I vini dell`addio Fece scorrere il dito indice sul collo delle bottiglie

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I vini dell`addio Fece scorrere il dito indice sul collo delle bottiglie
I vini dell’addio
Fece scorrere il dito indice sul collo delle bottiglie allineate sul ripiano del frigo e scelse una Vernaccia di San
Gimignano. Gli occorreva un goccio di vino per sfumare i molluschi che si stavano schiudendo in padella
mentre l’acqua per gli spaghetti arrivava a bollore. La tavola era apparecchiata in stile minimalista ma
curata nei dettagli: le tovagliette in iuta color grezzo, le posate lucide ben distanziate, il tovagliolo di stoffa
di colore scuro ripiegato con cura, gli alti calici da degustazione adatti ai vini bianchi. Glielo avevano fatto
notare anche gli amici che era preciso e pignolo e più ordinato di una “femmina” vecchio stampo, quelle
donne di casa di una volta che ormai stanno scomparendo. Fabio stava preparando una cena importante
per la donna che aveva amato e che voleva lasciare così, con un tocco di classe. Aveva deciso rapidamente
le pietanze da offrire. La Vernaccia avrebbe accompagnato bene l’antipasto di alici marinate e tartine con
pesce spada affumicato ed il primo ai frutti di mare; per il secondo, una pezzogna al forno accompagnata da
un’insalatina al taglio, avrebbe servito un Breganze Vespaiolo profumatissimo. Il dessert lo aveva
impegnato di più: quale dolce era adatto ad un addio, che per come lo si riesca a presentare, dolce proprio
non è? L’ultimo boccone del pasto che sapore deve lasciare in bocca? L’ultima serata insieme che
sensazione deve affidare alla memoria di due ex amanti? Decise infine per una crema catalana,
l’amarognolo della crosta di caramello a celare il dolce della crema gli parve perfetto: quel tanto di amaro
che bastava, in fondo non c’erano mai stati dissapori importanti tra loro. Un bel prosecco di Valdobbiadene
avrebbe poi tolto ogni traccia dai palati e preparato gli animi ai giorni ai venire, senza rancore. Il vino
evaporò sfrigolando nella larga padella, a momenti avrebbe buttato la pasta. In fondo erano stati bene:
molti interessi comuni, la conversazione mai banale ed una buona dose reciproca attrazione li avevano
tenuti insieme quasi due anni. Ma non c’era mai stata quella fame dell’altro che ti spinge a cercarlo ogni
giorno e non si sazia anche dopo una notte insieme. Ecco perché per Nina aveva voluto cucinare del pesce:
saporito ma delicato.
Con Vera no, con lei avrebbe cucinato piatti robusti e bevuto rossi corposi: i suoi capelli neri e la sensuale
carnagione olivastra si sarebbero abbinati ad una amatriciana grassa di guanciale e sugo, ad una parmigiana
di melanzane … doveva solo liberarsi degli ultimi scrupoli e chiudere la vecchia relazione senza futuro e
stava per farlo. “È stato bello finché è durato sai, non ti dimenticherò”…
Nina era una donna puntuale, questo pregio gli consentiva di preparare tutto senza il timore di sbagliare i
tempi, avrebbe suonato alla porta a momenti. Nel buio del soggiorno risuonò invece il cellulare, la suoneria
dei messaggi. “Non credo ci sia molto da aggiungere all’altra notte. Sei un pessimo attore o forse sei già così
lontano da me ormai da non riuscire neanche più a giocare col sesso. Stacchiamo la spina a questa storia
agonizzante e risparmiamoci l’epilogo. N.” Fabio lesse e sorrise: non fu particolarmente sorpreso dalla
trovata di Nina, ne aveva amato la grande ma un po’ fredda razionalità, non gli dispiacque nemmeno di
averle lasciato l’ultima scena, l’importante era che comunque tutto finisse lì senza strascichi. Tutto
sommato avrebbe evitato qualche battuta pungente di Nina, ne era capace, anche se non avrebbe mai
fatto scenate. Con Vera sarebbe stato diverso: umorale e lunatica lo intrigava con la sua femminile
incoerenza.
Versò un po’ d’acqua bollente nel lavello. Dimezzò gli spaghetti da cuocere. Tappò la Vernaccia e la rimise
in frigo. Ripassò le dita sulle bottiglie in fresco e scelse un novello per la sua cena.