05 - L`idea base della storia
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05 - L`idea base della storia
35 millimetri di carta di Francesco Bicchieri 05 - L'idea base della storia La struttura drammatica che abbiamo descritto nel nostro ultimo incontro è il modello, il paradigma, lo schema tipo di un film. Inizio, parte centrale, finale. Il tutto legato da due colpi di scena. Se riuscite a impostare sinteticamente una storia seguendo questo schema è probabile che riuscirete poi a svilupparla in una sceneggiatura di 120 pagine. In caso contrario è estremamente difficile arrivare a scrivere un intero film. È quasi una sentenza: “se lo sai scrivere in tre frasi riuscirai a scriverlo in 120 pagine”. Tre frasi sembrano poche, ma è una sintesi assolutamente necessaria in questo momento della lavorazione. Una delle maggiori capacità dello sceneggiatore consiste nel raccontare in modo sintetico la trama di un film, spolpandolo degli elementi di contorno per ridurlo ai suoi elementi essenziali. Se riuscirete a farlo avrete appeso il chiodo che sosterrà il vostro quadro. Facciamo un esempio universalmente citato dagli sceneggiatori in ogni manuale che sviluppa concretamente lo schema drammatico che abbiamo sopra descritto: L’eroe ama la ragazza. I cattivi la rapiscono. L’eroe la libera. Questa è un’idea grezza. Poi “l’eroe” deve diventare un personaggio concreto. Può essere un gladiatore dell’antica Roma, Superman o un topolino dei cartoni animati. Ciò che conta è lo schema, individuare cioè il nucleo della storia. L’idea base dello sceneggiatore potrebbe essere così formulata: Un ex poliziotto radiato dal Corpo per alcolismo incontra e si innamora di una donna segnata dall’esperienza di una vita dissoluta e in cerca di riscatto. Una vecchia conoscenza di lei, esponente della malavita, la vuole nuovamente portare sulla cattiva strada e la fa rapire dai suoi uomini. L’ex poliziotto scontrandosi con difficoltà e reticenze affronterà la banda e libererà la donna. Questo è una realizzazione particolare, una trama concreta, di quella generale sopra esposta. È lo schema di una storia drammatica, di un film, da cui può essere sviluppata una sceneggiatura. L’esempio sopra riportato è inserito in quasi tutti i manuali di sceneggiatura per indicare l’idea base da cui partire (e a cui tornare in caso di difficoltà successive) per scrivere un film. L’idea base è un po’ come i punti cardinali sulla carta. Indica la direzione in cui dobbiamo muoverci, una rotta sintetica che ci dice dove dobbiamo giungere, non ci dice però come dobbiamo andarci. È importante sapere subito qual è il finale e tutta la parte centrale della nostra storia perché contrariamente a ciò che si crede lo sceneggiatore prima di iniziare a scrivere la prima riga della prima pagina della sceneggiatura deve aver ben chiaro come andrà a concludersi la sua storia. Non lo scopre cioè strada facendo pagina dopo pagina, scena dopo scena, dialogo dopo dialogo. Questo perché se si conosce già il finale a cui si vuole arrivare tutti gli elementi della sceneggiatura condurranno a quel finale. È come in un giallo: l’autore sa prima ancora di iniziare la stesura del libro, chi è l’assassino, perché, come e quando e dove ha commesso il delitto. Solo così si può creare tutta la vicenda, i colpi di scena, i sospetti, gli indizi e l’investigazione che porterà l’ispettore o il personaggio principale del romanzo a scoprire il colpevole. Ma l’autore, a differenza del lettore che invece scopre le cose contemporaneamente al personaggio strada facendo, sa già tutto prima che accada. Nel nostro esempio potremmo allora immaginare che l’ex poliziotto sia stato in passato un esperto di esplosivi prima di essere radiato dal Corpo di polizia e si avvarrà nella parte finale del film proprio di questa sua caratteristica per sconfiggere una banda criminale altamente organizzata. Inventate voi una serie di situazioni che potranno poi trovare collocazione adeguata nella sceneggiatura. Ma l’aver già formulato uno schema in cui muoversi sviluppa parecchi elementi che potranno arricchire la sceneggiatura articolandola in 100 modi diversi. Se abbiamo uno schema, una rete, che ci permette di creare un plot, un intreccio e i personaggi che appariranno nella vicenda saremo molto avvantaggiati. Affiancheremo così all’ex poliziotto e al capo dei cattivi un aiutante dell’ex poliziotto magari simpatico e pasticcione e un braccio destro del cattivo che rapirà materialmente la ragazza e che affronterà per primo “l’eroe” soccombendo prima del duello finale faccia a faccia con il capo della banda. Potrà esserci un sergente di polizia corrotto che si rivelerà alleato del cattivo. Ci sarà una sottotramata basata su un traffico di droga. Pensate voi a un qualsiasi arricchimento della trama e dei personaggi utile a raccontare quella storia banalmente delineata in poche righe. Quelle poche righe sono l’ossatura, ciò che non può variare, ciò che deve necessariamente accadere nella storia. Verifichiamo, per sicurezza, che in questa storia ci siano tutti gli elementi della struttura drammatica. L’ex poliziotto e la donna con la loro grigia vita attuale in attesa di riscatto sono gli elementi del primo atto, dell’inizio della storia, l’impostazione. L’irruzione violenta del cattivo che fa rapire la donna costituisce la prima svolta significativa della vicenda che orienta l’azione dell’eroe sul tentativo di sconfiggere la banda e salvare la ragazza. Tutta la parte centrale della storia, è contenuta nella frase “scontrandosi con difficoltà e reticenze”, ecco il confronto drammatico che caratterizza il secondo atto. “Affronterà la banda e libererà la ragazza” è il finale del film, la risoluzione. Come si può notare lo schema è davvero sintetico. Riuscire a raggiungere tale sintesi è un’impresa difficile, che solo l’allenamento continuo può far diventare pratica quotidiana. Di sicuro c’è una cosa: se non vi allenate a ridurre le vostre storie a questi tre elementi fondamentali, inizio, parte centrale, finale e i due colpi di scena fondamentali per la vicenda, non riuscirete mai a rappresentare la vostra storia in maniera forte e coerente. A partire da oggi, e per sempre se volete diventare sceneggiatori, iniziate a studiare, analizzare, sezionare, ribaltare, scarnificare i film che vedete al cinema e in tv riducendoli all’idea base; inizio, parte centrale, finale. Dovrete d’ora in poi vedere la storia come un progetto che svilupperà gradualmente le tre o quattro frasi dell’idea base in un copione di 120 pagine. Solo uno su tanti di voi arriverà a praticare questo allenamento quotidiano. Quell’uno riuscirà a scrivere per il cinema, i tanti si perderanno e abbandoneranno presto la loro prima sceneggiatura con magari una o due scene iniziali davvero interessanti e il resto incompiuto. E giusto per concludere sull’idea iniziale vediamone un esempio concreto, scarnificando fino all’osso un famosissimo film: Arancia Meccanica di Stanley Kubrik. Torneremo più volte su questo capolavoro, oltre che di regia, anche di sceneggiatura, che potreste tenere a portata di mano durante l’intero corso, perché è in grado di mostrarci molte verità su come si scrive per il cinema. Per ora limitiamoci a sintetizzare il film nei tre atti che ormai ben conosciamo. Alex, il capo di una banda di teppisti dediti alla violenza, durante una rapina commette un omicidio (primo atto). Tradito dai compagni finisce in galera (primo punto di svolta). In carcere si sottopone volontariamente a un programma di rieducazione che gli provoca nausea e dolore davanti a qualsiasi forma di violenza, vietandogli di commettere reati. Rientrato nella società le sue vittime di una volta si vendicano su di lui, ormai inerme (secondo atto). Una di queste vittime lo tortura fino a indurlo al suicidio (secondo punto di svolta). Salvatosi miracolosamente il governo che voleva rieducarlo forzatamente riesce a convincerlo a nascondere all’opinione pubblica l’insuccesso della cura a cui l’aveva sottoposto in cambio dell’inserimento in una società che prima lo respingeva e ora lo sostiene, malgrado la natura violenta di Alex sia rimasta immutata (finale). La prossima volta spiegheremo come si scrive un soggetto cinematografico e a cosa serve. È il primo, e forse il più arduo, compito di ogni sceneggiatore.