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©Studio Legale Marazza & Associati 2015
Il contratto a tempo determinato
nell’ordinamento italiano
Art. 1628 del c.c. 1865: nessuno poteva impegnarsi a prestare
la propria opera presso terzi, se non a tempo o per una
determinata impresa, al fine di evitare rapporti contrattuali
perpetui, in quanto ritenuti assimilabili alla servitù.
Art. 2097 c.c. Durata del contratto di lavoro: Il contratto di
lavoro si reputa a tempo indeterminato, se il termine non risulta
dalla specialità del rapporto o da atto scritto. In quest'ultimo caso
l'apposizione del termine è priva di effetto, se è fatta per eludere le
disposizioni che riguardano il contratto a tempo indeterminato. Se
la prestazione di lavoro continua dopo la scadenza del termine e
non risulta una contraria volontà delle parti, il contratto si
considera a tempo indeterminato.
Il contratto a tempo determinato
nell’ordinamento italiano (segue)
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L. 18 aprile 1962, n. 230
Abrogazione art. 2097 c.c.
Eccezionalità del contratto a termine rispetto al contratto a
tempo indeterminato;
Apposizione della clausola di durata consentita solo nei casi
tassativamente indicati dalla legge e con atto scritto;
Proroga ammessa una sola volta per esigenze contingenti e
imprevedibili;
Il contratto a tempo determinato
nell’ordinamento italiano (segue)
Progressiva flessibilizzazione della disciplina
1.
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8.
art. 1 d.l. 3 dicembre 1977 n. 876: si è previsto che nel settore del commercio e turismo, a fronte della
intensificazione, in determinati periodi dell'anno, dell'attività produttiva (alla quale non è consentito far
fronte con il normale organico) è consentita la assunzione a termine. Tale possibilità è estesa a tutti i settori
dell'art. 8 bis del d.l. 29 gennaio 1983, n. 17;
legge 23 maggio 1977, n. 266: l'assunzione a termine di personale riferito a specifici spettacoli ovvero a
specifici programmi radiofonici e televisivi
legge 25 marzo 1986 n. 84: assunzione a termine nelle imprese di trasporto aereo e di quelle esercenti
servizi aeroportuali in determinati periodi dell’anno e con introduzione di limiti percentuali;
art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56: il contratto a termine è consentito oltre che nei casi di cui
all'art. 1 della legge 230 del 1962 e 8 bis del d.l. n. 17 del 1983, nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di
lavoro che debbono fissare la percentuale dei lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a
tempo indeterminato;
legge 24 giugno 1997, n. 196 (art. 3): consente la assunzione a termine da parte dell'impresa fornitrice per
un tempo corrispondente alla durata della prestazione lavorativa presso l'impresa utilizzatrice;
art. 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223: consente la libera assunzione a termine dei lavoratori in mobilità;
art. 12 della legge 196 del 1997: abroga altresì l'ultima parte del secondo comma dell'art. 2 della legge 230
del 1960 nella parte in cui dispone che viene considerato a tempo indeterminato il rapporto... quando si tratti
di assunzioni successive a termine intese ad eludere le disposizioni di quella legge;
art. 75, commi 1 e 2 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che consente l'assunzione a termine dei
lavoratori pensionabili;
Il contratto a tempo determinato
nell’ordinamento italiano (segue)
Direttiva 1999/79/CE del 28 giugno 1999 relativa all’Accordo
Quadro CES, UNICE, CEP sul lavoro a tempo
determinato
Prevenire l’abuso dell’utilizzo del contratto a tempo
determinato, imponendo agli Stati membri, con la clausola 5
dell’Accordo Quadro, l’adozione di misure tra loro alternative
ovvero:
a) l’indicazione di ragioni obiettive per il rinnovo del rapporto;
b) la previsione di una durata massima totale dei contratti
successivi;
c) la predeterminazione del numero di rinnovi.
Il contratto a tempo determinato
nell’ordinamento italiano (segue)
Direttiva 1999/79/CE del 28 giugno 1999 relativa all’Accordo
Quadro CES, UNICE, CEP sul lavoro a tempo
determinato
• Gli stati membri possono scegliere l’applicazione di una o più
delle misure indicate;
• Tra le misure di prevenzione, come noto, non è contemplata la
previsione di ragioni oggettive per l’instaurazione del primo ed
unico CTD;
• In caso di abuso dell’utilizzo del CTD gli stati membri sono
liberi di scegliere la misura sanzionatoria ritenuta più adeguata
(non necessariamente la conversione - CGUE del 26.11.2014
nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13)
Il contratto a tempo determinato
nell’ordinamento italiano (segue)
D.lgs. 6 settembre 2001, n. 368
• Abrogazione della l. n. 230/1962
• Superamento criterio tassatività: è autorizzata l’apposizione
del termine quando ricorrano ragioni di carattere tecnico,
organizzativo, produttivo o sostitutivo;
• Previsione di divieti di utilizzo del CTD: art. 3 d.lgs.
368/2001;
• Flessibilizzazione delle proroga: ammessa una sola volta per
ragioni oggettive;
• Durata massima del contratto: 3 anni comprensivo della
proroga
Il contratto a tempo determinato
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D.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 (segue)
Disciplina della prosecuzione di fatto del rapporto:
maggiorazioni retributive nei casi di prosecuzione oltre 20 o 30
gg;
Disciplina dei rinnovi: introduzione di intervalli temporali
minimi in caso di successione di più CTD
Limite di durata in caso di successione di più CTD: 36
mesi comprensivi di proroghe e rinnovi in caso di svolgimento
di mansioni equivalenti;
Diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato
Principio di non discriminazione rispetto ai dipendenti stabili
Limiti quantitativi nell’utilizzo: rinvio alla contrattazione
collettiva per l’individuazione degli stessi e previsione di casi di
esenzione dai limiti di contingentamento
Il contratto a tempo determinato
nell’ordinamento italiano (segue)
D.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 (segue)
Tra il 2001 ed il 2014 si sono succeduti numerosissimi
interventi modificativi della disciplina, sia di fonte legislativa
che giurisprudenziale, tra loro di segno differente e talvolta
opposto, ondeggianti tra le esigenze di flessibilizzazione dello
strumento del contratto a tempo determinato e le istanze di
maggior tutela del lavoro.
Il contratto a tempo determinato
nell’ordinamento italiano (segue)
Le modifiche più significative al D.lgs. 6 settembre 2001, n. 368
Legge 23 dicembre 2005, n. 266: introduce il comma 1bis all’art. 2 estendendone la disciplina speciale
per il trasporto aereo e i servizi aeroportuali anche al settore postale;
Legge 24 dicembre 2007, n. 247 (protocollo del Welfare): introduce il comma 01 (il CLS è stipulato di
regola a tempo indeterminato) all’art. 1;
Legge 6 agosto 2008 , n. 133: le ragioni TOPS possono riferirsi anche alla “ordinaria attività del datore di
lavoro”
Sentenza n. 214/2009 della Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis
introdotto dall'art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 in tema di indennizzo in caso di nullità parziale del
contratto;
Legge 28 giugno 2012 n. 92 (Riforma del Mercato del Lavoro): modifica il comma 01 (Il CLS è la
forma comune di rapporto di lavoro); introduce il comma 1bis all’art. 1 autorizzando la stipulazione di un
primo contratto “acausale” della durata massima di 12 mesi; include nel contatore della durata massima del
rapporto a termine anche i periodi di lavoro in somministrazione
Decreto Legge 28 giugno 2013, n. 76: abroga divieto di proroga del contratto “acausale”; ripristina
termini originari degli intervalli tra un CTD e l’altro (10 – 20 gg), modificati dalla Fornero (60 – 90 gg);
Legge 6 agosto 2013, n. 97: modifica l’art. 8 (I limiti prescritti dal primo e dal secondo comma
dell'articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, per il computo dei dipendenti si basano sul numero
medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva
durata dei loro rapporti di lavoro.
Il contratto a tempo determinato
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Ulteriori significativi interventi
in materia di contratto a tempo determinato
L. n. 183 del 24 novembre 2010 (c.d. “Collegato Lavoro”)
Introduzione di un rigido sistema di decadenze (art. 32
comma 4) per l’impugnazione del contratto;
Previsione, in caso di conversione del CTD parzialmente
nullo, di un indennizzo predeterminato compreso tra le 2,5 e
le 12 mensilità (art. 32 comma 5).
IL JOBS ACT – prima parte
Il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 12 marzo 2014,
approva un decreto legge contenente disposizioni urgenti per
favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione
degli adempimenti a carico delle imprese. Intervenendo, tra gli
altri, sulla disciplina del contratto a termine.
Emanazione del D.L. n. 34 del 20 marzo 2014 (Disposizioni
urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione
degli adempimenti a carico delle imprese).
IL JOBS ACT – prima parte
D.L. n. 34 del 20 marzo 2014
convertito con modifiche dalla L. n. 78 del 16 maggio 2014
La riforma ha idealmente compiuto il processo di
liberalizzazione avviato nel 2001 istituendo, ai fini del giudizio
di liceità dell’utilizzo di tale forma contrattuale,
esclusivamente dei criteri di carattere quantitativo/numerico
abbandonando quelli previgenti di carattere qualitativo
IL JOBS ACT – prima parte
D.L. n. 34 del 20 marzo 2014
convertito con modifiche dalla L. n. 78 del 16 maggio 2014
1) Superamento del sistema della giustificazione causale
dell’apposizione del termine al contratto:
Il contratto “acausale” diventa, perdendo il suo carattere
eccezionale, la forma “comune” del rapporto a termine, essendo
sufficiente ai fini della legittimità. la mera indicazione – diretta o
indiretta – della durata temporale. L’indicazione di una ragione
giustificatrice è finalizzata alla possibilità di beneficiare di
determinati regimi di maggior favore (esclusione dal computo dei
limiti di utilizzo ovvero esenzione dal versamento del contributo
addizionale di cui all’art. 2 cc 28 e 29 della l. 92/2012).
IL JOBS ACT – prima parte
D.L. n. 34 del 20 marzo 2014
convertito con modifiche dalla L. n. 78 del 16 maggio 2014
• Introduzione di un limite legale (suppletivo) di
contingentamento: il numero complessivo dei CTD non potrà
eccedere il 20% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al
1° gennaio dell’anno di assunzione, fatti salvi i diversi limiti
previsti dalla contrattazione collettiva (ex art. 10 comma 7).
• La disciplina transitoria aveva previsto che, in sede di prima
applicazione del nuovo art. 1, conserveranno efficacia i limiti già
previsti dalla contrattazione collettiva “ove diversi”; inoltre, veniva
concesso un termine per l’adeguamento ai nuovi limiti
quantitativi per le aziende che non applicassero alcun CCNL o
in caso di assenza di previsioni sul contingentamento.
• Vengono previste sanzioni amministrative in caso di violazione
dei limiti percentuali
IL JOBS ACT – prima parte
D.L. n. 34 del 20 marzo 2014
convertito con modifiche dalla L. n. 78 del 16 maggio
2014
La durata massima viene confermata in 36 mesi,
all’interno dei quali è ammesso un numero massimo di
cinque proroghe, indipendentemente dal numero di
rinnovi, riferite alla stessa attività lavorativa per la quale il
contratto è stato stipulato. Non era stata tuttavia prevista
sul punto una disciplina transitoria per quanto riguarda i
contratti stipulati secondo la previgente disciplina.
IL JOBS ACT – seconda parte
La legge 10 dicembre 2014 n. 183
Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori
sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in
materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e
dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di
cura, di vita e di lavoro.
La legge 10 dicembre 2014 n. 183
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Al fine di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di
coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro
vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto
occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l'attività ispettiva, anche
attraverso la creazione di un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie
contrattuali e dei rapporti di lavoro, il Governo è stato delegato all’emanazione di uno o
più decreti volti a (cfr. art. 1 comma 7):
individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare
l'effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo nazionale e
internazionale, in funzione di interventi di semplificazione, modifica o superamento delle
medesime tipologie contrattuali;
promuovere, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato
come forma comune di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri
tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti;
abrogare di tutte le disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali,
incompatibili con le disposizioni del testo organico semplificato, al fine di eliminare
duplicazioni normative e difficoltà interpretative e applicative;
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della
normativa in tema di mansioni
Con riferimento alla disciplina del contratto a tempo
determinato (artt. 19 – 29), il provvedimento riproduce, con
alcuni aggiustamenti, l’assetto normativo delineato dal D.L.
34/2014, abrogando il d.lgs. 368/2001 ed unificando la
disciplina sostanziale del contratto a termine con quella
processuale, relativa al regime delle decadenze e delle tutele
previste nell’art. 32 della L. n. 32/2010.
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
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Viene ribadito, all’art. 1 che “Il contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”
Viene precisato, all’art. 51 che “Salvo diversa previsione, ai fini del presente
decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o
aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze
sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
Viene abrogato il d.lgs. 368/2001, fatta eccezione per l’art. 2 (la cui
abrogazione è fissata al 1° gennaio 2017) e le disposizioni vigenti, non
espressamente richiamate, che siano incompatibili con la disciplina
introdotta;
Viene precisato che sino all’emanazione dei decreti richiamati nel testo,
troveranno applicazione le disposizioni vigenti;
Viene in più punti precisato che in caso di violazione delle norme
contenute nel decreto il CTD si trasforma in contratto a tempo
indeterminato
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
Art. 19 – Apposizione del termine e durata massima
• Limite massimo di 36 mesi dell’unico rapporto a termine;
• Salvo diverse previsioni dei CCL e fatta eccezione per le
attività stagionali di cui all’art. 21 comma 2, la durata
complessiva dei CTD (ivi inclusi i periodi di missione in
regime di somministrazione) tra uno stesso lavoratore ed
uno stesso datore, non può eccedere i 36 mesi;
• Possibilità di stipulare, in sede ministeriale, un ulteriore
contratto a termine della durata massima di dodici mesi
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a
termine
Art. 20 Divieti
Viene riprodotta la disciplina di cui all’art. 3 del d.lgs.
368/2001, con alcune modifiche (ad es. eliminata la
possibilità per la CCL di derogare al divieto di assunzioni a
termine nei sei mesi successivi alla procedura di
licenziamento collettivo, fatta eccezione per l’assunzione
per la sostituzione di lavoratori assenti o per l’assunzione
dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità).
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
1.
2.
3.
4.
Artt. 21 e 22
Proroghe e rinnovi – Continuazione oltre la scadenza
Limite massimo di 5 proroghe nei 36 mesi, indipendentemente
dal numero dei contratti;
Intervalli tra un contratto e l’altro: mantenuti in 10 giorni (per
contratti fino a 6 mesi) ed in 20 giorni (per contratti superiori
ai 6 mesi);
Esclusione dall’osservanza degli intervalli per le attività
stagionali, per le attività individuate dai CCL, per le start-up
innovative di cui all’art. 25 commi 2 e 3 del d.l. 221/2012;
Prosecuzione di fatto confermata entro 30 ovvero 50 giorni
(se CTD di durata superiore a sei mesi)
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
Art. 24 – Numero complessivo di contratti a tempo
determinato
• Permane limite legale del 20% del numero di lavoratori a
TI in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con
possibilità di diversa disposizione da parte della
contrattazione collettiva;
• In caso di inizio dell’attività (aziendale) nel corso dell’anno
il numero di lavoratori a TI va computato al momento
dell’assunzione ;
• Arrotondamento del decimale all'unità superiore qualora il
numero dei lavoratori a TI sia sia eguale o superiore a 0,5;
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
I limiti percentuali: approfondimento
• La norma contrappone il numero di lavoratori assunti a termine con il
numero di lavoratori a TI in forza nell’azienda. Viene pertanto
abbandonato (come già avvenuto con il D.L. 34/2014) il riferimento al
numero di rapporti a termine e, apparentemente, la necessità di dover
mantenere un rapporto costante tra lavoratori stabili e flessibili;
• Il limite sarà pertanto violato nel caso in cui, nell’anno di riferimento,
l’azienda abbia stipulato quel contratto a termine, anche con lo stesso
lavoratore, che determini, sommato agli altri stipulati in precedenza, il
superamento della soglia legale.
• La base di calcolo non è più identificata nell’organico complessivo, ma
nel numero di lavoratori a TI, tra i quali possono includersi anche gli
apprendisti (cfr. art. 41 d.lgs. 81/2015)
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
I limiti percentuali: il criterio di computo
Il legislatore ha inteso comparare il numero complessivo di CTD da un
lato e, dall’altro, il numero dei lavoratori a TI, così suggerendo un
criterio di calcolo omogeneo “per teste” (Head Count);
Tuttavia, precisando che il calcolo del numero di lavoratori a TI può
essere soggetto ad arrotondamenti del decimale, sembra incontestabile
che, almeno per individuare la base di calcolo del 20% dovrà utilizzarsi
il criterio di cui all’art. 9 del d.lgs. 81/2015, ovvero quello del FTE
(Full Time Equivalent);
Per garantire l’omogeneità del calcolo pertanto anche la quota di
lavoratori flessibili dovrà calcolarsi in FTE, pur se ciò appare in
contrasto con la lettera della norma che fa espresso riferimento al
numero di contratti, che indipendentemente dal regime orario
adottato, rileverà sempre e comunque come una unità. E’ pertanto
verosimile, rimanendo ancorati alla lettera della legge, che si acceda ad
un confronto tra grandezza tra loro disomogenee.
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
I limiti percentuali: le esenzioni
per la fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai
contratti collettivi;
per le start up innovative
per lo svolgimento di attività stagionali;
per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi;
per sostituzione di lavoratori assenti
per l’assunzione di lavoratori di età superiore ai 50 anni di età
(prima 55 anni)
per i contratti con le università private, istituti di cultura e per i
CTD per attività di ricerca
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
I limiti percentuali: le sanzioni
Il d.lgs. 81/2015 chiarisce definitivamente l’inoperatività del
meccanismo di trasformazione in caso di superamento
della soglia di contingentamento.
In caso di superamento si applicheranno esclusivamente le
sanzioni amministrative di importo pari:
a) al 20 % della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese
superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il
numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale
non è superiore a uno;
b) al 50 % della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese
superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il
numero dei lavoratori assunti in violazione del limite
percentuale è superiore a uno.
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
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•
Art. 24 – Diritto di precedenza
Salvo diversa disposizione dei CCNL, il lavoratore che ha prestato la propria attività con uno o
più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, per un periodo superiore a 6 mesi
ha diritto di precedenza per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore nei
successivi 12 mesi con riferimento alle stesse mansioni espletate nel contratto a termine
Il datore di lavoro deve richiamare espressamente nel contratto a tempo determinato il diritto
di precedenza in caso di assunzioni a tempo indeterminato anche con riferimento al diritto
esercitabile dai lavoratori stagionali con riferimento alle assunzioni a tempo determinato
(sempre per mansioni già svolte dal lavoratore).
In ogni caso, il datore di lavoro è tenuto a informare il lavoratore del diritto di precedenza
mediante comunicazione scritta da consegnare al momento dell’assunzione.
Nel computo del periodo di attività lavorativa utile ai fini della maturazione del diritto di
precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro nei
successivi 12 mesi dalla scadenza del contratto a tempo determinato – spettante ai lavoratori e
lavoratrici che abbiano prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi presso lo
stesso datore di lavoro – rientra anche il periodo di congedo di maternità.
Il congedo di maternità deve essere intervenuto durante l’esecuzione di un contratto a termine
presso lo stesso datore di lavoro nei confronti del quale si realizza il diritto di precedenza.
Il diritto spetta con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine
(art. 5 co. 4 quater D.lgs. 368/2001)
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
Art. 25 Principio di non discriminazione
Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato ha
diritto a ricevere lo stesso trattamento economico e
normativo dei lavoratori inquadrati secondo i criteri della
contrattazione collettiva presso lo stesso datore di lavoro,
assunti con contratto a tempo indeterminato
In caso di inosservanza di tale principio il datore è tenuto al
pagamento di una sanzione amministrativa da € 25,82 ad €
154,94. Qualora la violazione faccia riferimento a più di 5
lavoratori il valore della sanzione oscillerà tra € 154,94 e
1,032,91
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
Art. 28 decadenze e tutele
L’impugnazione del contratto a tempo determinato deve
avvenire, con le modalità di cui all’art. 6 della l. 604/66
(atto scritto idoneo a rendere nota la volontà di impugnare)
entro 120 giorni dalla cessazione del singolo contratto.
Il deposito del ricorso, ovvero la comunicazione del
tentativo di conciliazione deve avvenire nei 180 giorni
successivi
Il d.lgs. N 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
Art. 28 decadenze e tutele (segue)
La norma si sostituisce alle previgenti previsioni introdotte
dal Collegato Lavoro, posto che il decreto ha abrogato
l'articolo 32, commi 3, lettera a), dalle parole «ovvero alla
nullità del termine apposto al contratto di lavoro» fino alle parole
«è fissato in 180 giorni», 5 e 6 della legge 4 novembre 2010, n.
183.
Il d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015
La disciplina del contratto a termine
Art. 28 decadenze e tutele (segue)
Nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto
a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al
risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un'indennità
onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un
massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il
calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati
nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966. La predetta indennità ristora per intero il
pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e
contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la
pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto
di lavoro.
In presenza di contratti collettivi che prevedano l'assunzione, anche a
tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine
nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennità
fissata dal comma 2 è ridotto alla metà.
A cura di:
Avv. Walter Palombi