Elena Georgiana Motfolea L`ARTE DELLA SEDUZIONE

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Elena Georgiana Motfolea L`ARTE DELLA SEDUZIONE
Elena Georgiana Motfolea
L'ARTE DELLA SEDUZIONE
I. Cos'è la seduzione?
Può apparire semplice, quasi banale, definire la seduzione nell'accezione corrente del termine:
chiunque direbbe che essa è l'uso delle proprie attrattive e del proprio fascino per conquistare l'amore,
la stima, l'ammirazione di qualcuno.
Questa risposta però non definisce in maniera completa il concetto e la sua importanza: non a caso la
seduzione è stata per molto tempo considerata un argomento di basso livello che poteva essere
inserito, tutt'al più, come aspetto marginale in un'opera che trattasse di altri aspetti del
comportamento dell'uomo. Però la seduzione non è solo questo: è qualcosa di molto più complesso e
interessante; non è solo la conquista erotica: si può rimanere sedotti da tanti fenomeni, come l'arte, la
musica, la politica.
Il termine deriva dal latino, ma non, come alcuni pensano, dal pronome riflessivo se unito al verbo
ducere (condurre, guidare) con il significato di "attrarre verso di sé" (anche perché in tal caso non
sarebbe se, ma sibi), bensì dal prefisso se- indicante separazione e ducere: indica quindi propriamente
l'allontanamento dal retto cammino. Per traslato, esso designa la raffinata capacità, non solo erotica, di
attrarre e di sviare altre persone dal loro intento per condurle verso una direzione ben calcolata. Ed è
proprio nel rapporto uomo-donna che la seduzione appare veramente enigmatica ed anche pericolosa,
avendo ben poco a che fare con l'amore, con cui essa viene troppo spesso confusa.
La "Treccani", alla voce seduzione, recita: "azione diretta a indurre al male, mediante allettamenti, e il
risultato di tale azione; corruzione". Non per nulla il Seduttore per antonomasia è Satana, di cui la
Bibbia afferma testualmente: "Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il
seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù; fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi
angeli" (Apocalisse 12:9); e non per nulla la caratteristica tipica del diavolo è la menzogna, strumento
indispensabile di quasiasi seduttore: egli infatti, per portare la vittima ad assecondare i suoi scopi
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egoistici, deve irretirla con una serie di ben calcolate e suadenti menzogne, facendo leva su qualcosa
che egli ben conosce: il narcisismo. È facile per il seduttore capire cosa desidera la sua preda: alla fine,
è esattamente la stessa cosa che desidera lui: sentirsi unico e "speciale".
Ma allora, se la seduzione è in partenza qualcosa di così profondamente negativo ed è basata sulla
menzogna, perché ci affascina e ci attrae irresistibilmente? Perché ci piace essere sedotti? Perché non
riusciamo a farne a meno?
Ecco perché ho deciso di approfondire per quanto possibile questo concetto.
II. Sedurre al maschile
Quando si parla di seduzione demoniaca i riflettori si accendono immediatamente sulla figura di Don
Giovanni, il prototipo del seduttore. E' un personaggio che ha affascinato generazioni di artisti e
pensatori, che hanno saputo dare un taglio sempre originale e nuovo a questo mito. Si sono occupati
di lui, oltre a Mozart e Korsakov in campo musicale, Goldoni, Molière, Byron, Stendhal, Dumas,
Kierkegaard, Bergman e tanti altri. La prima versione è del 1630 ed è El burlador de Sevilla di Tirso de
Molina.
Don Giovanni inizialmente è un semplice seduttore da strapazzo, un donnaiolo, non molto di più.
Appare già, ma solo timidamente e sporadicamente, la sua sfrontatezza nei confronti della morte.
Successivamente egli si prenderà gioco anche di Dio.
Il personaggio di Don Giovanni ha un illustre e meno demoniaco predecessore nell'Ovidio dell'Ars
amatoria: seppur calato nella finzione letteraria, il poeta augusteo, dopo aver confessato l’impossibilità
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di cambiare il suo comportamento riprovevole, elenca in modo sottilmente ironico e giocoso tutti i tipi
di donna che ai suoi occhi sono attraenti. E, per dirla con Leporello, il "catalogo" non è certo breve: a
differenza dell’amore per una sola donna cantato dagli altri elegiaci, l’amore di Ovidio è indirizzato a
tutte le fanciulle senza distinzione; ognuna è portatrice di un dettaglio che lo fa impazzire, e tutte in
definitiva egli vorrebbe sedurre. Quando nel 1787 Lorenzo Da Ponte scriverà il libretto del Don
Giovanni per Mozart, si rifarà esplicitamente a questo precedente. Ovidio vuole in definitiva
collezionare e provare qualsiasi tipo di donna: il suo amore è esteso al genere femminile nella sua
totalità.
Con Kierkegaard abbiamo per la prima volta un'analisi filosofica del seduttore, a partire proprio dal
Don Giovanni di Mozart. Alla figura di Don Giovanni, e in particolare al capolavoro di Mozart,
Kierkegaard dedica la parte di Aut-Aut (Enten-Eller) intitolata Gli stadi erotici immediati, ovvero il
musicale erotico, mentre la parte intitolata Diario di un seduttore analizza il personaggio di Johannes,
controfigura dell'autore, seduttore egli stesso.
Il Don Giovanni di Kierkegaard è in ogni caso un esteta, ma il filosofo individua due diversi tipi di
seduttori: quello intellettuale e quello sensuale. Il Diario del seduttore rappresenta un chiaro esempio di
seduzione intellettuale, psichica, mentre nel Don Giovanni di Mozart si può identificare un esempio di
seduzione sensuale: non a caso, osserva Kierkegaard, il personaggio è immortalato soprattutto dalla
musica, la più sensuale (Nietzsche direbbe "dionisiaca") delle arti, perché si rivolge direttamente ai
sensi senza passare attraverso la razionalità.
Johannes, presunto autore del Diario del seduttore, si colloca al polo opposto: il suo diario racconta la
trama sottile in cui egli avvolge la giovane Cordelia per conquistarla e poi abbandonarla. Johannes
non gode del possesso, anzi lo evita, perché la riuscita della seduzione mette fine al piacere, implica in
qualche modo l'impegnarsi con la realtà, mentre ciò che interessa al seduttore è proprio evitare
qualsiasi scelta e rimanere aperto verso tutte le possibilità che la vita gli offre. L'autore riconosce come
più difficile questa seconda forma di seduzione, poiché è più raffinata e va costruita nel tempo. Dal
Diario, meglio che da qualunque altra opera, scaturisce l’anima diabolica del seduttore.
Inoltre, se sul seduttore psichico incombe la morte, nel seduttore sensuale trionfa la vita. Infatti,
mentre il primo è tutto calato nella temporalità del processo seduttivo, cosicché l'intero dramma della
seduzione psichica è gestito all'insegna della caducità, la seconda forma di seduzione, viceversa, è
un'autentica trasfigurazione della temporalità, propriamente una «divenienza senza tempo», perché
Don Giovanni, per dirla con Kierkegaard, «non ha [...] una sua sussistenza, ma urge in un eterno
sparire»1, e perciò la dialettica della seduzione sensuale ha come caratteristica distintiva l'inesauribilità.
Don Giovanni, insomma, è la stessa forza cosmica, e perciò naturale, della sensualità: egli è animato
dal demoniaco desiderio di vivere, il Wille di Schopenhauer, ed è proprio per questo che la morte lo
coglie di sorpresa, presentandosi al banchetto come il Convitato di pietra.
Dopo Don Giovanni, forse la più celebre icona della seduzione è Dorian Gray, un "eroe" decadente,
un esteta esasperato, così diverso dall’eroe classico, greco e romano, e da quello romantico.
Più che un immorale Dorian è un amorale, in quanto il senso del bello, al primo posto nella sua scala
di valori, gli ha fatto dimenticare i valori di bontà e di giustizia. Wilde affronta qui un argomento fra i
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Enten-Eller, a cura di A. Cortese, III, Milano, Adelphi, 1978, pag. 172.
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più spinosi: l'impossibile coesistenza di bello e buono, già chiaramente evidenziata dallo stesso
Kierkegaard in Aut-Aut là dove parla del "salto" che separa la dimensione estetica da quella etica. Si
tratta di un consapevole ribaltamento dell'ottica di Platone, che affermava invece l'identità dei due
concetti.
Dorian è, o meglio diventa, un individuo cinico e dissoluto che, ossessionato dal raggiungimento del
sublime, del bello, calpesta ogni legge umana e divina, disprezza tutto ciò che è mediocre o banale e,
chiuso nella sua eleganza come in un bozzolo di seta, persegue quelle sensazioni e quei piaceri che
sono propri di un’élite fatta di persone speciali, eccezionali: coloro che, come lo stesso Wilde,
ambiscono a "fare della propria vita un'opera d'arte".
Chi fece in effetti della sua vita un'opera d'arte è Gabriele D'Annunzio (1863-1938), il maggiore
esponente del Decadentismo italiano insieme a Giovanni Pascoli. Nel suo romanzo Il Piacere (1889)
egli assume il fascino come ideale stesso di vita: Andrea Sperelli è un giovane dandy, un intellettuale
raffinato dotato di buon gusto nelle opere letterarie e nelle arti figurative, garbato amante, abile
seduttore e squisito poeta. In lui si realizza l'estensione del culto della bellezza dall'arte alla vita:
attraverso un perfetto dominio di sé (habere, non haberi, cioè dominare, non essere dominati, possedere,
non essere posseduti), l'esteta Sperelli, come il Des Esseintes di Joris-Karl Huysmans, costruisce la sua
esistenza, appunto, come un'opera d'arte, alla ricerca della sensazione, dell'immaginazione, del
piacere, come continua sperimentazione di nuove esperienze.
III. La seduzione come attività prevalentemente maschile? L'opinione della psicoanalisi
Il rifiuto della morte connesso con la strategia seduttiva di Don Giovanni sembra essere tipicamente
maschile: il rapporto più stretto della donna con i cicli naturali di vita e morte la preserva da questo
tipo di autoesaltazione. Spesso l'espressione "sindrome di Don Giovanni" viene usata dagli
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psicoanalisti per indicare l’insieme di comportamenti patologicamente seduttivi messi in atto da
uomini in costante ricerca di conquiste femminili. Incapace di amore profondo, il Don Giovanni riesce
ad avere solo relazioni superficiali, prive di vero coinvolgimento affettivo, all’interno di un processo
compulsivo che rende la conquista un’ossessione. La meta non è amare, ma "conquistare". Lo scopo
sottostante è appagare un bisogno narcisistico di conferma di fascino e avvenenza fisica, divenuto il
surrogato del bisogno sano di amore. L’inarrestabile ricerca di nuove prede produce un
comportamento seriale nel quale la preda, una volta conquistata, viene abbandonata e sostituita da
altre, tutte quante destinate a saziare solo temporaneamente il bisogno di ammirazione narcisistica del
seduttore. La psicoanalisi junghiana considera il dongiovannismo come uno dei possibili effetti del
complesso di Edipo analizzato da Freud: il figlio cerca inconsciamente la madre in ogni donna, non
riuscendo a trovarla poiché nessuna risulta alla sua altezza; e se in ogni donna si rincorre la madre,
ogni uomo rappresenta il nemico mortale per eccellenza, cioè il padre. Il motivo della colpa e della
punizione è il vero leitmotiv della vicenda dongiovannesca secondo Otto Rank, l’unico tra i grandi
della psicoanalisi ad aver dedicato una monografia a questo personaggio: nella statua di Don Gonzalo,
che egli ha ucciso, Rank vede nettamente il ritorno del fantasma paterno, contro il quale Don Giovanni
assume comportamenti ostili che sfociano nel parricidio: come l'Edipo di Sofocle, così anche Don
Giovanni uccide il padre senza averlo riconosciuto.
IV. Sedurre al femminile
Tuttavia questo tipo di condotta non riguarda solo gli uomini: il corrispettivo femminile è detto da
alcuni "sindrome di Messalina" ed ha caratteristiche simili a quelle appena descritte, ma mentre il
Dongiovanni si rivela incapace di realizzarsi sul piano affettivo, la "Messalina" è incapace di accedere
al piacere sessuale: assume un atteggiamento tipicamente sensuale, limitato però solamente alla fase
iniziale del rapporto, in quanto, di regola, attua le proprie manifestazioni seduttive nel solo
corteggiamento, senza spingersi oltre. In pratica, quindi, la Messalina rappresenta l'omologo del Don
Giovanni maschile, con la sola variante che, mentre Don Giovanni non limita la propria attività alla
seduttività ma la conduce a termine anche nel rapporto sessuale, ella desidera solo far "cadere"
l'uomo-preda sotto i colpi della propria sensualità per poi scappare dalla relazione, avendo così
soddisfatto la propria esigenza narcisistica.
Più spesso però il termine "messalinismo" viene usato, all'opposto, come sinonimo di sfrenata
ninfomania, in sintonia con il personaggio storico dal quale la sindrome prende il nome. È Giovenale,
il poeta latino del I-II secolo a. C., in una delle sue satire, la VI, a raccontare le dissolutezze di
Messalina, moglie dell’Imperatore Claudio, che si recava mascherandosi nei postriboli più luridi per
accoppiarsi con uomini di tutti i tipi. Il poeta racconta anche di altre matrone che in mancanza di
anticoncezionali ricorrevano ad un rimedio estremo: castrare i loro amanti. Le donne che dipinge sono
avide, meschine, egoiste, piene di voglie sessuali, infedeli, assassine: la seduzione e il fascino rivolti
esclusivamente al proprio piacere sono visti da lui come vizi pericolosi, senza alcuna attrattiva.
V. Il mito della femme fatale
La figura di Messalina ci introduce al mito della femme fatale, il prototipo della seduzione femminile,
versione femminile del classico Don Giovanni. E' la donna che risulta fatale all'uomo: talmente
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affascinante da risultare annientante per lui. Fatale nel senso che gli risucchia i sensi, la volontà:
l'uomo non riesce a stare senza lei, che prima lo seduce ma poi non mostra interesse per lui. Per
qualche strano motivo, gli uomini di tutti i tempi sembrano non chiedere di meglio che incontrare
donne di questo tipo: si pensi al travolgente e rovinoso rapporto tra Catullo e Lesbia, ma soprattutto
al servitium amoris agognato dagli elegiaci latini come Properzio e Tibullo, ed ancor più alle figure
femminili tipiche di tutto il Decadentismo europeo.
La figura femminile che meglio incarna questo mito è senz'altro Salomè, vera e propria icona
femminile del Decadentismo. Negli anni Sessanta del XIX secolo Charles Baudelaire si ispirò, per
alcuni componimenti contenuti ne Les Fleurs du Mal, alle figure di Erodiade e della figlia,
concentrando la propria attenzione soprattutto su quest’ultima. Nel 1876 viene esposto al Salon
International il quadro Salomè danza davanti ad Erode dipinto da Gustave Moreau, che replicò più volte
il soggetto, divenuto per lui quasi un'ossessione: proprio ad una delle Salomè dipinte da Moreau si
riferisce Joris-Karl Huysmans nel suo capolavoro À rebours, vera e propria Bibbia del Decadentismo.
Fu questo l’inizio di un periodo in cui vari autori europei si dedicarono alla riscoperta del mito
biblico.
La Salomè di Gustave Moreau (1876)
La Salomè decadente, a differenza di quella biblica, è una donna volitiva, che esige la testa del
prigioniero solo per soddisfare la sua personale perversione, in grado di piegare Erode al suo volere
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utilizzando solo la propria sensualità.
L'opera che meglio rispecchia questo mito è il dramma Salomè di Wilde, scritto nel 1891, che mette
bene in luce la perversità sessuale tipica del personaggio.
Il dramma fu composto direttamente in francese da Wilde ed arricchito dalle magnifiche illustrazioni
di Aubrey Beardsley: esplorando le simbologie lunari dei miti orientali offerte dalle tele del pittore
precursore del simbolismo, Wilde si addentra negli inquietanti aspetti della figura femminile
caricandola di un erotismo dionisiaco senza uguali. Lo scrittore inglese trasferisce la volontà di
Erodiade a Salomè e ce la presenta come un'adolescente irresponsabile, capricciosa, portatrice di una
lussuria inconsapevole e prorompente, di una bellezza maledetta che instilla un potente veleno in tutti
coloro che le si avvicinano.
Klimt, invece, come prototipo della femme fatale sceglie Giuditta e non Salomè, perché vuole con ogni
evidenza celebrare la donna compiuta e non l'adolescente, davanti a cui l'uomo, ossia il potere, abdica
e concede i suoi favori. Giuditta ha lei stessa il potere: non chiede, ma decide e compie con le sue mani
il delitto. Diventa quindi allegoria della donna moderna, a cui viene riconosciuta la possibilità di
scegliere liberamente la propria vita.
Pure nella letteratura italiana compare il mito della femme fatale: tra gli autori decadenti e
postromantici, chi ne enfatizza maggiormente i tratti diabolici è ancora una volta Gabriele
D’Annunzio. Nel già citato romanzo Il Piacere Elena Muti, una delle protagoniste femminili, indurrà
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Andrea Sperelli al completo asservimento. Elena è un tipo di femme fatale carico di sensualità ambigua:
non è comprensibile se la sua crudeltà sia reale o solo frutto della fantasia del protagonista. E' una
donna intelligente, bella, ma dannatamente egoista e avida di piacere: totalmente dominata dai sensi,
dall'eros, senza alcuna superiore istanza razionale. Difficile trovare un parallelo nell'antichità classica
per un personaggio del genere: forse solo la Lesbia di Catullo le assomiglia.
Diverso, ma non meno fatale, è il personaggio di Medea, la cui evoluzione si può seguire attraverso le
opere di Apollonio Rodio e di Euripide. Il poeta del III sec. a.C., nelle sue Argonautiche, mette in scena
la celebre vicenda di Giàsone, che per recuperare il vello d'oro si farà aiutare da una giovanissima
Medea, figlia del re Eèta, la quale in cambio dell'aiuto chiederà all'eroe greco di sposarla. Qui il
seduttore è lui, Giàsone, ma l'eccesso di sicurezza costerà caro al bellissimo eroe, il quale non si rende
conto di essere finito nella rete non già di un'adolescente inesperta, ma di una donna maestra di magia
e di inganno, carica di passionalità e di impulsività. Dapprima ella appare come vittima: dopo essersi
innamorata di Giasone, infatti, non può fare altro che seguire il suo amato, aiutandolo nelle tre prove
che gli vengono imposte per riprendere il vello d'oro. Ma accanto alla Medea compatita come vittima
e giustificata nelle sue rivendicazioni, vi è la donna fatale capace di ordire le trame più complesse e
insidiose, visibile già nel quarto libro delle Argonautiche (è lei infatti a tramare l'assassinio di suo
fratello Absirto), ma soprattutto nella celebre tragedia di Euripide: qui il dolore e il furore di Medea
tradita, e la fredda razionalità di Medea vendicatrice, convivono alternandosi fino al momento in cui
ella precisa i termini del suo piano e annuncia il proposito di uccidere, oltre alla nuova sposa di
Giasone, anche i figli avuti da lui, come atto "necessario" al completamento della sua vendetta. L'eroe
ne uscirà completamente distrutto, un Don Giovanni annientato dallo scontro con una potenza
naturale ancor più tremenda e devastante.
VI. La seduzione nella storia
Accanto ai seduttori e alle seduttrici creati dalla fantasia degli artisti, non mancano ovviamente gli
esempi storici: una femme fatale estremamente affascinante fu Mata Hari, una delle spie più famigerate
della Prima Guerra Mondiale. E' ritenuta responsabile della morte di decine di migliaia di soldati
francesi, sino a quando fu catturata, condannata e fucilata da un plotone di esecuzione. La sua carriera
di ballerina esotica e cortigiana di ufficiali di alto rango per la Francia e la Germania durante la
Grande Guerra rende la sua storia un'affascinante combinazione di sesso, spionaggio e pericolo.
Ma ben più dei casi singoli, nella storia è interessante l'utilizzo della seduzione per il plagio delle
masse, tipico dei politici in genere e in particolare dei tiranni e dei dittatori.
In questo caso la seduzione non è più uno strumento personale che va dal singolo ad un altro singolo:
in politica è utilizzata come strumento personale che va dal singolo verso le persone, la folla, la
collettività. Tutti i dittatori e i demagoghi sono stati e sono dei seduttori delle folle: per limitarmi ai
casi più noti del Novecento, Stalin seduceva la folla con la sua retorica popolare e populista; Hitler
con la sua esaltazione contagiosa e i grandi raduni; Mussolini ultilizzava principalmente due
strumenti seduttivi: l'uso della parola, con un tono studiato e scandito, e l'atteggiamento e la mimica
del volto.
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Infine sarà appena il caso di ricordare che non solo la propaganda politica, ma anche tutta la
pubblicità si basa sulla seduzione del potenziale acquirente, al quale non a caso vengono proposti
modelli umani affascinanti associati di volta in volta alla merce che si desidera vendergli (basti
pensare alla pubblicità dei profumi).
VII. Conclusioni
La seduzione è un'arma infallibile: come per tutte le armi, sarebbe inutile domandarsi se sia qualcosa
di "positivo" o "negativo": dipende da chi la impugna e dall'uso che ne fa. È evidente che, valutata in
chiave morale, essa è da considerare come un fenomeno negativo, perché non concede alcun rispetto
alle persone oggetto della seduzione, considerate appunto alla stregua di oggetti. Anche quando non è
ispirata da malvagità e si limita a quella sorta di "gioco estetico" di cui parla Kierkegaard, in ogni caso
non tiene alcun conto della sofferenza che provoca in chi ne è vittima. Nel caso della seduzione delle
masse, poi, gli effetti sono a tal punto negativi che risulta addirittura superfluo parlarne.
Particolarmente interessante, a mio parere, la posizione di Nietzsche: per il filosofo è la vita stessa cioè la volontà di potenza - la Grande Seduttrice, alla quale l'uomo non oppone resistenze di sorta:
come tale è senz'altro positiva, perché in questo caso la seduzione porta verso la verità; per contro,
anche la morale seduce, e più propriamente seduce i deboli: infatti per Nietzsche, come già per Crizia
(si veda il personaggio di Càllicle nel Gorgia platonico), la morale non è altro che la forma che la
volontà di potenza assume presso i deboli, e li seduce convincendoli falsamente che la loro condizione
di debolezza sia un "valore" e condannando la condizione di potenza: come tale dev'essere giudicata
negativa, perché porta verso la menzogna.
Occorre porsi da un punto di vista puramente estetico per valutare in modo positivo la seduzione: gli
elegiaci latini, ad esempio, come pure gli artisti decadenti, la considerano la premessa indispensabile
di quella voluttà di sofferenza che, sola, li fa sentire vivi; D'Annunzio e Klimt ritengono che la
seduzione sprigioni nella donna quell'essenza femminile così peculiare che la rende effettivamente
Donna, tanto da farla diventare il simbolo stesso dell'eros.
Ma, come sappiamo da Kierkegaard, la dimensione estetica esclude quella etica, ed entrambe
escludono la dimensione spirituale: e così ciascuno di noi è chiamato a fare la sua scelta, libero di
cercare il Paradiso o di finire all'inferno in compagnia di Don Giovanni.
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BIBLIOGRAFIA:
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Søren Aabye Kierkegaard, Il diario del seduttore, Giunti Demetra (Acquarelli), Milano 2008.
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