DDD/1000 ab die), seguiti dagli inibitori dell'angiotensina II (sartani) come monocomposti o in
associazione (96,2 DDD/1000 ab die), dalle statine (63,7 DDD/1000 ab die) dai
calcioantagonistidiidropiridinici (54,1 DDD/1000 ab die) e dai beta bloccanti (42,4 DDD/1000 ab die).
Nell'ambito della categoria delle statine, atorvastatina, rosuvastatina e simvastatina compaiono fra i primi 30
principi attivi sia per spesa che per volume dei consumi. La rosuvastatina (3,9 euro prò capite) risulta il primo
principio attivo a maggior spesa; mentre l'atorvastatina, per effetto della perdita della copertura brevettuale,
scende ulteriormente dal quarto al decimo posto. Tali variazioni dei rank di spesa non si registrano dal lato
dei consumi; infatti, nella classifica delle prime trenta molecole a maggior consumo, l'atorvastatina (al quarto
posto, in crescita) e la rosuvastatina (al dodicesimo posto, in flessione) mantengono pressoché invariate le
loro posizioni. Nello specifico degli ACE inibitori, solo il ramipril compare fra i 30 principi attivi a maggior
spesa, mentre fra quelli a maggior utilizzazione, oltre al ramipril come monocomposto o in associazione
saldamente al primo posto, è presente anche l'enalapril. Relativamente ai sartani come monocomposti o in
associazione, fra i primi 30 principi attivi a maggior spesa e consumo compaiono l'irbesartan, l'olmesartan e il
telmisartan, tutti con ranghi in crescita rispetto agli anni precedenti. Infine, nell'ambito dei calcioantagonisti
diidropiridinici, l'amlodipina mantiene stabilmente il terzo posto in termini di utilizzazione; invece per i betabloccanti solo il bisoprololo compare fra i 30 principi attivi a maggior spesa, mentre fra quelli a maggior
utilizzazione, al primo posto continua ad esser collocato il nebivololo seguito dall'atenololo. Per quanto attiene
l'analisi dei farmaci cardiovascolari acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche, i dati evidenziano una
crescita rispetto al 2012 della spesa (+11,4%) associata ad un lieve incremento dei consumi (+1,7%). La
categoria terapeutica dei farmaci cardiovascolari, in cui è compreso il bosentan (i.e. altri ipertensivi) assorbe
più del 50% della spesa. Inoltre, il bosentan rappresenta l'unico tra i farmaci cardiovascolari a comparire tra i
primi 30 principi attivi a maggior spesa erogati in distribuzione diretta e per conto. Nessun farmaco
cardiovascolare compare tra i primi 30 principi attivi erogati nell'ambito dell'assistenza farmaceutica
ospedaliera. Il monitoraggio degli indicatori dell'appropriatezza d'uso focalizza l'attenzione essenzialmente
sulle categorie di farmaci cardiovascolari impiegate nel trattamento dell'ipertensione arteriosa e
dell'iperlipemia. Per quanto riguarda il trattamento dell'ipertensione arteriosa, alcuni indicatori evidenziano un
livello medio negli ultimi anni relativamente accettabile, seppur non ottimale (H-DB 1.1 e H-DB 1.4), invece sì
evidenzia un andamento temporale che si muove nella direzione dell'inappropriatezza per quanto riguarda la
percentuale di pazienti trattati con un sartano a brevetto scaduto sul totale (H-DB 1.2). In Italia il 54,7% dei
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pazienti è risultato aderente ai trattamenti antipertensivi nel 2013, in crescita rispetto all'anno precedente (HDB 1.3; pazienti con una proporzione di giorni coperti dal trattamento uguale o superiore all'80%). Infine gli
indicatori HDB 1.5 e 1.6 evidenziano un uso del tutto inappropriato delle associazioni fisse di calcioa n t a gon isti con molecole attive sul s is t e ma re n in a a n g io t e n s in a (a mlo d ip in a / p e r i n d o p r i l ,
lercanidipina/enalapril,felodipina/ramipril, manidipina/delapril, amlodipina/olmesartan). Per quanto riguarda il
trattamento dell'iperlipemia, tutti gli indicatori evidenziano ampi spazi di miglioramento dell'appropriatezza
d'uso delle statine nella pratica cllnica quotidiana. In Italia il 43,9% dei pazienti è risultato aderente ai
trattamenti ipolipemizzanti nel 2013, in crescita rispetto all'anno precedente (H-DB 2.5; pazienti con una
proporzione di giorni coperti dal trattamento uguale o superiore all'80%). Antineoplastici ed immunomodulatori
I farmaci antineoplastici ed immunomodulatori rappresentano la seconda categoria terapeutica a maggior
spesa pubblica, pari a quasi 2,7 miliardi di euro (44,6 euro prò capite). Al contrario rispetto ai farmaci
cardiovascolari, il posizionamento complessivo di questa categoria terapeutica è interamente giustificato dalla
spesa derivante dall'acquisto di questi medicinali da parte delle strutture sanitarie pubbliche (41,4 euro prò
capite), invece il contributo dato dall'assistenza farmaceutica convenzionata è del tutto marginale (3,2 euro
prò capite). Nello specifico dell'assistenza convenzionata, la spesa dei farmaci antineoplastici registra una
riduzione (- 2,7% rispetto al 2012), risultante da un moderato aumento del +3,4% dei consumi, da un calo dei
prezzi (3,4%) e da un effetto mix negativo (-2,7%). Questo andamento trova una prevalente giustificazione
nel trasferimento di medicinali associati ad un prezzo mediamente più alto tra quelli erogati in regime
convenzionale, verso il canale della distribuzione diretta e per conto. La prima sottocategoria terapeutica a
maggior incidenza sulla spesa convenzionata è rappresentata dagli inibitori enzimatici, per i quali nel 2013 si
è registrato un incremento della spesa del +3,8%, essenzialmente dovuto ad una crescita del loro consumo
(+5,5%). Per quanto attiene l'analisi dei farmaci antineoplastici ed immunomodulatori acquistati dalle strutture
sanitarie pubbliche, i dati evidenziano una crescita rispetto al 2012 della spesa (+6,4%), a fronte di una
riduzione dei consumi (-2,6%>). Le categorie a maggior spesa sono rappresentate dagli anticorpi monoclonali
(8,3 euro prò capite), dagli inibitori del fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-a) (7,3 euro prò capite) e dagli
inibitori della proteina chinasi (6,3 euro prò capite); tutte associate con una spesa e consumi in crescita
rispetto al 2012. Ben 12 principi attivi di antineoplastici ed immunomodulatori compaiono tra i primi 30 a
maggior incidenza sulla spesa dei medicinali erogati in distribuzione diretta e per conto (i primi tre sono:
l'etanercept, l'adalimumab
Composizione della spesa farmaceutica nei primi nove mesi del 2013 4,9 9,0 Spesa convenzionata lorda
Distr. Diretta e per conto di fascia A Classe A privato Classe C con ricetta Automedicazione (Farmacie
pubbliche e private) ASL, Aziende Ospedaliere, RIA e penitenziari* 8.455 2.117 947 2.238 1.752 3.997 43,3
10,9 11,5 20,5 ' al netto della spesa per ifarmaci erogati in distribuzione diretta e per conto di fascia A
Spesa farmaceutica territoriale in Italia nel periodo 1985-2013 16.000 - 14.000 - 12.000 10.000 - - 5pesa
pubblici - Spesa privata 8.000 - ^Stimato sulla base dell'andamento dei primi 9 mesi A. comprensiva della
spesa farmaceutica convenzionata e della distribuzione diretta e per conto di fascia ASSISI, incluse le
compartecipazioni a carico del cittadino. 6.000 - Fonte: elaborazione OsMed su dati del Ministero
dell'Economia e delle Finanze e IMS Health 4.000 • 2.000 Spesa farmaceutica territoriale: confronto fra i primi 9 mesi del periodo 2009-2013 1,3 1+2+3+4 2,0 0,8 1+2 1
2 3 4 4+5 Spesa convenzionata lorda Compartecipazione del cittadino TicTet per confezione Quota prezzo di
riferimento Sconto* Spesa convenzionata netta Distr. Diretta di fascia A** Spesa territoriale 2009 milioni
9.651 615 317 298 527 714 321 393 588 8.509 1.325 9.834 2010 milioni 975 401 574 624 2011 milioni 9.375
401 651 584 7.776 2.124 9.900 2012 milioni 8.666 1.052 7.029 2.124 9.153 2013 milioni 8.455 1.074 16,1
421 653 699 9.725 6.682 2.117 8.799 A% 10/09 8.423 1.608 10.031 31,9 11,6 -1,0 21,4 * Comprende lo
sconto per fasce di presso posto a carico delle farmacie; l'extrasconio da Determinatone AIFA 9 Febbraio
2007, successivamente modificata dalla Determinazione AlFA 15 gmgno 2012; e lo sconto a carico
dell'industria da Determinatone AlFA 30 Dicembre 2005. ** Spesa distribuzione diretta e ter conto di fascia A,
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comprensiva -nel caso di Regioni con dati mancanti- del valore del 40% della spesa farmaceutica non
convenzionata rilevata attraverso il flusso della 'Tracciabilità del farmaco", ai sensi della L.222/2007. Tale
condizione è stata applicata per gli ultimi 3 mesi della regione Sardegna e per il mese dì settembre della Valle
d'Aosta. Il dato della distribuzione diretta e per conto non è consolidato e, pertanto, coincide con la stima
sviluppata nell'ambito del monitoraggio periadico della spesa farmaceutica condotto dall'AlFA. Fonte:
eìlaboraz otte OsMed su dat NS/S, Age.Na.S. e /MS Heailtb
Interventi regionali di regolamentazione della dispensazione dei farmaci Regione Distribuzione diretta
Distribuzione per conto I ciclo Ticket Prezzo di riferimento per inibitori di pompa Limite prescrittivo (1 pezzo
per ricetta) Puglia Calabria Sicilia Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Basilicata Sardegna Emilia R.
Toscana Campania Piemonte Val d Aosta Lombardia PA Bolzano PA Trento Veneto Friuli V.G. Liguria dal
01/07/11 nuove esenzioni dal 01/10/11 nuove esenzioni dal21/01/12 nuove esenzioni dal7/0S/12 modifica
estensioni da 1/10/10 fino al 31/12/2011 nuovi ticket dal 01/11/11 nuove esenzioni si (dal 29 agosto 2011) si
(dal 23 agosto 2011) si (dal 12 settembre 2011)
Variabilità regionale dei consumi farmaceutici in regime convenzionale nei primi 9 mesi 2013 per quantità,
costo medio di giornata di terapia (scostamenti) -quantità •costose •quantità •costose Kff. % dal valore medio
di DDD/1000 ab die Italia •quantità -costose
Primi trenta principi attivi per spesa farmaceutica convenzionata di classe A-SSN: confronto fra i primi 9 mesi
del periodo 2009-2013 ATC Principio attivo C Rosuvastatina R Salmeterolo, associazioni A Lansoprazolo A
Pantoprazolo A Omeprazolo C Omega 3 trigliceridi J Amoxicillina e inibitori enzimatici R Formoterolo,
associazioni R Tiotropio C Atorvastatina C Irbesartan e diuretici B Enoxaparina C Simvastatina e ezetimibe A
Esomeprazolo C Olmesartan N Escitalopram G Dutasteride C Olmesartan e diuretici C Ramipril C
Simvastatina N Pregabalin C Telmisartan N Duloxetina B Acido acetìlsalicilico V Ossigeno C Amlodipina C
Bisoprololo A Insulina aspart S Timololo, associazioni J Ceftriaxone Totale Totale spesa SSN 9 11 11 1 10 12
15 14 19 16 30 27 22 18 28 24 30 45 23 21 24 - Spesa prò capite 3,9 3,6 3,3 3,3 2,5 2,3 2,3 2,1 2,1 2,0 1,9
1,9 1,9 1,9 1,8 1,7 1,6 1,5 1,5 1,4 1,4 1,4 1,3 1,3 1,3 1,2 1,2 1,1 1,1 1,1 57,0 141,2 2,8 2,6 2,3 2,3 1,8 1,6 1,6
1,5 1,5 1,4 1,3 1,3 1,3 1,3 1,2 1,2 1,1 1,1 1,1 1,0 1,0 1,0 0,9 0,9 0,9 0,9 0,8 0,8 0,8 0,8 40,3 100 Rango 2013
1 2 4 5 7 8 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Rango 2012 1 2 8 10 9 4 12 11
13 15 16 14 21 22 17 20 24 23 26 25 28 27 - Rango 2011 2 Rango 2010 2 4 10 8 7 11 5 13 1 9 17 18 5 22 20
38 34 23 16 37 25 33 50 89 15 27 - Nota: dove il rango è assente significa che aveva ranghi inferiori a quelli
considerati
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L'uso dei Farmaci in Italia / 2
e Fimatinib). Sul versante dell'assistenza farmaceutica ospedaliera, 12 principi attivi di antineoplastici ed
immunomodulatori compaiono tra i primi 30 a maggior incidenza sulla spesa dei medicinali consumati in
ambito ospedaliero (i primi tre sono: trastuzumab, rituximab e bevacizumab). Antimicrobici per uso sistemico
Gli antimicrobici per uso sistemico rappresentano la terza categoria terapeutica a maggior spesa pubblica,
pari a 1,8 miliardi di euro (30,3 euro prò capite). Il posizionamento complessivo di questa categoria è
prevalentemente giustificato dalla spesa derivante all'acquisto di medicinali da parte delle strutture sanitarie
pubbliche (19,0 euro prò capite), al contrario il contributo dato dall'assistenza farmaceutica convenzionata
risulta di minore entità (11,3 euro prò capite). Nello specifico dell'assistenza convenzionata, la spesa dei
farmaci antimicrobici per uso sistemico registra un'inversione di tendenza, con un incremento del +1,9%
rispetto al 2012, risultante da una forte crescita del + 5,2% dei consumi, parzialmente controbilanciata da un
calo dei prezzi (-1,0%) e da un effetto mix negativo (-2,1%). Per quanto riguarda invece l'analisi dei farmaci
antimicrobici per uso sistemico acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche, i dati evidenziano una riduzione
rispetto al 2012 sia della spesa (1,0%), che dei consumi (-2,7%). Nell'ambito dell'erogazione di medicinali in
regime convenzionale i maggiori consumi sono determinati dalle associazioni di penicilline inclusi gli inibitori
delle beta-lattamasi (9,1 DDD/1000 ab die), macrolidi (4,2 DDD/ 1000 ab die), fluorochinoloni (3,1 DDD/1000
ab die) e penicilline ad ampio spettro (2,5 DDD/ 1000 ab die); tutte con un andamento dei consumi crescente
rispetto al 2012, con l'unica eccezione delle penicilline ad ampio spettro. Invece, sul versante degli acquisti
delle strutture pubbliche, prevalgono i medicinali riconducibili al trattamento dell'infezione da H1V. Gli
antivirali (quelli indicati per uso esclusivo nell'infezione da HIV, o anche in altre infezioni virali: J05AR e
J05AX) registrano un incremento rispetto al 2012, s:a in termini di spesa (per le due categorie rispettivamente
+14,9% e +8,7%) sia della prescrizione (rispettivamente + 17,9%) e + 16,4%) imputabile principalmente al
crescente uso delle associazioni di due o più principi attivi. Fra gli antibatterici aumenta sia la spesa, sia la
prescrizione delle tetracicline (rispettivamente + 14,7% e +27,6%) e degli altri antibatterici (rispettivamente
+6,3% e +9,0%,). Sette principi attivi di antivirali, con indicazione terapeutica nel trattamento dell'infezione da
HIV e nel trattamento dell'infezione cronica da virus dell'epatite B, compaiono tra i primi 30 a maggior
incidenza sulla spesa dei medicinali erogati in distribuzione diretta e per conto. Sul versante dell'assistenza
farmaceutica ospedaliera, 8 principi attivi di antimicrobici per uso sistemico compaiono tra i primi 30 a
maggior incidenza sulla spesa dei medicinali consumati in ambito ospedaliero (i primi tre sono: caspofungin,
teicoplanina e vaccino anti-pneumococcico). Primi venti principi attivi a brevetto scaduto a maggiore spesa
farmaceutica convenzionata e corrispondenti consumi: confronto fra i primi 9 mesi del 2013 e 2012* ATC
Principio attivo A Lansoprazolo A Pantoprazolo A Omeprazolo J Amoxicillina e inibitori enzimatici C
Atorvastatina A Omeprazolo C Ramipril C Simvastatina C Amlodipina C Bisoprololo J ceftriaxone C
Nitroglicerina C Valsartan e diuretici A Metformina C Nebivololo C Doxazosina A Mesalazina (5-ASA) N
Levetiracetam G Tamsulosina J Claritromicina Spesa lorda (milioni) Spesa equivalenti** (%) DDD/1000
abitanti die A% 2013-2012 DDD costo medioDDD * Sono state utiliziate le Uste di trasparenza pubblicate
mensilmente dall'AlFA ** calcolato siti totale della spesa per i /armaci a brevetto scaduto. Farmaci equivalenti,
ovvero i medicinali a base di principi attivi con brevetto scaduto, ad esclusione di quelli che hanno goduto di
copertura brevettuale, ai sensi dell'ari. 1 bis, del DL 27 maggio 2005, n. 87, convcrtito, con modificazioni,
dalla Legge 26 luglio 2005, n. 149.
Composizione della spesa regionale per medicinali erogati in distribuzione diretta (DD) e per conto (DPC)
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia P.A. Bollano P.A. Trento Veneto FriuliVG Liguria Emilia R. Toscana
Umbria Marche Lazio Abruzzo* Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia* Sardegna DD (euro)
152.023.470 3.207.221 558.605.812 18.274.783 12.437.992 229.908.552 56.175.012 90.321.490
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DOSSIER
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285.600.219 214.307.322 59.052.977 78.829.338 233.455.050 65.431.781 10.311.790 294.483.239
136.660.062 27.858.262 62.788.996 247.933.209 4.025.409 2.841.691.987 703.265.675 3.544.957.662 DPC
(euro) 33.044.523 2.012.871 74.819.858 5.256.294 8.252.740 37.587.895 11.439.992 17.748.334 16.568.376
71.258.399 13.827.414 30.501.919 173.502.534 8.186.621 81.244.788 56.026.166 11.806.725 49.847.345
Totale (euro) 185.067.993 5.220.093 633.425.670 23.531.077 20.690.731 267.496.446 67.615.004
108.069.824 302.168.595 285.565.722 72.880.391 109.331.257 406.957.584 65.431.781 18.498.411
375.728.027 192.686.228 39.664.987 112.636.340 247.933.209 4.358.290 Inc% DD 82,1% 61,4% 88,2%
77,7% 60,1% 85,9% 83,1% 83,6% 94,5% 75,0% 81,0% 72,1% 57,4% 100,0% 55,7% 78,4% 70,9% 70,2%
55,7% 100,0% 92,4% Inc% DPC 17,9% 38,6% 11,8% 22,3% 39,9% 14,1% 16,9% 16,4% 5,5% 25,0% 19,0%
27,9% 42,6% 0,0% 44,3% 21,6% 29,1% 29,8% 44,3% 0,0% 7,6% Nota: i dati del flusso regionale sono
relativi alla spesa per medicinali con AlC nel periodo gen sci 2013, consolidati al 12/12/2013. * non praticano
la distribuzione in nome e per conto.
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Tempi certi per i farmaci anticancro salvavita
Lo hanno proposto l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), la Società Italiana di Ematologia (Sie)
e la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo) in un convegno a Roma
preceduto da un incontro con senatori e deputati
A.T.
I farmaci anticancro salvavita in Italia tardano molto a entrare nella pratica clinica. La burocrazia federalista,
con l'adozione dei Prontuari terapeutici regionali, di fatto impedisce a tanti pazienti di accedere a questa cure
appena ottengono il via libera dell'Aifa. Eppure attualmente in Italia 2 milioni e 800 mila persone vivono con
una diagnosi di tumore (erano quasi 1.500.000 nel 1993 e 2.250.000 nel 2006). I nuovi casi registrati nel
2013 sono stati 366 mila. E una querelle che va avanti da diversi anni e che vede contrapposti da un lato
medici e pazienti e dall'altro i politici regionali. Mentre lo Stato entrale legifera, sottoscrive accordi con le
Regioni, ma alla fine tutto resta bloccato per mesi. È una storia paradossale ma anche triste che dimostra
quanto la politica e gli amministratori regionali considerano importante la tutela della salute dei cittadini. E una
storia figlia di un federalismo male applicato e frainteso dove a essere penalizzati sono proprio i cittadini con
poche risorse. Questi farmaci anticancro salvavita sono molto importanti in quanto in molti casi possono
cambiare in positivo l'evoluzione della patologia. E invece chi risiede nelle regioni che tardano a recepire
questi farmaci, se non ha le risorse necessarie per rifornirsi a proprie spese in altre regioni o in alcuni casi
anche all'estero, è costretto ad aspettare. E questa lunga attesa che significa in molti casi anche mettere a
rischio la stessa vita di questi pazienti. Un fatto veramente singolare in quanto un farmaco che ha avuto il via
libera a livello europeo prima, poi è passato al vaglio dell'agenzia nazionale per essere recepito dai cosiddetti
prontuari regionali deve passare il vaglio anche degli esperti locali. E tutti questi passaggi non sono
immediati, l'attesa arriva molte volte anche a 50 mesi, ovvero oltre 4 anni. Negli Stati Uniti, stato federale per
eccellenza, invece, dopo il via libera dell'agenzia, il farmaco diventa disponibile automaticamente in tutti gli
Stati. A fare il punto di questa scandalosa situazione e a denunciare ancora una volta i ritardi regionali
l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), la Società Italiana di Ematologia (Sie) e la Federazione
italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo) hanno presentato alla Commissione Igiene e
Sanità del Senato e alla Commissione Affari Sociali della Camera un documento programmatico, che è stato
poi illustrato nel convegno nazionale "Farmaco e sostenibilità nella cura del paziente oncologico", organizzato
nei giorni scorsi a Roma presso la Camera dei Deputati. Eliminare i prontuari terapeutici regionali
Nell'incontro romano è stato chiesto da tutte le parti innazitutto la soppressione dei Prontuari terapeutici
regionali. Inoltre medici e pazienti hanno chiesto la rimodulazione del "Decreto Balduzzi", per consentire
l'accesso immediato a tutti i farmaci salvavita e non solo a quelli considerati innovativi. Contemporaneamente
si dovrà attivare uno stretto monitoraggio sul rispetto del termine dei 100 giorni per l'esame delle terapie
innovative da parte dell'Alfa. «Siamo consapevoli - ha affermato al convegno Stefano Cascinu, presidente
Aiom - che il contenimento dei costi rappresenti una priorità e noi siamo pronti a fare la nostra parte. Per
garantire la sostenibilità del sistema sanitario, messo a dura prova dai tagli determinati dalla spending review,
la parola d'ordine è appropriatezza: vi sono cure di non comprovata efficacia che costano ogni anno circa 350
milioni di euro. Anche nel settore oncologico si deve procedere all'eliminazione di spese improprie, per
rendere più efficiente l'organizzazione dei servizi e più efficace l'utilizzo delle risorse. Non possiamo però
accettare l'idea di porre la spesa farmaceutica oncologica come l'origine di tutti i problemi. L'impatto
economico per le terapie antitumorali è rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi anni. Le varie commissioni
regionali spesso non sono altro che inutili duplicati dell'agenzia regolatoria europea (Ema) e di quella italiana
(Aifa). Il terzo livello di approvazione deve essere eliminato». «La non disponibilità di cure adeguate - ha
sottolineato Fabrizio Pane, presidente Sie - implica costi ingenti, che per i pazienti oncologici sono stati
stimati in decine di miliardi di euro. Va ricordato che proprio l'ematologia ha aperto più di 10 anni fa la strada
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 20/02/2014
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Farmaci / Lo chiedono medici e pazienti oncologici
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ai cosiddetti farmaci intelligenti, che sono stati applicati con successo anche nel trattamento di altre
neoplasie. Le terapie mirate hanno rivoluzionato la cura delle leucemie, colpendo in modo selettivo il difetto
molecolare». «Per superare questi ritardi - ha invece evidenziato Francesco Cognetti, presidente della
Fondazione Insieme contro il cancro - a seguito delle sollecitazioni avanzate da Favo e Aiom e fatte proprie
dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il Governo Letta lo scorso luglio ha approvato un emendamento al
'Decreto del Fare'. E stato stabilito l'obbligo per l'Aifa di valutare, ai fini della classificazione e della
rimborsabilità da parte del servizio sanitario, le domande dei farmaci innovativi entro un periodo massimo di
100 giorni. Ma questa legge, allo stato attuale, non sembra sia applicata né applicabile. Chiediamo che il
Parlamento si attivi per monitorare, anche attraverso un Sindacato Ispettivo, il rispetto di questa legge.
Altrimenti vanno fissati termini diversi, ma certi». Da parte dell'industria, Luigi Boano, General Manager
Novartis Oncology Italia, ha ribadito che «il nostro impegno non si esaurisce nell'investire in ricerca e sviluppo
per rendere disponibili i nuovi farmaci. Concentriamo ha aggiunto - i nostri sforzi nell'individuazione di
marcatori biologici che permettano di sapere in anticipo quali pazienti trarranno giovamento dai nuovi
trattamenti. Lavoriamo a fianco della comunità oncologica ed ematologica per assicurare insieme l'impiego
appropriato dei nostri farmaci, coscienti che la sostenibilità del sistema sia anche nostra responsabilità».
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Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
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Istituito tavolo tecnico congiunto per la distribuzione
A er confrontarsi su quale sia la modalità di distribuzione più corretta e adeguata dei farmaci del Pht
Federfarma (Federazione nazionale unitaria titolari di farmacia) e Sifo (Società Italiana di Farmacia
Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie) hanno costituito un tavolo tecnico. "Il nuovo
tavolo" spiega una nota congiunta "costituisce la prima tappa di cooperazione professionale tra le due
Organizzazioni finalizzata ad assicurare ai pazienti farmaci appropriati e una migliore aderenza alle terapie, e
agli operatori l'opportunità di ulteriori forme di partecipazione professionale. La collaborazione tra le due
Organizzazioni, che è stata anticipata con una nota congiunta all'Aifa (Agenzia Nazionale del Farmaco), si
basa sul presupposto della necessità di una maggiore sinergia tra professionisti che svolgono un'analoga
attività ma in contesti operativi diversi: la farmacia di comunità, la farmacia ospedaliera e il servizio
farmaceutico distrettuale. Il tavolo sui farmaci del Pht, oltre che rappresentare un importante momento di
arricchimento e di scambio professionale, intende anche essere un contributo per l'Aifa che, in base alla
legge di stabilità, ha assunto l'impegno di aggiornare annualmente il Pht. «Come società scientifica che
rappresenta i farmacisti delle Aziende Sanitarie che operano negli Ospedali e nei Distretti Sanitari riteniamo
che una collaborazione costante con i colleghi delle farmacie di comunità possa dare ottimi risultati; siamo
tutti parte di un unico Sistema Sanitario Nazionale e una delle nostre missioni è quella di assicurare al
paziente la continuità assistenziale ospedale-territorio», dichiara Laura Fabrizio Presidente Sifo. «Tutti i
farmacisti devono garantire, secondo le proprie specifiche competenze, un'assistenza accessibile e di qualità
ai pazienti, soprattutto a quelli affetti da particolari patologie e che necessitano di farmaci innovativi mettendo
in atto appropriate modalità di erogazione. Alcuni farmaci del Pht, ad esempio, potrebbero essere distribuiti
nelle farmacie di comunità, mentre altri, che necessitano di un monitoraggio più puntuale, come gli oncologici
orali, debbono restare di competenza delle farmacie ospedaliere, per consentire al paziente un appropriato
follow up e la massima sicurezza, prima, durante e dopo la terapia». «La collaborazione con Sifo, oltre a
permettere un grande arricchimento culturale derivante dallo scambio tra professionisti con esperienze
operative diverse sul campo, potrà consentire di delineare le soluzioni più adeguate per fare arrivare il
farmaco al cittadino nella maniera più agevole e più sicura e per facilitare il monitoraggio da parte del Ssn di
spesa e consumi. La collaborazione permetterà di supportare l'autorità sanitaria nel processo di
adeguamento del Pht alle esigenze dei pazienti, valorizzando le professionalità del farmacista sia ospedaliero
che territoriale. Ricordiamo, infatti, che il Pht è uno strumento nato molti anni fa e non è quasi mai stato
aggiornato» osserva Annarosa Racca, Presidente di Federfarmas.
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Farmaci / Federfarma e Sifo
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Panorama della Sanita - N.5 - 10 febbraio 2014
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153 milioni di euro di valore aggiunto nel 2012
26mila interventi chirurgici, 300 trapianti, 9 nuovi geni-malattia scoperti nell'attività di ricerca, 1 OOmila notti
gratuite per i familiari dei piccoli ricoverati. I risultati del primo bilancio sociale dell'Ospedale della Santa Sede
G/resce, nonostante la crisi economica, il valore aggiunto prodotto dall'Ospedale pediatrico Bambino Gesù,
pari a 153 milioni di euro. Aumentano i ricoveri e gli interventi chirurgici, segno della capacità di accoglienza e
di attrazione dell'Ospedale per i pazienti che vengono da fuori Regione. Si consolida l'alta complessità con
circa 300 procedure trapiantologiche eseguite, mentre l'attività di ricerca ha portato alla scoperta di 9 nuovi
geni-malattia. Sono alcuni dei dati contenuti nel primo bilancio sociale del Bambino Gesù, riferito all'anno
2012 presentato recentemente. «Un'iniziativa - ha spiegato il presidente dell'Ospedale Giuseppe Profiti dettata dalla volontà di rispettare attraverso una rendicontazione pubblica i criteri di trasparenza e
verificabilità del nostro operato». «Il bilancio sociale - ha aggiunto Profiti - é la testimonianza di ciò che
quotidianamente il sistema Bambino Gesù realizza per i propri pazienti, per le loro famiglie e per la società in
cui essi vivono». Il documento, realizzato secondo gli standard Gbs (Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale)
sotto la guida del Laboratorio di Economia e Management dell'Università degli studi di Roma "Foro Italico",
racconta le attività svolte e i risultati sociali dall'Ospedale nel corso del 2012 sul piano economico, sociale,
clinico e scientifico. Sul piano della rendicontazione economica, l'Ospedale ha prodotto nel 2012 153 milioni
di euro di valore aggiunto (+ 2.226.184 rispetto al 2011). Una cifra reinvestita per il 98% sul personale. Il
restante 2% - pari a quasi 3 milioni di euro - costituisce il margine operativo lordo realizzato dall'Ospedale
nell'ultimo anno, malgrado le ripercussioni della crisi economica sul sistema sanitario nazionale e regionale. Il
valore aggiunto è un indice di salute dell'organizzazione, in quanto ne rappresenta la capacità di aggiungere
valore a beni e servizi acquistati. Il risultato è dato dalla differenza tra il valore della produzione realizzata
(260 milioni di euro) e i costi esterni sostenuti (materie e servizi, pari a 107 milioni di euro). Una cifra
reinvestita sui circa 3400 lavoratori dell'Ospedale tra personale dipendente e collaboratori (di cui il 70% è
rappresentato da personale femminile, che occupa anche il 52% degli incarichi di responsabilità) «la cui
competenza e professionalità - ha sottolineato Profiti - costituisce la principale garanzia nella cura dei piccoli
pazienti». «La nostra missione - ha aggiunto il presidente del Bambino Gesù è perseguire l'eccellenza nelle
cure dei piccoli degenti, cercando di accompagnare al meglio le famiglie. Anche nel contesto difficile della
crisi economica, che ha visto la riduzione dei fondi disponibili per il settore sanitario, siamo comunque riusciti
a raggiungere gli obiettivi prefissati e ad andare incontro alle esigenze delle famiglie. L'apertura della nuova
sede di San Paolo, a fine 2012, ha permesso di trasferire le cure ambulatoriali in un ambiente ampio e
confortevole, lasciando nella sede storica di Sant'Onofrio le cure caratterizzate da alta complessità, che
richiedono soggiorni più prolungati». Sul piano della cura e dell'assistenza è aumentato il numero dei ricoveri,
oltre 26mila (+5%), a dimostrazione della capacità di accoglienza e ricezione dell'Ospedale. Sono aumentati
gli accessi al Pronto Soccorso, dalle 59mila visite del 2010 aUe 71mila del 2012, prova della capacità di far
fronte sempre di più ai casi di emergenza pediatrica. Le attività operatorie sono passate da 20mila a quasi
26mila (+26% dal 2010, +18% dal 2011), a dimostrazione del riconoscimento dell'Ospedale quale struttura di
eccellenza e polo di attrazione per la cura dei minori. Il 28% dei pazienti ricoverati in regime ordinario
provenivano da altre Regioni (Campania 2d%, Puglia 14%, Calabria 13%). Il 12% sul totale dei ricoverati
erano pazienti di origine straniera. Si conferma, per il 2012, l'elevata produttività dell'attività trapiantologica
con quasi 300 trapianti tra rene, cuore, fegato, midollo, cornea, protesi valvolari cardiache e membrane
amniotiche. Sul piano della ricerca, tra i risultati più significativi ottenuti nel 2012 si segnalano l'identificazione
di 9 nuovi genimalattia nel campo della genetica e delle malattie rare; la messa a punto di modelli di
simulazione per ottimizzare la correzione chirurgica delle cardiopatie nel campo delle malattie multifattoriali e
dei fenotipi complessi; gli studi sulle cellule B della memoria nell'area di ricerca in immunologia e
farmacoterapia; gli studi del profilo immunologico nei trapianti aploidentici in oncoematologia; lo sviluppo di un
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nuovo software per la valutazione delle acquisizione delle tecnologie sanitarie, per le innovazioni clinicotecnologiche; lo sviluppo di tecniche chirurgiche mini-invasive sul piano delle innovazioni clinico-assistenziali.
L'Impact Factor della produzione scientifica complessiva dell'Ospedale é continuato a crescere nel 2012, così
come il valore medio dell'IF prodotto da ciascun ricercatore. E aumentata la partecipazione ai bandi ricerca
nazionali e internazionali, cosi pure il tasso di successo dei progetti presentati (dal 24% del 2011 al 29% del
2012) ovvero dei progetti finanziati. Sul fronte delle attività di accoglienza delle famiglie dei piccoli ricoverati,
nel 2012 l'Ospedale ha garantito oltre lOOmila notti gratuite negli alberghi della capitale e in altre strutture
ricettive. 4500 i nuclei familiari coinvolti nei progetti di assistenza, 1700 mediazioni culturali svolte in 90 lingue
diverse e 2500 bambini inseriti nel programma di scuola in ospedale. Di particolare rilievo sociale l'accordo
con il ministero della Giustizia per la gestione di parte del Centro Unico di Prenotazione dell'Ospedale
attraverso il coinvolgimento di alcuni detenuti del carcere di Rebibbia. La presenza umanitaria del Bambino
Gesù, infine, ha continuato a svilupparsi anche all'estero, dove l'Ospedale è presente con missioni, progetti e
presidi sanitari stabili in 14 Paesi, dal Vietnam alla Tanzania. «Tutte queste attività - ha concluso il presidente
del Bambino Gesù Giuseppe Profiti - non sarebbero state possibili senza il sostegno e la generosità di tanti
privati, professionisti, aziende, e volontari che da sempre con la loro vicinanza e il loro impegno sono
diventati parte integrante del sistema Bambino Gesù». Per quanto riguarda il fundraising, le donazioni
raccolte nel 2012 ammontano a circa 3 milioni di euro e hanno interessato principalmente l'acquisto di
apparecchiature, donazioni a Unità operative e a progetti sociali e internazionali.
Foto: Do sinistra a destra: il Direttore Sanitario Massimiliano Raponi, il presidente Giuseppe Profiti, il Direttore
Amministrativo Massimo Spina e il Direttore Scientifico Bruno Dallapiccola