Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani
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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Ufficio stampa Rassegna stampa 17 luglio 2008 Responsabile : Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected]) 1 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA SOMMARIO Pag. 3 Pag. 4 Pag. 6 Pag. 8 AVVOCATI: Ipoteche, gli avvocati chiedono di autenticare la firma (italia oggi) AVVOCATI: Portabilità, utilizzare gli avvocati gratuitamente (la padania) PROFESSIONISTI: Professionisti, stop ai conti dedicati (italia oggi) RIFORME GIUSTIZIA: Il premier: la priorità è la giustizia. No della Lega (il corriere della sera) Pag. 9 RIFORME GIUSTIZIA: Cossiga, Gargani, Vaccarella Silvio si sceglie tre «saggi» (il corriere della sera) Pag.10 CONVEGNI: Un giudice giudichi la giustizia (italia oggi) Pag.11 PROCESSI: Processi somma rizzati - di Laura Pernigo - Responsabile della commissione per il processo civile Anf (italia oggi) Pag.12 FORMAZIONE FORENSE: Specializzazioni col bollino (italia oggi) Pag.13 PREVIDENZA FORENSE: La riforma pensionistica al "via", per chi parte adesso il traguardo è lontano - di Paolo Rosa - Avvocato, Presidente della Cassa Forense (diritto e giustizia) Pag.15 STUDIO LEGALE: Le regole organizzative precedono la certificazione di studio di Giovanna Stumpo (italia oggi) Pag.16 SICUREZZA: Legalità : unica via per la sicurezza - di Antonfredi De Simone, responsabile macroarea penale dell'Anf (mondo professionisti) Pag.18 PRIVACY: Nella giustizia privacy a picco (italia oggi) Pag.19 CLASS ACTION: Class action, parte la riforma (il sole 24 ore) Pag.20 GIUDICI DI PACE: Regole chiare per i giudici di pace - di Francesco Cersosimo Presidente Associazione Nazionale Gudici di Pace (italia oggi) Pag.22 CASSAZIONE: Processo lungo, risarcimento ko (italia oggi) Pag.23 EUROPA: Norme Ue, l'Italia lascia la coda (italia oggi) Pag.24 CARCERI: Più detenuti, meno penitenziari (italia oggi) 2 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI La proposta dell'Oua al governo Ipoteche, gli avvocati chiedono di autenticare la firma Avvocati in pressing sulle ipoteche. È stato infatti presentato da alcuni parlamentari di maggioranza e opposizione il pacchetto di emendamenti proposto dall'Organismo unitario dell'avvocatura (Oua) al disegno di legge collegato alla manovra, con cui si chiede che si estenda agli avvocati la possibilità di autenticare le sottoscrizioni, anche nelle cessioni immobiliari, l'autentica delle firme nelle surroghe delle ipoteche, l'abilitazione all'invio telematico degli atti di cessione di quote di srl. La categoria sarebbe anche disposta a rinunciare inizialmente all'onorario per l'autentica della firma. A questo punto, la prossima mossa dell'Oua sarà incontrare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato già la prossima settimana per ottenere il suo via libera all'iniziativa. E se il governo dovesse porre la fiducia alla manovra senza l'inserimento del pacchetto di emendamenti dell'Oua la strategia sarebbe quella di «spostarlo nel ddl collegato alla Finanziaria, in discussione a settembre». Intanto, la proposta degli avvocati ha già riscosso un grande successo, tra gli addetti ai lavori e non: numerose sono state le delibere di appoggio degli Ordini e le manifestazioni di sostegno inviate da avvocati di tutta Italia. Ma l'Oua ha riscontrato anche il consenso delle associazioni dei consumatori e «un'attenzione positiva» da parte del responsabile della direzione industria e servizi dell'Authority, Giuseppe Galasso, che è intervenuto l'altro ieri al convegno «Liberalizzare per tornare a crescere», organizzato dal network Glocus (Innovare per competere), guidato da uno dei parlamentari firmatari del pacchetto, Linda Lanzillotta (Partito democratico), e dagli Avvocati per le riforme. Al dibattito sono anche intervenuti Maurizio Lupi (Pdl), Giacomo Vaciago (ordinario di politica economica presso l'università Cattolica di Milano), Michelina Grillo e Paolo Giuggioli (presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano). «La sfida degli avvocati per la concorrenza e il risparmio dei cittadini trova il consenso di parlamentari di maggioranza e opposizione e l'attenzione delle Authority competenti», ha dichiarato la presidente dell'Oua, Michelina Grillo, «purtroppo, vista la mole di emendamenti presentati al disegno di legge collegato alla Finanziaria, si corre il serio rischio che il governo ponga la fiducia e che con essa venga vanificato e travolto il pacchetto di proposte presentato dagli avvocati. Si tratta di misure per lo stato a costo zero, che possono però rappresentare un sensibile risparmio di spesa per i cittadini. Non si comprenderebbe come una misura di tal genere nell'interesse della collettività possa essere sacrificata dalla battaglia parlamentare», ha continuato Grillo, «soprattutto vista la grave contingenza dell'aumento dei tassi e della necessità di agevolare al massimo per le famiglie italiane la portabilità dei mutui. Chiediamo al governo di accogliere e di fare propri i nostri emendamenti, per il bene dei cittadini». L'Oua ha anche rilanciato la proposta di rinunciare all'onorario sull'autentica delle firme per le surroghe delle ipoteche. «L'avvocato è come sempre al fianco dei cittadini», ha concluso Grillo, «siamo disposti a rinunciare all'onorario, chiedendo solo un rimborso spese, per autenticare le firme per le surroghe delle ipoteche per favorire la portabilità del mutuo, venendo così incontro alle famiglie che si trovano in difficoltà. In questo modo gli avvocati vogliono dare il loro contributo alla risoluzione di alcuni problemi come i costi tuttora elevati della portabilità dei mutui». Gabriele Ventura 3 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA LA PADANIA Emergenza casa, emendamento della Lega Portabilità, utilizzare gli avvocati gratuitamente La crisi economica internazionale innescata, contestualmente, dal vorticoso crescere dei prezzi energetici e dal “black hole” causato dai subprirne americani, si sta dipanando pian piano anche in Italia. Nel nostro Paese, il problema non sono i crack finanziari delle banche, bensì quelli delle famiglie. 121- sono 5 milioni di nuclei familiari che hanno contratto il mutuo per la prima casa o di liquidità. Si stanno effettuando migliaia di esecuzioni immobiliari con grandi gruppi bancari tra i più esposti. Ma per le famiglie è un disastro: le banche nell’ultimo biennio hanno finanziato, mediante perizie false e contratti preliminari fasulli perché attestano un valore degli immobili più alto di quello reale. In pratica una famiglia deve vendere la casa che doveva- costituire una sicurezza per il futuro dei suoi componenti perché non ce la fa più a pagare il mutuo. Migliaia di persone che non riuscendo a rinegoziare i mutui stanno vendendo i beni ad un valore inferiore a quello del mutuo che gli è stato concesso e sono costretti a garantirsi con un prestito personale, che resta sempre molto oneroso, I dati dell’ultima relazione della Banca d’Italia parlano chiaro: sono 320 mila famiglie in cui le rate al credito al consumo pesano per un terzo dello stipendio mensile. E per 93 mila superano il 50% del proprio stipendio. Ci sono quindi 530 mila famiglie in difficoltà per il pagamento delle rate. Tutto questo si assomma alla esosità del costo davanti al notaio. La commissione europea, nella relazione sulla concorrenza nei servizi professionali del 2008, ha analizzato le limitazioni che caratterizzano i servizi offerti dai professionisti negli Stati membri. In questa relazione è stato segnalato uno studio dell’Università di Brema in cui emerge come in Italia la relazione dei servizi sia maggiormente restrittiva. In particolar modo i prezzi dei servizi notarili necessari al trasferimento delle proprietà immobiliari sono vistosamente più elevati, cui non ha fatto riscontro un più elevato livello nella qualità delle prestazioni offerte. Siamo al decimo posto su Paesi esaminati, in termini di qualità del servizio. Alcune esclusive riserve di attività professionali costituiscono grave ostacolo al funzionamento dei mercati e si traducono solo in una protezione delle categorie professionali con danno per i consumatori e del mercato. A questo scopo deve essere presa in considerazione la necessità di prevedere un riesame delle riserve previste dalla Legislazione vigente verificandone la loro obiettiva giustificazione. A tal fine è necessaria la possibilità di ampliare il novero dei professionisti abilitati facendo riferimento a quelli dotati di competenze analoghe, che non sono solo i notai ma che possono essere benissimo anche gli avvocati. L’ordine professionale dei notai, infatti, è stato citato nello studio della università di Brema per l’eccessivo corporativismo: beneficiando di un regime di monopolio, utilizza le tariffe professionali più alte dei Paesi Cee. Queste risultano aumentate fino ad un massimo del 150 %. Di recente la Corte d’Appello di Bolzano ha autorizzato i cittadini italiani a rivolgersi anche a notai austriaci per l’autentica delle scritture private utilizzate nei trasferimenti immobiliari della provincia. Nel Tirolo, ad esempio, esiste la figura del “Legalisator”. un soggetto nominato dal presidente della Corte d’Appello che ha la funzione di autenticare le scritture private dei contratti immobiliari. 11 costo per un passaggio di proprietà del valore superiore a 35 mila euro ammonta attualmente a 30 euro oltre la marca da bollo. ll problema è che se poi vieni in Italia a depositare ratto fatto in Austria, il notaio “nostrano” chiede 250 euro. In Italia; solo sui valore dell’ipoteca il notaio chiede almeno 2 mila euro, In Italia ci sono 4.500 notai per 60 milioni di cittadini a fronte di 210.000 avvocati. Da qui la necessità, per la Lega Nord di porre un freno a questa emorragia di denaro che sta colpendo le famiglie, presentando un emendamento che dà la possibilità di usufruire gratuitamente degli avvocati per stipulare l’atto riguardante la portabilità del mutuo. 4 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA VECCHIO EMENDAMENTO SU PORTABILITÀ DEL MUTUO: Nell’ipotesi di surrogazione ai sensi del comma 1, il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato. L’annotamento di surrogazione può essere richiesto al conservatore senza formalità, allegando copia autentica dell’atto di surrogazione stipulato per atto pubblico o scrittura privata. NUOVO EMENDAMENTO SU PORTABILITA’ DEL MUTUO: Nell’ipotesi di surrogazione ai sensi del comma 1, il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato. L’annotamento dì surrogazione può essere richiesto al conservatore senza formalità, allegando »copia semplice di atto di surrogazione autenticato gratuitamente nelle sottoscrizioni da un avvocato ., o allegando copia autentica dell’atto di surrogazione stipulato per atto pubblico o scrittura privata”. Piergiorgio Stiffoni (ha collaborato l’avv. Agostino D’Antuoni) 5 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Il decreto 112 del 2008 svincola i lavoratori autonomi da una serie di adempimenti burocratici Professionisti, stop ai conti dedicati Va in soffitta il divieto di riscuotere compensi in contante Professionisti italiani di nuovo liberi. Grazie agli interventi operati con il dl 112/08 l'esercizio dell'attività professionale è stato svincolato da una serie di obblighi strumentali che di fatto ne compromettevano l'esercizio stesso. Il riferimento naturalmente è all'abrogazione delle norme contenute nei commi 12 e 12-bis dell'articolo 35 del famoso dl 223/2006 (cosiddetta Visco-Bersani) che avevano introdotto l'obbligo per i professionisti della tenuta di uno o più conti correnti «dedicati» nel quale dovevano transitare tutte le movimentazioni finanziarie inerenti l'attività di lavoro autonomo e il divieto di riscuotere compensi in denaro contante. Obbligo quest'ultimo mitigato da un regime transitorio di entrata in vigore della norma che dal 1° luglio 2008 avrebbe fatto scattare la soglia di ammissibilità ad euro 500 per poi scendere, definitivamente, a 100 euro dal 1° luglio 2009. Le norme sopra descritte oltre che imitatrici all'esercizio dell'attività di lavoro autonomo avevano anche un contenuto discriminatorio nei confronti degli esercenti attività di lavoro autonomo. Seppur finalizzate a una causa condivisibile, quale la lotta all'evasione fiscale, era veramente difficile comprendere il motivo che obbligava un professionista all'istituzione di un conto corrente dedicato e gli vietava l'incasso di somme per contanti mentre tutto ciò non valeva, ad esempio, per un artigiano o un agente di commercio. Il ritorno alla normalità operato dal dl 112/08 apre comunque alcuni spazi di riflessione sull'eredità lasciata nel periodo di vigenza delle norme sopra descritte nonché sui nuovi scenari che si aprono nella gestione amministrativa e fiscale delle attività professionali. Difficile pensare che il lavoratore autonomo che in ossequio alle disposizioni contenute nel dl 223/06 ha istituito uno o più conti correnti dedicati all'esercizio della propria attività professionale decida adesso di chiudere tali rapporti a seguito del mutato scenario normativo. Evitare commistioni fra la gestione dell'attività di lavoro autonomo e le movimentazioni finanziarie derivanti da altre attività e soprattutto dalla sfera privata, può comunque costituire un valido schermo contro l'ipotesi, tutt'altro che remota, di accertamenti fiscali basati sul controllo delle movimentazioni finanziarie e sul cosiddetto redditometro. Certo d'ora in poi non vi sarà più la necessità di rendicontare ogni e qualsiasi movimento in entrata o in uscita dal conto corrente dedicato tralasciando di dover giustificare, anche a se stesso, i prelievi necessari al sostentamento proprio e della propria famiglia. Tuttavia, una sorta di prima nota delle movimentazioni bancarie continua a svolgere un ruolo importante in un'ottica di prevenzione da rischio accertamento fiscale. Anche l'abolizione del divieto di riscossione dei compensi per contante costituisce, di fatto, un ritorno alla normalità. Grazie alle norme transitorie il divieto aveva esplicato effetti solo per importi superiori ai mille euro e pertanto l'impatto non si era ancora fatto sentire in tutte le sue proporzioni. Già l'abbassamento della soglia a 500 euro che sarebbe scattata dal 1° luglio scorso avrebbe messo in difficoltà più di un lavoratore autonomo. Il clou lo si sarebbe raggiunto fra un anno quando la soglia si sarebbe abbassata a 100 euro creando difficoltà generalizzate per tutti i lavoratori economici. Molti ipotizzavano la necessità di dover installare presso il proprio studio professionale o ambulatorio medico, un dispositivo p.o.s. per consentire ai propri clienti di effettuare pagamenti tracciabili tramite bancomat o carte di credito. Operazione quest'ultima che, come del resto l'apertura di uno o più conti correnti dedicati, finiva per creare opportunità e vantaggi unicamente al sistema bancario. Del recente passato legislativo in tema di lavoro autonomo è sopravvissuto però l'obbligo della cosiddetta 6 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA riscossione accentrata all'interno delle strutture mediche e paramediche. Anche quest'obbligo è frutto di una logica di trattamento del tutto particolare riservata al lavoro autonomo rispetto alle altre attività economiche che però, almeno per adesso, il legislatore ha ritenuto di mantenere in vigore. Sembrerebbe invece naturale sopprimere anche tale obbligo la cui sopravvivenza finisce per creare un'ulteriore e ingiustificato trattamento per i medici che operano all'interno di strutture sanitarie private rispetto sia alla generalità degli altri esercenti attività di lavoro autonomo sia nei confronti dei colleghi medici che esercitano all'esterno di dette strutture. Oggi quindi, ad eccezione dei professionisti operanti nelle strutture sanitarie private, i liberi professionisti italiani dovranno gestire le proprie movimentazioni finanziarie così come tutti gli altri soggetti economici. Il buon senso e la necessità di dover comunque giustificare le movimentazioni in entrata e uscita dai propri conti correnti nell'ipotesi di una verifica fiscale approfondita consiglieranno loro di operare lasciando aperta la possibilità, anche documentale, di tracciare ogni movimento non perché obbligati da una norma ma perché ciò è imposto dal comune buon senso. La possibilità di poter comunque riscuotere somme per contanti dovrà poi essere gestita, come in genere è sempre stato, con la dovuta cautela, onde evitare le ovvie difficoltà nel dover dimostrare, a posteriori, la provenienza dei relativi versamenti sul conto corrente specie nelle ipotesi di riscossioni per contanti e frazionate nel tempo. Quanto infine all'obbligo di riscossione accentrata nelle strutture mediche e paramediche non resta che augurarsi che i mutati orientamenti del legislatore finiscano per ritenere inutile e superato anche tale obbligo sancendone la definitiva abrogazione e il ripristino delle condizioni operative normali e comuni a tutte le attività economiche siano esse professionali che d'impresa. Andrea Bongi 7 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL CORRIERE DELLA SERA Il premier: la priorità è la giustizia. No della Lega Berlusconi: torni l’immunità parlamentare. Testo sulle intercettazioni, il Pdl vuole votare prima delle ferie Il ministro Calderoli: il 2008 già troppo pieno, prima va approvato il federalismo fiscale. I timori del Csm ROMA — «Sulla giustizia non farò passi indietro». Siivio Beriusconi conferma davanti alla pattuglia di parlamentari europei che incontra a pranzo in un albergo del centro che quella è appunto «priorità nazionale che andrà in agenda già a settembre». Ma la Lega Nord con Roberto Calderoli cerca di imporre una frenata ai propositi del Cavaliere sostenendo che «il 2008 è già abbastanza pieno visto che c’è da approvare il federalismo fiscale, il codice delle autonomie e poi la riforma costituzionale». Nella maggioranza, insomma, si profila un braccio di ferro su chi debba scrivere le priorità dell’agenda di governo. L’insistenza di Berlusconi. nell’andare avanti, secondo i suoi più stretti collaboratori, è un modo per riaffermate che spetta a lui, in quanto leader della coalizione e capo del governo, decidere. Ecco perché esponenti del Pdl non escludono che nei prossimi giorni, prima cioè della pausa per le ferie estive, si proceda a fare approvare in Parlamento il disegno di legge sulle intercettazioni, adottando la stessa rapidità con cui è stato varato il «Lodo Alfano». ii provvedimento sul quale il premier sta riflettendo non sarebbe quello rivisto, su pressioni della Lega Nord, che autorizza l’utilizzo di questo strumento anche per i reati contro la pubblica amministrazione. La sua idea sarebbe quella di ripristinare la stesura originaria, che appunto escludeva le intercettazioni per quel tipo di reati, una scelta questa motivata dalla circostanza che una soluzione del genere si potrebbe prestare ad abusi da parte di pubblici ministeri. L’insistenza di Berlusconi di rimarcare che è lui a decidere, aggiungono alcuni suoi collaboratori, nasce anche dalla preoccupazione che pezzi della maggioranza possano, in nome del dialogo sulle riforme, saldarsi con altrettanti pezzi dell’opposizione, come è avvenuto nel corso del convegno di Italiani europei. Ecco perché Berlusconi rimarca i capisaldi di «una riforma dalle fondamenta» sulla quale si comincerà a discutere già a settembre. Non solo. Il Cavaliere riscopre la bozza presentata dal centro- destra nel 2001, con il sottinteso che quel testo era allora sostenuto anche dalla Lega Nord mentre oggi invece appare poco convinta. Berlusconi li elenca, e tra questi cita il ritorno dell’immunità parlamentare, la priorità nell’esercizio dell’azione penale con regole e criteri precisi, la separazione delle carriere, la riforma dél Csm e della sezione disciplinare. Idee che preoccupano il Csm il quale vede in ciò «minaccia all’indipendenza della magistratura» e Antonio Di Pietro, secondo il quale «questo era il progetto della P2, un progetto criminogeno». In ogni caso, Berlusconi non arretra. «Sono più determinato che mai», dice ai suoi, aggiungendo che un «comitato di saggi rappresentativi dell’area liberale e, soprattutto, non giustizialisti» darà una mano al Guardasigilli in questo delicato lavoro. E indica anche alcuni nomi che potrebbero fare parte del gruppo (quattro-cinque persone al massimo): il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, l’ex giudice della Corte costituzionale dimessosi in polemica con il governo Prodi, Romano Vaccarella, il giurista e parlamentare di Forza Italia, Giuseppe. Gargani. Il momento nel quale Berlusconi rilancia la riforma della giustizia — lo stesso giorno del via libera della Camera al decreto sicurezza — non è per nulla casuale. E neppure l’enfasi che vi pone quando ricorda ai suoi «che il problema di questo Paese è la giustizia che influisce nella vita di tutti i giorni di ogni cittadino e va anche dritto dritto al cuore dell’economia». La giustizia, insiste il Cavaliere, «viene usata per condizionare l’economia e la politica. E proprio per questo motivo non mi fermerò mai, questa volta non mi fermerà nessuno». Parole dure le sue, parole che giungono dopo le puntualizzazioni di Calderoli, il quale appunto nega che la giustizia sia tra le priorità. «Sulle riforme — nota il ministro leghista — abbiamo una tabella temporale e in questa tabella la riforma della giustizia non compare». Tuttavia, precisa il responsabile alla Semplificazione legislativa, «ciò non vuole dire che la riforma non si farà, ma che si farà dopo». Prima, dice Calderoli, c’è il federalismo fiscale il cui disegno di legge è già pronto e verrà presentato alla conferenza Stato-Regioni. Insomma, dietro la brusca frenata di Calderoli si indovina la preoccupazione della Lega, che teme di vedere rinviati alle calende greche sia il federalismo fiscale sia la riforma costituzionale. Lorenzo Fuccaro 8 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL CORRIERE DELLA SERA La riforma/ Il compito: aiutare il Guardasigilli Cossiga, Gargani, Vaccarella Silvio si sceglie tre «saggi» ROMA — Francesco Cossiga, Romano Vaccarella, Giuseppe Gargani. A loro tre, magari con l’aggiunta di qualche altro professore di diritto, titolato e di area 1iberale, pensa Silvio Berlusconi quando annuncia che un comitato di saggi dovrà aiutare il Guardasigilli a stendere la riforma della giustizia. Una riforma, assicura il capo del governo, che dovrà essere radicale, andare cioè alle fondamenta. A parte Gargani, che è parlamentare europeo e in questa veste partecipa all’incontro con Berlusconi in un albergo del centro, gli altri due sono all’oscuro, ignorano cioè di essere inseriti tra i candidati a dare una mano al ministro della Giustizia. «Non so nulla. Apprendo da lei la notizia. Non ho nulla da aggiungere», dice il professor Romano Vaccarella. Già giudice costituzionale dimessosi in polemica con il governo Prodi che avrebbe influenzato le decisioni dell’alta Corte sui referendum elettorali, Vaccarella è considerato un giurista vicino al centrodestra che appunto lo indicò per la Consulta. Non altrettanto può dirsi del senatore a vita, Francesco Cossiga, un battitore libero che in passato ha condotto aspre battaglia contro il giustizialismo e le interferenze dei magistrati. Basti pensare che da presidente della Repubblica minacciò di inviare i carabinieri nella sede del Csm per impedire una riunione il cui ordine del giorno non era stato da lui espressamente approvato in quanto presidente del Csm. «Ringrazio Berlusconi di avere pensato a me— dice —. Accetto di buon grado, perché l’idea di riformare la giustizia mi pare una cosa saggia», commenta il presidente emerito della Repubblica. Cossiga non intende anticipare argomenti e questioni sulle quali a suo giudizio si deve intervenire. Si limita a fare alcune considerazioni di natura politica. «L’idea del comitato è apprezzabile perché offre un tavolo di trattative che consente di stabilire rapporti coni non giustizialisti del Partito democratico, che esistono e che hanno in Massimo D’Alema il loro campione». Più loquace Giuseppe Gargani che, con tutta probabilità, avrà il compito dì coordinare il comitato. Lui ha ben chiaro dove si devono mettere le mani per riformare la giustizia. «Occorre tornare a quella parte del programma con cui vincemmo nel 2001». Entrando nei dettagli, Gargani osserva che i punti rilevanti sono cinque: «La separazione delle carriere tra pm e giudici, il ripristino dell’immunità parlamentare e quindi una diversa disciplina delle autorizzazioni a procedere, una revisione del Csm che introduca la parità tra membri togati e “laici”, cosa questa che a parola trova favorevole anche Luciano Violati- te, e per quanto riguarda l’azione penale vanno indicate le priorità bisogna cioè dare degli indirizzi, dei criteri ai quali i magistrati devo attenersi e non più affidarsi alla loro discrezionalità». L. Fu. 9 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Tavola rotonda organizzata dall'Unione delle camere penali apre il cantiere delle riforme Un giudice giudichi la giustizia Alta corte disciplinare di giuristi per magistrati e avvocati Un benchmarking dell'obbligatorietà dell'azione penale, due Csm separati e con prevalenza di non togati e un'Alta corte disciplinare di giuristi a giudicare magistrati e avvocati: l'Unione camere penali apre ufficialmente il cantiere delle riforme e Alfano risponde all'invito annunciando l'apertura dell'agenda Giustizia in autunno. Il ministro parla dell'attuale legislatura come della «candidata legittima a una riforma organica della giustizia: se non sarà capace di produrla, nessuno darà le attenuanti a questo governo». Nella giornata in cui la camera vota la fiducia al decreto sicurezza del governo con 322 sì, 267 no e 8 astenuti, al residence Ripetta, Dominioni tira le fila di una tavola rotonda organizzata dall'Unione camere penali sulle riforme inprorogabili della giustizia. Da notare la massima presenza degli esponenti di maggioranza del parlamento e del governo nonostante la sovrapposizione temporale con il voto alla camera. A dibattito appena iniziato arriva Alfano e poco dopo, passo sicuro e codice alla mano, anche Niccolo Ghedini. Non si alzeranno più per buona parte della tavola rotonda. Tra i relatori, anche Luca Palamara, presidente dell'Anm, Giulia Buongiorno, presidente della commissione giustizia della Camera, e Lanfranco Tenaglia, ministro ombra della giustizia per il Pd. Si discute dell'opportunità di riforme tout court e di singoli aggiustamenti: magistratura, avvocatura, Csm, obbligatorietà dell'azione penale e codici di diritto penale e procedura penale. Temi caldi, anzi incandescenti dopo questa nuova onda d'urto vibrata tra magistratura e presidenza del consiglio temporaneamente riassorbita dai cambiamenti apportati alla disciplina «blocca processi». Nel suo discorso di apertura, Dominioni affronta così i nodi del sistema: «Il Csm che da organo di autogoverno, è diventato terza camera della repubblica e da ultimo ha assunto un ruolo di supplenza del sindacato della magistratura che», definisce, «è la massima distanza possibile dalla Costituzione». L'Unione camere penali propone quindi «due csm separati, uno per la giudicante e l'altro per la requirente per attuare una reale separazione delle carriere e spezzare il legame organizzativo che unisce giudici e pm, con una preponderanza di non togati all'interno». Ce n'è anche per una gestione della sezione disciplinare del Csm diventata secondo Dominioni «domestica e indulgente, una proposta più radicale e innovativa», rilancia, «sarebbe quella di istituire un'alta corte disciplinare composta da giuristi e competente a giudicare la disciplina di magistrati e avvocati». Mano dura, invece, sui magistrati assegnati fuori ruolo ai ministeri: «Va annientato il fenomeno, la longa manus dell'Anm per farsi sentire nelle altre istituzioni». Obbligatorietà dell'azione penale: «Non si tratta di abolirla», esclude Dominioni, «però l'esercizio deve avere meccanismi di selezione indispensabili perché le strutture giudiziarie sono sottodimensionate rispetto alla domanda di reato e non è possibile pensare che a ogni notizia di reato corrisponda un processo penale. Ed ecco perché come già in molti altri ordinamenti e in settori del nostro ordinamento, a cominciare dal processo minorile, vanno previsti da parte del legislatore dei criteri di selezione per l'esercizio dell'azione penale: criteri assistiti dalla legalità che non mettano in campo una libera discrezionalità dei magistrati: una sorta di benchmarking dell'azione penale ma inquadrata in una legge». Critica la reazione di Palamara a difesa delle prerogative costituzionali della categoria: «Mi chiedo quanto la modifica di questi temi sia funzionale al miglioramento del processo_ questo paese vuole ancora magistrati liberi? Sul bloccaprocessi ci siamo limitati a osservazioni di carattere tecnico, l'Anm non vuole essere un sindacato di resistenti ma intende battersi perché ci siano magistrati liberi e soggetti solo alla legge». Pronta la reazione di Ghedini: «Avvocatura e magistratura forti e indipendenti ma dalla politica, Palamara, dite di essere per l'intransigente difesa dei valori costituzionali ma perché non avete mai voluto applicare l'articolo 106 che prevede la chiamata a consigliere di cassazione anche per gli avvocati con 15 anni di esercizio?». Marzia Paolucci 10 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Processi sommarizzati di Laura Pernigo - Responsabile della commissione per il processo civile Anf Mettere mano al processo civile, magari con l'intento in sé apprezzabile di migliorarne durata e qualità, è una tentazione alla quale nessun governo sembra saper resistere. L'attuale esecutivo, come il precedente, però, non è stato in grado di affrontare le vere urgenze del sistema, numero dei magistrati togati, qualificazione di quelli onorari, geografia giudiziaria, né di proporre soluzioni capaci di invertire la rotta: unicità dei riti, omogeneità degli atti introduttivi e seria riflessione, come da tempo fa l'avvocatura, sui diritti giustiziabili e sui circuiti della giurisdizione. La manovra d'estate appena varata ricalca in larga misura il progetto Mastella della precedente legislatura, e si espone pertanto alle medesime osservazioni critiche. Il modello processuale che la manovra governativa ci consegna è un modello autoritario, in cui nelle mani del giudice è lasciata un'enorme discrezionalità: il giudice concede i termini per la modifica delle domande e la richiesta di prove solo se sussistano giusti motivi; il giudice può autorizzare la testimonianza «per posta» in tutti i casi in cui lo ritenga opportuno; il giudice condanna la parte vittoriosa, che non abbia accettato la proposta conciliativa di importo uguale alla condanna, alla rifusione delle spese o, in subordine, alla compensazione; il giudice può rilevare d'ufficio l'estinzione del processo. I termini a favore delle parti sono invece drasticamente ridotti e mostrano il chiaro intento di gravare di pesanti conseguenze l'inerzia delle parti e di favorire l'estinzione dei procedimenti. Se questa è la prospettiva, tagliare il numero delle cause quiescenti per dimostrare una riduzione del carico (ma non una delle cause davvero da decidere sarà eliminata), c'è di che preoccuparsi, potendo facilmente verificarsi la prescrizione dei tanti diritti soggetti a prescrizione breve. L'accentuata tendenza alla sommarizzazione del processo, peraltro, deve preoccupare chi ha a cuore le sorti dei diritti, l'effettività della loro tutela, le condizioni di lavoro degli operatori, e non solo numeri e statistiche. Il processo deve essere il luogo in cui i diritti delle parti diventano effettivi perché ricevono tutela, con meccanismi semplici e comprensibili, con il duplice obiettivo di una durata ragionevole e della qualità del diritto di difesa, garantito a tutte le parti in condizioni di parità. In quest'ottica la manovra del governo, che pure contiene previsioni apprezzabili, non centra l'obiettivo: è l'ennesimo provvedimento-tampone che, sull'altare della celerità, sacrifica il principio dispositivo con il rischio di sacrificare i diritti dei cittadini. 11 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Alla camera una pdl scritta dalle associazioni forensi e targata Pecorella Specializzazioni col bollino Una scuola di alta formazione per gli avvocati Attenzione a carte intestate e biglietti da visita in bella mostra: presto gli avvocati che intendano avvalersi di un «titolo specialistico» dovranno andare a «scuola di alta formazione». È quanto prevede nella sostanza la proposta di legge Pecorella dal nome del deputato e avvocato penalista del Pdl, già presidente della commissione giustizia della camera e oggi membro della commissione affari costituzionali della camera. Un testo in prima lettura alla camera, assegnato in referente da poco più di un mese alla commissione giustizia, che, a dispetto del pluricitato e incompiuto ddl Mantini della scorsa legislatura, sorta di piattaforma generale di riforma delle professioni intellettuali, è invece un proposta di legge di riforma esclusiva dell'ordinamento della professione di avvocato, con una disciplina autonoma di 70 e oltre articoli. In sostanza, quello che gli avvocati andavano chiedendo da tempo: una disciplina tutta loro che senza piazzarli nel calderone delle professioni intellettuali puntasse sull'accesso, le specializzazioni e la formazione permanente. Ed è quanto hanno fatto elaborando questo articolato le associazioni forensi specialistiche di Ucpi-Unione camere penali italiane, Aiaf-Associazione degli avvocati per la famiglia e i minori, Agi-Associazione giuslavoristi italiani e Uncat-Unione nazionale camere avvocati tributaristi. E larga sembra essere anche la condivisione politica di maggioranza e opposizione in materia di specializzazione forense, visto che un testo analogo di riforma della professione è stato presentato qualche giorno fa anche dal Pd. Per l'accesso alla professione, in accordo con il disegno di legge presentato al senato nella scorsa legislatura, il testo prevede un test preselettivo abilitante allo svolgimento delle prove di esame così come già avviene per gli esami scritti di magistratura. Ma questa volta il candidato potrebbe vedersela veramente brutta, visto che in base all'attuale proposta gli sarà vietato l'utilizzo dei codici commentati finora ammessi; all'orale, poi, il testo adegua il numero e la tipologia delle materie di esame ai settori del diritto in base ai quali dimostrare l'effettiva capacità professionale escludendo determinate materie e aggiungendone invece altre. E veniamo al principio ispiratore della specializzazione, tendenza mutuata dagli studi anglosassoni, con un avvocato specialista che per dirsi tale dovrà aver frequentato per due anni una scuola di alta formazione e superare anche un esame finale di specializzazione. Tutto ciò non prima di aver raggiunto un'anzianità di iscrizione all'albo di almeno due anni. Da questo momento lo specializzato, se vuole mantenere il titolo, entra a far parte di un programma di formazione continua annualmente organizzato dal Consiglio nazionale forense e dalle varie associazioni forensi: saranno infatti loro i soggetti privilegiati per organizzare su base regionale e interregionale le scuole di formazione. Il percorso di formazione sarà differenziato secondo le scelte del professionista previste a monte dai regolamenti del Cnf. E salendo gli scalini della giurisdizione, cambia anche il regime di abilitazione al patrocinio prevedendo a ogni passaggio il superamento di un esame. Per Oreste Dominioni, presidente dell'Unione camere penali, che martedì scorso ha patrocinato una tavola rotonda sulle riforme necessarie alla giustizia, «servono criteri selettivi reali a cominciare da un test per la sola ammissione all'esame a fronte di numeri non più controllabili. La specializzazione passerà invece dalle scuole». Probabilità che passi? Dominioni parla a ItaliaOggi di «tempi maturi: sono due anni che ci lavoriamo, abbiamo grande consenso nell'ambito politico. Un testo nato però senza alcun contributo da parte dell'Oua, l'Organismo unitario dell'avvocatura italiana. È prudente», ritiene Dominioni, «laddove avverte perplessità da parte degli ordini o di alcuni settori di essi che frenano perché con un'idea sbagliata della riforma, a cominciare dall'istituzione di albi separati tra gli specialisti, temono una loro frantumazione. Diversamente, invece, la riforma prevede elenchi di specialità all'interno dello stesso albo». E se le specialità non dovessero essere istituite o per legge o attraverso il Cnf, Dominioni ha pronto anche un piano «b»: «Le istituiremo noi». Marzia Paolucci 12 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA DIRITTO E GIUSTIZIA La riforma pensionistica al "via", per chi parte adesso il traguardo è lontano di Paolo Rosa - Avvocato, Presidente della Cassa Forense Il Comitato dei Delegati nelle riunioni del 10 e 11 luglio 2008, dopo aver rigettato in limine la richiesta di rinvio della votazione avanzata dall'Unione Regionale dei Consigli degli Ordini della Campania sostenuta dai Consigli dell'Ordine del Distretto di Lecce e dal Consiglio dell'Ordine di Palermo che auspicavano un'ulteriore approfondimento e la rivisitazione dei criteri adottati per testare l'effettiva sostenibilità del sistema pensionistico proiettato a 30 anni ed il successivo ampliamento di tale arco temporale a 50 anni così come disposto dal decreto interministeriale 06.02.2008, ha sostanzialmente approvato l'impianto della proposta di riforma del sistema previdenziale forense votando a favore dell'aumento dell'età pensionabile di vecchiaia secondo la seguente scaletta: - fino al 31 dicembre 2011, 65 anni di età e almeno 30 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 1 gennaio 2012, 66 anni di età e almeno 31 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dall'1 gennaio 2017, 67 anni di età e almeno 32 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 1 gennaio 2022, 68 anni di età e almeno 33 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 1 gennaio 2025, 69 anni di età e almeno 34 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 1 gennaio 2027, 70 anni di età e almeno 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa. È peraltro riconosciuta all'iscritto la facoltà di anticipare, rispetto a quanto previsto dalla citata scaletta, il conseguimento del trattamento pensionistico a partire dal compimento del 65° anno di età, fermo restando i requisiti della anzianità di iscrizione e contribuzione di cui si è detto più sopra. In caso di anticipazione della pensione, l'importo della quota di base verrà ridotto nella misura dello 0,45% per ogni mese di anticipazione rispetto al requisito anagrafico più sopra ricordato e che corrisponde ad un 5% in ragione d’anno. Con un emendamento piuttosto sofferto il Comitato dei Delegati ha stabilito che la riduzione di cui innanzi non si applica ove l'iscritto, al raggiungimento del 65° anno di età, abbia raggiunto il requisito dell'effettiva iscrizione e contribuzione per almeno 40 anni. Il Comitato dei Delegati ha accolto anche l'introduzione della pensione cd. modulare e quindi la pensione di vecchiaia sarà costituita dalla somma di due distinte quote confluenti in un trattamento unitario. Una prima quota, detta di base, calcolata secondo il criterio retributivo ed una seconda quota, detta modulare, che sarà in piccola parte obbligatoria e per la maggior parte facoltativa, calcolata secondo il criterio contributivo. Sempre attraverso un emendamento che recuperava il lavoro svolto dalle Commissioni riunite è stato introdotto il concetto dell'integrazione al trattamento minimo. Su domanda dell'avente diritto, infatti, qualora applicando i criteri di calcolo la pensione annua sia inferiore agli attuali € 10.160,00, preso come base l'anno 2008, è corrisposta un'integrazione sino al raggiungimento del suddetto importo. L'integrazione al trattamento minimo compete però solo nell'ipotesi in cui il reddito complessivo dell'iscritto e del coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, comprensivo dei redditi da pensione nonché di quelli soggetti a tassazione separata o a ritenuta alla fonte, non sia superiore al triplo del trattamento minimo. Tale integrazione al trattamento minimo compete solo sino al raggiungimento del reddito complessivo massimo pari a tre volte il trattamento minimo di cui sopra. Ai fini del computo del reddito massimo di cui sopra non si considerano il reddito della casa di abitazione del titolare della pensione, anche se imputabile al coniuge, il trattamento di fine rapporto e le erogazioni ad esso equiparate. Per i fini di cui alla presente normativa si considera la media dei redditi effettivamente percepiti nei tre anni precedenti quello per il quale si chiede l'integrazione al trattamento minimo della pensione. All'atto della presentazione della domanda di integrazione al trattamento minimo il richiedente dovrà sottoscrivere autocertificazione relativa ai requisiti reddituali di cui si è detto, impegnandosi a comunicare le variazioni che comportino la perdita del diritto all'integrazione. In ogni caso ogni tre anni il pensionato dovrà ripetere la domanda di integrazione con le modalità di cui sopra. 13 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Qualora risulti che il pensionato abbia ricevuto l'integrazione al minimo a seguito di dichiarazioni non rispondenti al vero, egli sarà tenuto, oltreché alla restituzione delle somme indebitamente percepite, maggiorate degli interessi, al pagamento di una sanzione che sarà pari al 30% delle somme lorde indebitamente percepite, ferme le eventuali sanzioni previste dalle leggi penali. La normativa sull'integrazione al minimo, vera novità per Cassa Forense, risale al 1952 ed ha subito, nel sistema della previdenza generale italiana, una serie di modifiche fino alla riforma Amato del 1992 che ha introdotto il concetto di reddito “coniugale” e, pertanto, dopo aver verificato la situazione reddittuale del richiedente la prestazione, occorre anche verificare la situazione reddituale di entrambi i coniugi non effettivamente e legalmente separati. Non sfuggirà a chi legge che l'integrazione al trattamento minimo costituisce un beneficio del quale non possono usufruire tutti gli iscritti ma soltanto quelli bisognosi. Sino ad oggi l'integrazione al trattamento minimo scattava in automatico quanto l'iscritto, sulla base della contribuzione versata, non riusciva a raggiungere il minimo previsto. Oggi l'integrazione dovrà essere richiesta e giustificata dal reddito complessivo dell'iscritto e del coniuge che non può essere superiore, per poterne beneficiare, a tre volte il trattamento minimo e quindi ad € 30.480,00. È un passaggio certamente delicato ma finalizzato ad un moderno concetto di Welfare forense. La quota modulare della pensione di vecchiaia è determinata secondo il metodo di calcolo contributivo definito dalla legge 335/95 e dal regolamento approvato. Il montante contributivo individuale al 31 dicembre di ciascun anno è costituito dalla somma dei contributi obbligatori e facoltativi versati dall'iscritto. Il montante contributivo individuale è rivalutato su base composta al 31 dicembre di ogni anno ad un tasso annuo di capitalizzazione pari al 90% della variazione media quinquennale del tasso di rendimento netto del patrimonio investito dalla Cassa in tale periodo, con un valore minimo dell'1,5%. Tale valore minimo è garantito da un fondo di riserva di rischio alimentato dal rimanente 10% del rendimento non attribuito all'iscritto. All'atto del pensionamento il montante sarà trasformato in rendita secondo i seguenti criteri: - per i primi 5 anni di applicazione del presente regolamento, utilizzando i coefficienti per età, come previsti dalla legge 335/95 e successive modifiche ed in uso presso gli Enti di cui alla legge 103/96; - successivamente con coefficienti per età costruiti tenendo conto delle particolari caratteristiche demografiche della categoria e dei conseguenti effetti attuariali, come risultanti dalla redazione dei bilanci tecnici. È stata confermata la pensione di anzianità con la seguente scaletta: - fino al 31/12/2011, 58 anni di età e almeno 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 01/01/2012, 58 anni di età e almeno 36 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 01/01/2014, 59 anni di età e almeno 37 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 01/01/2016, 60 anni di età e almeno 38 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 01/01/2018, 61 anni di età e almeno 39 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa; - dal 01/01/2020, 62 anni di età e almeno 40 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa. La corresponsione della pensione di anzianità è in ogni caso subordinata alla cancellazione dall'albo degli avvocati e dall'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. Essa è incompatibile con la reiscrizione ad uno degli albi suddetti. Verificatasi l'incompatibilità, la pensione di anzianità è sospesa sino all'eliminazione della relativa causa, con diritto della Cassa a ripetere i ratei di pensione corrisposti dall'insorgere della incompatibilità stessa. Il Comitato dei Delegati ha poi ridotto da dieci a cinque , come per l'infortunio, gli anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa per poter fruire ,ricorrendone i requisiti , della pensione di inabilità e invalidità cosi' allargando la tutela per le generazioni più giovani iscritte , continuativamente,da data anteriore al compimento del quarantesimo anni di età. Nel prossimo Comitato dei Delegati del 24 luglio 2008 proseguiremo l'esame degli articolati proposti nella speranza di poter arrivare prima della sospensione feriale all'approvazione dell'intera riforma. Imprescindibile sarà l'aumento del contributo integrativo dal 2 al 4% sul quale vi è il generalizzato consenso del Comitato dei Delegati. 14 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI A lezione di marketing Le regole organizzative precedono la certificazione di studio di Giovanna Stumpo L'art. 17-bis del codice deontologico forense indica la «certificazione di qualità» tra le informazioni opzionali che lo studio può riportare nei mezzi di comunicazione informativa (logo, targa, biglietto da visita, carta da lettere, brochure, sito internet). Nel contesto legale e più in generale del settore delle libere professioni vi è tuttavia scarsa conoscenza del percorso che occorre seguire per dare corso al «processo di certificazione»; soprattutto, si è spesso inconsapevoli del fatto che alla base di tale scelta è prima di tutto la volontaria adozione di una norma internazionale e tecnica di riferimento (la Uni En Iso 9001:2000 - Sistemi di gestione per la qualità - Requisiti), che è importante e utile per realizzare un modello di organizzazione, gestione e controllo (alias di management), efficiente, funzionale e su misura. Perché tale norma rappresenta un parametro di riferimento cui improntare «il modus» delle attività operative, gestionali e di controllo di studio, utile per lo sviluppo di una metodologia pianificata del lavoro, in base a una chiara definizione di «chi fa cosa, come lo deve fare, entro quali tempi e con quali risorse e sotto il controllo di chi». Autonomamente, ovvero con l'ausilio di un esperto dello standard Iso lo studio può infatti arrivare a «codificare per iscritto» le regole organizzative (i.e. specifica dei compiti, delle mansioni dei ruoli e delle responsabilità di ogni livello funzionale; pianificazione delle attività; programmazione dei tempi; scelta delle risorse fisiche, strutturali e di budget; analisi dei dati, monitoraggi e controlli) in una apposita «documentazione di sistema» (i.e. Manuale della Qualità: documento che «fotografa» le metodologie di lavoro prescelte e definite nell'ottica del conseguimento di «obiettivi di risultato»; Procedure interne: regole che individuano metodi di raccolta dati e di gestione, ovvero chi specificano modalità utili e necessarie a condurre le periodiche attività di verifica interna/ di audit. Individuando anche gli strumenti per intervenire su eventuali criticità ed apportare le opportune leve correttive/di miglioramento; Istruzioni di lavoro: documenti che specificano ruoli, mansioni e compiti assegnati ai vari livelli funzionali e relative modalità di attuazione; oltreché più in generale le regole di comportamento e azione volute dallo studio). Per lo studio legale dotarsi di un sistema di management Iso significa poi adottare volontariamente la metodologia suggerita dalla norma tecnica citata ed acquisirla, a livello di organizzazione e persone, come fatto culturale da implementare internamente, allo scopo di garantire la corretta gestione dei metodi di lavoro scelti e di migliorare la qualità delle prestazioni. Questa la regola. Vi sono poi situazioni specifiche, tali per cui il percorso organizzativo-gestionale e di controllo interno rappresenta solo il primo passo verso un obiettivo più ampio ed ambizioso; che trova la sua ragion d'essere nella scelta o nell'esigenze sentita dallo studio di conseguire la certificazione di conformità. La «certificazione» ai sensi della norma Uni Cei En 45020:1998 (Normazione e attività connesse) consiste nell'attestazione fornita da un soggetto indipendente e autonomo (rispetto all'organizzazione ed al di lui cliente) del fatto che un prodotto/servizio o un processo è conforme ai requisiti specificati da una previsione di natura tecnica di riferimento. Nel caso dello legale, si tratta dell'attestazione, rilasciata da un organismo terzo, autonomo e indipendente rispetto allo studio, al consulente che lo ha eventualmente supportato nel percorso di «project management» e al cliente target, circa l'idoneità della struttura e delle persone che in essa operano, a lavorare e sviluppare i processi secondo la metodologia suggerita dallo standard di riferimento (i.e. Uni En Iso 9001:2000). È cioè «certificazione di processo» (i.e. del metodo organizzativo adottato) e non «certificazione di prodotto/servizio» (i.e. della risultante della prestazione d'opera intellettuale ovvero il singolo atto, parere, contratto ecc.). Avendo chiaro il concetto (non si tratta cioè come molti pensano di un mero «bollino»), ben si comprende perché sempre più studi che, avendo realizzato un Sistema di gestione per la qualità conforme allo standard Iso, ne richiedano poi la certificazione di conformità. Il fine è quello di effettuare, con tale richiesta ed in caso di accertamento positivo, una «scelta strategica di competitività», anche in chiave di marketing legale. 15 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA MONDO PROFESSIONISTI Legalità : unica via per la sicurezza di Antonfredi De Simone, responsabile macroarea penale dell'Anf L’approfondimento compiuto dalla Ns Associazione nell’ultimo numero della Rivista “ Rassegna degli avvocati Italiani” ha evidenziato come le esigenze di giustizia formale e sostanziale rappresentino, un denominatore presente tra tutte le componenti sociali. Il nostro Paese ha affrontato il tema della globalizzazione e della migrazione con forti ritardi e con un dibattito politico non pienamente soddisfacente, se rapportato ai contenuti e alle prerogative della nostra Carta Costituzionale. I temi in maniera pregnante ed in forma antesignana erano stati già affrontati dalla nostra associazione in maniera “ soggettiva” si pensi al Congresso di Rimini e alla riflessione , sulla professione forense, che il mondo globalizzato poneva. Inoltre nell’ottobre del 2006, nella Conferenza di Roma Aula Università Valdese, la nostra associazione iniziava un percorso in tema di funzionamento della giustizia nel Paese, mettendo a nudo la lentezza e la conseguente mancanza di giustizia, con dati riconfermati ed ampliati nel febbraio del 2008 dalla Corte di Giustizia Europea. Il 18 e 19 aprile del 2008 all’assemblea dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura e al Seminario sulla giustizia penale per la società moderna, Antonio Leonardi ed il sottoscritto, con una coincidenza di intenti, ribadivano la necessità di collegare il funzionamento della macchina giudiziaria con l’esigenza di sicurezza e legalità richiesta dal Popolo Italiano. La consapevolezza che nel nostro Paese il problema sicurezza sia successivo e conseguente all’affermazione del principio di legalità ed al corretto funzionamento della giustizia, è un dato ormai acquisito almeno all’interno delle nostre associazioni. Il ragionamento è talmente coerente in quanto basato sulla certezza che un semplice stato di polizia o l’affermazione severa delle norme da parte di uno Stato, non risolve il problema più profondo e cioè, che il rispetto della convivenza civile e la necessità dell’ottemperanza delle regole deve essere un elemento fondante della società. Nella parte prima della nostra Costituzione, dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, il dato comune è l’affermazione della legge come strumento di regolamento dei rapporti civili che sovrintende e regola ogni rapporto giuridico e diritto soggettivo (e interesse legittimo). La costituzione repubblicana, nell’affermare la sovranità del popolo, estrinsecava anche il metodo attraverso il quale la sovranità e la legalità dovevano essere impartiti , a mio avviso: non ad una legalità autoritaria e proveniente da un’entità ( idea soggettiva di legalità) e solo perché proveniente da tale soggetto, giusta, ma l’affermazione delle regole come esse stesse pilastro e/o fondamento delle convivenza civile, regole provenienti da valori e principi fondanti. A distanza di sessant’anni la nostra Costituzione ha creato una cultura di legalità nel nostro Paese come assoluto rispetto delle regole oppure sussiste ancora la necessità dell’affermazione dell’ autorità ? è giusto parlare di sicurezza quando forse è la legalità il problema del nostro Paese come cultura della convivenza civile come affermazione dei principi universali dell’umanità e dei diritti degli uomini universalmente condivisi? E allora una volta violate le regole di convivenza civile e si assiste inermi all’attuale funzionamento della giustizia, a che serve aver imposto una regola e non essere in grado di comminare la sanzione? Quali solo le regole necessarie per rendere sicura la convivenza civile ed in che modo il processo penale interviene in maniera tempestiva ed efficace? La nostra macroarea ha iniziato una riflessione sulla sanzione penale e sul sistema penale italiano . In primo luogo ci siamo posti il problema dell’incidenza del diritto naturale e della cognizione naturalistica della pena in rapporto al fine rieducativo stabilito nella costituzione; è stato avviato un esame sul della persona offesa con particolare riferimento alla direttiva comunitaria in materia. Gli interrogativi oggetto del convegno e del dibattito dovevano e sono state le seguenti: 1) L’esigenza delle vittime del reato è solo un’aspettativa risarcitoria od anche una richiesta di carattere punitivo che inerisce direttamente con l’esigenza di certezza della pena? 2)Per il funzionamento della macchina giudiziaria, il problema delle risorse , della durata del processo e della celebrazione dei processi , influisce sull’esigenza di legalità ? 3) E’ giusto punire il solo accesso nel territorio dello Stato dei cittadini extracomunitari oppure è più efficace agire con le misure di prevenzione nei confronti di coloro che sono già autori di reato? 16 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA 4) Il ruolo della collaborazione internazionale delle polizie europee consente già una mappatura dei soggetti pericolosi e che normalmente delinquono e, quindi, in che modo avviene l’ottemperanza delle regole di polizia internazionale? 5) La topografia giudiziaria attuale tiene conto dei flussi migratori ed è efficace ? 6) Il ruolo dei sindaci dei comuni è determinante in direzione della richiesta di misure di sicurezza e controllo delle persone all’interno delle città e quali sono i limiti delle funzioni? 7) Il decreto legge 92/2008 in che modo cerca di risolvere le richieste di sicurezza immediata dei cittadini? A tutte queste domande si è cercato di dare una risposta. I lavori sono iniziati con l’intervento del presidente della Corte di Appello dott. Giorgio Santacroce, il quale ha evidenziato il ruolo essenziale di un percorso educativo in tema di legalità. È seguito l’intervento del Presidente del Tribunale di Roma dott. De Fiore che ha posto l’accento sul concetto di solidarietà come presupposto della sicurezza e, quindi , non solo legalità e giustizia. Una volta introdotti i lavori con la necessaria attenzione da parte del sottoscritto all’affermazione del percorso culturale che è necessario all’interno del Ns Paese in tema di legalità ha preso la parola l’Avv. Cesare Piazza che ha immediatamente infiammato la platea con un percorso storico rapportato ai valori di giustizia e legalità che è necessario intraprendere in ogni strato sociale del Ns Paese. Il richiamo formulato dallo stesso alla persecuzioni razziali , attraverso leggi dello Stato, ha introdotto il ragionamento come l’affermazione della legge ed il rispetto delle regole debba provenire da valori fondanti e condivisi universalmente. La prima parte del convegno è proseguito con gli interventi del Consigliere della Corte di Cassazione dott. Carlo Brusco e del direttore del Servizio Relazioni Internazionali –ufficio Coordianamento Forze di Polizia e Dipartimento dott. Salvatore Guglielmino . Nel suo intervento il dott. Gulglielmino sottolineava come :” ..si può affermare che sta prendendo sempre più corpo un concetto globale di sicurezza interna dell’Unione Europea, come valore a sé stante, non più fondato sulla somma dei livelli di sicurezza in ogni Stato membro ma come principio autonomo e primario dello spazio comune di Libertà Sicurezza e Giustizia”. Inoltre facendo riferimento al Trattato di Lisbona il dott. Guglielmino precisava che:” è stato confermato e consolidato un principio generale introdotto dal trattato di Maastricht e ripreso da quello di Amsterdam : L’Europol – ufficio Europeo di polizia è il soggetto principale della cooperazione di polizia in senso all’Unione Europea”. Nel pomeriggio gli interventi del Dott. Giovanni Mellillo della Direzione Nazionale Antimafia, del Segretario Generale di ANF Avv. Bruno Sazzini e del dott. Mario Almerighi , presidente del Tribunale di Civitavecchia hanno posto l’accento sulla necessità della giustizia efficiente in grado di dare risposte adeguate al nostro sistema. L’emergenza sicurezza in un Paese in cui vi è rispetto di legalità e una giustizia funzionante , probabilmente, neppure ci sarebbe. Alla tavola rotonda animata da tali illustri ospiti hanno partecipato, tra gli altri, il segretario dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Avv. Maurizio Cecconi, che ha posto l’attenzione sulle risorse economiche della giustizia e il dott. Giulio Romano del Consiglio Superiore della Magistratura , fornendo entrambi idee e soluzioni semplici ed efficaci per snellire e velocizzare il nostro sistema giudiziario. Nel corso del convegno sono stati esaminati dettagliatamente il Decreto legge 92/08 e la norma sulla sospensione dei processi con opinioni discordi come quella del Segretario di ANF Avv. Sazzini, con precisi richiami alla direttiva comunitaria sulle vittime del reato e alla mancanza di attenzione alla persona offesa del reato nel processo penale. In visione positiva alla sospensione dei processi si è espresso il dott. Melillo evidenziando il fine della norma come necessità di perseguire reati più gravi. La questione dal punto di vista culturale come necessità ed esigenza sociale è stata più volte posta all’attenzione dei circa duecento colleghi presenti, da parte del Presidente dott. Almerighi con le sue citazioni delle illuminanti parole di giuristi come Piero Calamandrei. Ciò evidenzia come il nostro Paese debba recuperare il passato culturale e storico in tema di legalità ed affrontare con serenità il dibattito all’interno delle diverse componenti sociali. Non ci può essere contrapposizione tra magistratura, avvocatura e politica nel momento in cui è il bene del Paese e delle future generazioni ad essere in ballo. È stato piacevole sentire dal sottosegretario alla Pubblica Istruzioni Giuseppe Pizza pronunciare le seguenti parole: “ . So anche che molti avvocati e molti magistrati vorrebbero portare un contributo effettivo e concreto ai nostri ragazzi ed alle loro famiglie, in tema di educazione alla legalità ..”. L’avvocatura esce , a mio parere, da una stagione in cui le veniva attribuita chiusura culturale e corporativa. Lo sforzo operato non è solo quello di approfondire il dibattito sulle nuove riforme in corso ma far comprendere l’apertura e il fatto che l’avvocatura è un soggetto sociale in grado di interloquire e dialogare, pronto a confrontarsi con il modo della scuola e dei giovani sui quali bisogna investire e credere. 17 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Il garante Francesco Pizzetti nella relazione 2007: anno zero per la riservatezza nei procedimenti Nella giustizia privacy a picco Nei tribunali è caos sul rispetto del codice sulla tutela dei dati La giustizia alla sbarra per violazione della privacy. E non ha risorse per rimediare. I problemi dell'applicazione del codice della privacy nei tribunali è trasversale e non riguarda solo le intercettazioni, ma la vita quotidiana delle cancellerie e delle aule. Riguarda giudici, avvocati e consulenti. Non a caso il garante nella sua relazione per il 2007 ha parlato di anno zero per la tutela della riservatezza nei procedimenti giudiziari. Eppure non sono stati pochi gli interventi dell'Authority sia sulla questione delle pubblicazioni delle telefonate intercettate sia su problemi puntuali: dal rispetto dei debitori nei procedimenti di esecuzione immobiliare ai limiti alla conservazione dei dati da parte dei consulenti tecnici di ufficio. Ma vediamo su quali piaghe ha messo il dito Francesco Pizzetti nella sua relazione. In realtà, la funzione giustizia ha un suo trattamento specifico con molte zone di esenzione per quanto concerne l'attività giurisdizionale (sul punto l'articolo 47 del codice della privacy elenca tutti gli articoli che non si applicano agli uffici giudiziari). Ma questo non va scambiato con un completo esonero da qualsiasi principio di tutela della riservatezza delle persone coinvolte in procedimenti giudiziari. Innanzitutto e rimanendo su un piano molto concreto si deve rilevare che il problema più evidente è quello della sicurezza nella conservazione dei dati. L'esperienza quotidiana dei grossi tribunali, ma anche e soprattutto delle sezioni distaccate, mette in evidenza l'uso di sistemi di scambio di atti tra avvocati, di consultazione dei fascicoli non rispettosi delle minime esigenze. Tranquillamente un avvocato o un privato potrebbe accedere senza controllo e senza garanzie ai faldoni, consultarne o alterarne il contenuto. Solo da qualche tempo alcune sedi giudiziarie escludono dagli elenchi affissi nei corridoi i nominativi delle parti nelle cause da trattare, limitandosi a segnalare il numero di ruolo. E dire, come rileva Pizzetti, che i dati trattati possono essere delicati e sensibili, come quelli relativi a una causa di separazione o di successione o in un'azione di interdizione di un incapace o in una causa di lavoro. Altrettanto delicati possono essere i dati trattati nei processi penali. Da qui la constatazione che la privacy (entrata in vigore nel 1997) è per i tribunali ancora quasi all'anno zero. Ma anche la constatazione che non sempre bastano accorgimenti di carattere organizzativo: sono le risorse economiche quello che potrebbe far cambiare registro. In materia di intercettazioni, dopo aver richiamato il quadro del problema (pubblicazioni sui media) in sintonia con la ricostruzione del ministro Angelino Alfano, relativo all'anomalia italiana. E bisogna barcamenarsi tra esigenze delle indagini, esigenza di tutela delle persone e bilanciamento con il diritto di cronaca. La materia è in evoluzione e Pizzetti ritiene utile la disposizione contenuta nel disegno di legge sulle intercettazioni con cui si darebbe al garante il potere di imporre la pubblicazione dei provvedimenti volti a censurare comportamenti scorretti da parte della stampa o dei mezzi di informazione. Diverso problema al di fuori della competenza del garante è se le intercettazioni siano troppe o se sono sproporzionate rispetto ai reati per cui sono ammesse dalla legge. Il garante si è esercitato, invece, su un problema sicuramente di sua competenza relativo alla sicurezza delle intercettazioni e dei dati raccolti: necessarie dunque la concentrazione delle attività in uniche sedi di ascolto; la comunicazione cifrata dei rapporti con i gestori; l'adozione di modalità tecniche per tracciare chiunque abbia accesso ai dati; la rigorosa limitazione delle persone che possono conoscerli. E ulteriori sviluppi sono attesi dal garante nel ddl intercettazioni. Un accenno specifico è stato inoltre dedicato agli ausiliari e dei periti del giudice. I periti possono operare su incarico di autorità giudiziarie diverse e in giudizi differenti, ha rilevato Pizzetti, accumulando in tal modo una grande quantità di dati. Il presidente dell'Authority nel suo intervento ha richiamato un provvedimento del suo ufficio nel quale ha sottolineato che occorrono regole precise sui tempi di conservazione, sulle modalità con le quali devono essere conservati o distrutti e sui casi e i modi in cui è lecito incrociare fra loro informazioni raccolte in attività peritali diverse e su delega di autorità giudiziarie differenti. Il garante ha dato regole puntuali, specificando che il perito non può mai usare i dati di cui è venuto a conoscenza se non per consegnarli esclusivamente all'autorità che li ha delegati, che si possono incrociare i dati con quelli acquisiti in altre e diverse indagini soltanto con il consenso di tutte le autorità giudiziarie interessate e che le informazioni raccolte, una volta consegnate all'autorità giudiziaria, non possono più essere utilizzate e devono essere cancellate secondo i modi e nei termini indicati. Pizzetti ha infine annunciato l'imminente definitivo varo del codice deontologico sulle investigazioni difensive. Antonio Ciccia 18 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Diritto dell’economia. Insediato il gruppo di lavoro del ministero della Funzione pubblica Class action, parte la riforma Da definire la platea dei destinatari e il problema retroattività Parte la riforma della class action. Almeno per quanto riguarda la sua estensione alla pubblica amministrazione. Con un incontro svoltosi ieri al ministero della Funzione pubblica è stato insediato il gruppo di lavoro che ha il compito di studiare i presupposti e le condizioni normative per includere anche i soggetti pubblici nel perimetro delle figure nei confronti delle quali può essere esercitata l’azione collettiva. Del resto che una delle modifiche debba andare in questa direzione è previsto dallo stesso decreto legge parte della manovra finanziaria. Lo slittamento dallo scorso 1° luglio al 1° gennaio 2009 dell’entrata in vigore della class action è stato previsto proprio per la necessità di un allargamento al settore pubblico. Il ministro Renato Brunetta ha sottolineato l’importanza di uno strumento in grado di mettere nelle mani dei cittadini un’arma più efficace per contrastare abusi e prevaricazioni. Che però avrà bisogno di una messa a punto non invasiva. Anche perché, nello stesso tempo, da parte del ministero dello Sviluppo economico dovranno essere predisposte altre modifiche. La scadenza, in entrambi i casi, è quella di fine anno ma, mentre il gruppo di lavoro della Funzione pubblica ha una mission ben precisa, per quanto riguarda l’intervento dello Sviluppo economico i confini sono meno rigidi. Di sicuro c’è da chiarire una serie di punti critici che sono già all’attenzione del ministero guidato da Claudio Scajola e che hanno contribuito a provocare lo slittamento, tra le polemiche sollevate soprattutto dalle associazioni dei consumatori, di una misura che vedeva già ai nastri di partenza del i0 luglio alcune decine di azioni collettive. Azioni che, a testimonianza della eterogeneità del mezzo giuridico, spaziavano in diversi settori, dal caro libri alla frode finanziaria, passando per i ritardi ferroviari. E sarebbe opportuno proprio qualche chiarimento sulla natura degli interessi che possono essere tutelati con l’azione collettiva. Anche perché il rischio di conflitti con il campo di azione delle Authority è sempre presente e la disciplina approvata con l’ultima Finanziaria si limita a stabilire sul punto una sorta di coordinamento procedimentale. A non volere tenere conto poi del fatto che la figura istituzionalmente protetta dalla class action dovrebbe essere quella del consumatore e quanto questa coincida con quella di risparmiatore è ancora tutto da verificare. Altro nodo cruciale da sciogliere dovrebbe essere poi quello della retroattività dell’azione. La versione attuale della normativa non prevede una preclusione er il passato, ma la dottrina si è già divisa tra chi, nel nome di una visione più “sostanzialista’, ritiene che la novità mette nelle mani degli interessati uno strumento nuovo attribuendo nuovi diritti esercitabili solo per il futuro e chi, invece, ritiene che la novità sia di natura procedurale e possa essere applicata anche per fatti passati. Restano anche da definire i criteri in base ai quali verificare la rappresentatività dei soggetti collettivi che, al di fuori di quelli previsti dal Codice del consumo, possono proporre l’azione o, ancora, l’istituzione di un giudice specializzato per affrontare controversie ad alto tasso di specificità tecnica. Sul piano della procedura, da parte delle associazioni imprenditoriali era stato sostenuto, per esempio, che fosse necessario un filtro conciliativo da sperimentare prima della vera e propria proposizione della class action. Giovanni Negri Gli obiettivi I soggetti. Il ministero della Funzione pubblica ha insediato un gruppo di lavoro con il compito di definire [e condizioni per l’estensione della class action alla pubblica amministrazione; l’obiettivo è quello di concludere i [avori entro la fine dell’anno quando dovrebbe essere pronto anche il lavoro delle Attività produttive Le modifiche. Tra i punti che dovrebbero essere chiariti con la revisione della disciplina introdotta con la legge 244/ 07, la Finanziaria 2008, c’è quello della retroattività e quello dell’istituzione di un filtro conciliativo. Da misurare c’è anche la rappresentatività dei soggetti abilitati alla presentazione della class action e la natura degli interessi tutelati 19 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Regole chiare per i giudici di pace In temi: permanenza in servizio, previdenza e assistenza di Francesco Cersosimo – Presidente Associazione Nazionale Gudici di Pace Lettera aperta al ministro Alfano Signor ministro, il 9 maggio 2008 abbiamo chiesto di poterla incontrare. Il 9 luglio scorso era programmato un primo incontro. Suoi impegni inderogabili in Parlamento hanno fatto sì che il tutto fosse posposto a nuova data. Abbiamo compreso. Allo stato non sappiamo se e quando vi sarà un'altra data utile. Com'è noto gli avvenimenti si susseguono. Ieri è iniziata alla Camera dei deputati la discussione sulla manovra finanziaria del governo, approvata in consiglio dei ministri il 18 giugno scorso. Tale atto all'articolo 52 si occupa di modifiche al libro primo del codice di procedura civile. Vi si legge quanto segue: «1. All'art.7 del cpc sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma le parole “lire cinque milioni” sono sostituite dalle seguenti “settemilacinquecento euro”, b) al secondo comma le parole “lire trenta milioni” sono sostituite dalle seguenti “venticinquemila euro”». In sostanza è previsto un aumento di competenza per valore, più volte proposto e auspicato dall'Associazione nazionale dei giudici di pace. Dopo varie riunioni al ministero, il ministro Scotti aveva avviato l'iter. L'aumento è sostanzioso per i beni mobili. Si passa dagli attuali 2.582,28 euro rivalutati al maggio 2008 (euro 4.073,75) all'aumento di euro 7.500,00. L'aumento del valore per il danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e dei natanti dall'attuale soglia di euro 15.493,70 passa a euro 25.000,00. In pratica si acquisisce solo la rivalutazione del valore del 1991 che è pari a euro 24.444,09. Poca cosa. Ai fini della deflazione del carico dei tribunali sarebbe utile un più corposo intervento. La competenza dovrebbe passare quantomeno a euro 10.000,00 per i beni mobili e ad euro 50.000,00 per i veicoli e natanti. Solo così si potrebbe parlare di effettiva deflazione, tanto più che nel secondo caso le cause tendono a diradarsi per effetto della riforma della Responsabilità civile per le auto (Rca). Inoltre tutti gli operatori della giustizia si chiedono: dal momento che i giudici di pace giudicano secondo diritto (e non secondo equità, come ritiene qualche organo di stampa poco aggiornato), impegnarsi professionalmente per euro 25.000,00 oppure per euro 50.000,00, le norme da riversare in una sentenza sono le stesse, pur con gli approfondimenti necessari. E comunque vi è l'appello in tribunale e non Corte d'appello, che è il grado che maggiormente soffre la dilatazione temporale del giudicato ai limiti del grottesco. Infine rivolgiamo un appello agli attuali legislatori: prevedere comunque una norma di raccordo che permetta la traslazione dei «fascicoli» delle cause in corso ad approvazione del provvedimento. Questo vorremmo poter dire al ministro Alfano. E ancora. Prevista e acquisita la nuova competenza penale per valore, si è prospettata anche una competenza in materia di espulsione dei cittadini clandestini. L'Associazione nazionale dei giudici di pace è stata elogiata dal ministro Calderoli per senso dello stato, per avere dichiarato la disponibilità a farsi carico dell'eventuale provvedimento, che va ad aggiungersi a quello sulle convalide delle espulsioni degli extracomunitari. Dato. Tolto. Visto il fallimento, ridato ai giudici di pace. I soliti cultori della materia sono insorti: un giudice di pace non può occuparsi di restrizione della libertà. Non ne ha la competenza. 20 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Giusto. Invece di erogare il carcere si potrebbe erogare, se prevista in legge, la multa. Ma ritorniamo alla manovra finanziaria. Vorremmo dire in tempi brevi al ministro Alfano: signor ministro, quando era un semplice deputato di opposizione, il 14 giugno 2007 ebbe a sottoscrivere, quale secondo firmatario, la proposta di legge n. 2788 dell'onorevole Marinello in uno con i deputati Pili, Iannarilli, Romele, Germanà e Licastro Scardino, avente ad oggetto «Disposizioni in materia di durata dell'ufficio, trattamento previdenziale e ruolo organico dei giudici di pace». All'articolo 1 vi si legge che «il rapporto di servizio del magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace ha la durata di quattro anni a decorrere dalla data del giuramento e di immissione nel possesso delle funzioni, esso si protrae per ulteriori periodi di quattro anni, subordinatamente al giudizio di idoneità di cui al comma 2bis». Il seguito è dedicato molto opportunamente alla previdenza ed assistenza, di cui siamo privi. Sono i punti nodali da sciogliere in qualunque discussione sullo status, sulla riforma del giudice, che ormai di onorario ha ben poco. È la linea di realismo che l'Associazione nazionale sta portando avanti da anni. Signor ministro, potrebbe trasformare questi articoli della sua proposta di legge in emendamenti nella manovra finanziaria? Non costerebbero niente alle casse dello stato e il ministro dell'economia non avrebbe nulla da eccepire. Il provvedimento darebbe ai giudici di pace quella serenità, che è mancata nell'ultimo anno e che ha visto i magistrati astenersi dalle udienze con due scioperi generali, che hanno coinvolto il 94% di quanti sono in servizio. Tenga altresì conto, signor ministro, che nel 2010 e nel 2012 quasi tutti i giudici di pace saranno in scadenza di mandato e non credo che sarebbe proficuo ed intelligente per uno stato rinunciare alla professionalità acquisita in tanti anni e su cui ha investito molto con i corsi di formazione e aggiornamento. Nulla osta al permanere degli attuali giudici di pace nell'incarico sino al settantacinquesimo anno la natura del rapporto. Si pensi a quanto ottenuto dai giudici tributari_ In conclusione, signor ministro Alfano, signor ministro Calderoli, noi siamo responsabili e abbiamo il senso dello stato e delle istituzioni. Ma siamo anche frustrati e stanchi di essere privi di una prospettiva di programmazione di vita. Finora ciò non si è riverberato nel nostro lavoro, al massimo della produttività, che ha evitato il collasso definitivo della giustizia. Tuttavia non sappiamo quanto questo possa durare. 21 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI CASSAZIONE/ Respinto il ricorso di un contribuente vittima di un contenzioso-lumaca Processo lungo, risarcimento ko Indennizzo da ingiusta durata solo in caso di reati tributari I contribuenti non hanno armi contro le lungaggini della giustizia tributaria: non hanno diritto cioè a nessuna indennità se la lite fiscale è durata troppo. Con un'eccezione, però. Il cittadino può essere risarcito per l'ingiusta durata del processo qualora sia stato imputato per reati tributari. È quanto affermato dalla Corte di cassazione, che, con la sentenza n. 19367 del 15 luglio 2008, ha respinto il ricorso di un contribuente che chiedeva di essere risarcito perché la lite fiscale, instaurata per decidere su un accertamento Irpef, era durata molti anni. Il motivo di questa scelta legislativa, precisa la sezione tributaria, va ricercato prima di tutto nelle indicazioni fornite dalla stessa giurisprudenza della Corte europea che da molti anni è nel senso «di non estendere il campo di applicazione dell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo alle controversie tra cittadino e fisco, aventi a oggetto provvedimenti impositivi». Questa volta il fatto che i cittadini italiani non siano titolari di nessuna tutela per la giustizia lumaca, almeno quando si parla di accertamenti o rimborsi di imposta, non dipende da una scelta nostrana. Infatti, l'Italia non ha fatto altro che allinearsi al dettato europeo. Nessun problema, ad avviso della Cassazione, neppure con la nostra Costituzione e il giusto processo. Il legislatore poteva decidere in autonomia, scrivono i giudici di «Piazza Cavour». Fatto sta che al giorno d'oggi non è possibile fare nulla se la causa su una richiesta di rimborso, per esempio, viene seppellita nei palazzi di giustizia. Ma ecco l'eccezione che conferma la regola. L'indennità per l'ingiusta durata del processo può essere chiesta se la causa verteva su reati tributari gravi: «La materia penale», si legge in fondo alle lunghe motivazioni, «secondo la nozione autonoma elaborata anche per tal profilo dalla giurisprudenza della Cedu, di cui il giudice nazionale deve tener conto, dev'essere intesa come comprensiva anche delle controversie relative all'applicazione di sanzioni tributarie, ove queste siano commutabili in misure detentive ovvero siano, per la loro stessa gravità, assimilabili sul piano dell'afflittività a una sanzione penale, e che pertanto, in relazione ai profili che in questa sede rilevano, per ritenere assimilabile una controversia tributaria a una causa penale occorre che la controversia fiscale concerna l'irrogazione di sanzioni amministrative aventi le caratteristiche sopra descritte (commutabilità, particolare afflittività), prescindendo dalla soglia di imposta evasa e indipendentemente dalla sussistenza di una rilevanza anche penale dei fatti per i quali si controverte nel giudizio tributario». Debora Alberici 22 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI La relazione della Commissione sul recepimento delle disposizioni in materia di giustizia Norme Ue, l'Italia lascia la coda Risultati migliori su adeguamento leggi e comunicazione Migliora il deficit globale italiano di recepimento delle norme europee del programma dell'Aia. Lo confermano i dettagli forniti in settimana dalla Commissione europea relativi al 2007 e contenuti nella Terza Relazione sull'attuazione del programma dell'Aia. L'Italia ha infatti abbandonato le posizioni di coda sia per quel che riguarda la classifica per paesi membri della mancata comunicazione delle misure nazionali, sia per quella riguardante l'errata applicazione o la non conformità della propria legislazione. Quest'ultima è guidata dalla Francia, con quasi il 14% delle proprie misure errate o non conformi alla normativa europea, seguita da Belgio, Irlanda e Paesi Bassi, Danimarca, Germania, Lituania, Lussemburgo, Malta e Slovacchia. Segue l'Italia, con solo il 4%. Stessa nota positiva arriva anche dalla classifica del deficit globale di recepimento, guidata nettamente dalla Grecia, con oltre il 20%. Più in generale, per quel che riguarda la giustizia, la Relazione ha sottolineato come nel settore del reciproco riconoscimento, il mandato Ue d'arresto è operativo in tutti gli stati membri, anche se molti devono ancora produrre sforzi per conformarsi del tutto alla decisione quadro. Rimangono «deludenti» le attuazioni della decisione quadro relativa all'esecuzione dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio. A oltre due anni dalla scadenza del termine di attuazione ben 12 stati membri non hanno ancora adempiuto all'obbligo di comunicazione o l'hanno fatto solo in parte. Globalmente insoddisfacente, poi, il livello di recepimento dei provvedimenti in materia di cooperazione giudiziaria nel settore penale, con molti stati membri ancora inadempienti. Quanto alla decisione quadro sulla lotta contro il terrorismo, tutti gli stati membri hanno comunicato le rispettive misure di recepimento, ma rimangono alcune lacune. E la Commissione giudica i progressi «soddisfacenti». Stesso giudizio per i progressi nella ratifica (quattro stati membri) della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee. Nonostante il secondo protocollo non sia ancora entrato in vigore a causa della mancata approvazione di un solo stato membro. Molto meglio è andata alla cooperazione in materia civile. Passi avanti ha fatto segnare il recepimento della direttiva sul patrocinio a spese dello stato e di quella relativa all'indennizzo delle vittime di reato (ma uno stato membro sta incontrando difficoltà). Il livello generale dell'applicazione di due regolamenti, uno sulla cooperazione fra le attività giudiziarie degli stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale, l'altro concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, è stato giudicato «soddisfacente». Paolo Bozzacchi 23 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI L'associazione Antigone ha presentato il quinto rapporto sullo stato dell'arte in Italia Più detenuti, meno penitenziari In Italia si incarcera il doppio rispetto alla media europea Crescono i detenuti. Non crescono gli operatori penitenziari. È questo uno dei temi di cui dovrà occuparsi Franco Ionta, nuovo capo dell'Amministrazione penitenziaria che sostituisce Ettore Ferrara, il quale fu nominato da Clemente Mastella. Crescono anche gli imputati. Il 55,32% della popolazione detenuta è in attesa di condanna definitiva. Il tasso medio europeo dei detenuti in attesa di giudizio è invece ben inferiore al 25%. In Italia quindi si incarcerano gli imputati in modo più che doppio rispetto agli altri paesi dell'area Ue. Ciò è l'effetto sia dei tempi lunghi della custodia cautelare sia della durata eccessiva dei processi. È questo uno dei dati più allarmanti emersi durante la presentazione del Quinto rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia curato dall'associazione Antigone avvenuto alla presenza dell'Unione camere penali e dell'Anm. Il 29,5% dei reati ascritti alla popolazione detenuta consiste in delitti contro il patrimonio. Il 16,5% in reati contro la persona. Il 15,2% in violazioni della legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Il 3,2% dei reati riguarda crimini direttamente connessi ad associazioni a delinquere di stampo mafioso; 1.357 sono gli ergastolani; 10.800 detenuti devono scontare una pena residua inferiore ai tre anni. I detenuti sono oggi complessivamente 54.605. I posti letto regolamentari sono 42.890. Vi sono 11.715 persone in più rispetto ai posti letto disponibili. Il 31 dicembre del 2007 i detenuti erano 48.693. In sei mesi sono cresciuti di poco meno di 6 mila unità. Mille detenuti in più al mese. Erano 39.005 il 31 dicembre del 2006. Per tutto il 2007 il tasso di crescita mensile è stato di 807 detenuti. Il 31 dicembre del 2005, ossia sette mesi prima dell'approvazione dell'indulto, la popolazione detenuta ammontava a 59.523 unità. Si consideri che il 31 dicembre del 2001 i reclusi erano 55.275. Il tasso di crescita nel quadriennio del primo governo Berlusconi (2001-2005) è stato quindi di circa mille unità l'anno. Il 31 dicembre del 1996 i detenuti erano 47.709. Nei cinque anni di governo del centro-sinistra i detenuti sono cresciuti di poco più di 1.500 unità l'anno. L'aumento progressivo del tasso di crescita carcerario è l'effetto di due leggi: la ex Cirielli sulla recidiva e la Bossi-Fini sull'immigrazione. Leggi del 2005 e del 2002 che oggi iniziano a produrre i loro effetti inflativi. Alcune situazioni di particolare affollamento a livello regionale sono: in Emilia Romagna le presenze ammontano a 3.857 mentre la capienza regolamentare è pari a 2.270. La percentuale di sovraffollamento è del 170%. In Lombardia ci sono 8.231 detenuti per 5.382 posti letto. La percentuale di sovraffollamento è del 152%. In Abruzzo, Sardegna e Umbria vi sono meno detenuti rispetto alla capienza regolamentare. Tra le carceri più sovraffollate: Monza (dove oltre 100 persone dormono sui materassi), la Dozza a Bologna, Poggioreale a Napoli. Nella Casa circondariale di Ravenna tre detenuti vivono in celle da 7,5 metri. Il livello di sovraffollamento comporta una preoccupante sproporzione tra numero dei detenuti e numero degli operatori penitenziari. Sia le organizzazioni sindacali del personale di polizia che del personale amministrativo lamentano i numeri insufficienti e sproporzionati rispetto alla popolazione detenuta in crescita esponenziale. Al momento aspettano l'assunzione 397 educatori, posizione economica C1. Dopo un lunghissimo iter procedurale, durato ben quattro anni, il concorso si è concluso il 13 giugno 2008. Un altro capitolo del Rapporto riguarda gli ospedali psichiatrici giudiziari. Condizioni di vita molto dure, diversi casi di detenzione ingiustificata, eccessivo uso dei letti di contenzione, strutture in alcuni casi sovraffollate e sporche. Gli internati sono 1.348, dei quali 98 donne. Il 65,1% degli internati in misura di sicurezza ha commesso un reato contro la persona, il 15,4 contro il patrimonio, il 4,9% contro la libertà sessuale. In tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari italiani sono presenti una o più sale di coercizione, con letti aventi cinghie di cuoio e in alcuni casi un buco al centro per i bisogni fisici. Mancano i dati relativi ai tempi medi della coercizione. In media almeno un internato su sei ha conosciuto l'esperienza della coercizione fisica. Un dato sottostimato se consideriamo che non sono disponibili i dati relativi a Napoli e ad Aversa. Pertanto, esclusi questi ultimi due, sono stati 195 i soggetti coerciti nel 2007. A Reggio Emilia 84, a Castiglione delle Stiviere 47, a Barcellona Pozzo di Gotto e a Montelupo 32. Complessivamente gli episodi di coercizione sono stati 515. Patrizio Gonnella 24 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected]