tocai - Cittadini per il Presidente

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tocai - Cittadini per il Presidente
Atti del convegno
TOCAI
ULTIMO ATTO?
www.unaregioneincomune.it
UDINE 10 MARZO 2007
www.unaregioneincomune.it
GRUPPO CONSILIARE REGIONALE
CITTADINI PER IL PRESIDENTE
34133 TRIESTE piazza Oberdan 6
NUMERO VERDE 800 844081
tel 040 362105 360639
fax 040 3773158
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email [email protected]
SOMMARIO
INTRODUZIONE
MAURIZIO PASELLI
Consigliere regionale
Cittadini per il Presidente
pag. 5
PRESENTAZIONE
BRUNO MALATTIA
Presidente Gruppo consiliare
Cittadini per il Presidente
pag. 6
RELAZIONI
TOCAI: VITIGNO AUTOCTONO
ANTONIO CALÒ
Direttore Istituto Sperimentale
Viticoltura CRA
pag. 9
IL TOCAI NELL’IDENTITÀ FRIULANA
CLAUDIO FABBRO
Agronomo e giornalista
pag. 15
IL VALORE DEL TOCAI
IVANO BENVENUTI
Presidente Confcooperative FVG
pag. 24
SPAZI ED AZIONI GIURIDICHE
PER CONTINUARE A CHIAMARLO TOCAI
FAUSTO CAPELLI
Professore di Diritto comunitario, Università di Parma
pag. 32
DIBATTITO
pag. 46
3
Con un curioso scherzo di tappi e bandiere - utilizzati come
INTRODUZIONE
immagine del convegno - abbiamo dato una chiara visualizMAURIZIO PASELLI
zazione di quella che è la realtà attuale del Tocai. Il Tocai si
Consigliere regionale
produce in tutto il mondo, ma, ahimè, rischiamo di non
poterlo più produrre, commercializzare e vendere nella
nostra regione.
Il motivo centrale di questo incontro è spiegare il contenuto e
il senso di una iniziativa di legge regionale per la tutela sul territorio nazionale della denominazione “TOCAI FRIULANO”.
La legge regionale porta la firma dei Cittadini per il
Presidente, è stata sottoscritta da tutti i gruppi della maggioranza, depositata e assegnata alle competenti commissioni
consiliari. Questa legge può essere adottata in forza dello statuto di specialità ed autonomia della nostra Regione. Voglio
sottolineare questo aspetto, perchè molte volte sentiamo
rivendicare la necessità di mantenere e rafforzare la nostra
identità, quella del nostro Friuli, ed ecco che qui abbiamo
un’occasione formidabile e concreta per farlo. Sappiamo
quanto importante sia la viticoltura nella nostra regione,
quanto importante sia questo vino, il Tocai: ecco perché
abbiamo voluto questo incontro pubblico. È vero che la questione riguarda in particolare il mondo della viticoltura, ma noi
pensiamo che sia una questione importante anche per tutti i
cittadini della nostra regione, per tutto il Friuli Venezia Giulia.
Un’altra cosa che balza agli occhi, e che è già emersa nel
convegno organizzato dal nostro Gruppo a
Cormòns la scorsa estate, è la mancanza di gover- Nel settore vitivinicolo
no univoco nel settore vitivinicolo regionale.
regionale è necessaria
Sicuramente in Francia una cosa così non sarebbe accaduta. Le 122 deroghe sulla denominazio- un’azione di governo
ne dei vitigni in Europa lo testimoniano. È venuto univoca.
il momento di fare una riflessione su questo:
quando siamo a Trieste, quando siamo a Roma, quando
siamo a Bruxelles, noi dobbiamo parlare una lingua sola.
Non possiamo andare in giro per il mondo dimostrando divi5
sione, dimostrando incertezze su temi così importanti che
riguardano l’identità e l’economia della nostra regione.
Qualcuno afferma che ormai il Tocai è perduto ed è giusto
decidere per il Friulano. Noi diciamo il contrario. Se noi
friulani nelle sedi internazionali proponiamo il Friulano, ci
diamo la zappa sui piedi e precostituiamo l’ultimo giudizio
negativo nei confronti del nostro Tocai. Se perderemo questa battaglia, non la perderà questa o quella organizzazione agricola, questa o quella parte politica, ma la perderà
l’intera regione Friuli Venezia Giulia.
Noi intendiamo batterci fino all’ultima possibilità giuridica,
fino all’ultima possibilità tecnica, fino all’ultima possibilità
politica, per continuare a mantenere la denominazione del
vino Tocai. Vogliamo continuare a chiamarlo TOCAI. Grazie.
PRESENTAZIONE
Un cordiale benvenuto anche da parte mia. Prima di presentare i relatori e dare inizio alla tavola rotonda, desidero espriBRUNO MALATTIA
mere un ringraziamento a due persone, presenti in sala:
Presidente Gruppo
Luigi Soini e Bruno Augusto Pinat. Il loro coraggio e la loro
consiliare Cittadini
determinazione, la capacità di vedere lontano, hanno conper il Presidente
sentito, grazie ad una intelligente iniziativa giudiziaria, di riaprire i giochi sul Tocai ed a noi di parlare ancora di questo
vitigno, di questo nostro vino, di parte della cultura
Il Tocai fa parte e dell’identità friulana, che vogliamo conservare.
dell’identità friulana Il Tocai non è solo un problema dei viticoltori, oggi
presenti in maniera qualificata ed ai quali rivolgo un
cordiale saluto, così come saluto il consigliere regionale
Venier Romano, già Assessore regionale all’Agricoltura, che si
è battuto intelligentemente, a suo tempo, per la salvaguardia
del nostro vino. Il Tocai non è neppure solo un problema di
chi commercia vino. È anche un problema culturale e di tradizioni perchè appartiene alla storia del Friuli, delle generazioni che ci hanno preceduto e di quelle che seguiranno e
non è bene che una generazione, la nostra, per scelte più o
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meno giuste ma sempre discutibili, pregiudichi passato e
futuro. Con il nome del Tocai si smarrirebbero infatti non solo
ricordi e tradizioni, ma si negherebbe il futuro ad un vino e ad
una denominazione che hanno un apprezzabile valore economico. Grazie Soini, grazie Pinat, grazie anche alla nostra
Regione che essi hanno affiancato. Piace a noi la vivacità,
piacciono le persone coraggiose, che riescono ad andare
contro corrente, che non danno nulla per scontato, che sono
pronte al dialogo, a confrontarsi con le ragioni degli altri,
senza credere di esser depositarie della verità, che hanno la
capacità di valutare il presente e di costruire il futuro sulla
base di una dialettica fruttuosa. Noi dobbiamo arricchire il
nostro patrimonio di valori, economici ed identitari, senza perdere nulla di quello che il nostro passato e la nostra storia ci
hanno affidato. Questo è lo spirito del nostro movimento politico, di persone che non agiscono per partito preso, che non
rispondono ad ordini di scuderia, di friulani, di triestini, di
goriziani e di pordenonesi che si sono trovati assieme, per
dare un contributo alla politica regionale, al di fuori dagli
schemi convenzionali. Il tema del Tocai, così come altri temi
di interesse regionale, lo affrontiamo in maniera laica e partecipativa. Vogliamo discutere del Tocai con i cittadini del Friuli.
Per troppo tempo il Tocai è rimasto un problema della politica e dei viticoltori mentre in realtà è un problema che ci interessa tutti. Con questa iniziativa e con le altre che prenderemo vogliamo che i friulani possano capire meglio che cosa
sia più opportuno fare per il Tocai. Auspichiamo uno scatto
di orgoglio, una dose di intelligenza e di partecipazione maggiori, rispetto a quelle che fino ad ora hanno accompagnato
questa vicenda. Oggi a percorrere, da un punto di vista tecnico, storico, agronomico e giuridico, le ragioni per le quali il
Tocai è importante e va conservato ci accompagneranno dei
relatori di altissimo livello. Il primo è il prof. Antonio Calò,
docente universitario e direttore dell’Istituto Sperimentale di
Viticoltura. Ci parlerà del vitigno Tocai.
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TOCAI: VITIGNO AUTOCTONO
Presidente, signore e signori, non vorrei deludere nessuno,
perché vorrei fare un’analisi del vitigno Tocai il più possibile veritiera e lontana da inutili luoghi comuni. La verità,
infatti, non deve fare ombra o paura, perché solo partendo
da dati certi e documentati, possiamo fornire le basi per
trovare soluzioni al problema che ci tocca da vicino.
In questa ottica, intanto, va aggiunto un bel punto interrogativo al titolo di questa relazione: Tocai friulano, vitigno
autoctono?
Il mio inizio, così, non vi sembrerà favorevole alla causa
che sosteniamo, ma vi accorgerete che è esattamente il
contrario.
I dati di fatto. Nell’Annuario della Stazione Sperimentale di
Viticoltura ed Enologia di Conegliano del 1936, il prof.
Cosmo, scrivendo sull’origine e sul nome di questo vitigno
che andava prendendo fama e conquistando successo
come Tocai friulano, affermava: “Rimane da chiarire ancora da dove il Tocai sia giunto nel Veneto, ove è diffuso specialmente nel distretto di Portogruaro, con epicentro a
Lison, ed in provincia di Udine, soprattutto nella zona collinare orientale, ed ora si trova anche nel Goriziano”.
Cosa succedeva? Vi era il problema di un vitigno Tokai che
si diffondeva dalla seconda metà dell’Ottocento e non certamente da prima.
In Europa, infatti, assistiamo proprio in quel periodo alla
diffusione di alcune varietà che venivano denominate
Tokai. Basta consultare il “Traité de cépages” del 1848 del
conte Odart, il più grande ampelografo francese, per
apprendere che vi era un Grauer Tokayer diffuso nella Valle
del Reno e “molto simile” al Pinot grigio; oppure
l’“Ampelographices Wörterbuch” del 1875 del Göthe che
descriveva un Tokajer Weisser ed uno Blauer; o di
Rovasenda nel “Saggio di un’ampelografia universale” del
1877 che elencava molte varietà le quali, sotto il nome
Tokai, erano diffuse in diversi paesi e fra queste: Malvasia,
RELAZIONE
ANTONIO CALÒ
Direttore
Istituto Sperimentale
Viticoltura CRA
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RELAZIONE
Aleatico, Brachetto, Pinot grigio, Moradella… e soprattutto
il Furmint, il classico vitigno coltivato nella zona di Tokai.
Sannino nel 1920 chiarirà che anche nel Veneto il Pinot
ANTONIO CALÒ
Direttore
grigio era a volte coltivato sotto il nome di Tokai, come in
Istituto Sperimentale
Svizzera, Savoia, Alsazia, Piemonte.
Viticoltura CRA
La stessa cosa ribadivano il Marzotto nel 1925 e il Cavazza
nel 1934.
Tutto nasceva dal fatto che diversi vitigni erano così denominati per la fama che aveva acquisito, fino dalla metà del
1700, il vino Tokai.
E questa fama aveva due conseguenze:
1) che molti vitigni europei prendevano, appunto, il nome
di Tokai;
2) che la varietà (Furmint) con cui veniva fatto il vino di
Tokai si diffondeva in varie zone.
Quindi non confondiamo gli avvenimenti, perché
Sannino nel 1920 gli ampelografi studiavano questi vitigni denomichiarirà che anche nel nati Tokai e tutti venivano riconosciuti con il loro
vero nome; veniva riconosciuto soprattutto che
Veneto il Pinot grigio quello coltivato in Alsazia era Pinot grigio. Uno
era a volte coltivato però di questi vitigni non veniva identificato con
sotto il nome di Tokai, altri e non si poteva catalogare, tanto che proprio
su questo cominciarono svariati studi di ampelocome in Svizzera, grafia. Torniamo così al prof. Cosmo ed alla frase
Savoia, Alsazia, citata all’inizio di questa relazione. Rivedendo con
Piemonte. pazienza gli scritti dell’epoca, ho trovato sulla
“Rivista di Viticoltura” di Conegliano del 1901,
nella rubrica “Risposta a quesiti”, la seguente nota di
Sannino a certo Cavalier P.F. di Zoppè di Conegliano:
“L’uva bianca di cui mi ha favorito i grappoli e le foglie è
abbastanza estesamente coltivata nelle province di
Venezia e Treviso col nome di Tokai. Indubbiamente è
varietà ungherese, importata nel Veneto circa cinquanta
anni or sono. Inizierò delle ricerche per conoscere il nome
originale della varietà, che mi pare vada abbastanza bene
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per l’abbondanza del prodotto ed anche per la buona qualità”. Silenzio assoluto fino al 1920 quando, sempre il
Sannino, in un articolo intitolato “I Tokai coltivati in Italia”
ricorda come nella zona di Portogruaro vi fosse il vitigno
Tokai e come avesse inviato al prof. Istvanfi, direttore
dell’Istituto Ampelografico di Budapest, campioni di foglie
e di grappoli di tale varietà per avere lumi e conoscere
l’eventuale vitigno ungherese di riferimento. Ebbe una
“cortese risposta” che non chiariva il problema, perché il
vitigno veniva assimilato ad un Riesling. È fatto importante
da sottolineare, perché neanche gli studiosi ungheresi
dimostravano di conoscere il vitigno.
Sannino continua affermando che i suoi studi lo portavano
ad identificarlo con il Sauvignon.
Ma, ancora una volta, non eravamo nel vero, perché sia
Dalmasso che Cosmo intervengono e dicono che ha delle
somiglianze con il Sauvignon, ma che si distingue assolutamente. Cosmo infatti nel 1936 scrive un articolo “Rilievi
ampelografici comparativi su varietà di Vitis vinifera” e stabilisce definitivamente le differenze fra Semillon,
Sauvignon e Tocai e sottolinea la grafia con la c al posto del
k. Ma perché eravamo arrivati a ciò?
Perché in un altro articolo del 1933 pubblicato sul
“Corriere vinicolo” del 21 settembre, Dalmasso aveva scritto: “Diverso il caso del Tocai, scrivo Tocai e non Tokay condividendo in pieno quanto hanno deciso anche gli amici
del Friuli, i quali sanno benissimo che non esiste al mondo
un vitigno Tokay, come non esiste un vitigno Marsala. Ma
poiché da tempo nel Friuli si coltiva un ottimo vitigno bianco, sotto questo nome, vitigno che ha qualche vaga somiglianza con il Sauvignon, ma che se ne differenzia perfettamente, abbiamo pensato di adottare la grafia italiana e,
per evitare equivoci con altri pseudo Tokai, coltivati in Italia,
preferirei si chiamasse Tocai friulano, per quanto oggi si
coltivi anche nelle province limitrofe”.
RELAZIONE
ANTONIO CALÒ
Direttore
Istituto Sperimentale
Viticoltura CRA
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RELAZIONE
ANTONIO CALÒ
Direttore
Istituto Sperimentale
Viticoltura CRA
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Allora: 21 settembre 1933, data importante perché data di
battesimo del vitigno che era considerato (da tutti!) autonomo non riconducibile ad altri e coltivato nel Veneto ed in
Friuli, con una grafia che lo distinguesse da altri Tokay e
così lo distingueva anche il vino da quello dalla zona di
Tokay!
Da quel momento tutti hanno adottato questa denominazione e grafia e da quel momento ha cominciato a svilupparsi originando prodotti eccellenti con un nome di vitigno che non poteva essere confuso con riferimenti territoriali. Per dire l’importanza che acquisiva nella zone di
Lison-Pramaggiore, basta citare un giudizio di Arturo
Marescalchi degli anni ’30: “…Sento il bisogno di dire che
il Tocai di Lison è un prodotto di primissimo ordine: la sua stoffa generosa e fine a un tempo, soddisfa il gusto offrendo un
senso di pienezza, di vivacità, di grazia. Tutta la nobiltà del vitigno vi appare in pieno…”
Nel Friuli, dopo che non compare mai come vitigno negli
elenchi del 1823 e del 1879, è dagli anni ’20 del 1900 che
prende piede e trova interpreti validissimi ed appassionati,
che lo descrivono dettagliatamente, come il Poggi nella sua
Ampelografia e poi, in articoli, fra i quali in uno del 1939
parla di Tocai “che oserei dire inarrivabili”. In definitiva un
vitigno ed un vino che entravano nella tradizione di queste
zone. Su tale scia ci sono stati degli investimenti sul nome
ed è questo il punto che desidero sottolineare e cioè la
buonafede sulla quale è stata costruita questa fama. Un
vitigno giudicato autonomo, originale e non un sinonimo
come il caso del Tokai di Alsazia che i francesi da sempre
hanno saputo di produrre con il Pinot grigio. A mio modesto avviso è questa la differenza fondamentale che avrebbe dovuto essere messa in campo nella diatriba con
l’Ungheria. Anche perché non è la prima volta che ciò succede. Tutti conoscete la causa degli anni ’50 del 1900 promossa da “Monimpex” e tutti sapete della “vittoria” italia-
na fino all’ultimo grado di giudizio, a conferma di altro
“diritto” dei nostri operatori ad utilizzare la denominazione
“Tocai friulano”. Alla fine, il completamento degli studi
ampelografici ha potuto risolvere anche la questione dell’identità del vitigno. Tutti avevano guardato ad oriente ed
invece bisognava guardare ad occidente. Infatti proprio chi
vi parla, negli anni ’90, si accorse nelle collezioni
dell’Università di Davis (California) che il Sauvignonasse
(antico vitigno francese) aveva delle somiglianze con il
nostro Tocai. Con il materiale portato a Conegliano abbiamo eseguito svariate analisi, fra le quali il risolutivo test sul
DNA ed abbiamo appurato che si tratta dello stesso vitigno
confermando così anche una vecchia intuizione dell’ampelografo francese Truel. Ma ciò non toglie nulla alla nostra
sacrosanta richiesta, perché come sinonimo il nome Tocai
Friulano può certamente essere utilizzato.
Allora: da tutto traspare un legittimo diritto (anche se forse
in eccezione ad alcune regole generali) a conservare la
nostra denominazione definitivamente acquisita nell’uso di
queste popolazioni e considerare il vitigno, perché solo qui
è stato valorizzato, fra i grandi di questi territori.
RELAZIONE
Grazie al prof. Calò. La sua relazione, con documenti e
memorie ci ha tratteggiato una parte di storia del vitigno
Tocai. Chi sul Tocai ha scritto con le conoscenze dell’agronomo, le capacità del giornalista e la passione del friulano
è Claudio Fabbro. È qui per raccontarci del Tocai, dal suo
punto di vista e dal punto di vista dei friulani.
MODERATORE
ANTONIO CALÒ
Direttore
Istituto Sperimentale
Viticoltura CRA
BRUNO MALATTIA
Presidente Gruppo
consiliare Cittadini
per il Presidente
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IL TOCAI NELL’IDENTITÀ FRIULANA
Grazie avvocato Malattia. In effetti nella ricerca che è stata
presentata nel 2005 a Villa Manin, per incarico del Ducato
dei Vini Friulani, ho cercato di trasformarmi più in storico
che in opinionista. Anche perché, di questi tempi, ad
essere troppo opinionisti si rischia di essere impallinati o
da destra o da sinistra, o dalle medesime persone che nel
giro di 24 ore cambiano versione ed opinione su quella
che è la materia del contendere. Per cui ho cercato di
fotografare gli atti, riunendo e riassumendo qualche metro
cubo di carte e documenti che avevo conservato dal
momento in cui mi laureai con una tesi che richiamava il
“Vigneto Friuli” dalle origini ai tempi nostri. Mi accomuna
al prof. Calò anche la considerazione che, non essendo un
sociologo, mi è stata affidata una materia un po’ ostica sull’identità friulana: nel titolo avrei messo un punto di
domanda, perchè ci stava assolutamente. Perché l’identità friulana - più che trovare una conferma - mi sembra sia
stata più violata che identificata. E allora andremo a Tocai
o Tokaji, ovvero un’esuberante leggenda, un po’ di storia e
pochi documenti. Troverete molte conferme e molti allineamenti sul “Calò pensiero”. Tocai friulano, emigrante o
immigrato? Ci stiamo ancora interrogando. Certamente
all’inizio fu Aquileia che, attraverso le strade del vino ante
litteram, diffuse la vite (forse Tocai, ma non c’è la controprova) anche in Mitteleuropa, ergo anche in Ungheria. La
via Gemina, la via Julia Augusta, che andavano verso
Klagenfurt e la Carinzia; poi Annia e Postumia. Quindi
emigrazione ed immigrazioni.
Prime emigrazioni: secondo il prof. Gergely dell’Università
di Budapest, missionari italiani chiamati da Re Stefano,
portarono in Ungheria - intorno all’anno 1000 - dei vitigni,
ora ritenuti ungheresi. Furmint: interessante nome
Furmint, ricorrerà più spesso come fior dei monti, bacca
d’oro. Lo diceva il Marangoni già nel 1985: “un grappolo di
Furmint - richiamando l’ampelografo, il vivaista, il vignaiolo
RELAZIONE
CLAUDIO FABBRO
Agronomo e giornalista
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RELAZIONE
- nulla ha a che vedere con il nostro Tocai”. Così come il
contenuto di questa bottiglia non ha nulla a che vedere con
il nostro Tocai. Nel 1245 Bertoldo di Andechs, Patriarca di
CLAUDIO FABBRO
Agronomo e giornalista
Aquileia, porta dei vitigni Tocai al nipote Re Bela IV di
Ungheria; questo lo diceva il Coronini nei “Sepolcri di
Aquileia” (1867), e fu ripreso poi dal Viglietto nel Bollettino
dell’Associazione Agraria Friulana nel 1884.
Balziamo poi al 1632: Aurora Formentini di San Floriano
(Formentini = Furmint?), va in sposa ad Adam Batthyany e
porta in dote “vitti di Toccai 300”. La doppia T e la doppia
C ce le ritroviamo fino al 1939, nel Picolit e nel Tocai, perché fu appena il Poggi, nel grande lavoro sull’ampelografia
friulana, a fare un po’ di pulizia sulle “c”, e questo lo colgono anche Cosma e Burcheri dal patto dotale che esiste
in originale presso la famiglia Formentini di San Floriano
del Collio: “Vitti di Tocai 300”.
Nel 1245 Bertoldo Ma nella dote c’erano anche due contadini che
sapevano coltivare, potare le viti e quant’altro.
di Andechs, Patriarca Quindi emigrato, probabilmente dalle vigne dei
di Aquileia, porta conti Formentini di San Floriano: di questo se ne è
dei vitigni Tocai scritto parecchio.
c’è un’altra versione: Tocai immigrato? E qui
al nipote Re Bela IV Eppure
c’è una tesi secondo la quale “il Tocai friulano viene
di Ungheria importato dall’Ungheria dal Conte Otellio di Ariis,
che ne invia alcuni campioni alla Mostra della Società
Agraria Friulana del 1863. Lo stesso fu poi diffuso in Friuli
dal Pecile”; lo scriveva il Perusini in “Agricoltura Friulana”
n. 25 del 1935.
Le due date citate dal prof. Calò, 1933 e 1935, ricorreranno anche nella mia testimonianza. A proposito di Collio,
Mossa e S.Lorenzo, si parlava prima di toponimi e di nomi
geografici, prima ancora che di marchio e di brevetti.
Il vecchio friulano dice ancora oggi: “Voi a vore tai tocais”
(“vado a lavorare nelle colline localmente note come
Toccais” n.d.r.). Io mi sto enucleando dalla testa dell’agro16
nomo e cerco di entrare in quella del viticoltore e produttoRELAZIONE
re friulano; quindi per andare nel bosco: ”Voi tal ronc”
CLAUDIO FABBRO
(ronc :“superficie in più o meno forte acclività, coltivata a
Agronomo e giornalista
vigneto-frutteto” n.d.r.).
Nelle mappe dell’Impero Austriaco, dove c’era il tocai, il bosc,
il ronc. Il tocai, il bosc e questo fiumiciattolo che vedete è il
ronc. Interessante il rio del Tocai; a San Lorenzo (di Mossa)
c’è il Rio Toccai. Voi percorrete la ferrovia che porta a Gorizia,
sulla sinistra trovate tuttora questa tabella interessante. Allora
le etichette che viaggiavano dal 1866 al primo conflitto mondiale, recitavano Tokaier, Tokai, Tocai di nuovo; quindi non
sono cose inventate, ma documenti. Il termine Tukay: quando andiamo nel Collio storico ci dice ben altre cose, ovvero
rafforza il concetto di appartenenza del luogo “di chenti”, di
qui, ad esempio del Collio storico: autoctono!
Maggio 1945: i titini sono in Gorizia e cosa fanno?
Cominciano a pitturare le case di Salcano, Monte Santo:
Tukay, la Jugoslavia è qui. Poi nel 1991 le cose cambiano,
nasce la Slovenia, sparisce la Jugoslavia, fanno le prime
prove col bianchetto per cancellare quei colori che in tutti i
governi autarchici erano sicuramente di prima classe; e si riesce finalmente: il primo maggio 2004, (quando la Slovenia
entra nell’Unione Europea), a cancellare il Tukay in una notte.
Così come il 23 novembre 1993 venne cancellato a
Bruxelles il Tocai Friulano!
30 aprile 1962:
1933-1935: muore il Tokaj e nasce il Tocai.
1935: arriva anche Tocai Friulano. Basta Tokaj, la Corte di Cassazione
d’ora in poi si scrive Tocai (Dalmasso 21/9/1933)
dà torto agli ungheresi
e a Tocai aggiungiamo Friulano.
Nel 1959 il Tocai Friulano venne iscritto nel cata- e riconosce il diritto
logo nazionale delle varietà al numero 253 e suc- dei friulani di usare
cessivamente nel regolamento CEE 2800/81.
il nome Tocai
1956-1962: qui ne vediamo delle belle. Il Friuli
ritrova la sua dignità, mostra i denti e dice “Giù le mani dal
Tocai”. Perché?
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RELAZIONE
CLAUDIO FABBRO
Agronomo e giornalista
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Nel 1956, la prima causa legale. La ditta Moninpex di
Budapest fa causa all’Azienda Baroni Economo di Aquileia,
che etichettava il proprio vino come Tocai.
1959: la Corte d’Appello di Trieste dà ragione agli Economo
e finalmente il 30 aprile 1962 la sentenza della Corte di
Cassazione conferma. “Friuli batte Ungheria 2-0” …ed è
una sentenza veramente splendida. A tal proposito, si
interrogavano i friulani, dei cambiamenti politici, del crollo
dei muri, le valutazioni di opportunità, tese a far ponti d’oro
ad un paese dell’Est, in odore di Unione Europea, a cui
svendere di tutto e di più, senza contropartita alcuna: si è
mai pensato di riproporre tali sentenze, tali e quali, ma su
carta intestata e competenze aggiornate?
Nel 1985 altra levata di scudi. Grandissi
mo Simposio internazionale (promosso
dall’ERSA e dalla Regione), a cui partecipò ovviamente il prof. Calò, e fu veramente una disanima di grande livello storico,
tecnico e giuridico.
Durante il simposio il prof. Zilai, il quale dall’alto della sua preparazione, ma pur in una
visione ungherese del problema, portò più
acqua al mulino del Friuli che non a quello
di Budapest. Scheffer non fece altro che
dire quello che aveva detto Calò: “il nostro
(quello alsaziano, n.d.r.) è un Pinot Grigio, per cui siamo
noi ad aver bleffato sul nome”.
Invece nel 1985-1992 registriamo un periodo di sette anni
di torpore.
Si interrogano ancora i friulani: ma a Bruxelles non c’era
proprio alcuno a conoscenza dei fatti? E a Roma e nella
“Piccola Patria”?
Si interrogano i friulani su queste cose.
Dal 1985 al 1992, probabilmente gli stessi ungheresi avevano del problema una conoscenza approssimativa.
Ricordo che nel 1992 ero a Siviglia con l’allora mio
Assessore Ivano Benvenuti, e quando cominciammo a
interessarci sul contenzioso, notammo che tra i nostri interlocutori ungheresi c’era un’ignoranza totale del problema o
quanto meno una falsa ignoranza perché non volevano
esprimersi. È in quel periodo che il Friuli prima ancora di
identificarsi nel Tocai Friulano preferisce perdere ancora la
propria dignità, sbizzarrendosi a ricercare nomi alternativi
e mediamente ridicoli.
Dal Gazzettino del 1992, le proposte:
Anagrammi: blancai, furlai, ravai, tocasti, giocai.
Giochi di parole: friultoc, friulit, friultai, todai, tudei, totai.
Invenzioni: morus, lagote blanche, taller, lucetto, il goto,
biondello, cuc, turchin, trappe, taracche, anuestri, adrialpeno, orientale bianco, aghe furlane, tajut.
Qualcosa di più serio: Tocai per sempre, Friuli bianco, Blanc
furlan, Collio, Bianco Friuli. Ma il bello deve ancora venire.
Nel 1993 Cormòns parte in missione di pace; totalmente
disarmati, molto Tocai Friulano nella plancia della corriera. Ci
incontriamo a Budapest con gli ungheresi e poi, con Farinelli,
mi pare fosse allora l’Ambasciatore italiano; e poi a Tokay.
Fu un incontro bellissimo, in cui non ci fu neanche un attimo di screzio, che portò poi ad un gemellaggio fra due
“Città del vino”, tuttora amiche, che hanno saputo superare con l’amicizia e il dialogo quello che nelle stanze dei bottoni invece si cercava di lacerare. Ci riprova il Ducato nel
1997 con un convegno: “Un Friuli senza Tocai”, un tema
abbastanza simile a quello di oggi, e alla fine nasce: “Tocai
per sempre”. Chi lo dice? Lo dicono Emilio del Gobbo,
Bruno Pizzul, Luigi Soini. Fu veramente un gran bel convegno; in molti lo pensarono, ma, o per timidezza oppure perché erano già le 13,45 (“della serie butta la pasta”), lasciarono il Castello di Udine assaporando il gusto della sconfitta, (della serie “Gli Ultimi” di Padre David Maria Turoldo).
Intervento della Adinolfi, (dirigente del Ministero di allora):
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CLAUDIO FABBRO
Agronomo e giornalista
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RELAZIONE
CLAUDIO FABBRO
Agronomo e giornalista
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“Tocai? Ve lo sognate!” Era una donna minuta, ma non
aveva paura di nessuno, per cui neanche nello “scontro
fisico” riuscimmo così a farle cambiare idea.
Pittaro disse: “È più facile che Bertinotti diventi Papa, piuttosto che si salvi il nome del Tocai, sarà bene pensare a un
nome alternativo”. Buon profeta fu Pietro Pittaro: non diventò Papa Bertinotti, ma ci andò molto vicino, fece una bella
carriera. Più o meno la stessa tesi arrivò anche da Valli,
Pistoni e Filiputti. L’On. Gastone Parigi disse: “Fuori i nomi
dei colpevoli, che dovranno pagare di tasca propria!”
Io c’ero; era il 4 ottobre 1997.
1999: si inizia a pensare seriamente al problema Tocai, a
difendere il nome e a individuare un “sinonimo paracadute”
e cioè Friulano. E ci avviciniamo; Tocai Friulano, un vino in
crisi di identità, ovvero l’innominato, nel senso che si pensa
a lui ma lo si rinomina secondo usi, costumi e ceti sociali.
In frasca: dami “un quart di blanc”, implicitamente pensando al Tocai; in osteria “dami un taj” oppure “dami un taj di
blanc”; Tocai è sempre implicito, è sempre sottointeso, ma di
norma non nominato come tale. Ma finalmente in enoteca
“mi dia un Tocai”, “prego mi dia un Tocai Friulano”. Quindi
vedete come il benessere porta ad un glossario rivisitato.
Nella osmizza (frasca) carsolina “dame un bianco”, ma più
spesso “dame un belo” (belo in sloveno = bianco), ovviamente mai intendendo Tocai, bensì Malvasia, Vitovska o Glera; e
in Trieste, nei bar e nelle enoteche “dame un furlan”, che
però non è “Friulano” né Tocai, bensì un bianco non meglio
precisato con un po’ di Campari, Bitter, Aperol o similari.
“Friulano” - punti di forza: di tanti “sinonimi paracadute”,
confermo, è il meno peggio. Pare che per promuovere il nome
si renderanno disponibili nel triennio 2007–2009 dodici più
tre milioni di euro; pare che sia gradito all’estero, dove commercializzare appena il 5% della produzione del Tocai friulano costa fatica, a causa del nome chiacchierato, depistante
verso il consumatore che lo confonderebbe con l’ungherese.
“Friulano” - punti di debolezza: i finanziamenti per promuovere il nome non sono certi al 100% e comunque impegnerebbero parzialmente i produttori. Questi sono aspetti che
tratteranno altri dopo di me. I media usano normalmente tale
nome, “Friulano”, non per identificare il vino, bensì la lingua
friulana; etichette poi ispirate al sinonimo non ancora approvato non garantiscono uniformità. Alcuni esempi: “Slitta
l’apertura dello sportello per il friulano”, “il friulano in classe
divide i genitori”, oppure “avanti col friulano, l’Assessore
Antonaz attua il progetto, lo fermi la Filologica”.
Dalle vecchie etichette, dal Tocai siamo passati alla fantasia grafica: “Furlan, mari me”, (nel senso che mi metto le
mani nei capelli?) da uve Tocai Friulano; “Toh” (come dire
…guarda chi si vede..), da uve Tocai Friulano.
Prove: “Friulit”, “Friuli-Italia”, “Friulano” di nuovo, “Jacot”
(o “Jakot”) ovvero “l’effetto ambulanza”; perché quante
volte avete visto l’ambulanza dietro con la scritta al contrario e allo specchio leggete ambulanza?
Allora io vorrei vedere tutte le macchine del Friuli Venezia
Giulia con la scritta “Iacot”, in modo da leggere che siamo
inseguiti da cantine di Tocai.
Tocai e dintorni: “mai tai, mai tai”, ma sembra di essere
nella guerra del Vietnam, e poi addirittura protezione di
nomi, ma mentre noi a parole proteggiamo i nostri vini, tutti
ce li scippano con le 122 omonimie. Però anche il “fire
boy” per accendere, (trattasi di un accendino per cucina)
si chiama Tokay! Ragazzi, per accendere il fornello si usa
un Tokay, guardatelo alla sinistra. Ecco, a parte le annotazioni legali, qualcosa si muove; c’è qualcuno che alza la
testa. Firme per il Tocai, pugni per il Tocai, le casalinghe
pigiatrici d’uve sul ring del mondiale per difendere il Tocai;
il Tocai su Famiglia Cristiana coi “ribelli del Tocai”, difendiamo il nostro Tocai. C’è anche un film inchiesta, ho visto
alcuni dei protagonisti presenti in questa sala, che stanno
facendo una ricerca, e puntano anche su questo media,
RELAZIONE
CLAUDIO FABBRO
Agronomo e giornalista
21
RELAZIONE
CLAUDIO FABBRO
Agronomo e giornalista
MODERATORE
BRUNO MALATTIA
Presidente Gruppo
consiliare Cittadini
per il Presidente
che è una cosa importante. Le Deroghe: i friulani si interrogano ancora. Perché a mezzo mondo sì e al Friuli no? E
allora l’altro giorno ritrovo la bottiglia portatemi da amici da
Mendoza, Jang River - Mendoza, Tocai Friulano, sotto,
senza problemi di essere messi in galera, perché anche il
regime è diventato più democratico in Argentina. Dai locali dell’Argentina bottiglie di Tocai friulano, “Tocai Friulano”,
scritto tale e quale, come lo scriviamo noi.
Conclusioni
Chi sale? Il “Vigneto Friuli” da pochi anni produce finalmente un vino bianco di grande qualità.
Chi scende? Il Friuli non ha saputo ritrovare la propria identità intorno ad una propria creatura, e comunque uscirà da
questa esperienza profondamente lacerato. Dura lex, e poiché ancora una volta non si è stati capaci di trovare una
condivisione dettata dal buon senso, ma si è pensato più a
demolire le iniziative altrui, anziché proporne di valide, l’ultima parola che di certo non accontenterà i di più, verrà da
un’aula di tribunale.
Dunque …“Toghe e Tocai” …
Ben sapendo che quanto ho detto o scritto è solo una piccola goccia in un grande mare, vi ringrazio per l’attenzione.
I convegni sono spesso noiosi. Direi che oggi invece ci
divertiamo e impariamo molte cose. Grazie dott. Fabbro. Mi
sembra quasi incredibile che lei fosse un dipendente regionale. Ne ho conosciuti pochi dotati di tanta verve e di tanta
capacità comunicativa.
Ivano Benvenuti è presidente delle Confcooperative del
Friuli Venezia Giulia. Ha una storia onorata come politico
ed amministratore regionale. Credo sia la persona più indicata per passare dall’agronomia e dalla storia al settore
economico ed ai mercati nei quali il Tocai si confronta.
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IL VALORE DEL TOCAI
RELAZIONE
IVANO BENVENUTI
Presidente
Confcooperative FVG
24
Innanzitutto saluto i presenti e ringrazio il Presidente Malattia
e il Gruppo dei “Cittadini per il Presidente” per aver invitato
la cooperazione a questo tavolo ad illustrare la sua posizione. E questa è anche una considerazione, un apprezzamento nei vostri confronti, per aver saputo affrontare a livello politico questo tema, che sembrava andasse nel dimenticatoio.
Ho piacere di trovare anche a questo tavolo illustri collaboratori e relatori con i quali in passato ho avuto modo, per la
rappresentanza istituzionale che avevo, di operare nell’interesse dei nostri viticoltori e in particolare dei problemi che
l’agricoltura stava affrontando e che affronta tutt’oggi nella
nostra regione. Io non ho la capacità e le slide del mio amico
Claudio Fabbro per poter divertire, lo dico tra virgolette, gli
uditori. Anche perché il problema è complesso e a me spetta il compito di analizzarlo e di portare alcune considerazioni su quelli che sono gli aspetti e le valutazioni che i nostri
associati, le Cantine cooperative, fanno all’interno del nostro
movimento Fedagri Confcooperative. E quindi attraverso
questo mio intervento cercherò di proporre qualche riflessione a tutto il mondo vitivinicolo regionale, raccogliendo anche
quelle che sono state, nei passaggi di Claudio Fabbro, alcune provocazioni legate ad un miglioramento qualitativo che
ci deve e dovrà essere nel settore agricolo e in particolare in
quello vitivinicolo della nostra regione. Voglio subito sgomberare il campo da equivoci, nel dire che la posizione presa
dalla cooperazione vitivinicola friulana sulla vicenda Tocai
non è dettata né da rivalse, né da ripicche personali e né da
manie di protagonismo. E questo l’ ho anche asserito nell’incontro avuto qualche giorno fa a Roma con il Ministro
dell’Agricoltura, proprio perché, se ci sono problemi e ci
sono divergenze, questi devono essere dibattuti qui in casa
nostra e in casa nostra dobbiamo confrontarci e trovare le
soluzioni nell’interesse, di tutti i nostri associati e dell’agricoltura friulana. Le valutazioni che fin dall’inizio abbiamo fatto
come Confcooperative Fedagri hanno base soprattutto di
carattere economico e sono parametrate su quanto è utile
per i nostri soci e poi, perché no, anche di principio, ritenendo molto importante la difesa di un diritto legittimo sul nome
Tocai e di operare come organizzazione a favore dei nostri
produttori friulani. Infatti, ricordo che le Cantine cooperative
rappresentano il territorio ed i produttori che vi operano e
che sono legate a questi in modo indissolubile. La cooperativa, lo sapete, non si vende, non delocalizza ed è costretta,
direi, per le sue caratteristiche, a svolgere questo ruolo economico e sociale. È giusto ricordare che in questa regione le
cantine cooperative hanno 2450 soci viticoltori, con circa
5000 ettari di vigneto, l’80% iscritto alla denominazione di
origini controllata; sono stati lavorati, nel 2006, 570.000
quintali di uve, di cui 45.000 quintali destinati alla produzione del Tocai Friulano. In totale sono circa 420 gli ettari destinati a vigneto per questa produzione. La prima considerazione sul valore economico del vino viene direttamente dal
nome Tocai Friulano, cioè da un nome di vitigno di fatto
autoctono, indipendentemente dalle valutazioni e dai confronti che ci sono, con un nome che si coniuga con il riferimento preciso proprio al territorio di origine. E quindi per noi
sono due punti di forza irripetibili, due elementi a disposizione della nostra piccola regione vitivinicola, conosciuta
soprattutto per i vini bianchi e che deve affrontare un mercato mondiale difficilissimo. Dico mondiale per non usare il
termine globalizzazione, che voi sapete che cosa significa in
termini concreti: i nomi di vini internazionali vengono presentati da tutti i paesi del mondo, fra poco anche la Cina, e
chi frequenta questi mercati conferma che su numeri, prezzi e politiche commerciali di medio e lungo termine, la nostra
regione non ha scampo. Lo provano sulla propria pelle in primis le nostre cooperative, che non si possono permettere di
collocare prodotti di nicchia o vini di èlite, ma navigano nel
mare del mercato più ampio. Però è anche vero che, in uno
scenario così complesso, non si inventa, a nostro giudizio, un
RELAZIONE
IVANO BENVENUTI
Presidente
Confcooperative FVG
25
RELAZIONE
IVANO BENVENUTI
Presidente
Confcooperative FVG
26
nome dall’oggi al domani e per affermarlo servono mezzi ed
organizzazione che, purtroppo, noi non abbiamo al nostro
interno; quindi dobbiamo lavorare su quanto già è nostro
patrimonio e su quanto le nostre cantine cooperative posseggono. Sin dall’inizio della vicenda abbiamo ritenuto che la
battaglia sul nome fosse una formidabile opportunità per
rilanciare il nostro vino bianco per eccellenza e farlo diventare una bandiera, il biglietto da visita per i nostri bianchi, attraverso un vero e proprio progetto commerciale condiviso.
È vero che il Tocai tempo fa era commercialmente il vino più
povero; da diverso tempo non è più così e ciò anche grazie
alla pubblicità data dalla difesa del nome. Finora il mercato
di riferimento per il Tocai Friulano è il nostro paese, l’Italia.
Però ricordo che sul mercato estero, prima è stato fatto un
riferimento anche da parte di Claudio Fabbro, si sta evidenziando un notevole incremento delle vendite, e alcuni paesi
che possono produrre tranquillamente il Tocai Friulano, vedi
gli Stati Uniti, l’Australia, l’Argentina, grazie anche a questa
legislazione in atto che lo permette, possono moltiplicare l’offerta del vino friulano, addirittura vendendolo qui da noi.
Qualche giorno fa, nella riunione del tavolo di concertazione
di Roma, assieme al direttore della Cantina di Cormòns Luigi
Soini e al presidente di Confcooperative Fedagri Paolo Bruni,
abbiamo presentato le bottiglie prodotte negli Stati Uniti ed
in Australia, dove c’era scritto sull’etichetta Tocai Friulano,
come prima abbiamo visto nelle slide, e sotto in inglese era
scritto “ottimo vino prodotto da vigneti provenienti dal Friuli”.
Quindi voi capite che dovremmo trovarci nella posizione di
non poter produrre il nostro Tocai e di non commercializzarlo, mentre gli altri avranno la possibilità di farlo tranquillamente. Dico questo non per fare polemica, ma è giusto dare
l’informazione su cosa sta avvenendo. Per quanto riguarda
l’aspetto qualitativo, che è stato anche toccato, riporto fedelmente quanto è stato scritto da qualche cooperatore lungimirante circa 18 anni fa.
Diceva: “Mentre si programma una forte campagna per far
conoscere il nostro vino, si deve procedere, in collaborazione con gli istituti di ricerca, ad una selezione genetica del
vitigno, migliorandone le qualità ampelografiche di resistenza alle malattie, individuare poi un sistema di allevamento
migliorato, sia in collina che in pianura, far adottare tale
sistema da tutti i produttori e infine prevedere un metodo
comune di produzione del vino di qualità. A nostro giudizio il
risultato di questi tre punti farà ottenere un prodotto di base,
uniforme su tutto il territorio, con caratteristiche varietali e
organolettiche diverse a seconda della zona di produzione e
qui si potrebbe mettere poi il talento e la fantasia del produttore, nel migliorare ancora di più il suo prodotto”. In sintesi,
diceva questo lungimirante cooperatore, coniugare la difesa
e produzione del nome, politica, legale, mediatica e quant’altro, con il miglioramento del vino. Cosa che tra l’altro è trasparsa anche nelle considerazioni fatte dai relatori che mi
hanno preceduto.
Sinora questi passaggi progettuali sono stati portati avanti in
modo autonomo da qualche cooperatore ed è evidente che
poi le divisioni della filiera e la dispersione delle forze su altri
interessi, hanno reso impraticabile questo progetto unitario.
Resta il fatto concreto che per le nostre cooperative, che non
stanno attraversando un momento economico felice, dovuto
alla situazione di mercato, ora è importante valorizzare con
continuità un vino che piace più di altri. Ripeto inoltre per il
nostro mercato di riferimento è difficile pensare di promuovere efficacemente un nome nuovo.
Per spirito costruttivo, nelle interminabili discussioni sulla
promozione del nuovo nome, abbiamo proposto in vari modi
le iniziative utili a supportare l’attività commerciale delle
nostre imprese e in generale a tutto il settore vitivinicolo. Su
queste iniziative non c’è stata grande considerazione, perché si è ritenuto preferibile fare gli interessi di una parte della
viticoltura regionale. Qui però mi sia consentito senza pole-
RELAZIONE
IVANO BENVENUTI
Presidente
Confcooperative FVG
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RELAZIONE
mica portare all’attenzione di questo auditorio alcune considerazioni che il mondo della cooperazione ha fatto e sta
facendo continuamente. Anche noi chiediamo che la
IVANO BENVENUTI
Presidente
Regione emani un provvedimento che permetta di commerConfcooperative FVG
cializzare il Tocai Friulano in Italia. Non spetta a me entrare
nel merito dell’iniziativa legislativa, che condivido, ma desidero solo ribadire, e su questo tutta la cooperazione concorda all’unanimità, che dobbiamo assolutamente intraprendere ogni iniziativa a salvaguardia del nome storico. I nostri
cooperatori vogliono vigilare affinché trovi immediata applicazione la disposizione nazionale che permetta a tutto il vino
Tocai, prodotto nel 2006, di essere etichettato anche dopo il
31 marzo e quindi commercializzato, in attesa della sentenza della Corte di Giustizia Europea. E di pari passo, nel confronto anche con le promesse fatte dal Ministro, vigileremo
che i finanziamenti che ci sono stati comunicati, il milione
già assegnato alla Regione, quindi già trasferiAnche il mondo to alle casse regionali, i sei milioni promessi per
della cooperazione chiede il 2008 e i cinque per il 2009, vengano effettiche la Regione emani un vamente trasferiti alle casse regionali, come
impegno politico sulla vicenda del Tocai, indiprovvedimento che permetta pendentemente da quale sarà l’evoluzione,
di commercializzare perché il settore della viticoltura friulana ha
il Tocai Friulano in Italia. bisogno di una razionalizzazione e di un intervento forte di promozione. Aggiungo qui che
poi c’è anche l’impegno di completare il quadro finanziario
con circa tre milioni di euro, per arrivare ai 16 milioni che
servirebbero per completare l’intervento. Su questa vicenda,
a nostro giudizio, si evidenzia ancora una volta come non sia
più possibile continuare nell’attuale frammentazione e disorganizzazione della filiera vitivinicola regionale. Non esiste un
luogo, un organismo comune, in cui discutere, decidere,
programmare il settore. Lo dico trasferendo direttamente le
considerazioni che i nostri soci, i nostri viticoltori, hanno fatto
nei numerosi incontri che abbiamo avuto. Da oltre un decen28
nio proponiamo inutilmente la creazione di un’interprofessione, un organismo che permetta di superare divisioni e rappresentatività. Attualmente ogni ente ricerca in modo egoistico e autoreferenziale il proprio interesse. Auspichiamo che
l’istituzione preposta accolga queste indicazioni o comunque
inizi una discussione a cui noi daremo il massimo impegno
per una razionale modernizzazione della filiera, comprese le
nostre cantine cooperative. E la vicenda che oggi stiamo
discutendo, ci impegnerà ancora di più ad essere rispondenti e preparati alle esigenze dei mercati. E concludo
dicendo che è superato l’attuale sistema dei Consorzi
D.O.C., riuniti nella FederDOC. Non è possibile in una regione piccola come la nostra avere 9 consorzi autonomi, con 9
presidenti, 9 direttori, 9 politiche di tutela commerciale e
quant’altro associato. Questi Consorzi che sono volontari, a
cui in molti casi non aderiscono la maggioranza dei produttori che utilizzano la Denominazione di Origine Controllata, a
nostro giudizio, dovrebbero essere ridotti ad uno, che promuova il nome Friuli e si occupi di valorizzare realmente
tutto il prodotto regionale, come avviene tuttora in Trentino
ed in Emilia Romagna. E quindi avremmo anche la possibilità di contribuire ad un razionale utilizzo delle risorse che la
pubblica amministrazione mette a disposizione, senza
disperderle in mille rivoli o in tante iniziative che molte volte
non sono né costruttive né portano a casa benefici, soprattutto nella promozione e nel lavoro che si fa all’esterno. Su
queste basi, e concludo, la cooperazione collaborerà alla
ristrutturazione del settore vitivinicolo regionale, anche rivedendo a fondo il sistema dei controlli di filiera adottato da
alcuni consorzi. Tralascio altre considerazioni su questo
costoso sistema burocratico frutto proprio della nostra disorganizzazione. La mia organizzazione FEDAGRI CONFCOOPERATIVE sosterrà operativamente tutte le iniziative politiche
tese al raggiungimento degli obiettivi che io modestamente ho
enunciato, per accrescere ancora di più l’economia produtti-
RELAZIONE
IVANO BENVENUTI
Presidente
Confcooperative FVG
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RELAZIONE
IVANO BENVENUTI
Presidente
Confcooperative FVG
MODERATORE
BRUNO MALATTIA
Presidente Gruppo
consiliare Cittadini
per il Presidente
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va del Friuli Venezia Giulia. Queste sono le considerazioni del
mondo della cooperazione, su cui intendiamo collaborare
con tutte le iniziative politiche in atto, per difendere la nostra
cultura, e il lavoro di chi quotidianamente fatica nei campi, di
chi quotidianamente produce e gira il mondo per tenere alto
il nome del Friuli Venezia Giulia. Quindi grazie al Presidente
Malattia e grazie per aver promosso questo incontro.
Grazie ad Ivano Benvenuti, soprattutto per la parte finale del
suo discorso. È stata una sorta di musica per le nostre orecchie. Viviamo in una regione di 1.200.000 abitanti, che si
permette ancora dei lussi straordinari, non solo nel settore
vinicolo; abbiamo centri decisionali e di servizio troppo frazionati e spesso in contrasto fra di loro, comunque costosi,
quasi mai in grado di mantenersi da soli. Succede così
anche per i consorzi D.O.C.: 9 consorzi, ai quali si aggiungono le Camere di Commercio, che a loro volta controllano la
produzione del vino, costringendo i nostri coltivatori ad
adempimenti e balzelli che rendono ancora più difficile
affrontare la concorrenza del vicino Lison, dove i consorzi
non sono obbligatori. Per di più qualcuno ha anche perso il
senso delle proporzioni e della misura. Mi riferisco ad una
lettera di diffida inviata da Federdoc al Presidente della
Regione. È forse un sintomo di una situazione di sofferenza,
culturale e politica. Ma torniamo al nostro Tocai. Nei teatri
del ‘600, ad un certo punto calava da dietro le quinte un
deus ex machina che risolveva i problemi. Qui il deus ex
machina è alla mia sinistra e si chiama Fausto Capelli. È professore di diritto comunitario all’Università di Parma. Con le
sue capacità e le sue conoscenze giuridiche è riuscito a trovare una strada per salvare il Tocai e porre rimedio al conflitto “Tocai-Friulano”.
Prof. Capelli vuole spiegarci a che punto ci troviamo e cosa
può accadere al Tocai?
SPAZI ED AZIONI GIURIDICHE PER
CONTINUARE A CHIAMARLO TOCAI
RELAZIONE
FAUSTO CAPELLI
Professore di diritto
comunitario,
Università di Parma
32
Signor Presidente, devo ringraziare gli organizzatori di questo Convegno per l’invito e per l’occasione che mi si offre di
tornare a parlare del Tocai.
Dal titolo del Convegno si vede che, effettivamente, ci troviamo all’ultimo atto di un dramma.
Dalle tre relazioni iniziali, ugualmente interessanti, ho ricavato la conferma che tutti concordiamo su un punto. Nel 1993,
anno di adozione di quel famoso Accordo sui vini tra la
Comunità Europea e l’Ungheria, lo Stato italiano ha commesso un errore monumentale. Senza usare altri termini, che
qualcuno ha usato per la nostra ultima legge elettorale, si
potrebbe aggiungere e precisare che, complessivamente,
sono stati commessi tre errori imperdonabili: uno giuridico,
uno economico e l’ultimo, più grave di tutti, di carattere politico. L’errore giuridico riguarda il disconoscimento della nota
sentenza della Corte di Cassazione pronunciata nel 1962 e
successivamente passata in giudicato. Mi domando come lo
Stato Italiano abbia potuto non tener conto della sentenza del
suo massimo organo giudiziario, una sentenza, per di più
passata in giudicato, che ha accertato la non confondibilità
del vino Tocai friulano con il vino Tokaji ungherese legittimando la commercializzazione di entrambi. L’errore economico
riguarda la mancata esecuzione di un accordo sul reciproco
riconoscimento dei nomi dei due vini. Nel 1948 è stato concluso infatti un accordo tra l’Ungheria e l’Italia, nell’ambito
dell’Ufficio internazionale della vite e del vino, nel quale si
riconosceva ad entrambi i vini la possibilità di essere commercializzati nel mondo intero, senza limitazione alcuna.
Dopo quelli segnalati, lo Stato italiano è anche riuscito a commettere un errore ancor più grave, di carattere politico, quello di non opporsi alla soppressione, dal 31 marzo 2007, della
denominazione “Tocai Friulano” prevista nell’Accordo sui vini
tra la Comunità europea e l’Ungheria del 1993, poc’anzi citato. In questo modo lo Stato italiano ha rinunciato a difendere
il nome di un vino conosciuto in Italia fin dall'anno 1000!
Purtroppo, a causa di questo Accordo del 1993 non è stato
RELAZIONE
più possibile considerare omonime le denominazioni dei due
FAUSTO CAPELLI
vini “Tocai” perché quella ungherese è stata collegata alla
Professore di diritto
zona geografica di produzione del Tokaji, mentre quella itacomunitario,
liana è rimasta collegata al solo nome del vitigno: “Tocai
Università di Parma
Friulano”. Se, però, appare esclusa dall’Accordo sui vini del
1993 la possibilità di considerare omonime (e, quindi,
entrambe legittime) le denominazioni dei due vini, tale possibilità viene invece consentita dal successivo Accordo
TRIP’s, concluso nel 1994 nell’ambito dell’Organizzazione
mondiale del commercio. Secondo l’art. 24 par. 6
dell’Accordo TRIP’s, infatti, uno Stato aderente all’Accordo
può mantenere il nome di un vino sul suo
territorio se è esattamente uguale al nome Secondo l’art. 24 par. 6
del vitigno da cui il vino deriva. Dal punto di dell’Accordo TRIP’s, uno
vista ampelografico, si potranno pertanto
Stato aderente all’Accordo
avviare dotte discussioni scientifiche per
dimostrare le differenze esistenti fra i vitigni può mantenere il nome
da cui derivano i due vini in contestazione, di un vino sul suo territorio
ma, sotto il profilo giuridico, ciò che interesse è esattamente uguale
sa, con riferimento all’art. 24 par. 6
dell’Accordo TRIP’s, è che il nome del viti- al nome del vitigno da cui
gno, registrato come “Tocai Friulano”, sia il vino deriva
uguale al nome del vino che esso produce:
“Tocai Friulano”. Si comprende, quindi, perché l’Argentina e
gli Stati Uniti, avvalendosi di questa disposizione
dell’Accordo TRIP’s, possano mantenere il nome “Tocai
Friulano” per i loro vini prodotti nei loro territori con l’omonimo vitigno.
Considerato il contrasto esistente tra l’Accordo sui vini del
1993 e l’Accordo TRIP’s del 1994, entrambi appena citati, è
stata introdotta nel 2002 una causa davanti alla Corte di
Giustizia delle Comunità europee di Lussemburgo, per far
accertare l’eventuale illegittimità dell’Accordo sui vini stipulato nel 1993 tra la Comunità europea e l’Ungheria.
33
RELAZIONE
FAUSTO CAPELLI
Professore di diritto
comunitario,
Università di Parma
34
La Corte di giustizia ha deciso tale causa con una sentenza
del 2005 che ha accertato la validità dell'accordo con riferimento, però, al periodo in cui l'Ungheria era ancora uno
Stato terzo.
Nel frattempo, il 1° Maggio 2004, l'Ungheria è diventata
uno Stato membro dell'Unione europea e, quindi,
l'Accordo del 1993 è venuto meno. Nel Trattato di adesione dell'Ungheria all'Unione europea non viene più fatto
riferimento all'impegno comunitario di rinunciare al nome
Tocai ed anzi, il Governo italiano, al momento della firma
del predetto Trattato di Adesione, si è riservato di ridiscutere il problema prima della citata scadenza del 31 Marzo
2007. Poiché, come già segnalato, l'Accordo sui vini
Comunità europea/Ungheria era destinato a decadere con
l'entrata dell'Ungheria nella Comunità, la Commissione
europea ha ripreso la scadenza del 31 Marzo 2007, relativa all'utilizzo della denominazione "Tocai Friulano", nel
suo regolamento n. 753/2002, successivamente integrato
dal regolamento n. 1429/2004. Contro tali due regolamenti, lo Stato italiano, la Regione Friuli Venezia Giulia e i produttori di vino "Tocai Friulano", hanno introdotto tre diversi ricorsi davanti al Tribunale di Primo grado delle
Comunità europee. Nel procedimento conseguente al
ricorso introdotto dallo Stato italiano, il Tribunale di Primo
grado è stato invitato a decidere sulla sospensione dei due
regolamenti della Commissione appena citati (n.
753/2002 e n. 1429/2004) con riferimento alla data ultima di utilizzo della denominazione “Tocai Friulano” (31
marzo 2007). Nel frattempo, avvicinandosi la data di scadenza del 31 Marzo 2007, il Ministero delle Politiche agricole ha avviato la procedura di soppressione del nome
"Tocai", adottando un decreto ministeriale in data 28
Luglio 2006, che prevede, al posto della denominazione
"Tocai Friulano", il solo qualificativo "Friulano" (che non
sembra certo una trovata geniale). Anche contro questo
decreto si sono opposti i produttori di vino "Tocai Friulano",
davanti al TAR del Lazio, il quale, con due ordinanze ben
motivate del Dicembre 2006, ha sospeso l'efficacia del
decreto ministeriale ed ha rimesso gli atti di causa alla Corte
di giustizia per far accertare la illegittimità dei regolamenti
della Commissione europea sopra citati (n. 753/2002 e n.
1429/2004) sui quali si basava il decreto ministeriale italiano che disponeva la soppressione del nome "Tocai". Le ordinanze del TAR del Lazio sono state confermate dal Consiglio
di Stato il 27 Febbraio 2007. Attualmente, pertanto, i due
procedimenti sono pendenti davanti alla Corte di Giustizia
delle Comunità europee (n. 23/2007 e n. 24/2007).
Inoltre sono pendenti due ricorsi davanti al TAR del Lazio,
mediante i quali è stata sospesa l'efficacia del citato decreto
del Ministero per le politiche agricole che ha disposto la soppressione del nome "Tocai". Considerata l'ampiezza del contenzioso in atto sui vari fronti, è ora opportuno verificare le
ragioni fatte valere dalle parti delle diverse cause.
Innanzitutto balza agli occhi la posizione contraddittoria del
Governo italiano che, da un lato, difende i produttori di "Tocai
Friulano" davanti alle Corti europee e, dall'altro lato, li attacca davanti ai Tribunali italiani.
In secondo luogo, occorre tenere distinti gli aspetti di diritto
comunitario da quelli di diritto internazionale.
Per quanto riguarda gli argomenti di diritto comunitario, che
saranno discussi davanti alla Corte di Giustizia, questi possono essere schematicamente così sintetizzati:
1) L’Accordo sui vini tra la Comunità europea e l’Ungheria
concluso nel 1993, che aveva previsto la cessazione dell’uso
del nome “Tocai Friulano” al 31 marzo 2007, ha perso efficacia il 1° maggio 2004, con il nuovo Trattato di adesione,
essendo l’Ungheria entrata a far parte dell’Unione europea.
2) In tale Trattato di adesione non si fa alcun riferimento al
“Tocai Friulano”.
3) I soli provvedimenti che fanno riferimento al “Tocai
RELAZIONE
FAUSTO CAPELLI
Professore di diritto
comunitario,
Università di Parma
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FAUSTO CAPELLI
Professore di diritto
comunitario,
Università di Parma
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Friulano” sono i regolamenti della Commissione n.
753/2002 e n. 1429/2004, i quali, senza fornire la benché
minima motivazione, hanno mantenuto la data ultima di
utilizzo del nome “Tocai Friulano” (31 marzo 2007).
4) Al contrario, l’Italia, al momento della firma del Trattato di
adesione, ha posto una riserva, segnalando la necessità di
ridiscutere l’utilizzo del nome “Tocai Friulano” al momento in
cui si avvicinasse la scadenza del 31 marzo 2007.
5) I due regolamenti, appena citati, che hanno fissato la data
di scadenza del 31 marzo 2007, portano, nell’allegato, un
elenco di 122 nomi di vini contenenti riferimenti geografici,
come è il caso del “Tocai Friulano”. La Corte di Giustizia è
stata quindi richiesta di pronunciarsi su un punto specifico che possiamo così sintetizzare. Deve essere considerata
contraria al principio di non
discriminazione, una disposizione comunitaria che, senza fornire alcuna motivazione, impedisce soltanto ai produttori di
“Tocai Friulano” l’uso del nome
di un vino contenente un riferimento geografico, mentre consente a tutti i produttori di altri
vini con caratteristiche analoghe,
ad esempio, “Chardonnay” (e ai
produttori dei vini elencati negli allegati dei predetti regolamenti), di continuare ad usare i nomi rispettivi per il
futuro. Una tale discriminazione appare vietata dall’art. 34
par. 2 secondo comma del Trattato Ce.
In secondo luogo, il principio di non discriminazione viene
violato anche con riferimento ai produttori ungheresi, i quali
si avvalgono dei predetti regolamenti della Commissione,
non motivati, per utilizzare in modo esclusivo il nome di un
vino “Tokaji” che in base all’art. 24 par. 6 dell’Accordo
TRIP’s è da considerare omonimo del nome “Tocai
Friulano”, con il quale, pertanto, deve poter convivere sul
mercato.Le cause sopra descritte, fondate sul diritto comunitario, saranno risolte unicamente mediante le sentenze
della Corte di Giustizia che decide come giudice unico e
supremo.Conseguentemente per evitare di dover dipendere
dalle sole decisioni della Corte di Giustizia, sono state prospettate le altre azioni, fondate sul diritto internazionale, che
possono essere così descritte. Le azioni fondate sul diritto
internazionale sono quelle che fanno riferimento all’Accordo
TRIP’s in precedenza segnalato. Esse seguono due diversi
indirizzi: il primo, concernente i rapporti tra gli Stati aderenti
all’Accordo TRIP’s e, il secondo, i rapporti fra i soggetti privati che operano all’interno di tali Stati.
Questi indirizzi devono essere esaminati separatamente.
A) Rapporti fra gli Stati aderenti all’Accordo TRIP’s.
L’Accordo TRIP’s, come è noto, riguarda la materia della
proprietà intellettuale e, in particolare, i marchi, i brevetti e
le indicazioni geografiche (in particolare le indicazioni geografiche dei vini). Tale Accordo, come già ricordato, è stato
concluso in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ed è stato ratificato tanto dalla Comunità europea
quanto dai singoli Stati membri perché, secondo il parere n.
1/94 della Corte di Giustizia, si tratta di un Accordo cosiddetto “misto”. Gli accordi “misti” sono, secondo la Corte di
Giustizia, gli accordi che disciplinano materie nelle quali la
competenza a legiferare non è riservata in via esclusiva alla
Comunità europea, ma è ripartita tra la Comunità europea e
gli Stati membri. In effetti, nel citato parere n. 1/94 la Corte
di Giustizia, prendendo in considerazione proprio l’art. 24
dell’Accordo TRIP’s (sul quale si fondano le tesi a favore del
“Tocai Friulano”), ha riconosciuto che in materia di indicazioni geografiche dei vini, la competenza a legiferare deve
essere riconosciuta tanto alla Comunità europea, quanto ai
singoli Stati membri.
RELAZIONE
FAUSTO CAPELLI
Professore di diritto
comunitario,
Università di Parma
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FAUSTO CAPELLI
Professore di diritto
comunitario,
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Passando ora al punto fondamentale che qui interessa,
occorre riconoscere che la formulazione dell’art. 24 par. 6
dell’Accordo TRIP’s, più volte ricordato, non consente interpretazioni equivoche. Stabilisce infatti tale disposizione che:
«(...) la presente sezione non obbliga in alcun modo un
Membro ad applicarne le disposizioni [ad esempio: in tema
di uso di denominazioni geografiche confondibili, di marchi
o di denominazioni omonime] in relazione ad un'indicazione
geografica di qualsiasi altro Membro, per vini per i quali la
pertinente indicazione sia identica alla denominazione
comune di una varietà di uva esistente nel territorio di detto
Membro alla data di entrata in vigore dell'accordo OMC»
In termini più semplici, l’art. 24 par. 6 dell’Accordo citato,
stabilisce che uno Stato aderente all’Accordo è in ogni caso
autorizzato a mantenere, sul suo territorio, il nome di un vino
che sia uguale al nome del vitigno dal quale il vino deriva. È
esattamente il caso del “Tocai Friulano”.
Il motivo dell’introduzione di tale disposizione è stato quello
di riconoscere agli Stati, aderenti all’Accordo, il diritto di
usare il nome di determinati vitigni per designare i vini che
da essi derivano e che sono prodotti nei loro territori.
Poiché, ad esempio, il vitigno “Chardonnay” risultava coltivato, al momento della negoziazione dell’Accordo TRIP’s, in
numerosi Stati aderenti all’Accordo, si è voluto evitare che
potesse essere imposto qualche divieto all’utilizzo di tale
nome, nella designazione del vino da esso derivato, facendo
valere un diritto basato sulla provenienza geografica del
nome originario appartenente ad uno degli Stati aderenti
(Champagne – Francia).
Allo scopo di eliminare sul nascere pretese siffatte, è stata
quindi accolta la proposta avanzata dai negoziatori americani, poi definitivamente trasfusa nell’art. 24 par. 6
dell’Accordo, secondo cui nessuno Stato, aderente
all’Accordo medesimo, poteva essere costretto a cambiare il
nome di un proprio vino se tale nome era uguale al nome del
vitigno che risultava coltivato sul suo territorio alla data di
entrata in vigore dell’Accordo TRIP’s. Stando così le cose,
appare evidente la mala fede dei rappresentanti della
Commissione europea che stavano negoziando contemporaneamente sia l’Accordo sui vini, in precedenza ricordato,
Comunità europea/Ungheria, concluso nel 1993, sia
l’Accordo TRIP’s, concluso nel 1994.
Poiché alle negoziazioni per l’adozione dei due Accordi partecipavano soltanto i rappresentanti della Commissione europea, appare evidente la slealtà con cui è stato portato a termine l’Accordo sui vini, Comunità europea/Ungheria, dato che i
negoziatori della Commissione europea sapevano perfettamente che il “Tocai Friulano”, in base all’art. 24 par. 6
dell’Accordo TRIP’s, avrebbe avuto il diritto di continuare ad
essere utilizzato per il futuro. Per evitare che questo avvenisse, i rappresentanti della Commissione europea, che hanno
negoziato l’Accordo sui vini, Comunità europea/Ungheria,
hanno soppresso dall’elenco dei vini prodotti nella Comunità,
il nome “Tocai Friulano” per impedire che potessero essere
invocate le regole dell’omonimia, in base alle quali sarebbe
stato consentito ai due vini di convivere sul mercato per il futuro. Inoltre gli stessi negoziatori hanno predisposto il noto scambio di lettere da cui risulta la data ultima di utilizzo del nome
“Tocai Friulano” (31 marzo 2007). La slealtà nel comportamento tenuto dalla Commissione appare ulteriormente confermata dal fatto che il nome del vino “Tocai Friulano” risulta soppresso anche nell’elenco dei vini comunitari allegato ad un
altro Accordo sui vini stipulato in quello stesso periodo (1993)
dalla Comunità europea. Si tratta dell’Accordo concluso con la
Romania, Paese con il quale non esistevano contrasti o divergenze, dato che in Romania non viene prodotto alcun vino con
il nome Tocai! È quindi probabile che i negoziatori della
Commissione europea abbiano approfittato delle evidenti difficoltà gestionali incontrate dallo Stato italiano in quel periodo
(1992-1994), dovute agli sconvolgimenti politici provocati
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comunitario,
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comunitario,
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dalle azioni giudiziarie (“mani pulite”) che allora dilagavano.
Ma nonostante gli inconvenienti appena descritti, l’Accordo
TRIP’s è stato adottato nel 1994 e, quindi, successivamente
all’Accordo sui vini, Comunità europea/Ungheria. Orbene, poiché le disposizioni del primo Accordo, che prevedono la soppressione del nome “Tocai Friulano”, sono in palese contrasto
con la disposizione del citato art. 24 par. 6 dell’Accordo
TRIP’s, che invece ne garantiscono la sopravvivenza, sono le
disposizioni di quest’ultimo Accordo che devono prevalere in
base alla Convenzione di Vienna del 1969 sull’interpretazione
dei Trattati. La situazione giuridica appena indicata non è stata
modificata dal Trattato di Adesione dell’Ungheria alla
Comunità europea, entrato in vigore il 1° maggio 2004, perché, come è noto, non esiste in tale Trattato di adesione alcun
accenno al problema delle denominazioni dei vini qui considerati. Al contrario, come pure sappiamo, l’Italia, in sede di
approvazione del predetto Trattato di adesione, si è riservata di
ridiscutere il problema in concomitanza con la scadenza della
data ultima di utilizzo del nome “Tocai Friulano”.
Sotto il profilo giuridico, con riferimento al diritto internazionale, non esiste pertanto alcun ostacolo all’adozione, da
parte del Governo italiano, di un provvedimento che mantenga il nome “Tocai Friulano” per designare il vino prodotto con il vitigno “Tocai friulano”, se destinato ad essere
commercializzato all’interno del territorio italiano.
Poiché, come già segnalato, l’Accordo TRIP’s è un Accordo
“misto”, ratificato tanto dalla Comunità europea quanto dai
singoli Stati membri, lo stesso potrà essere attuato da
entrambi. Ciò che viene richiesto dalla giurisprudenza della
Corte di Giustizia è una leale cooperazione tra la Comunità
europea e lo Stato membro quando viene data attuazione
congiuntamente allo stesso accordo misto. L’esigenza di una
leale cooperazione tra la Comunità europea e gli Stati membri, nel dare attuazione ad un accordo misto, si ricava, da
ultimo, dalla sentenza della Corte di Giustizia emessa il 30
maggio 2006 in causa n. C-459/03 – Commissione c.
Irlanda (ai punti nn. 175, 176 e 179 della sentenza).
Nel caso del “Tocai Friulano”, la disponibilità alla leale cooperazione da parte dell’Italia è stata dimostrata dalla ricordata dichiarazione posta a verbale, al momento della firma del
Trattato di Adesione dell’Ungheria alla Comunità europea,
con cui il Governo italiano si è riservato di ridiscutere il problema del “Tocai Friulano”.
Ma la disponibilità alla leale cooperazione viene anche provata dal fatto che il mantenimento del nome “Tocai Friulano”
sarebbe circoscritto unicamente al territorio italiano, in quanto non verrebbe ostacolato l’ingresso in Italia dei vini che portano legittimamente, secondo il diritto comunitario, un nome
simile a quello del “Tocai Friulano” e non verrebbe per di più
consentita la commercializzazione del “Tocai Friulano” al di
fuori dei confini italiani. In tal modo verrebbe data soltanto
una corretta attuazione all’art. 24 par. 6 dell’Accordo TRIP’s,
senza incidere minimamente sui meccanismi di funzionamento del sistema comunitario applicabili in materia. Qualora
la Commissione europea volesse impedire all’Italia di attuare
l’art. 24 par. 6 dell’Accordo TRIP’s nel modo sopra indicato,
violerebbe essa stessa il principio della buona fede nell’esecuzione dei Trattati, stabilito dall’art. 18 della citata
Convenzione di Vienna del 1969 (sull’interpretazione dei
Trattati) e riconosciuto dal Tribunale di Primo grado in una
recente sentenza emessa il 17 gennaio 2007 in causa n. T231/04, Grecia c. Commissione (ai punti 85-87 e 98-99 della
sentenza). In altri termini e concludendo, la Commissione
europea, che già ha dato prova di slealtà, come abbiamo
sopra visto, al momento delle negoziazioni per la conclusione dell’Accordo sui vini, Comunità europea/Ungheria,
diventerebbe ora inadempiente all’obbligo di comportarsi
secondo buona fede nell’esecuzione dell’Accordo TRIP’s,
se impedisse allo Stato italiano di esercitare le competenze
che gli sono riconosciute dell’art. 24 par. 6 di tale Accordo.
RELAZIONE
FAUSTO CAPELLI
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comunitario,
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FAUSTO CAPELLI
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comunitario,
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B) Rapporti fra i soggetti privati che operano all’interno degli
Stati aderenti all’Accordo TRIP’s.
Come in precedenza precisato, l’Accordo TRIP’s non solo
riconosce diritti e poteri agli Stati aderenti all’Accordo medesimo, ma può attribuire diritti anche a soggetti privati in casi
particolari. Uno di questi casi appare contemplato proprio
dall’art. 24 par. 6 dell’Accordo TRIP’s, in precedenza esaminato. Se, infatti, lo Stato italiano dovesse dare esecuzione al
citato art. 24 par. 6, nel senso di adottare un provvedimento
che mantenga il nome “Tocai Friulano”, per quanto riguarda
il vino commercializzato all’interno del territorio italiano, in tal
caso attribuirebbe ai produttori italiani di “Tocai Friulano” il
diritto di avvalersi direttamente dell’art. 24 par. 6 all’interno
del nostro ordinamento.
Questo principio verrà quasi sicuramente affermato dalla
Corte di Giustizia in una sentenza che sta per essere emessa nella causa n. C-431/05, Merck, per la quale l’avvocato
generale della Corte Colomer, ha presentato le proprie conclusioni in data 27 gennaio 2007. Secondo l’avvocato generale Colomer, che si basa soprattutto sulle tesi da tempo
sostenute dall’avvocato generale Tesauro in altre cause,
quando uno Stato aderente all’Accordo TRIP’s dà attuazione, mediante un apposito provvedimento interno, ad un articolo di tale Accordo (nel caso di specie: art. 33) che espressamente lo consente, i singoli possono invocare direttamente tale articolo dell’Accordo ed avvalersi delle disposizioni in
esso contenute.
Dalle considerazioni svolte, si deduce che la difesa più sicura del nome “Tocai Friulano” è quella fondata sull’art. 24
par. 6 sull’Accordo TRIP’s.
Alla luce dell’art. 24 par. 6 del citato Accordo, basterebbe
infatti l’adozione di un provvedimento del Governo italiano
(anche un decreto ministeriale) per consentire il mantenimento della denominazione “Tocai Friulano” all’interno del
territorio italiano.
Sussiste unicamente un ostacolo di natura politica, consiRELAZIONE
stente nella volontà del Governo italiano di seguire soltanto
FAUSTO CAPELLI
l’indirizzo del Ministero dell’Agricoltura che è contrario ad
Professore di diritto
avvalersi dell’art. 24 par. 6 dell’Accordo TRIP’s. Stando così
comunitario,
le cose, può essere consentito alla Regione Friuli Venezia
Università di Parma
Giulia di adottare direttamente una Legge di attuazione dell’art. 24 par. 6 dell’Accordo TRIP’s. Come è noto, la Regione
Friuli Venezia Giulia, ha competenza esclusiva in materia
agricola e, sulla base del comma quinto dell’art. 117 della
Costituzione, può dare diretta attuazione agli Accordi internazionali. Tale potere della Regione è disciplinato
dall’art. 6 par. 1 della Legge La Loggia (Legge 5 giu- La Regione Friuli
gno 2003, n. 131) che impone unicamente l’obbligo Venezia Giulia
di comunicare al Governo il testo della Legge per solpuò adottare
lecitare le sue osservazioni, ma senza attribuire a tali
osservazioni un effetto preclusivo. Un effetto preclu- una Legge regionale,
sivo, al contrario, è attribuito alle osservazioni del per dare diretta
Governo soltanto nei casi contemplati dall’art. 6 par.
attuazione
2 della stessa Legge La Loggia (conclusione di intese
con altri Stati) e dall’art. 6 par. 3 (conclusione di inte- all’art. 24 par. 6
se applicative di accordi internazionali). In tali casi, dell’Accordo TRIP’s
infatti, occorre attendere la scadenza del termine
concesso al Governo per formulare le osservazioni, prima di
adottare la Legge regionale.
Per i motivi sopra indicati, la Regione Friuli Venezia Giulia
può pertanto adottare una Legge regionale, per dare diretta
attuazione all’art. 24 par. 6 dell’Accordo TRIP’s.
Occorre quindi auspicare, e questo auspicio costituisce la
mia conclusione, che la Regione Friuli Venezia Giulia adotti
la Legge regionale a favore dal “Tocai Friulano” appena
segnalato.
43
MODERATORE
BRUNO MALATTIA
Presidente Gruppo
consiliare Cittadini
per il Presidente
44
Grazie al prof. Capelli. È stato brillante, efficace e convincente. Dalla sua esposizione risulta chiaro che in passato si
sono commessi degli errori, che si sono perse delle occasioni e che si rischia di continuare a perderle. Dobbiamo
recuperare e per questo abbiamo predisposto un disegno
di legge sottoscritto anche dagli altri gruppi di Intesa
Democratica che verrà al più presto posto all’esame delle
competenti Commissioni del Consiglio Regionale.
Pensiamo che così si possa mantenere il Tocai e si possa
lanciare, se si vuole, il “Friulano”. Quello che importa è
promuovere in modo unitario il “Vigneto Friuli”, riportare a
unità questa regione, anche nel settore vitivinicolo. Unità
non significa mortificazione delle diversità e delle capacità
dei vari produttori, ma utilizzo coordinato delle risorse delle
quali disponiamo, che non sono infinite.
ATTI DEL CONVEGNO
TOCAI ULTIMO ATTO?
UDINE
10 MARZO 2007
DIBATTITO
DIBATTITO
MODERATORE Bruno Malattia
Pierluigi Zamò, lo conoscete tutti, è un ottimo produttore di
vini. È presidente di una banca cooperativa e persona qualificata anche nel settore economico.
Pierluigi Zamò
Mi pare proprio necessario aprire il contraddittorio altrimenti
puo’ dare l’idea di un convegno Kabulista.
MODERATORE Bruno Malattia
No, noi non siamo Kabulisti. La nostra è un’opinione. Forse in
Federdoc ci sono dei “talebani”.
Pierluigi Zamò
Dopo le analisi dei due tecnici siamo scivolati con l’intervento dell’avv. Capelli in una disputa incredibile. L’avvocato proporrebbe una serie di otto cause da intentare a livello regionale nazionale ed internazionale. Pare proprio che il Manzoni
avesse ragione definendo il nostro come il “Paese degli
azzeccagarbugli”.
MODERATORE Bruno Malattia
Guarda che Azzeccagarbugli era uno che ingarbugliava le
cose. Qui invece si sono districate.
Pierluigi Zamò
Se tu ritieni che le abbiamo districate nel senso di esplicitate,
sono d’accordo.
Le due relazioni tecniche esposte da Claudio Fabbro e dal
prof. Antonio Calò hanno raccontato, inconfutabilmente, la
verità di questo vino dal punto di vista storico.
C’è anche una verità più semplice, forse prosaica, ma data
dal fatto che quando il tokaj (scritto con K e J) appare in Friuli
verso il 1850 eravamo sotto il dominio degli Asburgo. Non è
difficile pensare che in Friuli si sia voluto compiacere il padro46
ne di turno imitando il vino prediletto dalla corte di Vienna,
ovvero il tokaj ungherese, ribattezzando così il vino bianco
locale.
Per difendere il nostro vino non abbiamo altra scelta che
cambiargli nome.
“Friulano” non piace a molti ma è l’unico nome che trattiene
in sé il concetto di territorio e ricorda il nome del vitigno. La
nuova denominazione è la vera difesa del Tocai Friulano tanto
è vero che nel retro etichetta possiamo, vogliamo ed intendiamo continuare a scrivere “vino prodotto da uve Tocai friulano”. Dobbiamo capire che oggi il marchio è vincente su tutto.
Se andate a vendere il Tocai all’estero (Soini, questa è la mia
opinione frutto di esperienza diretta, non parlo a nome di nessuno) vedrete che il Tocai per antonomasia è quello dolce
ungherese purtroppo, a meno che non si identifichi il mercato estero con l’operazione nostalgia di molti nostri emigranti in
tanta parte del mondo che in tale nome riconoscono la loro
terra. In alcuni casi andando anche oltre e cercando di evocarla con la riproduzione del prodotto nei paesi di adozione.
Ma fare delle copie di un vino che non ha un grandissimo
nome non mi sembra una grandissima idea.
Il legame prodotto-territorio di appartenenza è l’idea vincente. Questa legge è buona e permette di esaltare i vitigni coltivati in zone particolarmente vocate. In Friuli abbiamo il
caso del Verduzzo che solo a Ramandolo può chiamarsi con tale appellativo. Succede lo stesso a Bordeaux,
con il Bordeaux, in Toscana con il Chianti, ecc.
Un dibattito analogo al nostro, lo ha vissuto lo
champagne italiano. Definito che il prodotto chiamato champagne è solo quello originato nel territorio
della Champagne, i produttori nostrani si sono prodigati
dando fondo alla fantasia ed alle finanze per trovargli un nuovo
nome. Classimo e Talento sono due dei nomi con cui è stato
commercializzato senza gran fortuna. Lo hanno chiamato allora Franciacorta ed è stato un successo. Chi vuole bere bollici47
DIBATTITO
ne italiane oggi chiede del Franciacorta, semplicemente, senza
specificare neanche il nome del produttore. Io spero che
domani allo stesso modo si possa chiedere del Friulano.
MODERATORE Bruno Malattia
Mi sarebbe facile replicare a quello che hai detto. Non lo faccio perché sarei poco cortese come moderatore di questo
incontro.
Carlo Monai, Vice Presidente Consiglio Regionale
Ecco, innanzitutto, esprimo soddisfazione per gli spunti emersi da questo convegno; in particolare la relazione del prof.
Capelli è stata illuminante proprio per quelle implicazioni giuridiche che ci ha segnalato in relazione alla scadenza del 21
di questo mese, cioè all’ udienza fissata avanti al Tribunale
europeo di prima istanza, e sulla rilevanza giuridica che
potrebbe avere una nostra legge regionale attuativa degli
accordi TRIP’S, se approvata in tempo utile, ai fini dell’esito
del ricorso pendente a tutela del vino Tocai Friulano. Allora,
sotto questo profilo, bisognerà che facciamo tesoro della
esperienza già verificata all’interno del Consiglio Regionale in
questa legislatura, ossia alla possibilità di utilizzare la procedura d’urgenza prevista dal nuovo Regolamento interno del
Consiglio Regionale che, se ricordate - e mi rivolgo soprattutto ai colleghi consiglieri qui in sala - ci ha consentito in qualche occasione di portare una legge in Consiglio per la sua
approvazione… ad horas, concentrando l’attività di produzione legislativa in un giorno. Per esempio ricordo quelle norme
in materia di pubblico impiego necessarie per sbloccare l’attuazione del comparto unico che, a suo tempo, l’Assessore
Pecol Cominotto aveva urgenza di veder approvate. L’Aula fu
richiesta di applicare la procedura d’urgenza e così tale
norma fu subito portata all’esame immediato della
Commissione per essere votata in Consiglio per l’approvazione finale nella stessa seduta. Quindi, tecnicamente, questo
48
procedimento d’urgenza potrebbe essere utilmente invocato
e potrebbe anche essere politicamente condiviso, soprattutto
se vi sarà la opportuna comunicazione, all’interno del
Consiglio Regionale, degli esiti di questo convegno e delle
riflessioni giuridiche del prof. Capelli. Auspico l’accelerazione
di questo iter legislativo e mi fa piacere che anche il collega
Venier Romano, al di là degli schieramenti politici e forte della
sua esperienza, condivida questo auspicio.
MODERATORE Bruno Malattia
Non credo che sarà così facile, consigliere Monai. Noi abbiamo ereditato una situazione nella quale ha dominato, se non
la confusione, la rassegnazione. Non sono gli azzeccagarbugli che hanno complicato le cose, sono stati signori poco
esperti a complicare le cose. Il prof. Capelli ha saputo individuare il modo giusto per intervenire; altri si sono mossi o nella
nebbia o abbacinati dai 16 milioni di euro promessi per il
“Friulano”. Questa è la verità, mi sembra. D’altra parte lo
stesso Zamò diceva che il Tocai nei mercati esteri conta ben
poco ed allora di cosa ci si preoccupa? Zamò e altri che come
lui sanno fare dell’ottimo vino e possono creare in qualsiasi
momento un uvaggio o vinificare uve Tocai chiamandole
“Friulano” o con altro nome. Devo confessare che andare al
bar e chiedere: ”Mi dia un Friulano” e poi, uscendo dal bar,
raccontare: ”Ho bevuto un Friulano...” ha un effetto straniante, però io rispetto la Federdoc. Ha scelto questo nome ed io
dico sarà una buona scelta, manteniamola. Adottiamo pure il
“Friulano”, prendiamo anche i soldi che il Governo e la CEE
pare abbiano promesso. Noi non vogliamo che si perdano.
Fausto Capelli
Non è un problema di difesa astratta di una denominazione;
noi stiamo parlando del nome di un vino, "Tocai Friulano",
che esiste da secoli e che ha diritto di esistere: chi ha argomenti giuridici per sopprimerlo li esponga e li esamineremo.
49
DIBATTITO
Non ci sono invece argomenti economici per farlo. Che senso
ha cambiare il nome di un vino da tempo noto sul mercato: si
può immaginare che la Coca Cola possa cambiare il nome del
suo prodotto perché a un certo punto, per ragioni economiche, conviene chiamarlo soltanto “Cola”?
Sappiamo tutti quali sono gli investimenti effettuati dalle
imprese per valorizzare i loro marchi. Il marchio di un prodotto ha un valore in sé, indipendentemente dall’impresa che lo
produce e il nome di un vino è come il marchio collettivo di
un prodotto. La nuova regolamentazione comunitaria consente alle imprese di vendere i propri marchi separatamente
dalle imprese perché il marchio ha, appunto, un proprio valore sul mercato. Come non ha senso, quindi, annullare il valore di un marchio già affermato, sperando di trasferirlo su un
marchio nuovo del tutto sconosciuto, così non ha senso
rinunciare al nome di un vino molto noto, investendo su un
nome che nessuno conosce. Ho anche capito, da un intervento in sala, che qualcuno, invece di difendere il nome
"Tocai Friulano", preferirebbe incassare l'indennizzo che lo
Stato italiano ha promesso per compensare la perdita del
nome. Se è così vuol dire, in primo luogo, che lo Stato italiano sa di creare un danno, per cui, a rigor di logica, dovrebbe
fare il possibile per evitarlo, seguendo, ad esempio, i suggerimenti forniti nella relazione. In secondo luogo, e questo vale
per i produttori che preferiscono l'indennizzo alla difesa del
nome del vino, non mi sembra ragionevole procurarsi un
danno per avere poi il diritto di farselo risarcire.
Meglio evitare il danno, anche perché il risarcimento del
danno, in un caso come quello del "Tocai Friulano", incontrerebbe ostacoli giuridici notevoli, sotto il profilo del diritto
comunitario.
MODERATORE Bruno Malattia
Ecco, per dirla in parole semplici, non è necessario che il
Tocai muoia perché nasca il Friulano. Questo è il punto,
50
Zamò. L’unico motivo per cui sembra che il Tocai debba essere lasciato morire sono i soldi: “non ci danno i soldi se il Tocai
non muore”; “se non abbiamo un danno non ci risarciscono”.
È un modo quasi perverso questo, di provocare o non voler
evitare un danno per poter così lucrare un risarcimento.
Bruno Augusto Pinat
Innanzitutto devo ringraziare il Gruppo dei “Cittadini per il
Presidente” e devo ringraziare di cuore l’amico Bruno
Malattia non soltanto per avermi dato la parola, ma anche per
le parole così gentili che ha voluto riservare alla mia persona.
La presenza del prof. Calò e dell’amico enologo Zanchetta,
che hanno condiviso per molti anni con chi vi parla incarichi
nei vari comitati ministeriali, mi porta a ricordare a tutti voi che
il settore vitivinicolo è un comparto totalmente regolamentato
e che quindi entro tali norme si deve operare. Esiste un catalogo nazionale delle varietà di vite con relative autorizzazioni
alla coltivazione per singole regioni; disciplinari di produzione
dei vini, dove all’interno degli stessi sono delimitate le zone di
produzione e i relativi parametri produttivi; albi dei vigneti, ecc.
ecc. Proprio assieme al prof. Calò ci trovammo nel Comitato
Nazionale Vite ad affrontare il problema legato al vitigno
Montepulciano d’Abruzzo ed alla denominazione geografica
“Nobile di Montepulciano”, laddove si dovette per forza chiedere una deroga per evitare che tutti i produttori abruzzesi
dovessero cambiare il nome al loro vitigno storico, a favore
della denominazione geografica toscana “Montepulciano”.
Per ovviare a tutto ciò, io stesso nel 2000 proposi al Comitato
Vite di non accettare più iscrizioni di sinonimi geografici per le
varietà di viti, appunto per fare una volta per tutte chiarezza in
un settore che ormai è diventato una giungla. Tale proposta fu
accolta ed approvata all’unanimità e, fino ad oggi, non mi
risulta da nessuno modificata. Chiedere l’iscrizione di un sinonimo geografico (Friulano) per la varietà di vite Tocai friulano,
senza nessuna motivazione storica (nessuno in Friuli ha mai
51
DIBATTITO
chiamato il nostro Tocai “Friulano”), utilizzando un tale sinonimo geografico laddove 6 denominazioni su 8 antepongono la
parola “Friuli” alla denominazione stessa, significa creare il
presupposto per trasportare nel prossimo futuro nella nostra
regione il contenzioso oggi in essere tra Italia e Ungheria.
Elenco soltanto alcune ipotesi:
1) si permetterebbe ai produttori di Tocai extra regionali di
mettere sul mercato un vino chiamato Friulano e prodotto nel
Lazio piuttosto che in Sardegna, ovvero nelle regioni dove il
Tocai è autorizzato
2) si utilizzerebbe un sinonimo geografico andando a creare
confusione con le denominazioni di origine (Friuli Annia,
Friuli Aquileia, ecc.)
3) non voglio neanche immaginare cosa potrebbe succedere
allorquando un produttore di Friulano di una denominazione
che porta la parola “Friuli” (Friuli Grave per es.) vietasse ai
produttori del Collio di mettere sul mercato un vino con questo nome, in quanto nella denominazione Collio non c’è la
parola “Friuli”.
Tralasciano altre mille argomentazioni che ci porterebbero ad
allungare i lavori, cosa che non voglio, sottolineo soltanto che
questa vicenda, a prescindere dall’epilogo finale, avrebbe
dovuto rappresentare una colossale operazione di marketing.
Ovvero utilizzare questo contenzioso per far conoscere al
mondo intero dove siamo, cosa facciamo, e soprattutto
quanto siamo in grado di difendere un pezzo di storia,
cultura e tradizione del nostro Friuli, combattendo una
causa giusta e cercando di divulgare questa enorme
ingiustizia che ci è piovuta addosso.
La cosa che più mi addolora, e lo dico alla luce di sei anni di
esperienza come amministratore regionale, è la continua
ricerca di assistenzialismo da parte di alcuni produttori, per
fortuna non tutti, fenomeno che ho sempre cercato di combattere, perché propedeutico ad una incapacità di innovarsi:
l’assistenzialismo non crea innovazione.
52
Bruno Malattia ha colto lucidamente questo stato di cose, per
questo sono qui, per questo lo ringrazio, per questo dovremmo essere al loro fianco per far crescere le capacità imprenditoriali dei nostri vitivinicoltori. Anche con azioni impopolari,
ma sicuramente indispensabili per creare una futura classe
dirigente preparata, consapevole, motivata ed in grado di
stare in mercati sempre più complicati.
Marco Felluga
Vi ringrazio dell’invito e vorrei dire anch’io due parole velocemente. Innanzitutto mi rivolgo al Presidente: noi operiamo in
una realtà diversa da tutti gli altri stati. Lei prima ha accennato un discorso sul risparmiare, siamo tutti d’accordo, sull’unificare e siamo tutti d’accordo, però fino ad un certo punto.
Vorrei invitarla a rileggere “La Rana Cinese”, il libro del nostro
governatore Riccardo Illy, alle pagine 72 e 73, dove il suo
Presidente dice tutt’altra cosa, quando dice che dal mondo
industriale nascerà il mondo dell’estetica. Quando dice che il
mondo sarà dei prodotti esclusivi e selezionati, parla di tutta
un’altra cosa rispetto a ciò di cui ha parlato lei oggi. Sono d’accordo di eliminare più spese possibili, sono d’accordo di cercare aggregazioni, ma sono anche convinto che commercialmente nel mondo del vino le nostre denominazioni hanno interessi diversi e devono muoversi nei canali appropriati.
Seconda cosa, mi rivolgo all’amico Benvenuti. Voglio precisare che sono d’accordo su quanto detto riguardo al Tocai
prima di me dall’amico Pierluigi Zamò. Tu, Benvenuti, hai
parlato di voce univoca, che dobbiamo metterci tutti assieme,
ma ti rendi conto che avete iniziato un ricorso al Tar e poi al
Consiglio di Stato contro il nome “Friulano” senza interpellare la Federdoc, che rappresenta l’80% dei produttori di vini
Doc del nostro Friuli Venezia Giulia? Vi rendete conto che parlate del Tocai come vino portabandiera dei nostri vini regionali ed alcuni vostri soci lo stanno vendendo nei supermercati a
meno di tre euro, anche a 2.85 ?
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DIBATTITO
Io avrei finito, mi sarei aspettato che questa riunione venisse
dopo il 21 marzo, perché con la bellissima esposizione del
prof. Capelli, era chiaro che forse sarebbe stato meglio aspettare il 21 marzo. Anche lei Presidente, prima di decidere sulla
Legge Regionale, per salvare il nome Tocai in campo nazionale, ha interpellato i produttori, o continuate a farlo sopra le
loro teste?
Vi ringrazio ancora per l’invito di oggi, le discussioni ed i confronti sono sempre utili e validi, ma quando c’è una maggioranza, quella va rispettata. Non ci si può mettere contro una
maggioranza dell’80% dei produttori.
Per ultimo, mi rivolgo al prof. Calò: caro Tonino, mi sembrava
che Dalmasso facesse derivare il Tocai più dal Sauvignon o
dal Sauvignonasse che dal Pinot Grigio.
Vi ringrazio per la Vostra attenzione e complimenti al prof.
Capelli per la bellissima ed esauriente esposizione.
Grazie della vostra attenzione.
MODERATORE Bruno Malattia
Grazie a Marco Felluga per il suo intervento. È un ottimo produttore di vini. Io non so cosa abbia scritto Riccardo Illy a pagina 72 e 73 della sua “Rana Cinese”. Andrò a sfogliare il libro.
Illy è il mio presidente, lo stimo ed ho con lui un rapporto di
amicizia. Non so se in quelle pagine si risolva il problema del
Tocai. Il mio e il suo Presidente, il nostro Presidente, era perfettamente a conoscenza della nostra proposta di legge sul
Tocai e l’ha condivisa. Quanto ad interpellare i produttori, che
sono tanti, io le faccio un semplice ragionamento: quando si
parla di diritti si tratta di diritti che ogni cittadino può difendere.
Quando si tratta di diritti individuali la legge della maggioranza
vale solo nei Paesi illiberali. Felluga, lei è una persona intelligente e capace e produce Tocai; altri dieci viticoltori vogliono
impedirle di continuare a produrre Tocai ma lei vuole continuare a produrlo perchè pensa che le leggi europee e italiane glielo consentano; perché gli altri nove dovrebbero prevaricare su
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di lei? Lei prima ha fatto un elogio al prof. Capelli. Se lo ha
ascoltato attentamente, come non dubito, converrà che il prof.
Capelli, ha detto qualcosa di completamente diverso da quello
che lei sostiene. Non vorrei che il dramma del Tocai sia frutto
di equivoci e difficoltà di reciproca comprensione.
Ivano Benvenuti
Vorrei rispondere a Marco Felluga, senza nessuna polemica. Non è mia competenza entrare nei prezzi di vendita del
vino, perché questo spetta a coloro che fanno marketing,
però le iniziative che abbiamo preso noi, come Fedagri e
Confcooperative, riguardano le nostre Cantine cooperative,
che sono state sentite, e gli stessi che fanno parte dei consigli direttivi, che hanno dato adesione a presentare i ricorsi,
sono le stesse persone che su altri tavoli decidono diversamente. Questo è sempre il gatto che si morde la coda. Non
so, al Consorzio D.O.C. decidono qualche cosa, gli stessi, sul
tavolo della cooperazione, mandano avanti la cooperazione a
difendere gli interessi delle Cantine cooperative. E mi fermo
qui, perché non voglio fare altre considerazioni.
Antonello Tius
Intervengo solo per rafforzare l’ultimo concetto espresso dal
presidente Benvenuti.
Volevo dire che su questa favola delle cifre dell’80%, bisogna
fare chiarezza tenendo presente che moltissimi soci dei consorzi che poi fanno parte di Federdoc, sono soci cooperatori,
per cui non si possono contare le teste due volte. Noi, movimento cooperativo, contiamo 2400 produttori, questi sono
dati reali, e il movimento Federdoc poco più di 1000, ma di
quei 1000 molti sono soci cooperatori.
I produttori del mondo cooperativo difendono i loro interessi,
difendendo il Tocai, perchè rappresenta una quota importante
del loro fatturato, e non si vergognano di venderlo anche a tre
euro perché con quei tre euro fanno quadrare i loro bilanci.
55
DIBATTITO
Noi cooperatori siamo stanchi di sentirci vituperati e accusati
di rovinare l’immagine del Friuli vinicolo. Questa accusa è
inaccettabile e non vogliamo più sentirla. Passi da gigante
sono stati fatti da tutti, ed anche dalle cantine sociali che molti
anni fa vendevano le damigiane ed i bottiglioni, ma che ora
vendono le bottiglie con tappo a sughero, sì anche ai supermercati, ma con una qualità nettamente superiore rispetto al
passato e questo ci deve essere riconosciuto da tutti.
Non è un delitto vendere il Tocai a tre euro, perché oltretutto
noi ne vendiamo tanto.
MODERATORE Bruno Malattia
In un’epoca in cui si esaltano i consumatori e si parla di una
democrazia di consumatori, beati i consumatori che possono
comprare il Tocai a tre euro. Credo che anche Illy su questo
sia senz’altro d’accordo.
Dante Savorgnan
Sono Dante Savorgnan e lavoro alla Cia, Confederazione
Italiana Agricoltori. Condivido l’iniziativa legislativa che è
stata promossa dal Gruppo consigliare “Cittadini per il
Presidente” e che è stata sottoscritta da tutti i gruppi della
maggioranza. Credo che sia un’iniziativa importante, perché, qualora la legge venisse approvata, sarebbe la prima
volta che la massima espressione politica e rappresentativa
della nostra Regione prende posizione su questo problema
in maniera così forte e chiara. C’è però il rischio che neanche questa sia l’ultima puntata di una vicenda assai tormentata. Se noi infatti ci appelliamo ad una disposizione degli
accordi Trip’s, per poter commercializzare il Tocai in Italia,
la Commissione europea in una comunicazione fatta al
Consiglio il 19 dicembre scorso, basandosi sulla stessa
norma, sostiene esattamente il contrario. Ma non è per questo che ho chiesto di intervenire, perché oltretutto, prof.
Capelli, non è il mio mestiere quello dell’avvocato. Ciò che
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tengo a dire piuttosto è che su questo problema noi dovremmo realizzare un’unità d’intenti dal punto di vista politico. Il
caso del Friulano è addirittura finito sui libri. È stato pubblicato due anni fa un saggio sull’attività di lobby da parte italiana nei confronti delle istituzioni comunitarie e il caso del
Tocai Friulano viene citato come esempio di insuccesso. È
presentato cioè come il risultato tipico di un modo di fare
superficiale, approssimativo, provinciale, disorganico. E
allora il primo obiettivo che ci dobbiamo porre è quello di
avere una filiera politica che parte dai produttori, coinvolge
la Regione, ma soprattutto lo Stato nazionale e che definisca una chiara posizione in difesa del Tocai e la sostenga
con determinazione nelle sedi che contano. Questo finora
non è successo. Ma se non porremo rimedio a questa situazione, difficilmente, anche approvando la legge regionale,
riusciremo ad averla vinta. Noi ci meravigliamo che
Giuseppe Ambrosio, dirigente del Ministero dell’Agricoltura,
abbia chiesto a Bruxelles la registrazione di Friulano. Ma è
lo stesso Giuseppe Ambrosio che nel dicembre 2000, scrivendo alla Comunità, sacrificava il Tocai in nome dei superiori interessi del Parmigiano Reggiano in lotta con il
Parmesan tedesco. Lo stesso presidente del Consiglio Prodi,
quando era presidente della Commissione europea non ha
fatto quanto poteva e doveva per la nostra causa: a sostenere le ragioni della Comunità contro di noi davanti alla Corte
di giustizia erano degli italiani, come una certa Elisabetta
Righini, che facevano parte del suo entourage. Conoscendo
queste cose, capiamo che la prima necessità è quella di
spiegare e convincere i nostri politici del buon diritto del
Tocai. E non è un problema di schieramenti. Se ho fatto il
nome di Prodi, posso fare anche quello di Berlusconi che è
andato a Budapest a dire: “pacta sunt servanda”, riferendosi agli accordi del 1993, o quello del Ministro
dell’Agricoltura Alemanno, che ogni volta ci assicurava il
suo impegno, ma risultati non si vedevano. Vinceremo que57
DIBATTITO
sta battaglia solo se porteremo sulle nostre posizioni chi ci
rappresenta nelle istituzioni.
MODERATORE Bruno Malattia
L’importante è portare tutti sulle stesse posizioni. In Friuli è
un’impresa difficile.
Emanuela Botteghi
La vicenda della difesa della denominazione Tocai in Italia e
in Regione, si presta anche per fare alcune considerazioni di
ordine più generale per il settore vitivinicolo.
La prima: in buona o cattiva fede parlando di Tocai, si è fatta
molta confusione tra l’esercizio della rappresentanza che
svolgono le organizzazioni professionali agricole e i Consorzi
D.O.C., che questa funzione non dovrebbero svolgerla perché
ne hanno altre molto importanti di cui alcune insostituibili. Se
ognuno fa il suo mestiere, e magari lo fa bene, se ne avvantaggiano le aziende agricole e tutto il settore.
La seconda: come si conciliano e se si conciliano la politica
dei marchi e quella del territorio. Le produzioni sono tante e
tra loro diverse e anche di produttori ce ne sono e di tanti tipi.
A volte gli interessi sembrano e sono diversi, ma io penso che
questo conflitto possa essere ricomposto se tutti esprimono
con chiarezza i loro interessi e se nessuno cerca di lucrare
sugli stanziamenti di denaro pubblico.
La terza: l’affermazione e la tutela dei diritti. È una battaglia
importante, anche perché ha a che fare con la giustizia, che
dovrebbe essere una delle basi delle azioni sociali. Se il mio
diritto di continuare a chiamare questo vino Tocai, non è in
contrasto con la libertà di chi questo Tocai lo vuol chiamare
con un sinonimo, non vedo perché dobbiamo partire l’un
contro l’altro armati. A me le crociate piacciono poco, anche
se il mio spirito polemico potrebbe far pensare il contrario,
perché, forse a torto dal punto di vista storico, ma a ragione
nell’immaginario collettivo, sono simbolicamente associate ad
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azioni poco ragionevoli e produttive. Se la mia libertà non lede
quella altrui perché dovrei rinunciare a esercitarla?
Nel merito dello specifico sinonimo Friulano noi abbiamo
subito espresso le nostre perplessità di ordine tecnico, che
poi sono state confermate dalle sentenze giudiziarie con le
stesse nostre motivazioni: genericità, confusione nel consumatore e quindi, aggiungiamo noi, conseguente difficoltà
nella difesa della denominazione a livello commerciale. Non
abbiamo elementi allo stato attuale che possano cambiare il
nostro parere.
Perciò non crediamo sia stato un bel lavoro il registrare questo sinonimo nell’elenco delle varietà. Registrazione avvenuta
lo stesso giorno in cui al Ministero dell’Agricoltura ragionavamo su come uscire da questa difficile situazione e si concordava di bloccare ogni iniziativa di carattere legale e burocratico in attesa delle sentenze definitive di tutti i tribunali nazionale e comunitari. E proprio in quella riunione il Ministro De
Castro è stato chiarissimo nel dichiarare che intende muoversi solo ed esclusivamente nell’ambito del rispetto delle norme
comunitarie. Sottinteso quindi che, l’iniziativa legislativa del
Consiglio Regionale di cui anche oggi parliamo, non è in linea
con le regole europee, che prevedono la dismissione della
denominazione Tocai da parte degli italiani. A questo proposito rivolgo questa domanda all’avv. Capelli. E un’altra cosa
che vorrei chiedergli è se l’iscrizione nell’elenco comunitario
del sinonimo Friulano possa portare pregiudizio alle cause
pendenti.
Per concludere. S’è tanto parlato del fatto che la maggioranza dei produttori vorrebbe rinunciare alla denominazione
Tocai in favore di Friulano, incassare i tanti soldi per la promozione e vivere felice e contenta. Ammesso e non concesso che questo sia vero, mi chiedo retoricamente, se il ruolo
della politica e dell’amministrazione sia quello di fare ciò che
pensa la maggioranza o sia invece quello di fare una sintesi
dei pareri di maggioranze e minoranze specifiche, scegliendo
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DIBATTITO
poi la soluzione giusta e utile per tutti i cittadini che ricadono
sotto la sua responsabilità. Anche perché le maggioranze non
sempre hanno ragione.
MODERATORE Bruno Malattia
Prof. Capelli se vuole dare una risposta, velocissima, e poi
chiudiamo.
Fausto Capelli
Per quanto riguarda il problema della libera circolazione delle
merci, nel nostro caso ci troviamo in un’ipotesi in cui si applicano le norme del diritto internazionale, quelle dell’accordo
TRIP’s. Uno Stato ha la possibilità di applicare tali norme con
effetti che si producono unicamente all’interno del proprio territorio. Anche nella Comunità europea si verificano situazioni di
questo genere. Per esempio, in materia di proprietà intellettuale, esistono migliaia di marchi registrati nei singoli Stati membri, che non possono essere utilizzati in altri Stati membri perché confondibili con marchi similari. Tutti i cultori del diritto
comunitario ricordano il celebre caso del "Caffé Hag", risolto
dalla Corte di Giustizia, negli anni '90, nel senso che il "Caffé
Hag" prodotto in Belgio non poteva essere commercializzato in
Germania, come quello tedesco non poteva essere commercializzato in Belgio nonostante le norme sulla libera circolazione delle merci nella Comunità europea. È stato necessario l'intervento della multinazionale americana "Kraft", che ha comprato i due marchi, per risolvere il problema. C’è pure un caso
famoso riguardante l’acqua spagnola con il nome “Vichy”, che
ha la propria fonte presso Barcellona. Grazie a tale nome è
stato impedito per tanto tempo alla celebre acqua francese
Vichy, di entrare in Spagna, nonostante l’esistenza del mercato interno, perché i diritti di proprietà industriale sono ancora
in gran parte regolati dalle leggi degli Stati. Per risolvere il problema è stato necessario, anche in questo caso, un accordo
commerciale tra i produttori dei due Paesi.
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Ma nel caso del “Tocai Friulano”, come risulta dalla mia relazione, non c’è neppure necessità di un accordo siffatto, perché
non si impedirebbe ad alcun vino "Tocai", legittimamente denominato, di entrare in Italia e non si consentirebbe al "Tocai Friulano" di essere commercializzato sul mercato europeo.
MODERATORE Bruno Malattia
Grazie per aver voluto partecipare al nostro convegno e per la
vostra attenzione.
Vorrei concludere in assonanza con un antico canto goliardico: ”Bevano tutti, bevano bene e siano felici”.... Il Tocai può
continuare a vivere e può nascere anche il Friulano. Devono
soprattutto vivere bene il Friuli e i friulani, insieme.
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DIBATTITO
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GRUPPO CONSILIARE REGIONALE
CITTADINI PER IL PRESIDENTE
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Il volume è stato realizzato
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Cittadini per il Presidente.
Nessuna sua parte può essere riprodotta
o trasmessa in qualsiasi forma o con
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l’autorizzazione scritta dell’editore.
Un ringraziamento a Claudio Fabbro
per aver fornito alcune delle foto
presenti nel volume.
FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2007