Il riciclaggio dei materiali inerti 09
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Il riciclaggio dei materiali inerti 09
Il riciclo dei rifiuti inerti di Andrea Dignani, geologo – www.sunesisambiente.it Negli ultimi 10 anni l’attenzione della pubblica opinione e delle Amministrazioni si è concentrata anche alla risoluzione delle problematiche legate allo smaltimento/riciclo dei rifiuti inerti derivanti soprattutto dal settore edilizio (c.d. C&D – rifiuti da costruzioni e demolizioni). In uno scenario culturale ed ambientale che incoraggia il riutilizzo di comuni tipologie di rifiuti (come il vetro, la carta, la plastica) oggi si assiste al sempre più frequente riciclo e riutilizzo dei rifiuti inerti, provenienti appunto dal comparto edile, tale recupero è utile per l’ambiente perche evita l’apertura di nuove cave, è utile anche per gli operatori dello specifico settore produttivo edilizio per il risparmio dei costi di approvvigionamento di inerti. In questi anni quindi, prima a livello europeo e poi in Italia, è stata attribuita maggiore importanza a questa tipologia di rifiuti, inserendola a pieno titolo nell’attività normativa dei rifiuti ed in quella di pianificazione e programmazione del settore delle opere pubbliche e private. Questo interesse si giustifica con il fatto che i rifiuti inerti rappresentano una notevole quantità prodotta del complesso dei rifiuti speciali non pericolosi, una produzione in costante annuo incremento, tali rifiuti costituiscono quindi un significativo elemento di risparmio ambientale ed economico del settore edilizio. Produzione di rifiuti speciali non pericolosi da Costruzioni e Demolizioni (da ISPRA) Anni tonnellate 2000 27.291.000 2001 30.954.000 2002 37.345.000 2003 42.548.000 2004 46.459.000 2005 45.851.000 2006 52.083.000 I rifiuti inerti, come detto, derivano principalmente dal comparto delle costruzioni e delle demolizioni, occorre comunque non tralasciare altri settori produttivi che generano questo tipo di rifiuto, come la costruzione e la manutenzione delle ferrovie e delle strade, l’industria di lavorazione delle pietre ornamentali o altri particolari settori industriali. Questa tipologia di rifiuti è costituita, principalmente, da materiale inerte; ovvero laterizi, intonaci, calcestruzzo armato e non, sfridi e rottami di ceramica cotta provenienti da scarti di produzione, cocciame di travertino, conglomerato bituminoso, residuo costituito da pietrisco di vagliatura del calcare, pali di cemento, prefabbricati cementizi, traversine ferroviarie, residui di lavorazione di rocce di cava, terre di scavo e sbancamento. Analizzando in particolare le caratteristiche tipologiche della composizione dei rifiuti inerti, si rileva anche la presenza di elementi che non possiamo definire appartenente alla categoria dei rifiuti inerti; valutando quindi le percentuali medie in peso delle tipologie di materiali che si rinvengono all’interno dei rifiuti inerti in Italia abbiamo: calcestruzzo non armato 10% scavi 6-10% calcestruzzo armato 20% carta e catone 0.6-4% laterizio 50% metallo 5% varie asfalti 3% 1-1.4% La normativa attualmente vigente in Italia: - Punto 7.1 del DM 05/02/1998 : rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto. - Decreto LGS 8 maggio 2003, n.203 (Green Public Procurement), “Norme affinché gli uffici pubblici e le società a capitale prevalente pubblico coprano il fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato nella misura non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo”. - D.Lgs 152/2006 capo IV “Autorizzazioni e iscrizioni ” della parte IV, prevede il riutilizzo dei materiali inerti nel comparto edilizio e nel recupero ambientale solo se sono stati sottoposti a un trattamento di macinazione e di separazione delle frazioni leggere (carta, plastica, legno) e ferrose sia in impianti fissi che mobili in apposite aree attrezzate per mitigare gli impatti derivanti dalla frantumazione. Da un punto di vista ambientale e merceologico, il trattamento effettuato negli impianti di tipo fisso offre una amplia varietà di prodotti e un maggiore controllo ambientale. Per contro gli impianti mobili, nei casi di trattamento di monomateriali inerti, che quindi hanno subito una preselezione tipologica derivante p.es. dalla demolizione selettiva, permettono la trasformazione dell’inerte in sito con notevoli vantaggi economici ed ambientali. Normalmente gli impianti sono dotati di un sistema di controllo all’entrata, costituito da una o più telecamere e/o un operatore addetto ai carichi conferiti. La frantumazione deve essere in grado di ottenere il perfetto distacco del tondino di ferro dalle strutture in calcestruzzo che lo contengono; le componenti ferrose ottenute sono successivamente eliminate con elettrocalamite e avviate a loro volta al riutilizzo in fonderie. Gli impianti fissi riescono a eliminare anche le componenti leggere (legno, plastica, carta, gomma, ecc.), fisiologicamente presenti nei rifiuti non selezionati provenienti da costruzioni e demolizioni non selettive; si tratta di scarti che solo parzialmente possono essere riutilizzati, normalmente sono smaltiti in discariche autorizzate. I materiali inerti riciclati provenienti dagli impianti di trattamento sono caratterizzati da una qualità geotecnica e ambientale che li rende riutilizzabili in uno svariato numero di opere edili e stradali in alternativa a quelli naturali. Dalle esperienze effettuate in diverse realtà produttive, le prove condotte con le classi granulometriche 0-30, 0-70, 0-140 rilevano una grande continuità dimensionale, mentre dal punto di vista della plasticità è stato accertato che questi materiali sono definibili “N.P.” (Non Plastici). In riferimento alla classifica delle terre, CNR n 10006:2002, si prescrivono le tecniche di impiego degli inerti riciclati per la costruzione e la manutenzione delle strade, con particolare riferimento alla classificazione delle terre, alle opere di difesa dalle acque, al costipamento, alla preparazione del sottofondo, alla costruzione dei rilevati e delle trincee, alle fondazioni e agli strati superficiali di terra stabilizzata (Appendice A). La norma fornisce prescrizioni per la qualificazione dei materiali provenienti dal riciclaggio degli scarti delle attività di costruzione e demolizione, anche in miscela con altri rifiuti minerali non pericolosi, dei quali sia ammesso il recupero per impieghi stradali ed assimilati. Un altro importante aspetto dei materiali riciclati è quello della facilità di posa in opera legata alla mancanza di criticità rispetto ai dosaggi di umidità, ovvero rispetto alle condizioni ambientali, ai fini del raggiungimento del prescritto grado di costipamento. Questi, inoltre, garantiscono che le caratteristiche di portanza, per lo stato di fondazione, risultano praticamente identiche a quelle dei tradizionali materiali di cava. Il prodotto riciclato proveniente da determinati cicli produttivi è in tal modo dotato di una certificazione di qualità, sia per le caratteristiche geotecniche del prodotto finito che per il basso impatto ambientale del ciclo produttivo che l’ ha generato. I prodotti riciclati possedendo una propria intrinseca economicità, l’aggregato lapideo riciclato normalmente si presenta sul mercato a prezzi inferiori rispetto a quelli del materiale naturale, con evidenti e diretti benefici per gli utilizzatori.