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Black Coffee Le voci più fresche del panorama americano, le giovani firme più promettenti ma anche le opere di autori irragionevolmente dimenticati o inediti in Italia, con attenzione anche per un genere spesso trascurato nel nostro Paese ma di cui gli autori d’oltreoceano sono maestri: il racconto. Con la profonda convinzione che ora più che mai la narrativa debba sfidare gli schemi per stimolare una reazione nel lettore e riappropriarsi di un linguaggio che riesca a dare voce con coraggio alle istanze più proprie della parola scritta. A cura di Sara Reggiani e Leonardo Taiuti «Lamb» © 2011 by Bonnie Nadzam Per l’edizione italiana: © Edizioni Clichy - 2015 Edizioni Clichy Via Pietrapiana, 32 50121 - Firenze www.edizioniclichy.it ISBN: 978-88-6799-178-5 Bonnie Nadzam Lamb Traduzione di Leonardo Taiuti Edizioni Clichy Lamb A Carrie, Chrissie, mamma e papà L’oscurità è luce, se la vedi come tale. Diciamo che tutto ebbe inizio alla fine dell’estate, appena fuori Chicago, in una via residenziale che finiva con un muro. Era il genere di muro costruito per nascondere alla vista le tangenziali, e per miglia in ogni direzione strade parallele finivano con quello spartiacque di cemento. Niente alberi sul prato, niente uccelli sui fili della luce. Sparite le averle, spariti i passeri. Spariti i frosoni vespertini e gli olmi e gran parte delle querce e tutti i cespugli di ginestre e i fiori e le felci. Sparite le viole. Sui bidoni della spazzatura rovesciati, mosche nere tracciavano disegni nell’aria. Immaginate la casa d’angolo, fatta di mattoni bianchi e rivestimenti in alluminio color fango. Dentro, un vecchio sedeva in una stanza alla tenue luce della televisione, sprofondato sulla sua poltrona La-Z Boy, una confezione di pollo scaldato al microonde in equilibrio sul petto infossato. Come sempre, si era trascinato nella cucina gialla per prendere dal freezer un pasto pronto, sottovuoto, e come sempre l’aveva scaldato nel micro11 Bonnie Nadzam onde e portato in soggiorno con uno straccio liso. Solo quando si era seduto e l’aveva annusato si era ricordato che non aveva intenzione di mangiare. L’aveva fatto raffreddare, piluccandolo con le dita. Aveva provato a non respirare. Aveva trattenuto il fiato, a lungo, fino a quando una volontà che non era sua aveva reclamato un po’ d’aria. La porta d’ingresso si aprì e il vecchio sussultò. Una minuscola goccia di saliva gli luccicava all’angolo della bocca. «Papà». La porta si richiuse e David Lamb entrò in cucina, posando le chiavi sul tavolo. «Cristo, papà. Che puzza». Si fermò un istante sulla soglia della cucina. Una fila di formiche gli correva accanto alla scarpa, come una crepa liquida nel linoleum sudicio. Il vecchio abbassò lo sguardo sul suo pranzo, freddo e gommoso nella confezione di cartone. David Lamb si sbottonò il colletto della sua bella camicia celeste ed entrò in soggiorno. Prese la vaschetta dal petto del vecchio e la appoggiò sul tavolo. «Avevo chiamato una donna che venisse a pulire questo posto, la settimana scorsa. Non è venuta?». Il vecchio afferrò il telecomando e strizzò gli occhi in direzione dello schermo. «Dormi quaggiù, papà?» «Le scale sono una seccatura». «Avresti dovuto chiamarmi. Potevamo portare giù un letto». «Non ci voglio nessun maledetto letto, quaggiù». 12 Lamb «Neanche quello matrimoniale?». Il vecchio si raddrizzò e alzò il tono della voce, rauca per il muco. «Dov’è Cathy? Se n’è andata? Ti hanno licenziato?» «No, non mi hanno licenziato». «È morta?» «No, Cathy non è morta». Il vecchio rimase dritto per un attimo, poi si ributtò sulla poltrona e agitò una mano incartapecorita in direzione di Lamb. «Morirò guardando la tv». «Andiamo al cinema. O a farci un hamburger da Cy. Ti va?» «Lasciami in pace. Tu non vuoi portarmi fuori. Si vede». «Non vuoi mangiare qualcosa di decente, papà? Hai nulla in freezer?» «Che ci fai qui? Sei stato licenziato?» «No, papà». «Anche tua moglie è morta? Cos’era, ubriaca alla guida?» «Cathy sta bene. Mangiamo qualcosa, dai». «Non hai mai voluto prepararmi la cena. Si vedeva». «Te l’ho preparata sempre, papà». «La settimana scorsa erano trentacinque anni che è morta. Non te ne sei nemmeno accorto». «Certo che sì». «Il tre settembre». «Lo so, papà». «Trentacinque». 13 Bonnie Nadzam «Lo so». «Sì, col cazzo». David si voltò. Fuori dalla finestra, l’ultima, sporca luce del giorno si rifletteva sulle auto che passavano in strada. «Il dietro della sua camicetta bianca mentre scende le scale e va verso la macchina. Una valigetta in mano». «Ana non aveva nessuna cazzo di valigetta. Figurati. Come se avesse saputo che cosa sarebbe successo. La borsa della spesa. Forse aveva la borsa della spesa, ma quant’è vero Iddio non aveva nessuna valigetta». «Porta i jeans. I capelli neri le luccicano sulla schiena. Si allontana a bordo dell’auto che le avevo comprato. Lascia qui il braccialetto che le avevo riportato da Londra». «Londra? Londra?! Lascia che ti dica cosa significa invecchiare. Te lo dico io cosa significa». «Eccola, spalle dritte e mento in su, che va a cercarci un altro brav’uomo». «Era un angelo, David. Era un angelo». «Papà». «Oh, per l’amor del cielo, lasciami in pace». «Devo chiederti una cosa». «Stronzate». «Da padre a figlio». «Lasciami in pace. Non ho nessuna risposta». «Va bene. Va bene». Lamb si alzò. «Ti preparo la cena. Hai qualcosa di decente in casa?». Tornò in cucina e aprì il freezer. 14 Lamb «Non voglio niente di decente. Se volessi qualcosa di decente sceglierei il polpettone. E non c’è carne macinata, lì». «Invece sì, papà». «Voglio solo un po’ di polpettone. E un po’ di gin. È chiedere troppo? Per un uomo infelice che sta morendo tutto solo?» «Hai un po’ di verdura? Piselli? Come la vedi?» «Lasciami in pace. Non lo vedi che sto morendo?» «E piselli sia». «Fuori da casa mia, maledizione». David Lamb chiuse il freezer, prese una lattina dorata di birra da una scatola mezza vuota sul piano di lavoro e si sedette al tavolo. «Piselli» disse suo padre. «Chi mangia i piselli?» «Noi mi sa che non l’abbiamo mai fatto». Aprì la birra. «Nessuno che ci comprasse mai dei cazzo di piselli». David fissò un punto al di là del vetro sporco della finestra. «No,» disse «nessuno». *** E diciamo che fu in quello stesso pomeriggio, a quindici miglia di distanza, in una squallida camera da letto di un condominio in cemento vicino alla tangenziale, che la ragazzina tagliò colletto, spalline e maniche di una logora camicia viola, se la appoggiò contro il petto per guardarsi allo specchio accostato alla parete e poi tagliò 15 Bonnie Nadzam anche un paio di centimetri di stoffa dall’orlo inferiore. Si stava girando di qua e di là, con indosso solo la biancheria a fiorellini sbiaditi e una T-shirt bucata, quando la porta si aprì. Subito raccolse i jeans dal pavimento e li usò per coprirsi. L’uomo rimase a guardarla sulla porta e fece una risata col naso. «E quella che dovrebbe essere?» La ragazzina rimase zitta. «Quando ero bambino io e un adulto mi faceva una domanda, rispondevo». «Una camicia». La sua voce era granulosa e bassa. «Una camicia». L’uomo annuì. «Non sembra per nulla una camicia». «Mi stavo vestendo». Lui tornò in corridoio e si chiuse la porta alle spalle. «Non riuscirai a farla stare su». Parlava attraverso la sottile parete di legno. «Lo so». Tenne fermi i pantaloni sopra la biancheria e le gambe nude, e ciò che restava della camicia viola le scivolò lungo il corpo esile e lentigginoso. Aveva gli arti pallidi e sottili, un po’ di pancia, e niente fianchi, la gabbia toracica bassa, molto vicino alla vita. Gomiti appuntiti, ginocchia appuntite. «Mia madre?» «In ritardo». «Che c’è per cena?» «Cap’n Crunch». «Non voglio cereali per cena». «Sì, be’, neanch’io». La ragazzina guardò la sua scrivania, il suo zaino arancione. 16 Lamb «Devo fare i compiti». «Stronzate. Mettiti una maglietta vera ed esci di qui». «Quando torna a casa?» «Più tardi». «Ah». «Forza. Devi mangiare». Sentì i suoi passi pesanti sulla moquette morbida, color sugo, mentre tornava in cucina. Con la schiena premuta contro la porta si sfilò la camicia dai piedi, recuperò una cucitrice rosa dal cassetto della scrivania e spillò le cuciture interne e gli orli storti. *** Al funerale Lamb assistette solo mentre calavano la bara sigillata in un profondo rettangolo vuoto, circondato da erba sintetica. Gli sembrava che in tutto questo non c’entrasse nulla suo padre, né la sepoltura. Poi parcheggiò il pick-up tra un negozio di liquori e un tutto a un dollaro e si sedette sulla panchina, alla fermata dell’autobus, con indosso l’abito nero e il cappellino dei Cubs appartenuto al padre morto, una sigaretta spenta tra le labbra. Scrutava l’orizzonte e il terreno alla ricerca di qualcosa di verde, un posto dove poter posare la guancia sull’erba calda, o sulla terra, un appiglio, una scappatoia, una via d’uscita. Di fronte a lui non c’era nulla, solo la strada polverosa e i cartelli luminosi che definivano i confini del suo mondo: Transmission Masters e Drive Time Financing, Drive-Thru Liquors e Courtesy 17 Bonnie Nadzam Loans e Office Depot, un Freeway Inn, un Luxury Inn e un Holiday Inn. Se c’era qualcosa sotto, qualcosa dietro, non gli era dato sapere. Anche suo padre era stato accerchiato, sottomesso, zittito. Gli avevano cucito le labbra. Nella sua esperienza di vita, anche solo un’estate prima, una cosa poteva diventare grande solo fino a un certo punto prima di sfaldarsi, come se rispettasse una qualche legge indefinibile dell’universo che tutti conoscono ma che, inconsapevolmente, dimenticano. Questo valeva perfino in luoghi piccoli e puliti, come una cucina ristrutturata di recente, tutta bianco immacolato e acciaio inossidabile. Ripiani di granito, vetri smussati che, dall’esterno, la luce del tramonto tingeva d’oro; due dita di gin in un bicchiere; giornali e posta che si ammucchiavano sull’isola; Cathy con gli occhiali dorati che spuntava le estremità affusolate dei fagiolini; la collana blu di Elizabeth Draper, fatta di perline di vetro, nella tasca dei suoi pantaloni di lino; Linnie che lo chiamava al cellulare; i gemelli al polso, che brillavano ogni volta che sollevava il bicchiere; un fax da parte di Wilson; le notizie della sera sullo schermo piatto del soggiorno opprimente; John Draper che sorrideva sornione sulla soglia, chiedendogli di uscire sul vialetto o in garage per farsi una birra; la sorella di Cathy, la pelle rugosa e gli occhi perennemente umidi che parcheggiava la sua Volvo: ciao, David. Tutto quanto, e adesso che cosa gli era rimasto? Lamb si massaggiò la tempia e valutò di rimanere seduto lì, nel parcheggio, ad aspettare di vedere chi sa18 Lamb rebbe venuto a cercarlo o chi gli avrebbe chiesto di andarsene, ma quando sollevò lo sguardo dalla strada per accendersi la sigaretta, la vide. Veniva verso di lui in un top viola e sghembo, pantaloncini larghi e sandali color ottone decorati con gli strass. Aveva una grossa borsa rosa di pelle verniciata, probabilmente la cosa più brutta che avesse visto in tutta la giornata. Dai vestiti le spuntavano braccia e gambe bianche e ossute. I pantaloncini erano come appesi al bacino e la pancia le sporgeva in fuori come un lembo di lenzuolo bianco sporco. Era grottesca. Adorabile. Le lentiggini si concentravano sulle guance e lungo il naso e sulla leggera curvatura della fronte, appena sopra le sopracciglia. Ce n’erano di enormi, grandi come un pisello, e altre più piccole. Alcune chiare, altre scure, si sovrapponevano come coriandoli bruciati sulle sue spalle nude e sul naso e sulle guance. Restò a fissarla. Non aveva mai visto niente del genere. «Ciao». Aveva uno spazietto tra gli incisivi e gli occhi troppo lontani, e uno di quei nasi dalle narici perfettamente circolari. Era un pallido porcellino lentigginoso con le ciglia. «Dovrei chiederti una sigaretta». Alle sue spalle, nascoste dietro al cassonetto della spazzatura, la schiena premuta contro il muro di mattoni della cvs, li spiavano due ragazzine, un luccicante tripudio di braccialetti, pantaloncini cortissimi e code di cavallo. David Lamb studiò quella che aveva davanti. Le sue unghie smangiucchiate e consumate. I suoi 19 Bonnie Nadzam piccoli piedi, racchiusi in sandali di due o tre misure più grandi. I sandali di sua madre, immaginò. Provò un senso di nausea. «Cos’è,» chiese «una specie di scommessa?». La ragazzina inclinò la testa di lato, si portò la mano sugli occhi per ripararli dal sole. «Che classe fai?» «Seconda media». «E non vi insegnano nulla?». Lei si strinse nelle spalle. Dietro, le altre ridevano. «È stata una tua idea?». Spallucce. «Di chi è stata?» «Di Sid». «Qual è?». La ragazzina si voltò e le sue amiche si immobilizzarono di colpo. «Quella a destra» disse. «La bionda». «Già». «Sid sta per Sidney». «Già». Sid sapeva di essere osservata. Spostò indietro i capelli e mise in evidenza i fianchi. «Anche lei fa la seconda media?» «Tutte». «Sembra più grande». «Lo so». David Lamb tirò fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca. Guardò su verso le telecamere della cvs, puntate 20 Lamb sulle porte e sul parcheggio. Ne estrasse una e gliela porse. Lei si voltò verso le amiche con la sigaretta in mano e ridacchiò. «Bene, forza» disse lui. «Mettitela in bocca, te la accendo. Una signora non si accende mai la sigaretta da sola». Lei se la mise tra le labbra e inarcò un sopracciglio. «Così. Ora sta’ ferma. Non guardare la sigaretta, guarda me» disse, accostando alla sigaretta di lei l’estremità accesa della sua. «Inspira. Forza. Tutto dentro». Lamb si raddrizzò e lei soffiò fuori una nuvola di fumo. «Ora,» disse «cosa ottengo io in cambio?». La ragazzina teneva la sigaretta mezza accesa tra due dita, lo sguardo perplesso. «Non ho niente». Sembrava a disagio. Alzò la mano, come a voler restituire la sigaretta. «Niente soldi?». Lei scosse il capo. «Che c’è in quella borsa?». La sollevò un po’, cercando di ricordare. «Trucchi» disse. «Niente». Gettava occhiate inquiete da una parte e dall’altra, come se sapesse di trovarsi in un posto in cui non avrebbe dovuto essere. Dietro di lei la bionda disse qualcosa all’altra ed entrambe risero. Era ovvio che questa ragazzina brutta che stava davanti a lui era l’oggetto della loro derisione. Stupide. E incoscienti. Avevano idea di chi fosse? Del perché se ne stesse lì, da solo, in completo nero? Di che razza di cuore nascondesse, se mai ne aveva uno? E come poteva non essere lui stesso oggetto di quella derisione? Diede un lungo tiro dalla 21 Bonnie Nadzam sigaretta, poi la spense contro la suola della sua bella scarpa lucida. La ragazzina lo guardò sbarazzarsi dell’ultimo brandello di tabacco e infilarsi il filtro sporco nella tasca dei pantaloni. Non c’era vento, né uccelli, né voci in lontananza. Il cielo penzolava basso e bianco e caldo come il fantasma di qualcosa. «Non vorresti essere nata prima?» disse, guardando alle spalle di lei, l’asfalto macchiato di grasso di motore. La ragazzina con le lentiggini lo guardò mentre le prendeva di mano la sigaretta, scrollava la cenere e gliela restituiva. Si vedeva che voleva tornare indietro, ora, ma indugiò spostando il peso del corpo sui talloni, lo sguardo sollevato verso di lui. «Dimmi una cosa. Le tue amiche ti fanno fare spesso cose del genere?» «Be’, sì». Si guardò l’abito. «Ho appena seppellito mio padre». «Oh». «Mai stata a una veglia?» Lei arricciò il naso. «È come un funerale». Scosse la testa. David Lamb studiò la scriminatura dei suoi capelli. Una striscia di pelle rosa fra capelli così chiari da essere quasi bianchi. «Senti,» disse alla ragazzina «le tue amiche stanno ridendo di te. Questo lo sai, vero?». Si tirò su il top viola, un lato per volta. Scivolò di nuovo giù. «Ti darò un consiglio, okay? Un favore». 22 Lamb Lei si strinse nelle spalle e sollevò la mano, come a voler dire: Ma mi hai già dato la sigaretta. «No» disse. «Questo non te lo dimenticherai. Ti darò tutto il pacchetto, okay?». Tirò fuori le sigarette dalla tasca e gliele fece cadere nella borsa con gesto teatrale. Ora le sue amiche li guardavano. Aveva catturato la loro attenzione. «In cambio, mi permetterai di fare uno scherzetto alle tue amiche. A Sid. Per darle una lezione». «Non saprei». Strinse le palpebre. «Che tipo di scherzetto?» «Spaventiamole». «Come?». Afferrò il braccio nudo della ragazzina appena sopra il gomito e lei si ritrasse, come se si fosse svegliata all’improvviso. Ogni cosa prese vita. Il cielo sembrava più luminoso, il traffico più veloce. «Facciamo finta,» disse piano, parlando velocemente, tirandola verso la sua Ford «che io ti stia rapendo. Ti tirerò, così...». Lei lasciò cadere la sigaretta e inciampò sulla punta troppo lunga dei sandali. «E ti porterò alla mia macchina» disse, trascinandola con sé. «Non urlerai, ma ti volterai a guardarle. Okay? Così capiranno che hai paura». Inconsapevolmente, la ragazzina fece esattamente questo. «Ora non perdere il controllo» disse. «Stiamo solo spaventando le tue amiche. Se lo meritano, giusto? Non ti farò del male». «No» fece lei. «Aspetta». Lui aprì lo sportello dal lato guidatore del suo Explorer blu navy e la sollevò, quasi 23 Bonnie Nadzam la spinse, sul sedile del passeggero. Fu tutto finito in meno di dieci secondi. Lei sbatté la testa contro il finestrino e gridò. «Ti sto insegnando una cosa, giusto?». La ragazzina mise le mani sul vetro e guardò le sue amiche, che se ne stavano immobili, le code di cavallo che pendevano flosce nell’aria sottile. Lamb chiuse la portiera, mise la sicura e accese il motore. «Non ti sei fatta male, vero?». Lei si rannicchiò contro lo sportello, la mano sulla testa. «Ti porto a casa» disse lui. «Ti sto solo portando a casa. Dove abiti?». La ragazzina guardava verso il finestrino e tirò la maniglia, una volta, due volte, tre volte, picchiò e ripicchiò coi pugni chiusi sul vetro, e lo guardò da sopra la spalla. Aveva occhi enormi. Poi partirono, via dal parcheggio, verso la strada a quattro corsie. «Dove abiti?». Alzò la voce, acquistando velocità. «Dimmi da che parte andare». Passarono davanti a un kfc, a un benzinaio bp. Con voce tremante glielo disse e lui glielo ripeté, indicando tre condomini visibili oltre i tetti dei negozi. La ragazzina annuì. La rimproverò per tutto il tragitto, fingendosi arrabbiato. Gli tremavano le mani sul volante. La parte inferiore delle cosce era sudata. Le urlava contro come pensava avrebbe fatto un padre. «Potrei benissimo portarti da qualche parte e ucciderti. Lo sai, questo?». Lei si rannicchiò contro la portiera. «È stata una cosa stupida da fare, venire da me in quel modo. Ho ragione?». 24