Esodo: «vangelo» dell`Antico Testamento

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Esodo: «vangelo» dell`Antico Testamento
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Esodo: «vangelo»
dell’Antico Testamento
Nel libro della Genesi, dalla creazione ci siamo spinti, attraverso una storia di
peccato, fino alla chiamata di Abramo, di Isacco e di Giacobbe ed, infine, a Giuseppe e alle tribù presenti in Egitto. Abbiamo così appreso del rapporto di Dio
con il mondo e con Israele. Abbiamo conosciuto Dio come creatore, giudice e
redentore. Ci siamo imbattuti in un Dio che accetta la debolezza dell’uomo ma
continua ad amarlo, un Dio che guida la storia e trae il bene anche dal male.
Alla Genesi che rappresenta solo l’inizio della storia, segue il libro dell’«Esodo»
parola greca che significa «uscita». Il libro, che ha ricevuto questo nome dal giudaismo alessandrino (in ebraico veniva semplicemente citato con le parole dell’incipit “Questi sono i nomi») annuncia un vangelo, la «buona notizia» fondamentale
dell’intervento di Dio per liberare il suo popolo.
N
ella nostra introduzione al Pentateuco abbiamo cercato di capire
come furono composti i cinque libri della Torah e ciò che essi rappresentarono per la fede d’lsraele. Il secondo libro
del Pentateuco, l’Esodo è chiamato talvolta il «vangelo dell’Antico Testamento»
perché, come un vangelo, esso annunzia
la « buona notizia » fondamentale dell’intervento di Dio che entra nella storia del
popolo eletto per farlo nascere alla libertà
e radunarlo in una nazione santa.
1. Nascita di un popolo
L’uscita dall’Egitto è sempre stata
considerata da Israele come un momento
particolare della sua storia, come l’avvenimento creatore d’Israele, da cui dipenderà tutta la vita futura e a cui dovranno
sempre fare riferimento le istituzioni, i
riti e le credenze; il fatto a cui, nel corso
dei secoli, faranno riferimento le parole
dei profeti e le grandi speranze nazionali.
In effetti, il ricordo dell’uscita
dall’Egitto fu così determinante da dominare anche altri avvenimenti che, su
un piano strettamente storico, ebbero
altrettanta influenza sul destino d’Israele: pensiamo all’ingresso in Canaan con
Giosuè e la progressiva presa di coscienza
dell’unità delle dodici tribù (Gs 24); alla
instaurazione della regalità e alla costituzione di uno Stato palestinese sotto Da-
Introduziovide; pensiamo all’esilio e alla trasformazione d’lsraele nella comunità dei dispersi ne generale
al secondo
e nel «piccolo resto». Queste grandi date
libro biblidella storia d’lsraele, per quanto imporco dell’Antitanti, non soppiantarono mai il ricordo
co Testamento.
dell’uscita dall’Egitto e del lungo pellegrinaggio nel deserto. Al contrario, tutta la
riflessione teologica e storica d’lsraele fu
illuminata dall’«esodo».
Se si vuole infatti comprendere il
senso delle istituzioni ebraiche, le parole
delle profezie, le grandi tragedie di Israele, bisogna ricorrere quasi sempre agli
avvenimenti dell’esodo e particolarmente
alla Pasqua di liberazione dall’Egitto.
Pensate, per esempio, anche alle leggi
morali che regolano la vita sociale…
Perché bisogna, nell’antico Israele, «rispettare ed aiutare gli a emigrati», se non
perché questo popolo è stato straniero in
Egitto?
In poche parole, l’Esodo è stato un
avvenimento così potente da collocarsi al
centro della vita delle tribù discendenti
di Abramo, da animare attraverso i secoli
le su istituzioni sociali e religiose e le sue
leggi.
2. I miracoli dell’Esodo
Nel libro dell’esodo hanno particolare
importanza degli avvenimenti «miracolosi» come le 10 piaghe che piegarono il
Faraone, il «passaggio del mare», l’acqua
LA BIBBIA - 101
La parola
di Dio ci
racconta
la storia
di ieri per
interpretare
la nostra
vita di oggi
scaturita dalla roccia, ecc… Ma attenzione: queste cose non devono ingannarci spingendoci a pensare di trovarci
di fronte ad una teologia ingenua, cioè
una teologia che concepisce l’intervento
di Dio come un avvenimento necessariamente strepitoso e coattivo.
Se letto con attenzione, il libro
dell’Esodo viene a dare risposta ad una
serie di problemi essenziali, di domande, di dubbi come: «il Signore è in mezzo a noi oppure no?» (17,7); e «qual è il
suo nome [ilnome di Dio]?» (3,1315); e
«possiamo vederlo?» (33,18-23); e ancora
«perché questa avventura pericolosa e
mortale nel deserto in cui ci ha introdotto Mosè?» (14,11; 16,3; 17,3; 32,1).
Ecco, l’Esodo da risposta a tutto ciò,
accompagna la crescita della fede d’Israele conducendola, nel corso dei secoli, alla
maturazione. Dal giorno in cui Mosè fece
conoscere al suo popolo l’unico Dio che
doveva essere onorato, il Dio dell’alleanza, Israele ha meditato a lungo sul primo
avvenimento della sua esistenza nazionale, cioè su questo esodo e su questa alleanza. Ha capito che Dio era intervenuto
nella storia. Ha capito chi era quel Dio
che aveva suscitato e guidato il cammino
del popolo e qual era il suo nome.
Il Signore, il Dio di Mosè e d’lsraele,
è colui che, fedele a una speranza da lui
stesso risvegliata, ha risposto al grido di
uomini insoddisfatti e ridotti in schiavi-
102 - LA BIBBIA
tù (2,23-25); è colui che ha vinto tutte le
resistenze per trascinare i suoi verso la
libertà (al punto che l’espressione «Colui
che ci ha fatto uscire dal paese d’Egitto»
è divenuta uno dei suoi titoli principali,
quasi il suo nome); è colui che, volendo
raccogliere degli uomini in un popolo che
fosse il suo, ha offerto loro un’alleanza e
ha chiesto loro di agire di conseguenza; è
colui che ha rivelato la sua pazienza e la
sua misericordia ad un popolo peccatore
(32-34).
3. Una realtà sempre viva
In questo senso, l’uscita di Israele
dall’Egítto non è soltanto un avvenimento del passato, ma una realtà sempre
viva. Ed è anzitutto nelle feste liturgiche
che Israele ha l’occasione di partecipare
pienamente alla liberazione pasquale e
di entrare continuamente nell’alleanza
inaugurata al Sinai.
Sia il Sal 114 che Gs 4,22-24 riuniscono in una stessa celebrazione il passaggio
del mare con Mosè e quello del Giordano
con Giosuè. Il Sal 81 invita la comunità
radunata «nel giorno della festa» a intendere meglio dei propri padri la voce che
era risuonata negli avvenimenti dell’Esodo, e il Sal 95 precisa che questa voce
parla oggi. In effetti, secondo il Sal 111,4,
Dio «ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi, pietà e tenerezza è il Signore» (cf Es
34,6).
La liturgia del tempio permetteva così
a ciascuno di rivivere periodicamente gli
avvenimenti dell’uscita dall’Egitto. Inoltre, quando gravi crisi attraversavano la
comunità, si guardava al passato in modo
ancora piu intenso. Segnaliamo, per es.,
il pellegrinaggio che fece il profeta Elia
al monte Oreb, alle fonti della fede israelitica (I Re 19), quando la crisi cananea
rischiò, al tempo di Acab, di trascinare
nell’apostasia il regno del nord.
L’Esodo è stato letto e riletto dai profeti. Continuamente fanno riferimento
al libro dell’Esodo. Il profeta Osea, per
esempio, racconta il rapporto tra Dio e
il suo popolo usando l’immagine di una
relazione d’amore che ha avuto il suo
centro focale proprio nel cammino del
deserto descritto nel libro dell’Esodo e
in altri libri della Bibbia. Pensate anche
a Isaia che, al tempo in cui il popolo di
Israele è in esilio a Babilonia, annuncia
il ritorno a Gerusalemme, e quindi la fine
dell’esilio, ricorrendo proprio all’immagine dell’esodo: il popolo vivrà un nuovo
esodo!
Ma pensiamo anche ai racconti del
Nuovo Testamento che forse conosciamo
meglio. Anche il Nuovo Testamento rilegge continuamente l’esperienza dell’esodo.
Prendiamo ad esempio i racconti dell’infanzia nel vangelo di Matteo. Per sfuggire
all’oppressione di Erode (non è il Faraone, ma gli assomiglia!) Gesù fugge in
Egitto e vi resta fino alla morte del re, poi
anche lui come il popolo viene chiamato
dall’Egitto e torna nella Terra promessa,
nella Terra dei padri.
Pensate ancora al vangelo di Giovanni
che descrive tutta la storia di Gesù come
un grande esodo. Ad un certo punto, nel
vangelo di Giovanni Gesù dice: “Sono
uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio di nuovo il mondo e vado
al Padre” (Gv 16,28). Questo testo evidenzia un duplice movimento: c’è un entrare e un uscire. Come il popolo è uscito
dall’Egitto per entrare nella Terra, così
anche Gesù. Tutto nella sua vita è stato
un entrare e un uscire: uscire dal seno
del Padre per entrare nel mondo e uscire dal mondo per rientrare nel seno del
Padre. Ma questa forse è la nostra stessa
vicenda. Anche noi viviamo questo esodo:
veniamo nel mondo in attesa di entrare
nella Terra che ci è stata promessa.
Ancora l’ultima cena di Cristo, la sua
morte e la sua glorificazione sono state
vissute come la sua Pasqua.
Altri testi (Gv 6; 1 Cor 5,7; 10,2-4) usano le parole manna, nube, passaggio del
mare, acqua dalla roccia, pasqua, pane
non lievitato per parlare del battesimo
e dell’Eucaristia. L’Apocalisse celebra il
Cristo come l’Agnello pasquale (Ap 5,6);
nello stesso libro, i flagelli che colpiscono gli adoratori della Bestia sono ripresi
dalle piaghe d’Egitto (Ap 15,5-21); e coloro che partecipano al trionfo di Cristo
sulla Bestia cantano di nuovo il cantico
di Mosè (Ap 15,3); infine, per descrivere
l’apparizione di un mondo nuovo, si parla
di una scomparsa del mare (Ap 21,1).
Tutti questi temi di una lettura cristiana dell’Esodo furono ampiamente spiegati dai Padri della Chiesa. Per questo i
temi dell’esodo sono ampiamente diffusi
nella liturgia cristiana.
Insomma, «In ogni generazione ognuno deve considerarsi come se egli stesso
fosse uscito dall’Egitto, come è detto: in
quel giorno tu dichiarerai ai tuoi figli:
questo si fa per ciò che il Signore fece
a me quando uscii dall’Egitto, perché il
Santo, benedetto Egli sia, non redense
solo i nostri padri, ma liberò anche noi
con loro, come è detto: ci fece uscire di là
per farci entrare e darci il Paese che aveva giurato ai nostri padri», dirà più tardi
il rituale giudaico della Pasqua.
Non solo
mito, ma
storia interpretata alla
luce dell’intervento
liberatore
di Dio
4. Fatti storici?
Che il libro dell’Esodo sia stato scritto
per esprimere la fede d’lsraele non significa che esso poggia su fatti immagina-
COMPOSIZIONE LETTERARIA
C
ome il libro dell’esodo? chi l’ha scritto? come si
è formato? Fino al secolo scorso si riteneva che
questo libro, come del resto i primi cinque libri della
Bibbia, fosse stato scritto da Mosè. Ora, dagli studi
e dalla ricerca più approfondita che sono stati condotti su questi testi biblici sappiamo bene che dietro
il libro dell’Esodo, come succede nella maggior parte dei libri della Bibbia, più che degli autori concreti
ci sono delle tradizioni che sono confluite insieme a
formare i testi così come noi oggi li leggiamo.
Data la centralità della vicenda dell’esodo per la
fede d’Israele, non ci si deve meravigliare di trovare
all’opera diversi teologi nella composizione di questo libro. Gli esegeti distinguono almeno tre teologi
che hanno operato per la composizione del libro:
il primo è lo Jahwista (= J) che scrive nel decimo
secolo a.C. durante il glorioso periodo del regno di
Davide e di Salomone; il secondo è l’Elohista (= E)
che riflette un periodo di sconvolgimento e di sincretismo religioso nel nono od ottavo secolo a.C.;
il terzo è lo scrittore Sacerdotale (= P) che cerca di
offrire una speranza durante lo sfacelo dell’esilio nel
sesto secolo a.C.
Il lettore si sbaglierebbe nel voler armonizzare le
loro opinioni quando le trova discordanti, dovrebbe,
anzi, lasciare a questi teologi la necessaria libertà
d’interpretazione; si potrà così scorgere che questi
scrittori giudicavano il passato alla luce del loro presente, in vista dei bisogni futuri d’Israele.
Come si mostrerà nel commento, questi scrittori
avevano le loro precomprensioni, infatti l’ispirazione
divina non esclude la tendenza che ogni uomo ha di
imporre la propria opinione.
In definitiva, bisogna essere aperti come lo è la
stessa Bibbia, che non ha canonizzato una sola interpretazione, ma ha invece canonizzato una varietà
di interpretazioni.
LA BIBBIA - 103
TRA STORIA ED EPOPEA
I
l libro dell’Esodo racconta una storia, ma come
dobbiamo intenderla? Fino a che punto è vera? In
questa storia si narrano tanti fatti straordinari, meravigliosi: le acque che si separano, le piaghe... Sono
attendibili questi racconti dal punto di vista storico?
I documenti egiziani non menzionano affatto questo evento cruciale nell’esperienza di fede di Israele.
Ciò non sorprende tuttavia, poiché i testi egiziani
intendono onorare e glorificare il faraone. I rapporti
di Mosè con gli impacciati capi egiziani, durante le
piaghe, non potevano certo fornire occasione alla
storiografia egiziana di glorificare il faraone. Inoltre,
secondo un’opinione diffusa, il gruppo implicato
nell’esodo corrisponde a un tipico fenomeno del
Vicino Oriente antico.
Le testimonianze egiziane parlano di ‘Apiru, chiamati Habiru nei testi scritti in accadico (una lingua
semitica orientale). Questi ‘Apiru/Habiru sono spesso
descritti come un popolo di profughi, come disturbatori della pace, come dei disadattati che fecero
azioni di disturbo nel Vicino Oriente durante il terzo
e il secondo millennio a.C.; spesso si offrivano come
mercenari. Sappiamo pure che questi beduini fornivano una forza lavoro per le attività edilizie degli
egiziani.
La parola “ebreo” deriva da “Habiru”, tuttavia bisogna tener presente che con Habiru si denomina in
origine una categoria sociale e non un popolo particolare. E significativo che in Esodo il termine “ebrei”
ricorra specialmente quando ci si occupa del soggiorno e dell’oppressione in Egitto (2,11). E probabile
che si sia verificato un processo di assimilazione: gli
antenati degli israeliti, scesi liberamente in Egitto,
vennero più tardi assimilati agli altri ‘Apiru/Habiru.
Dal momento che questi antenati erano pastori seminomadi, si saranno trovati a disagio quando furono
ridotti a lavorare da schiavi.
Non ci furono solo, lungo i secoli, diversi ingressi
in Egitto, ma ci furono anche diverse partenze; lo
stesso testo mostra che ci furono diversi itinerari.
Tuttavia, dal punto di vista della fede d’Israele, ci fu
solo l’esodo, cioè l’uscita sotto la guida di Mosè,
con inclusa anche la teofania del Sinai. E probabile
che il gruppo che vi prese parte fosse relativamente
piccolo, ma poiché questo evento venne in seguito
recitato nella liturgia e meditato dai teologi di Israele
assunse gradualmente proporzioni epiche: la piccola
comitiva crebbe sia di dimensioni che di importanza.
La questione non era soltanto di tipo aritmetico, ma
toccava il nucleo stesso della fede: tutto Israele si
vide rappresentato nel piccolo gruppo, ora diventato
numeroso, che era riuscito con successo a liberarsi
dalle fabbriche di mattoni del faraone..
104 - LA BIBBIA
ri. Confrontando i dati della tradizione
biblica con quelli, oggi sempre meglio
conosciuti, della storia del Vicino Oriente
Antico, gli studi storici non sono rimasti oziosi. Per la data di Mosè si esita
tra il sec. XV (XVIII dinastia, regno di
Tutmosis III in particolare) e il sec. XIII
(XIX dinastia, regni di Seti I, Ramses II
o Merneptah). Notando che la dominazione egiziana della XVIII dinastia sulla
Palestina ha potuto lasciare tracce nella
narrazione «iahvista», gli storici pensano che l’Esodo si sia realizzato nel sec.
XIII. Nel contesto politico della regione e
dell’epoca, possiamo rappresentare i fatti
nel modo seguente.
Nel sec. XVI, il Nuovo Impero egiziano
scaccia gli invasori hyksos venuti dall’Asia
centocinquanta anni prima; con Tutmosis
III in particolare, ristabilisce fermamente
nel sec. XV il suo dominio sui paesi cananei. Il sec. XIV è segnato da un indebolimento dell’Egitto, i suoi vassalli cananei sono minacciati dalla potenza degli
Hittiti che si va affermando e dall’agitazione fomentata da una popolazione di
sradicati turbolenti chiamati habiru dai
testi antichi. Per ristabilire la situazione,
un generale, di nome Horemheb, fonda la
XIX dinastia (sec. XIII) che installa la sua
capitale nel delta del Nilo, intraprende la
fortificazione della costa mediterranea e
deve, con Ramses II, affrontare la potenza hittita.
È allora, si pensa, che gli Egiziani
hanno utilizzato una manodopera semita
trovata sul posto, le cui intenzioni preoccupavano d’altronde l’amministrazione.
Ma Mosè (che forse era stato formato,
come altri semiti, per il servizio della politica asiatica del faraone) riuscì a trascinare i suoi fratelli di razza verso il deserto e a organizzare la loro vita religiosa,
in attesa che questi uomini, appartenenti
soprattutto alla «casa di Giuseppe» (tribù
di Efraim e di Manasse) e a quella di
Levi, passassero in Canaan con Giosuè.
Là altre tribù si unirono a loro e al «Dio
che ha fatto uscire il suo popolo dalla casa
di schiavitù».
Questo fu il quadro umano in cui Dio
intervenne per rivelare a un popolo di
sradicati che egli voleva farne la sua pro-
prietà particolare, un regno di sacerdoti
e una nazione santa (19,56). Nel deserto,
infine comincia la raccolta di tutti gli
uomini nell’alleanza del Signore.
6. La nostra vita è un esodo
Concludo lasciandovi una domanda
che spero possa esservi utile per la vostra
lettura dell’Esodo. Ve la suggerisco proponendovi un racconto popolare dell’Africa orientale, che potrebbe stare benissimo tra gli apoftegmi dei padri del deserto
o fra i detti dei rabbini...
Si racconta che ad una vecchia indigena che era molto legata alla Bibbia, al
punto che leggeva solo quella, viene detto
di interessarsi anche ad altri libri... «Ce
ne sono tanti molto belli nella storia del
popolo, leggi anche altre cose!». E l’indigena risponde: «Sì, è vero. Posso leggere
tanti altri libri, ma c’è solo un libro che
legge me, ed è la Bibbia».
Ecco, quella donna ha ragione. La
Bibbia non è solo un libro che noi leggiamo, è anche un libro che ci legge la
vita. Quindi il suggerimento che vi do
accostandovi ai testi dell’Esodo è questo:
provate a domandarvi come questi racconti leggono e giudicano la vostra vita;
non preoccupatevi solamente di leggere
voi il testo, ma lasciate che il testo legga la vostra vita. Se glielo permetterete
probabilmente vi farà scoprire che anche
la vostra vita è un cammino, un esodo, un
entrare e un uscire.
Che cosa vuol dire entrare e uscire?
C’è un salmo molto bello, il salmo 121,
che dice: «Il Signore ti proteggerà da ogni
male, Egli proteggerà la tua vita. Il Signore veglierà su di te quando esci e quando
entri da ora e per sempre» (Sal 121, 7-8).
Quando esci e quando entri è un modo
per dire tutta la vita. Gli ebrei quando
parlano della realtà di solito la descrivono ricorrendo ai due poli entro i quali è
ricompresa. Per dire il mondo parlano del
cielo e della terra, per dire la vita parlano
dell’entrare e dell’uscire, del nascere e del
morire... E l’entrare e l’uscire è in fondo
l’immagine del nostro vivere.
Tutta la nostra vita è un esodo e allora
questo libro può aiutarci a leggerla facendoci scoprire che c’è un Dio che si rivela
nella nostra storia, in forme
diverse, secondo le tappe
del cammino della nostra
esistenza. In ognuno di noi
c’è qualcosa del cammino
di Israele: c’è una parte di
noi che è ancora nella schiavitù, una parte di noi che è
nel deserto, nella prova e c’è
anche una parte di noi che
è già nella Terra Promessa...
Ecco, provate a domandarvi
a quale livello la vostra vita
si pone e quale volto di Dio
già conosce o deve ancora
scoprire. n n
LA BIBBIA - 105
106 - LA BIBBIA