Le Storie del Signor Keuner
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Le Storie del Signor Keuner
si anima di immagini di repertorio. In questo sovrapporsi di gesti, musica, volti, citazioni, si muove lo stesso Ovadia, intervenendo spesso dalla platea con la sua grande abilità narrativa. Le Storie del Signor Keuner Il video Moni Ovadia è un artista che, sempre affascinato dal nuovo, conduce da tempo una sua personale ricerca sull’uso del mezzo video in teatro, non più novità ma ancora disciplina giovane e alla ricerca di una sua vera collocazione all’interno della gestione degli “equilibri di palcoscenico”. “Questo è uno spettacolo – ci spiega – in cui, come in altri, io uso il passato per parlare dell’oggi, perché la memoria ® iguana press Talvolta è importante che il teatro porti più domande che risposte, per assolvere a quella funzione di specchio della Polis che è nella sua stessa origine e natura. I n questa direzione si muove, voce autorevole nel teatro contemporaneo italiano, Moni Ovadia, attore, cantante, regista, esploratore delle culture e delle musiche mitteleuropee oltre che narratore dotato di raro senso dell’ironia anche quando tratta di argomenti seri come i diritti dei lavoratori dello spettacolo, o tragici come le guerre e le stragi che hanno costellato il secolo appena trascorso. “Le Storie del Signor Keuner” di Bertolt Brecht, diretto da Roberto Andò e dallo stesso Ovadia e 96 marzo/aprile 2008 - n.70 prodotto da Arena del Sole – Nuova Scena di Bologna ed E.R.T. con la collaborazione di Mittelfest, al secondo anno di tournée nei teatri italiani, è ambientato in una scenografia surreale fatta di citazioni come il testo stesso scritto da Brecht nel corso di tutta la sua vita: fondali come muri ingialliti su cui si aprono improbabili finestre, oggetti inanimati come cartoline, appunti, un acquario e reperti viventi del secolo scorso: una cantante espressionista sospesa a tre metri di altezza, un attore originale della Classe Morta di Tadeusz Cantor, di cui ripete le azioni, un enorme ballerino russo che canta romanze napoletane, una curiosa orchestrina in abiti femminili, l’ottuagenario e sagace custode Ivo Bucciarelli. Ad arricchire ulteriormente gli elementi visivi, una lunga serie di “testimoni” provenienti dal mondo della cultura italiana come Dario Fo, Claudio Magris, Arnoldo Foà, Milva, Eva Robin’s, Alessandro Bergonzoni, ma anche persone comuni, appaiono in video leggendo parti del testo mentre il fondale nell’organizzazione del tempo e dello spazio teatrale. Alla pari degli attori in carne, i “testimoni” in video creano con i loro gesti e le loro citazioni la scansione ritmica dello spettacolo in un susseguirsi e accavallarsi di riflessioni sulla natura dell’uomo e della società, da cui traspare chiaramente la straordinaria attualità delle considerazioni fatte da Bertolt Brecht negli anni Trenta del Novecento. ® iguana press on stage di Andrea Mordenti è un potente mezzo per capire il presente e anche per immaginare il futuro. Quindi ho voluto usare il video, che è profondamente uno strumento dell’oggi, in due modi ben precisi: sia con un intento poetico, per dare vita alla scenografia e farle raccontare momenti fondamentali del ‘900 in cui queste storie sono state scritte, le sue guerre, le sue derive, senza dimenticare che quello è stato il secolo della sperimentazione fotografica, cinematografica, che il primo televisore è del 1926 e quindi lo strumento video è nel pieno diritto di raccontare quel secolo; sia utilizzando lo strumento dominante dell’oggi, il linguaggio televisivo, per riappropriarsi di un mezzo contemporaneo che sta altrimenti proponendo i massimi livelli di idiozia nella storia umana”. E infatti qui l’immagine videoproiettata oltrepassa i canoni consueti di elemento grafico, o di scenografia virtuale, per entrare tra gli strumenti drammaturgici in mano al regista La necessità di gestire una gran quantità di contributi in aggiunta a immagini, sottotitoli, testi grafici su più display contemporaneamente, ha portato me e Alberto Vandini, titolare di Euroeventi e punto di riferimento della produzione per quanto riguarda il settore video, a optare su un sistema Watchout. I contributi, in parte girati da Elisa Savi ed in parte provenienti da archivio, sono stati montati in Avid, compressi e montati su una timeline coerente che gestisco in tempo reale: le oltre cento cues sono su tempi musicali, battute, gesti, in questo modo interagisco www.soundlite.it 97 on stage nota 1: significa che per avere 1 metro di base di proiezione occorre stare ad una distanza da 1,3 metri a 1,8 metri In alto da sx: Il videoproiettore EIKI X70 appeso in prima americana. La regia del Watchout e, sullo sfondo, il palcoscenico. Da sinistra Paolo Vinattieri, datore luci, Andrea Mordenti, videoproiezioni e Mauro Pagiaro, fonico. direttamente con gli attori e i musicisti in scena. È una gestione molto umana che richiede senso musicale, capacità di interpretare gli umori del pubblico, concentrazione sulla scena e sugli attori. E questo lo dico per chi pensa che il “datore” video spinga il tasto PLAY del lettore DVD. L’esigenza posta dallo scenografo Gianni Carlucci è stata quella di integrare il più possibile l’elemento audiovisivo nella scenografia. Per ottenere questo abbiamo sperimentato in produzione diverse soluzioni sia come tipo di macchine sia come supporti di proiezione. Il sistema definitivo è composto da due display su due server, (più uno di backup). Il primo gestisce un EIKI X70, proiettore monolampada da 5700 ANSI-lumen, in prima americana che proietta sul fondale giallastro e scrostato. Questa proiezione occupa circa metà del fondale, ha i margini sfumati (quando è buio si rischia di vedere il trapezio grigio) ed una base di circa 6,5 metri per ottenere la quale utilizziamo un’ottica con fattore di distanza 1,3-1,8:11. Il secondo display è composto da un altro X70 che lavora in retroproiezione dal basso, attraverso una finestra, su un tulle grigiastro montato su un telaio di legno appeso a circa metà palcoscenico: un supporto non standard su cui io ero scettico ma che in realtà funziona molto bene. La posizione di questo videoproiettore che dovrebbe essere, in linea teorica, non visto, è soggetta a molte variabili e ad un’accurata verifica in ogni teatro: essa è in funzione dell’altezza degli ordini del pubblico e influenza, o è influenzata, dall’altezza del boccascena, dall’altezza dello schermo, dalla profondità del retroscena, dalla tensione del fondale che lo nasconde. In ogni piazza ci divertiamo un po’ io, il direttore di scena Bruno di Venanzio e il capo macchinista Davide Capponcelli, a tirare delle rette immaginarie per evitare di accecare gli spettatori più in alto, permettendo a tutti la visione della porzione di schermo più ampia possibile. La distanza dallo schermo ci permette comunque di utilizzare un’ottica standard 1,8-2,4:1, con i benefici noti riguardo la luminosità: non dimentichiamo che lavoriamo in retro su un materiale piuttosto assorbente. Su entrambi i proiettori sono montati otturatori DMX Wahlberg e quindi il cablaggio da portare in regia è costituito solo da un DMX e un CAT5 per Watchout, mentre il segnale video va dai server ai proiettori con un’unica tratta di cavo VGA, essendo la distanza solitamente inferiore ai 25 metri. Il sonoro dei video esce dai media server via FireWire e viene convertito da due Edirol FA-66. Il sistema, tutto sommato piuttosto agile, ben si integra con i tempi di montaggio teatrali, ed ha raggiunto una buona stabilità: è raro che debba fare delle modifiche di geometria o mascherature supplementari. Le luci Le luci, su disegno di Luigi Saccomandi, sono pilotate da Paolo Vinattieri con console Compulite Spark e dimmer Robert Juliat. L’impianto è piuttosto standard, molto teatrale, con tre americane di PAR bianchi e 202, qualche sagomatore Juliat per i dettagli, un po’ di PC da 1000 W per i frontali, un fresnel da 5000 W con cambiacolori in controluce. A questi si aggiungono tutta una serie di lampadine da 60 W, tra cui alcune sui carri mobili, alimentate a batteria, e quattro Domino gelatinati in prima americana che danno un’enorme pennellata di colore su tutta la scena, un effetto a dire il vero piuttosto grezzo ma efficace. 98 marzo/aprile 2008 - n.70 L’impianto, in apparenza semplice e scarno, si aggira comunque intorno ai cento pezzi... Dice Moni Ovadia: “La tecnologia, secondo me, è molto affascinante ma è funzionale al teatro solo se può esprimere un contenuto artistico, non ha valore in se stessa. Noi abbiamo una tradizione di grandissimi lighting designer e Gigi Saccomandi rappresenta uno dei vertici e non solo in Italia. In questo caso ha dimostrato la sua grandezza in due modi: il primo è che non è necessario fare grandi effetti per esprimere la propria presenza come artista, il secondo è che bisogna fare i conti, oggi più che mai, con la disponibilità di mezzi che è sempre più limitata. A me piacerebbe moltissimo sperimentare di più con la materia luce, con la materia immagine, ma ormai siamo incastrati in questo standard per cui uno spettacolo va preparato in 35 giorni. Il teatro è una forma fondamentale della cultura occidentale e il patrimonio teatrale italiano è una delle più grandi ricchezze che tutti noi abbiamo e che oggi, lasciato in balìa del mercato, rischiamo di perdere; tutti, artisti e tecnici dovremmo avere il diritto di lavorare con tempi più lunghi, maggiore sicurezza e più ampio respiro”. Il suono Elemento caratterizzante del teatro di Moni Ovadia è da sempre la musica, rigorosamente eseguita dal vivo da musicisti raccolti nei quattro angoli del continente, per creare quell’impasto musicale funzionale a chi si considera essenzialmente un rappresentante della vasta cultura europea. L’orchestra è costituita da 8 elementi: flauto, clarinetto, tromba, fisarmonica,violino, pianoforte, contrabbasso, cymbalon. Tutti sono in scena e si muovono continuamente (il cymbalon e il piano sono su carri) per cui sono tutti via radio. Se a questi aggiungiamo Moni, la cantante Lee Colbert, e gli altri attori, arriviamo a 20 radiofrequenze, con svariati momenti in cui uno o più interpreti parlano o suonano dalla platea. La gestione del sistema audio è affidata alla consolidata esperienza di Mauro Pagiaro, decano del teatro musicale in Italia, che pilota un impianto d&b con un banco digitale Yamaha DM 2000. “In questo spettacolo – ci spiega Mauro – utilizzo un sistema LCR, con voce centrale, e ho quindi la necessità di montare tre cluster di casse sulla prima americana davanti al boccascena. La prima scelta era caduta su tre cluster di Q1, line array composto da 4 casse da 15° ognuna, ma, considerando che la dimensione delle casse è un fattore determinante nei teatri, ho voluto provare a dimezzare l’ingombro e fare tre cluster di due Q7 ognuno, appese una sotto l’altra. Queste casse, che hanno un’apertura di 40° in orizzontale e 75° in verticale, sono nate come downfill dei line array di Q1, o per lavorare da sole, e la d&b non fornisce un sistema per appenderle una sotto l’altra se non in installazioni fisse, ma in qualche modo abbiamo trovato una soluzione. Visto che, in questo modo, in certi teatri con la galleria molto alta, andavo a “impallare” la videoproiezione, sono andato oltre e ho girato di 90° la tromba interna, appendendo poi le Q7 orizzontalmente, come fossero delle Q1, utilizzando infatti il sistema di appendimento delle Q1. In questo modo ottengo circa 80° sull’asse verticale, che non è poco, e 75° sull’orizzontale. In alto da sx: I tre cluster di Q7 appesi davanti alla mantovana del Teatro Metastasio di Prato. Il piano elettrico Yamaha è montato in un mobile di legno fissato su un carro su ruote. All’interno del mobile sono alloggiate due batterie da 60 Ah che alimentano il piano stesso e due lampadine. In basso: A volte basta poco... la capsula del microfono è semplicemente appoggiata alle corde del cymbalon e tenuta ferma con un po’ di nastro. www.soundlite.it 99 on stage Chiaramente ho rispettato una certa distanza angolare tra le due casse della coppia, distanza che non posso variare, ma in funzione dell’altezza della galleria posso inclinare la coppia tutta insieme. Questa configurazione, che non so se è mai stata utilizzata da altri, non è prevista dalla d&b, ma per quel che mi riguarda posso dire che mi soddisfa molto: ho dimezzato l’ingombro ottimizzando la copertura. “Oltre al sistema appeso – continua Mauro – ci sono delle E3 a terra, davanti al proscenio, che, oltre alla funzione di frontfill, partecipano al sistema di sonorizzazione, servendo alla collocazione del suono nella sala in funzione di movimenti degli attori. Quando allineo l’impianto faccio un punto focale al centro del palco, poi lo sposto dove “ serve, caratterizzando anche con il movimento del suono lo spostamento di attenzione sulla scena. Come monitoraggio per il palco, che controllo dal mixer di sala, ci sono due E3 a terra e due Max appese.Tutti gli amplificatori sono naturalmente d&b, remotati via PC dalla regia. Come effetti uso tutti plug-in interni al DM 2000, infatti negli ultimi anni ho eliminato progressivamente tutti gli outboard, con buona pace dei direttori di sala e dei tempi di montaggio. Le uniche macchine che ho in regia, per mandare una serie di tappeti sonori, sono un CD player ed un Instant Replay, praticamente un HD con 10 banchi da 50 memorie la cui caratteristica più bella è che non ha praticamente tempi di reazione: richiamare una traccia qualsiasi e mandarla in onda è molto immediato. Entrambi sono collegati al mixer in digitale via AES/EBU”. La tournée è piuttosto fitta e tocca gran parte delle regioni italiane, le date sono quasi tutte in teatri storici che, come sappiamo, sono in Italia sempre molto belli ma non sempre funzionali (tipo trasbordo dal bilico al Daily e poi scarico al secondo piano...). Alle carenze strutturali sopperisce il nostro autista Danilo Buttinoni: quattro bestemmie in bergamasco e anche il facchino improvvisato diventa un’esperto scaricatore di porto... ” h e d a T e c n i c a “A cosa sta lavorando?” fu chiesto al Signor Keuner, “Sono molto in pena, sto preparando il mio prossimo errore.” [ SchedaTecnica] Le Storie del Signor Keuner di Bertolt Brecht Regia Scene Costumi Luci Roberto Andò Moni Ovadia Gianni Carlucci Elisa Savi Gigi Saccomandi con Moni Ovadia Ivo Bucciarelli Roman Siwulak Maxime Shankow e con la Stage Orchestra: voce Lee Colbert pianoforte Vincenzo Pasquariello contrabbasso Luca Garlaschelli flauto Emilio Vallorani clarinetto Paolo Rocca tromba Massimo Marcer fisarminica Albert Mihai violino Janos Hasur cymbalon Marian Serban produzione 100 S c Personale in tour: Direttore di Scena Capo Macchinista Datore Luci Operatore Watchout marzo/aprile 2008 - n.70 Arena del Sole – Nuova scena ERT Mittelfest Bruno di Venanzio Davide Capponcelli Paolo Vinattieri Andrea Mordenti Fonico FOH Microfonista Sarta Amm. di Compagnia Service Audio Service Video Trasporti Mauro Pagiaro Andrea Melega Vanna Cioni Ninni Scafidi Fonti Musical Box Rent Euroeventi Smontini Materiale VIDEO 2 2 1 4 2 videoproiettori ELKI X70 con ottica 1,8-2,4:1 e ottica 1,3-1,8:1 otturatori Wahlberg DMX mixer luci DMX Superlite 6 ch PC con Dataton Watchout 3.4 Edirol FA-66 FireWire Materiale LUCI mixer Compulite Spark 72 ch dimmer Robert Juliat da 3 kW 1 Fresnel 5 kW ADB con cambiacolori Compulite Whisper 12 sagomatori Robert Juliat 1 kW 60 PAR 64 Thomas con lampada CP62 16 PC Spotlight 1 kW 1 Fresnel ADB 2 kW 6 Domino Spotlight 1 kW Materiale AUDIO Regia 1 1 mixer Yamaha DM 2000 Version 2 CD Player DENON Instant Replay P.A. 6 4 6 1 d&b Q 7 d&b Q Sub d&b E 3 d&b Can/bus + cablaggi Monitor 2 2 2 d&b Max d&b E 3 IEM Shure PSM 700 Amplificatori d&b D 12 d&b E-Pac Radiomicrofoni 11 22 02 02 02 Shure RX UHF Shure TX UHF Body U1 Shure Splitters Radiofrequenza UA 848 A Shure Antenna UA 870 Shure UA 888 Microfoni 10 12 02 02 Dpa 4060 Dpa 4066 Dpa 4088 D.I. Box attivi BSS