Al SIGNOR SINDACO DEL

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Al SIGNOR SINDACO DEL
INERTI COCCI s.r.l. Arezzo
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Piano di gestione rifiuti d’estrazione
Progetto di Coltivazione Inerti
e Recupero Ambientale
di un’area posta all’interno del triangolo delle
cave di Quarata, Loc. La Gemma
NCEU:
Comune di Arezzo, Sez. A, Foglio n°69 –
P.lle 131, 132, 141, 142, 143, 144, 145, 146, 147, 164, 165,
166, 193, 194, 195, 216, 217, 218, 219, 220, 221, 222, 223,
253, 255, 257.
PIANO GESTIONE DEI RIFIUTI D’ESTRAZIONE
P.G.R.E.
Decreto Legislativo 30 Maggio 2008 n° 117
RELAZIONE TECNICA
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Piano di gestione rifiuti d’estrazione
SOMMARIO:
1)- INCARICATO DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI
2)- AREA OGGETTO DELL’INTERVENTO ESTRATTIVO
3)- AREA DEL CANTIERE ESTRATTIVO
3.1.)- Definizione “aree interessate”
4)- INDIVIDUAZIONE DEI RIFIUTI D’ESTRAZIONE
5)- MODALITA’ DI SCAVO E RIPRISTINO
6.)- GESTIONE DEI RIFIUTI D’ESTRAZIONE DELL’IMPIANTO DELLA
DITTA INERTI COCCI.
6.1)- Struttura di deposito dei rifiuti d’estrazione
6.1.1.)-Procedure operative tipo presenti all’interno
l’impianto
6.1. 2.)-Impianto di chiarifica
6.1.3.)- Tecniche ispessimento dei limi
6.1.4.)- Metodo di chiarifica Impianto Inerti Cocci
6.1.5.)-Caratterizzazione dei limi
6.1.6.)Classificazione di rifiuti
7)- NOTA AL D.M: N° 161 DEL 10/AGOSTO 2012
8. )- CONCLUSIONI
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Piano di gestione rifiuti d’estrazione
PIANO GESTIONE DEI RIFIUTI D’ESTRAZIONE
P.G.R.E.
Decreto Legislativo 30 Maggio 2008 n° 117
Committente:
INERTI COCCI s.r.l.Loc. Ponte Buriano n° 32,
Arezzo P.Iva 00190960518
1.)-INCARICATO DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI
( colui che è titolare ai sensi dell’art. 2 del Dls 624/1996 soggetto fisico o giuridico che è
titolare dell’autorizzazione dell’attività estrattiva di cui alla L.R. n° 78/98 è anche incaricato
della gestione dei rifiuti d’estrazione)
- Cocci Mara nata ad Arezzo, residente ad Arezzo, titolate della Autorizzazione di cui alla
L.R. 78/98, domiciliato per la funzione presso l’impianto di trasformazione materiali inerti
della ditta Inerti Cocci posto lungo la strada vicinale del Sorbo Comune di Arezzo
2.)- AREA OGGETTO DELL’INTERVENTO ESTRATTIVO
Individuazione catastale:
NCEU – terreni: Comune di Arezzo, Sez. A, foglio n°69 – p.lle 131, 132, 141,
142, 143, 144, 145, 146, 147, 164, 165, 166, 193, 194, 195, 216, 217, 218,
219, 220, 221, 222, 223, 253, 255, 257.
Autorizzazioni in atto: area scavata oltre trenta anni fa e su cui non esistono fideiussioni
al ripristino, individuata come zona di degrado ambientale con Piano di Recupero
Ambientale approvato con delibera di Consiglio Comunale di Arezzo n° 147 del
11/09/2014.
Superficie totale interessata dall’intervento: mq. 59.035 di cui: superfici da sottoporre
ad attività di scavo e ripristino mq. 4.909.
Il P.G.R.E. in oggetto si pone i seguenti obiettivi:
- ridurre al minimo i rifiuti d’estrazione, attraverso il loro trattamento, recupero e
smaltimento, nel rispetto del principio dello sviluppo sostenibile;
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ridurre i quantitativi da mettere in deposito definitivo predisponendo un piano di
coltivazione e ripristino che applica tecniche di lavorazione volte alla riduzione degli sfridi e
modalità in cui non vengono usate sostanze inquinanti.
Per perseguire gli obiettivi sopra indicati si individuano le aree su cui si concentreranno gli
interventi:
3.)- AREA DEL CANTIERE ESTRATTIVO
L’area del cantiere estrattivo, oggetto del presente P.G.R.E., comprende tutti i terreni
coinvolti nell’attività estrattiva così come definiti dall’art. 3 comma 1 lettera h del D.L. n°
117/2008.
In tale superfice sono comprese tutte le aree
individuate negli allegati dell’atto
autorizzativo previsto dalla L.R. 78/98 e che risultano gestite da un unico operatore.
3.1.) Definizione “aree interessate”
All’interno dell’area di cantiere estrattivo sono state individuate anche “le aree
interessate” così come previsto dal Decreto Giunta Regione Tocana n° 79 del
2/01/2001 che, nel caso specifico, comprendono:
A) - area di coltivazione
L’area di coltivazione della ditta è individuata nella sommatoria dei terreni comunque
interessati sia allo scavo/ripristino che al solo ripristino:
- Superficie totale interessata mq. 59.035 (area di coltivazione inerti, aree a servizio
delle aree di cantiere, scarpate da riprofilare omogeneamente, area bassa della ex Cava)
B) - impianto di prima lavorazione
L’area dell’impianto di prima trasformazione posto in Arezzo Strada vicinale del Sorbo di
proprietà della ditta INRTI COCCI s.r.l., è escluso dall’attuale
PGRE perché, detto
impianto, è sottoposto a specifico piano (PGRE) e relative autorizzazioni provinciali ;
pertanto l’area dell’impianto non rientra nell’autorizzazione alla attività estrattiva di cui alla
lettera i) del comma 2 dell’art. 12 della LR 78/98
Tuttavia approfondiremo, in altra parte del presente Piano, tutte le problematiche legate
alle “strutture di deposito dei rifiuti d’estrazione” che sono presenti all’interno di detto
impianto.
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D) - viabilità di cantiere
La viabilità di cantiere esterna all’area complessiva di Progetto e interessata dal presente
intervento segue la strada vicinale del Sorbo per un lunghezza complessiva di ml.318 che
avendo una larghezza media di ml 5,00 occupa una superficie di circa mq. 1.590.
E) - altre cave limitrofe
all’interno del triangolo delle cave di Quarata non esistono, da oltre un decennio, cave
attive.
Pertanto il calcolo totale delle superfici interessate all’attività estrattiva in oggetto
non supera i 20 ha previsti nella Verifica di Assoggettabilità.
4.)- INDIVIDUAZIONE DEI RIFIUTI D’ESTRAZIONE
Le norme dettate dall’art. 3 comma 1 lettera d del D.L. 117/2008 definiscono i “rifiuti
d’estrazione” tutti i rifiuti derivanti da attività d’estrazione, di trattamento e di ammasso di
risorse minerali e dello sfruttamento delle cave.
Tale definizione, applicata alle specifiche caratteristiche
dell’attività estrattiva presenti
nella cava sopra individuata, comprende le seguenti tipologie di materiali:
- sterili di copertura ( cappellaccio)
- terreno vegetale
- sterili presenti nella cava
- materiale posto a discarica
- limi di frantumazione
Il primo approfondimento che è necessario effettuare consiste nella possibilità di
considerare o meno tali rifiuti d’estrazione come “rifiuti inerti”.
Infatti, la normativa vigente stabilisce che i rifiuti d’estrazione sono considerati “ rifiuti inerti”
quando soddisfano le condizioni
dell’art. 3 comma 1 lett. C) del D.L. 117/2008, tale
definizione è stata modificata dalla L. 04/06/2010 n° 96 che all’art. 20 integra il comma
sopra citato e per comodità espositiva riportiamo integralmente la definizione:
“ c)- rifiuto inerte: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o
biologica significativa.
I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o
chimiche, non sono biodegradabili, in caso di contatto con altre materie, non comportano
effetti nocivi tale da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana.
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Piano di gestione rifiuti d’estrazione
La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché
l’ecotossicità dei percolati devono essere trascurabile e, in particolare, non danneggiare la
qualità delle acque superficiali e sotterranee.
I rifiuti d’estrazione sono considerati inerti quando soddisfano, nel breve e nel lungo
termine, i criteri stabiliti all’allegato III-bis.
Inoltre, i rifiuti d’estrazione sono considerati inerti quando rientrano in una o più tipologie
elencate in una apposita lista approvata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la
Conferenza unificata”.
L’allegato III-bis stabilisce i “criteri per la caratterizzazione dei rifiuti di estrazione
inerti”.
Per il giusto approfondimento riportiamo un estratto di detto allegato.
1)- “ I rifiuti di estrazione sono considerati inerti quando soddisfano, nel breve e nel lungo
termine, i seguenti criteri:
a)-
i rifiuti non subiscono alcuna disintegrazione o dissoluzione o altri cambiamenti
significativi che potrebbero comportare effetti negativi per l’ambiente o danni alla salute
umana;
b)- i rifiuti possiedano un tenore massimo di zolfo…….”
c)- non presentano rischi di autocombustione…”
d)- il tenore dei rifiuti e segnatamente delle polveri sottili isolate dei rifiuti, di sostanze
potenzialmente nocive per l’ambiente o per la salute, in particolare ( segue elenco), è
sufficientemente basso da non comportare, nel breve
e nel lungo periodo, rischi
significativi per le persone e l’ambiente.
Per essere considerato sufficientemente basso…… il tenore di tali sostanze non deve
superare i valori limite fissati dall’allegato 5 parte IV del d.l. 152/06 per la relativa
destinazione d’uso o i livelli di fondo naturali dell’area.
e)- i rifiuti sono sostanzialmente privi di prodotti utilizzati nell’estrazione o nel processo di
lavorazione che potrebbero nuocere all’ambiente o alla salute umana.
2)- I rifiuti d’estrazione possono essere considerati inerti senza dover procedere a prove
specifiche se può essere dimostrato dall’autorità competente che i criteri i cui al punto 1
sono stati adeguatamente tenuti in considerazione e soddisfatti sulla base delle
informazioni esistenti o di piani e procedure validi.
3)- la valutazione della natura inerte dei rifiuti d’estrazione è effettuata nel quadro della
caratterizzazione dei rifiuti di cui all’art. 5 comma 3 lettera a) e si basa sulle stesse fonti
d’osservazione.”
Per stabilire se i rifiuti d’estrazione prodotti nella cava in oggetto sono da considerasi “rifiuti
inerti”, si ritiene, necessario, descrivere le “modalità di scavo e ripristino” che si intende
realizzare in tale sito estrattivo.
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5.)-MODALITA’ DI SCAVO E RIPRISTINO
Per un approfondimento e migliore comprensione del metodo di scavo e di ripristino
applicato in questo caso specifico si rimanda al DSS allegato alla presente richiesta e alla
Tav. n °8.
In questa relazione ci limitiamo a sottolineare alcuni aspetti essenziali necessarie per le
problematiche collegate al tema dei rifiuti d’estrazione prodotti in questa specifica attività
estrattiva.
In
considerazione
della
conformazione
topografica
e
delle
caratteristiche
litostratigrafiche dei terreni interessati dai lavori di scavo e ripristino, si ritiene
particolarmente efficace, anche ai fini della successiva risistemazione, l’adozione del
metodo di coltivazione per 3 trance verticali affiancate. Esso prevede l’ideale suddivisione
del giacimento in 3 settori verticali contigui, che progressivamente saranno oggetto di
risistemazione e coltivazione.
Il dimensionamento di ogni trancia avviene in funzione sia dello spessore del materiale
utilizzabile, che dello spessore della copertura sovrastante ed è ciascuna di circa 1.650
mq.
Una volta completata la fase estrattiva di una trancia si inizia la coltivazione di quella
adiacente procedendo, nel medesimo tempo, al ripristino della precedente che viene
rimodellata secondo un profilo il più vicino possibile a quello previsto dal progetto di
risistemazione ambientale. La coltivazione di ciascuna trancia avviene in tre fasi principali,
di seguito descritte:
-
FASE A
Dopo essere stata realizzata la strada di cantiere verrà aperto il fronte di cava sulla
scarpata adiacente la tranche da scavare. La strada di arroccamento alla tranche partirà
dalla quota di fondo cava di 243 m alla quota di campagna della zona estrattiva pari a
249,10 m con un salto di quota di circa 6,10 metri.
Anche le scarpate limitrofe alle tranches verranno abbassate parzialmente per motivi di
stabilità dei fronti di scavo e il terreno verrà posizionato nel fondo cava in cumuli separati in
attesa temporanea del loro ripristino. Stante le caratteristiche di detto materiale non si
prevedono semine protettive.
Il tetto del banco conglomeratico viene messo a giorno arretrando il fronte dei terreni che
ne costituiscono la copertura.
Lo scotico del terreno vegetale, da stoccare temporaneamente in aree adiacenti, nel caso
di breve durata dell’intervento (su piccole aree), anche nella forma di barriere acustiche di
altezza idonea, non prevede, anche in questo caso, la necessità di semine protettive e di
concimazioni curative e correttive per mantenerne le caratteristiche originarie.
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Il primo intervento consisterà nella scoperchiatura del banco ghiaioso e verrà eseguito per
asportazione progressiva e distinta dello strato più superficiale del terreno vegetale, dello
spessore di circa cm 40-50, del sottostante strato terroso intermedio e dello strato inerte.
Sia il terreno vegetale, che il cappellaccio, verranno separatamente conservati per il
successivo impiego durante le operazioni di ripristino.
Parte della copertura sarà accantonata sotto forma di una dorsale continua per la
realizzazione della barriera acustica o nell’area a disposizione adiacente alla barriera
acustica e ricollocata a copertura della tranche solo alla fine del riempimento con terre e
rocce di scavo provenienti dall’esterno.
Parallelamente al ripristino della copertura inizierà il rimodellamento morfologico delle
scarpate limitrofe alla tranche.
La fase dello “scoperchiamento” del banco sabbioso-ghiaioso permette la formazione di
uno splateamento alla quota di 247,60 m slm;
-
FASE B
L’orizzonte conglomeratico è coltivato con uno scavo largo circa 18-20 m, che si estende in
posizione interna parallelamente al fronte di avanzamento.
La strada di cantiere in questa fase si è abbassata di dimensione pari allo spessore del
banco di terreno vegetale scoperchiato (247,60 m) con un salto di quota di circa 4,60 m.
L’escavazione di uno spessore di ghiaia alto 6,60 m comporta il ricorso a 4 strati escavati
alti 1,5/2,00 m: questa altezza corrisponde del resto alla massima estensione del braccio
dell’escavatore, e pertanto alla massima altezza raggiungibile nel mantenimento di
condizioni operative di sicurezza per il lavoratore. L’escavatore si attesterà dapprima ad
una quota di circa 247,60 m slm: da quella quota attaccherà il fronte di scavo in
arretramento.
La quota di fondo cava è stata stabilita a 241,00 m.s.l.m. pari a 2 metri oltre la quota
massima di escursione della falda acquifera (239,00 m.s.l.m.).
-
FASE C
Al termine dalla completa coltivazione della prima tranche la strada di cantiere sarà
completamente pianeggiante (poiché il braccio dell’escavatore permette tali dimensioni di
scavo) e avrà inizio il ripristino (in arretramento) della tranche con riempimenti di terreno
provenienti dall’esterno dell’area di cava e cioè con terre e rocce di scavo (certificati)
provenienti dai cantieri edili e limi di lavorazione (certificati) provenienti dall’impianto Inerti
Cocci. Tale operazione avverrà adoperando il limo argilloso, proveniente dall’adiacente
laghetto di decantazione ormai essiccato di proprietà della ditta Cocci, miscelato con
terreno vegetali provenienti da scavi limitrofi, gestiti come previsto dalla norme riguardanti
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il trattamento delle rocce e terre da scavo, e che sono stati accumulati nella vicina area
sottostante.
Per motivi di sicurezza, gli autocarri che entreranno nell’area di coltivazione per i ripristini
saranno esclusivamente mezzi dell’azienda INERTI COCCI con personale proprio. Gli
autocarri provenienti dai cantieri edili diversi dai sopraddetti dovranno scaricare il materiale
per i ripristini SOLO nelle aree predisposte sul fondo cava dell’area assoggettata ai soli
ripristini ed esterna alla zona oggetto di coltivazione inerti.
Solo dopo il ripristino della prima tranche inizierà la scoperchiatura della seconda tranches
e di seguito la coltivazione della stessa.
La scoperchiatura della successiva tranche verrà stoccata in due cumuli separati nella
zona della prima tranche e andranno a costituire il cumolo di “terreno vegetale” (composto
da maggiori proprietà organolettiche) e il cumulo di “cappellaccio residuo”. Detti cumuli
verranno spianati in un secondo momento, il tempo necessario dovuto al costipamento
delle terre e rocce di scavo. Una volta stabilizzatosi la quota del piano di campagna
dell’area ripristinata si procede allo spandimento del cappellaccio e dello strato più
superficiale di terreno vegetale.
Questa è la successione tipica delle fasi lavorative per tranches di coltivazione.
Nel dettaglio potremmo specificare quanto segue:
-
Per la coltivazione della 2° e te3° tranche occorrerà realizzare un secondo tratto di
strada di cantiere e l’abbassamento del fronte di scarpata sul lato a nord dell’area di
coltivazione. Verrà realizzato un secondo fronte di cava e la strada di cantiere avrà le
medesime caratteristiche di quella predisposta per il primo fronte di cava.
-
Terminata l’escavazione della 2° tranche (in modalità identica alla 1° tranche) si
procederà al suo completo ripristino e la scoperchiatura della 3° tranche sarà stoccata
e successivamente spianata sopra la 2° tranche.
-
Terminata l’escavazione della 3° tranche (in modalità identica alla 1° e 2° tranche) si
procederà al suo completo ripristino e la scoperchiatura della 1° tranche che era stata
posizionata perimetralmente all’area di coltivazione sotto forma di barriera acustica
verrà successivamente spianata sopra la 3° tranche.
-
Parimenti alla volumetria di ghiaia asportata dovrà essere reintrodotta all’interno
dell’area di cantiere medesime volumetrie di terre e rocce di scavo e limi (certificati) per
i ripristini.
-
Prima di iniziare le fasi di scoperchiatura dovranno essere realizzati i fossi di guardia
perimetrali all’area di coltivazione in modo da difendere le scarpate della cava da
fenomeni di ruscellamento di acqua comunque non contaminata (poiché proveniente
da un orto) dall’alto dei fronti.
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Piano di gestione rifiuti d’estrazione
Durante la fase di coltivazione l’acqua meteorica non dovrà fuoriuscire dall’ambito
dell’area di cava e non dovrà riversarsi sulla strada di cantiere né tantomeno sull’area
bassa di cava ma con un’apposita dorsaletta in rilievo posizionata all’imboccatura del
fronte di cava dovrà essere contenuta all’interno della tranche per penetrare negli strati
sottostanti in base all’alta permeabilità del renone naturale.
-
Per le caratteristiche agricole e naturali di queste aree e per le attività lavorative che vi
si svolgono si ritiene sia nullo il contenuto “contaminante” delle acque meteoriche nel
sito di cava.
E’ vietato lo scalzamento al piede dei singoli fronti di scavo.
- QUARTA FASE
Come specificato l’intervento complessivo in tale area, prevede anche la riqualificazione
dell’area già scavata di cui si prevede solo un live rialzamento/livellamento dell’attuale
quota.
Tale rialzamento verrà realizzato con inerti provenienti da scavi limitrofi gestiti come
previsto dalla norme riguardanti il trattamento delle rocce e terre da scavo,
Per le modalità operative di tale fase si rimanda al DSS e alle Tav. n°6 e n°8.
Pertanto i rifiuti d’estrazione individuati - sterili di copertura ( cappellaccio), terreno
vegetale, sterili presenti nella cava, materiale posto a discarica - possono essere
considerati rifiuti inerti provenienti da terre non inquinate, derivanti da operazioni di
estrazione di inerti naturali che stanno in deposito per un tempo molto limitato e
che verranno completamente riutilizzati nelle attività di ripristino.
Tali materiali non necessitano di specifica caratterizzazione perché vengono
movimentati come “inerti naturali” nell’ambito dello stesso cantiere.
I
rifiuti
d’estrazione
individuati
come
“limi
di
frantumazione”
coinvolti
nell’operazione di ripristino, comportano un approfondimento delle tecniche
operative attuate all’interno degli impianti di trasformazione primaria di proprietà
della stessa ditta operatrice.
Con la presente siamo a specificare che tale impianto ha il suo P.G.R.E. e che il
Piano di Gestione dei rifiuti di cava si limita a riassumere i principi fondamentali del
P.G.R.E. allegato all’impianto di trasformazione, pertanto, il presente Piano,
analizzerà tutte le complesse fasi di tale lavorazione, specificando, fin d’ora, che tali
inerti, prima di essere impiegati in cava, saranno sottoposti a specifica
“caratterizzazione” e solo dopo potranno essere considerati anch’essi “rifiuti inerti”.
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Piano di gestione rifiuti d’estrazione
6.)- GESTIONE DEI RIFIUTI D’ESTRAZIONE DELL’IMPIANTO DELLA
DITTA INERTI COCCI.
Per una migliore comprensione di tutte le problematiche legate a detto impianto si fa
riferimento agli elaborati consegnati dalla ditta INERTI COCCI alla Provincia di Arezzo
tendenti ad ottenere l’autorizzazione provinciale alla emissione in atmosfera e ed agli
scarichi delle acque reflue.
6.1)- Struttura di deposito dei rifiuti d’estrazione
Per individuare le “strutture di deposito dei rifiuti d’estrazione”, si rende necessario
analizzare come è organizzato e lavora l’impianto di trasformazione primaria di proprietà
della ditta INERTI COCCI s.r.l., posto in Arezzo triangolo delle cave di Quarata strada
vicinale del Sorbo
Per comprendere cosa è una struttura di deposito dei rifiuti d’estrazione ci siamo
basati sulla definizione dall’art. 3 comma 1 lettera r del D.L. n° 117/2008 che definisce
le strutture di deposito dei rifiuti d’estrazione come: “qualsiasi area adibita all’accumulo o al
deposito dei rifiuti d’estrazione, allo stato solido e liquido, in soluzione o in sospensione.
Tali strutture comprendono una diga o altra struttura destinata a contenere, racchiudere,
confinare i rifiuti d’estrazione o svolgere altre funzioni per la struttura, inclusi, in particolare,
i cumuli e i bacini di decantazione… “
Sulla base di tale definizione le strutture di deposito sono state individuate all’interno
dell’impianto di trasformazione primaria, in particolare nel settore operativo definito
“chiarifica” degli inerti sottoposti a lavorazione.
Il settore operativo denominato “chiarifica” comprende anche tutte le aree dell’impianto
destinate a ”bacini di decantazione”.
I bacini di decantazione della ditta Inerti Cocci sono collocati su superfici individuate
catastalmente alle Part. 52/64/16/23/24/177/178/58 del F. 69
e sono regolarmente
autorizzate fino al completamento dei ripristini ambientali previsti nell’autorizzazione.
6.1.1.)-Procedure operative tipo presenti all’interno l’impianto
L’inerte naturale, proveniente dalla cava, viene direttamente caricato su tramogge ed
attraverso nastri trasportatori, viene sottoposto a una serie di lavorazioni tipo vagliatura,
frantumazione, lavaggio.
Questa prima lavorazione primaria viene effettuata ad “umido” utilizzando una grande
quantità di acqua; tale operazione origina una sospensione di acqua e limo che viene
convogliata verso l’impianto di chiari-flocculazione.
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Attualmente le acque utilizzate per il lavaggio degli inerti naturali di cava vengono
costantemente riusate, perché è stato realizzato un “ciclo chiuso” delle acque di
lavorazione che attinge acqua da un laghetto di presa esistente all’interno dell’impianto; in
pratica si lavora, il più possibile con la stessa acqua reintegrandola solo quando
necessario.
Si specifica che è in corso la richiesta di autorizzazione allo scarico di tutte le acque usate
all’interno dell’impianto che, modificherà, radicalmente, la raccolta, il trattamento ed il riuso
delle acque presenti all’interno della struttura produttiva.
Sinteticamente tale intervento
prevede di separare tutti i tipi di acque reflue esistenti
all’interno dell’impianto ( di lavorazione, di lavaggio ruote, piovane di Prima Pioggia, ecc) di
raccoglierle, trattarle e, per quanto possibile, di riusarle all’interno dell’impianto stesso.
6.1. 2.)-Impianto di chiarifica
Il reparto “chiarifica” ha il compito di separare l’acqua proveniente dalla lavorazione dalle
particelle limose presenti nell’inerte naturale.
Tali materiali inerti (limi) sono estremamente mutevoli sia per quantità che per qualità e
dipendono, fondamentalmente, dalle “caratteristiche naturali del materiale estratto”;
generalmente il limo è composto da particelle molto fini e con una presenza di parti
argillose molto consistente.
L’impianto di chiarifica esiste in tutti gli impianti di trasformazione, ma si differenzia gli uni
dagli altri sia per la quantità di materiale lavorato giornalmente, sia per tecnologie
applicate; in particolare sono significative le differenze nella metodologia operativa
riguardante la seconda fase della chiarifica.
L’impianto di chiarifica in oggetto è suddiviso in due parti: la prima prevede, che le torbide
limose provenienti dal lavaggio degli inerti vengano convogliate verso un chiari-flocculatore
a sezione cilindrica posto vicino alla lavorazione primaria.
Per rendere più rapido tale processo
di separazione delle torbide vengono usati dei
“flocculanti” che velocizzano il deposito dei limi sul fondo del chiarificatore.
Il flocculante usato è un “flocculante anionico” a base di Poliacrilammide (DRYFLOC 954)
prodotto dalla SNF Italia.
Nelle verifiche effettuate, dai tecnici ARPAT, è stato sottolineato che il “monomero
acrilammide è una sostanza classificata come pericolosa con frasi di rischio R45,
R46 ( 2° per lo IARC- probabile cancerogeno)”, pertanto per le quantità utilizzate e per il
livello di concentrazione del monomero acrillammide, l’ARPAT segnalò, a suo tempo, che
l’uso di tali materiali “ non consentono di escludere la possibilità che l’uso di detto
additivo possa determinare una contaminazione delle acque”.
A seguito della segnalazione di tale rischio, sia pure potenziale, immediatamente sono
state realizzate sia direttamente dall’ARPAT che dagli stessi operatori, tutta una serie di
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Piano di gestione rifiuti d’estrazione
analisi sia delle acque di lavorazione, dei laghetti di presa che dei limi di lavorazione ed
anche nelle acque di falda.
TUTTE le analisi per ricercare tale monomero non hanno individuato “ tracce
dosabili”.
Pur tuttavia l’operatore, applicando il principio di lavorare nella massima sicurezza
ambientale, ha immediatamente sostituito già da alcuni anni il flocculante usato con un
altro flocculante ( DRYFLOC 973 PWG) normalmente usato nell’industria alimentare ed in
particolare negli impianti di potabilizzazione dell’acqua.
Inoltre, attraverso, una più approfondita analisi delle operazioni da svolgere, sono state
radicalmente ridotte anche le quantità d’impiego di detto materiale.
Va da se che tale riduzione è molto più accurata e certa quando vengono usate regolazioni
elettroniche e non basandosi sull’esperienza pratica di addetti pur particolarmente
specializzati.
Infine si è previsto di intervenire sul laghetto di presa dell’acqua di lavorazione.
Infatti per il laghetto esistente è stato presentato un progetto per le relative autorizzazione
in cui, lo stesso, viene completamente escluso dal ciclo delle acque di lavorazione.
Per salvaguardare la falda, che tuttavia, al momento attuale, non presenta nessuna traccia
di detto materiale, si è prevista la realizzazione di specifiche aree di raccolta e trattamento
isolate artificialmente o realizzate attraverso apposite vasche in c.a., che fungeranno,
anche, da “riserva” per le varie lavorazioni impiegate nell’impianto.
Inoltre , sempre su indicazione dell’ARPAT, sono state divise le acque di lavorazione dalle
acque raccolte dai piazzali.
In pratica le acque di lavorazione formeranno un “ circuito chiuso” reimpiegando sempre le
stesse acque eventualmente reintegrate da acqua da pozzo, mentre le acque dei piazzali e
dei cumuli, una volta trattate così come è previsto anche per le Acque di Prima Pioggia
serviranno per alimentare il sistema di abbattimento delle polveri di detti piazzali e cumuli.
L’insieme degli interventi di mitigazione sopradescritti, sempre confortati dalle varie analisi
che si sono succedute in questi ultimi anni, si pensa che possano rendere NON necessario
realizzare una impermeabilizzazione “artificiale” dei laghetti di limo paventata dall’ARPAT.
Per i laghetti di limo, in qualsiasi metodo siano realizzati, non pensiamo siano necessari
interventi di impermeabilizzazione artificiale.
Primo perché, operativamente, sarebbe difficile realizzarli, secondo perché, comunque,
esiste sempre uno strato di limo (sempre particolarmente argilloso) che separa tali laghetti
dalla soggiacenza massima della falda, terzo perchè i limi una volta essiccati, vengono
sempre costantemente caratterizzati così come le acque di lavorazione.
Su questo aspetto, comunque, siamo in attesa delle prescrizioni congiunte
Arpat/Provincia/Comune/USL a cui, ovviamente, ci adegueremo.
6.1.3.)- Tecniche ispessimento dei limi
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Piano di gestione rifiuti d’estrazione
La seconda fase della “chiarifica”consiste nello spingere l’acqua, ancora mista a limo, ( il
rapporto è circa del 70% di acqua del 30% di sostanze solide) verso delle grandi vasche
naturali (laghetti di limo) poste in prossimità dell’impianto.
In tali laghetti si completa la separazione tra acqua e limo attraverso un processo di
“decantazione naturale”, in altre parole senza interventi chimici da parte dell’uomo.
Il limo si deposita sul fondo del laghetto mentre l’acqua chiara, affiorante nei laghetti, va ad
alimentare, attraverso un sistema di canalizzazioni e di pompe, il laghetto e/o deposito
d’alimentazione acque chiare posto in prossimità dell’impianto.
I vari bacini di limo, una volta riempiti, per evaporazione, si essiccano fino a raggiungere la
consistenza tale da poterli movimentare attraverso normali mezzi meccanici. Il laghetto,
una volta “svuotato”, può essere riempito con la stessa metodologia.
Il materiale ricavato ha numerose destinazioni
e può essere usato in diverse attività
lavorative legate al settore edile; a titolo di esempio possono essere trasportali in cava e
riusati nei ripristini ambientali, possono essere venduti per essere usati nell’industria della
prefabbricazione, possono essere usati nei ripristini ambientali e/o per realizzare giardini e
aree verdi, ecc.
Quella descritta è l’attuale metodologia operativa ma, fino a pochi anni fa, non essendo
presente il chiarificatore, tutto il processo di chiarifica avveniva con il “metodo naturale “
dei laghetti di decantazione dei limi, pertanto l’impianto, per poter funzionare, aveva
bisogno di superfici ancora più grandi di quelle attualmente occupate.
Tale metodo di lavoro portava con se grandissimi problemi ambientali specie nei confronti
delle aree circostanti, in particolare, se abitate; solo per ricordarne alcuni: acqua
sostanzialmente quasi ferma, perciò richiamo d’animali più o meno nocivi, ampie zone
molto pericolose sia per gli uomini che per gli animali, sviluppo eccessivo d’erbe lacustri,
ecc.
Tale metodo, inoltre, comportava un altro grave problema industriale, la “perdita” per
infiltrazione ed evaporazione di notevoli quantità d’acqua di lavorazione.
Il pregio fondamentale era che, tutta la fase del processo di decantazione e chiarificazione,
era assolutamente “naturale”.
L’abbandono, almeno in parte di tale metodologia naturale, ha comportato una
significativa riduzione dei terreni destinati a tale uso riportando molti ettari di terreni alle
originaria destinazione agricola e, pertanto, migliorando significativamente l’inserimento
ambientale di tale impianto nel contesto ambientale circostante.
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6.1.4.)- Metodo di chiarifica Impianto Inerti Cocci
La metodologia di “ chiarifica” dell’impianto idi proprietà alla ditta INERTI COCCI, prevede
che, dopo il passaggio nel chiarificatore, i limi vengono pompati in dei grandi laghetti posti
nei terreni circostanti l’impianto.
Tutto l’impianto della Inerti Cocci è dimensionato alle potenzialità operative e produttive
che tale struttura può lavorare giornalmente.
In altre parole l’impianto in oggetto può lavorare, allo stato attuale, sfruttando al massimo le
proprie potenzialità
circa 1000/1200 mc/g di inerte naturale, pertanto le superfici dei
laghetti di decantazione dei limi sono stati dimensionati a tale potenzialità, e circoscritti in
una serie di superfici decisamente molto ampie.
Tali laghetti di limo, possono essere considerati dei veri e proprio bacini di decantazione e
non sono altro che vuoti di ex cava, poste in prossimità dell’impianto, che, scavati oramai
da alcuni decenni, svolgono tale funzione.
In pratica viene applicato un sistema a rotazione, di riempimento e di svuotamento, di tali
bacini, infatti l’aree occupate vengono suddivise in sottobacini separati l’uno dall’altro da
terreno vegetale fortemente compattato.
Tale caratteristica è ben evidente nelle planimetrie, dove si può notare che tali depositi
sono letteralmente circondati da strade, camminamenti che corrono, generalmente, un
metro sopra la massima quota di riempimento del limo misto ad acqua.
Tali separatori, a nostro parere, non sono assimilabili a dighe perché, letteralmente,
circondate da altri depositi, pertanto, è
assolutamente impossibile, che tali strutture
possano “cedere” e/o creare pericoli per gli operatori che vi lavorano e per il territorio
circostante.
Tale metodologia operativa, con il tempo, sarà abbandonata o, quantomeno, ridotta ancora
in maniera sensibile.
Tra qualche tempo, anche la ditta Inerti Cocci, provvederà ad acquisire una macchina
separatrice o a centrifuga o a filtropressa che sostituirà il metodo applicato fino ad ora.
In attesa di tale innovazione tecnologica la ditta INERTI COCCI ha in programma la
chiusura dei laghetti posti dalla parte opposta della strada di cantiere, quando
evidentemente saranno completamente riempiti e posti pertanto ad una quota di circa ml.
1,00 dal piano di scorrimento della viabilità di cantiere attualmente esistente.
Tuttavia la ditta seguiterà la tecnica dei laghetti, in questa seconda parte di chiarifica,
realizzando, nell’area coperta dalla part n° 57, attualmente, anch’essa adibita a laghetto,
una serie di laghetti, ovviamente, di dimensioni più piccole, che potranno sostituire
il
reparto chiarifica anche un caso di rottura e/o di incidente.
In altre parole l’attività dell’impianto dovrà essere garantita anche in caso di momentanea
sospensione o manutenzione del reparto chiarifica con strumenti meccanici.
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La metodologia lavorativa sopra descritta applicata all’impianto di chiarifica ed al bacino di
decantazione sopra individuato, non crea pregiudizio alla salute umana, sia perché:
- saranno periodicamente caratterizzati pertanto non conterranno
rifiuti classificati come pericolosi;
- saranno settimanalmente controllati da operatori che vi
svolgeranno le normali operazioni di manutenzione e di
adeguamento sia delle condutture di limo che delle pompe di
prelievo dell’acqua chiara;
- saranno regolarmente recintati e l’accesso è vietato ai non
operatori;
- non creeranno ambienti umidi permanenti perché usati per un
periodo di tempo molto limitato;
- presenteranno acqua costantemente in movimento senza
formare ristagni ed impaludamenti;
- non vi crescerà vegetazione infestante;
- non saranno il ritrovo di animali se non di piccolissima taglia;
- non emaneranno odori di nessun genere;
- non saranno posti in prossimità di abitazioni;
- non inquineranno la falda;
- non danneggeranno il paesaggio tenuto conto che siamo
all’interno di un impianto di trasformazione materiali inerti;
- non creeranno pregiudizio permanente all’ambiente perché entro
pochi anni saranno sostanzialmente ridimensionati;
- il guasto o il cattivo funzionamento di tali bacini non potrà
causare incidente rilevanti.
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6.1.5.)-Caratterizzazione dei limi
A norma dell’allegato I del D.L. n° 117/2008 si è provveduto alla caratterizzazione dei limi
di lavorazione
La caratterizzazione dei rifiuti ( in base all’allegato I ) deve contenere i seguenti
elementi :
- descrizioni delle caratteristiche chimico e fisiche dei rifiuti da depositare a breve e lungo
termine,
con
particolare
riferimento
alla
loro
stabilità
alle
condizioni
atmosferiche/metereologiche di superficie e del tipo di minerale trattato
- classificazione dei rifiuti ai sensi della decisione 2000/532/CE con particolare riguardo
alle caratteristiche di pericolosità
- descrizione sostanze chimiche utilizzate nel trattamento e la relativa stabilità
- descrizione dl metodo di deposito
- sistema di trasporto dei rifiuti estrazione (vedi parere ARPAT)
6.1.6.)Classificazione di rifiuti
- classificare la strutture di deposito dei rifiuti secondo le previsioni dell’allegato II cioè in
base ai criteri definiti dal Dlgs 152/2006 e dalla direttiva 2000/532/CE
-che la struttura di deposito non è classificabile nella categoria A perché:
- il guasto o il cattivo funzionamento non può causare incidente rilevante ( dimostrare
perché alla luce dei fattori quali la dimensione presente e futura, l’ubicazione e l’impatto
ambientale della struttura;
- non contiene rifiuti classificati come pericolo
Il limo ricavato dalla lavorazione non è da considerarsi “rifiuto di lavorazione” perché trova,
sempre, un suo reimpiego.
Infatti, o viene trasportato in cava per completare i ripristini ambientali autorizzati, o viene
venduto per realizzare opere di giardinaggio, allettamenti e quanto altro.
Pertanto il limo è un prodotto di lavorazione che può essere considerato, al massimo, un
“sottoprodotto”.
7)- NOTA AL D.M. N° 161 DEL 10/AGOSTO 2012
Il regolamento in oggetto definisce i “ materiali da scavo” in particolare al Art 1 comma 1
lettera “b” specifica che sono da considerare materiali da scavo
-“ residui di lavorazione di materiali lapidei ( marmi, graniti, pietre, ecc) anche non
connessi alla realizzazione di un’opera e NON CONTENENTI sostanze pericolose
(quali ad esempio flocculanti con acrilammide o poliacrilammide)”
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