Canti Contadini e Tammurriate
Transcript
Canti Contadini e Tammurriate
PsychoPizza - IX Edizione 26 marzo 2006 Spaccapaese Canti contadini e tammurriate Il gruppo “spaccapaese” nasce dall’umione di cinque amici che dopo anni di ricerche e impegno nel campo della musica tradizionale decidono di unire il loro percorso in un’unica esperienza musicale. Il fine ultimo è quello di tutelare e divulgare la tradizione del canto sul tamburo che ancora vive nelle feste religiose dell’agro nocerino, nella zona vesuviana e dei Monti Lattari. Spaccapaese propone un repertorio che parte dalla tammurriata nella sua forma più pura, i canti contadini, le fronne, le tarantelle dell’entroterra e passa attraverso i canti della tradizione metropolitana fino ad arrivare a sud con pizziche e tarantelle tradizionali. Il gruppo è composto da Fortunato Carotenuto, Spaccapaese Gerardo Amarante, Albino Rosa, Rocco Zambrano, Lello Settembre. Spaccapaese è una tarantella eseguita con l’organetto che ancora sopravvive a Marra. Marra è un piccolo fazzoletto di terra, una volta esclusivamente agricolo, a sud del Vesuvio e compresso fra tre comuni: Scafati, Boscoreale, Poggiomarino. L’organetto era lo strumento che allietava le feste da ballo che si svolgevano sulle aie delle numerose masserie vesuviane disseminate sul nostro piccolo territorio. Questo strumento, una volta molto presente nella comunità di Marra, ha avuto un periodo di forte crisi tra la fine degli anni settanta e i primi anni novanta. In seguito, grazie soprattutto alla assidua presenza in zona di Albino Rosa, virtuoso suonatore di organetto diatonico, si è registrato un interesse crescente per questo strumento. Oggi a Marra esistono almeno cinque persone che riescono ad intonare una Spaccapaese. Il nome Spaccapaese nasce da una antica leggenda popolare. Si racconta, infatti, che i vecchi suonatori litigavano tra loro per attribuire la paternità della famosa tarantella ora a Scafati, ora a Boscoreale ora a Poggiomarino. Alla fine fu dato il nome di spaccapaese proprio per mettere d’accordo tutti i contendenti. Nella zona di Marra abbiamo recuperato anche altri documenti musicali di sicuro interesse storico/culturale: la frasca e la tammurriata alla marrese. La frasca (un grosso ramo di alloro addobbato) è un canto di questua che si esegue il pomeriggio del 31 dicembre. Si tratta di una esibizione itinerante di circa venti suonatori che a ritmo di tarantella, la spaccapaese appunto e utilizzando tutti gli strumenti poveri tradizionali (tammorre, putipù, triccabballacche, scetavajasse, castagnette, organetto) raggiunge le varie contrade del paese e con un canto tradizionale porta l’augurio del nuovo anno che sta per arrivare. Il canto inizia così: “ e bona sera e buon principio 'e l’anno a tutti sti signure 'ncumpagnia simme venute e turneremo ogni anno 1 www.psychopizza.it [email protected] PsychoPizza - IX Edizione 26 marzo 2006 pe darve l’augurio ca vuie sapite spilateve e recchie, apriteve lu core la casa, la dispensa e la cantina ca cheste so jurnate de cuntiente se magne se veve e nun se penza a niente” Possiamo sicuramente affermare che la piana del fiume Sarno è la culla della tammurriata. Infatti resistono ancora varie feste legate al culto Mariano come la festa della Madonna del Carmine detta delle Galline a Pagani, la festa della Madonna dei Bagni a Scafati, e la festa dedicata alla Madonna di Materdomini a Nocera Superiore. La Madonna delle Galline, cade la domenica dopo Pasqua. Inizia con una solenne processione. La Madonna viene portata in tutte le strade del paese, e la popolazione in segno di fede e riconoscenza offre galline e colombi che restano devotamente appollaiati ai piedi della statua. I canti e le danze iniziano nel pomeriggio e si protraggono fino al lunedì mattina. Grande la devozione di tutta Pagani e paesi limitrofi per questo culto, e oggi soggetto di studi e ricerche da parte di studiosi che arrivano da tutt’Italia. Quaranta giorni dopo Pasqua iniziano i festeggiamenti in onore della Madonna dei Bagni, dove in località “fosso di Bagni” fu trovato in una Fortunato Carotenuto pozza d’acqua l’immagine sacra della vergine. La pozza fu ritenuta miracolosa tanto e vero che, secondo la credenza popolare, ci si andava a curare le malattie della pelle (si tiena a rogna jesce e Vagne). Il rituale inizia il mercoledì dell’Ascensione e continua fino alla domenica con canti e balli tradizionali. Addirittura arrivavano da Napoli e da tutta la Campania gruppi di fedeli con il “carrettone” grosso carro agricolo trainato dal cavallo. I bambini si accompagnavano con “ ‘a corza co’ chirchio”. Il terzo appuntamento che conclude il ciclo estivo nell’agro, è la festa della Madonna di Materdomini. Il pellegrinaggio inizia il pomeriggio del 14 agosto e continua per tutta la notte con fedeli che arrivano da tutta la regione. Sul sagrato della chiesa, dopo aver reso omaggio alla Madonna, paranze spontanee intonano “canti a figliola” e tammurriate per tutta la notte. L’atmosfera che si respira è unica. Arrivando a piedi in prossimità del santuario si ode un solo suono. È la tammorra la regina della festa. Le danze nella notte raggiungono una vetta elevatissima. I corpi sono invasi dal ritmo ossessivo scandito dalla tammorra, i canti si intrecciano in un unico solco. Tutti sono coinvolti, anche il più distratto osservatore ne è attratto. 2 www.psychopizza.it [email protected] PsychoPizza - IX Edizione 26 marzo 2006 La Tammurriata Fortunato Carotenuto (Sapaccapaese) Le origini della tammurriata si perdono nella notte dei tempi; essa è senza dubbio una delle più sensuali e seducenti forme di ballo ed affonda le sue origini nelle antiche danze greche e, probabilmente, nelle antiche danze delle genti campane. Per nostra fortuna e nonostante i secoli trascorsi la tammurriata ha mantenuto i tratti fondamentali delle antiche Gerardo danze, continuando a rappresentare i riti della sessualità e della fertilità connessi alla terra intesa come madre di ogni cosa e, quindi, fonte della vita. Nel mondo greco, la danza veniva considerata dono degli dei agli uomini e mezzo per questi di accostarsi alla divinità fino ad identificarsi con essa, unico modo per raggiungere, almeno idealmente, l'immortalità. Alcune di queste antiche danze, presentavano gesti caratteristici che si ripropongono nella figurazione tematica dell'odierno ballo sul tamburo; questi sono testimoniati da citazione letterarie, dipinti, raffigurazioni su vasi, da sculture e bassorilievi disseminati in vari musei del mondo. Possiamo ancor osservare che le danze, in onore del dio Dioniso, erano costituite dalla elevazione ritmica delle braccia, da piccoli passi e dall'agitazione di tutto il corpo. Tutti questi movimenti servivano alle baccanti ed alle sacerdotesse del dio per giungere al furore erotico. La danza delle baccanti, era una danza fortemente oscena eseguita di solito durante i riti auspicanti fecondità. Una splendida decorazione pittorica su di un vaso conservato nel museo archeologico nazionale di Napoli raffigura due satiri che attorniano, danzando, un kelebe colmo di vino, inginocchiandosi e volteggiando con le gambe sino ad arrivare ad incastrarle. Tutte queste movenze satiriche sono riscontrabili in atteggiamenti coreutica della tammurriata campana. Altro importante elemento di questo tipo di danze rituali è il luogo dove si svolgono. Per i popoli antichi era lo spazio antistante il tempio del dio, oggi, in una ideale continuità con il paganesimo, il sagrato o la piazza antistante la chiesa della madonna o del santo. Il cerchio simboleggia la volontà umana di sfuggire il tempo canonico, si tenta, attraverso di esso, di fermarlo almeno per quel momento di festa donato alla divinità. Nel suo interno la danza si svolge regolarmente sempre sulla ritmica dello schioccare delle castagnette, tenute in mano un po' da tutti tra gli sguardi fissi e reciproci dei ballatori. In alcuni momenti di spontaneo eccitamento, però, la frase musicale che segue la scansione ritmica dei versi del cantatore, tende a stringere gli accenti; in questo momento uno dei due danzatori comincia ad assumere un ruolo aggressivo di evidente atteggiamento amoroso o di sfida, assecondato o scacciato dall'altro. Quest'ultimo può allora indietreggiare, perché incalzato dal compagno o dalla compagna, oppure decidere di accettare il corteggiamento o il duello. Questa fase del ballo è la più coinvolgente e frenetica ed è chiamata rotella o vutata. La vutata è dunque il simbolo della sfida o dell'accoppiamento, ma può risultare da parte della donna un rifiuto dell'uomo che la sta corteggiando; la coppia, allora, si può spezzare ed in questo momento può entrare, per formare una nuova coppia, un altro personaggio, come nuovo potenziale corteggiatore. In questa fase si modificano anche la ritmica e la parte cantata, infatti la tammorra batte in uno, il cantate canta su una nota sola molto prolungata, o aggiunge dei versi più brevi per seguire i due danzatori che girano su loro stessi quasi incatenati. Nella girata l'andamento della danza, nella maggior parte dei casi, è antiorario. Non c'è limite di tempo alla danza se non quello di sfinire, raggiungere, con la perdita della coscienza, l'acme che dischiude nuovi orizzonti prima sconosciuti. Il ballo non è soltanto frenesia, e neanche semplice stato di ebbrezza, ma è puro invasamento divino. Non esiste scuola per 3 www.psychopizza.it [email protected] PsychoPizza - IX Edizione 26 marzo 2006 imparare questo ballo, ma solo iniziazione; quando si è ragazzi si comincia a ballare con gli anziani ed allora bisogna solo seguire i passi senza prendere l'iniziativa. Seguire lo sguardo di colui che guida è importantissimo, soltanto guardandosi sempre negli occhi si può entrare perfettamente in sintonia. La tammurriata descritta sino ad ora ha delle caratteristiche ben precise, ma vi sono delle differenze a secondo dei luoghi dove si balla; vicino al mare ed in pianura , ad esempio, la danza è stata sempre considerata un avvicinamento sensuale ed amoroso, mentre tra le montagne la necessità di conquistare le vallate le hanno conferito delle caratteristiche più dure e scattanti, quasi guerresche. La tammurriata scafatese è certamente la più ballata ed il suo fine è essenzialmente di natura sensuale; la paganese è più saltellante rispetto alla prima; i ballerini presentano minori momenti di attaccamento e la stessa vutata mantiene i ballerini distaccati. In questo tipo di tammurriata che si può osservare a Pagani e nei paesi limitrofi, il corteggiamento sembra lasciare il posto ad una sfida tra i ballatori. Un terzo tipo di tammurriata è la giuglianese; la sua caratteristica principale è costituita dalla presenza del flauto (sisco), il ritmo, sostenuto dal flauto inoltre, è più veloce, quasi ossessivo. L'ultimo modo di ballare che prendiamo in considerazione è quello dell'avvocata, in onore della Madonna dell'Avvocata. La sua caratteristica fondamentale è nella presenza di un numero elevato di tammorre suonate contemporaneamente. C'è una tammorra principale che guida il tempo e, insieme alla voce, dà il numero dei colpi della vutata secondo il testo delle barzellette intonate. Qui la musica e i movimenti sono veri e propri richiami guerreschi, incitamento agli uomini nei momenti di combattimento Albino 4 www.psychopizza.it [email protected]