mitsuko uchida - Il festival ti appassiona
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mitsuko uchida - Il festival ti appassiona
Brescia, Teatro Grande Domenica 8 maggio 2016, ore 20.45 Istituito dalla Fondazione CAB Premio Arturo Benedetti Michelangeli alla carriera - 2016 a Mitsuko Uchida MITSUKO UCHIDA pianista FRANZ SCHUBERT (1797-1828) Improvvisi op. 90 D 899 1. in do minore. Allegro, molto moderato 2. in mi bemolle maggiore. Allegro 3. in sol bemolle maggiore. Andante 4. in la bemolle maggiore. Allegretto R LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770-1827) 33 Variazioni su un valzer di Diabelli op. 120 MITSUKO UCHIDA pianista Con la collaborazione di Brescia, Teatro Grande Domenica 8 maggio 2016, ore 20.45 MITSUKO UCHIDA PREMIO ARTURO BENEDETTI MICHELANGELI ALLA CARRIERA - 2016 Mitsuko Uchida Nata da una famiglia giapponese, formatasi musicalmente a Vienna, residente da anni a Londra, Mitsuko Uchida è una delle pianiste più acclamate del nostro tempo. Proseguendo l’illustre tradizione di Artur Schnabel e Wilhelm Kempff, ha approfondito con grande finezza l’interpretazione delle opere pianistiche di Mozart, Beethoven e Schubert. È convinta che la musica di Mozart rappresenti l’essenza stessa della vita umana poiché la sua bellezza si rivela ogni volta in forme sempre nuove. A suo agio anche nel repertorio del Novecento storico, ha realizzato con la direzione di Pierre Boulez una delle migliori incisioni discografiche del Concerto per pianoforte e orchestra di Schönberg. La sua carriera si è svolta all’insegna di una costante dedizione ai più alti ideali artistici. Istituito dalla Mitsuko Uchida è un’artista che va al cuore della musica nella continua ricerca di verità e bellezza. Celebre per le interpretazioni di Mozart, Schubert, Schumann e Beethoven, sia nelle sale da concerto che in CD, illumina per una nuova generazione di ascoltatori anche la musica di Berg, Schönberg, Webern e Boulez. Nel 2016 inizia una stretta collaborazione con la Mahler Chamber Orchestra, dirigendo e suonando i Concerti di Mozart nelle maggiori sale europee e giapponesi. Tra i momenti salienti della stagione 2015/16 vi sono i concerti come direttore e solista con l’Orchestra di Cleveland alla Severance Hall e alla Carnegie Hall, l’esecuzione del Concerto di Schönberg con la London Philharmonic Orchestra e Vladimir Jurowski ai Proms, i concerti con i Berliner Philharmoniker e Sir Simon Rattle al Festival di BadenBaden. I recital la vedono impegnata sui più importanti palcoscenici europei e americani. I concerti con Dorothea Röschmann, il Quartetto Ebène e Magdalena Kožená sottolineano l’inteso impegno cameristico di Mitsuko Uchida, che partecipa anche a programmi di musica da camera con membri della Chicago Symphony Orchestra e sarà in residenza alla Alte Oper di Francoforte con Jörg Widmann e membri della Mahler Chamber Orchestra. Il legame con molte importanti orchestre e istituzioni è testimoniato dalle numerose residenze. È stata artista in residenza alla Konzerthaus di Vienna, alla Mozartwoche di Salisburgo, al Festival di Lucerna, alla Filarmonica di Berlino e presso l’Orchestra di Cleveland. La Carnegie Hall le ha dedicato un ciclo Perspectives intitolato “Mitsuko Uchida: Vienna rivisitata”, e il Concertgebouw una serie Carte Blanche. Incide in esclusiva per Decca e la sua discografia comprende tutte le Sonate e i Concerti di Mozart e le Sonate di Schubert. A partire dal 2011 incide i Concerti di Mozart con l’Orchestra di Cleveland nella doppia veste di direttore e solista. Il primo CD ha vinto il Grammy Award, nel 2014 ha inciso i Concerti K 456 e K 459 e l’integrale verrà portata a termine nel corso del 2016. La sua incisione del Concerto di Schönberg con Pierre Boulez e la Cleveland Orchestra ha vinto numerosi premi, fra cui il Gramophone Award per il migliore Concerto. Il prossimo CD con Dorothea Röschmann conterrà Lieder di Schumann e Berg. Mitsuko Uchida è molto impegnata nell’aiutare la crescita di giovani musicisti ed è membro del consiglio del Borletti-Buitoni Trust e direttore artistico del Festival di Marlboro. Nel 2012 ha ricevuto la Medaglia d’Oro della Royal Philharmonic Society; nel giugno 2009 è stata nominata Dame Commander dell’Ordine dell’Impero Britannico. Nel 2014 ha ricevuto la laurea honoris causa dall’Università di Cambridge. Nel 2015 le è stata assegnata la Medaglia d’oro Mozart dalla Mozartwoche di Salisburgo e il Premio Imperiale della Japan Arts Association. Dobbiamo all’editore Antonio Diabelli, che era anche un compositore molto prolifico, la nascita delle 33 Variazioni op. 120 di Beethoven. La dobbiamo alla sua furberia di commerciante e al suo narcisismo di compositore. Nel 1818 Diabelli chiese infatti a molti compositori residenti nell’impero austriaco di scrivere una variazione ciascuno su un suo Valzer in do maggiore, soddisfacendo in tal modo l’ego di coloro che ricevevano l’invito e il suo ego di creatore che, scrivendo a penna corrente nei momenti liberi, era considerato piuttosto facilone. Ci sembra ovvio che se i maestri conclamati dell’impero prendevano sul serio il Valzer, l’autore del Valzer stesso cresceva di statura... All’appello di Diabelli risposero in cinquanta e il furbissimo editore poté pubblicare nel 1824, sotto il cappello Società Nazionale degli Artisti, le Variazioni su un tema originale composte dai più eccellenti compositori e virtuosi di Vienna e dell’Impero Austriaco. Fra i cinquanta sceltissimi non figurava Beethoven. Vi figurava il tredicenne Liszt, che aveva studiato a Vienna con Carl Czerny, vi figurava lo stesso Carl Czerny, e qualche celebrità vera, e qualche celebrità soidisant, e qualche dilettante come l’Arciduca Rodolfo allievo di Beethoven, e Schubert, che contraddicendo il tema aveva composto una malinconica variazione in do minore. Curiosamente, non troviamo fra i cinquanta eletti nessun italiano e in questo senso non possiamo non tirare le orecchie a Diabelli perché per lo meno Bonifazio Asioli, Francesco Pollini e Antonio Fanna, sudditi dell’imperatore austriaco in quanto residenti in Lombardia (i primi due) e nel Veneto (il terzo) avevano tutti i quarti di nobiltà per figurare nella Società Nazionale degli Artisti. Beethoven non aderì. Non sappiamo perché. Sappiamo che nel 1819 cominciò a lavorare sul Valzer e che scrisse sette variazioni. Negli anni successivi le aumentò di numero fino a metterne insieme trentuno. A lavoro ultimato ne aggiunse altre due e nel 1823 consegnò il monumento all’editore, che lo pubblicò subito. Sembra evidente che, rileggendo le trentuno variazioni, Beethoven intuisse che la diciottesima, tanto misteriosa nella sua esplorazione del registro basso del pianoforte da essere detta poi, da Liszt, La Sfinge, segnasse sì un punto di suddivisione, ma insoddisfacente. Con l’aggiunta di due variazioni la diciottesima diventava ventesima e la suddivisione avveniva così secondo la proporzione della sezione aurea (trentatré variazioni e tema, cioè trentaquattro pezzi: la proporzione fra la parte minore – var. da 21 a 33 – e la parte maggiore – tema e var. da 1 a 20 – è uguale alla proporzione fra la parte maggiore e il tutto). Sembra assolutamente improbabile che la “scoperta” di Beethoven fosse dovuta a calcolo ma che il compositore intuisse piuttosto la necessità di un rapporto di proporzioni che era diventato comune nelle arti fin dal Cinquecento e che faceva parte della educazione. Le Variazioni op. 120 sono la composizione che riunisce in sé, in una sintesi storica irripetibile, tutto il cammino a ritroso compiuto dalle due generazioni di musicisti che per prime avvertirono il problema di inserire la creazione musicale anche nella storia anziché nella sola attualità. Partendo da una geometria elementare Beethoven trascorre attraverso atteggiamenti stilistici diversi per concludere con cinque variazioni arcaicizzanti che ricordano il barocco e con una coda che guarda al Beethoven stesso della ultima Sonata, l’op. 111. Ed è ovvio che chi concepiva un tal disegno cosmico non poteva intrupparsi con i cinquanta “migliori”. Il titolo dell’op. 90 di Schubert, Improvvisi, non è dovuto a una scelta dell’Autore ma dell’editore. In realtà, Schubert aveva composto una sonata eterodossa, ma il termine stesso di sonata non era più gradito al pubblico, nel 1827, mentre il termine improvviso era stato introdotto nell’uso solo pochi anni prima. Primo Improvviso in do minore con conclusione in do maggiore, secondo (in forma di scherzo) in mi bemolle maggiore con conclusione in mi bemolle minore, terzo (in forma di aria) in sol bemolle maggiore. Fino a qui la rete dei rapporti tonali è inconsueta ma geometrica. Il quarto Improvviso inizia in la bemolle minore e termina in la bemolle maggiore. Il mancato ritorno alla tonalità iniziale non solo è fuori dalla norma ma risponde soltanto a una predilezione esclusivamente schubertiana per i rapporti di terza discendente. Schubert aveva già composto il primo ciclo narrativo di Lieder, La bella mugnaia, e stava per comporre il secondo, Viaggio d’inverno. Aveva dapprima pubblicato il sesto dei Momenti musicali isolatamente, con il titolo Lamenti di un trovatore. E se formalmente gli Improvvisi op. 90 sono un fac-simile di sonata, nel loro contenuto danno l’impressione di essere già un polittico al modo di Schumann. Il mondo stava cambiando ma Schubert, scomparso a trentun anni, non avrebbe avuto modo di diventare un protagonista del cambiamento. Piero Rattalino