relazione d`aiuto

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relazione d`aiuto
Il titolo è:
Cervello, mente, relazione di aiuto
ma potrebbe anche essere
La materialità delle emozioni e la spiritualità dei circuiti cerebrali
- Premessa:punti di partenza teorici
- Prima parte:perché
- Parentesi
- Seconda parte:come
Questa relazione è nata in seguito alla richiesta di un amico, maestro elementare, per un intervento ad
un corso di aggiornamento per insegnanti. Con qualche piccola integrazione ,la ripropongo al corso di
aggiornamento per operatori del Centro di Salute Mentale di Camaiore non (almeno non solo) per
ragioni di pigrizia ma per sottolineare la non frattura nell’approccio con esperienze definite normali,
come quelle che di solito si trovano in un contesto scolastico, ed esperienze definite patologiche, come
quelle con cui ci confrontiamo nel contesto della Salute Mentale; anche modi di vivere l’esistenza così
radicalmente lontani hanno forse più denominatori comuni che punti di dissonanza.
Dal punto di vista dei contenuti il tentativo è stato quello di entrare nel merito dei meccanismi che
regolano alcune interazioni tra esseri umani, a partire da quelli biologici, per tentare di uscire da una
visione che fa discendere la capacità di istaurare una relazione terapeutica esclusivamente da fattori
di personalità e da doti più o meno innate ed ineffabili la cui presenza o assenza dipende dal caso e non
è gestibile sul piano della professionalità
Ciò che è scritto nella relazione NON è tutta roba mia : è un assemblaggio ottenuto leggendo,
sbirciando e anche scopiazzando a man bassa da diversi autori tra cui:
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Liotti, La dimensione interpersonale della coscienza
Rogers, La terapia centrata sul cliente
Sieghel, La mente relazionale
Borgna, Le intermittenze del cuore
Borgna, Noi siamo un colloquio
Giorgio Tazzioli, Novembre 2003
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PREMESSA:punti di partenza teorici
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Non separazione tra corpo e mente (superamento di Cartesio)
Non separazione tra persona (corpo-mente) e relazioni sociali nel senso che
l’individuo isolato è un astrazione del pensiero e non una realtà concreta: una
persona è definita dal rapporto con altre persone, . Questa affermazione,che è alla
base di alcune correnti antropologiche e filosofiche, è suffragata dai dati più
recenti della ricerca neurobiologica i che dimostrano come le interazioni con
l’ambiente e, in particolare , i rapporti con gli altri esercitano un’influenza diretta
sullo sviluppo delle funzioni e delle strutture cerebrali.
Se definiamo come mente ciò emerge dall’attività del cervello , lo sviluppo della mente
è il risultato dell’interazione tra i processi neurofisiologici e le relazioni
interpersonali.
Come avviene l’interazione,a livello cerebrale, tra individuo e ambiente?
Il cervello è stato definito come la più complessa fra le strutture naturali o artificiali
esistenti al mondo; ci sono circa cento miliardi di cellule nervose nel cervello, ognuna
ha collegamenti diretti o indiretti con altri diecimila neuroni formando quindi un
milione di miliardi di connessioni:ciò significa che il numero dei possibili circuiti e
pattern di attivazione diventa praticamente infinito.
Perché il cervello funzioni nelle modalità che noi conosciamo , è necessario che le
cellule si connettano tra di loro in circuiti, i quali si sviluppano con modalità
direttamente collegate al numero delle loro attivazioni, nel senso che neuroni che
vengono attivati assieme una volta avranno maggior probabilità ad essere attivati
assieme anche in seguito nella stessa configurazione.
Da questo punto di vista la contrapposizione Natura-Cultura perde di significato in
quanto arriviamo ad una integrazione tra i due fattori: il patrimonio genetico porta alla
sintesi di proteine che consentono la crescita neuronale dando luogo sia a
configurazioni definite e stabili (colore degli occhi) sia a probabilità di configurazioni
(struttura caratteriale,vulnerabilità). Su questo secondo tipo di configurazioni
,l’esperienza, attraverso l’attivazione e il rinforzo di circuiti nervosi specifici,
influenza il rafforzamento o meno dei circuiti cerebrali e quindi la modalità in cui
queste strutture probabilistiche trovano espressione concreta.
I processi cerebrali e le relazioni sociali contribuiscono alla creazione della vita della
mente:la mente emerge dall’attività del cervello le cui strutture e funzioni sono
direttamente influenzate dall’esperienza interpersonale, lo sviluppo della mente è il
risultato dell’interazione tra i processi neurofisiologici e le relazioni interpersonali
Per definire i meccanismi della relazione d’aiuto è importante chiarire alcuni concetti
di base relativamente al funzionamento mentale:la memoria, le emozioni,
l’integrazione.
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PRIMA PARTE
MEMORIA
E’ definibile come l’insieme di processi in base al quale gli eventi del passato
influenzano le risposte future.
Una stimolazione ha un impatto iniziale con il cervello che è definito engramma e che
consiste nell’attivazione di una certa rete neuronale. La stimolazione di determinate
reti neurali altera la loro probabilità di essere attivate in futuro: se un circuito è
stato attivato in passato la sua probabilità di esserlo nuovamente aumenta in maniera
direttamente proporzionale alla ripetitività della sua attivazione.
L’immagazzinamento di una informazione consiste nella variazione della probabilità di
una successiva attivazione di un particolare stato di attivazione neuronale: neuroni che
vengono attivati assieme la prima volta,tenderanno ad essere attivati assieme anche in
seguito (assioma di Hebb). Nel cervello non vengono immagazzinate cose reali ma
probabilità di attivazione di determinati profili neurali.
Esistono una memoria implicita e una memoria esplicita
La memoria implicita, tipica del I°anno di vita, è mediata da regioni cerebrali che non
prevedono la partecipazione della coscienza ai processi di registrazione e di recupero.
Il fatto che non sia cosciente non significa che non sia importante. La sua importanza
è soprattutto in relazione alla costruzione degli schemi mentali. Cosa sono gli schemi
mentali? Quando persone diverse si trovano di fronte ad una stessa situazione è
molto probabile che ne diano una lettura diversa. Questa diversità è derivata dal
fatto che il cervello cerca automaticamente di determinare cosa succede e di
classificare l’esperienza con una interpretazione rapida degli stimoli che pervengono:
questa classificazione avviene filtrando gli stimoli attraverso degli schemi mentali che
sono stati creati dalle precedenti esperienze. Gran parte dei nostri schemi mentali è
costruita sulla memoria implicita e questo spiega il perchè moltissime volte agiamo,
sentiamo e pensiamo anche senza riconoscere l’influenza delle esperienze passate.
La memoria esplicita (con coscienza di ricordare) comprende l’aspetto
semantico(parole,simboli) ed episodico (informazioni su episodi ed eventi). La memoria
esplicita è strettamente correlata al ricordo autobiografico e quindi alla formazione
del Se.
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EMOZIONI
Cosa è una emozione? Spesso, quando ci riferiamo alla nostra mente, la consideriamo
come il regno della cognizione e del pensiero logico-razionale che può anche in qualche
maniera essere influenzato a dalle emozioni le quali però appartengono ad una sfera
molto diversa che ha a che vedere con l’irrazionale che non a caso nella nostra
mitologia quotidiana non è in relazione con il cervello ma con il cuore. Tendiamo a
considerare le emozioni o come processi marginali nella la nostra vita, degne al
massimo dell’interesse dei poeti o degli scrittori oppure come fenomeni negativi da
evitare o da tenere il più possibile sotto controllo (rabbia, impotenza)
Comunemente definiamo come emozione le sensazioni che proviamo in alcune situazioni
particolari:in realtà l’emozione è qualcosa di molto più complesso della sensazione
soggettiva che vi è collegata; la distinzione tra pensiero e sentimento che spesso
operiamo è artificiale, e le emozioni non sono marginali ma rivestono un ruolo centrale
nelle funzionamento della nostra mente
Dal punto di vista descrittivo possiamo definire le emozioni come reazioni affettive
intense e di breve durata determinate da stimoli ambientali che
provocano
modificazioni a livello somatico, neurovegetativo e psichico.
Cerchiamo di vedere che ruolo svolgono le emozioni:
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Le emozioni sono i contenuti fondamentali della comunicazione interpersonale
durante i primi anni di vita e determinano il tono e le caratteristiche di tali
comunicazioni durante tutto il corso della nostra esistenza.
Le emozioni sono alla base dei processi che creano significato alla vita e non solo in
senso “emotivo” ma anche cognitivo perché costituiscono l’energia che
organizza,dirige e modella l’attività cognitiva :il nostro modo di interagire con il
mondo è determinato da come regoliamo le nostre emozioni
c’è un continuo processo di interazione tra i processi emotivi e l’ambiente
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EMOZIONI E CREAZIONE DI SIGNIFICATO
Il cervello è essenzialmente un elaboratore di informazioni e,come tale, deve avere
degli strumenti che gli consentono di attribuire un significato agli stimoli interni o
esterni: le emozioni sono stati di attivazione che coinvolgono il cervello e altri sistemi
dell’organismo e influenzano l’elaborazione delle informazioni attraverso processi di
valutazione del significato . Filtrato dall’emozione lo stimolo viene in qualche maniera
costruito in relazione all'esperienza passata assume un significato personale. Emozioni
e significati sono creati dagli stessi processi quindi non c’è confine a livello neurologico
tra pensiero ed emozioni.
In che maniera viene si svolge questo processo ?
Quando un evento è rilevante , e lo è quando c’è una discrepanza con precedenti
esperienze, crea 1)uno stato di vigilanza in seguito al quale 2) si sviluppa un emozione
primaria valutativa e abbastanza indifferenziata tipo buono-cattivo; segue poi 3) un
emozione esperita (tristezza, rabbia,paura,stupore,gioia) che fa parte di un
patrimonio universaleLa sensazione che noi percepiamo è dovuta al fatto che , a livello fisico, l’emozione è
correlata a cambiamenti negli stati del corpo che vengono percepiti e rappresentati a
livello cerebrale come una sorta di marker somatici soprattutto per quanto riguarda i
muscoli degli arti e del viso, e gli organi interni (pulsazione respiro spasmi) : sono le
risposte del corpo che ci fanno sapere come stiamo.
Quindi la valutazione e l’attribuzione di significati agli stimoli si svolgono nell’ambito di
processi emozionali che molto spesso si collocano al di fuori del livello della coscienza.
Questi processi dal punto di vista dello sviluppo individuale ,sono inizialmente
indifferenziati (buono-cattivo) per poi raffinarsi sempre di più mano a mano che il B
cresce. Le emozioni di base sono universali anche se ciascun individuo è unico in
quanto i sistemi di valutazione personali sono il frutto di caratteristiche genetiche e
di una storia di interazione con l’ambiente che danno,luogo a combinazioni uniche che
continuamente definiscono il nostro modo di essere.
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EMOZIONI COME STRUMENTO DI COMUNICAZIONE
Le emozioni costituiscono sia gli strumenti che i contenuti delle comunicazioni tra
genitori e figli fin dai primi giorni di vita: lo stato interno del B viene percepito dai
genitori che si sintonizzano su tale stato , il B a sua volta percepisce la risposta dei
genitori e si crea un accordo affettivo reciproco:nasce la comunicazione. Più tardi i
genitori possono anche utilizzare parole per definire sensazioni e stati della mente del
figlio ,fornendo al B un esperienza verbale interattiva
che gli permette di
identificare e condividere il proprio stato emotivo e di sviluppare l’idea che la sua vita
emozionale può essere condivisa da altri nell’ambito di relazioni che possono essere
fonte di sicurezza e conforto.
Questa possibilità di comunicazione resta per tutta la vita: anche da adulti le emozioni
sono mezzi di comunicazione che ci permettono di entrare in contatto con gli stati
della mente degli altri .La capacità di comunicare emozionalmente varia da individuo a
individuo ed è in funzione alla capacità conoscere i segnali non verbali che gli altri
trasmettono e che rivelano aspetti del loro stato della mente; capacità che è
direttamente proporzionale con l’autoconsapevolezza dal momento che la possibilità di
immedesimarsi in un’altra persona fino a coglierne gli stati d’animo, si basa sulla
possibilità di cogliere i nostri stati interiori . Se un individuo è consapevole dei segnali
che trasmette e riceve può più facilmente riflettere sulle proprie sensazioni e anche
modificare conseguentemente lo stato della sua mente in funzione di quello della
persona che ha di fronte.
Il fatto di sentirci compresi nel senso più profondo del termine, di avere la sensazione
che gli altri provino le nostre stesse emozioni e siano in grado di rispondere in maniera
diretta ed immediata alle nostre comunicazioni è un ingrediente fondamentale delle
nostre relazioni di attaccamento sia infantili che adulte. Le forme di comunicazione
che avvengono tramite questi canali consentono la crescita all’interno dell’individuo di
un senso di appartenenza che genera una reazione di piacere e di risonanza emotiva .
(L’ipotesi che viene avanzata in proposito è che si tratti di un meccanismo innato
legato a all’ importanza che riveste il buon funzionamento del gruppo del ai fini della
conservazione della specie
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EMOZIONI E CREAZIONE DEL SE
Se :le variazioni fisiche e psichiche sono continue nel lungo periodo e anche nel corso
della giornata ( ben pochi atomi restano nel nostro corpo per più di qualche giorno e
avviene un cambiamento organico completo in sei mesi; è poi costante il cambiamento
di ruoli, e quindi di immagine di se che avviene nel corso della giornata).In seguito a
queste continue trasformazioni noi cambiamo continuamente e ,contemporaneamente,
manteniamo un senso di identità e di continuità nel tempo:il Se. Il SE è definibile sia
come coscienza autoriflessiva che come nucleo permanente e continuativo che
caratterizza l’esistenza umana
. L’esperienza di avere una identità unica è tanto universalmente umana quanto
illusoria : siamo tutti una molteplicità di Se .In altri termini il Se è in ogni istante il
risultato della stratificazione di innumerevoli rappresentazioni della nostra mente
delle quali solo alcune vengono selezionate per entrare a fare parte dell’esperienza
conscia
Il Se non è qualcosa di statico ma è il prodotto di un processo continuo di
organizzazione di attitudini, aspettative, significati, sensazioni , nel senso che in ogni
momento, dall’infinita gamma delle possibili attività cerebrali, emerge uno stato della
mente che assembla un insieme coerente di processi diretti al raggiungimento di
obiettivi specifici. ( Tabucchi: Sostiene Pereira: confederazione di personalità)Quindi
il Se è il prodotto di un processo di integrazione e questo processo che è mediato
dalle emozioni. Le emozioni infatti: a)danno agli stimoli significati e direzioni
motivazionali;b)partecipano a processi della memoria stato-dipendenti c)collegano
stati mentali sincronicamente e diacronicamente.
Dato che l’emozione non esiste al di fuori della relazione o del ricordo della relazione
possiamo allora affermare che il Se non esiste se non come Se-Con-L’ altro o meglio
come molteplici rappresentazioni di Se-Con-L’altro che si formano continuamente e ciò
è impossibile che avvenga al di fuori della relazione .
Soltanto di una piccola parte di questi processi noi abbiamo consapevolezza :
percezioni, memoria, emozioni,interazioni sociali sono processi che perlopiù si svolgono
al di fuori della coscienza. Noi siamo molto di più che i nostri processi consci:il Se è
creato dai processi inconsci e dalla selettiva associazione di questi processi in un
entità che noi chiamiamo coscienza. Posso allora dire che la coscienza, non è la
consapevolezza che ho di me ma la consapevolezza che ho di me-nel-mondo: la
coscienza esiste in quanto dimensione interpersonale
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CONNESSIONI E INTEGRAZIONE
La realtà “oggettiva”non esiste, non nel senso che le cose esterne a noi non abbiano
una loro esistenza ma nel senso che mente costruisce la sua esperienza di realtà.
Davanti allo stesso stimolo due persone diverse possono avere diverse
rappresentazioni e attribuire significati diversi:anche per la stessa persona un piatto
di spaghetti al pomodoro presentato dopo un pranzo di Natale non è lo stesso piatto di
spaghetti al pomodoro desiderato dopo una giornata di digiuno . Questa costruzione di
realtà avviene attraverso la creazione di
connessioni tra le varie forme di
rappresentazioni (sensazioni, immagini, concetti, parole) che formano le basi per la
nostra vita soggettiva.
La capacità di collegare e coordinare in un determinato momento e nel corso del
tempo, processi di varia natura in un insieme coerente e provvisto di senso è una delle
caratteristiche principali della nostra mente..
La creazione di coerenza è un progetto a cui lavoriamo durante tutto il corso
dell’esistenza ,non è una tappa definita ma un processo continuo costruito attraverso
l’integrazione definendo con questo termine l’ influenza reciproca di entità diverse
che permette a sistemi distinti di stabilire meccanismi di co-regolazione delle loro
attività.
Ad esempio:la prima integrazione che deve essere effettuata e quella tra i due
emisferi. Esiste nel nostro cervello la specializzazione emisferica : l’emisfero sinistro
ha una funzione di interprete che utilizza ragionamenti logici e sillogistici per
stabilire relazioni di causa effetto mentre il destro è il principale responsabile della
rappresentazione del contesto , è più coinvolto nella registrazione e manifestazione di
espressione affettive non-verbali, nella percezione e regolazione di stati del corpo ,
nelle rappresentazioni di natura autobiografica.
L’emisfero sx interpretante cerca costantemente di elaborare narrazioni a partire
dalle informazioni che ha a disposizione ma se non ha accesso alle rappresentazioni
dell’emisfero dx, tali narrazioni saranno incomplete e incoerenti. Quando invece può
utilizzare i processi emozionali e somatosensoriali mediate dal dx, il cervello sx è in
grado di dare un senso agli eventi e di costruire racconti autobiografici coerenti
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INTEGRAZIONE E RELAZIONI INTERPERSONALI
Questo processo di integrazione che avviene all’interno di ciascuno di noi è in stretto
collegamento con le relazioni interpersonali , nel senso che relazioni significative
possono catalizzare tale processo.
Noi tutti abbiamo bisogno di stabilire con gli altri forme di comunicazione intime e
dirette che, ci aiutano ad organizzare i nostri processi interni in un insieme coerente
e provvisto di significato.
In che modo la mente di un individuo può influire sullo sviluppo e sulle funzioni della
mente di un’altra persona? In altri termini, come avviene la comunicazione e come
questa favorisce l’integrazione. Possiamo rappresentarci metaforicamente la comunicazione profonda tra due persone
come comunicazione tra emisferi :il cervello sx trasmette messaggi verbali,logici che
cercano di dare un senso alle cose .il cervello sx dell’interlocutore riceve questi
messaggi, decodifica le rappresentazioni linguistiche.
L’emisfero dx invia segnali non-verbali attraverso espressioni facciali, tono della voce,
postura che vengono recepiti dall’emisfero dx dell’altro.
Se ciò avviene, si stabilisce una situazione di risonanza e di integrazione affettivocognitivo che, come tutti i processi che favoriscono l’integrazione tra i due emisferi,
può migliorare la vita interiore perché favorisce l’integrazione di un Se coeso
Perché questo avvenga è necessario che entrambi gli attori della relazione siano
immersi negli stessi stati emozionali primari e, nello stesso tempo, utilizzino anche il
linguaggio per dare un senso condiviso a questi stati emozionali integrandoli con
ricordi , pensieri, ricordi, percezioni, sensazioni.
Quando questi processi di comunicazione interpersonale vengono attivati, si crea un
senso di vitalità, di immediatezza, di autenticità che può essere estremamente
coinvolgente e stimolante. E’ in questi momenti particolarmente intensi, in questi stati
di risonanza diadica, che riusciamo ad apprezzare come le relazioni con gli altri
possano nutrire e curare le nostre menti.
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Parentesi
Aperta parentesi
Quanto fino a qui affermato sulle correlazione tra processi biologici e funzioni
psichiche non deve ingenerare l’equivoco dell’identità delle due funzioni: la relazione
tra fenomeni fisici e fenomeni psichici deve essere pensata in termini di correlazioni e
non di identità.
Questa distinzione non è cosa di poco conto. Per quanto riguarda ad esempio la
malattia mentale possiamo dire,in maniera molto semplificata e quasi rozza, che può
essere considerata: a) malattia del cervello ,b) non soltanto, malattia del cervello. Da
queste diverse modalità di inquadramento ne derivano modalità di agire radicalmente
diverse dal punto di vista terapeutico.
Se le considero come malattie cerebrali, non ha nessuna importanza, non serve, non
ha senso ascoltare i pazienti, interpretarne i vissuti, ricostruirne la storia della vita
perché ogni condizione ansiosa, depressiva o delirante può essere controllata
farmacologicamennte.
Scrive Eugenio Borgna:”allora cosa fa chi pensa che una emozione,una esperienza di
vita una ideazione nascano solo da una attivazione neuronale, da uno scompenso
neurotrasmettitoriale quando si trova dinanzi ad un paziente che chiede aiuto da
abissi di dolore? Non incontra sguardi, non coglie esistenze a volte luminose a volte
strazianti, scivola nell’indifferenza sulle lacrime o sul sorriso e indaga ,nell’atmosfera
ghiacciata che la sua teoria e la sua prassi richiedono ,la macchina biologica: la
aggiusta se è guasta, la abbandona se, suo giudizio,è inservibile”.
Se invece mi muovo nella prospettiva di non identità tra fenomeni psichici e fenomeni
fisici si aprono altri scenari che ,scrive ancora Borgna, permettono di prendere atto
che :” in psichiatria non abbiamo a che fare con sintomi che, come la febbre sono
riconducibili a semplici e unidimesionali disturbi somatici ma con sintomi infinitamente
più complessi. I sintomi in psichiatria ,non sono manifestazioni di una realtà rigida
impenetrabile e modificabile solo dalla somministrazione del farmaco: esprimono una
realtà friabile e camaleontica che si trasforma a seconda dei modi in cui ogni paziente
è avvicinato: accettato o rifiutato. Questa plasmabilità, questa liquida adattabilità dei
sintomi mettono in luce l’importanza decisiva delle atmosfere e degli atteggiamenti
interiori con cui ci confrontiamo con esistenze segnate dalla sofferenza : animati da
umana disponibilità o mosse da gelida scientificità. Nessun anatema nei confronti del
farmaco che è strumento indispensabile al fine di smorzare, tamponare o anche curare
alcune o tante condizioni cliniche di malessere e sofferenza: la faticosa costruzione di
un dialogo, ogni volta possibile anche nelle condizioni psicotiche che sembrano essere
le più lontane e le più estreme, è la premessa di ogni farmacoterapia. Non è possibile
accostarci al dialogo con la persona sofferente se non liberandoci dall’inerzia,
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dall’indifferenza e dalla freddezza del cuore che possono fare della psichiatria e della
psicologia discipline aride e oggettivanti .
La parola in psichiatria può salvare la persona o può perderla e,quasi aldilà dei suoi
contenuti sono i modi con cui la parola è comunicata (i gesti,il silenzio, lo sguardo,
l’espressione del volto) a definire la valenza terapeutica o quella antiterapeutica. Non
ogni cosa può essere comunicata ad ogni paziente: ci sono cose essenziali e cose non
essenziali, cose che allontanano e cose che avvicinano: le parole essenziali sono quelle
che non feriscono mai e che non sono ambigue e già per questo accrescono la
comunicazione e l’intercambibilità degli sguardi.Non è possibile accostarsi al segreto
della anime ferite dalla sofferenza se non siamo capaci di accogliere questa
sofferenza come nostra possibile sofferenza, partecipando ad essa e riconoscendola
nella sua dimensione umana e nella sua profonda dignità.”
Chiusa la parentesi
SECONDA PARTE
RELAZIONE DI AIUTO
Possiamo definire relazione d’aiuto quel rapporto nel quale almeno uno dei due
protagonisti favorisce una valorizzazione maggiore delle possibilità dell’altro.
Naturalmente una definizione di questo tipo copre tutta una vasta gamma di
interazioni e di rapporti interpersonali:stabilire una relazione d’aiuto è una cosa che
molte persone fanno quotidianamente, un esempio per tutti è il rapporto genitori-figli
all’interno del quale si stabilisce o si può stabilire una situazione tale da permettere al
figlio di crescere, di tirar fuori tutte le sue potenzialità. Stabilire una relazione
d’aiuto è una cosa che si dovrebbe fare da parte di chi lavora in servizi che hanno
istituzionalmente questa finalità . La differenza tra le due situazioni consiste nel
fatto che ,nel primo caso si interagisce in maniera naturale, senza sapere ne chiedersi
perché e cosa funziona nel secondo caso la professionalità consiste proprio nel porsi il
problema sulla natura della relazione, se è veramente d’aiuto e perché lo è o non lo è:
in questo senso si può parlare di utilizzo di tecniche.
Sarebbero diverse le variabili da tenere in considerazione per descrivere una
relazione d’aiuto ma ,per brevità ne affronteremo soltanto alcune: i dialoghi riflessivi
la fiducia , i confini,l’empatia,la cronicizzazione.
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Dialoghi riflessivi
Abbiamo visto come tutto ciò che favorisce l’integrazione tra esperienze diverse o
tra i diversi livelli della stessa esperienza assuma una grande rilevanza per
l’integrazione del Se . A questo proposito, voglio soltanto ricordare come la possibilità
di discutere di eventi mentre avvengono o quando sono già avvenuti e di rievocarli
verbalmente svolge un ruolo importante per integrare le esperienze in un quadro
coerente ed unitario della propria identità . Ad esempio il dialogo tra un bambino e un
adulto- ma anche tra due adulti, durante e dopo un avvenimento contribuisce ad
organizzare, integrare e facilitare il ricordo che successivamente il B avrà dell’evento.
Il modello comunicativo tra i partecipanti alla relazione determina la ricchezza e
complessità del racconto e quindi la conoscenza e consapevolezza che il bambino ha di
se stesso.
Come abbiamo visto, la tendenza all’integrazione in un Se coeso è legata agli scambi
relazionali e soprattutto alla qualità della relazione che è tanto più elevata quanto più
è aperta e libera , la volontà di piegare l’altro al proprio fine è ridotta al minimo e la
ricerca di condivisione e di sintonia è bilaterale e continua . Ciò diventa possibile se e
quando riusciamo in un impresa che non è assolutamente facile e ciò nello smettere di
considerare l’altro come una entità da utilizzare ,manipolare , strumentalizzare per
passare ad una visone dell’altro inteso come centro autonomo di iniziativa :in altri
termini se passiamo dalla relazione Io-esso alla relazione Io-Tu
Fiducia
E’ necessaria una piccola premessa: qualsiasi rapporto,qualsiasi relazione è definita
dalla comunicazione:la comunicazione è il rapporto stesso. Spesso siamo portati a
confondere
la comunicazione con la comunicazione verbale dimenticando ,come
abbiamo visto prima, che esiste sempre e comunque un altro livello di comunicazione
che è quello non-verbale che si esprime attraverso la postura,il tono della voce,la
mimica facciale,il tono muscolare,la vasodilatazione ecc. Questo livello di
comunicazione è precedente,sia a livello di sviluppo individuale che a livello di sviluppo
della specie,alla comunicazione verbale, è strettamente collegato all’aspetto emotivo
ed esprime quella parte di noi meno sottoposta ala vigilanza della coscienza.Fatta questa premessa,esaminiamo il problema della fiducia: una persona che vuole
impostare una relazione d’aiuto dovrebbe porsi questa domanda: Posso io ,in questa
situazione essere percepito come degno di fiducia?
Cosa significa essere degni di fiducia? Innanzitutto, sicuramente realizzare alcune
condizioni di base come tener fede agli impegni presi, rispettare a natura
confidenziale dei colloqui,ecc.
Aldilà di queste condizioni ,che appaiono quasi ovvie, un requisito di fondo per
istaurare un rapporto di fiducia è la chiarezza ,rispetto al quale posso pormi questa
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domanda: “Riesco ad essere sufficentemente chiaro con l’altro? Riesco ad esprimermi
senza lanciare messaggi ambigui o contraddittori?”
Cosa intendo con il termine chiarezza ? Certo è importante la chiarezza verbale ,la
capacità di esposizione, le capacità dialettiche ma soprattutto, e qui si introduce un
altro concetto, la congruenza intendendo con questo termine la corrispondenza tra i
diversi messaggi che invio.
Ci può essere incongruenza tra due diversi messaggi verbali ma, più frequentemente
ci può essere incongruenza tra la parte verbale del messaggio e la componente nonverbale: si può cioè verificare la situazione nella quale vengono dati
contemporaneamente due messaggi diversi,talora di valenza opposta, uno verbale e uno
non verbale che quantomeno generano sconcerto nell’altro.
Molte volte questo avviene per scelta consapevole, basata sulla convinzione che sia più
opportuno mostrare solo alcuni aspetti di noi e tenere invece nascoste quelle emozioni
e quei sentimenti che giudichiamo non accettabili,sgradevoli o inappropriati ala
situazione. E’ ciò che avviene nelle normali transazioni sociali quando si privilegia il
livello di formalità dato che non è intenzione di nessuno dei due attori della relazione
mettere in gioco qualcosa di più profondo. Ma quando il rapporto cambia registro e
vogliamo che diventi un rapporto di fiducia potremmo anche chiederci ogni tanto se
non sia il caso di verbalizzare le emozioni che proviamo,soprattutto se sono in
relazione al qui-ed-ora, alla situazione che si è creata, dato che ,in ogni caso,il nostro
corpo comunque le esprime(percezione di questa espressione nel subconscio dell’altro).
Altre volte, e qui la situazione si complica, l’incongruenza non deriva da una scelta
consapevole da parte di chi manda il messaggio ma proprio da una mancanza di
consapevolezza rispetto a quelli che sono i propri vissuti emotivi in quel momento. Ad
esempio, se parlo con una persona, può capitare che sia annoiato rispetto alle cose che
dice e può anche capitare che non sia consapevole, a livello cosciente, di questa
sensazione di noia. In questo caso la mia comunicazione sarà contraddittoria: le mie
parole conterranno un messaggio e il mio corpo( la postura, l’intonazione della voce, la
mimica facciale ecc.) ne esprimeranno un altro che magari è di segno opposto al primo.
In qualche maniera comunicherò anche la noia che provo dato che la parte di me che è
annoiata
in un modo o nell’altro si esprimerà. Quando siamo sottoposti ad
incongruenze - e i messaggi contraddittori rientrano in questa categoria- un nostro
equilibrio cognitivo viene messo in crisi la reazione immediata è lo sconcerto il quale si
manifesta in maniera chiara e consapevole sia di fronte a due messaggi verbali di
segno opposto che ad un messaggio chiaro che contrasta con quelle che erano le mie
certezze creando quella che viene definita la dissonanza cognitiva il cui immediato
correlato emotivo è lo sconcerto. Sconcerto che si manifesta comunque anche quando
uno dei due messaggi non arriva al nostro livello di consapevolezza: anzi,in questo
secondo caso, avviene in maniera molto più sottile, al di fuori della consapevolezza di
entrambi e si crea così una sorta di diffidenza, di difficoltà a comunicare che è
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difficilmente gestibile in quanto nessuno dei due sa come e perché si sia creata.
Questo avviene quando perdo il contatto con me stesso, con quello che provo in quel
momento in relazione all’altro dato che non essere consapevoli di uno stato d’animo non
significa che questo stato d’animo non si esprima attraverso altri canali.
Quindi, scendendo ancora,possiamo vedere che uno dei fondamenti che stanno alla
base di un rapporto di fiducia è l’autenticità, cioè la capacità di sapersi ascoltare, di
sapere quello che si prova in quel momento nei confronti dell’interlocutore.
Essere meritevoli di fiducia ha quindi a che vedere con l’autenticità intendendo con
questo termine non necessariamente l’espressione verbale di ogni mia emozione ma
piuttosto la consapevolezza di qualsiasi sentimento o atteggiamento io stia
sperimentando in quel momento. Possiamo dire a questo riguardo che una persona che
sa ascoltare l’altro non è assolutamente uno che si annulla nell’altro ma è una persona
che innanzitutto sa ascoltare se stessa.
Un modo di esprimere questo concetto può essere :se posso stabilire una relazione di
aiuto con me stesso, se posso cioè essere consapevole e ben disposto verso i miei
sentimenti ,c’è una grande probabilità che possa stabilire una relazione di aiuto con un
altro. Detto questo è anche opportuno dire che accettare di essere ciò che sono e
accettare che questo traspaia all’esterno è uno dei compiti più difficili che ci
possiamo trovare davanti e che non riusciremo mai completamente ad assolvere in
quanto i condizionamenti a cui siamo stati e a cui siamo sottoposti hanno una forza
molto grande che sarebbe da presuntuosi sottovalutare. Ma riconoscere che questo è
un mio compito spesso aiuta a trovare che cosa è stato o cosa è di sbagliato in
relazioni che spesso appaiono intricate e confuse e a riportale su un piano di
costruttività. Ciò significa che,se voglio facilitare la crescita personale di altri io
stesso devo crescere nel senso di una maggiore acquisizione sempre maggiore di
capacità di consapevolezza e di autenticità.
CONFINI: ciascuno di noi, da poco dopo la nascita, comincia a definire se stesso come
entità autonoma nei confronti del mondo esterno (sviluppo dell’Io, sorriso del terzo
mese,angoscia del settimo mese). Quando ognuno di noi pensa a se stesso pensa Io e
Io presuppone una differenziazione da Tu e presuppone quindi che tra Me e Te non ci
sia fusione ma una distanza e che questa distanza non sia fissa ma possa anche
variare. Ognuno di noi mette continuamente durante la giornata, a seconda delle
persone che incontra, o anche con la stessa persona in momenti diversi, determinati
confini che vanno dal desiderio di fusione a quello di distanza assoluta. Il confine
emotivo a molto a che vedere con il confine tra proprietà: di qua c’è mio e sono
responsabile io,di là c’è tuo e sei responsabile tu. Questi, molto schematicamente sono
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i confini,e rispetto a questa variabile, se voglio creare una relazione di aiuto mi potrei
porre due domande.
“Sono io in questa situazione, dentro il rapporto con l’altro, sufficientemente
rispettoso di me stesso, dei miei sentimenti, dei miei bisogni, in modo da non
confondere i sentimenti dell’altro con i miei, da non lasciarmi invadere?”. In altre
parole sono abbastanza autonomo e abbastanza forte da non essere abbattuto dalla
sua depressione, da non essere spaventato dalla sua paura, perché la paura è sua e non
mia o ancora da non essere sopraffatto dal suo desiderio di dipendenza ecc? Il mio Io
è abbastanza forte da non essere per non essere distrutto dalla sua ira ,lusingato dal
suo bisogno di dipendenza,asservito dal suo amore, ma che esisto distinto da lui con i
miei sentimenti e i miei diritti. E’ quindi necessario avere chiari questi confini tra
quelli che sono i miei sentimenti e le mie responsabilità e i sentimenti e le
responsabilità dell’altro, altrimenti si rischia che una relazione di aiuto si trasformi in
una simbiosi, in un rapporto che non responsabilizza l’altro nei confronti dei propri
vissuti e che non solo non è d’aiuto ma rischia di diventare pesante e, qualche
volta,distruttiva per entrambi.
La seconda domanda, sempre a proposito di confini è “Sono abbastanza sicuro di me
stesso per poter permettere all’altro di essere una persona da me distinta, posso
permettere all’altro di essere quello che è in questo momento?Posso permettergli di
essere infantile,se è infantile, pigro o iperattivo, passivo o aggressivo, oppure ho
bisogno che sia diverso, che si adegui a degli schemi che sono i miei, in ultima analisi
che assomigli a me o meglio a quello che per me è l’ideale dell’Io?.
Empatia
Perché una relazione di aiuto sia tale è necessario che io comprenda l’altro intendendo
con questo termine non solo capire quanto l’altro mi dice ma anche e soprattutto una
comprensione empatica di quanto l’altro sente. Per empatia si intende la capacità di
sentire il mondo personale dell’altro “come se” fosse nostro,senza mai perdere di vista
questa qualità del “come se”:sentire lira ,la paura, il turbamento dell’altro con una
duplice consapevolezza: sono sentimenti suoi e non miei e non aggiungo a questi la mia
ira, la mia paura il mio turbamento.Quando ciò si verifica ne discende come
conseguenza che si crea una comunicazione in sintonia con le espressioni e gli stati
d’animo dell’altro. Perché ciò avvenga è necessario che ci sia una condivisione tra i due
attori della comunicazione per i vari aspetti dell’esperienza: condivisione
dell’attenzione per lo stesso oggetto di osservazione (pollo),
condivisione
dell’intenzione o del piano d’azioni per quell’oggetto(pollo:animalista e goloso),
condivisione dello stato affettivo
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Cronicizzazione
Un altro problema che ci possiamo porre è il seguente:”Posso riconoscere nell’altro
una persona impegnata in un processo di divenire o sarò limitato nella mia percezione
dal suo passato e dal suo futuro?”(problema della diagnosi). Se nel mio incontro con
l’altro lo tratto da “bambino immaturo” o “studente ignorante” o “schizofrenico
cronico” gli impedirò di essere nella relazione tutto ciò che potrebbe essere. Se
accetto l’altro solo come qualcosa di rigido ,di già diagnosticato e classificato,di già
formato dal suo passato,contribuisco a confermare questa ipotesi limitata.Se riesco a
fare, anche soltanto qualche volta , una operazione di sospensione del giudizio,
l’accetto come un processo in divenire e contribuisco a confermare e a rendere reali
le sue potenzialità.
Queste sono alcune domande tra le tantissime che ci possiamo porre ,che ci aiutano a
verificare noi stessi e le nostre possibilità non teoricamente ma in quel momento e con
quella persona.
Il porsi domande, l’uscire dallo scontato, dagli automatismi da una presunta
spontaneità, automaticità ineluttabilità dei contenuti di una relazione sposta la
relazione stessa dall’ambito della casualità e delle presupposte doti innate a quello
della gestione della relazione e quindi, in ultima analisi, della professionalità.Una
professionalità che permetta l’ istaurarsi di relazioni che riflettono quella che
dovrebbe essere l’essenza dei rapporti umani: comprendere e accettare gli altri per
quello che sono cercando contemporaneamente di alimentare una ulteriore crescita e
integrazione. L’interrogarsi sulla relazione potrebbe anche voler dire che ,se voglio
impostare relazioni di aiuto ho un compito difficile ma anche affascinante davanti a
me:quello di allargare e sviluppare le mie potenzialità in direzione della crescita
psicologica, perché per conoscere gli altri devo conoscere me stesso e,di
converso,comprendere gli altri mi è necessario per comprendere me stesso.
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