reportage - Giancarlo Ceraudo

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reportage - Giancarlo Ceraudo
REPORTAGE
LUCI E OMBRE DI PATAGONIA
Un paradiso naturale. Un’oasi di pace. Un patrimonio
di tutta l’umanità. Sempre più minacciato. Non solo
dagli effetti del riscaldamento globale. Ora anche dal
turismo. Perché l’Argentina ha aperto le porte di questo
suo Eden. Tra grandi alberghi. Trekking sui ghiacciai.
Aerei e catamarani da El Calafate
DI CHIARA VALENTINI - FOTO DI GIANCARLO CERAUDO
Il ghiacciaio Perito Moreno nel Parco
nazionale Los Glaciares. Ha un
fronte di 5 chilometri e uno spessore
della lingua terminale di 60 metri.
È minacciato dal riscaldamento globale
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Dove finisce il mondo
L’ex carcere di Ushuaia, il penitenziario più
a sud del mondo. Costruita ai primi del Novecento,
la colonia penale fu voluta dal generale Julio
Roca per rinchiudervi, in un regime durissimo,
gli oppositori politici e i peggiori criminali comuni
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Panamerican Express
Una fila di autocarri percorre la Carretera Panamericana, la strada che parte
dall’Alaska e scende lungo la costa occidentale delle due Americhe. È lunga oltre
25 mila chilometri e venne progettata all’inizio degli anni Venti del secolo scorso
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A destra: il relitto della Desdemona, abbandonato nella
punta più estrema della Terra del Fuoco. Sotto: un pescatore
e, in basso, un giovane in un locale di Puerto Piramides
blocchi azzurrini si distaccano
dal fronte del ghiacciaio Upsala e precipitano nelle acque del
lago Argentino con un rumore che assomiglia a un tuono,
ma più misterioso e profondo.
Spettacolo impagabile per i
turisti che sfidano le raffiche di vento sul
ponte del barcone, circondati da grandi
iceberg alla deriva. Ma segnale inquietante per lo stato di salute di quel polmone del
nostro clima che sono i ghiacciai della Patagonia, la terza massa glaciale della terra
dopo l’Antartide e la Groenlandia, che ormai sembrano toccati dal riscaldamento
globale come quelli dell’emisfero Nord.
Quasi per paradosso, proprio quando
l’Argentina ha reso facile l’accesso dei turisti a queste meraviglie naturali, si moltiplicano i fenomeni negativi. Come l’Upsala si sfaldano e arretrano vari ghiacciai minori del Parque National de Los Glaciares, stretti nel sud della Cordigliera delle
Ande. E nel luglio del 2008, in pieno inverno australe e non come al solito d’estate, è crollato un fianco del Perito Moreno,
lo spettacoloso ghiacciaio che l’Unesco ha
dichiarato Patrimonio mondiale dell’umanità. Guaio peraltro previsto da uno
dei maggiori glaciologi argentini, Jorge
Rabassa, che aveva calcolato la perdita di
ben 14 metri di spessore del ghiacciaio.
I
L’espresso 11 dicembre 2008
Ma non provate a parlare di questo collasso a El Calafate, la cittadina che è la porta d’ingresso al Parque, con i suoi nuovissimi catamarani che solcano il lago Argentino e con le spedizioni di trekking sui
ghiacciai. Perché qui, sulla bellezza del Perito Moreno e dei suoi fratelli minori, si sta
costruendo una fortuna.
Sperduto paesotto abituato ad accogliere
piccoli gruppi di turisti in cerca d’avventura, El Calafate aveva preso il via intorno al 2000, con la costruzione di un aeroporto. Oggi ci atterrano oltre 400 mila visitatori all’anno. E intanto, con gli alberghi (di cui un terzo a 4 stelle) che si sono
moltiplicati per dieci, per non parlare dei
ristoranti chic, delle boutiques di lusso e
del casinò, El Calafate ormai assomiglia a
una stazione turistica alla moda. Ma c’è
un’altra ragione dietro il successo di questa strana Saint Moritz delle Ande, la coppia Kirchner. È infatti originario della zona, la provincia di Santa Crutz, di cui è stato a lungo governatore, l’ex presidente
Nestor. E la presidentessa Cristina ha voluto costruire qui, in un angolo riparato
dai venti, una villa di mattoni rossi per il
weekend e allo stesso tempo fare buoni affari immobiliari, come scrivono i giornali
dell’opposizione.
Certo è un po’ breve l’estate australe, poco più di cinque mesi da novembre a mar-
A El Calafate, la
porta d’ingresso
alla regione
dei parchi e
dei ghiacciai,
oggi atterrano
oltre 400 mila
visitatori l’anno
zo. «Soprattutto c’è una certa improvvisazione e la pioggia di dollari e di euro che
ci sta cadendo addosso ci trova un po’ impreparati», confessa Maria Eugenia, titolare di una libreria sulla centrale Avenida
Liberador intasata di Porsche e fuoristrada. Ma basta allontanarsi qualche chilometro e sulle pendici rossicce delle colline
svolazzano i condor cari a Bruce Chatwin.
Se El Calafate è la punta avanzata del boom turistico della Patagonia, anche la più
discreta Ushuaia, la città più a sud del
mondo, è immersa in contraddizioni non
troppo diverse. Carica di miti e leggende
come del resto la Terra del Fuoco di cui è
l’estremo lembo, fondata nel 1870 dai
missionari inglesi che volevano convertire
gli indios yahgan, poi massacrati dal governo argentino, Ushuaia ha sempre esercitato l’attrazione dei luoghi estremi. Dai
cercatori d’oro ai naturalisti come Charles Darwin, fino agli sfortunati prigionieri della durissima colonia penale voluta ai
primi del ’900 dal generale Julio Roca per
rinchiuderci anarchici e criminali comuni,
la citta della “fin del mundo”, come re-
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citano i cartelli stradali, può vantare una
storia delle più ricche. E ancora, qui finisce la Carretera Panamericana, che parte
dall’Alaska e scende lungo la costa occidentale delle due Americhe. Da qui, navigando
lungo il canale di Beagle, si possono vedere
incredibili colonie di leoni marini e pinguini, e scoprire la straordinaria vegetazione
del Parque National Tierra del Fuego.
Ushuaia è diventata un luogo abitato prevalentemente da giovani, richiamati come
anche a El Calafate, oltre che dall’aria pulita e dal clima di novità, da alti salari e sgravi fiscali. Già in passato il governo argentino aveva usato incentivi di questo genere
per rendere abitate le sue terre all’estremo
sud, oggetto di un’eterna contesa con il Cile. Adesso è il turismo la nuova frontiera di
questa immigrazione, che fa di Ushuaia una
delle città più giovani del mondo, dove nasce un bambino tutti i giorni e dove solo il
5 per cento degli abitanti ha più di 50 anni.
Tanto giovanilismo ha anche le sue contropartite. Spuntano come funghi agenzie che
organizzano itinerari stravaganti con canoe e fuoristrada che si spingono dapper-
Oltre al business
delle agenzie di
viaggio, un’altra
minaccia arriva
dai liquami
di petrolio che
insidiano la
fauna e le coste
tutto, e già cominciano a minacciare gli
equilibri più delicati.
Ma le maggiori preoccupazioni per l’ambiente vengono da un turismo ben più speciale, che a Ushuaia ha la sua base operativa. Dal suo porto partono la maggior parte delle navi rompighiaccio che, dopo aver
attraversato lo stretto di Drake, fanno rotta verso l’Antartide. In un recente passato
erano soprattutto le navi dei ricercatori e
delle spedizioni scientifiche ad approdarci,
ma negli ultimi cinque anni tutto è cambiato. «Siamo stati abbondantemente superati dai turisti, che vengono portati nelle zone più critiche di quel laboratorio di ricerca sullo stato di salute del mondo che è
l’Antartide», dice Massimo Frezzotti, glaciologo dell’Enea specializzato nello studio
delle calotte polari. Almeno in 30 mila all’anno, dicono le statistiche, si avventurano alle isole Shetland, alle Falkland e alla
penisola Antartica. E l’Argentina spinge
per ampliare questo turismo, ottima fonte
di guadagni per le sue compagnie. Già si
parla di un albergo super attrezzato dove
sostare per una sola notte e di voli mordi e
fuggi per scattare qualche foto ai pinguini
imperatore in marcia, quelli del famoso
film di Luc Jacquet. È una prospettiva che
terrorizza gli scienziati. Nelle gelide acque
dell’Antartide non esistono i microrganismi che fanno da spazzini ai rifiuti e agli
scoli, che rischiano di restare lì per secoli,
alterando l’ambiente delle ricerche.
I pinguini d’altra parte, anche se di una specie diversa, si possono vedere molto più comodamente in un’altra delle mete classiche
del nuovo turismo della Patagonia, l’incantevole penisola Valdés. Nelle sue grandi insenature l’incontro della corrente calda del
Brasile con quella fredda dell’Antartide
crea un microclima ideale per la riproduzione dei mammiferi marini e di quegli uccelli sui generis che sono i pinguini. Quelli
che arrivano fin qui appartengono alla specie dei pinguini Magellano, che il famoso
esploratore aveva descritto nelle sue memorie come grandi oche pessime da mangiare perché coriacee e puzzolenti di pesce.
Protetti da leggi severissime e monitorati da
giovani guardie ecologiche, i pinguini arrivano nella riserva naturale della penisola
Valdés a centinaia di migliaia per deporre
le uova e far crescere per qualche mese i piccoli. Sono creature misteriose, che ubbidiscono a un loro equilibrio interno, indifferenti agli esseri umani. Nella riserva è facile osservarli da vicino, mentre scendono
sulle spiagge per procurarsi il cibo dai loro
nidi nascosti nella boscaglia, che ritrovano
ogni anno con matematica precisione. Anche per loro però la vita sta diventando difficile, per l’aumento delle temperature.
Ma il peggior nemico, almeno in questa
zona, è il petrolio che arriva vicino alle coste e
spesso li sporca. «Se lo
ingoiano cercando di pulirsi, i pinguini si avvelenano ed è impossibile salvarli», racconta sconsolato Osvaldo, una guardia ecologica. Ma almeno in questo caso la responsabilità non può essere addossata all’arrivo
anche qui in gran crescita dei pullman dei turisti.
Una famiglia di Usuhaia.
A destra: un panorama della
Terra del Fuoco. Sopra:
un iceberg nel Parque
National de Los Glaciares
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Foto: G. Neri
Chiara Valentini