Gioelleria Barducci - I luoghi del commercio

Transcript

Gioelleria Barducci - I luoghi del commercio
Gioielleria Barducci
Via Strozzi 22/R
tel. 055 2382878
www.barducci.it
[email protected]
Tipologia: argenterie, gioiellerie e
accessori
Classificazione: storici
Firenze ai primi anni del secolo scorso, dopo l’unificazione e dopo essere stata Capitale
per qualche anno del novello regno d’Italia, si era scoperta nuova, vitale e piena di
aspettative per chi, come il bisnonno di Lorenzo, l’attuale proprietario della Gioielleria
Barducci di via Strozzi, veniva a lavorare in centro con le scarpe “buone” in tasca per non
rovinarle ed un uovo sodo per sostentarsi “low cost”.
All’epoca, agli occhi di chi veniva da dieci chilometri di distanza, il repentino passaggio
dalla campagna al centro città equivaleva a trovarsi a passeggiare sulla luna. Ancora il
concetto lavoro/bottega/bottega specializzata era assolutamente non concepito: nella
bottega che il bisnonno aveva faticosamente aperto in via Calzaioli vi si trovavano oggetti
in oro, ma anche in argento, orologi da tasca (le vecchie “cipolle”), ma anche pendole in
legno e vi era pure la possibilità di farsi forare le orecchie a mano, con tanto ghiaccio ed
un tappo di sughero dietro l’orecchio.
La manualità faceva da padrone e lo stare in bottega equivaleva a garantirsi un futuro,
imparando un mestiere.
Dopo la prima guerra mondiale e l’inizio del ventennio fascista, il bisnonno iniziò a
preparare il figlio Bardo alle “regole” del lavoro familiare: duro lavoro, correttezza,
competenza e presenza sul territorio, intrecciando così quelle relazioni umane che, prima
della globalizzazione, erano il tesoro del negozio.
Clienti che prima di tutto diventavano amici, quando ancora valeva il concetto di “gioielliere
di fiducia”. Grazie quindi a questi dettami, il negozio prosperò, facendosi un nome
nell’ambito fiorentino. Arrivarono, poi, anche i tristi anni delle seconda guerra mondiale:
Bardo aveva sempre più in mano le redini del negozio e con la sua oculatezza fece
sopravvivere la Bottega.
A proposito di quei momenti vi è un aneddoto che la famiglia Barducci si tramanda con un
certo orgoglio: il ringraziamento da parte di un noto avvocato fiorentino di religione
ebraica, che lodava la figura del nonno Bardo, come uno dei pochi che, avute in giacenza
per nasconderle le gioie e gli ori di famiglia, al loro ritorno dai campi di sterminio, aveva
reso tutto, fino all’ultimo grammo d’oro, ai legittimi proprietari.
Intanto, il figlio di Bardo, Carlo, cresceva e nel 1952, diciassettenne, preferì lasciare gli
studi per dedicarsi esclusivamente alla Bottega. Essere il “figlio del titolare” non lo fece
certo esimere dal fare la gavetta: pulizia degli argenti, fattorinaggio, andare per laboratori,
ecc. Tutto era finalizzato al suo percorso di crescita, come uomo, ma anche come
gioielliere. Il francese lo imparò vendendo in Emilia, Toscana e Liguria gli orologi Sarcar e
Vacheron Constantin, di cui si riforniva andando, una volta al mese, con la sua Topolino a
Ginevra: così , affinava la lingua francese ed intesseva quella rete di contatti che sono
stati veramente la chiave di volta per il progredire del negozio.
Anche se, l’attività subì un primo duro colpo nel 1954 con un primo furto devastante
quanto leggendario: i ladri passarono dalle cantine del palazzo adiacente e, dopo aver
forato il pavimento e la cassaforte, fecero razzia. Nonostante ciò, la volontà, l’ambizione e
la dedizione fecero sì che la bottega prosperasse di nuovo, aiutata anche dal fatto che
tutta l’Italia stava avviandosi verso il suo periodo di gloria, gli anni ’60.
Vivere il boom economico ed avere 25 anni in una Firenze in espansione, con un flusso
turistico splendido, dove i ricchi turisti americani che adoravano la nostra città e vi
spendevano a profusione i loro Dollari: che anni eccezionali per Carlo! L’artigianato
fiorentino, come in un nuovo Rinascimento, era il vanto ed il fiore all’occhiello di tutta una
città e di una generazione che, finalmente, vedeva ripagati i sacrifici fatti in tempo di
guerra.
Orefici, pellettieri, ristoratori, ogni settore merceologico viveva anni di successi incredibili.
Di pari passo con i successi economici, si affinavano e si miglioravano le capacità degli
artigiani che lavoravano con e per la famiglia Barducci, garantendo la continuità e la
tradizione orafa d’eccellenza della bottega.
Firenze, i suoi artigiani e le sue botteghe, però, erano alle porte di una nuova prova ardua:
l’alluvione del 1966.
La Gioielleria Barducci fu, tuttavia, fortunata. Via Calzaioli non è una strada piatta, nel
tratto dov’era il negozio, si alza leggermente e ciò permise di trovare solo 30 centimetri
d’acqua all’interno. Purtroppo tanti colleghi, tante botteghe videro spazzati via dalla furia
delle acque sogni, speranze e ambizioni. Allora, però, l’orgoglio fiorentino, il non volersi
arrendere e l’aiuto del mondo intero compirono il miracolo: la città non era morta e si
rimboccò le maniche, tornando in breve tempo ai fasti dei tempi migliori.
Un grosso aiuto venne dalla capacità di concertazione fra cittadini ed istituzioni. Carlo
Barducci, che credeva fortemente nell’associazionismo, profuse molte energie
nell’associazione degli orafi fiorentini, fino a diventarne il presidente per oltre vent’anni.
Da vice presidente nazionale, poi, con l’amico presidente Haussmann ed a livello
fiorentino con il noto Valentino Giannotti, cercò sempre di aiutare tutta la categoria, sia che
fosse il negozio importante del centro città, che la piccola bottega in periferia.
All’inizio degli anni ’70, insieme ad altri colleghi, creò “Aurea”, una sorta di mostra mercato,
aperta ad operatori del settore e non. Una vetrina globale per botteghe ed artigiani che,
per la prima volta riuniti in un unico spazio alla Fortezza, mostravano tutte le loro migliori
capacità: un tentativo di internazionalizzazione della manualità e dell’arte fiorentina.
Tuttavia, per la Gioielleria Barducci vi fu un altro brutto colpo nel 1974, con il secondo furto
subìto. Questa volta non riuscirono a perforare la cassaforte, ma fecero man bassa di tutto
quello che non era al suo interno. Colpita ma non doma, la famiglia si rimise al lavoro con
ancora più energia e fu così premiata con l’arrivo dei grandi Anni ’80.
Anni di boom e di ostentazione. L’edonismo e la voglia di mostrarsi erano la miglior
benzina per chi faceva gioielli. Il lusso ed il piacere di indossare bellissimi oggetti mise le
ali alla produzione.
Arrivati nella seconda metà degli Anni ’80, anche il figlio di Carlo, Lorenzo, era pronto per
iniziare a dare il suo contributo: nei mesi di pausa dalla scuola faceva il “ragazzo di
bottega”. Pulizia del negozio, lucidatura degli argenti, garzone per le consegne ai
laboratori e fattorino per i clienti. Una dura gavetta che però servì moltissimo. “Non puoi
dirigere nessuno, se anche tu non sai fare le stesse cose e le stesse mansioni..” era
l’insegnamento più vero e genuino che papà Carlo ha trasmesso a Lorenzo.
Via Calzaiuoli intanto stava trasformandosi: negozi d’elite lasciavano il posto a negozi più
“commerciali”. Fu così che Carlo Barducci maturò la decisione di trovare una
collocazione più prestigiosa.
Letteralmente folgorato da quella vecchia gioielleria di fine ‘800 in Via Strozzi, ove niente
era stato cambiato o modificato dalla sua apertura, con gli stessi lampadari di Murano, lo
stesso pavimento in legno caldo e la stessa atmosfera rarefatta di lusso e buongusto,
trovò l’occasione per subentrare ai vecchi proprietari, mantenendo inalterata l’atmosfera di
quel luogo. Dopo un restauro conservativo molto attento e scrupoloso, al termine di un
anno di duro lavoro, finalmente nel 1990 coronò il suo sogno di presentare la propria
gioielleria come l’èlite della gioielleria fiorentina.
Nel frattempo, il figlio Lorenzo, attuale proprietario, era entrato a tempo pieno nell’attività
familiare. Quindi, mentre il padre maneggiava gioielli rari ed importanti e pietre stupende in
Via Strozzi, la mamma gestiva la boutique Cartier in Piazza SS. Trinità; Lorenzo, nei locali
storici di Via Calzaioli, dopo un rinnovamento degli arredi, vendeva una gioielleria più
giovane e più commerciale. Anche se, ogni giorno, passava varie ore nel negozio di Via
Strozzi insieme al padre che, con i suoi saggi e preziosi insegnamenti, riusciva ad educare
Lorenzo sia come imprenditore che come uomo.
..“Nel nostro lavoro non si finisce mai di imparare. Sii sempre curioso ed umile. Parla poco
ed ascolta molto.”..
La sera, poi, a casa tutti insieme era una gioia raccontarsi la giornata, le vendite fatte, i
contatti avviati… fino a quel fatidico giorno... era il 20 DICEMBRE 1992
..”Ciao amore, ci vediamo dopo”..
Sono state le ultime parole di Carlo Barducci ai familiari.
La motivazione della sua Medaglia d’Oro al Valore Civile così riporta:
..” Con pronta determinazione ed incurante del grave rischio personale si opponeva
reiteratamente ad un tentativo di rapina posto in essere da due malviventi, penetrati nella
gioielleria di sua proprietà. Fatto segno da due colpi d’arma da fuoco, rimaneva ferito
mortalmente. Mirabile esempio di grande coraggio e sprezzo del pericolo, spinti fino
all’estremo sacrificio..”
Quel giorno, Lorenzo aveva 22 anni. Da allora, ogni mattina il suo pensiero ed il suo
amore sono per il padre, per i valori che ha trasmesso, per il lavoro che ha insegnato e
tramandato.
In suo onore è stato istituito il “Premio Barducci” che ogni anno, dal 1998, premia il miglior
lavoro di un giovane allievo di scuole ad indirizzo orafo della Toscana, il cui gioiello, con
tema diverso ogni anno, viene realizzato dalla Gioielleria Barducci con la collaborazione
del premiato. Lo stesso gioiello viene poi venduto all’asta a scopo benefico in una serata
organizzata a quel fine dal Rotary club fiorentino.
Dice oggi Lorenzo:”Grazie all’insostituibile aiuto di mia madre, dei miei due fidatissimi e
stimatissimi collaboratori Cesare Bianchi e Franco Bardi e grazie all’eredità di affetti e
amicizie lasciatemi da mio padre.. ”la nottata l’è passata”.. Certo le cicatrici sono rimaste,
ma vedere ancora l’insegna BARDUCCI sopra le vetrine del negozio è stato e sarà
sempre motivo d’orgoglio e di sprone a far sempre meglio ... con gli stessi criteri di
eccellenza una nuova sfida ci attende: portare la nostra manualità e artigianalità fiorentina
in un mercato sempre più globale e mondiale. Firenze è unica e noi vogliamo essere
unici”.