Emozioni dei piccoli, grandi esperienze

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Emozioni dei piccoli, grandi esperienze
emozional...mente
Emozioni dei piccoli, grandi esperienze
ioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto, imbarazzo, sorpresa sono solo alcune delle emozioni che tutti prima o poi sperimentano nel corso
della vita. Emozionarsi e/o assistere alle emozioni
altrui è un tipo di esperienza che ci vede protagonisti fin dalla prima infanzia.
Definire il significato di “emozione” non è facile,
ma l’etimologia ci può aiutare: il termine deriva
dal latino ex moveo, che significa “muovere
fuori”, “uscire”, “far nascere”: la parola rimanda
quindi a qualcosa che dall’interno si muove verso
l’esterno. Lo psicologo Robert Plutchik (1980) sosteneva che l’emozione è il punto di arrivo di una
catena articolata di eventi, che inizia con la percezione di uno stimolo e si conclude con l’interazione tra l’organismo e lo stimolo stesso; il
risultato di questo processo, secondo lo studioso,
è un cambiamento tendenzialmente rapido e involontario, sia interno che esterno, che è diretto
all’azione. Il processo che porta alla comparsa di
un’emozione, per quanto complesso, si realizza in un intervallo di tempo brevissimo, stimato dallo studioso
Paul Ekman (1994) tra il mezzo secondo e i trequattro secondi.
Saper riconoscere le proprie e altrui emozioni, saperle esprimere e gestire costituiscono però abilità
complesse, che vengono acquisite gradualmente
nel corso dello sviluppo. Basti pensare al modo in
cui il bambino sviluppa la capacità di regolare le
proprie, ossia le emozioni piacevoli senza eccedere, così come liberarsi dalle emozioni spiacevoli,
quali rabbia, paura o tristezza, o per lo meno tollerarle senza esserne sopraffatti. Durante la prima
infanzia, nelle situazioni più difficili o stressanti, il
bambino è guidato prevalentemente dall’adulto di
riferimento, che lo calma con comportamenti affettuosi o gli fornisce informazioni importanti
sugli eventi attraverso le espressioni del viso e
spiegazioni verbali. Crescendo, intorno ai 2-3
anni, il piccolo comincia a essere in grado di gestire autonomamente le proprie emozioni e il
comportamento più appropriato, acquisendo pian
piano una vera e propria autoregolazione emotiva
(emotion-related regulation; Eisenberg et al.,
G
RECENSIONE
Il sapore
delle emozioni. D. Papini1
(FrancoAngeli, 2013)
Nel mondo
del lavoro e
della scuola
l’enfasi sulla
competenza tecnica, sul
“sapere le cose” hanno
avuto per molto tempo il
sopravvento sull’idea del
saper essere e saper fare.
L’errore di Cartesio, spiegare che siamo mente e
corpo, pensiero e materia,
razionalità ed emozione, ci
ha spinto a scegliere tra
l’una e l’altra o a oscillare
tra l’una e l’altra, con il risultato a lungo termine di
aver scordato la competenza base del “sentire” il
proprio corpo e le proprie
emozioni. Come la maggior parte di noi ha perso
competenze tecniche obsolete (accendere il fuoco
con una pietra, riconoscere
la stella polare, distinguere
molti odori diversi) perché
non più necessarie nella
vita quotidiana da molte
generazioni, così abbiamo
perso anche la consapevolezza di quello che ci succede nel corpo e insieme
con essa, l’aiuto fonda-
mentale per essere felici e
ottenere ciò che vogliamo.
Forse per la consapevolezza di questa perdita e
per gli evidenti limiti dell’approccio solo tecnico ai
problemi dell’esistenza,
oggi l’interesse per le emozioni si sta generalizzando,
uscendo dal mondo degli
addetti ai lavori (psicologi,
attori, scrittori, esperti di
marketing), ma il rischio è
che si tratti soprattutto di
una moda, in cui parlare
delle emozioni, ancora una
volta, ripropone la separazione tra corpo e mente.
L’invito contenuto in questo
libro è di sperimentare e
usare tutto il potenziale
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emotivo nella vita di tutti i
giorni, tralasciando sia gli
approcci esclusivamente
specialistici sia la retorica
sulle emozioni sempre e
solo positive e autentiche.
Riprendere confidenza con
competenze emotive che
tutti abbiamo, togliendole
da cornici culturali obsolete
è la precondizione per crescere e evolvere come persone e professionisti
dell’educazione.
s.v.
Questo libro nasce dall’esperienza
dei laboratori di intelligenza emotiva che l’autore tiene al master in
Psicomotricità dell’Università di
Bergamo e alla scuola di Psicomotricità “Kyron” di Milano.
1
un punto di vista semantico e sintattico e attraverso un vocabolario ampio. In mancanza di queste abilità, il veicolo cruciale attraverso cui può
esprimersi è il comportamento non verbale, che
include movimenti per lo più involontari, quali
gesti, espressioni facciali, movimenti del corpo,
segnali di attivazione fisiologica.
Le occasioni in cui gli atteggiamenti e il comportamento dei bambini possono essere oggetto di osservazione all’interno del nido sono molteplici.
Non si può leggere nella mente degli altri e quindi
non sempre si potranno comprendere immediatamente le ragioni che hanno provocato una certa
azione. Ma si può fare uno sforzo per osservare,
ascoltare e leggerne i movimenti, i cambiamenti di
stato e gli atteggiamenti, con lo scopo di poterli
affrontare e risolvere nel migliore dei modi.
Il ruolo che svolgono le emozioni è importante non solo
per l’integrità vitale di ognuno, ma anche perché guidano
la percezione, le azioni e l’apprendimento del mondo
esterno e perché promuovono l’interazione con il comportamento e i motivi di altri soggetti nell’ambiente sociale
(Trevarthen, 1998). Competenza emotiva e competenza
sociale sono, infatti, in stretta connessione l’una con l’altra: come dimostrano recenti studi (Zhou et al., 2007; Eisenberg et al., 2009), una regolazione emotiva adeguata
può favorire la manifestazione di comportamenti sociali opportuni e l’instaurarsi di scambi interpersonali
positivi. Solitamente un bambino più competente socialmente sa inserirsi in un gruppo di pari senza essere respinto, sa rispettare il proprio turno nei giochi e
risolvere positivamente i conflitti insorti con i compagni, si dimostra altruista con chi si trova in difficoltà
(D’Odorico, Cassibba, 2006).
Giulia Pecora
Università Sapienza, Roma
2004), non più basata sul supporto esterno dell’adulto.
Generalmente il canale espressivo più immediato
e diretto attraverso cui è possibile comunicare il
proprio stato emotivo è rappresentato dal linguaggio. Ma ci vogliono più o meno sei anni di vita
prima che un bambino impari a esprimere a parole i
propri obiettivi e stati d’animo, in modo corretto da
CONSIGLIATA...
Cervello:
istruzioni per l’uso
“Non sopravvive la specie
più forte, né la più intelligente, ma quella che più si
adatta ai cambiamenti”.
Inizia con questa frase di
Charles Darwin (18091882) la mostra “Brain. Il
cervello istruzioni per
l’uso”, presente a Milano
fino al 13 aprile al Museo di
Storia Naturale dopo il successo ottenuto all’American
Museum of Natural History
di New York, un’esposizione
suddivisa in sezioni che
spiegano l’evoluzione, il
funzionamento e le abilità
Consulta il sito
La bibliografia completa e l’articolo
sono consultabili sul sito.
www.lascuolaconvoi.it
➜ Nel prossimo numero di “Mondo zero3”:
approfondimento sull’intelligenza emotiva al nido.
legami che durano per tutta
la vita con i loro compagni?
Il segreto dell’amore sta
tutto nell’ossitocina?
Come funziona la memoria? E la capacità di immaginare? Cosa sono i ricordi
esattamente? E che cos’è
l’intelligenza?
Volete delucidazioni sul cervello bilingue? Le scansioni
del cervello mostrano che
bambini e adulti hanno modalità di apprendimento diverse di una lingua
straniera. Quando i bambini
imparano una seconda lingua, questa viene elaborata
nella stessa parte del cervello in cui viene elaborata
la prima. Quando si cresce,
del cervello umano alla luce
delle più recenti scoperte
neuroscientifiche. Qui il visitatore può leggere, osservare e sperimentare di
persona, attraverso alcuni
esercizi proposti le abilità
del proprio cervello.
Perché mostriamo i denti se
siamo arrabbiati? Perché ci
si rizzano i peli quando ci
spaventiamo o siamo arrabbiati?
Lo sapevate che fu un incidente impressionante a rivelarci il ruolo della
corteccia prefrontale nel
controllo degli impulsi emotivi?
Lo sapevate che solo il 5%
dei mammiferi circa creano
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le nuove lingue vengono
elaborate in un posto diverso, che potrebbe renderne più difficoltoso
l’apprendimento.
E per finire Freud sarebbe
contento di sapere che il
principio di piacere (il volere
“tutto e subito”) domina
anche l’adulto se alcune
parti del cervello, in particolare l’isola e la corteccia
prefrontale, sono impegnate
in altre faccende quotidiane.
La mostra Brain è un’esposizione unica, in cui il cervello esibito stupisce ed
affascina il cervello di chi
osserva.
Simona Vigoni