La fermentazione malolattica

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La fermentazione malolattica
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NUMERO 56 - Settembre - Ottobre 2007
La fermentazione malolattica: un efficace strumento per la gestione
microbiologica dell’ambiente vino.
alla fermentazione malolattica ed alle problematiche ad essa
connesse.
Ripensando, al termine di questa premessa, al concetto
”ambiente vino” considerato sotto il profilo delle attività microbiologiche appare ancora una volta essenziale impostare le
nostre azioni in un’ottica preventiva.
Gli interventi curativi sono infatti, in ogni situazione, estremamente difficoltosi, di limitatissima efficacia e dal risultato
aleatorio.
Date queste premesse, sulla scorta di considerazioni di ordine
economico, qualitativo ed igienico sanitario, diviene essenziale inserire, in una moderna prassi di cantina, un vero e proprio
piano di “gestione microbiologica” delle masse.
La crucialità dell’aspetto emerge molto bene dai dati riportati
in Tabella 1, ottenuti a seguito di test condotti da SARCO su
22 cantine in vari paesi del mondo.
Si può notare infatti come ogni singola fase del processo abCon l’obiettivo di ottenere un vino sicuro dal punto di vista bia una durata di gran lunga maggiore nel caso sia condotta
alimentare e qualitativamente valido occorre essere in grado da microrganismi indigeni, e nel caso specifico del periodo di
di gestire in maniera corretta:
latenza questo risulta essere più che doppio rispetto a quello
- la successione delle popolazioni microbiche presenti che in media si verifica utilizzando ceppi di batteri malolattici
nel mosto-vino,
selezionati.
- le rispettive fasi di latenza, la durata delle quali va Quest’ultimo aspetto è particolarmente preoccupante, se si
minimizzata adottando le strategie più opportune;
considera che, come visto nel corso degli interventi preceden- la dominanza che ogni popolazione instaura alla ti, è proprio nell’intervallo tra FA e FML che nella maggior
fine dello stesso;
parte dei casi si verifica il massimo sviluppo di microrganismi
in modo tale da ottimizzare l’attività e scandire la successio- indesiderati (es. Brettanomyces), fenomeno che pone le prene cronologica della presenza dei microrganismi utili ed im- messe per probabili alterazioni organolettiche del vino a sepedire la proliferazione di quelli potenzialmente dannosi.
guito della produzione di fenoli volatili.
Tutto ciò anche nell’ottica di limitare al massimo l’uso di Altrettanto preoccupanti sono gli aspetti legati alla produzioadditivi (come ad esempio l’anidride solforosa) che, seppur ne di ammine biogene, sui quali ci soffermeremo in maniera
al momento attuale ancora indispensabili, sono sempre me- più approfondita.
no accetti dal consumatore.
Le ammine biogene, che possono essere presenti, oltre che nel
Cercheremo allora di delineare alcune possibili metodiche di vino, in una svariata serie di alimenti tra i quali, a titolo di
azione, rivolgendo in maniera specifica la nostra attenzione esempio possiamo ricordare formaggi, pesce, birra e sidro,
derivano dalla decarbossilazione di amminoacidi ad opera di
svariati microrganismi dotati di opportuno corTab. 1: durata media delle varie fasi della fermentazione malolattica in caso redo enzimatico (decarbossilasi).
di inoculo di ceppi selezionati ed in caso di attività di batteri indigeni.
Le più note e rappresentate nei vini sono l’Istamina, la Tiramina e la Putrescina (fig. 1 – 2 – 3).
UTILIZZANDO CEPPI SELEZIONATI
FML SPONTANEA
In media l’istamina è tollerata nell’uomo fino a
livelli di 500-1000 mg/kg (valori desunti dai
DURATA MEDIA DELLA FASE DI LATENZA PRIMA DELLA FML
tenori riscontrati negli alimenti che hanno scada 9 a 14 GIORNI
30 GIORNI
tenato fenomeni di istaminasi), ma proprio
l’Istamina, in particolare, è ritenuta responsabiDURATA MEDIA DELLA FML
le dello scatenamento di reazioni allergiche e di
da 19 a 28 GIORNI
41 GIORNI
episodi di forte mal di testa.
In conseguenza di questi effetti è anche, tra le
TOTALE : FASE DI LATENZA + FML
ammine biogene, quella la cui presenza viene
maggiormente monitorata nei prodotti alimenda 28 a 42 GIORNI
71 GIORNI
Nelle sue trasformazioni a partire dall’uva, il vino è frutto
dell’attività di un sistema microbico complesso, nel quale
non entrano solo in gioco Saccharomyces cerevisiae nel
corso della fermentazione alcolica (FA) ed Ooenococcus
oeni in fermentazione malolattica (FML).
Recenti lavori, tra i quali quello di Vincent RENOUF, condotto presso la facoltà di Enologia dell’Università di Bordeaux II
hanno infatti messo in luce come l’”ambiente vino” possa a
tutti gli effetti essere considerato un ecosistema complesso
nel quale può aver luogo, in sequenza, la colonizzazione da
parte dei lieviti e dei batteri che operano le trasformazioni
biochimiche “principali” (FA e FML), ma anche, nel caso se
ne creino le condizioni, l’intervento di altri microrganismi,
per lo più responsabili di fenomeni degenerativi.
Cerchiamo, al riguardo, di approfondire alcuni aspetti pratico-applicativi.
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tari e, anche se l’OIV, al momento, ha solamente incoraggiato “la ricerca farmacologica e tossicologica sulle ammine
biogene” (ris. OIV/OENO/4/97), alcuni Paesi ed operatori
commerciali (importatori, GDO) hanno autonomamente
fissato, nel caso del vino, limiti massimi di riferimento per
questa sostanza compresi tra 2 e 10 mg/L.
Dal punto di vista organolettico, nel vino, le ammine biogene non risultano essere rilevabili, neppure in caso di contenuti elevati.
Fig. 1: Istamina.
Fig. 2: Tiramina.
Fig. 3: Putrescina.
E’ noto che diversi ceppi indigeni di Oenococcus oeni possiedono il corredo enzimatico che li rende potenziali produttori di ammine biogene, ed una specifica tecnica PCR è stata
messa a punto per individuare e monitorare le popolazioni a
rischio.
Non è però praticamente possibile, almeno fino ad oggi,
nella pratica di cantina, l’applicazione di questa tecnica quale strumento sistematico di controllo di O. oeni per scongiurare la produzione di ammine biogene nei vini.
Ammettendo anche di riuscire ad individuare in tempo utile
la presenza, in una massa di prodotto, di un ceppo potenziale produttore, i mezzi a disposizione per impedirne l’attività
in tempo utile non sono di certo di facile applicazione.
Appare quindi anche in questo caso essenziale agire preventivamente, assicurando cioè al prodotto le migliori condizioni possibili sotto il profilo microbiologico.
Al riguardo è possibile individuare, tra gli altri, quali fattori
favorenti la produzione di ammine biogene:
pH elevati
solfitazione insufficiente
carenze igieniche
ricchezza dei mosti in amminoacidi
elevati livelli di maturità delle uve
Appare inoltre avere influenza la scala dimensionale della
prova (vedi fig. 4 e 5).
E' per inciso possibile notare come quasi tutti i punti critici
sopra elencati siano anche elementi che favoriscono, più o
meno direttamente, lo sviluppo delle popolazioni lattiche
indigene.
In funzione allora di questi elementi è possibile delineare un
piano di azione preventivo ed articolato che ponga la
cantina nelle condizioni più favorevoli ad un efficace controllo del vino sotto il profilo microbiologico, e della sua
conseguente sicurezza e salubrità quale alimento.
Tecnica di vinificazione: utilizzo di microrganismi selezionati (LSA – Batteri lattici). L’uso di microrganismi dei quali
sono note caratteristiche ed attitudini, anche riguardo ai
prodotti secondari, fornisce garanzie nei confronti del reperimento nel vino di metaboliti indesiderati e potenzialmente
nocivi alla salute.
Pratica di cantina: è opportuno predisporre, mettere in
pratica e controllare costantemente l’applicazione da parte
del personale di procedure di “buona prassi enologica”, con
particolare attenzione alle fasi maggiormente critiche dal
punto di vista microbiologico (es. procedure di riattivazione/
riacclimatazione di LSA – BL).
Sorveglianza della FML, in modo da determinarne inizio
e termine: sarà così possibile intervenire sul prodotto in
maniera mirata e con la massima efficacia e tempestività,
utilizzando solamente le dosi necessarie e sufficienti di coadiuvanti e stabilizzanti (ad es. SO2) ed evitando nel contempo lo sviluppo di flora microbica indesiderata.
Igiene dei locali: gli ambienti di cantine e gli ambiti ad essa
collegati devono essere mantenuti in perfette condizioni
igieniche; le operazioni di pulitura sono devono essere quanto più possibile generali ed attuate con cadenza regolare.
Igiene delle apparecchiature: prima e dopo l’utilizzo il materiale di cantina deve essere sottoposto ad una rigorosa
pulizia, con l’utilizzo di idonei detergenti che impediscano
Figure 4 – 5: Influenza del ceppo batterico (O. oeni) indigeno/selezionato sulla produzione di ammine biogene in FML
(Piccolo volume = scala di laboratorio / Grande volume = scala reale di cantina).
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l’accumulo di sporcizia, e la conseguente proliferazione di
microrganismi. In particolare tutte le apparecchiature ed i
mezzi che vengono direttamente a contatto con il prodotto
(pompe, tubi, filtri, etc.) vanno fatti asciugare a fondo prima
di essere riposti: il ristagno di umidità è una delle condizioni
che più favoriscono lo sviluppo di muffe, batteri e lieviti.
Particolare attenzione va poi riservata all’igiene dei vasi vinari; in special modo a quelli costruiti in materiali (es. legno)
suscettibili più di altri di divenire ricettacolo, focolaio di sviluppo e fonte di contaminazione di specifici microrganismi
(es. Brettanomyces).
Coinoculazione o Coinoculo
E’ una pratica che prevede l’innesto nel mosto di LSA e,
non appena si sia avviata la FA (generalmente dopo 24
ore dall’innesto dei lieviti), di batteri lattici selezionati.
Nel momento in cui la fermentazione alcolica, giunta al
termine, rallenta, la popolazione batterica si trova già ad
un livello sufficiente per dare inizio alla FML, che si sviluppa e termina in genere con estrema rapidità.
Questo tipo di inoculo può essere praticato sia nella vinificazione tradizionale in rosso che nelle vinificazioni in
fase liquida (in rosso: termovinificazione, flash détente o
nella vinificazione in bianco). Ben si presta all’elaborazioIn particolare, per garantire l’ottimale successione di FA e ne di vini dal carattere moderno, fresco, pronti al consuFML è possibile impostare una serie di strategie mirate, mo in tempi relativamente rapidi.
come si è detto, all’ottimizzazione del decorso fermentativo Va comunque detto che la pratica della coinoculazione,
ed alla successione rapida dei processi biochimici nei quali è nonostante i molti aspetti interessanti, rimane una operazione abbastanza delicata, da gestire con cura ed estrema
coinvolto il prodotto.
Se l’uso di LSA in fermentazione alcolica è ad oggi prassi attenzione.
abbastanza diffusa e consolidata, maggiore è il cammino Va innanzitutto curata la solfitazione delle uve, ne deve
ancora da percorrere sulla strada del controllo della durata essere poi preventivamente verificato il loro stato microdel periodo tra la fine della fermentazione alcolica e l’inizio biologico (è consigliato un controllo in epifluoresecenza);
della fermentazione malolattica ed una razionale gestione va appurato che i parametri chimici del mosto, (in particolare pH elevato) non siano a rischio di favorire anomadella fermentazione malolattica stessa.
Al riguardo possono essere proposte, relativamente al mo- lie nella dinamica fermentativa del batteri lattici.
mento ed alla metodologia di inoculo dei batteri lattici, di- Vanno poi, nella medesima ottica, assicurate le migliori
condizioni, in termini di APA, disponibilità di nutrienti e
verse opzioni: vediamole in breve.
temperatura, per un pronto inizio ed un rapido e regolare
In relazione al MOMENTO dell’inoculo può essere presa in decorso della fermentazione alcolica: in effetti quando la
popolazione dei lieviti colonizza rapidamente l’ambiente
considerazione:
mosto il metabolismo eterofermentativo degli zuccheri
la coinoculazione (coinoculo);
da parte dei BL non è favorito, e non si determinano aul’inoculo sequenziale.
menti indesiderati di acidità volatile.
Inoltre devono essere scelti con accuratezza i ceppi di LSA
In relazione alla METODOLOGIA può essere possibile:
e BL, che devono essere compatibili e non ostacolarsi a
l’inoculo standard;
vicenda.
l’inoculo diretto;
I rischi che si possano determinare le condizioni per la
l’inoculo “Pre-Ac”.
formazione dello “spunto lattico” crescono però in maniera considerevole qualora pH elevati o incertezze nella
Fig. 6: operazioni relative alla pratica del coinoculo su Caber- cinetica dei lieviti pongano i batteri nelle condizioni favonet Sauvignon rosso 2006 (St. Emilion) e conseguenti dinami- revoli al loro metabolismo eterofermentativo.
che fermentative.
In fig. 6 è riportato l’esempio delle operazioni relative alla
pratica del coinoculo su
Cabernet Sauvignon rosso 2006 nella zona di St.
Emilion, e le relative dinamiche
fermentative
che si sono determinate.
Inoculo sequenziale
Consiste nell'inoculare il
vino, dopo la fine della
FA, con una popolazione
di batteri lattici selezionati. Secondo l’esperienza, da più parti comprovata, si ottengono migliori risultati quanto più il
momento di inoculo è
prossimo, o addirittura si
sovrappone in parte, alla
fine della FA. Anche questa tipologia d’inoculo
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l’inoculo tradizionale è una metodica oggi poco seguita soprattutto in Italia, in quanto ritenuta poco pratica ed eccessivamente onerosa dal punto di vista operativo, è pur sempre
vero che essa offre le massime garanzie di adattamento e
buon impianto dei batteri anche nelle situazioni più difficili.
In figura 8 è riportata la procedura di riattivazione ed inoculo
per un ceppo standard proposto da Laffort (Lactoenos® B16).
Al contrario l’inoculo diretto (Lactoenos® SB3 nella gamma
Laffort) pur offrendo garanzie leggermente minori relativa-
Fig. 7: i principali fattori che possono influire sull’inizio e sul
decorso della FML.
può trovare applicazione qualunque sia il metodo di vinificazione scelto.
Sicuramente l’inoculo sequenziale pone minori problemi rispetto alla pratica del coinoculo, adattandosi sicuramente ad
una più variegata serie di situazioni enologiche.
Da un punto di vista più generale è qui il caso di ricordare –
sintetizzati in figura 7 – quali siano i principali fattori che
possono influire sull’inizio e sul decorso della FML.
La valutazione della METODOLOGIA DI INOCULO da adottare va infatti effettuata in funzione della prevedibile difficoltà che i batteri avranno ad adattarsi al mezzo: anche se
Fig. 9: procedura di acclimatazione specifica per Lactoenos®
450 PreAc®
Sopravvivenza (%)
mente all’impiantazione dei batteri in caso di situazioni
estremamente difficoltose, risulta essere il più largamente
utilizzato in virtù della sua praticità, della velocità operativa e dei buone percentuali di successo ottenute nella media delle applicazioni.
Nell’ottica di coniugare efficacia d’impiantazione e facilità
d’uso Laffort ha recentemente introdotto la formulazione
Lactoenos® 450 PreAc®, contraddistinta da un particolare
ed esclusivo ceppo di batteri (450), che si distingue per
vigoria e rapidità di azione, unito ad una specifica preparazione che ne esalta la capacità di impianto e ne ottimizza
le prestazioni nelle situazioni più critiche.
Il Lactoenos® 450 PreAc® si distingue quindi per la particolare procedura di acclimatazione che prevede (come
schematizzato in figura 9) una semplice sosta di 24 ore in
una soluzione composta per il 50% da acqua e per il 50%
dal vino che dovrà essere inoculato, con l’aggiunta di uno
specifico riattivatore (Energizer®), alla medesima temperatura (in un intorno ottimale di 20°C) che ha in vasca il
Fig. 8: procedura di riattivazione ed inoculo per un ceppo standard prodotto. Al termine delle 24 ore si procede all’inoculo e
(Lactoenos® B16)
si mantiene costante la temperatura in vasca fino al termine della FML.
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Batteri malolattici: temperature di conservazione e di trasporto.
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Uno dei fattori più critici nella gestione degli inoculi malolattici è la temperatura di stoccaggio e soprattutto
quella di trasporto: in questa fase non è sempre facile
infatti garantire un rigoroso e continuo rispetto della
catena del freddo.
Da prove effettuate presso il laboratorio SARCO
(Bordeaux) è risultato come non emergano differenze
significative di popolazione vitale tra confezioni di batteri
malolattici conservate in maniera continuativa alle temperature ottimali (-20°C / +4°C) e quelle sottoposte ad
una esposizione a +20°C per un periodo cumulato di 7
giorni. Una spedizione con corriere espresso, anche a
temperatura ambiente, può essere quindi sufficiente
a garantire l'ottimale conservazione dei batteri.
80
-20 °
4°
20 °
30 °
60
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