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Operazione Hasky I primi segnali dell'invasione si ebbero già un mese prima (11 giugno 1943), con la presa dell'isola di Pantelleria, primo lembo di terra italiana a cadere in mano alleata, seguita dalla caduta dell'isola di Lampedusa il 13 giugno. A Pantelleria, dopo un violentissimo bombardamento aereo, il comandante italiano chiese e ottenne da Mussolini il permesso di arrendersi, facendo credere di non avere scorte idriche. In realtà le capaci caverne dell'isola, che già ospitavano degli hangar per l'aviazione, erano in grado di offrire un riparo sicuro a tutta la popolazione civile e militare dell'isola, e le scorte idriche e alimentari erano tutt'altro che esaurite. Gli alleati fecero circa 11.000 prigionieri tra le forze italiane. Le forze in campo Le forze contrapposte erano sulla carta di consistenza quasi pari, dato che la Sesta Armata italiana (generale Alfredo Guzzoni) poteva contare su circa 220.000 uomini, solo 170.000 dei quali erano però combattenti. Le grandi unità italiane presentavano in buona parte le mai risolte carenze in merito ad armamento moderno (artiglieria controcarro per esempio) e motorizzazione. Molte unità costiere erano inoltre prive di armamento pesante. Alcune eccezioni erano costituite da un battaglione di artiglieria semovente aggregato alla Divisione Livorno, che aveva in carico un certo numero di semoventi da 90/53, in grado di mettere fuori combattimento qualunque mezzo corazzato alleato. Il contingente tedesco, forte di 30.000 uomini circa ed al comando del generale Frido von Senger und Etterlin (sostituito il 15 luglio da Hans-Valentin Hube), a differenza degli italiani era perfettamente equipaggiato ed aveva sotto il suo controllo anche la Fallschirm-Panzer-Division 1 "Hermann Göring", dotata di alcuni carri pesanti Tiger I. Le forze navali Le forze da sbarco, precedute da uno sfortunato lancio di paracadutisti (nessuna delle unità scese nel luogo stabilito e molti parà vennero catturati; inoltre 23 dei 144 Dakota, lungo la rotta di ritorno, sorvolarono le navi alleate e vennero abbattuti perché scambiati per bombardieri dell'Asse) erano protette e scortate da una formidabile flotta combinata. Supermarina non si assunse la responsabilità di inviare la flotta a difesa dell'isola, rischiandone la totale distruzione, quindi chiese capo di stato maggiore di prendere tale decisione; ne segui una serie di discussioni che non portarono ad alcuna azione operativa. La decisione fu in qualche modo giustificata dal fatto che, in assenza di adeguata copertura aerea, le corazzate e gli incrociatori italiani sarebbero salpati per una missione suicida. Tuttavia neppure i numerosi sommergibili in agguato a sud della Sicilia ottennero risultati: nel corso della campagna di Sicilia la Regia Marina perse i sommergibili Ascianghi, Bronzo, Flutto, Nereide, Argento ed Acciaio con la morte in tutto di 152 uomini, ottenendo come unica contropartita i gravi danneggiamenti degli incrociatori leggeri Cleopatra e Newfoundland e l'affondamento della motocannoniera MGB 641. La flotta alleata contava quattro navi da battaglia (Nelson, Rodney, Warspite e Valiant, quest'ultima appena rientrata in servizio dopo l'attacco di Alessandria), più altre due di riserva ad Algeri ("Forza Z" con le corazzate Howe e King George V), le portaerei Formidable e Indomitable, gli incrociatori Orion, Newfoundland, Mauritius e Uganda, gli incrociatori contraerei Aurora, Penelope, Euryalus, Cleopatra, Sirius e Dido, e 27 cacciatorpediniere. Le forze di appoggio diretto contavano 2 monitori, l'incrociatore Dehly, 8 cacciatorpediniere, 4 cannoniere, 5 mezzi da sbarco trasformati in batterie galleggianti, e 6 mezzi da sbarco con lanciarazzi. La US Navy per parte sua schierava cinque incrociatori (USS Boise, USS Savannah, USS Philadelphia, USS Brooklyn e USS Birmingham), oltre a 25 cacciatorpediniere e a un monitore britannico. Da notare anche la presenza tra queste forze di unità appartenenti a paesi occupati, come Olanda e Grecia. Con l'appoggio di queste forze le prime truppe toccarono terra nelle prime ore del 10 luglio. Le forze terrestri Le forze dell'8ª Armata (il XXX Corpo d'armata formato dalla 1ª Divisione canadese, la 51ª Divisione e la 231ª Brigata Malta, e il XIII Corpo d'armata costituito dalla 5ª e dalla 50ª Divisione) sbarcarono nei tratti di costa compresi tra il promontorio di Pachino e la piazzaforte di Siracusa-Augusta, sul versante ionico, ad eccezione della 1ª Divisione canadese che sbarcò più a sud. Due brigate, la 1ª Brigata Paracadutisti e la 1ª Brigata Aviotrasportata (su alianti), distaccate dalla 1ª Divisione Aviotrasportata britannica furono aviosbarcate dietro le linee italiane per conquistare dei punti chiave. La 7ª Armata di Patton sbarcò dapprima tre divisioni nel tratto di costa compreso tra Licata e Gela. La 3' Divisione Fanteria (3rd Infantry Division) sbarcò nella costa a ovest di Licata, spiaggia di Torre di Gaffe e spiaggia di Mollarella e Poliscia, circa 7 chilometri a ovest di Licata. La 1ª divisione sbarcò a Gela e la 45ª divisione nei pressi di Scoglitti. L'82ª Divisione Aviotrasportata o paracadutisti fu invece aviosbarcata tra Gela e Scoglitti. Di fronte a queste forze c'erano le divisioni denominate costiere dell'Asse Germania-Italia, in particolare la 206ª nell'estremo sud-est dell'isola, la 207ª a Licata in località S.Oliva, nelle vicinanze della omonima Stazione Ferroviaria tuttora esistente, e la 18ª Brigata costiera sulla costa di Gela. Furono queste unità, oltre alle batterie costiere, a sopportare l'urto dello sbarco americano. Il fuoco di controbatteria delle navi da guerra e l'appoggio aereo favorirono la rapida attestazione delle forze di invasione, anche se nei punti maggiormente muniti di artiglieria costiera la lotta fu piuttosto aspra. Nei numerosi tratti di costa privi di difesa le truppe alleate poterono avanzare dai punti di sbarco senza difficoltà. Nell'entroterra erano presenti la divisione Livorno e la divisione Hermann Göring, oltre alla male armata Napoli. In riserva momentanea la 15ª Divisione Panzergrenadier tedesca, divisa in gruppi tattici, non aveva più di 60 carri. A ovest erano schierate le divisioni italiane Aosta e Assietta. Al comando delle forze dell'Asse, da Berlino fu inviato HansValentin Hube. Lo sbarco a Licata (settore JOSS) Lo sbarco a Licata avvenne la notte tra il 9 e 10 luglio 1943 mediante la 7ª Armata statunitense comandata dal generale Patton che sbarcò la 3ª Divisione Fanteria (3rd Infantry Division), comandata dal Maggiore Gen. Lucian King Truscott (Joss Force). Lo sbarco avvenne in una stessa notte, in quattro spiagge della costa di Licata. Il Porto di Licata infatti costituiva obiettivo strategico e quindi era occupato dai militari dell'Asse, Germania nazista e Italia. L'ora "H" ebbe inizio alle ore 2.45 del 10 luglio 1943 e quindi iniziarono le operazioni di sbarco nelle spiagge prestabilite. Alle 2,57 nella spiaggia di Mollarella e Poliscia toccarono terra i primi carri armati americani. La 3ª Divisione Fanteria (3rd Infantry Division) sbarcò contestualmente, a ovest della città di Licata, con il gruppo d'attacco Gaffi, comandata dal capitano Sabin, nella spiaggia di Torre di Gaffe, denominata spiaggia rossa nell'operazione Hushy, e con il gruppo d'attacco Molla. comandato dal capitano Robert Morris, nella spiaggia di Mollarella e Poliscia, denominate spiaggia verde 1 e spiaggia verde 2. Il 10 luglio 2011 una stele marmorea commemorativa è stata deposta in memoria dell'evento. Ad est di Licata sbarcò il gruppo d'attacco Salso nell'arenile della Playa e Montagna Grande, denominate spiagge verdi. Il 10 luglio 2013 in ricordo dei 70 anni dello sbarco una stele commemorativa è stata deposta. Il quarto gruppo d'attacco denominato Falconara, comandato dal Capitano H.E. Nelson sbarcò nella spiaggia di Falconara denominata spiaggia Blu. La 3ª Divisione Fanteria (3ª Infantry Division) era composta da 3 Reggimenti di Fanteria: Il 7º Reggimento Fanteria, il 15º Reggimento Fanteria e il 30º Reggimento Fanteria. Già la mattina del 10 Luglio nel Municipio di Licata si insediava il Maggiore Frank Toscani come capo degli affari civili del Governo Militare Alleato AMGOT. Nei giorni successivi, gli Alleati proseguirono verso la Sicilia Nord Orientale verso le città di Agrigento, Palermo, Trapani. La 3ª Divisione Fanteria comandata dal Generale Truscott tra il 21 e il 22 Luglio giunse a Palermo. Nella piana di Licata gli Alleati approntarono qualche giorno dopo lo sbarco, una pista di atterraggio. A circa 7 chilometri di Licata, nelle vicinanze della stazione ferroviaria S. Oliva, c'era la 207ª Divisione Costiera del Regio Esercito. Nelle acque della costa di Licata diverse navi della U.S.Navy furono impegnate: gli incrociatori Swanson e Roe nel settore "Gaffi", gli incrociatori Brooklyn, Bristol ed Edison, e i dragamine Seer (AM112) e Sentinel AM113 e le navi HMS Princess Charlotte e HMS Princess Astrid nel settore "Molla", Nel settore Gaffi nelle prime ore del mattino del 10 Luglio 1943 si urtarono le navi Swanson e Roe che dovettero tornare a Bizerte per essere riparate. Il Dragamine Sentinel nelle prime ore del mattino del 10 Luglio fu bombardato dalle forze dell'asse e nella tarda Mattinata affondò. I combattimenti Dopo una serie di bombardamenti dalle navi e di attacchi aerei la settima armata americana, comandata dal Generale Patton, sbarcò la 3ª Divisione fanteria comandata dal generale Truscott. Alle 2,45 della notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 iniziò lo sbarco di 20.000 uomini a Licata, Spiaggia di Mollarella e Poliscia ore 2,57. Gli altri sbarchi avvennero a Gela, dove tremila paracadutisti furono lanciati nell'entroterra, e a Scoglitti, nel ragusano. In 24 ore 160.000 uomini furono sbarcati. Stukas italiani affondano il cacciatorpediniere USS Maddox e nave ospedale indiano Talamba. Tra il 10 e l'11 luglio la divisione tedesca "Hermann Goering" e quella italiana "Livorno" contrattaccarono gli americani nella piana di Gela, dove fu combattuta una terribile battaglia: i contrattacchi dei "gruppi mobili" italiani, reparti di formazione motocorazzati costituiti ciascuno da circa 1.500-2.000 uomini, una dozzina di carri o semoventi ed una batteria d'artiglieria misero in seria crisi le posizioni alleate; significativa la carica dei circa 20-30 carri Renault R-35 di preda bellica del 131º Reggimento carri, che da soli attraversarono quasi tutta la testa di ponte americana mettendo, insieme ai vigorosi contrattacchi della "Livorno" (l'unica fra le divisioni italiane parzialmente motorizzata) e della "Hermann Goering", a serissimo rischio tutto il piano d'invasione della 5ª Armata USA; tutta l'operazione di sbarco fu salvata solo dall'imprevista efficacia del tiro navale, che si abbatteva inesorabile sugli italotedeschi. Anche gli assalti di un raccogliticcio ma coraggioso CCCCXXIX battaglione costiero, male armato, poco addestrato e addirittura deficiente nelle dotazioni di base (ad esempio, non tutti avevano scarpe, che si passavano a chi doveva fare i turni di guardia) furono così energici da arrestare l'impeto americano. L'appoggio diretto delle navi da guerra, con un preciso e puntuale intervento di controbatteria e di bombardamento delle unità italiane e tedesche segnalate dalla ricognizione aerea furono di grande importanza per la riuscita degli sbarchi ed il consolidamento successivo delle teste di ponte. Gela contrattacchi italiani sono stati riportati dai principali quotidiani degli Stati Uniti: "Con il sostegno di non meno di quarantacinque carri armati, una notevole forza di fanteria della divisione Livorno attaccò le truppe statunitensi nei dintorni di Gela. La divisione americana li ha respinti con gravi perdite. Questa è stata la risposta più forte per l'avanzata degli Alleati". Un gruppo di diciotto Renault R35 serbatoi, comandati dal tenente colonnello Massimo d'Andretta, Divisione di "Napoli", inoltre ha rotto con le posizioni detenute dal Secondo Battaglione Reggimento Wiltshire, il 10 luglio, e solo furono sconfitti dal fuoco anticarro dopo aver raggiunto nella periferia di Siracusa Priolo e Floridia. Come parte degli sbarchi via mare a sud di Agnone, circa 400 uomini di 3 Commando Brigade sotto il comando del tenente colonnello John Durnford-Slater ha catturato il Ponte Malati il 13 luglio, solo per perdere il possesso del ponte a causa di un contrattacco da parte del IV Battaglione Artiglieria semoventi sotto il comando di tenente Colonnello Francesco Tropea e 53 ª Compagnia del Motociclo. Sul fiume Simeto fu combattuta un'altra durissima battaglia che impegnò gli inglesi dell'VIII Armata, bloccando la loro avanzata verso Catania. Il 17 luglio gli americani arrivarono ad Agrigento. Nonostante la combattività e il valore di gran parte delle forze dell'Asse (non solo le efficienti unità tedesche). Il 10 ° Reggimento Bersaglieri sotto il colonnello Fabrizio Storti aveva costretto due battaglioni specializzati di Rangers del colonnello William Darby lotta per Agrigento. La resistenza era stata abbastanza accanita da richiedere combattimenti casa per casa. Quello stesso giorno il sommergibile italiano Dandolo italiano fu silurato e messo fuori combattimento per il resto del conflitto europeo dall'incrociatore britannico HMS Cleopatra. La Sicilia fu occupata in soli 38 giorni quando, il 17 agosto, le truppe Alleate entrarono a Messina, dopo la resa di Palermo firmata dal gen. Molinero il 22 luglio, e la conquista di Catania il 5 agosto. I tedeschi con un ponte di barche riuscirono a trasferire in Calabria la gran parte delle loro truppe e dei loro mezzi (operazione Lehrgang), a differenza degli italiani che abbandonarono molti dei loro. L'occupazione alleata A capo dell'amministrazione militare alleata della Sicilia occupata, di competenza dell'AMGOT che venne battezzata in questa occasione, fu indicato Charles Poletti. Solamente il 3 settembre iniziò lo sbarco e quindi l'invasione alleata nella penisola italiana con l'Operazione Baytown, in concomitanza con la firma dell'armistizio. Armistizio che fu firmato a Cassibile, in provincia di Siracusa.