gli strumenti per una nuova politica del comparto delle abitazioni in

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gli strumenti per una nuova politica del comparto delle abitazioni in
CNEL - VI COMMISSIONE. POLITICHE SETTORIALI
GLI STRUMENTI PER UNA NUOVA POLITICA DEL
COMPARTO DELLE ABITAZIONI IN LOCAZIONE
SCHEMA DI OSSERVAZIONI E PROPOSTE
RELAZIONE DI ACCOMPAGNAMENTO
SCHEDE DI DETTAGLIO
27 Novembre 1997
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COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
Per contribuire alla riforma della politica abitativa la VI Commissione del CNEL, Politiche Settoriali, ha avviato la redazione di un documento di Osservazioni e Proposte.
In questo ambito il CNEL - per acquisire indicazioni tecniche, valutazioni, orientamenti - ha promosso uno studio sulle politiche abitative nei paesi dell'Unione europea ("Sistemi abitativi e social housing
in Europa", svolto dalla RST - Ricerche e Servizi per il Territorio di
Roma), ha organizzato un'audizione per le rappresentanze degli interessi (il giorno 30 ottobre) e ha promosso il convegno internazionale
"La riforma della politica abitativa", con la partecipazione di rappresentanti delle associazioni di "social housing" dei maggiori paesi europei, di esponenti degli interessi, di esperti del settore residenziale,
immobiliare e finanziario, di amministratori regionali e comunali e
del ministro dei Lavori Pubblici, porf. Paolo Costa (il giorno 17 novembre).
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Indice
SCHEMA DI OSSERVAZIONI E PROPOSTE
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3.1
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3.6
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8.1
8.2
8.3
8.4
8.5
8.6
8.7
Premessa .........................................................................
Considerazioni .................................................................
Proposte ..........................................................................
Liberalizzazione controllata del mercato .................................
Riordinamento delle competenze pubbliche in materia di politica
abitativa ..........................................................................
Sostegno al reddito ............................................................
Il patrimonio residenziale pubblico ad affitto sociale .................
Innovazione del mercato e formazione di nuovi soggetti .............
Formazione di un settore privato in affitto sociale alimentato da
risorse private ...................................................................
Misure di supporto tecnico-organizzativo ................................
RELAZIONE DI ACCOMPAGNAMENTO
Il quadro di riferimento .......................................................
Prezzi di affitto e classi di reddito ..........................................
La disponibilità di abitazioni in affitto sociale ...........................
Il sostegno diretto alle famiglie in affitto ..................................
Modelli gestionali del patrimonio residenziale pubblico .............
La riconfigurazione del mercato ............................................
Conclusioni ......................................................................
Proposte ..........................................................................
Liberalizzazione controllata del mercato .....................................
Riordinamento delle competenze pubbliche in materia di politiva abitativa ..............................................................................
Sostegno al reddito ..............................................................
Il patrimonio residenziale pubblico ad affitto sociale ......................
Innovazione del mercato e formazione di nuovi soggetti ..................
Formazione di un settore abitativo in affitto sociale alimentato da risorse private ......................................................................
Misure di supporto tecnico-organizzativo ....................................
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SCHEDE DI DETTAGLIO
Scheda 1
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6
PREZZI E REDDITI NEL MERCATO DELLE LOCAZIONI
Prezzi e redditi nel mercato delle locazioni .............................
L'incidenza dell'affitto per classe di reddito .............................
52
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Incidenza dell'affitto nel patrimonio abitativo pubblico e in quello privato ........................................................................
L'esaurimento del regime di Equo Canone ...............................
Valori ufficiali e stime delle fonti specialistiche ........................
Incidenze degli affitti sui redditi ............................................
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Scheda 2
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IL SOSTEGNO AL REDDITO DELLE FAMIGLIE IN AFFITTO IN
TRE PAESI EUROPEI
Cenni sul sostegno diretto al reddito delle famiglie in affitto in tre
paesi europei .....................................................................
Germania ........................................................................
Olanda ...........................................................................
Regno Unito ....................................................................
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LE DIMENSIONI QUANTITATIVE DEL PROBLEMA
I comparti fondamentali dello stock abitativo ...........................
Le abitazioni utilizzate "ad altro titolo" ...................................
Lo stock non occupato .......................................................
Le dimensioni effettive del comparto delle abitazioni in affitto .....
La rimozione della domanda ................................................
Tipi di proprietà ................................................................
I regimi locativi .................................................................
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Scheda 3
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Scheda 4
SISTEMI DI REGOLAMENTAZIONE DEI CANONI DI AFFITTO
NEL SETTORE PRIVATO
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5
La Germania .....................................................................
Il Regno Unito ...................................................................
L'Olanda ..........................................................................
La Francia .........................................................................
Altri sistemi di regolamentazione degli affitti ...............................
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GESTORI, PROMOTORI, INVESTITORI
Il Regno Unito ...................................................................
La Francia .........................................................................
L'Olanda ..........................................................................
La Germania .....................................................................
La Spagna .........................................................................
L'Austria ..........................................................................
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I CARATTERI DEL SETTORE "NO PROFIT" NEI PAESI EUROPEI
L'Olanda ..........................................................................
Il Regno Unito ...................................................................
L'Austria ..........................................................................
La Danimarca ....................................................................
La Francia .........................................................................
La Germania .....................................................................
La Spagna .........................................................................
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Scheda 6
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SCHEMA DI OSSERVAZIONI E PROPOSTE
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1.
PREMESSA
Il sistema abitativo italiano presenta alcune debolezze strutturali
che lo differenziano nettamente dai sistemi abitativi della maggior
parte dei paesi dell'Unione europea.
Il mercato delle abitazioni in locazione è esiguo (solo la Grecia,
l'Irlanda e la Spagna registrano quote inferiori di abitazioni in affitto),
frammentato e rigido al punto da determinare impatti negativi anche
sulla mobilità dei lavoratori sul territorio. La dotazione di abitazioni
in affitto sociale è meno di 1/3 di quella media europea ma risulta essere circa 1/5 di quella esistente in paesi che hanno sviluppato un
maggiore impegno in questo settore.
Sebbene l'incidenza media dell'affitto sul reddito risulti piuttosto
bassa (il 12,1%, circa i 2/3 dei valori che generalmente si rilevano in
paesi europei con caratteristiche simili al nostro), la configurazione
del mercato è tale che le famiglie in affitto con un reddito netto annuo inferiore a 40 milioni, laddove non dispongano di un alloggio
pubblico, sono costrette a sopportare un onere decisamente elevato:
circa il 22% del reddito, tale valore supera il 30% per le famiglie con
meno di 20 milioni di reddito netto annuo. Per contro, le famiglie
con redditi elevati presentano incidenze dell'affitto sul reddito nettamente inferiori al 10% (1)
Infine, sul versante del promotore e della proprietà, si rileva che
il tasso medio di rendimento lordo risulta decisamente basso (circa il
2,9%) e si verifica una sostanziale incertezza sui tempi necessari per
riacquistare la piena disponibilità dei beni locati.
Queste specificità del nostro sistema abitativo sono destinate a
condizionare pesantemente la praticabilità economica e sociale e i risultati di qualunque riforma della politica abitativa e della normativa
inerente il mercato delle locazioni. Il nostro paese si trova pertanto a
dover affrontare un duplice problema: da un lato quello di riorganizzare regole e modalità di intervento al fine di superare rigidità, inerzie e ritardi che si sono accumulati per un lungo periodo di tempo e
dall'altro quello di favorire la costituzione di nuovi e più solidi sistemi di convenienze all'investimento in un mercato delicato e particolarmente esposto a gravi impatti sociali.
(1)
L'andamento dell'incidenza dell'affitto sul reddito nelle diverse classi di reddito è
analizzato in dettaglio nel secondo paragrafo della "Relazione di accompagnamento". Le
soglie di 20 e 40 milioni sono state scelte unicamente a fini descrittivi e in relazione al formato dei dati disponibili.
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2.
CONSIDERAZIONI
In questo contesto appare necessario intervenire in modo coordinato con diversi sistemi di strumenti per governare e orientare un processo di liberalizzazione controllata del mercato e cioè una
transizione graduale verso una configurazione meno rigida e frantumata, con una distribuzione dell'incidenza dell'affitto sul reddito meno disequilibrata - e soprattutto meno penalizzante per i redditi più
bassi - con livelli medi di rendimento allineati sui valori tendenzialmente presenti in altri paesi europei, con un sistema di prezzi determinati dalla concertazione tra le parti piuttosto che da un insieme di
regole e parametri rigidamente predeterminato e sistematicamente
trasgredito (2), con un sistema di tutele sociali di base tale da evitare
impatti sociali inaccettabili.
Per consentire la transizione del mercato abitativo verso la configurazione indicata sopra è necessario predisporre anzitutto un solido
sistema di sostegni alle famiglie in affitto a basso reddito in modo da
determinare da un lato un'evoluzione dei prezzi tale da ricostituire
margini adeguati di rendimento e dall'altro incidenze degli affitti sul
reddito sopportabili anche dai reddito più bassi. Sotto questo profilo
appare evidente che in alcune fasce reddituali il problema non si pone in termini di individuazione degli incrementi di affitto sostenibili
ma in termini di riduzione dell'onerosità necessaria per allineare l'incidenza dell'affitto sul reddito a standard socialmente accettabili (e
comunemente adottati nella maggior parte dei paesi europei con un
sistema di protezione sociale simile a quello italiano).
In questa logica il sostegno al reddito viene dunque visto non
tanto come strumento di assistenza e protezione sociale quanto come
azione di natura macroeconomica finalizzata a rendere socialmente
ed economicamente realizzabile il processo di riconfigurazione complessiva del mercato. A questo proposito occorre notare che tanto più
efficace sarà il sistema di sostegni alle famiglie a basso reddito tanto
più rapida e completa potrà essere la transizione verso la nuova configurazione del mercato. In questo ambito vengono individuate due
azioni fondamentali:
la determinazione di un sistema di sussidi diretti alle famiglie in
affitto a basso reddito;
la riorganizzazione dei modelli di gestione del patrimonio residenziale pubblico con finalità sociali.
(2)
Si veda quanto riportato nel § 7 della Scheda 3
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Il piano fondamentale di intervento è tuttavia costituito dalla
messa a punto di un sistema di strumenti e di azioni in grado di favorire una innovazione strutturale del mercato e la formazione di nuovi soggetti che operino nel mercato delle abitazioni primarie in
affitto.
La predisposizione di un efficace sistema di sostegni alle famiglie a basso reddito costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per la transizione verso la nuova configurazione di mercato.
Per realizzare concretamente tale transizione occorre anche che si verifichi un ricompattamento del mercato, che si formino soggetti in
grado di realizzare forme di gestione evoluta, che vengano creati condizioni e canali di investimento in grado di intercettare - come accade in altri paesi europei - grandi risorse finanziarie, sia direttamente,
sia attraverso forme di "finanziarizzazione" dei patrimoni immobiliari.
Occorre infine che venga favorito un processo di formazione di
strutture in grado di realizzare una gestione evoluta di grandi patrimoni immobiliari e cioè di saldare organicamente processi di riqualificazione e processi di valorizzazione immobiliare.
In sostanza si tratta di creare regole, indirizzi e sostegni concreti
per un processo di innovazione del mercato immobiliare che consenta di recuperare il notevole divario che separa il nostro paese dalla
maggior parte dei paesi europei, di migliorare l'efficienza economica,
di creare i presupposti organizzativi, imprenditoriali, professionali:
per invertire la tendenza alla contrazione del comparto del mercato delle abitazioni primarie in locazione;
per avviare un processo di riqualificazione, riorganizzazione e
valorizzazione edilizia, urbanistica e immobiliare di una parte
cospicua delle nostre strutture insediative;
per creare anche in Italia un settore privato con prevalenti finalità sociali nel comparto delle abitazioni in affitto, così come accade nella maggior parte dei paesi dell'Unione europea.
Infine, poiché le azioni e gli strumenti indicati sopra richiedono
elevate capacità progettuali, notevoli conoscenze, solide capacità di
analisi e di elaborazione, appare necessario creare un sistema di ausili (strutture di supporto, conoscenze e indirizzi tecnici, assistenza organizzativa, etc.) per i diversi soggetti chiamati a concorrere al
processo di transizione.
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A tale proposito sembra prioritario riconfigurare il CER in Direzione tecnica con la missione:
di monitorare il sistema abitativo italiano, con particolare riferimento allo stato e all'evoluzione del disagio abitativo e ai livelli
di efficacia della spesa pubblica nel settore e ai processi di innovazione strutturale del mercato;
di fornire elementi conoscitivi e valutativi utili per la determinazione delle politiche e della programmazione di settore di livello
nazionale e per la definizione del quadro abitativo nazionale che
costituisce riferimento generale per l'autonoma determinazione
delle scelte e delle politiche di livello regionale e locale;
di elaborare strumenti, proposte quadro, misure in grado di fornire concreti supporti al processo di transizione sopra indicato.
Quadro sinottico A
TRANSIZIONE AD UN NUOVO
ASSETTO DEL MERCATO
DELLE LOCAZIONI
SISTEMA DI SOSTEGNI
ALLE FAMIGLIE
A BASSO REDDITO
SUSSIDI DIRETTI
ALLE FAMIGLIE
RIORGANIZZAZIONE DELLA GESTIONE DEL
PATRIMONIO RESIDENZIALE PUBBLICO
CARTOLARIZZAZIONE DEL MERCATO
RESIDENZIALE IN LOCAZIONE
INNOVAZIONE DEL MERCATO
E
NUOVI SOGGETTI
RICOMPATTAMENTO DELLE GESTIONI DEL
PATRIMONIO RESIDENZIALE IN AFFITTO
FORMAZIONE DI UN SETTORE PRIVATO
CON FINALITA' SOCIALI
SISTEMA DI AUSILI E SUPPORTI
TECNICO-ORGANIZZATIVI ALLA
TRANSIZIONE
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3.
PROPOSTE
In relazione alle considerazioni esposte sopra si avanzano le seguenti proposte.
3.1 Liberalizzazione controllata del mercato
3.1.1
Per quanto riguarda il mercato delle locazioni in generale si
propone di definire due regimi di base:
il regime libero, dove i contenuti dei contratti sono fissati nell'ambito della libera contrattazione tra le parti
(proprietario e conduttore) e debbono soddisfare unicamente il sistema di tutele di base (vedi di seguito il
punto 3.1.3);
il regime concertato, dove i contenuti dei contratti
(prezzo dell'affitto, durata, forme di rilascio, penali,
etc.) nonché le misure di compensazione (vedi sotto il
punto 3.1.4) sono definiti - con riferimento a convenzioni quadro determinate con contrattazione a livello
nazionale e/o regionale (vedi oltre il punto 3.2) - attraverso la concertazione su specifici contratti, da tre soggetti:
l'Amministrazione
pubblica
locale
con
l'eventuale concorso di altre Amministrazioni pubbliche che partecipano direttamente alla attuazione dell'iniziativa; le rappresentanze della proprietà; le
rappresentanze degli inquilini.
Un'iniziativa immobiliare residenziale o un patrimonio residenziale, per poter rientrare nel regime concertato, deve
soddisfare predeterminati requisiti di qualità e di "vantaggio
sociale" (ad esempio definizione della soglia minima di ribasso dei canoni concertati rispetto i canoni liberi oppure
del livello meinimo di incremento della durata del contratto, etc.) che dovranno essere determinati nella convenzione
quadro alla quale faranno riferimento gli specifici interventi
abitativi (vedi oltre il punto ..).
3.1.2
All'interno delle condizioni sopra indicate promotori di interventi di edilizia residenziale e proprietari di patrimonio
residenziali dovrebbero poter decidere liberamente se collocare il patrimonio residenziale nel regime libero o avviare
la concertazione per accedere al regime concertato. Sembra
inoltre auspicabile assicurare il più libero accesso al regime
concertato - fatto salvo il rispetto degli standard di cui sopra
- a tutti gli operatori. A tale fine si segnala l'opportunità di
sviluppare una accurata riflessione in materia, assumendo
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3.1.3
3.1.4
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anche a riferimento le esperienze consolidate in altri paesi
europei.
Si propone inoltre che - sulla base di una consultazione formale delle parti - venga definito, a livello nazionale, un sistema di tutele di base che fissi le regole generali alle quali
devono necessariamente attenersi il locatore e il conduttore
(ad esempio durata minima, condizioni di recesso, regole
relative ai depositi cauzionali, termini di rilascio obbligatorio in caso di morosità, ripartizione degli oneri accessori,
misura del concorso ai costi di manutenzione, etc.).
In questo caso l'obiettivo è quello di determinare un sistema di garanzie - sia sul versante del locatore, sia su quello
del conduttore - che operi omogeneamente su tutto il territorio nazionale.
Per creare condizioni di convenienza all'interno del regime
concertato si propone di costituire un sistema di azioni e
strumenti di "compensazione" (dei minori guadagni e/o dei
vincoli assunti dal promotore / proprietario).
A questo proposito, piuttosto che fissare meccanismi rigidi
appare preferibile predisporre un insieme articolato di strumenti (sovvenzioni in conto capitale, agevolazioni sugli interessi, mutui a tasso agevolato, esenzioni fiscali, dilazione
nel tempo di imposte, premi di cubatura, etc.) che possano
essere combinati in vario modo e applicati, attraverso la
concertazione di livello locale, su specifici patrimoni abitativi, in relazione:
alla intensità dei risultati sociali che si intendono ottenere (o che sono proposti);
alle condizioni del mercato immobiliare locale;
alle condizioni socio-economiche locali;
alle risorse disponibili (o a gettito al quale si può rinunciare) per le misure di compensazione.
Si configurerebbe così un sistema flessibile di strumenti
compensativi (alcuni dei quali definiti a livello nazionale,
altri definiti a livello regionale o locale) che verrebbero
combinati dall'amministrazione locale, nel quadro programmatorio regionale, in relazione a:
iniziative specifiche;
su esigenze ben individuate all'interno di un progetto
organico;
sulla base di una specifica concertazione con le parti.
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3.1.5
Nell'ambito degli "strumenti di compensazione" assumono
particolare (ma non esclusivo) rilievo gli strumenti di natura
fiscale di livello nazionale, regionale e locale (come ad
esempio la detraibilità di parte dei proventi da locazione
abitativa proimaeria ai fini IRPEF ed IRPEG, la riduzione
dell'imposta sul registro, etc.)
Per rendere progressivamente più efficace la leva fiscale appare necessario dare concreta attuazione alla molto attesa
riforma del catasto, tendendo ad una più soddisfacente convergenza e tra valori catatstali e valori immobiliari e ad un
più serrato aggiornaemnto dei primi.
3.2
Riordinamento delle competenze pubbliche in materia di
politica abitativa
In questa logica l'Amministrazione centrale svolge funzioni
di definizione degli strumenti generali e delle tutele di base,
assicura le risorse necessarie per attuare la politica dei redditi anche sul versante abitativo, esercita funzioni di perequazione attraverso una specifica riserva di risorse,
definisce le "misure di compensazione" di interesse nazionale (come, ad esempio, quelle inerenti la fiscalità generale).
Le Amministrazioni regionali definiscono e programmano
le risorse da impegnare e le azioni da svolgere per assicurare un'adeguata condizione abitativa ai cittadini presenti nel
territorio di propria competenza, con particolare riferimento
alla determinazione delle convenzioni quadro da porre a
base della concertazione locale, alle misure e parametri di
indirizzo per il regime concertato, alla definizione e al dimensionamento delle misure di compensazione di livello
regionale.
Le Amministrazioni locali, definiscono i progetti specifici di
intervento e, a tale fine, compongono in un programma abitativo i diversi strumenti resi disponibili dal livello nazionale e regionale, partecipano alla concertazione con il
promotore/proprietario e con le rappresentanze degli inquilini per fissare i contenuti specifici delle convenzioni e dei
contratti di locazione del regime concertato, esercitano funzioni di controllo dell'attuazione e della gestione degli interventi in regime concertato.
In sostanza si delinea una politica abitativa basata su un sistema di "progetti abitativi":
3.2.1
3.2.2
3.2.3
3.2.4
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3.2.5
riferiti in modo specifico e puntuale al contesto socioeconomico e al mercato locale in cui sono calati;
basati sulla concertazione interistituzionale e sul partenariato pubblico-privato;
mirati su obiettivi specifici rispetto ai quali misurare
l'efficienza e l'efficacia delle azioni intraprese;
sostenuti da una combinazione di strumenti, risorse e
accordi composta in accordo con gli indirizzi di livello
nazionale e regionale e in relazione alle caratteristiche
peculiari del progetto.
Il più marcato riferimento locale delle politiche, dei programmi e degli interventi nel settore abitativo che viene
sommariamente delineato nel punto precedente costituisce
il presupporto per aumentare il livello di efficienza delle
politiche abitative e per graduare l'intervento sulla configurazione e sulle dimensioni del mercato abitativa primario in
affitto in relazione anche alle esigenze del mercato del lavoro locale. A tale proposito si nota come in dioverse aree
del paese la limitatezza dell'offerta di abitazioni promarie
in affitto tende a costituire un pesante vincolo alla mobilità
sul territorio del lavoro e allo sviluppo dell'occupazione.
3.3 Sostegno al reddito
3.3.1
Al fine di evitare che la liberalizzazione controllata del
mercato possa determinare livelli di incidenza dell'affitto
sul reddito socialmente inaccettabili e in relazione al fatto
che allo stato attuale i dati disponibili mostrano che per un
consistente numero di nuclei familiari già si verifica tale
condizione, si propone:
di determinare l'incidenza massima dell'affitto sul reddito che le famiglie possono sopportare nelle diverse
fasce di reddito (vettore di soglia massima dell'incidenza dell'affitto sul reddito); (3)
di prevedere l'erogazione di un sussidio diretto alle famiglie (parametrato sui canoni di fascia bassa e riferito
sia al regime libero che al regime concertato) nei casi
in cui l'incidenza dell'affitto sul reddito superi tale soglia;
di dimensionare il sussidio in rapporto alla ampiezza
del divario di cui sopra.
(3)
Si veda quanto riportato nella "Relazione di accompagnamento" al § 4.
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3.3.2
3.3.3
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Tale azione tende sia ad evitare tensioni sociali inaccettabili, sia a rendere concretamente praticabile la riorganizzazione del mercato.
Il sostegno alla famiglie economicamente deboli costituisce
infatti il presupposto per poter avviare il processo di liberalizzazione controllata e di innovazione del mercato abitativo assunto come obiettivo di riferimento. A tale proposito
sembra opportuno dedicare particolare attenzione alla valutazione delle condizioni di disagio abitativo espresse da
componenti specifiche di domanda abitativa come gli anziani, gli immigrati poveri, gli studenti, i disoccupati di lunga durata, i sottooccupati e gli occupèati precari, etc.
Si propone inoltre che la programmazione dei sussidi venga
svolta a livello regionale mentre la definizione, l'attuazione
e la gestione di specifici interventi e/o progetti in questa
materia sia svolta a livello locale al fine di dare piena attuazione al principio di sussidiarietà e di partecipazione delle
comunità direttamente toccate da tali misure.
L'impegno finanziario in materia di sussidi diretti alle famiglie costituisce una componente fondamentale della politica dei redditi e dovrà essere dimensionato di conseguenza.
Si evidenzia inoltre che in relazione all'ampio (e crescente)
divario territoriale delle condizioni socio economiche appare di fondamentale importanza la funzione perequativa dell'Amministrazione centrale e a tale fine ritiene che questa
debba essere dotata di una riserva specifica da programmare in relazione ad un monitoraggio costante sull'evoluzione
del disagio abitativo nelle diverse aree del paese in modo
da poter concentrare questo strumento di sostegno al reddito in quelle aree e in quelle regioni che versano nelle condizioni abitative meno favorevoli.
3.4 Il patrimonio residenziale pubblico ad affitto sociale
Per quanto riguarda il patrimonio residenziale pubblico ad affitto
sociale, si propone che si avvii una profonda riflessione sulle misure da realizzare per aumentarne l'efficacia sociale e per ridurre (e in prospettiva eliminare) fenomeni di marginalizzazione
sociale e di degrado urbanistico ed edilizio che spesso gravano
sulle strutture insediative costituite unicamente, o in larga prevalenza, da edilizia residenziale pubblica. Più in particolare si propone quanto segue.
3.4.1
Appare necessario verificare la soglia di decadenza dal diritto di godere di un alloggio di edilizia residenziale pubblica
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3.4.2
3.4.3
3.4.4
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ad affitto sociale, in funzione del rapporto tra reddito delle
famiglie escluse dall'accesso ad una abitazioni pubblica in
affitto sociale a causa della limitatezza di tale patrimonio e
numerosità del patrimonio stesso.
Appare indispensabile verificare il livello e la graduazione
dei canoni in riferimento:
ai valori medi che si riscontrano in altri paesi europei
(tenendo ovviamente conto delle diverse condizioni socio-economiche);
all'onere che - al netto dei sussidi diretti alle famiglie
di cui sopra - le famiglie di pari condizione socio-economica che non dispongono di una abitazione pubblica in affitto sociale sono costrette a sopportare, al fine
di rispettare pienamente il principio di equità di trattamento dei cittadini a parità di condizioni socio-economiche a prescindere dal fatto che tali cittadini godano
o meno dell'assegnazione di un'abitazione di edilizia
residenziale pubblica;
alle esigenze di manutenzione, riqualificazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare.
Sotto questo profilo si nota che una adeguata rimodulazione
dei canoni di locazione dell'edilizia residenziale pubblica
consentirebbe al soggetto gestore di alimentare in modo significativo il fondo dei sussidi diretti alle famiglie a basso
reddito con elevata incidenza dell'affitto sul reddito.
Tale condizione consentirebe di recuperare un livello di
flessibilità e di efficacia che altrimenti sarebbe alquanto difficile ratgiungere in tempi brevi, stanti gli attuali voncoli
della finanza pubblica.
Il CNEL propone inoltre di calibrare i parametri riguardanti i
livelli di reddito di decadenza e i livelli dei canoni in relazione alle specifiche condizioni socio-economiche locali. In
questa logica l'azione di sostegno esercitata attraverso la
messa a disposizione di abitazioni in affitto a basso canone
assume il significato di un sistema di progetti specificamente riferito a determinate situazioni socio-economiche e territoriali.
In relazione al fatto che allo stato attuale il patrimonio di
abitazioni pubbliche in affitto con finalità sociali assomma
a poco meno di un milione di unità, si propone di rifocalizzare l'azione degli istituti sulla gestione, riqualificazione,
valorizzazione di tale patrimonio, sia in relazione a obiettivi di natura economica, sia in relazione a obiettivi di natura
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3.4.5
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sociale.
In tale direzione sembra opportuno valutare l'opportunità e
l'utilità di un obbligo alla certificazione sui livelli di efficacia sociale ed economica della gestione dei patrimoni residenziali di proprietà pubblica con finalità sociali effettuata
da una terza parte, al fine di disporre di misurazioni certe
sulla resa sociale di tale strumento. (4)
Infine, in relazione al fatto che lo strumento della produzione di abitazioni da porre in affitto da parte dello Stato è stato ideato in un periodo storico completamente diverso da
questo, che allo stato attuale le problematiche di maggior
rilievo attengono alla gestione del patrimonio immobiliare e
al ricambio delle famiglie assegnatarie, che nella maggior
parte dei paesi europei la strada della produzione di nuove
abitazioni a totale carico dello Stato è stata abbandonata da
molto tempo e che in tali paesi l'offerta di abitazioni in affitto sociale risulta da 3 a 5 volte più ampia che nel nostro,
si propone di avviare una profonda riflessione sulla opportunità di ridefinire strutturalmente la missione degli istituti
al fine di creare una nuova figura di "promotore generale"
in grado di avviare e gestire processi di gestione complessiva di patrimoni immobiliari (promozione, finanziamento,
acquisto, produzione, alienazione, valorizzazione, riorganizzazione e riqualificazione urbanistica ed edilizia, etc.)
orientato su finalità sociali e con l'esplicita assunzione di
obiettivi di efficienza economica (cfr. di seguito il § 3.5).
3.5 Innovazione del mercato e formazione di nuovi soggetti
In relazione agli strumenti e alle azioni finalizzate a favorire una
riconfigurazione del mercato delle locazioni e alla formazione di
nuovi soggetti, si propone quanto segue.
3.5.1
Appare necessario definire un insieme di misure specifiche
per incentivare programmi e progetti di investitori privati
(nazionali ed esteri) che siano in grado di contribuire alla
costruzione di patrimoni residenziali in affitto di dimensioni
e caratteristiche tali da consentire più efficaci azioni di manutenzione, riqualificazione, riorganizzazione e valorizzazione non solo a livello del singolo edificio ma alla scala
della struttura insediativa (a livello urbanistico).(5)
(4)
Anche in questa materia non mancano esempi in altri paesi europei.
A tale proposito si rammenta che l'estrema frammentazione della proprietà immobiliare italiana in affitto costituisce uno dei vincoli più onerosi e di più difficile superamento
per l'attuazione di processi sistematici di riqualificazione urbana, di valorizzazione immobiliare.
(5)
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CNEL
3.5.2
3.5.3
3.5.4
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In sostanza si reputa necessario ricostituire un quadro di
convenienze favorevoli all'investimento privato nel settore
abitativo in locazione, in relazione al fatto che l'esiguità di
tale comparto costituisce non solo un fattore di deterioramento della qualità dell'abitare ma determina anche un pesante vincolo alla mobilità delle famiglie sul territorio e,
quindi, costituisce un freno allo sviluppo e al riequilibro socio-econo- mico del paese.
Appare altresì necessario predisporre misure specifiche per
incentivare la riaggregazione del mercato anche attraverso
misure tese a favorire e rendere conveniente il conferimento del patrimonio immobiliare residenziale a società di gestione specializzate, sia attraverso forme di affidamento
diretto in gestione, sia attraverso forme di cartolarizzazione
(incentivata fiscalmente) degli immobili.
Si propone inoltre di incentivare la "securitizzazione" del
patrimonio residenziale per captare quote dei portafogli finanziari di società e gruppi finanziari italiani ed esteri, attivando un processo che tende a favorire l'afflusso di risorse
finanziarie private nel settore, secondo meccanismi analoghi a quelli che operano in altri paesi europei.
Si propone infine di favorire la costituzione e la diffusione
dei Fondi Immobiliari Chiusi come strumento ordinario di
raccolta del risparmio e di canalizzazione di questo nel settore residenziale in affitto. A tale fine sembra opportuno avviare una riflessione sulla normativa attualmente vigente per
verificare se risulti adeguata rispetto a tale finalità o se invece non sia opportuno prevedere le opportune modifiche.
3.6 Formazione di un settore abitativo in affitto sociale alimentato
da risorse private.
In relazione alla sostanziale assenza di un settore residenziale
alimentato da risorse private e con preminenti finalità sociali, si
propone quanto segue.
3.6.1
Appare necessario definire un sistema di convenzioni quadro e di misure specifiche per incentivare l'investimento in
immobili residenziali in affitto in regime concertato a forte
valenza sociale da parte di operatori privati. A tale fine appare necessario costituire un sistema integrato di "vantaggi"
e convenienze per locatori e conduttori tale da compensare
i bassi livelli dei canoni di affitto propri di tale settore.
3.6.2
Risulta del tutto auspicabile abbandonare la strada degli interventi costituiti unicamente o prevalentemente da edifici
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3.6.3
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residenziali in affitto sociale, al fine di evitare la formazione di quartieri e insediamenti caratterizzati da forti tendenze alla segregazione urbanistica e alla marginalità sociale.
Per contro risulta auspicabile incentivare interventi misti
(in regime libero e in regime concertato) o interventi in regime concertato con diversi livelli di protezione sociale e
dunque con una composizione sociale differenziata.
In questo quadro appare auspicabile recuperare l'esperienza
e le risorse della cooperazione come modalità di intervento:
basata su risorse private;
in grado di realizzare e gestire patrimoni residenziali
in affitto di cospicue dimensioni e tale da consentire
un elevato livello di mobilità abitativa;
orientata in modo prevalente verso finalità sociali.
3.7 Misure di supporto tecnico-organizzativo
Infine, in relazione alla indubbia complessità di una transizione che comporta profonde modificazioni nei comportamenti, negli strumenti e negli obiettivi, si propone che sia
approntato uno specifico sistema di ausili di natura tecnicoorganizzativa. In particolare si propone quanto segue.
3.7.1
Riforma del CER in Direzione tecnica per l'analisi e il monitoraggio del sistema abitativo nazionale (anche in stretta
collaborazione con l'ISTAT) al fine di acquisire elementi utili sia per determinare gli impegni da assumere nel settore
abitativo in relazione alla politica dei redditi concertata tra
Governo e parti sociali, sia per svolgere in modo efficace la
funzione perequativa propria dell'Amministrazione centrale,
sia - infine - per misurare l'efficacia sociale ed economica
delle misure adottate in questo settore a livello nazionale,
regionale e locale. In questo quadro appaiono utili le seguenti misure.
Creazione, presso la Direzione tecnica indicata sopra,
di una struttura dedicata alla individuazione, sperimentazione e verifica dei modelli finanziari, organizzativi,
gestionali nel settore dell'edilizia residenziale in regime concertato, alla valutazione delle alternative più
soddisfacenti e alla diffusione di tali alternative.
In questo ambito si propone anche che sia costituita
una struttura dedicata alla raccolta e all'analisi delle
sperimentazioni regionali e locali di maggior interesse
al fine di costituire un patrimonio di esperienze disponibile per tutti i soggetti interessati.
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-
3.7.2
Analisi e monitoraggio della efficacia sociale degli attuali modelli di gestione dell'ERP ed eventuale elaborazione di modelli alternativi caratterizzati da un più
soddisfacente rapporto tra risultati conseguiti e mezzi
complessivamente impegnati.
Creazione di un organismo di sperimentazione e assistenza per l'innovazione del mercato immobiliare con
particolare riferimento a quello residenziale.
Costituzione di un Osservatorio composto da rappresentanti
degli interessi preposto a valutare il quadro abitativo nazionale, l'efficienza e l'efficacia delle misure poste in essere, a
delineare gli indirizzi per la perequazione, ad esprimere formale parere sulle misure perequative adottate. Tale organismo costituisce la sede della concertazione di livello
nazionale e sviluppa un'azione di indirizzo, controllo e valutazione nei confronti della direzione tecnica di cui sopra.
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RELAZIONE DI ACCOMPAGNAMENTO
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IL QUADRO DI RIFERIMENTO
In base ai dati ISTAT, l'incidenza media dell'affitto sul reddito in
Italia risulta pari al 12,1% (rapporto determinato da un affitto medio
di 4,3 milioni/anno rispetto ad un reddito medio delle famiglie in affitto di 35,6 milioni/anno).(6) Si tratta di un valore molto più basso di
quanto mediamente si registri negli altri Paesi dell'Unione europea
dove l'incidenza dell'affitto sul reddito oscilla attorno al 18%.(7)
Altrettanto basso risulta il rendimento lordo medio delle abitazioni primarie in locazione: 2,9%.(8)
Se si tiene conto della fiscalità immobiliare e delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria necessarie per conservare il valore del bene nel tempo (solitamente valutate intorno allo 1% annuo
del valore dell'immobile) il rendimento netto dovrebbe attestarsi su
valori inferiori allo 1% o negativi cosicché la remunerazione dell'investimento è determinata sostanzialmente dal processo di rivalutazione dell'immobile. (9)
Stando ai valori medi dell'incidenza dell'affitto sul reddito e del
rendimento, i problemi strutturali del sistema abitativo italiano (la
straordinaria esiguità dell'offerta abitativa in affitto - poco meno di 25
abitazioni ogni 100 nuclei familiari, vedi la figura 1 alla pagina seguente - e la grande rigidità del mercato, che costituisce anche un freno alla mobilità dei lavoratori sul territorio) potrebbero essere risolti
in ampia misura portando a compimento il processo di liberalizzazione dei prezzi di locazione (con un conseguente aumento degli stessi)
e intervenendo con sussidi e ausili specifici su un numero molto esiguo di nuclei familiari socialmente ed economicamente deboli.
(6)
Fonti: ISTAT, "I consumi delle famiglie. Anno 1995" e "La distribuzione quantitativa
del reddito in Italia nelle indagini sui bilanci delle famiglie. Anno 1995", 1997. Sulla materia esiste anche una rilevazione della Banca d'Italia (vedi più avanti la Scheda 1)
(7)
L'incidenza media dell'affitto sul reddito risulta pari al 25% in Svezia; al 17% in Finlandia; compresa tra il 15% e il 24% nel Regno Unito a seconda del regime; al 21% in
Francia; al 19% in Germania. CNEL, "Sistemi abitativi e social housing in Europa", RST Ricerche e Servizi per il Territorio, 1997, studio realizzato con la collaborazione dei rappresentanti delle associazioni di social housing di 12 paesi europei.
(8)
Banca d'Italia, "I bilanci delle famiglie italiane nell'anno 1995", Roma 1997.
(9)
Tale processo nell'ultimo periodo si è esaurito o, in alcune aree, ha assunto valori
negativi.
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Fig. 1
OFFERTA DI ABITAZIONI IN AFFITTO PER 100 FAMIGLIE
20
10
10
0
0
Spagna
20
Grecia
Irlanda
30
Finlandia
ITALIA
30
Belgio
40
Regno Unito
Portogallo
40
Francia
Lussemburgo
50
Svezia
50
Danimarca
Austria
60
Germania
Olanda
60
ABITAZIONI
IN AFFITTO
.
MEDIA EUROPEA
.
Elabozioni RST su fonte Eurostat e Ministeri nazionali competenti
2
PREZZI DI AFFITTO E CLASSI DI REDDITO
In realtà mai come in questo caso i dati medi forniscono una immagine del tutto elusiva della realtà.
Se infatti si depura il dato dall'offerta abitativa sociale (poco più
di 0,9 milioni di abitazioni di proprietà pubblica in affitto con finalità
sociali) e dai residui di stock residenziale in regime di equo canone e
se si disaggrega per classi di reddito emerge un andamento dell'incidenza dell'affitto sul reddito marcatamente regressivo. In sintesi, i
nuclei familiari con un reddito inferiore a 20 milioni/anno (circa 0,7
milioni di unità) registrano una incidenza media di oltre il 30%; per i
nuclei familiari con un reddito compreso tra 20 e 40 milioni anno
(circa 1,2 milioni) l'incidenza scende al 22%, per i rimanenti nuclei
familiari (1,8 milioni di unità) l'incidenza si attesta attorno al 10%; si
veda la figura 2 alla pagina seguente. (10)
Per una illustrazione più dettagliata della materia si rimanda alla
Scheda 1, "Prezzi e redditi nel mercato delle locazioni".
(10)
Fonte: CNEL, "Sistema abitativo e social housing in Europa", RST - Ricerche e Servizi
per il Territorio, 1997. I dati sono riferiti alle famiglie in affitto nel settore profit, che risultano essere 3,7 milioni. Nel complesso le famiglie in affitto, nel 1995, erano pari a 4,6 milioni.
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Fig. 2
AFFITTO / REDDITO
INCIDENZA DELL'AFFITTO SUL REDDITO PER CLASSI DI REDDITO
40%
40%
36%
36%
32%
32%
28%
28%
24%
24%
20%
20%
16%
16%
12%
12%
8%
8%
4%
4%
0%
< di 15 15 - 20 20 - 25 25 - 30 30 - 35 35 - 40 40 - 50 50 - 60 > di 60
CLASSI DI REDDITO
0%
Adottando gli stessi criteri di disaggregazione, la spesa complessiva per l'abitazione primaria delle famiglie che non godono di
un'abitazione pubblica sono valutabili intorno al 40% del reddito per
i nuclei familiari con meno di 20 milioni di reddito annuo e intorno
al 32% per in nuclei familiari con un reddito annuo compreso tra 20
milioni e 40 milioni. (11)
L'analisi dell'incidenza sul reddito dell'affitto (e della spesa per
abitare) suddivisa per classi di reddito consente di comprendere meglio come mai il 48,6% delle famiglie italiane indichi come problema
prioritario l'elevata spesa per l'abitazione mentre solo il 14,3% indica
come problema le dimensioni dell'abitazione, il 17,0% l'eccessiva distanza da altri familiari, il 6,6% le cattive condizioni qualitative. (12)
Ovviamente i costi dell'abitare per i nuclei familiari assegnatari
di un'abitazione pubblica con finalità sociali risultano molto più bassi. In questo caso infatti i nuclei familiari con un reddito inferiore a
20 milioni presentano un'incidenza media dell'affitto valutabile intorno al 7% (meno di 1/4 del valore registrato per i nuclei di pari reddito nel settore profit) e una spesa complessiva per l'abitare inferiore al
18%; per i redditi compresi tra 20 e 40 milioni/anno l'incidenza dell'affitto si attesta attorno al 5% (meno di 1/6 del valore registrato per
(11)
(12)
Elaborazioni RST su dati ISTAT, "La distribuzione dei redditi ..", cit.
ISTAT, "Famigli, abitazioni, servizi di pubblica utilità", 1996; dati riferiti al 1994.
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i nuclei familiari di pari reddito nel settore profit) e la spesa complessiva per l'abitare intorno al 16%.
Si evidenzia dunque una netta disparità di trattamento dovuta
ad un fenomeno di "sovratutela" che riguarda solo una parte (e non
la maggiore) dei nuclei familiari economicamente e socialmente deboli e lascia "scoperta" una quota rilevante di nuclei che presentano
caratteristiche economiche analoghe, si veda la Figura 3. (13)
Fig. 3
AFFITTO / REDDITO
COMPARTO DELLE ABITAZIONI PRIMARIE IN AFFITTO
CONFRONTO TRA SETTORE SOCIALE E SETTORE PROFIT
40%
36%
32%
28%
24%
20%
16%
12%
8%
4%
0%
SETTORE
PROFIT
SETTORE
SOCIALE
< di 20
20 - 40
CLASSI DI REDDITO
> 40
Ciò è dovuto a numerosi e ben noti fattori - uno dei più importanti è l'infimo tasso di ricambio dei nuclei familiari nel patrimonio
residenziale pubblico - che non illustriamo per brevità. Su questo tema tuttavia ritorneremo più avanti. Ci preme invece segnalare che,
nelle condizioni schematicamente descritte, un incremento dei canoni può essere assorbito senza traumi dai redditi più elevati (o dalle famiglie in abitazioni sociali) ma determinerebbe condizioni di
oggettiva e grave difficoltà per circa 2 milioni di nuclei familiari che
dispongono di un reddito inferiore a 40 milioni/anno.
(13)
Questa condizione di "sovratutela" viene evidenziata anche dal confronto con altri
paesi europei, come è illustrato più avanti nel paragrafo 5, La riorganizzazione dei modelli
gestionali del patrimonio residenziale pubblico.
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3
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LA DISPONIBILITÀ DI ABITAZIONI IN AFFITTO SOCIALE
Il problema è reso più grave dal fatto che in Italia l'offerta abitativa sociale (lo stock abitativo degli IACP e lo stock residenziale con
finalità sociali di Comuni, Provincie, Regioni, Stato) è straordinariamente bassa (circa 5 abitazioni per 100 famiglie contro una media
europea tre volte superiore - 16 abitazioni per 100 famiglie - e picchi
di oltre 25 abitazioni sociali in affitto per 100 famiglie) al punto da
costituire (assieme a Grecia, Spagna, Portogallo, Belgio e Lussemburgo) una macroscopica anomalia rispetto al panorama europeo (si veda la figura 4).
Fig. 4
ABITAZIONI SOCIALI IN AFFITTO PER 100 FAMIGLIE
40
40
.
Grecia
0
Lussemburgo
0
Spagna
5
Portogallo
5
ITALIA
10
Belgio
10
Irlanda
15
Finlandia
20
15
Germania
20
Francia
25
Austria
25
Danimarca
30
Svezia
30
Regno Unito
ABITAZIONI IN
35 IN AFFITTO SOCIALE
Olanda
35
.
MEDIA EUROPEA
Elabozioni RST su fonte Eurostat e Ministeri nazionali competenti
Nel nostro paese dunque la protezione sociale offerta ai nuclei
familiari economicamente e socialmente deboli nel settore abitativo
risulta decisamente carente e comunque non confrontabile con quella
esistente nei paesi europei con analogo livello di sviluppo e ricchezza.
Il problema a questo punto manifesta aspetti ben più complessi
di quanto non venga solitamente indicato. Non si tratta soltanto (e soprattutto) di un mercato depresso a causa di una normativa che penalizza rendimenti e investitori, determinando da un lato la fuoriuscita
di questi e dall'altro una estrema rigidità del mercato stesso, come è
stato spesso affermato.
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Si tratta piuttosto di un mercato con una struttura di prezzi (e di
beni) marcatamente sbilanciata e poco coerente con la struttura dei
redditi e dei bisogni abitativi ma, soprattutto, si tratta di un sistema
abitativo con una struttura di "tutele" del tutto insufficiente (o, se si
preferisce, con un livello di tutela che, per estensione, si colloca tra il
15% e il 30% di quello mediamente presente nella maggior parte dei
paesi dell'Unione europea); ciò implica che il mercato delle abitazioni primarie italiano è particolarmente esposto a gravi tensioni sociali.
Per affrontare questo tipo di problemi non è sufficiente consentire una libera evoluzione dei prezzi di affitto e dei contratti di locazione (condizione questa che peraltro in termini assoluti esiste in
pochissimi paesi della Unione europea) ma occorre intervenire su tre
piani distinti.
4
IL SOSTEGNO DIRETTO ALLE FAMIGLIE IN AFFITTO
Il piano prioritario su cui intervenire, quello che richiede le azioni più urgenti, è costituito dal comparto di famiglie a basso reddito in
affitto nel settore profit.
Nelle condizioni attuali la spesa per abitare incide talmente sul
bilancio dei redditi bassi e medio-bassi da diventare un fattore di generazione di condizioni di povertà. In questo quadro sembra opportuno definire anzitutto una soglia al di sopra della quale la
collettività interviene per rendere sopportabile l'affitto.
Si tratta di un tipo di provvedimento attuato in molti paesi europei, che si basa sulla determinazione di un vettore soglia ad andamento più o meno marcatamente progressivo in modo da
salvaguardare alcuni consumi primari (come il vitto o i trasporti) che
presentano una bassa proporzionalità rispetto al livello di reddito.
Nel nostro caso - in linea del tutto ipotetica - si potrebbe definire
un vettore che passa da una incidenza massima del 12% per i redditi
più bassi (valore pari all'incidenza media complessiva dell'affitto sul
reddito e che deve essere considerato già elevato per redditi inferiori
a 15 milioni anno) per arrivare a soglie di incidenze sempre più elevate all'aumentare del reddito, fino a non determinare alcun vincolo
per i redditi più elevati (figura 5).
(14)
Tra i paesi che utilizzano questo tipo di strumento in modo più sistematico ricordiamo la Germania, la Francia, il Regno Unito, l'Olanda; si veda la Scheda 2.
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Fig. 5
CONFIGURAZIONI IN ATTO E SOGLIA OBIETTIVO - SETTORE PROFIT
45%
40%
INCIDENZA AFFITTO SU REDDITO
35%
30%
ISTAT 95
25%
ISTAT 2001
20%
RIFERIM
15%
SOGLIA OBIETTIVO
10%
5%
0%
-5%
< di 15
15 - 20
20 - 25
25 - 30
30 - 35
35 - 40
40 - 50
50 - 60
> di 60
CLASSI DI REDDITO
I modelli classici di intervento sociale nel settore presuppongono
che in tutti i casi in cui l'incidenza dell'affitto sul reddito superi tale
soglia vi sia l'erogazione di un sussidio alle famiglie a copertura totale o parziale della differenza. Questo strumento viene applicato sia al
settore profit, sia - in alcuni casi - al settore sociale. In alcuni paesi
infatti gli organismi che devono assicurare le abitazioni in affitto a
basso canone sono tenuti al pareggio di bilancio e conseguentemente
devono definire canoni coerenti con i costi, i mutui, etc. Se in tali
condizioni i canoni superano la soglia di incidenza massima interviene - in aggiunta - lo strumento del sussidio alle famiglie.
Chiedere affitti relativamente elevati e intervenire successivamente per assumere l'onere di una quota di questi (quando l'incidenza dell'affitto sul reddito supera la soglia di sostenibilità) può
sembrare un meccanismo inutilmente complesso. In realtà consente
di operare con grande trasparenza, distinguendo con rigore l'efficienza economica dall'efficacia sociale e, soprattutto, consente di monitorare e di migliorare progressivamente l'efficienza economica e
l'efficacia sociale della spesa pubblica.
In generale il sussidio alle famiglie da luogo ad una spesa pubblica di notevole consistenza, anche in paesi con una dotazione di
edilizia residenziale sociale in affitto estremamente più ampia della
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nostra (Olanda, Regno Unito e Germania) come viene indicato nella
tabella seguente. (15)
Tab. 1
NUMERO DI SUSSIDI (Milioni)
QUOTA SU FAMIGLIE ESISTENTI
QUOTA SU FAMIGLIE IN AFFITTO
SPESA COMPLESSIVA (Miliardi di Lire It)
SPESA PROCAPITE (Lire x 1.000)
VALORE MEDIO DEL SUSSIDIO (Lire/mese)
GERMANIA (1)
OLANDA (2)
UK (3)
3,80
10,8%
18,8%
6.500
80
145.000
0,90
14,7%
31,3%
2.000
140
191.000
4,50
20,0%
58,4%
22.000
390
416.000 (4)
(4) I sussidi vengono erogati anche (si potrebbe dire specialmente) alle famiglie nel settore sociale. Le politiche di "social housing" intraprese negli anni passati hanno infatti puntato su un deciso aumento dei canoni di
locazione per risanare i bilanci delle Associazioni abitative e delle Autorità locali ma sono state costrette, subito
dopo, a predisporre un ampio piano di sussidi per evitare lo sfratto per morosità di quote sempre più ampie di
famiglie in affitto. In relazione all'andamento della disoccupazione e del reddito delle famiglie la spesa per sussidi nel Regno Unito ha raggiunto nel giro di pochi anni valori del tutto eccezionali.
L'analisi della situazione italiana (e l'applicazione del vettore di
soglia massima definito in linea ipotetica) ci porta a valutare che, a
regime, la spesa necessaria per non superare in nessun caso il vettore
di soglia massima di incidenza dell'affitto sul reddito nelle attuali
condizioni dovrebbe oscillare tra i 1.500 e i 3.000 miliardi/anno a seconda dell'estensione e dell'intensità della tutela. (16)
Apparentemente siamo di fronte ad una spesa che il nostro paese
in questo momento non può sostenere. In realtà esiste la possibilità almeno sul piano tecnico - di far fronte a gran parte di tale spesa attraverso la riorganizzazione del mercato e dei modelli di gestione del
patrimonio abitativo e, soprattutto, attraverso un più efficace uso dello stesso.
(15)
Si veda anche la Scheda 2, Il sostegno al reddito delle famiglie in affitto in tre paesi
europei.
(16)
Ovviamente si tratta di valori puramente indicativi, che dipendono da scelte riguardanti la configurazione del vettore di soglia massima, la misura dell'intervento (a totale o
parziale compensazione), le modalità di applicazione, etc.
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MODELLI GESTIONALI DEL PATRIMONIO RESIDENZIALE PUBBLICO
Il secondo piano di intervento riguarda lo stock di edilizia residenziale sociale in affitto. Questo è costituito da poco più di 0,9 milioni di abitazioni, con un affitto medio pari a 116.000 Lire/mese e un
ricavo lordo teorico valutabile intorno a 1.300 miliardi/anno.
In questo comparto gli affitti risultano estremamente bassi sia rispetto ai livelli di affitto sociale presenti in altri paesi europei, sia rispetto al settore profit del nostro paese. In un recente studio svolto
dal coordinatore tecnico dell'ANIACAP (oggi Federcasa-ANIACAP)
l'affitto medio unitario (Lire/mq) delle abitazioni sociali del nostro
paese è stato confrontato con quello della Spagna, risultando inferiore
dello 85%, con quello della Francia, risultando inferiore del 86%,
con quello dell'Olanda, risultando inferiore dello 82%. (17)
In altri termini l'affitto sociale in Italia risulterebbe mediamente
pari a circa il 15% di quello praticato in altri tre paesi europei, con
rendimenti inferiori allo 1%. (18)
Appare del tutto evidente che in queste condizioni una qualsivoglia politica di risanamento dei bilanci risulta estremamente difficile.
Ma soprattutto, qualunque programma sistematico di manutenzione,
riqualificazione, valorizzazione del patrimonio immobiliare e delle
strutture insediative è costretto - salvo rari casi - a basarsi su trasferimenti pubblici.
Qualora si passasse da questa situazione ad una condizione meno difforme da quanto accade nel resto dei paesi europei (senza dover necessariamente arrivare ai livelli di affitto sociale praticati nei
maggiori paesi europei) applicando al settore pubblico tutele analoghe a quelle indicate nel precedente paragrafo per le altre famiglie
socialmente ed economicamente deboli (definizione di un vettore di
soglia di incidenza massima dell'affitto sul reddito e dalla erogazione
di sussidi alle famiglie che superano tale soglia) si otterrebbe:
a)
una condizione di maggiore equità e cioè un pari livello di tutela a parità di condizioni socio-economiche;
(17)
"Politiche della casa in Europa. Il settore sociale", Anna Pozzo, Coordinatore tecnico
dell'ANIACAP, 1995. Dati riferiti al 1993. Si nota che alla data del 1993 l'affitto medio del
settore sociale risultava pari a circa 88.000 Lire/mese; nel 1995 tale valore era salito a
116.000 Lire/mese.
(18)
Stando ai dati dello studio sopra citato, l'affitto medio di un'abitazione sociale, per
attestarsi su valori "europei", dovrebbe superare le 500.000 Lire/mese. Si tratta di un valore
certamente elevato ma occorre ricordare quanto notato a proposito dell'erogazione dei
sussidi diretti alle famiglie a basso reddito anche nel comparto delle abitazioni sociali in affitto.
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b)
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un maggior ricavo da affitti del comparto dell'edilizia residenziale pubblica con finalità sociali che potrebbe essere impiegato
sia per realizzare una più intensa attività di manutenzione, riqualificazione e valorizzazione dello stock abitativo pubblico,
sia per coprire parte della spesa necessaria per erogare sussidi
diretti alle famiglie in affitto socialmente ed economicamente
deboli che, a causa del basso tasso di ricambio esistente nel settore, restano escluse dai benefici dell'edilizia residenziale sociale.
Occorre infatti notare che, anche a motivo della rigidità e della
limitatezza del mercato dell'affitto, il tasso di ricambio dei nuclei familiari assegnatari di abitazioni in affitto sociale è estremamente basso. Ciò ha determinato la permanenza nello stock delle abitazioni in
affitto sociale di quote molto ampie di nuclei familiari con redditi superiori a 40 milioni/anno che potrebbero accedere al mercato profit.
La permanenza nel patrimonio residenziale sociale degli assegnatari
con reddito superiore a 40 milioni/anno preclude di fatto l'accesso alle abitazioni in affitto sociale ad una pari quota di nuclei familiari
con reddito inferiore a 40 milioni/anno, che è costretta ad accedere al
mercato con oneri pesantissimi e progressivamente crescenti.
A questo proposito occorre segnalare che, al di la degli aspetti
normativo-formali riguardanti i livelli di decadenza degli assegnatari
di una abitazione pubblica in affitto sociale - questione sulla quale
torneremo immediatamente - tale situazione configura una condizione di "permanenza protratta" che riduce radicalmente l'efficacia sociale del comparto delle abitazioni pubbliche in affitto sociale.
In altri termini, nel comparto delle abitazioni pubbliche esistono
condizioni di "sovratutela" (19) e di "permanenza protratta" che, se rimosse, potrebbero consentire di estendere la tutela abitativa alla massima parte dei nuclei familiari che ne hanno effettivamente bisogno e
di assicurare condizioni di maggiore equità, senza ampliare proporzionalmente la spesa pubblica di settore. (20)
In sostanza dunque il nostro paese presenta uno stock abitativo
in affitto decisamente limitato e uno stock di abitazioni sociali di
(19)
Altri indicano questa condizione in termini di "privilegio relativo".
Su entrambe le condizioni mancano misurazioni sistematiche e accurate. La carenza di conoscenze certe è caratteristica del settore ma sembra di poter dire in questo caso il
livello di conoscenza è particolarmente basso al punto che per analizzare sia pure in
modo approssimativo gli aspetti trattati nel testo occorre utilizzare complessi modelli di
analisi sui redditi e sui consumi abitativi e informazioni puntuali del tutto parziali. É poco
più che superfluo notare che un uso più efficiente di questa importante risorse pubblica
presuppone, in via prioritaria, un netto miglioramento delle conoscenze.
(20)
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dimensioni drammaticamente esigue ma, soprattutto, è caratterizzato
da un assetto profondamente disequilibrato non solo nel settore profit
ma anche per quel che riguarda il rapporto tra settore profit e settore
sociale. Un intervento deciso di riconfigurazione complessiva del sistema abitativo (svolto sia attraverso interventi normativi, sia attraverso un'azione diretta di redistribuzione e perequazione) consentirebbe
da un lato di eliminare differenze di trattamento difficilmente giustificabili e dall'altro di ridurre radicalmente i casi di reale sofferenza
abitativa.
Il punto che qui si intende affrontare non consiste dunque in
"quanto" e "come" ridurre il sistema di tutele sociali nel settore abitativo ma se vi sia la possibilità di ampliare il sistema di protezione sociale attraverso una più efficace gestione delle risorse esistenti, in
questo caso un patrimonio residenziale di poco meno di un milione
di unità con un valore che possiamo grossolanamente stimare, alle
condizioni attuali, in circa 140.000 miliardi e un rendimento lordo
valutabile come inferiore allo 1%. (21) A tale proposito si evidenziano
due nodi fondamentali.
Rimozione delle condizioni di sovratutela
Per quanto riguarda le condizioni di sovratutela il nodo da risolvere sta nella capacità di superare la netta separazione tra il livello di
tutela fornito alle famiglie in abitazioni pubbliche ad affitto sociale
(estremamente elevato) e livello di tutela fornito alle famiglie di analoghe condizioni nel settore profit (fino a qualche anno addietro protette dall'equo canone, oggi - e ancora di più nel prossimo futuro prive di alcune protezione).
In questa logica sembra auspicabile adottare criteri e sistemi meno sbilanciati (e comuni alla maggior parte dei paesi europei) dove
l'intensità e l'estensione delle tutele è commisurata alle condizioni
socioeconomiche di tutti i nuclei familiari e non solo alle condizioni
di quelli che hanno avuto la possibilità - magari quindici anni addietro - di accedere ad un'abitazione pubblica in affitto sociale.
Rimozione delle condizioni di permanenza protratta
Per quanto riguarda la prolungata permanenza nel patrimonio residenziale in affitto sociale di nuclei familiari con condizioni socio-economiche intermedie, appare necessario ridurre con decisione le
soglie di reddito della decadenza dai diritti a godere di un'abitazione
(21)
Valore riferito alla somma dei valori dei singoli immobili liberi e in assenza di vincoli. Altri indicano cifre sensibilmente inferiori ma la nostra sensazione è che tali stime siano
fortemente influenzate dagli attuali tassi di rendimento, che non sono espressione del valore dell'immobile ma, più banalmente, della tariffa che viene applicata in base alle norme
vigenti.
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pubblica in affitto sociale in funzione del rapporto tra abitazioni disponibili e distribuzione dei nuclei familiari nelle diverse fasce di
reddito. Più esplicitamente sembra ragionevole, e socialmente necessario, ipotizzare che laddove esistono circa 700.000 nuclei familiari
con un reddito inferiore a 20 milioni/anno e circa 2 milioni di nuclei
familiari con un reddito netto annuo inferiore a 40 milioni, i limiti di
reddito per accedere e rimanere nel patrimonio residenziale pubblico
con finalità sociali (meno di un milione di unità) tengano rigorosamente conto di tale condizione, al fine di riservare le relativamente
poche abitazioni in affitto sociale unicamente alle famiglie che ne
hanno più bisogno.
Affinché tale intervento abbia effetti apprezzabili occorre inoltre
prevedere meccanismi e strumenti tesi a incentivare il rilascio delle
abitazioni occupate dai nuclei familiari che hanno raggiunto condizioni socio-economiche che li pongono all'esterno dell'area di tutela
pubblica. A questo scopo esiste una gamma piuttosto articolata di
strumenti adottati in altri paesi europei ai quali è possibile fare riferimento.
Nella situazione italiana - caratterizzata da una offerta abitativa
in affitto bassa e da un mercato molto rigido e, dunque, da una oggettiva difficoltà ad assicurare un elevato tasso di ricambio tra nuclei in
decadenza e nuclei socialmente o economicamente deboli - sembra
utilmente adottabile un significativo incremento degli affitti dei nuclei familiari in decadenza:
sia per incentivarne la mobilità;
sia per aumentare il gettito degli affitto e determinare così disponibilità impegnabili sul fronte della riqualificazione o su quello
dell'assistenza diretta ai nuclei familiari che, pur avendo il diritto di accedere ad un'abitazione pubblica a canone sociale non
possono godere di questa tutela perché tali abitazioni sono occupate da famiglie in condizioni socio-economiche più favorevoli.
Naturalmente provvedimenti di questo genere possono essere attuati solo in modo graduale al fine di evitare tensioni e impatti sociali
negativi, ma non v'è dubbio che procedendo lungo questa direzione
il nostro paese accorcerebbe significativamente uno dei più rilevanti
divari che distinguono il nostro sistema abitativo da quello della maggior parte dei paesi europei. (22)
Nelle direzioni sopra indicate il centro del problema si sposta
dunque dalla disponibilità di risorse per la produzione di nuove
(22)
Ad esclusione della Grecia e, per alcuni aspetti, della Spagna.
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abitazioni in affitto sociale all'impiego socialmente ed economicamente efficace di un patrimonio residenziale di proprietà pubblica
che presenta una "resa" nettamente migliorabile sia sotto il profilo
economico sia sotto quello sociale.
La questione dell'incremento dell'offerta abitativa in affitto sociale conserva ovviamente tutta la sua importanza ma il punto che riteniamo di dover segnalare è che allo stato attuale un piccolo
miglioramento nei livelli di efficienza economica e sociale dei modelli di gestione del patrimonio residenziale pubblico in affitto possono determinare effetti positivi ben più ampi di quelli conseguibili con
uno straordinario incremento dello stock di abitazioni.
6
LA RICONFIGURAZIONE DEL MERCATO
Resta da trattare il tema più importante: quello dell'orientamento
del mercato in generale. In Italia lo stock abitativo in locazione risulta in massima parte di proprietà dei nuclei familiari (3,1 milioni di
abitazioni, pari al 68% del totale) mentre lo stock abitativo in affitto
del comparto profit di proprietà di enti e società (pubbliche o private)
è costituito da circa 0,6 milioni di unità (il 12% del totale), cfr. figura
6. (23)
Fig. 6
COMPOSIZIONE DEL MERCATO DELLE ABITAZIONI IN AFFITTO
PROFIT / FAMIGLIE
67,4%
SOCIALE
19,6%
PROFIT/ENTI-SOCIETA'
13,0%
Se confrontiamo la configurazione del nostro mercato abitativo
con quella di altri paesi europei si rilevano due profonde differenze:
a)
manca una consistente presenza di grandi investitori (istituzionali e non) nel settore profit;
(23)
La quota residua (poco più di 0,9 milioni di unità, pari al 20% del totale) è costituito
dallo stock di proprietà pubblica in affitto a fini sociali.
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b)
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manca una componente non profit privata (componente alla quale in molti paesi europei viene affidata gran parte della tutela dei
nuclei familiari economicamente e socialmente deboli in affitto).
Entrambi questi caratteri costituiscono un fattore di notevole debolezza del nostro sistema abitativo.
Per quanto riguarda il primo punto (la bassa incidenza di grandi
investitori nel settore profit delle abitazioni in affitto) si nota che
"l'operatore famiglia" costituisce un investitore con caratteristiche del
tutto peculiari: in Italia, come negli altri Paesi, opera sulla base di criteri di risparmio o di rendimento a breve, ha una capacità minima di
sviluppare azioni di valorizzazione immobiliare, costituisce un fattore
di oggettivo irrigidimento del mercato. (24)
Inoltre in Italia come negli altri paesi l'attesa di rendimento delle
famiglie è decisamente elevata mentre è del tutto insufficiente la capacità di programmare interventi di manutenzione efficaci e tali da
conservare nel tempo il valore e la funzionalità dell'abitazione e
sfruttare nel migliore dei modi le possibilità di rivalutazione del bene.
(25)
D'altro lato anche i grandi investitori privati italiani mostrano la
tendenza ad allinearsi su comportamenti non particolarmente evoluti,
caratterizzati da attese di rendimento molto elevate basate sostanzialmente sui ricavi assicurati dagli affitti o su processi "spontanei" di rivalutazione degli immobili., da forme di gestione affatto elementari.
I grandi operatori immobiliari europei indicano queste forme di
gestione con il termine di "conduzione" distinguendo tra amministrazione corrente (conduzione) e governo/valorizzazione di un portafoglio immobiliare (gestione vera e propria). In un recente seminario
internazionale tenutosi a Milano, una delle maggiori società di intermediazione immobiliare (la Insignia) ha indicato soglie di rendimento
(24)
In diversi Comuni (Roma, Venezia, Cesena) sono stati fatti alcuni coraggiosi tentativi
di costituire agenzie o società per la gestione in comune del patrimonio residenziale dei
piccoli proprietari ma i risultati sono stati sostanzialmente deludenti o del tutto marginali.
(25)
A proposito delle attese di rendimento dei piccoli proprietari si nota che nel Regno
Unito, in Olanda e in molti altri paesi il comparto delle abitazioni in affitto della piccola è
quello che presenta i rendimenti da affitto più elevati e si colloca nelle fasce più inerti e sicure del mercato. Per quanto concerne invece la capacità di intraprendere interventi tesi a
riqualificare e valorizzare l'immobile occorre ricordare che la bassa capacità espressa di
piccoli proprietari è connessa al fatto che il livello di intervento più agevolmente praticabile è quello della singola unità abitativa e non, come sarebbe auspicabile, quello dell'intero
immobile.
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minime per i ricavi da affitti pari a circa il 60% di quelle indicate dagli operatori italiani presenti, segnalando come la quota maggiore del
rendimento venisse captata attraverso operazioni di valorizzazione e
gestione del portafoglio di immobili. Valori analoghi sono stati indicati da altri rappresentanti di società finanziarie e immobiliari straniere. (26)
Ciò che più conta, queste stesse società hanno manifestato il vivo interesse ad entrare nel mercato italiano a patto che fossero disponibili informazioni chiare e certe sullo stock immobiliare e che le
procedure di acquisto risultassero altrettanto chiare e certe.
Si evidenzia così un quadro nuovo e di grande interesse per il
mercato abitativo italiano che, sia a causa delle mutate condizioni
economiche (con particolare riferimento al diverso saggio di rendimento dei titoli di stato), sia a causa della progressiva liberalizzazione dei contratti di locazione, diventa un potenziale campo di
investimento per soggetti che si dichiarano in grado di operare sulla
base di saggi di rendimento più compatibili con la struttura dei redditi esistente nel nostro paese. (27)
Si manifesta così la possibilità di rilanciare un mercato delle abitazioni in affitto basato non più soltanto sul risparmio delle famiglie
(o su operazioni a carattere fortemente speculativo tese a massimizzare l'incameramento della rendita fondiaria e a frazionare subito dopo
la proprietà immobiliare trasferendola sulle singole famiglie per uso
proprio o per risparmio o rendita) ma anche su una gestione evoluta
di portafogli immobiliari di una certa consistenza (la soglia solitamente indicata come minima si aggira sui 300 miliardi). A questo
proposito il nodo da risolvere è costituito dalla capacità di "cartolarizzare" (28) il mercato immobiliare attraverso la mediazione di grandi
promotori finanziari.
La
presenza
nel
mercato
di
società
evolute
di
promozione/gestione immobiliare costituisce anche il presupposto
per superare il secondo limite indicato sopra: la mancanza in Italia di
un settore privato non profit, in grado di realizzare un'offerta
abitativa in affitto a basso costo. (29)
(26)
Tra le società straniere che hanno indicato saggi minimi di rendimento decisamente
bassi rispetto alle attese medie del mercato italiano segnaliamo la Longitude Capital, la
Bankerss Trust Company; la Chairman Crown North Corp. Valori analoghi sono stati indicati in altra occasione dalla Deutsche Bank, per i Fondi Immobiliari Chiusi.
(27)
O con la struttura dei redditi esistente in Germania, nel Regno Unito, in Francia, etc.
(28)
Si tratta indubbiamente di un pessimo neologismo ma le alternative che vengono
utilizzate ("securitizzazione" e "finanziarizzazzione") non sono da meno.
(29)
Il presupposto strutturale di una politica di sostegno delle famiglie deboli che faccia
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Si nota infatti che nella maggior parte dei paesi europei l'offerta
abitativa sociale in affitto è realizzata e gestita in ampia misura dal
settore privato, sia da investitori istituzionali (fondi pensioni, assicurazioni sanitarie, etc.), sia da imprese e gruppi finanziari che investono liberamente nel comparto immobiliare per differenziare il proprio
portafoglio finanziario, attraverso strumenti di "cartolarizzazione" tra
i quali sono da evidenziare i fondi immobiliari.
La condizione necessaria per favorire il manifestarsi di un'offerta
privata non profit sta naturalmente nella capacità di assicurare vantaggi di natura fiscale e/o di assicurare finanziamenti compensativi
dei minori ricavi determinati dalla riduzione del prezzi di affitto.
L'aspetto di assoluto rilievo di questi meccanismi di "compensazione"
consiste nel fatto che nella maggior parte dei paesi europei lo Stato
interviene nel settore dell'edilizia residenziale sociale in affitto assumendo solo quote molto ridotte del costo di realizzazione o di acquisizione degli alloggi e avendo in cambio la disponibilità di quote più
o meno ampie degli alloggi realizzati, ad affitti ridotti, per un numero
variabile di anni.
E ci sembra anche importante segnalare che in alcuni paesi, in
alcune regioni, la scelta di acquisire la disponibilità di una quota ridotta degli alloggi realizzati (o disponibili) in una certa struttura insediativa risponde alla specifica esigenza di evitare la formazione di
quartieri segregati dove il tratto sociale comune è la debolezza o la
marginalità o la disoccupazione - sottooccupazione dei nuclei familiari residenti. Questa condizione di marginalizzazione si verifica invece con una certa sistematicità nel nostro paese in tutti i casi in cui
vengono realizzate strutture insediative interamente dedicate a queste
fasce sociali.
Infine, occorre notare che un intervento pubblico centrato sull'acquisizione pro tempore della disponibilità di alloggi in affitto sociale per i nuclei familiari socialmente ed economicamente deboli
costituisce una oggettiva limitazione al fenomeno della permanenza
protratta indicato nel precedente paragrafo. Infatti l'amministrazione
pubblica in questo caso può graduare con molta più flessibilità il sostegno o decidere di non rinnovarlo laddove vengano a mancare i requisiti per il sostegno pubblico.
perno sul settore privato non profit è che i rendimenti di partenza (quelli del settore profit)
debbono essere già attestati su valori mediamente più contenuti di quelli registrati in generale nel nostro paese.
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In questo modo gran parte dei problemi connessi alla mobilità
dei nuclei familiari, al basso tasso di ricambio, alla difficoltà di graduare l'intensità e la durata del sostegno vengono a cadere. (30)
Ovviamente non si può parlare di un modello unitario al quale
ispirarsi ma non v'è dubbio che la struttura di base comune alle politiche di sostegno delle famiglie più deboli adottate nella maggior parte dei paesi europei consente di non impegnare grandi somme e di
assicurare un avvicendamento dell'utenza molto più rapido di quanto
non si verifichi nel nostro paese.
I risultati, almeno in termini di estensione delle tutele abitative
sono, a nostro avviso, del tutto evidenti: l'offerta abitativa sociale in
Europa risulta mediamente 3 volte più ampia di quella italiana ma in
diversi paesi la disponibilità relativa di abitazioni con affitto sociale
risulta da quattro a cinque volte più ampia di quella esistente in Italia. (31)
7
CONCLUSIONI
In questo contesto appare necessario intervenire in modo coordinato con diversi sistemi di strumenti per governare e orientare un processo di liberalizzazione controllata del mercato e cioè una
transizione graduale verso una configurazione meno rigida e frantumata, con una distribuzione dell'incidenza dell'affitto sul reddito meno disequilibrata - e soprattutto meno penalizzante per i redditi più
bassi - con livelli medi di rendimento allineati sui valori tendenzialmente presenti in altri paesi europei, con un sistema di prezzi determinati dalla concertazione tra le parti piuttosto che da un insieme di
regole e parametri rigidamente predeterminato e sistematicamente
trasgredito (32), con un sistema di tutele sociali di base tale da evitare
impatti sociali inaccettabili.
Per consentire la transizione del mercato abitativo verso la configurazione indicata sopra è necessario predisporre anzitutto un solido
sistema di sostegni alle famiglie in affitto a basso reddito in modo da
(30)
Il caso di più sistematica applicazione di questo tipo di sostegno è costituito dalla
Germania. In questo paese lo stock di proprietà pubblica è decisamente esiguo (e in gran
parte è localizzato nei nuovi lander - che formavano la ex DDR) ma lo Stato amministra
circa 6 milioni di alloggi attraverso un articolato sistema di convenzioni con Associazioni
abitative non profit.
(31)
Mancano i dati per verificare la produttività sociale della spesa (e cioè - in termini
rozzamente schematici - il costo alla collettività per ogni famiglia tutelata) e l'efficacia sociale (e cioè il livello di tutela offerto alle diverse tipologie di nuclei familiari).
(32)
Si veda quanto riportato nel § 7 della Scheda 3
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determinare da un lato un'evoluzione dei prezzi tale da ricostituire
margini adeguati di rendimento e dall'altro incidenze degli affitti sul
reddito sopportabili anche dai reddito più bassi. Sotto questo profilo
appare evidente che in alcune fasce reddituali il problema non si pone in termini di individuazione degli incrementi di affitto sostenibili
ma in termini di riduzione dell'onerosità necessaria per allineare l'incidenza dell'affitto sul reddito a standard socialmente accettabili (e
comunemente adottati nella maggior parte dei paesi europei con un
sistema di protezione sociale simile a quello italiano).
In questa logica il sostegno al reddito viene dunque visto non
tanto come strumento di assistenza e protezione sociale quanto come
azione di natura macroeconomica finalizzata a rendere socialmente
ed economicamente realizzabile il processo di riconfigurazione complessiva del mercato. A questo proposito occorre notare che tanto più
efficace sarà il sistema di sostegni alle famiglie a basso reddito tanto
più rapida e completa potrà essere la transizione verso la nuova configurazione del mercato. In questo ambito vengono individuate due
azioni fondamentali:
la determinazione di un sistema di sussidi diretti alle famiglie in
affitto a basso reddito;
la riorganizzazione dei modelli di gestione del patrimonio residenziale pubblico con finalità sociali.
Il piano fondamentale di intervento è tuttavia costituito dalla
messa a punto di un sistema di strumenti e di azioni in grado di favorire una innovazione strutturale del mercato e la formazione di nuovi soggetti che operino nel mercato delle abitazioni primarie in
affitto.
La predisposizione di un efficace sistema di sostegni alle famiglie a basso reddito costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per la transizione verso la nuova configurazione di mercato.
Per realizzare concretamente tale transizione occorre anche che si verifichi un ricompattamento del mercato, che si formino soggetti in
grado di realizzare forme di gestione evoluta, che vengano creati condizioni e canali di investimento in grado di intercettare - come accade in altri paesi europei - grandi risorse finanziarie, sia direttamente,
sia attraverso forme di "finanziarizzazione" dei patrimoni immobiliari.
Occorre infine che venga favorito un processo di formazione di
strutture in grado di realizzare una gestione evoluta di grandi patrimoni immobiliari e cioè di saldare organicamente processi di riqualificazione e processi di valorizzazione immobiliare.
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In sostanza si tratta di creare regole, indirizzi e sostegni concreti
per un processo di innovazione del mercato immobiliare che consenta di recuperare il notevole divario che separa il nostro paese dalla
maggior parte dei paesi europei, di migliorare l'efficienza economica,
di creare i presupposti organizzativi, imprenditoriali, professionali:
per invertire la tendenza alla contrazione del comparto del mercato delle abitazioni primarie in locazione;
per avviare un processo di riqualificazione, riorganizzazione e
valorizzazione edilizia, urbanistica e immobiliare di una parte
cospicua delle nostre strutture insediative;
per creare anche in Italia un settore privato con prevalenti finalità sociali nel comparto delle abitazioni in affitto, così come accade nella maggior parte dei paesi dell'Unione europea.
Infine, poiché le azioni e gli strumenti indicati sopra richiedono
elevate capacità progettuali, notevoli conoscenze, solide capacità di
analisi e di elaborazione, appare necessario creare un sistema di ausili (strutture di supporto, conoscenze e indirizzi tecnici, assistenza organizzativa, etc.) per i diversi soggetti chiamati a concorrere al
processo di transizione.
A tale proposito sembra prioritario riconfigurare il CER in Direzione tecnica con la missione:
di monitorare il sistema abitativo italiano, con particolare riferimento allo stato e all'evoluzione del disagio abitativo e ai livelli
di efficacia della spesa pubblica nel settore e ai processi di innovazione strutturale del mercato;
di fornire elementi conoscitivi e valutativi utili per la determinazione delle politiche e della programmazione di settore di livello
nazionale e per la definizione del quadro abitativo nazionale che
costituisce riferimento generale per l'autonoma determinazione
delle scelte e delle politiche di livello regionale e locale;
di elaborare strumenti, proposte quadro, misure in grado di fornire concreti supporti al processo di transizione sopra indicato.
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Quadro sinottico A
TRANSIZIONE AD UN NUOVO
ASSETTO DEL MERCATO
DELLE LOCAZIONI
SISTEMA DI SOSTEGNI
SUSSIDI DIRETTI
ALLE FAMIGLIE
ALLE FAMIGLIE
A BASSO REDDITO
RIORGANIZZAZIONE DELLA GESTIONE DEL
PATRIMONIO RESIDENZIALE PUBBLICO
CARTOLARIZZAZIONE DEL MERCATO
RESIDENZIALE IN LOCAZIONE
INNOVAZIONE DEL MERCATO
E
NUOVI SOGGETTI
RICOMPATTAMENTO DELLE GESTIONI DEL
PATRIMONIO RESIDENZIALE IN AFFITTO
FORMAZIONE DI UN SETTORE PRIVATO
CON FINALITA' SOCIALI
SISTEMA DI AUSILI E SUPPORTI
TECNICO-ORGANIZZATIVI ALLA
TRANSIZIONE
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8
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PROPOSTE
In relazione alle considerazioni esposte sopra si avanzano le seguenti proposte.
8.1 Liberalizzazione controllata del mercato
8.1.1
Per quanto riguarda il mercato delle locazioni in generale si
propone di definire due regimi di base:
il regime libero, dove i contenuti dei contratti sono fissati nell'ambito della libera contrattazione tra le parti
(proprietario e conduttore) e debbono soddisfare unicamente il sistema di tutele di base (vedi di seguito il
punto 3.1.3);
il regime concertato, dove i contenuti dei contratti
(prezzo dell'affitto, durata, forme di rilascio, penali,
etc.) nonché le misure di compensazione (vedi sotto il
punto 3.1.4) sono definiti - con riferimento a convenzioni quadro determinate con contrattazione a livello
nazionale e/o regionale (vedi oltre il punto 3.2) - attraverso la concertazione su specifici contratti, da tre soggetti:
l'Amministrazione
pubblica
locale
con
l'eventuale concorso di altre Amministrazioni pubbliche che partecipano direttamente alla attuazione dell'iniziativa; le rappresentanze della proprietà; le
rappresentanze degli inquilini.
Un'iniziativa immobiliare residenziale o un patrimonio residenziale, per poter rientrare nel regime concertato, deve
soddisfare predeterminati requisiti di qualità e di "vantaggio
sociale" (ad esempio definizione della soglia minima di ribasso dei canoni concertati rispetto i canoni liberi oppure
del livello meinimo di incremento della durata del contratto, etc.) che dovranno essere determinati nella convenzione
quadro alla quale faranno riferimento gli specifici interventi
abitativi (vedi oltre il punto ..).
8.1.2
All'interno delle condizioni sopra indicate promotori di interventi di edilizia residenziale e proprietari di patrimonio
residenziali dovrebbero poter decidere liberamente se collocare il patrimonio residenziale nel regime libero o avviare
la concertazione per accedere al regime concertato. Sembra
inoltre auspicabile assicurare il più libero accesso al regime
concertato - fatto salvo il rispetto degli standard di cui sopra
- a tutti gli operatori. A tale fine si segnala l'opportunità di
sviluppare una accurata riflessione in materia, assumendo
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8.1.3
8.1.4
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anche a riferimento le esperienze consolidate in altri paesi
europei.
Si propone inoltre che - sulla base di una consultazione formale delle parti - venga definito, a livello nazionale, un sistema di tutele di base che fissi le regole generali alle quali
devono necessariamente attenersi il locatore e il conduttore
(ad esempio durata minima, condizioni di recesso, regole
relative ai depositi cauzionali, termini di rilascio obbligatorio in caso di morosità, ripartizione degli oneri accessori,
misura del concorso ai costi di manutenzione, etc.).
In questo caso l'obiettivo è quello di determinare un sistema di garanzie - sia sul versante del locatore, sia su quello
del conduttore - che operi omogeneamente su tutto il territorio nazionale.
Per creare condizioni di convenienza all'interno del regime
concertato si propone di costituire un sistema di azioni e
strumenti di "compensazione" (dei minori guadagni e/o dei
vincoli assunti dal promotore / proprietario).
A questo proposito, piuttosto che fissare meccanismi rigidi
appare preferibile predisporre un insieme articolato di strumenti (sovvenzioni in conto capitale, agevolazioni sugli interessi, mutui a tasso agevolato, esenzioni fiscali, dilazione
nel tempo di imposte, premi di cubatura, etc.) che possano
essere combinati in vario modo e applicati, attraverso la
concertazione di livello locale, su specifici patrimoni abitativi, in relazione:
alla intensità dei risultati sociali che si intendono ottenere (o che sono proposti);
alle condizioni del mercato immobiliare locale;
alle condizioni socio-economiche locali;
alle risorse disponibili (o a gettito al quale si può rinunciare) per le misure di compensazione.
Si configurerebbe così un sistema flessibile di strumenti
compensativi (alcuni dei quali definiti a livello nazionale,
altri definiti a livello regionale o locale) che verrebbero
combinati dall'amministrazione locale, nel quadro programmatorio regionale, in relazione a:
iniziative specifiche;
su esigenze ben individuate all'interno di un progetto
organico;
sulla base di una specifica concertazione con le parti.
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8.1.5
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Nell'ambito degli "strumenti di compensazione" assumono
particolare (ma non esclusivo) rilievo gli strumenti di natura
fiscale di livello nazionale, regionale e locale (come ad
esempio la detraibilità di parte dei proventi da locazione
abitativa proimaeria ai fini IRPEF ed IRPEG, la riduzione
dell'imposta sul registro, etc.)
Per rendere progressivamente più efficace la leva fiscale appare necessario dare concreta attuazione alla molto attesa
riforma del catasto, tendendo ad una più soddisfacente convergenza e tra valori catatstali e valori immobiliari e ad un
più serrato aggiornaemnto dei primi.
8.2 Riordinamento delle competenze pubbliche in materia di
politica abitativa
8.2.1
In questa logica l'Amministrazione centrale svolge funzioni
di definizione degli strumenti generali e delle tutele di base,
assicura le risorse necessarie per attuare la politica dei redditi anche sul versante abitativo, esercita funzioni di perequazione attraverso una specifica riserva di risorse,
definisce le "misure di compensazione" di interesse nazionale (come, ad esempio, quelle inerenti la fiscalità generale).
8.2.2
Le Amministrazioni regionali definiscono e programmano
le risorse da impegnare e le azioni da svolgere per assicurare un'adeguata condizione abitativa ai cittadini presenti nel
territorio di propria competenza, con particolare riferimento
alla determinazione delle convenzioni quadro da porre a
base della concertazione locale, alle misure e parametri di
indirizzo per il regime concertato, alla definizione e al dimensionamento delle misure di compensazione di livello
regionale.
8.2.3
Le Amministrazioni locali, definiscono i progetti specifici di
intervento e, a tale fine, compongono in un programma abitativo i diversi strumenti resi disponibili dal livello nazionale e regionale, partecipano alla concertazione con il
promotore/proprietario e con le rappresentanze degli inquilini per fissare i contenuti specifici delle convenzioni e dei
contratti di locazione del regime concertato, esercitano funzioni di controllo dell'attuazione e della gestione degli interventi in regime concertato.
8.2.4
In sostanza si delinea una politica abitativa basata su un sistema di "progetti abitativi":
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-
8.2.5
riferiti in modo specifico e puntuale al contesto socioeconomico e al mercato locale in cui sono calati;
basati sulla concertazione interistituzionale e sul partenariato pubblico-privato;
mirati su obiettivi specifici rispetto ai quali misurare
l'efficienza e l'efficacia delle azioni intraprese;
sostenuti da una combinazione di strumenti, risorse e
accordi composta in accordo con gli indirizzi di livello
nazionale e regionale e in relazione alle caratteristiche
peculiari del progetto.
Il più marcato riferimento locale delle politiche, dei programmi e degli interventi nel settore abitativo che viene
sommariamente delineato nel punto precedente costituisce
il presupporto per aumentare il livello di efficienza delle
politiche abitative e per graduare l'intervento sulla configurazione e sulle dimensioni del mercato abitativa primario in
affitto in relazione anche alle esigenze del mercato del lavoro locale. A tale proposito si nota come in dioverse aree
del paese la limitatezza dell'offerta di abitazioni promarie
in affitto tende a costituire un pesante vincolo alla mobilità
sul territorio del lavoro e allo sviluppo dell'occupazione.
8.3 Sostegno al reddito
8.3.1
Al fine di evitare che la liberalizzazione controllata del
mercato possa determinare livelli di incidenza dell'affitto
sul reddito socialmente inaccettabili e in relazione al fatto
che allo stato attuale i dati disponibili mostrano che per un
consistente numero di nuclei familiari già si verifica tale
condizione, si propone:
di determinare l'incidenza massima dell'affitto sul reddito che le famiglie possono sopportare nelle diverse
fasce di reddito (vettore di soglia massima dell'incidenza dell'affitto sul reddito); (33)
di prevedere l'erogazione di un sussidio diretto alle famiglie (parametrato sui canoni di fascia bassa e riferito
sia al regime libero che al regime concertato) nei casi
in cui l'incidenza dell'affitto sul reddito superi tale soglia;
di dimensionare il sussidio in rapporto alla ampiezza
del divario di cui sopra.
(33)
Si veda quanto riportato nella "Relazione di accompagnamento" al § 4.
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CNEL
8.3.2
8.3.3
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
Tale azione tende sia ad evitare tensioni sociali inaccettabili, sia a rendere concretamente praticabile la riorganizzazione del mercato.
Il sostegno alla famiglie economicamente deboli costituisce
infatti il presupposto per poter avviare il processo di liberalizzazione controllata e di innovazione del mercato abitativo assunto come obiettivo di riferimento. A tale proposito
sembra opportuno dedicare particolare attenzione alla valutazione delle condizioni di disagio abitativo espresse da
componenti specifiche di domanda abitativa come gli anziani, gli immigrati poveri, gli studenti, i disoccupati di lunga durata, i sottooccupati e gli occupèati precari, etc.
Si propone inoltre che la programmazione dei sussidi venga
svolta a livello regionale mentre la definizione, l'attuazione
e la gestione di specifici interventi e/o progetti in questa
materia sia svolta a livello locale al fine di dare piena attuazione al principio di sussidiarietà e di partecipazione delle
comunità direttamente toccate da tali misure.
L'impegno finanziario in materia di sussidi diretti alle famiglie costituisce una componente fondamentale della politica dei redditi e dovrà essere dimensionato di conseguenza.
Si evidenzia inoltre che in relazione all'ampio (e crescente)
divario territoriale delle condizioni socio economiche appare di fondamentale importanza la funzione perequativa dell'Amministrazione centrale e a tale fine ritiene che questa
debba essere dotata di una riserva specifica da programmare in relazione ad un monitoraggio costante sull'evoluzione
del disagio abitativo nelle diverse aree del paese in modo
da poter concentrare questo strumento di sostegno al reddito in quelle aree e in quelle regioni che versano nelle condizioni abitative meno favorevoli.
8.4 Il patrimonio residenziale pubblico ad affitto sociale
Per quanto riguarda il patrimonio residenziale pubblico ad affitto
sociale, si propone che si avvii una profonda riflessione sulle misure da realizzare per aumentarne l'efficacia sociale e per ridurre (e in prospettiva eliminare) fenomeni di marginalizzazione
sociale e di degrado urbanistico ed edilizio che spesso gravano
sulle strutture insediative costituite unicamente, o in larga prevalenza, da edilizia residenziale pubblica. Più in particolare si propone quanto segue.
8.4.1
Appare necessario verificare la soglia di decadenza dal diritto di godere di un alloggio di edilizia residenziale pubblica
27 NOVEMBRE 1997
PAG. 44
CNEL
8.4.2
8.4.3
8.4.4
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
ad affitto sociale, in funzione del rapporto tra reddito delle
famiglie escluse dall'accesso ad una abitazioni pubblica in
affitto sociale a causa della limitatezza di tale patrimonio e
numerosità del patrimonio stesso.
Appare indispensabile verificare il livello e la graduazione
dei canoni in riferimento:
ai valori medi che si riscontrano in altri paesi europei
(tenendo ovviamente conto delle diverse condizioni socio-economiche);
all'onere che - al netto dei sussidi diretti alle famiglie
di cui sopra - le famiglie di pari condizione socio-economica che non dispongono di una abitazione pubblica in affitto sociale sono costrette a sopportare, al fine
di rispettare pienamente il principio di equità di trattamento dei cittadini a parità di condizioni socio-economiche a prescindere dal fatto che tali cittadini godano
o meno dell'assegnazione di un'abitazione di edilizia
residenziale pubblica;
alle esigenze di manutenzione, riqualificazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare.
Sotto questo profilo si nota che una adeguata rimodulazione
dei canoni di locazione dell'edilizia residenziale pubblica
consentirebbe al soggetto gestore di alimentare in modo significativo il fondo dei sussidi diretti alle famiglie a basso
reddito con elevata incidenza dell'affitto sul reddito.
Tale condizione consentirebe di recuperare un livello di
flessibilità e di efficacia che altrimenti sarebbe alquanto difficile ratgiungere in tempi brevi, stanti gli attuali voncoli
della finanza pubblica.
Il CNEL propone inoltre di calibrare i parametri riguardanti i
livelli di reddito di decadenza e i livelli dei canoni in relazione alle specifiche condizioni socio-economiche locali. In
questa logica l'azione di sostegno esercitata attraverso la
messa a disposizione di abitazioni in affitto a basso canone
assume il significato di un sistema di progetti specificamente riferito a determinate situazioni socio-economiche e territoriali.
In relazione al fatto che allo stato attuale il patrimonio di
abitazioni pubbliche in affitto con finalità sociali assomma
a poco meno di un milione di unità, si propone di rifocalizzare l'azione degli istituti sulla gestione, riqualificazione,
valorizzazione di tale patrimonio, sia in relazione a obiettivi di natura economica, sia in relazione a obiettivi di natura
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CNEL
8.4.5
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
sociale.
In tale direzione sembra opportuno valutare l'opportunità e
l'utilità di un obbligo alla certificazione sui livelli di efficacia sociale ed economica della gestione dei patrimoni residenziali di proprietà pubblica con finalità sociali effettuata
da una terza parte, al fine di disporre di misurazioni certe
sulla resa sociale di tale strumento. (34)
Infine, in relazione al fatto che lo strumento della produzione di abitazioni da porre in affitto da parte dello Stato è stato ideato in un periodo storico completamente diverso da
questo, che allo stato attuale le problematiche di maggior
rilievo attengono alla gestione del patrimonio immobiliare e
al ricambio delle famiglie assegnatarie, che nella maggior
parte dei paesi europei la strada della produzione di nuove
abitazioni a totale carico dello Stato è stata abbandonata da
molto tempo e che in tali paesi l'offerta di abitazioni in affitto sociale risulta da 3 a 5 volte più ampia che nel nostro,
si propone di avviare una profonda riflessione sulla opportunità di ridefinire strutturalmente la missione degli istituti
al fine di creare una nuova figura di "promotore generale"
in grado di avviare e gestire processi di gestione complessiva di patrimoni immobiliari (promozione, finanziamento,
acquisto, produzione, alienazione, valorizzazione, riorganizzazione e riqualificazione urbanistica ed edilizia, etc.)
orientato su finalità sociali e con l'esplicita assunzione di
obiettivi di efficienza economica (cfr. di seguito il § 3.5).
8.5 Innovazione del mercato e formazione di nuovi soggetti
In relazione agli strumenti e alle azioni finalizzate a favorire una
riconfigurazione del mercato delle locazioni e alla formazione di
nuovi soggetti, si propone quanto segue.
8.5.1
Appare necessario definire un insieme di misure specifiche
per incentivare programmi e progetti di investitori privati
(nazionali ed esteri) che siano in grado di contribuire alla
costruzione di patrimoni residenziali in affitto di dimensioni
e caratteristiche tali da consentire più efficaci azioni di manutenzione, riqualificazione, riorganizzazione e valorizzazione non solo a livello del singolo edificio ma alla scala
della struttura insediativa (a livello urbanistico).(35)
(34)
Anche in questa materia non mancano esempi in altri paesi europei.
A tale proposito si rammenta che l'estrema frammentazione della proprietà immobiliare italiana in affitto costituisce uno dei vincoli più onerosi e di più difficile superamento
per l'attuazione di processi sistematici di riqualificazione urbana, di valorizzazione immo(35)
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CNEL
8.5.2
8.5.3
8.5.4
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
In sostanza si reputa necessario ricostituire un quadro di
convenienze favorevoli all'investimento privato nel settore
abitativo in locazione, in relazione al fatto che l'esiguità di
tale comparto costituisce non solo un fattore di deterioramento della qualità dell'abitare ma determina anche un pesante vincolo alla mobilità delle famiglie sul territorio e,
quindi, costituisce un freno allo sviluppo e al riequilibro socio-econo- mico del paese.
Appare altresì necessario predisporre misure specifiche per
incentivare la riaggregazione del mercato anche attraverso
misure tese a favorire e rendere conveniente il conferimento del patrimonio immobiliare residenziale a società di gestione specializzate, sia attraverso forme di affidamento
diretto in gestione, sia attraverso forme di cartolarizzazione
(incentivata fiscalmente) degli immobili.
Si propone inoltre di incentivare la "securitizzazione" del
patrimonio residenziale per captare quote dei portafogli finanziari di società e gruppi finanziari italiani ed esteri, attivando un processo che tende a favorire l'afflusso di risorse
finanziarie private nel settore, secondo meccanismi analoghi a quelli che operano in altri paesi europei.
Si propone infine di favorire la costituzione e la diffusione
dei Fondi Immobiliari Chiusi come strumento ordinario di
raccolta del risparmio e di canalizzazione di questo nel settore residenziale in affitto. A tale fine sembra opportuno avviare una riflessione sulla normativa attualmente vigente per
verificare se risulti adeguata rispetto a tale finalità o se invece non sia opportuno prevedere le opportune modifiche.
8.6 Formazione di un settore abitativo in affitto sociale alimentato da risorse private.
In relazione alla sostanziale assenza di un settore residenziale
alimentato da risorse private e con preminenti finalità sociali, si
propone quanto segue.
8.6.1
Appare necessario definire un sistema di convenzioni quadro e di misure specifiche per incentivare l'investimento in
immobili residenziali in affitto in regime concertato a forte
valenza sociale da parte di operatori privati. A tale fine appare necessario costituire un sistema integrato di "vantaggi"
e convenienze per locatori e conduttori tale da compensare
i bassi livelli dei canoni di affitto propri di tale settore.
biliare.
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CNEL
8.6.2
8.6.3
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Risulta del tutto auspicabile abbandonare la strada degli interventi costituiti unicamente o prevalentemente da edifici
residenziali in affitto sociale, al fine di evitare la formazione di quartieri e insediamenti caratterizzati da forti tendenze alla segregazione urbanistica e alla marginalità sociale.
Per contro risulta auspicabile incentivare interventi misti
(in regime libero e in regime concertato) o interventi in regime concertato con diversi livelli di protezione sociale e
dunque con una composizione sociale differenziata.
In questo quadro appare auspicabile recuperare l'esperienza
e le risorse della cooperazione come modalità di intervento:
basata su risorse private;
in grado di realizzare e gestire patrimoni residenziali
in affitto di cospicue dimensioni e tale da consentire
un elevato livello di mobilità abitativa;
orientata in modo prevalente verso finalità sociali.
8.7 Misure di supporto tecnico-organizzativo
Infine, in relazione alla indubbia complessità di una transizione che comporta profonde modificazioni nei comportamenti, negli strumenti e negli obiettivi, si propone che sia
approntato uno specifico sistema di ausili di natura tecnicoorganizzativa. In particolare si propone quanto segue.
8.7.1
Riforma del CER in Direzione tecnica per l'analisi e il monitoraggio del sistema abitativo nazionale (anche in stretta
collaborazione con l'ISTAT) al fine di acquisire elementi utili sia per determinare gli impegni da assumere nel settore
abitativo in relazione alla politica dei redditi concertata tra
Governo e parti sociali, sia per svolgere in modo efficace la
funzione perequativa propria dell'Amministrazione centrale,
sia - infine - per misurare l'efficacia sociale ed economica
delle misure adottate in questo settore a livello nazionale,
regionale e locale. In questo quadro appaiono utili le seguenti misure.
Creazione, presso la Direzione tecnica indicata sopra,
di una struttura dedicata alla individuazione, sperimentazione e verifica dei modelli finanziari, organizzativi,
gestionali nel settore dell'edilizia residenziale in regime concertato, alla valutazione delle alternative più
soddisfacenti e alla diffusione di tali alternative.
In questo ambito si propone anche che sia costituita
una struttura dedicata alla raccolta e all'analisi delle
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8.7.2
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sperimentazioni regionali e locali di maggior interesse
al fine di costituire un patrimonio di esperienze disponibile per tutti i soggetti interessati.
Analisi e monitoraggio della efficacia sociale degli attuali modelli di gestione dell'ERP ed eventuale elaborazione di modelli alternativi caratterizzati da un più
soddisfacente rapporto tra risultati conseguiti e mezzi
complessivamente impegnati.
Creazione di un organismo di sperimentazione e assistenza per l'innovazione del mercato immobiliare con
particolare riferimento a quello residenziale.
Costituzione di un Osservatorio composto da rappresentanti
degli interessi preposto a valutare il quadro abitativo nazionale, l'efficienza e l'efficacia delle misure poste in essere, a
delineare gli indirizzi per la perequazione, ad esprimere formale parere sulle misure perequative adottate. Tale organismo costituisce la sede della concertazione di livello
nazionale e sviluppa un'azione di indirizzo, controllo e valutazione nei confronti della direzione tecnica di cui sopra.
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SCHEDE DI DETTAGLIO
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Scheda 1
PREZZI E REDDITI NEL
MERCATO DELLE ABITAZIONI
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1
PREZZI E REDDITI NEL MERCATO DELLE LOCAZIONI
Nell'esame dei prezzi di locazione delle abitazione e dei redditi
dei nuclei familiari in affitto abbiamo anzitutto disaggregato il vettore
dei redditi delle famiglie italiane in base al titolo di godimento dell'abitazione in uso.
Se infatti il reddito medio delle famiglie italiane al 1995 risultava pari a 42,4 milioni/anno, quello delle famiglie che vivono in abitazioni di proprietà risulta pari a 44,7 milioni/anno mentre quello delle
famiglie in affitto risulta pari a 35,6 milioni/anno. Fatto 100 il reddito
delle famiglie che vivono in abitazioni proprie, quello delle famiglie
che vivono in abitazioni in locazione risulta pari a 79.
Questo rapporto è andato riducendosi nel tempo (era pari a 84
nel 1985, a 83 nel 1991) e indica un progressivo slittamento dei nuclei familiari in affitto verso le fasce di reddito più basse. (36)
Fig. 10
EVOLUZIONE DEL REDDITO DEI NUCLEI FAMILIARI IN: ...
4.000
87%
86%
3.600
3.200
84%
83%
2.800
82%
2.400
81%
AFF / PROP
Migliaia di Lire/Mese
85%
80%
2.000
79%
1.600
1.200
78%
1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995
77%
NEL
IN
IN
ALTRO RAPP REDDITI
COMPLESSO AFFITTO PROPRIETA' TITOLO AFF / PROP.
Elaborazioni RST su dati ISTAT, "La distribuzione del reddito..."
(36)
ISTAT, "La distribuzione quantitativa del reddito in Italia nelle indagini sui bilanci di
famiglia", anni vari.
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Più in particolare l'ISTAT indica per i nuclei familiari in affitto la
seguente distribuzione per classi di reddito. (37)
DISTRIBUZIONE DELLE FAMIGLIE IN AFFITTO
PER CLASSI DI REDDITO
FASCIA DI
REDDITO
(Milioni)
REDDITO
MEDIO
(Milioni)
NUMERO DI
FAMIGLIE
(migliaia)
QUOTA
% SU
TOTALE
< DI 15
11,0
443
9,7%
15 - 20
17,5
420
9,2%
20 - 25
22,5
685
15,0%
25 - 30
27,5
625
13,7%
30 - 35
32,5
534
11,7%
35 - 40
37,5
484
10,6%
40 - 50
45,0
351
7,7%
50 - 60
55,0
429
9,4%
> DI 60
72,0
593
13,0%
NEL COMPLESSO
35,6
4.564
100,0%
I dati evidenziano che i nuclei familiari in affitto con meno di 40
milioni/anno di reddito netto risultano pari a 3,2 milioni, il 69,9% del
totale (quelli con un reddito netto annuo inferiore a 20 milioni risultano essere 0,9 milioni; il 18,9% del totale). Per altro verso, la Banca
d'Italia indica che l'incidenza media dell'affitto sul reddito risulta pari al 13,1% e che l'affitto medio è pari a 344.000 Lire/mese. Allo stesso tempo il rendimento medio lordo di un'abitazione in affitto per il
proprietario risulta pari al 2,9%. (38)
L'immagine restituita dai dati aggregati indica dunque da un lato
che il monte degli affitti risulta decisamente basso e assicura rendimenti tali da non incentivare l'investimento in questo settore, dall'altro l'incidenza degli affitti sui redditi risulta altrettanto bassa,
specialmente se la si confronta con l'incidenza media dell'affitto sul
reddito in altri Paesi europei (dove si riscontrano valori che oscillano
attorno al 18%). (39)
(37)
ISTAT, "La distribuzione quantitativa del reddito in Italia nelle indagini sui bilanci di
famiglia", 1997.
(38)
Banca d'Italia, 97, cit.
(39)
L'incidenza media dell'affitto sul reddito è pari al 25,2% in Svezia, al 17% in Finlandia, al 15% - 24% (a seconda del regime) nel Regno Unito al 21% in Francia, al 19% in
Germania. Fonte: Uffici statistici e Ministeri competenti dei vari Paesi.
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In realtà vi sono tre ordini di fattori che modificano radicalmente
l'immagine fornita dai dati aggregati.
2
L'INCIDENZA DELL'AFFITTO PER CLASSE DI REDDITO.
Il primo fattore di cui occorre tenere conto riguarda il fatto che
nel nostro Paese l'incidenza dell'affitto sul reddito ha una incidenza
fortemente regressiva. La Banca d'Italia registra una incidenza dell'affitto sul reddito che è pari:
al 23,6% per i nuclei familiari con reddito inferiore a 20 milioni anno;
-
al 14,9% per i nuclei familiari con reddito compreso tra 20 e 40 milioni anno;
-
al 9,8% per i nuclei familiari con reddito compreso tra 40 e 60 milioni anno;
-
allo 8,3% per i nuclei familiari con reddito
compreso tra 60 e 80 milioni anno;
-
al 6,3% per i nuclei familiari con reddito superiore a 80 milioni anno.
3
INCIDENZA DELL'AFFITTO NEL PATRIMONIO ABITATIVO
PUBBLICO E IN QUELLO PRIVATO
Il secondo fattore che occorre tenere presente è che i dati della
Banca d'Italia si riferiscono a tutto il patrimonio abitativo primario
in affitto; non distinguono cioè tra settore sociale in affitto (edilizia
residenziale pubblica) e settore profit. In questo modo i valori medi
di affitto nelle diverse classi di reddito costituiscono la media ponderata tra affitti del settore "profit" e affitti del settore sociale, i primi essendo mediamente 3 volte più elevati dei secondi. (40)
Tenendo conto di quanto indicato sopra, il valore medio del
prezzo di locazione per il solo settore profit, che è quello dove si verificano le condizioni di più intenso disagio sotto il profilo dell'onerosità dell'abitare passa da 340.000 Lire/mese a 400.000 Lire/mese.
(40)
Il valore medio del prezzo di locazione al 1995 risulta pari a 340.000 Lire / mese
(dato Banca d'Italia, sostanzialmente coincidente con quello ISTAT); il valore medio del
prezzo di locazione del settore sociale risulta mediamente pari a 116.000 Lire/mese (dato
Federcasa-Aniacap riferito agli affitti realmente praticati).
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4
L'ESAURIMENTO DEL REGIME DI EQUO CANONE
Infine si nota che nel mercato non è più presente in modo significativo una offerta di abitazioni in affitto ad equo canone o, più precisamente, che non è presente un'offerta ad equo canone se non in
quei casi in cui i prezzi di locazione calcolati secondo equo canone e
i prezzi "di mercato" tendono a coincidere, laddove per prezzi "di
mercato" devono intendersi i prezzi determinati dai Patti in Deroga o
dai contratti che rientrano nel "regime informale" che, secondo Banca
d'Italia, è costituito da circa 1,3 milioni di unità. (41)
Ne deriva che anche all'interno del settore profit il dato medio
del prezzo di locazione non è rappresentativo né dell'offerta effettivamente presente sul mercato, né dell'assetto verso cui sta velocemente
tendendo il mercato (assetto che vede i contratti ad equo canone ridursi a quote residuali). Si può così arrivare a stimare (sulla base dei
dati ufficiali ISTAT) un prezzo medio di locazione rappresentativo
dell'offerta realmente presente sul mercato pari a circa 450.000 Lire/mese ad oggi.
Tale valore nei prossimi quattro anni tenderà ad assestarsi su
500.000 Lire/mese a parità di altre condizioni e in ipotesi di stabilità
dei prezzi (ma non dei diversi regimi locativi) o su un valore di
550.000 Lire/mese (estrapolando le tendenze attuali), vedi figura 11.
(41)
Si veda quanto riportato nella scheda 3
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Fig. 11
600
550
550
500
500
450
450
400
400
350
350
300
300
250
250
200
200
150
150
100
100
TOT
EVOL. ALTA
TOT
EVOL. BASSA
ERP
TEORICO
ERP
EFFETTIVO
PROF
EVOL ALTA
PROF
EVOL. BASSA
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
0
1992
0
1991
50
1990
50
AFFITTO MEDIO
600
1989
AFFITTO MEDIO
EVOLUZIONE TENDENZIALE DEI PREZZI DI LOCAZIONE
(VALORI IN MIGLIAIA DI LIRE PER MESE)
EQUO
CANONE
Elaborazioni RST su dati ISTAT / BdI / ANIACAP
5
VALORI UFFICIALI E STIME DELLE FONTI SPECIALISTICHE
V'è infine da aggiungere che i valori ufficiali sono diffusamente
considerati sottostimati, non solo da esperti del settore ma dalle stesse fonti (in particolare dall'ISTAT).
Analizzando le fonti specialistiche, e tra queste il Dipartimento
per il Territorio del Ministero delle Finanze che ha recentemente licenziato i risultati di una rilevazione sistematica dei valori e dei prezzi di affitto in tutte le provincie italiane (42) si dovrebbe fare
riferimento a valori dei prezzi di locazione ben più elevati (arrivando
a valutazioni che oscillano intorno a 600.000 Lire/mese). Per il momento utilizzeremo come base di riferimento i dati ufficiali.
(42)
Ministero delle Finanze, "Osservatorio dei valori immobiliari al 1° gennaio 1996",
1997.
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6
INCIDENZE DEGLI AFFITTI SUI REDDITI
In questo modo è possibile calcolare l'incidenza dell'affitto per
classe di reddito per il solo settore profit e fare riferimento alla struttura dei prezzi relativi all'offerta effettivamente presente sul mercato
o a quella che sta sostituendo l'equo canone in tutti i casi in cui si registrano scarti significativi tra prezzo di affitto in essere e prezzo di
affitto che può essere percepito dal proprietario in regime di patti in
deroga o in "regime informale". Il prospetto che riportiamo di seguito
illustra una ricostruzione della incidenza dell'affitto sul reddito nel
settore profit, ad oggi, per le diverse classi di reddito, basato sui dati
ufficiali.
INCIDENZA DELL'AFFITTO SUL REDDITO NELLE FAMIGLIE
IN
AFFITTO NEL SETTOREPROFIT PER CLASSI DI REDDITO
(DATI SUI PREZZI DI AFFITTO: ELABORAZIONE RST SU DATI ISTAT)
FASCIA DI
REDDITO
(Milioni)
REDDITO
MEDIO
(Milioni)
INCIDENZA %
DELL'AFFITTO
SUL REDDITO
NUMERO DI
FAMIGLIE
(migliaia)
< DI 15
11,0
36%
332
15 - 20
17,5
30%
294
20 - 25
22,5
25%
411
25 - 30
27,5
21%
406
30 - 35
32,5
18%
427
35 - 40
37,5
15%
445
40 - 50
45,0
13%
337
50 - 60
55,0
13%
416
> DI 60
72,0
10%
585
NEL COMPLESSO
35,6
15%
3.654
Nella tabella seguente lo stesso tipo di ricostruzione è stata applicata su un vettore di prezzi di locazione corretto sulla base di una
interpretazione delle principali fonti specifiche, con particolare riferimento allo Osservatorio dei Valori Immobiliari del Ministero delle Finanze, Direzione Centrale dei Servizi Tecnici Erariali.
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INCIDENZA DELL'AFFITTO SUL REDDITO NELLE FAMIGLIE IN
AFFITTO NEL SETTORE PROFIT PER CLASSI DI REDDITO
(DATI SUI PREZZI DI AFFITTO:
STIMA RST SU DATI DELLE FONTI SPECIFICHE)
FASCIA DI
REDDITO
INCIDENZA %
NUMERO DI
REDDITO
MEDIO
DELL'AFFITTO
FAMIGLIE
(Milioni)
(Milioni)
SUL REDDITO
(migliaia)
< DI 15
36%
332
11,0
15 - 20
17,5
30%
294
20 - 25
22,5
25%
411
25 - 30
27,5
21%
406
30 - 35
32,5
22%
427
35 - 40
37,5
20%
445
40 - 50
45,0
17%
337
50 - 60
55,0
14%
416
> DI 60
72,0
15%
585
NEL COMPLESSO
35,6
18%
3.654
(1)
Per una descrizione dettagliata delle elaborazioni si rimanda allo studio "Sistema abitativo e "social housing" nei Paesi dell'Unione europea", promosso dal CNEL e
svolto dalla RST - Ricerche e Servizi per il Territorio .
Tenendo conto di questi elementi si registrano dunque nelle fasce di
reddito più basse del settore profit incidenze dell'affitto sul reddito
estremamente pesanti.
In particolare occorre segnalare che un'incidenza media degli affitti nella fascia più bassa pari al 36% implica infatti che le incidenze
reali si distribuiscano attorno a tale valore, con casi di incidenza inferiore ma anche con casi di incidenza superiore. Livelli così elevati
di incidenza dell'affitto sul reddito sono spiegabili o con l'accettazione di una drastica compressione dei consumi non abitativi (tale da
portare alcune fasce sociali al di sotto della soglia di povertà) o con
la presenza di forme familisteche di solidarietà.
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Scheda 2
IL SOSTEGNO AL REDDITO
DELLE FAMIGLIE IN AFFITTO
IN TRE PAESI EUROPEI
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1
CENNI SUL SOSTEGNO DIRETTO AL REDDITO DELLE FAMIGLIE IN AFFITTO IN TRE PAESI EUROPEI
Di seguito forniamo una breve illustrazione sull'ampiezza e l'intensità del sostegno diretto al reddito delle famiglie in affitto in tre
Paesi europei: la Germania e l'Olanda e il Regno Unito.
Il quadro, sia pure esposto in estrema sintesi, può fornire qualche indicazione utile per una riflessione sull'analoga misura attualmente allo studio. Tutti i dati sono desunti da uno studio svolto dal
CECODHAS.
In coda a ciascun quadro viene indicato cosa accadrebbe se in
Italia si adottassero gli stessi parametri di spesa e di copertura sociale
(in sostanza: a quante famiglie si dovrebbe assegnare un sussidio se si
applicasse la stessa proporzione di nuclei familiari tutelati da sussidio
del Paese di riferimento e quale dovrebbe essere la spesa complessiva). É pressoché superfluo dire che si tratta di poco più che una esercitazione aritmetica in quanto le profonde differenze di mercato e di
quantità/qualità dell'offerta di abitazioni sociali in affitto non consentono alcun confronto diretto; il lettore prenda i dati solo come un banale esercizio, senza attribuirgli troppo peso.
2
LA GERMANIA
In Germania esistono 33,0 milioni di abitazioni primarie delle
quali 20,3 milioni sono in affitto (poco meno dei 2/3). Il comparto
delle abitazioni sociali in affitto è pari a 8,8 milioni di unità che rappresentano poco più del 43% dell'offerta in affitto. (43)
La quota di abitazioni sociali in affitto risulta abbastanza elevata:
25 unità ogni 100 famiglie (in Italia le abitazioni sociali in affitto sono pari a 5 unità ogni cento famiglie: 1/5 di quanto accade in Germania).
In Germania ricevono un sussidio diretto al reddito per il pagamento dell'affitto 3,80 milioni di famiglie che rappresentano:
il 10,8% delle famiglie complessivamente esistenti;
-
il 18,8% delle famiglie in affitto;
-
il 43,2% delle famiglie in affitto sociale.
Il numero di sussidi al reddito erogati è pari al 33% del numero
di famiglie in affitto nel settore profit.
(43)
Quota comprensiva dello stock di abitazioni pubbliche della ex DDR. Tutti i dati sono riferiti al 1991.
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La spesa complessiva per i sussidi diretti alle famiglie nell'ultimo
anno è stata pari a 6.500 miliardi che rappresenta un onere di:
80.000 Lire procapite;
-
190.000 Lire per nucleo familiare;
-
330.000 Lire per nucleo familiare in affitto.
Il valore medio del sussidio risulta pari a 145.000 Lire/mese.
Qualora in Italia si applicasse una politica di sostegno al reddito
che investe una analoga quota del settore profit del mercato locativo,
si dovrebbe fornire sostegno a 1,2 milioni di famiglie per un onere
complessivo di 2.100 miliardi/anno. Occorre tuttavia considerare che
il mercato locativo tedesco è caratterizzato da conduttori con un reddito meno depresso di quello italiano. (Si rammenta quanto indicato
sopra)
3
L'OLANDA
Le abitazioni primarie olandesi sono 5,8 milioni; di queste 2,9
milioni risultano in affitto (poco più della metà). Il comparto delle
abitazioni sociali in affitto è pari a 2,2 milioni di unità, che rappresentano poco più del 75% dell'offerta in affitto.
La quota di abitazioni sociali in affitto risulta estremamente elevata: 35 unità ogni 100 famiglie (in Italia le abitazioni sociali in affitto sono pari a 5 unità ogni cento famiglie: 1/7 di quanto accade in
Olanda).
In Olanda ricevono un sussidio diretto al reddito per il pagamento dell'affitto 0,9 milioni di famiglie che rappresentano:
il 14,7% delle famiglie complessivamente esistenti;
-
il 31,3% delle famiglie in affitto;
-
il 41,6% delle famiglie in affitto sociale.
Il numero di sussidi al reddito erogati è superiore al numero di
famiglie in affitto nel settore profit poiché viene erogato anche alle
famiglie nel settore sociale.
La spesa complessiva per i sussidi diretti alle famiglie nell'ultimo
anno è stata pari a 2.000 miliardi che rappresenta un onere di:
140.000 Lire procapite;
-
340.000 Lire per nucleo familiare;
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-
720.000 Lire per nucleo familiare in affitto.
Il valore medio del sussidio risulta pari a 191.000 Lire/mese.
Qualora in Italia si applicasse una politica di sostegno al reddito
che investe una analoga quota di famiglie in affitto, si dovrebbe fornire sostegno a 1,4 milioni di famiglie per un onere complessivo di
2.900 miliardi/anno. Occorre tuttavia considerare che il mercato locativo olandese è caratterizzato da conduttori con un reddito molto
meno depresso di quello italiano. (Si rammenta quanto indicato sopra).
4
IL REGNO UNITO
Le abitazioni primarie inglesi sono 22,4 milioni, 7,7 delle quali
risultano in affitto. Il comparto delle abitazioni sociali in affitto è pari
a 5,7 milioni di unità che rappresentano circa il 75% dell'offerta in
affitto.
La quota di abitazioni sociali in affitto risulta abbastanza elevata:
26 unità ogni 100 famiglie (in Italia le abitazioni sociali in affitto sono pari a 5 unità ogni cento famiglie: meno di 1/5 di quanto accade
in Gran Bretagna).
Le famiglie inglesi che ricevono un sussidio diretto al reddito per
il pagamento dell'affitto sono 4,5 milioni che rappresentano:
il 20,0% delle famiglie complessivamente esistenti;
-
il 58,4% delle famiglie in affitto;
-
il 78,1% delle famiglie in affitto sociale.
Il numero di sussidi erogati è pari a oltre il doppio del numero di
famiglie in affitto nel settore profit poiché viene erogato anche (si potrebbe dire specialmente) alle famiglie nel settore sociale.
Le politiche di "social housing" intraprese nel periodo passato
hanno infatti puntato su un deciso aumento dei prezzi di locazione
dell'edilizia sociale in affitto per risanare i bilanci delle Associazioni
abitative e delle Autorità locali ma sono state costrette, subito dopo, a
predisporre un ampio piano di sussidi per evitare lo sfratto per morosità di quote sempre più ampie di famiglie in affitto. In relazione all'andamento della disoccupazione e del reddito delle famiglie il
volume della spesa per sussidi nel Regno Unito ha raggiunto nel giro
di pochi anni valori del tutto eccezionali. (44)
(44)
Il dato per una certa quota comprende anche sussidi alla disoccupazione.
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Fig. 12
MILIARDI DI LIRE STERLINE
SUSSIDI ALLE FAMIGLIE IN AFFITTO NEL REGNO UNITO
£11,0
£10,0
£9,0
£8,0
£7,0
£6,0
£5,0
£4,0
£3,0
£2,0
83
84
85
86
87
88
89 90
ANNO
ANDAMENTO
91
92
93
94
95
96
PREVISIONI
La spesa complessiva per i sussidi diretti alle famiglie nell'anno
1992 è stata pari a 22.000 miliardi che rappresenta un onere di:
390.000 Lire procapite;
-
1.000.000 Lire per nucleo familiare;
-
2.910.000 Lire per nucleo familiare in affitto.
Il valore medio del sussidio risulta pari a 416.000 Lire/mese.
Qualora in Italia si applicasse una politica di sostegno al reddito
che investe una analoga quota di famiglie in affitto, si dovrebbe fornire sostegno a 2,7 milioni di famiglie per un onere complessivo di
13.300 miliardi/anno.
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Scheda 3
LE DIMENSIONI QUANTITATIVE
DEL PROBLEMA
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1
I COMPARTI FONDAMENTALI DELLO STOCK ABITATIVO
Nel 1995, ultimo anno per il quale si dispone di dati sistematici,
in Italia risultano presenti 20,1 milioni di nuclei familiari (45) che possono essere suddivisi in tre grandi comparti:
a) vivono in abitazioni proprie o "a riscatto" il 65,5% del totale (pari a 13,2 milioni di unità);
b) vivono in abitazioni in affitto il 23,7% del totale (4.8 milioni di
unità); (46)
c) vivono in abitazioni godute ad altro titolo il 10,8% del totale
(2.2 milioni di unità).
Apparentemente dunque l'insieme di abitazioni oggetto delle politiche di regolamentazione e incentivazione del mercato delle locazioni e di sostegno dei nuclei familiari economicamente o
socialmente deboli è, almeno dal punto di vista quantitativo, chiaramente individuato.
In effetti la questione si presenta più complessa di quanto non
possa apparire a prima vista, per due ordini di motivi.
2
LE ABITAZIONI UTILIZZATE "AD ALTRO TITOLO"
Anzitutto il comparto delle abitazioni godute ad altro titolo comprende una quota, difficilmente valutabile, di abitazioni che nominalmente non fanno parte del mercato delle locazioni mentre in realtà
sono collocate sul mercato attraverso contratti "atipici" o sono conferite in uso gratuito, in comodato, etc.
Qualora si verificassero determinate condizioni (come, ad esempio, una maggiore certezza sui tempi di rientro in possesso dell'abitazione da parte del proprietario, un più soddisfacente rendimento,
etc.), potrebbero rientrare nel comparto delle abitazioni in locazione.
A tale proposito sembra utile notare che in massima parte questo
stock è utilizzato da redditi particolarmente bassi: oltre 720.000 unità
sono abitate da conduttori con un reddito familiare inferiore a 20 milioni/anno; altre 840.000 unità sono abitate da famiglie che dispongono di un reddito compreso tra 20 e 40 milioni anno. Nel complesso il
71,8% di queste abitazioni (1.560.000 unità) sono utilizzate dai redditi bassi e medio-bassi.
(45)
Fonte: ISTAT, I consumi delle famiglie. Anno 1995, Roma 1996.
Fonte BdI. L'ISTAT riporta un dato leggermente differente: 4,6 milioni di unità, il
4,1% in meno di quanto indicato dalla BdI.
(46)
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Un eventuale "rientro" di parte queste abitazioni nel mercato
delle locazioni assume dunque aspetti particolarmente delicati sotto
il profilo della solvibilità degli attuali conduttori.
3
LO STOCK NON OCCUPATO
In secondo luogo una quota, anche questa difficilmente valutabile, di abitazioni nominalmente "non occupate" costituisce in realtà
una componente del mercato delle abitazioni in locazione. Si tratta
non solo delle abitazioni usate per motivi di lavoro o studio (che
spesso sono utilizzate con continuità per la maggior parte dell'anno)
ma anche di abitazioni che a tutti gli effetti devono essere considerate
primarie ma che vengono collocate sul mercato con contratti che tendono ad eludere o ad aggirare la normativa vigente.
A tale proposito l'ISTAT nel 1991 (ultimo anno per il quale si dispone di dati sistematici su questa materia) ha rilevato 5,2 milioni di
abitazioni "non occupate". All'interno di questo comparto:
a) 2,6 milioni di abitazioni vengono usate per turismo;
b) 1,8 milioni di abitazioni risultano "inutilizzate";
c) 0,8 milioni di abitazioni sono utilizzate per lavoro o studio;
Parte dei primi due insiemi e tutto il terzo costituiscono, almeno
in linea potenziale, una componente del mercato delle abitazioni in
locazione: ove si determinasse una modificazione dell'assetto del
mercato (ad esempio laddove si determinasse un assetto più favorevole per la proprietà sotto il profilo dei prezzi di locazione o, ancor più,
sotto quello della certezza del rientro in possesso del bene), potrebbero determinarsi travasi - anche rilevanti - dal comparto del "non occupato" al comparto delle abitazioni primarie in affitto.
4
LE DIMENSIONI EFFETTIVE DEL COMPARTO DELLE ABITAZIONI IN AFFITTO
Possiamo dunque valutare il comparto delle abitazioni in affitto
come costituito da un nocciolo di circa 4,6 milioni di unità al quale
si aggiunge una "nebulosa", di dimensioni difficilmente valutabili
che potremmo grossolanamente indicare in 1,5 - 2,0 milioni di unità.
Ciò significa che se da un lato le statistiche correnti indicano
una continua contrazione di questo comparto dall'altro una eventuale
modificazione dell'assetto del mercato potrebbe determinare un
"rientro" di abitazioni che attualmente vengono utilizzate come
abitazioni in affitto ma nominalmente non lo sono. (47)
(47)
Dal 1985 al 1995 il comparto è passato dal 33% del totale al 24%, con una perdita
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In definitiva le statistiche ufficiali ISTAT da un lato indicano che
nel 1995 le abitazioni che formalmente e di fatto risultavano comprese nel comparto delle residenze primarie in affitto erano pari a 4,6
milioni di unità ma dall'altro queste stesse statistiche contengono elementi che inducono a valutare ben diversamente la dimensione effettiva di tale comparto, arrivando a stime, del tutto provvisorie e molto
grossolane, che indicano una consistenza reale del mercato delle abitazioni in affitto probabilmente superiore a 6 milioni di unità.
Ovviamente un incremento di tali dimensioni (il 30% in più della consistenza alla quale ci si riferisce abitualmente) avrebbe notevoli
ripercussioni sulle valutazioni riguardanti la spesa pubblica necessaria per il sostegno alle famiglie economicamente o socialmente deboli, gli effetti di manovre sulla fiscalità immobiliare, etc. (48)
5
LA RIMOZIONE DELLA DOMANDA
Un ulteriore elemento che può modificare la consistenza del
comparto delle abitazioni primarie in locazione è il fenomeno della
rimozione della domanda abitativa. Una modificazione strutturale
del mercato in senso favorevole alla domanda (riduzione dell'incidenza dell'affitto sul reddito, maggiore volume e/o migliore distribuzione
dell'offerta, etc.) avrebbe ripercussioni anche sul volume della domanda.
Si nota infatti che il mercato, nella configurazione attuale, è ben
lungi dal soddisfare pienamente le esigenze abitative al punto che si
manifesta sia un fenomeno di coabitazione implicita (permanenza dei
figli adulti nelle famiglie di origine, convivenza forzosa di parenti,
etc.), sia un fenomeno di procrastinazione della costituzione di nuovi
nuclei a causa della mancanza di un'offerta abitativa adeguata. In tali
condizioni il "miglioramento" dell'offerta genererebbe un aumento
del volume della domanda per abitazioni primarie in locazione.
di circa 2,0 milioni di unità (la coincidenza con la quota di potenziale rientro nel comparto dell'affitto è del tutto casuale). Fonte ISTAT, I consumi delle famiglie. Anni vari e Censimento della popolazione e abitazioni, 1991.
(48)
Nelle valutazioni che sviluppiamo nel seguito l'eventualità che il comparto reale
delle abitazioni in locazione sia ben più ampio di quello al quale abitualmente ci si riferisce viene trattata con richiami puntuali ma tutto l'impianto è riferito ai 4,6 milioni di abitazioni che sostanzialmente e formalmente risultano in regime di locazione (dato fornito
dall'ISTAT, Consumi delle famiglie, 1995).
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6
TIPI DI PROPRIETÀ
Il comparto delle abitazioni in affitto presenta al suo interno profonde differenziazioni che identificano quattro sub-comparti di base.
Occorre infatti distinguere tra:
a) edilizia residenziale sociale in affitto, costituita (sostanzialmente) da una quota dell'edilizia residenziale di proprietà pubblica,
valutabile in 0,9 milioni di unità abitative;
b) edilizia residenziale di proprietà pubblica che rientra nel settore
profit" (non è un comparto molto ampio ma ha dimensioni non
trascurabili, circa 0,3 milioni di abitazioni);
c) il comparto dell'edilizia residenziale privata in affitto, suddiviso
a sua volta in due sub-comparti:
la grande proprietà (società di assicurazioni, società immobiliari, gruppi finanziari, etc.), costituita da circa 0,3 milioni di unità;
-
la piccola proprietà (formata sostanzialmente da singole
persone), che raccoglie circa 3,1 milioni di abitazioni.
È forse utile ricordare l'importanza della distinzione tra grandi e
piccoli proprietari: obiettivi, criteri di convenienza, comportamenti degli uni e degli altri sono molto differenti e, presumibilmente, altrettanto differente sarà la reazione dei due comparti ad
un nuovo sistema di regole, di incentivi e di agevolazioni.
7
I REGIMI LOCATIVI
L'articolazione per tipo di proprietario si compone con quella riguardante il regime locativo. Sotto questo aspetto distinguiamo tra:
a) abitazioni in regime di equo canone, circa 1, 7 milioni di unità;
b) abitazioni in regime di patti in deroga, circa 0,6 milioni di unità;
c) abitazioni con contratto "informale", insieme tutt'altro che trascurabile, almeno dal punto di vista quantitativo, che la BdI stima in circa 1,3 milioni di unità, il 36% dell'offerta locativa
profit;
d) canone sociale, circa 0,9 milioni di abitazioni;
e) altri regimi, circa 0,1 milioni di unità. (49)
La rilevantissima consistenza del sub-comparto delle abitazioni
con contratto "informale" individuata dalla indagine della Banca
(49)
Banca d'Italia, I bilanci delle famiglie italiane nell'anno 1995, Supplemento al Bollettino statistico, Anno VII, Numero 14, 20 marzo 1997, pag. 18.
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d'Italia trova indiretta conferma nei risultati di una recente indagine
realizzata dal SUNIA sull'offerta di abitazioni in locazione nelle
grandi aree metropolitane. I risultati dell'indagine mostrano che solo
il 17% dei contratti viene proposto in regime di patto in deroga, il
60% assume la forma del contratto per brevi periodi, per foresteria,
per non residenti, per abitazioni arredate, per studenti; il restante
23% non viene specificato. (50)
Si segnala inoltre che, stando ai dati della Banca d'Italia, la consistenza dei regimi locativi evolve molto rapidamente. Nel giro di due
anni (dal 1993 al 1995):
il sub-comparto dell'equo canone si è ridotto di oltre il 25%;
il sub-comparto dei patti in deroga si è ridotto di oltre il 15% ( !
);
il sub-comparto "informale" si è più che triplicato. (51)
In sostanza il mercato, sia nella rilevazione Banca d'Italia, sia in
quella condotta dal SUNIA, sembra evolvere verso forme contrattuali
"informali" che difficilmente possono essere ricondotte ai regimi attualmente vigenti. (52)
(50)
Relativamente all'offerta locativa per la quale non viene specificato il regime il SUNIA segnala che non si tratta di omissione di informazione ma di esplicita reticenza (a
fronte di ulteriori contatti volti ad acquisire l'informazione mancante questa è stata negata)
che probabilmente tende a coprire forme più o meno radicali di aggiramento della normativa vigente.
(51)
Banca d'Italia, 97, cit.
(52)
I risultati dei recenti controlli sul tipo e sulla regolarità dei contratti riportati dalla
stampa sembrano portare una ulteriore, ancorché indiretta conferma, della consistenza del
comparto "informale" del mercato dell'affitto.
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Scheda 4
SISTEMI DI REGOLAMENTAZIONE
DEI CANONI DI AFFITTO
NEL SETTORE PRIVATO
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Il mercato delle locazioni risulta variamente regolamentato nei diversi Paesi europei.
In alcuni Paesi, gli affitti sono controllati direttamente in via legislativa Il livello dei canoni viene, generalmente, fissato all'interno di "tabelle ufficiali", in relazione alle caratteristiche tipologiche,
localizzative e qualitative dell'abitazione. Gli incrementi dei canoni
non possono superare un determinato tasso annuo, la durata dei contratti è predefinita.
In altri Paesi, invece, pur esistendo una forma di regolamentazione
del settore dell'affitto privato, il mercato si esprime in forma più libera e il livello degli affitti è determinato sostanzialmente dal mercato.
Su nove Paesi esaminati, soltanto in quattro si rilevano sistemi di regolamentazione articolati e pervasivi, negli altri cinque Paesi i sistemi
di regolamentazione appaiono meno puntuali.
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1.
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LA GERMANIA
(53)
1.1 Aspetti generali
In Germania, le caratteristiche del mercato dell'affitto privato sono
definite per legge. Livelli e margini di variabilità dei canoni di locazione vengono stabiliti ogni anno congiuntamente dalle municipalità,
dalle organizzazioni dei proprietari e dalle rappresentanze degli inquilini, in relazione all'anno di costruzione, alla localizzazione, alla
tipologia e alla qualità delle abitazioni. Tali determinazioni vengono
fissate all'interno di specifiche tabelle e pubblicate per tutte le grandi
aree urbane.
Le "tabelle degli affitti" costituiscono, quindi, il riferimento di base
rispetto al quale:
i proprietari possono determinare i canoni di locazione o i relativi incrementi, in riferimento alle caratteristiche proprie delle
abitazioni,
gli inquilini possono controllare i livelli di congruenza degli affitti e più in generale dei contratti.
Ciascun proprietario può, infatti, fissare il canone di affitto della propria abitazione nell'ambito dei limiti fissati dalle suddette tabelle,
mentre i termini temporali del contratto vengono determinati liberamente con l'inquilino.
Il proprietario è, inoltre, soggetto a vincoli, tali che, per aumentare il
livello dell'affitto, deve provare che il nuovo canone risulti pari a
quello di altre abitazioni che ricadono nella stessa zona oppure in
una zona avente analoghe caratteristiche. L'incremento deve, inoltre,
risultare in linea con le condizioni stabilite a livello legislativo e, in
ogni caso, il livello dell'affitto non può crescere di oltre il 20% nell'arco di un triennio.
Un ulteriore sistema di locazione, nel settore dell'affitto privato in
Germania, riguarda i cosiddetti "contratti progressivi" (Jumping
Rents), dove i successivi incrementi del canone vengono definiti al
momento della definizione del contratto, mantenendo fermo, anche
in tal caso, l'incremento massimo del 20% in tre anni (54).
(53)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Germania, Doc. 2.2, Sez. II, C. J. Hachmann, Le politiche abitative.
(54)
Tali contratti, seppure siano sin dall'inizio più trasparenti, non sono particolarmente
apprezzati dagli inquilini, perché rispetto ad essi risulta più difficile qualsiasi forma di opposizione.
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1.2 Durata del contratto e rilascio dell'abitazione
A criteri generali di trasparenza e di omogeneità che contraddistinguono
generalmente il mercato locativo tedesco si accompagna anche un'ampia "certezza della locazione" da parte degli inquilini.
A parte, infatti, i casi di comprovata esigenza personale ad utilizzare la
propria abitazione per sé o per un membro della propria famiglia, non
esiste altra possibilità per il proprietario di liberare l'abitazione a meno
che l'inquilino non venga a violare i termini contrattuali. Se, infatti, quest'ultimo paga regolarmente l'affitto e si attiene alle clausole del contratto, risulta difficile liberare l'abitazione. I motivi di ristrutturazione non
costituiscono una ragione valida a far liberare l'abitazione, a meno che
lo stesso proprietario non offra all'inquilino un'altra abitazione avente requisiti simili alla precedente. In questo caso l'inquilino ha l'obbligo di accettare.
1.3 Le Cooperative di abitazioni
Tra il settore dell'affitto privato e quello della proprietà privata, si colloca,
infine, in Germania, l'ambito delle Cooperative di abitazioni.
Generalmente, le abitazioni delle cooperative sono regolate da una serie
di condizioni, comparabili a quelle del normale contratto di affitto, ma il
socio della cooperativo ha la possibilità di influenzare la strategia abitativa della cooperativa stessa. Alcune cooperative offrono la possibilità di
lasciare l'abitazione ai figli. Ci sono cooperative dove ormai vivono i discendenti di quarta generazione.
Fig. 1
percentuale sul totale delle abitazioni
CONSISTENZA DEL SETTORE IN AFFITTO IN GERMANIA
confronto con la media europea
100%
80%
60%
40%
20%
0%
GERMANIA
AFFITTO SOCIALE*
EUROPA
AFFITTO PRIVATO
Elaborazioni RST su dati EUROSTAT e CENSUS GERMANIA 1991
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CNEL
2.
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IL REGNO UNITO
(55)
2.1 Aspetti generali
Il sistema delle "tabelle ufficiali di determinazione degli affitti" è
presente anche nel Regno Unito. Rispetto ad esse, e in riferimento da
un lato alle caratteristiche proprie dell'abitazione e dall'altro alla durata temporale del contratto di locazione, si può determinare non soltanto il livello, ma anche eventuali incrementi o decrementi del
canone di locazione.
2.2 Locazioni al Giusto Canone
Prima del 1988, nel Regno Unito, tutte le assegnazioni delle abitazioni in locazione erano rigidamente protette e regolamentate, sia nel
senso che garantivano all'inquilino certezza della locazione, sia rispetto al livello degli affitti ("fair rents").
Per i contratti definiti prima di tale data, gli affitti sono registrati e
vengono definiti ogni due anni dal Servizio ufficiale degli affitti, che
assume come riferimento il livello dei canoni di locazione sul mercato (Locazioni al "Giusto Canone").
2.3 Locazioni assicurate
Dopo il provvedimento del 1988 (1988 Act), per tutti i nuovi affitti, i
proprietari hanno definito il canone della propria abitazione rispetto
ai livelli di mercato, con una riduzione dei termini di durata del contratto. Gli inquilini vengono garantiti per una locazione minima di
sei mesi che può essere, tuttavia, estesa se il proprietario non dimostra di dovere rientrare in possesso dell'abitazione. In tal caso, il livello del canone può crescere in ragione della durata del contratto di
locazione (Locazioni Assicurate).
(55)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing"
nel Regno Unito, Doc. 2.4, Sez. II, C. Bazlinton, Le politiche abitative.
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Fig. 2
AFFITTI IN INGHILTERRA
Canone mensile in lire italiane
1.000.000
800.000
600.000
400.000
200.000
1989
1990
1991
1992
LOCAZIONI AL GIUSTO CANONE
1993
1994
1995
LOCAZIONI ASSICURATE
Elaborazioni RST su dati del Department of Environment pubblicati su Housing Rewiev 1996/97
2.4 Altri tipi di locazione
Esistono, inoltre, nel Regno Unito, una serie di altre forme di locazione, come per esempio le "sistemazioni vincolate" (servicies tenancies), che generalmente conferiscono il diritto di occupazione
soltanto durante il periodo di lavoro, oppure le cosiddette "camere in
affitto" (lodgings), che possono essere messe in locazione dal proprietario all'interno della propria abitazione, sulla base dei regolamenti previsti dal Governo nel 1990 (56).
(56)
Il reddito in tal caso è esente da tasse ed il costo della camera non eccede le 60 sterline a settimana.
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Fig. 3
PERCENTUALE SUL TOTALE DELLE ABITAZIONI
EVOLUZIONE DEL SETTORE IN AFFITTO NEL REGNO UNITO
100%
80%
60%
40%
20%
0%
1951
1961
1971
AFFITTO PRIVATO
1981
1991
AFFITTO SOCIALE
Elaborazioni RST su dati EUROSTAT e Census
ABITAZIONI IN AFFITTO
(valori in migliaia)
AFFITTO PRIVATO
AFFITTO SOCIALE
1951
7.300
2.500
1961
5.300
4.200
1971
3.606
5.800
1981
2.753
6.500
Tab. 3.1
1991
1.934
5.731
Elaborazioni RST su dati EUROSTAT e Census UK
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3.
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L'OLANDA
(57)
Una specifica "Legge sul costo degli affitti" (Rent Price Law) vige anche in Olanda, sebbene la consistenza del patrimonio abitativo afferente al settore locativo privato, in questo Paese, risulti
sostanzialmente esigua rispetto alle altre realtà europee (58), dove predominante risulta invece il settore dell'affitto sociale gestito dalle Autorità Locali e dalle Associazioni abitative (59).
Il provvedimento legislativo fissa comunque una soglia massima di
accettabilità sociale dell'affitto, sulla base della quale, e tenendo
conto della qualità dell'alloggio, può essere determinato il canone di
affitto tra locatore e locatario. Inoltre, in sede di definizione del contratto, può essere stabilito un incremento annuo del canone.
Fig. 4
CRESCITA MEDIA DELL'AFFITTO E LIVELLI DI INFLAZIONE IN OLANDA
8%
Variazione annuale
6%
4%
2%
0%
1988
1989
1990
1991
CRESCITA MEDIA DELL'AFFITTO
1992
1993
1994
INFLAZIONE
Elaborazione RST su fonte NWR
(57)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Olanda, Doc. 2.3, Sez. II, Le politiche abitative.
(58)
Al 1991, la quota di abitazioni in affitto privato è pari al 12% dello stock abitativo totale, contro una media europea del 20%. Gran parte dei locatari privati possiede gli alloggi
più vecchi, la maggior parte dei quali sono datati prima del 1940. In linea generale, gli affitti sono bassi, la qualità è modesta e i proprietari possiedono un limitato numero di appartamenti. Se comparata con altri Paesi, questa forma di locazione è poco diffusa e sta
continuando ancora di più a diminuire. Al momento i Private landlords contano il 7% circa dello stock complessivo. La ragione di questo fatto risiede nell'acquisto di quote consistenti di patrimonio residenziale da parte delle Associazioni abitative.
(59)
La consistenza del settore in affitto sociale al 1991 è pari a circa il 37% dello stock
complessivo totale, contro una media europea del 14%.
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La finalità generale è quella di fornire un sistema di procedure specifico in base al quale gli affittuari possano controllare i livelli degli affitti e muovere le proprie istanze.
PERCENTUALE SUL TOTALE DELLE ABITAZIONI
Fig. 5
EVOLUZIONE DEL SETTORE IN AFFITTO IN OLANDA
100%
80%
60%
40%
20%
0%
1975
1981
1985
AFFITTO PRIVATO
1989
AFFITTO SOCIALE
Elaborazioni RST su dati EUROSTAT e Census
ABITAZIONI IN AFFITTO
(valori in migliaia)
AFFITTO PRIVATO
AFFITTO SOCIALE
Tab. 5.1
1975
856
1.755
1981
843
1.933
1985
754
2.261
1989
696
2.553
Elaborazione RST su dat EUROSTAT e Census
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CNEL
4.
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LA FRANCIA
(60)
4.1 Meccanismi indiretti di regolamentazione del mercato loca
tivo
Alcuni sistemi di gestione del mercato locativo, tesi essenzialmente
ad incentivare il settore dell'affitto, ma che determinano anche un
controllo indiretto dei meccanismi di locazione, sono collegati alle
politiche di agevolazione fiscale.
In Francia , per esempio, l'intervento nel settore dell'affitto privato si
esprime, attualmente, tanto attraverso meccanismi indiretti volti all'incentivazione dell'offerta di nuovi alloggi, quanto attraverso azioni
dirette di sostegno volte al soddisfacimento della domanda, attraverso
il sistema delle "Agevolazioni per l'Alloggio" (APL), essendo stato soppresso nel 1984 il Regolamento che normava struttura e livelli degli
affitti.
L'aiuto indiretto per gli investimenti nel settore dell'affitto privato
consiste in un prestito a tasso agevolato (Pret Locatif Intermédiarie PLI), concesso agli Organismi della HLM, alle Società miste e agli investitori privati per la costruzione di abitazioni, il cui livello di locazione risulti intermedio tra quello del settore sociale e quello del
libero mercato. L'investimento può essere egualmente finanziato attraverso un prestito convenzionato a tasso agevolato, rimanendo comunque fermo il diritto, per l'occupante dell'abitazione, ad accedere
all'APL. I prestiti convenzionati possono essere ottenuti anche per finanziare la costruzione di alloggi da offrire in locazione.
4.2 Condizioni per le agevolazioni fiscali
La suddetta misura viene integrata da un regime di incentivi fiscali
per gli investimenti nel settore dell'affitto privato, che vengono concessi a tutti gli investitori, a condizione che venga rispettata una durata minima del periodo di locazione (6 anni) ed una determinata soglia
del livello di affitto. Si tratta di una deduzione di imposta del 10%,
calcolata sull'ammontare dell'investimento, per un massimo di
60.000 franchi.
Le forme di agevolazione per gli investimenti nel settore abitativo
vengono integrate da diverse forme di sostegno ai costi di gestione
delle abitazioni, che vengono concesse alle famiglie in locazione, in
(60)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Francia, Doc. 2.1, Sez. II, L. Ghekiere, Le politiche abitative.
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funzione della soglia di reddito e dell'ammontare dell'affitto (nell'ambito del sistema della "Allocation de logement").
Fig. 6
PERCENTUALE SUL TOTALE DELLE ABITAZIONI
EVOLUZIONE DEL SETTORE IN AFFITTO IN FRANCIA
100%
80%
60%
40%
20%
0%
1961
1970
1978
AFFITTO PRIVATO
1984
1988
1992
AFFITTO SOCIALE
Elaborazioni RST su dati EUROSTAT e Census
ABITAZIONI IN AFFITTO
(valori in migliaia)
AFFITTO PRIVATO
AFFITTO SOCIALE
1961
4.805
784
Tab. 6.1
1970
4.744
1.828
1978
4.829
2.823
1984
4.570
3.362
1988
4.291
3.622
1992
4.561
3.775
Elaborazione RST su dati EUROSTAT e Census
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5.
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ALTRI SISTEMI DI REGOLAMENTAZIONE DEGLI AFFITTI
Sistemi diversi di regolamentazione degli affitti sono presenti anche
in Grecia e in Irlanda, Paesi in cui è anche prevista la deducibilità di
una parte dell'affitto dal reddito imponibile.
In Spagna, il livello degli affitti per contratti antecedenti al 1985 è determinato per via amministrativa ed è previsto un sostegno fiscale alle
famiglie locatarie in funzione del livello di reddito e del canone.
Nel Granducato di Lussemburgo, il canone di locazione per i contratti antecedenti al 1944 (!) è determinato per via amministrativa e per i
contratti successivi è proporzionale al livello di investimento.
In Danimarca, l'affitto è regolamentato in via amministrativa (61).
In Austria, il livello di affitto è stabilito all'interno di specifiche categorie ed è basato sull'età e sulla qualità delle abitazioni.
In definitiva i diversi Paesi che adottano un sistema di regolamentazione del mercato locativo, sia per quanto concerne i valori e l'evoluzione nel tempo dei canoni di affitto, sia per ciò che riguarda la
durata delle locazioni e il rilascio delle abitazioni.
L'adozione di dispositivi di questa natura, in alcuni casi determina
condizioni di "equità" e di "trasparenza" del settore, senza che si verifichino effetti negativi sull'offerta di abitazioni o sui rendimenti. In altri Paesi, la regolamentazione dei canoni ha determinato
l'irrigidimento o la chiusura del mercato, al punto da richiedere l'avvio di processi di liberalizzazione di diversa natura con esiti assai differenziati.
Sembra dunque che il livello di minore o maggiore efficacia dei sistemi di regolamentazione del mercato dell'affitto, sia legato, non tanto
al tipo di parametri o di regole, né alla numerosità dei vincoli, quanto
piuttosto alla coerenza tra regole e assetto strutturale del mercato,
all'assetto complessivo delle regole e, soprattutto, al modo in cui tali
sistemi vengono applicati e alle forme di contrattazione/ concertazione adottate per la loro gestione.
(61)
Union Nationale des Federations d'Organismes d'HLM, Marches et Politiques du
Logement dans la CEE, La Documentation Francaise, Paris 1991.
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Scheda 5
GESTORI, PROMOTORI, INVESTITORI
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Alle diverse politiche abitative realizzate nei vari Paesi europei
corrispondono altrettanti sistemi di gestione che afferiscono a strutture ed organismi variamente articolati e differentemente organizzati, in
termini di proprietà, attribuzioni e livelli di competenza.
A sistemi fortemente centralizzati, dove le politiche abitative afferiscono al governo centrale, attraverso pratiche di interazione più o
meno significative con le Autorità locali con altri organismi di gestione del settore, si contrappongono sistemi in cui le competenze in materia abitativa risultano molto più articolate o afferiscono
sostanzialmente agli organismi locali, mantenendo lo Stato un ruolo
più generale di coordinamento.
Altrettanto differenziato, nel confronto tra i Paesi europei, risulta
il campo delle attività di promozione abitativa, dove soggetti diversi,
con ruoli e competenze di vario spessore operano attualmente tanto
nel settore pubblico che nel libero mercato.
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1.
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IL REGNO UNITO
(62)
Nel Regno Unito, i provvedimenti per il settore abitativo sono coordinati, a livello governativo, dal Department of the Envoronment
(DoE), sulla base di accordi annuali con il Dipartimento responsabile
della spesa pubblica (Tresury), le Autorità Locali e le Associazioni
abitative. Sempre a livello centrale, il Department of Social Security
provvede ai sistemi di tutela per le fascie di reddito più deboli. Il Department of Health è responsabile del coordinamento delle politiche
abitative riguardanti le persone con disturbi mentali, problemi di salute e disabili che vengono rilasciati dagli Istituti di cura e dagli
Ospedali. L'Home Office (il Ministero degli Interni in Gran Bretagna)
gestisce, infine, le politiche abitative riguardanti gli ex- detenuti.
Per la gestione e la distribuzione dei finanziamenti pubblici, nonchè per la determinazione più specifica dei criteri di regolamentazione del settore sociale, esistono invece strutture autonome e
direttamente preposte, come la Housing Corporation, in Inghilterra,
che coordina e sovvenziona l'attività delle diverse Associazioni abitative; la Scottish Homes, in Scozia; la Tay Cymru, nel Galles; la Northern Ireland Housing Executive, nel Nord Irlanda.
Un ruolo centrale, nell'ambito del settore sociale, è assunto dalle
cosiddette Housing Associations, a cui afferisce la gestione di quasi
tutto il più recente patrimonio abitativo. Esse acquisiscono suoli, ottengono licenze di costruzione, concordano con gli appaltatori edili
le modalità costruttive delle abitazioni. I finanziamenti provengono,
in parte da fondi pubblici distribuiti dal Governo centrale (Housing
Association Grants - HAG) attraverso la Housing Corporation e dalle
Autorità Locali (in base a sistemi competitivi di offerta), in parte dalle
Società Immobiliari, dalle Compagnie finanziarie e dal mercato obbligazionario. L'Housing Act del 1988 ha consentito, infatti, alle Housing Associations di utilizzare finanziamenti privati a supporto di
quelli pubblici, ridefinendo, al contempo, tali organismi come organismi del settore privato.
Sebbene nel corso del tempo la disponibilità finanziaria delle Autorità Locali nel settore sociale si sia ridotta, rimane comunque rilevante il loro ruolo, soprattutto nell'ambito della gestione dello stock
abitativo sociale esistente. Esse assumono infatti carattere strategico
(62)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing"
nel Regno Unito, Doc. 2.4, Sez. II, C. Bazlinton, Le politiche abitative.
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nella definizione del fabbisogno abitativo nella propria area di competenza e nella definizione delle politiche atte a soddisfare tale fabbisogno.
In base allo Homeless Persons Act del 1977, le Autorità locali
hanno inoltre il compito di trovare "sistemazione permanente" alle famiglie "senzatetto", collocandole all'interno del proprio stock di abitazioni o utilizzando il diritto di nomina dei candidati nell'ambito del
sistema di assegnazione delle abitazioni sociali afferenti alle Associazioni abitative.
Relativamente al mercato privato, gran parte delle assegnazioni
di abitazioni (sia che si tratti di nuove costruzioni che di abitazioni
da ristrutturare) è gestita dalle Società immobiliari. Esse acquisiscono
suoli, ottengono licenze di costruzione, realizzano abitazioni e le
immettono sul mercato, attraverso risorse proprie o attraverso l'utilizzazione di contributi provenienti da Banche e Società finanziarie o,
ancora, attraverso emissioni obbligazionarie sullo stock.
Nel comparto specifico dell'affitto privato, uno dei principali promotori è la Quality Street, una società sussidiaria della Nationwide
Building Society. Essa ha realizzato circa 3.000 abitazioni per l'affitto, sostenuta finaziariamente dalla Nationwide.
Un ruolo importante, ma sostanzialmente giocato sul piano finanziario, è svolto dalle Banche e dagli altri Istituti di credito. In passato questi enti hanno finanziato i lavori di costruzione di Società e
Costruttori, recuperando i crediti al momento della vendita delle abitazioni. Gli acquirenti hanno frequentemente usufruito di prestiti ipotecari da parte delle stesse Banche che avevano finanziato i lavori di
costruzione. Attualmente la maggior parte dell'acquisizione in proprietà è supportata da prestiti ipotecari.
Le istituzioni finanziarie hanno, inoltre, un ruolo molto rilevante
anche nel finanziamento delle abitazioni del settore sociale. Rispetto
agli attuali contributi pubblici, esse forniscono circa il 45% dei finanziamenti richiesti per tali abitazioni (63).
(63)
Dal 1988, il settore privato ha impegnato 10 miliardi di sterline nei programmi delle
Associazioni abitative e nei trasferimenti volontari delle abitazioni delle Autorità locali.
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2.
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LA FRANCIA(64)
Anche nel sistema francese, le competenze sulle politiche abitative
afferiscono all'Amministrazione centrale, che opera però attraverso
un sistema decentrato a scala dipartimentale, con l'intermediazione
delle Directions Départementales de l'Equipment.
Le politiche e gli strumenti di intervento sono fissati dal Governo
centrale, mentre il dimensionamento economico degli interventi è effettuato dalle Regioni e dai Dipartimenti, sulla base di un quadro di
ripartizione regionale.
Diversamente da altri Paesi europei, le Regioni non hanno competenze nella regolamentazione del settore abitativo. Esse tuttavia,
così come i Dipartimenti, hanno la possibilità di integrare l'ordine dei
sussidi per il settore abitativo fissati dallo Stato, attraverso proprie dotazioni di bilancio, relativamente ai Programmi di riqualificazione del
patrimonio locativo sociale.
Le Autorità Locali, pur non avendo competenze dirette in materia di
politica abitativa, giocano tuttavia un ruolo centrale nel settore abitativo sociale, attraverso una serie di Organismi di controllo (Offices
publics et Offices Publics d'Aménagement e de Costruction, Société
d'économie mixte).
Ulteriori promotori del settore abitativo sociale sono le Società Anonime, il cui capitale afferisce a diversi attori socio-economici, e le Società Cooperative.
Composizione dello stock in affitto sociale -1988
(Migliaia di abitazioni e %)
Totale
Abitazioni in affitto sociale HLM
3 264,5
afferenti a:
Uffici e OPAC
1 855
Società anonime
1 405
Cooperative
4,5
Altre abitazioni sociali
397
TOTALE
3 661,5
Fonte: UNFOHLM et enquete logement 1988, INSEE
Tab. 6
%
89,2 %
50,7 %
38,4 %
0,1 %
10,8 %
100 %
(64)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Francia, Doc. 2.1, Sez. II, L. Ghekiere, Le politiche abitative.
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Le abitazioni in affitto sociale vengono assegnate direttamente dagli
Organismi della HLM ai nuclei familiari, i cui redditi non superino
determinate soglie fissate dallo Stato. Le Comunità Locali, lo Stato, attraverso l'intermediazione dei suoi rappresentati a livello Dipartimentale, e le Imprese, dispongono di un diritto di riserva su una quota
degli alloggi assegnati.
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CNEL
3.
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L'OLANDA
(65)
Centrale risulta essere, anche in Olanda, il ruolo del Governo, soprattutto nel settore sociale, (66) seppure in questo settore grande rilevanza assume la posizione delle
Housing Associations
(Woningcorporaties).
Inizialmente vincolate alle politiche e ai regolamenti governativi, tali
Associazioni hanno progressivamente incrementato il proprio potere
decisionale e, a seguito del Decreto del 1993, la loro attività è sottoposta soltanto a controlli a posteriori, rispetto ai quali le Autorità locali possono richiedere eventuali interventi integrativi del Ministero,
laddove l'attività delle Associazioni si dimostri insufficiente.
L'accresciuta capacità di auto-sviluppo delle Associazioni abitative si
sta consolidando anche a livello finanziario (67). Il ricorso a meccanismi di garanzia e a prestiti statali si è fortemente ridotto ed attualmente le Associazioni abitative si riferiscono ai capitali di mercato
come gli altri operatori. Le garanzie sono offerte dal Fondo di Garanzia, per le ristrutturazioni, il rinnovo e la costruzione delle abitazioni,
e dal Fondo Centrale che, utilizzando i contributi annuali delle stesse
Associazioni abitative, fornisce assistenza a quelle che presentano
problemi finanziari.
Per quanto riguarda il patrimonio abitativo municipale, questo è gestito da un apposito organismo (l'Agenzia Abitativa Municipale GWB), ma attualmente molte municipalità stanno procedendo alla
privatizzazione delle proprie agenzie.
Oltre alle Associazioni e alle Autorità locali, altre istituzioni no-profit
(NW) sono attive nel settore sociale, seppure limitatamente al
(65)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Olanda, Doc. 2.3, Sez. II, Le politiche abitative.
(66)
Gli organismi governativi competenti in materia risultano: il Ministero per il Social
Housing, la Pianificazione Regionale e l'Ambientale (VROM), che definisce le regole per il
social housing e sovrintende alla corretta applicazione di dette regole oltre a concedere finanziamenti alle autorità regionali e locali che, a loro volta, li destinano alle Associazioni
abitative; il Ministero delle Finanze, responsabile della definizione e la messa a punto dei
diversi schemi di sovvenzioni; il Ministero della Sanità, del Welfare e dello Sport, che si occupa prevalentemente delle attività di sostegno alla popolazione anziana.
(67)
Un indicatore di questa situazione è la riserva finanziaria delle Associazioni, che è
pari ad una media di 8.245 fiorini (circa 7,3 milioni di Lire) per abitazione nel 1992. Una
media di 7.924 fiorini (pari a 6,9 milioni di Lire) per abitazione in affitto è percepita su base
annuale (3/4 del totale), dove i sussidi governativi colmano la differenza (1/4).
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servizio di determinati gruppi sociali (prevalentemente studenti ed anziani).
Nel settore dell'affitto profit, occorre distinguere tra lo stock abitativo ante-guerra, formato prevalentemente da povere e piccole abitazioni a buon mercato, concesse in locazione da singoli proprietari, e
lo stock abitativo post-bellico che fa capo invece a grossi investitori
istituzionali ed è costituito da ampie e costose abitazioni, la cui gestione è affidata ad agenzie.
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CNEL
4.
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LA GERMANIA
(68)
La Costituzione della Repubblica Federale Tedesca stabilisce che le
politiche abitative debbano venire gestite dalle Istituzioni Federali e
dalle Agenzie dei Lander, nell'ambito dei rispettivi ministeri e dipartimenti competenti.
A livello federale si colloca il Ministero Federale per la Pianificazione Regionale, il settore delle Costruzioni e la Pianificazione Urbana;
a livello dei Lander esistono dipartimenti che afferiscono rispettivamente al suddetto Ministero o al Ministero per le Abitazioni. Ad entrambi i livelli si collocano Comitati parlamentari che gestiscono le
politiche abitative e che lavorano a stretto contatto con l'ARGEBAU,
l'organismo di coordinamento dei Lander.
Consistente potere decisionale è inoltre attribuito alle Autorità Locali
e alle Associazioni abitative. Nella FRG, le Associazioni abitative si
articolano in due diversi gruppi:
-
Società di costruzioni per il libero mercato;
Società impegnate nella costruzione di abitazioni sociali.
Fino al 1977, la maggior parte delle abitazioni in affitto veniva realizzata dalle società che operavano nel settore sociale, mentre successivamente le nuove abitazioni in affitto sono state realizzate dalle
società afferenti al libero mercato.
La figura predominante nel settore dell'affitto privato, nell'ovest della
Germania, è ancora il proprietario privato, seppure dopo l'unificazione, gli investimenti delle associazioni afferenti al GdW (la Federazione che coordina le diverse Associazioni abitative) si siano accresciuti
enormemente.
(68)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Germania, Doc. 2.2, Sez. II, C. J. Hachmann, Le politiche abitative.
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Investimenti in abitazioni delle associazioni del GdW - 1990-1995
miliardi DM
1990
1991
1992
1993
Nuove costruzioni
6
6
6
7
ex-FRG
6
6
6
7
ex-GDR
0
Recupero e manutenzione
6
9
16
20
ex-FRG
4
6
9
9
ex-GDR
2
3
8
11
Totale investimenti
12
16
22
27
ex-FRG
10
12
15
16
ex-GDR
2
3
8
11
Fonte: GdW
1994
8
7
1
24
10
13
32
18
14
1995
11
10
2
22
8
14
34
18
16
Si sono ridotti, invece, gli investimenti delle Società assicurative,
mentre sono aumentati quelli degli Istituti di credito e delle banche.
Per questi ultimi soggetti il settore abitativo ha assunto una sempre
maggiore rilevanza. Particolari combinazioni con mutui ipotecari sono state definite e un numero crescente di banche sta assumendo al
proprio interno servizi di "brokeraggio" specializzati (69).
Anche le Istituzioni municipali e comunali hanno incrementato
enormemente i loro investimenti
In linea di principio, non esistono limitazioni alla presenza dei
diversi investitori nel settore del "social housing". Qualsiasi soggetto
può effettuare degli investimenti nel settore, nel rispetto dei regolamenti specifici stabiliti da legge federale. Il principio dei "contratti a
termine" introdotto nel settore del "social housing", dove i criteri sociali risultano fissati ed il livello dell'affitto è garantito come "livello
sociale" per un certo periodo di tempo, costituisce motivo di attrazione di capitali privati.
(69)
L'entità degli investimenti delle associazioni afferenti al GdW si è accresciuta da
11,7 miliardi DM, nel 1990, a 33,6 miliardi DM, nel 1995, mentre quella delle Società assicurative è passata da 4,7 miliardi DM nel 1991 a 3,2 miliardi DM. Nello stesso periodo
gli Istituti di credito e le Banche hanno incrementato i loro investimenti nel settore da 3,2
miliardi DM a 5,4 miliardi DM.
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5.
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
LA SPAGNA (70)
Fortemente decentrato risulta invece il governo delle politiche
abitative in Spagna, dove, attraverso specifica legislazione, è stata attribuita esclusiva competenza in materia alle Comunità autonome
(Aiyuntamentos), mantenendo lo Stato un ruolo generale di coordinamento.
All'Amministrazione Centrale è riservata infatti la definizione
delle normative di base e dei provvedimenti giuridici, la determinazione dei vincoli dell'attività economica, l'ordinamento del credito e
della concessione di benefici fiscali, nonchè l'elaborazione ed il controllo dei progetti delle opere edilizie destinate agli organismi dell'Amministrazione statale.
Le Comunità autonome, invece, oltre ad applicare le norme definite a livello statale, elaborano proprie normative in materia di abitazioni. Esse hanno inoltre competenza specifica nell'ambito della
programmazione, del controllo, della gestione e della promozione
delle abitazioni del settore sociale ("di protezione ufficiale") e nella
gestione delle procedure relative alla concessione dei sussidi personali.
Alcune attività sono sviluppate in maniera coordinata tra l'Amministrazione centrale e le Comunità Autonome (la definizione degli organi di controllo sulla qualità dell'edificazione delle Comunità
Autonome, l'erogazione di sovvenzioni per la riqualificazione del patrimonio rurale e per il recupero dello stock afferente alle Corporazioni locali, etc.).
In alcune municipalità, l'Amministrazione locale opera in qualità
di promotore e gestore del patrimonio abitativo pubblico, incidendo
sul sistema abitativo attraverso politiche e strumenti che agiscono sul
regime delle abitazioni e dei suoli.
La promozione delle abitazioni, qualunque sia il loro regime (libero mercato, abitazioni a "prezzo tassato", abitazioni di "protezione
ufficiale in regime generale o speciale") può essere promossa da promotori privati con fini di lucro, individuali o societari, da promotori
(70)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Spagna, Doc. 2.5, Sez. II, F. Ubeda Rives, Le politiche abitative.
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CNEL
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
pubblici o da promotori cooperativi. Tra i diversi soggetti si possono
identificare:
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
Enti finanziari, compagnie di assicurazione, di credito, che gestiscono prevalentemente immobili ad uso non abitativo.
Fondazioni e società immobiliari. Esse non possono realizzare
attività di promozione poiché debbono formare il proprio patrimonio attraverso meccanismi di acquisizione diretta.
Società immobiliari. La loro partecipazione nell'ambito della
promozione abitativa copre l'80% del totale delle attività in questo campo.
Società di costruzione: dispongono di proprie Società immobiliari. La loro partecipazione nella promozione dello stock abitativo non è disaggregata a livello statistico dalla quota
precedentemente illustrata.
Associazioni non governative senza fine di lucro (no-profit). A
questo comparto afferiscono sostanzialmente le Società cooperative, essendo poco significative le altre organizzazioni, fondazioni, imprese o enti che operano nel campo delle promozioni
immobiliari. Generalmente, l'azione di promozione immobiliare
è realizzata da organismi sociali integrati con organizzazioni
non governative e si sviluppa attraverso la costituzione di società
cooperative specifiche. La partecipazione delle Società cooperative nella promozione immobiliare di abitazioni copre circa il
15% del totale delle attività.
Organismi pubblici: Oltre alle attività di promozione esercitate
direttamente dai Dipartimenti corrispondenti, dalla Direzione
Generale per l'Abitazione e la Città (Direcciones Generales de
Vivienda y/o Urbanismo) e dai livelli statali, autonomi o dipendenti dalle principali Circoscrizioni, la promozione e la gestione
del patrimonio abitativo e delle aree edificabili è attuata da Enti
specificamente preposti. Questi promotori pubblici possono distinguersi per diverso statuto, configurandosi come organismi autonomi o società commerciali
- Gli organismi autonomi sono parte dell'Amministrazione pubblica e, in tale senso, la loro attività è soggetta al diritto amministrativo.
- Le Società commerciali sono quelle in cui la responsabilità dei soci, o dei partecipanti, è limitata al capitale apportato
(Società Anonima o Società a Responsabilità Limitata) e in cui la
partecipazione dell'Amministrazione, nella titolarità del capitale, è maggioritaria
Operatori individuali (famiglie)
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CNEL
6.
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
L'AUSTRIA
(71)
In Austria, nell'ambito del settore sociale, il Governo federale assume esclusiva competenza nella programmazione economico-finanziaria e provvede alla distribuzione dei finanziamenti alle Province
federali (Bundeslander). Dal 1989, queste ultime, sono autorizzate ad
adottare le proprie leggi in materia di promozione abitativa, mentre
in precedenza la struttura generale della politica di promozione era
soggetta a legge federale.
Per quanto riguarda i sistemi di gestione la legge definisce diversi
soggetti e forme di intervento relativamente ai due comparti del settore sociale:
Settore dell'affitto: per lungo tempo questo settore è stato
gestito esclusivamente dalle Autorità locali (principalmente
municipali) e da Associazioni abitative no-profit; negli ultimi anni altri tipi di soggetti hanno cominciato ad accedere
ai fondi pubblici.
-
Settore della proprietà: in aggiunta alle Associazioni noprofit, anche i soggetti privati e le società costruttrici sono
state autorizzate ad operare in questo settore, seppure generalmente con un ruolo minore.
Attualmente si rileva una forte tendenza alla cooperazione tra le
Associazioni no-profit e le Municipalità: insieme hanno fondato delle
specifiche associazioni costruttive o sono entrate in "partnership" con
altre già esistenti; le Municipalità inoltre lavorano in cooperazione
con Associazioni no-profit per provvedere alla sistemazione delle
aree urbane e/o per assegnare contributi finanziari atti a coprire i costi di costruzione, ottenendo in cambio abitazioni da assegnare ai
candidati in lista per le abitazioni sociali.
(71)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Schede sui caratteri strutturali del sistema abitativo in Austria,
Doc. 3.4, Sez. II, J. Klemen, Caratteri e dinamiche del Social Housing.
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Scheda 6
I CARATTERI DEL SETTORE
"NO-PROFIT" NEI PAESI EUROPEI
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CNEL
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
Generalmente compreso nell'ambito delle più ampie politiche di
"social housing", il settore no-profit si riferisce specificamente a quelle strutture di produzione, gestione e valorizzazione del patrimonio
abitativo svolte senza fini di lucro da organismi di varia natura, strutturati in maniera indipendente e regolamentati in misura più o meno
ampia da norme nazionali e/o regionali, che offrono una risposta alla
domanda abitativa delle fasce sociali più deboli.
Senso e portata delle attività no-profit, assumono valori differenti nei
vari Paesi europei in rapporto alle diverse politiche abitative sociali,
alle forme e agli strumenti di gestione dei differenti comparti, alla
struttura e ai criteri di regolamentazione del settore abitativo in generale.
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CNEL
1.
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L'OLANDA
(72)
In Olanda, il settore dell'affitto no-profit ha un ruolo predominante,
assorbendo circa il 40% dello stock abitativo totale. Esso è gestito
dalle Autorità Locali e, in massima parte, dalle Housing Associations,
organismi specificamente preposti alla produzione/gestione delle abitazioni per fini sociali, con un affitto moderato, un'adeguata qualità e
destinate a locatari a più basso reddito (73).
Per essere abilitate ad operare nel settore abitativo le Housing Associations devono superare un esame del governo, che le riconosce come "istituzioni approvate". Queste possono operare unicamente nel
settore abitativo. L'operatività include la costruzione, la gestione,
l'investimento, la vendita, la fornitura di servizi ai costruttori e la
manutenzione dell'ambiente fisico. L'approvazione normalmente
consente alle Associazioni di operare in una sola municipalità. Questa municipalità convoglia i sussidi ed ha anche un importante ruolo
nella supervisione del lavoro delle Housing Associations.
Sebbene il ruolo di tali Associazioni nell'ambito del "social housing",
sia cominciato ad accrescersi già a partire dal loro primo riconoscimento all'interno dell' "Housing Act" del 1901, di fatto, fino agli anni '60, esse sono rimaste soltanto "esecutrici" della politica
governativa, mentre le Autorità locali risultavano i principali gestori
delle attività nel settore.
A partire dagli anni '70 si è andata invece consolidando una sempre
maggiore indipendenza delle Housing Associations, soprattutto a seguito del provvedimento normativo che riconosceva alle stesse il diritto a costruire nuove abitazioni. Questo significava che solamente
quando le attività delle Associazioni fallivano nel completare la loro
opera, alle Autorità locali era consentito intervenire. In questo modo
le Housing Associations sono diventate i più importanti costruttori
delle case con finalità sociali.
Le Housing A ssociations controllano e gestiscono la maggior parte
(circa i 3/4) dell'affitto abitativo. Loro stesse sono proprietarie di un
vario stock di abitazioni che non include solamente la quota a basso
costo del mercato abitativo. Attualmente sono presenti circa 850 Associazioni. La consistenza del loro stock abitativo è estremamente
(72)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Olanda, Doc. 2.3, Sez. II, Le politiche abitative.
(73)
Premius 1995.
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varia, da poche dozzine di abitazioni gestite da Associazioni volontarie, a più di 15 o 20 mila alloggi gestiti da ampie organizzazioni professionali.
Stock abitativo in affitto per tipo di proprietà
Forma di proprietà
1983
Privati
17%
Investitori istituzionali
12%
Associazioni abitative
55%
Municipalità
14%
Non nota
1%
Totale
100%
Elaborazioni NWR su fonti varie
1986
14%
11%
61%
12%
2%
100%
1990
13%
11%
67%
9%
100%
Tab. 1
1993
11%
11%
70%
8%
100%
Le altre istituzioni "non profit" costituiscono una categoria a parte.
Le loro attività sono generalmente finalizzate a fornire alloggi a specifici gruppi sociali, come ad esempio anziani, disabili o studenti. Diversamente dalle Housing Associations, queste non sono "istituzioni
approvate" e sono coinvolte nel settore abitativo generalmente in
modo limitato, per determinati gruppi sociali come ad esempio gli
studenti e gli anziani. La loro quota sul totale dello stock abitativo è
modesta e il loro numero continua a diminuire.
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CNEL
2.
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IL REGNO UNITO
(74)
Il settore del "social housing" comprende nel Regno Unito sia lo stock
abitativo afferente alle Autorità locali sia quello afferente alle Associazioni abitative "not-for-profit".
Il ruolo delle Autorità locali nel settore sociale è stato molto rilevante
fino alla fine dagli anni '70 (tra il 1920 ed il 1980 esse hanno realizzato più di 5 milioni di abitazioni), quando, con l'introduzione del
"diritto di acquisto da parte degli inquilini", tale ruolo si è sostanzialmente ridotto, accrescendosi parallelamente quello delle Housing Associations.
Attualmente le Autorità locali gestiscono ancora gran parte del patrimonio abitativo sociale esistente (seppure negli ultimi anni esse siano
state incentivate a trasferire tale stock alle Housing Associations e alle
nuove Società locali) mentre tutte le abitazioni sociali di nuova costruzione sono realizzate dalle Housing Associations.
Attualmente le Housing Associations gestiscono 1.1 milioni di abitazioni in Inghilterra. La maggior parte di queste vengono offerte in affitto o messe in vendita dalle Associazioni stesse.
Le Housing Associations che operano in Inghilterra sono circa 1.700.
Esse sono gestite da Comitati volontari o da membri di comitati che
definiscono il piano di azione e sono responsabili della gestione e del
controllo dell'organizzazione. La crescita del settore ha determinato
il rafforzamento e lo sviluppo di tali organizzazioni (la North British
HA, è la più grande Housing Association e attualmente dispone di
40.000 abitazioni), sebbene esistano ancora associazioni molto piccole.
1910
1979
Affitto privato
100%
24%
Autorità locali
71%
Associazioni abitative
5%
TOTALE AFFITTO (valori assolu7.200.000
8.746.920
ti)
Fonte: C. Bazlinton, Le politiche abitative nel Regno Unito
Tab. 2
1995
25%
63%
13%
7.824.000
(74)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing"
nel Regno Unito, Doc. 2.4, Sez. II, C. Bazlinton, Le politiche abitative.
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CNEL
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
In merito ai criteri di assegnazione delle abitazioni gestite dalle Housing Association, si nota che almeno il 50% di esse sono attribuite su
richiesta dell'Autorità locale, sulla base di accordi di livello locale tra
pubblico e privato. Per il resto, le Associazioni possono fissare autonomamente le proprie politiche ed i relativi criteri di costruzione delle graduatorie. Particolare rilevanza assumono in questi casi gli
obiettivi di natura sociale. Nel 1993, il 37% delle abitazioni gestite
dalle Associazioni, sono state assegnate ai "senzatetto", il 34% a disoccupati e solo il 19% ad altre categorie.
In base all' Housing Act del 1996, le Housing Association saranno registrate nell'ambito della Housing Corporation e saranno inquadrate
come Società a responsabilità limitata del tipo "not-for-profit". Le
Autorità locali potranno mantenere una quota minoritaria e nominare
fino ad un terzo dei membri del Comitato di gestione della Società.
Gli inquilini dovranno approvarne lo Statuto attraverso un sistema di
voto.
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CNEL
3.
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
L'AUSTRIA
(75)
In Austria, le politiche abitative no-profit, in connessione funzionale
con l'attività di promozione abitativa, sono diventate di grande importanza nel settore delle abitazioni dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Negli anni '80, le Associazioni no-profit hanno gestito circa i due terzi delle abitazioni realizzate in costruzioni multi-familiari e la tendenza di questa politica è in netto incremento. Attualmente esse
sono in possesso di circa il 10% del totale dello stock abitativo, di
circa il 20% delle abitazioni collocate in edifici multi-piano e di circa
il 50% del settore dell'affitto sociale (considerando insieme lo stock
abitativo comunale e quello delle Associazioni no-profit). Assumendo, inoltre, le abitazioni acquisite in proprietà dagli occupanti, realizzate da Associazioni abitative no-profit, si rileva che su un terzo degli
edifici multi-familiari vige una qualche responsabilità di tali Associazioni.
Abitazioni in affitto
in affitto privato
in affitto sociale (Autorità locali, Ass. non-profit)
Fonte: Censimento 1991
(1000 unità)
1341,9
657,0
684,9
Tab. 3
%
100
48,96
51,04
Dal 1993, il "3. Wohnrechtsanderungesetz" ha introdotto, inoltre,
l'opzione per le Associazioni abitative no-profit di vendere gli appartamenti in affitto di propria proprietà agli occupanti.
I caratteri di maggior rilievo di tali Associazioni sono:
Profitti limitati (limitazione dei tassi di interesse sui propri capitali e limitazione sui prezzi di vendita e di locazione) (76);
Costi abitativi proporzionali ai costi di costruzione, alle modalità finanziarie e alle azioni di manutenzione;
(75)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Schede sui caratteri strutturali del sistema abitativo in Austria,
Doc. 3.4, Sez. II, J. Klemen, Caratteri e dinamiche del Social Housing.
(76)
In base al "No-Profit Housing Act" (Wohnungsgemeinnutzigkeit) gli affitti sono proporzionati al livello dei costi e l'affitto delle abitazioni gestite dalle Associazioni abitative
no-profit non può superare un certo livello.
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CNEL
-
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
Limiti nelle operazioni di re-investimento di capitale nel settore
abitativo.
Attualmente si rileva una forte tendenza alla cooperazione tra le Associazioni no-profit e le Municipalità: insieme hanno fondato delle
specifiche associazioni costruttive o sono entrate in "partnership" con
altre già esistenti. Le Municipalità inoltre lavorano in cooperazione
con Associazioni no-profit per provvedere alla sistemazione delle
aree urbane e/o per assegnare contributi finanziari atti a coprire i costi di costruzione, ottenendo in cambio abitazioni da assegnare ai
candidati in lista per le abitazioni sociali.
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CNEL
4.
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
LA DANIMARCA
(77)
Gran parte delle 455.000 abitazioni "sociali" in affitto, in Danimarca
sono state edificate dalle "public housing associations", organizzazioni no-profit, che operano previa approvazione delle Autorità locali. Le
abitazioni non sono riservate ad una particolare categoria di persone,
in quanto il Governo danese non pone soglie di reddito per le famiglie interessate ad accedere alle residenze pubbliche (78).
COMPOSIZIONE DELLO STOCK ABITATIVO IN AFFITTO
Abitazioni in affitto nel settore profit
463.000
Edilizia residenziale sociale in affitto
455.000
Case cooperative
121.000
Case per anziani
55.000
Case per giovani
50.000
Totale affitti
1.144.000
Tab. 4
40 %
40 %
11 %
5%
4%
100 %
Nel settore sociale, oltre alle 650 associazioni pubbliche e società
private "not-profit-making" sono comprese cooperative, società autonome controllate dalle Autorità locali e altre società (investitori economici e sociali).
Ciascuna unità di gestione è organizzata indipendentemente. Tale livello di autonomia consente a ciascun gruppo di incentivare gli inquilini a rispondere ai propri doveri, in cambio di tutta una serie di
servizi che vengono messi a loro disposizione. L'unica limitazione sta
nel fatto che le spese relative a tali servizi risultino commisurate al livello dell'affitto: più consistenti sono i servizi forniti, più alto è il costo dell'affitto. In questo modo le associazioni non si pongono tanto
come gestori delle abitazioni (tale ruolo viene assegnato agli inquilini), quanto, come fornitori di servizi.
(77)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Schede sui caratteri strutturali del sistema abitativo in Danimarca, Doc. 3.2.
(78)
In alcune zone, la priorità viene data alle famiglie con bambini e le autorità riservano il 25% del patrimonio per esigenze di natura sociale.
27 NOVEMBRE 1997
PAG. 103
CNEL
5.
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
LA FRANCIA
(79)
In Francia, circa l'89% del settore sociale in locazione è gestito dagli
Organismi della HLM, mentre il restante 11% afferisce a Società miste e ad investitori privati.
Quale che sia il loro statuto, gli organismi HLM sono tutti "senza scopo di lucro". La loro origine risale al 1894, ma il più consistente sviluppo risale al periodo tra le due guerre e, soprattutto, a dopo la
seconda guerra mondiale.
Composizione dello stock in affitto (Migliaia di abitazioni e %)
1984
%
1988
Affitto privato
4804
59,6%
4330
non ammobiliato
4460
55,3%
4085
ammobiliato
344
4,3%
245
Tab. 5
%
55,0%
51,9%
3,1%
Affitto sociale
Settore HLM
Altro
Totale
Fonte: EL 1984,1988,INSEE
45,0%
39,9%
5,0%
100%
3263
2898
365
8067
40,4%
35,9%
4,5%
100%
3540
3143
397
7870
I differenti organismi HLM che compongono il quadro degli operatori
del "social housing" in Francia sono dotati di particolare autonomia.
Essi elaborano i programmi, ne assicurano la realizzazione, assegnano gli alloggi e ne definiscono gli affitti.
In relazione alle differenti competenze giuridiche e ai contesti locali
in cui operano, tali organismi si distinguono in due diverse categorie,
l'una di diritto pubblico, l'altra di diritto privato.
Organismi di diritto pubblico sono:
gli Offices publics d'HLM (OPHLM), costituiti per iniziativa dell'Amministrazione locale, con competenza comunale e dediti
principalmente alla costruzione ed alla gestione di alloggi in affitto e agli interventi di urbanizzazione;
gli Offices publics d'Aménagement et de construction (OPAC),
enti pubblici con carattere di agenzia industriale e commerciale,
(79)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Francia, Doc. 2.1, Sez. II, L. Ghekiere, Le politiche abitative e da Comitato per l'Edilizia Residenziale-Ministére de l'Equipment du Logement, des Transports et de l'Espace, Construire le Logement / Edilizia residenziale
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PAG. 104
CNEL
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
caratterizzati da una maggiore flessibilità operativa rispetto ai
precedenti.
Organismi di diritto privato, che operano con capitale sociale di origine privata, con mezzi finanziari di origine pubblica sono:
le Società anonime di HLM (SA HLM), normalmente create da
imprese private, istituti finanziari, camere di commercio, associazioni, operano sia nel settore locativo che in quello della proprietà;
le Società di Credito Immobiliare (SCI), attribuiscono prezzi a
tasso ridotto alle persone fisiche per l'acquisto della prima casa;
le Società Cooperative di Produzione di HLM (SCPHLM), inizialmente soltanto prestatarie di servizio per le cooperative o per le
persone fisiche, per la costruzione o per la gestione dei prestiti,
la loro campo di attività si è molto ampliato negli ultimi anni,
avvicinandosi a quello delle SCI.
Tutte le categorie di organismi di HLM sono raggruppate in una federazione a sua volta facente capo ad un Unione Nazionale delle Federazioni degli Organismi (UNFOHLM).
Composizione dello stock in affitto sociale -1988
(Migliaia di abitazioni e %)
Totale
Abitazioni in affitto sociale HLM
3 264,5
afferenti a:
Uffici e OPAC
1 855
Società anonime
1 405
Cooperative
4,5
Altre abitazioni sociali
397
TOTALE
3 661,5
Fonte: UNFOHLM et enquete logement 1988, INSEE
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Tab. 6
%
89,2 %
50,7 %
38,4 %
0,1 %
10,8 %
100 %
PAG. 105
CNEL
6.
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
LA GERMANIA
(80)
Un ruolo di grande rilevanza è svolto dalle Housing Associations anche in Germania. Tali Associazioni risultano affiliate alla GdW.
La GdW (Unione Federale del settore abitativo sociale) è una Confederazione costituita da 20 Federazioni regionali. L'adesione delle Associazioni di base avviene a livello delle Federazioni regionali e non
direttamente a quello della GdW. Queste Associazioni , in numero di
3122 (nel 1993), sono essenzialmente delle cooperative:
di società comunali,
di società abitative gestite dal Governo federale edai Lander,
di società abitative del settore industriale ed ecclesiastico (81).
Edifici in proprietà in Germania - 1993
Tab. 7
Ex - FRG
Ex - GDR
GERMANIA
in migliaia % in migliaia % in migliaia %
TOTALE ABITAZIONI
13 149,8 100
2 396,1
100 15 545,9 100
PROPRIETÀ:
Singole persone o famiglie 11 158,5 84,9
1 690,9
71
12 849,4
83
Patrimonio ereditario
754,3 5,7
125
5
880
6
Condominio
296 2,3
296
2
Municipalità o associazio215 1,6
269
11
484
3
ni municipali
Governo federale o regio79 0,6
34
1
113
1
nale o altri org. pubblici
Cooperative
174
1
127
5
300
2
Assoc. non municipali
300
2
49
2
349
2
Ist. di credito, Comp. assi42
0
42
0
curat., Fondazioni
Altre società
68
1
48
2
115
1
Autorità statali per
0
0
44
2
44
0
la privatizzazione
Comunità ecclesiastiche
63
1
10
0
73
1
Fonte: GdW
Le Associazioni che gestiscono abitazioni nella FRG si articolano essenzialmente in due diversi gruppi:
Società di costruzioni per il libero mercato;
Società impegnate nella costruzione di abitazioni sociali.
(80)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Germania, Doc. 2.2, Sez. II, C. J. Hachmann, Le politiche abitative.
(81)
OEdLS, "La déontologie en Europe", juin 1996.
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CNEL
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
Fino al 1977, la maggior parte delle abitazioni in affitto venivano realizzate dalle società che operavano nel settore sociale, mentre successivamente le nuove abitazioni in affitto sono state realizzate dalle
società afferenti al libero mercato. I principali motivi di tale cambiamento sono stati, in primo luogo, la rapida crescita del settore delle
abitazioni non agevolate e, in secondo luogo, l'incremento della domanda di abitazioni in proprietà.
L'entità degli investimenti delle associazioni afferenti al GdW si è accresciuta da 11,7 miliardi DM, nel 1990, a 33,6 miliardi DM, nel
1995.
Investimenti in abitazioni delle associazioni del GdW - 1990-1995
miliardi DM
1990
1991
1992
1993
Nuove costruzioni
6
6
6
7
ex-FRG
6
6
6
7
ex-GDR
0
Recupero e manutenzione
6
9
16
20
ex-FRG
4
6
9
9
ex-GDR
2
3
8
11
Totale investimenti
12
16
22
27
ex-FRG
10
12
15
16
ex-GDR
2
3
8
11
Fonte: GdW
Tab. 8
1994
8
7
1
24
10
13
32
18
14
1995
11
10
2
22
8
14
34
18
16
Di fatto, in Germania, le diverse politiche di costruzione e di gestione
del patrimonio abitativo sociale non sono limitate alla competenza di
determinate istituzioni. Qualsiasi persona privata può realizzare unità abitative sociali e ricevere assistenza pubblica per farlo.
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CNEL
7.
COMMISSIONE VI - POLITICHE SETTORIALI
LA SPAGNA
(82)
All'interno delle diverse tipologie di alloggi sociali, gli artt. 52 e seguenti del RD 3148/78, definiscono l'abitazione di "promozione pubblica" come "abitazione realizzata senza fini di lucro dallo Stato e
dagli Enti Pubblici Territoriali, nell'ambito delle rispettive competenze".
La gestione di tali abitazioni è dunque affidata allo Stato o agli Enti
Pubblici Territoriali, direttamente o mediante Enti da essi dipendenti
e il fattore che caratterizza tali soggetti riguarda essenzialmente l'assenza di fini di lucro nella relativa promozione, cessione, amministrazione, gestione.
All'ambito delle Associazioni non governative senza fine di lucro afferiscono sostanzialmente le Società cooperative, essendo poco significative le altre organizzazioni, fondazioni, imprese o enti che
operano nel campo delle promozioni immobiliari. Generalmente,
l'azione di promozione immobiliare è realizzata da organismi sociali
integrati con organizzazioni non governative e si sviluppa attraverso
la costituzione di società cooperative specifiche.
Il regime di uso che caratterizza la maggior parte delle abitazioni gestite dalle Società cooperative è costituito dalla proprietà. L'azione
consueta di queste Società si realizza attraverso la promozione immobiliare, dove la continuità stessa delle attività della cooperativa è assicurata dal lavoro di équipe di dirigenti e di gestori che
rappresentano gli autentici promotori di queste Società.
La partecipazione delle Società cooperative nella promozione immobiliare di abitazioni copre circa il 15% del totale delle attività. Tale
partecipazione risulta preminente nelle città demograficamente più
grandi, in special modo quelle dove si realizzano programmi ed interventi abitativi convenzionati con le Amministrazioni pubbliche.
Tab. 9
Cooperative costituite
Cooperative registrate e non dissolte
Cooperative in attività
Soci
9.816
6.196
3.378
1.255.961
Fonte: Confederazioni di Cooperative di Abitazioni (Dati al 31/12/95)
(82)
Le seguenti informazioni sono desunte dalla ricerca CNEL, Il sistema abitativo nei
Paesi dell'Unione Europea, Struttura del sistema abitativo e politiche di "Social Housing" in
Spagna, Doc. 2.5, Sez. II, F. Ubeda Rives, Le politiche abitative.
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