LE RISORSE UMANE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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LE RISORSE UMANE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
LE RISORSE UMANE NELLA PA: TENDENZA ED EVOLUZIONE
PARTE II - CAPITOLO 1
LE RISORSE UMANE
NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE:
TENDENZA ED EVOLUZIONE
Nell’analizzare la formazione nella Pubblica Amministrazione e la sua evoluzione è opportuno effettuare alcune considerazioni sul personale delle Pubbliche Amministrazioni e sulle tendenze in atto.
Non si possono non considerare, infatti, in questa sede gli effetti delle riforme istituzionali e organizzative, gli effetti delle misure sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni,
nonché le innovazioni in termini di inquadramenti e di profili operate dai contratti collettivi. Appare utile inoltre considerare l’evoluzione del mercato del lavoro delle Pubbliche Amministrazioni, anche dal punto di vista del ricorso ai contratti di lavoro flessibili e alle collaborazioni esterne, sempre più frequenti nell’operato quotidiano delle
Amministrazioni. Si tratta di tasselli che insieme danno l’idea sullo stato della gestione
delle risorse umane oggi nelle Pubbliche Amministrazioni.
Il dato, particolarmente significativo, di questi ultimi anni sui dipendenti pubblici vede
una situazione stazionaria relativamente al numero degli addetti, contenuto grazie alle
misure previste dalle leggi finanziarie degli ultimi tre anni che hanno contingentato fortemente il reclutamento. Tali misure sono state più rigide per le Amministrazioni centrali dello Stato, meno per le Autonomie locali, ma hanno comportato una riduzione del
turnover. Tale tendenza, se accompagnata a misure di prolungamento dell’età pensionabile, avrebbe effetti non secondari sull’età media dei dipendenti pubblici italiani, sulla loro produttività e sul loro bagaglio di professionalità, e pertanto deve costituire elemento di riflessione nel pensare oggi alla formazione del personale, per tutti gli aspetti
connessi all’aging da valutare. La percentuale di dipendenti nella fascia di età tra i 20 e
i 29 anni, infatti, è tra le più basse d’Europa, così come è bassa la percentuale nella fascia 30-39 anni. Questo significa anche che è lungo il lasso temporale che intercorre tra
la formazione iniziale e l’ingresso nel mondo del lavoro delle Pubbliche Amministrazioni. Pertanto, proprio in considerazione di una formazione che tenga conto dei fabbisogni reali e non solo teorici, occorre pensare ad una programmazione mirata che valuti anche le caratteristiche sociali, familiari, culturali dei dipendenti italiani.
A fronte di tutto questo, le Amministrazioni hanno fatto ricorso in modo crescente agli
istituti contrattuali flessibili: tempo determinato, collaborazioni coordinate e continuative, contratti di formazione e lavoro, lavoro interinale, ecc. Strumenti che hanno consentito di sopperire alle esigenze qualitative e quantitative delle Amministrazioni, ma
che hanno creato anche un bacino di personale che aspira alla stabilizzazione e pone
delle problematiche anche in termini di diritti ed esigenze formative.
Se continua quindi il processo di invecchiamento del pubblico impiego, se si escludono
alcuni fenomeni come l’ingresso dei lavoratori socialmente utili, dall’altro lato forti sono
le tensioni innovative che portano a ripensare i compiti e le strutture dell’Amministra-
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zione, soprattutto a livello di Amministrazione locale. Sotto questo aspetto il quadro risulta eterogeneo, con realtà che sono riuscite ad aggiornare e ridisegnare i processi e dall’altro lato con Amministrazioni che ancora devono affrontare la riforma organizzativa.
La mancanza di una visione istituzionale, programmatica e organizzativa fanno perdere
di finalità e quindi di efficacia le attività di formazione. Gli stessi Piani di formazione
previsti dall’articolo 7bis, del DLGS 165/2001 e dalla Direttiva sulla formazione vanno
inseriti in quest’ottica più ampia, di accompagnamento dei cambiamenti istituzionali
prima ancora che dei programmi sull’attività amministrativa.
Deve aumentare la consapevolezza, nell’attività di gestione, del quadro degli strumenti oggi a disposizione e della necessità di un loro utilizzo coordinato e funzionale. In un
quadro caratterizzato da scarsità di risorse e da un contingentamento del reclutamento,
la formazione non può essere un’opportunità mancata. Si pone pertanto l’esigenza di
rendere maggiormente funzionale ed efficace la formazione.
La contrattazione collettiva, per questo, può costituire il presupposto virtuoso per realizzare una efficiente ed efficace gestione delle risorse umane. Permane l’attenzione costante sulla formazione e continuano i processi di riqualificazione attraverso le progressioni orizzontali e verticali di carriera, pur con molte difficoltà. Tale esperienza ha
certamente avuto degli effetti positivi sulle retribuzioni dei dipendenti e sul loro aggiornamento, anche se, prevalendo l’aspetto “scatto di carriera” rispetto all’esigenza dell’Amministrazione, l’attività formativa e di riqualificazione è stata poco mirata rispetto ai
fabbisogni del singolo Ente. Certamente tali processi hanno consentito di coprire alcuni fabbisogni interni di professionalità, ma molto ancora manca per una programmazione adeguata a colmare lo skill shortage. Dal punto di vista degli inquadramenti sono
previste delle commissioni paritetiche che affrontino il problema delle mansioni e delle declaratorie connesse ai profili e alle categorie. Si tratta di una riflessione opportuna,
che deve portare le Amministrazioni come datori di lavoro ad aggiornare i profili, individuare le professionalità e le competenze, secondo categorie che consentono di operare in flessibilità valorizzando il merito e premiando il risultato. I recenti contratti comparto Presidenza del Consiglio dei Ministri e Agenzie fiscali vanno in questa direzione,
dando maggiore flessibilità e allo stesso tempo enfatizzando il ruolo del dirigente come
datore di lavoro. La contrattualizzazione del rapporto di lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni si completa sostituendo alla legge il contratto, ma anche rafforzando le capacità e i poteri del privato datore di lavoro: dell’Amministrazione, dal punto di vista
delle strutture addette, e dei dirigenti responsabilizzandoli sulla gestione del personale.
Gli Uffici del personale infatti risultano ancora poco adeguati rispetto ai compiti che dovrebbero oggi svolgere. Emerge una scarsa conoscenza dei propri dipendenti in generale, anche al fine di porre in essere una serie di misure per utilizzare al meglio il personale. Le banche dati e i sistemi informativi del personale dovrebbero essere meglio
sviluppati per pianificare il turnover, la formazione, i sistemi di valutazione e incentivanti, le politiche e le tipologie di reclutamento. Spesso le Amministrazioni non conoscono i dati sui costi o sulle ore di formazione erogate, perdendo il quadro della gestione delle risorse, così come non conoscono le aspettative e le potenzialità del proprio personale, profili che attengono il “benessere organizzativo” oltre che lo “sviluppo
professionale”.
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Recentemente il Dipartimento della Funzione Pubblica, Ufficio per il personale delle
Pubbliche Amministrazioni ha varato una banca dati del personale delle Pubbliche Amministrazioni centrali per raccogliere ed elaborare una serie di dati aggiornati macro che
consentano di effettuare analisi e proiezioni sulle dotazioni organiche, sulle assunzioni
e sulla mobilità. Un’iniziativa che mira a realizzare un sistema di flussi continuo che porti le singole Amministrazioni a produrre alcuni dati importanti e a soffermarsi su di essi.
La mobilità è un’altro strumento importante nella gestione del personale in quanto consente una migliore distribuzione del personale e quindi di reclutare professionalità già
formate. Una banca dati della mobilità potrà consentire di fare incontrare domanda e
offerta e realizzare così la migliore collocazione del personale, oltre a poter creare un
“mercato” interno delle professionalità. Ancora, oggi, gran parte della mobilità (oltre il
90%) avviene su base volontaria e su richiesta dell’interessato, al quale l’Amministrazione può concedere o meno il nulla osta. I casi di mobilità coattiva, invece, scaturiscono da processi di privatizzazione e ristrutturazione degli Enti e comportano dei piani di gestione delle eccedenze, attraverso dei percorsi di ricollocazione presso altre
Pubbliche Amministrazioni e di riqualificazione professionale. Mancano, però, ancora
oggi risorse per attivare le iniziative di formazione che accompagnano questi processi
di ristrutturazione e mobilità.
Un breve accenno va fatto quindi al tema delle risorse finanziarie. La scarsità delle risorse e il mancato sforzo al fine di ridurre altre spese e conseguire maggiori economie
non aiutano certo le Amministrazioni che si trovano sempre di più costrette ad operare
con difficoltà tra i tagli di trasferimenti e l’assegnazione di nuovi compiti. Oltre alle problematiche attinenti al rispetto del patto di stabilità o alla deficitarietà, si pone il problema dei fondi di Amministrazione e per la contrattazione integrativa che non sempre
consentono di realizzare delle politiche per il personale efficaci. Pertanto vanno ripresi
e rafforzati strumenti come quelli previsti dalla legge 449/97 per incrementare le risorse destinate ai fondi per la contrattazione integrativa.
La valutazione del personale e delle sue performance rappresenta un’altra sfida aperta
nella gestione del personale. Vi sono contratti collettivi di comparto che prevedono
strumenti ed istituti interessanti, altri delegano alle progressioni all’interno delle aree e
tra le aree l’unico momento della valutazione, privandosi significativamente di strumenti importanti. Molto è da fare da questo punto di vista anche al fine di poter misurare ex post l’efficacia della formazione e dell’investimento in generale nel capitale umano. Si parla nei contratti collettivi di “determinazione e distribuzione dei carichi di lavoro” e di “verifica periodica della produttività degli uffici”, da realizzare in connessione con gli istituti previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, ma su questo si
rilevano più casi di scetticismo che “buoni esempi”.
L’ultimo tassello, ma forse il più importante, del sistema di gestione del personale è rappresentato dalla dirigenza. Sono trascorsi quasi due anni dalla legge 15 luglio 2002, n. 145,
che ha rivisto tra l’altro gli articoli 19 e 28 del DLGS 165/2001, e sono ancora in fase di emanazione i regolamenti attuativi per il reclutamento e l’accesso della dirigenza. Pertanto
mentre la formazione iniziale vedrà un momento di pausa, occorrerà rilanciare la formazione continua ovvero quella tesa a rafforzare tutte quelle competenze manageriali oggi
necessarie, soprattutto, come si ricordava in materia di gestione del personale.
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La formazione quindi va sempre più collocata nella filiera della gestione del personale,
in stretta connessione con gli altri elementi e tasselli, al fine di dare ad essa maggior significato e valore aggiunto proprio nell’ottica di quelle finalità, sempre attuali, della
riforma e della formazione indicate dall’articolo 1, comma 1, del DLGS 165/2001: accrescere l’efficienza delle Amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e
servizi dei Paesi dell’Unione europea, razionalizzare il costo del lavoro pubblico e realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane.
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