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Nuove idee per la prevenzione dello stroke nella fibrillazione atriale (FA):
prospettive europee e canadesi
Profilo dei nuovi anticoagulanti orali nella prevenzione dello stroke nella FA: chi, cosa,
perché e quando?
Entro la fine del 2012, tre nuovi anticoagulanti orali (NOAC), dabigatran, rivaroxaban e apixaban,
hanno ricevuto l’approvazione degli enti regolamentari per la prevenzione di stroke ed embolia
sistemica in pazienti con fibrillazione atriale (FA) non valvolare.[1-3] Gli autori dell’aggiornamento
(“focused update”) 2012 delle linee guida su FA della European Society of Cardiology (ESC) affermano
che il trattamento anticoagulante orale (OAC) con NOAC è “ampiamente preferibile” agli antagonisti
della vitamina K (VKA) a dose aggiustata nella “grande maggioranza” di pazienti con FA non
valvolare.[4]
Adesso che la scelta di OAC è più ampia, pare appropriata una discussione delle applicazioni pratiche
delle linee guida suggerite. Pertanto, questo breve articolo illustrerà 4 casi rappresentativi di pazienti
tipo con FA che è possibile incontrare nella pratica clinica, spiegando come essi possano essere gestiti
in maniera ottimale dato il nuovo contesto terapeutico.
Caso 1: nuova FA con fattori di rischio per stroke
Un uomo di 73 anni, un agricoltore ancora in attività, viene inviato alla clinica cardiologica per una
valutazione di palpitazioni occorse nei 6 mesi precedenti. Otto anni prima, era stato colpito da infarto
miocardico, per cui era stato trattato con uno stent in metallo nudo nell’arteria coronaria destra. Il
paziente ha una storia clinica di ipertensione (190/110 mm Hg in trattamento). La terapia contro
l’ipertensione è stata modificata di recente, con l’aggiunta di amlodipina. Non segnala alcun problema
al torace o limitazioni dell’attività fisica, che include il sollevamento di balle di fieno per le sue mucche.
Trattamento farmacologico corrente:
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Amlodipina, 5 mg/die
Idroclorotiazide, 25 mg/die
Lisinopril, 40 mg/die
Aspirina, 81 mg/die
http://www.medscape.org/viewarticle/771542
http://www.theheart.org/article/1461785.do
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Esami fisici
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Pressione del sangue: 150/88 mm Hg; a ripetizione dell’esame: 135/82 mm Hg
Frequenza cardiaca: 85-90 battiti/min e irregolarmente irregolare
Peso: 88 kg
Polmoni: liberi, niente soffio
ECG: FA
Valori di laboratorio:
Ematocrito: 44
Creatinina: 1,2
Ormone stimolante la tiroide (TSH): nella norma
Un ecocardiogramma ha evidenziato una frazione di eiezione ventricolare sinistra (FE) normale, con
moderata ipertrofia ventricolare sinistra (LVH), minimo rigurgito mitralico (RM), e dimensioni dell’atrio
sinistro di 4,5 cm.
Qual è il rischio di stroke per questo paziente?
Come discusso nel primo articolo di questa serie, il tasso assoluto di stroke in pazienti con FA dipende
dall’età e dalla presenza di comorbilità. Le linee guida 2010 su FA dell’ESC rimarcano l’importanza di
un approccio basato sui fattori di rischio alla stratificazione del rischio di stroke, al fine di ottenere una
maggiore inclusività, rispetto all’esclusività dei più comuni fattori di rischio per stroke.[5]
Più di dieci anni fa, si è iniziato ad utilizzare il punteggio CHADS2; un semplice sistema a punti basato
su varie caratteristiche del paziente (si veda la tabella 1).[6]
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prospettive europee e canadesi
Tabella 1. Sistema di punteggio CHADS2
“C”
ICC
1 punto
“H”
Ipertensione
1 punto
“A”
Età ≥ 75 anni
1 punto
“D”
Diabete
1 punto
“S2”
Stroke o attacco ischemico
transitorio
2 punti
ICC = insufficienza cardiaca congestizia
Analisi recenti hanno concluso che tale punteggio ha alcune limitazioni, in quanto non include molti dei
fattori di rischio comuni per lo stroke.[7,8]
Consapevoli delle limitazioni del punteggio CHADS2, le linee guida 2010 su FA dell’ESC hanno
raccomandato un approccio basato su fattori di rischio e l’utilizzo dell’allora nuovo punteggio CHA2DS2VASc a integrazione del punteggio CHADS2. Il punteggio CHA2DS2-VASc include ulteriori fattori di
rischio, quali: età compresa tra 65 e 74 anni, sesso femminile e malattia vascolare (tabella 2).[5]
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Tabella 2. Linee guida ESC 2010 per la terapia antitrombotica in FA: Sistema di punteggio
CHA2DS2-VASc
Fattore di rischio
Punteggio
ICC/disfunzione ventricolare sinistra
1
Ipertensione
1
Età ≥ 75 anni
2
Diabete
1
Stroke/TIA/embolia sistemica
2
Vasculopatia
1
Età compresa tra 65 e 74 anni
1
Sesso (ovvero femmina)
1
Punteggio massimo
9
ICC = insufficienza cardiaca congestizia; TIA = attacco ischemico transitorio
Da Camm AJ, et al.[5]
[NdR: per una discussione più approfondita dei sistemi di punteggio per il rischio di stroke, fare riferimento
all’articolo di Lip pubblicato in questa stessa serie.]
Questo paziente aveva un punteggio CHADS2 pari a 1 per la sua storia clinica di ipertensione; tuttavia,
il suo punteggio CHA2DS2-VASc era di 3 (ipertensione, vasculopatia ed età compresa tra 65 e 74 anni).
Olesen e colleghi, in un ampio studio di coorte condotto a livello nazionale, hanno calcolato i tassi di
eventi a 1 anno basati sul punteggio CHA2DS2-VASc[9]:
0 = 0,84%
1 = 1,75%
2 = 2,69%
3 = 3,2%
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Questo paziente dovrebbe essere sottoposto a terapia anticoagulante per via orale?
L’aggiornamento delle linee guida ESC 2010 su FA sostiene che, per i pazienti con un punteggio
CHA2DS2-VASc ≥2, la terapia con OAC “…è raccomandata, a meno di eventuali controindicazioni
(raccomandazione di classe I).” Le linee guida proseguono suggerendo di considerare un trattamento
con NOAC invece che con VKA a dose aggiustata (rapporto internazionale normalizzato [INR] 2-3) per
la maggior parte dei pazienti con FA non valvolare, in base ai benefici clinici netti (raccomandazione di
classe IIa).[4]
[NdR: per una discussione più approfondita dell’aggiornamento 2012 alle linee guida ESC su FA, fare riferimento
all’articolo di Lip pubblicato in questa stessa serie.]
Se viene raccomandato un trattamento con OAC, è opportuno continuare ad assumere
aspirina?
Questo paziente aveva una storia pregressa di infarto miocardico, con posizionamento di stent in
metallo nudo. Tuttavia, l’utilizzo concomitante di farmaci anti-aggreganti e OAC (siano essi VKA o
NOAC) aumenta in maniera significativa il rischio di emorragia.[10,11]
Le linee guida ESC indicano che i pazienti con FA affetti da vasculopatia stabile (ovvero, senza eventi
acuti o rivascolarizzazione per >12 mesi) possono essere gestiti con la sola OAC.[4]
Controllo della frequenza o del ritmo?
I pazienti con nuova FA hanno generalmente diritto ad un tentativo di cardioversione del ritmo sinusale.
Le linee guida 2010 ESC su FA affermano che[5]:
“è probabile che esista una buona opportunità di mantenere il ritmo sinusale all’inizio del trattamento di
un paziente con FA.”[5]
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Per FA >48 ore o di durata non nota, il trattamento con anticoagulanti è considerato obbligatorio prima
di cardioversione elettiva.[5]
Se si opta per il controllo del ritmo e il trattamento con un NOAC, è appropriato cardiovertere
mentre si assume tale NOAC? Se sì, come?
Un’analisi del trial RE-LY con dabigatran ha dimostrato che questo NOAC rappresenta un’alternativa
ragionevole alla warfarina in pazienti che devono essere sottoposti a cardioversione. I ricercatori hanno
esaminato un totale di 1983 cardioversioni in 1270 pazienti prima, durante e 30 giorni dopo
cardioversione. Circa un quarto dei pazienti trattati con dabigatran è stato sottoposto a ecocardiografia
transesofagea prima della cardioversione, e poco meno del 2% è risultato avere trombi all’atrio sinistro.
Le percentuali di stroke ed emorragia grave entro 30 giorni dalla cardioversione sono risultate basse e
confrontabili con quelle della warfarina, con o senza supporto dell’ecocardiografia transesofagea.[12]
Un sotto-studio del trial ARISTOTLE ha dimostrato che l’apixaban rappresenta un’alternativa sicura alla
warfarina nella prevenzione dello stroke dopo cardioversione. In totale, 577 pazienti sono stati
sottoposti a cardioversione durante lo studio. Il tempo mediano a cardioversione è risultato essere di 5
mesi. Nei primi 90 giorni, nessuno dei pazienti trattati con apixaban o warfarina è andato incontro a
stroke o embolia sistemica. Dopo la cardioversione, durante un follow-up mediano di 233 giorni nel
gruppo trattato con apixaban e 393 giorni nel gruppo trattato con warfarina, l’evento composito formato
da stroke, embolia sistemica e infarto miocardico si è verificato in 5 pazienti assegnati ad apixaban e 6
pazienti assegnati a warfarina.[13]
Nel trial pivotal di fase 3 (ROCKET-AF) condotto sul terzo dei NOAC approvati, il rivaroxaban, il
numero di pazienti sottoposti a cardioversione è risultato troppo esiguo per poter determinare l’utilità di
questo farmaco in tale contesto. Tuttavia, un altro trial clinico randomizzato “Explore the Efficacy and
Safety of Once-daily Oral Rivaroxaban for the Prevention of Cardiovascular Events in Subjects With
Nonvalvular Atrial Fibrillation Scheduled for Cardioversion (NCT01674647)” è attualmente in corso, e i
risultati dovrebbero essere resi noti all’inizio del 2014.[14]
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Caso 2: FA permanente, riparazione valvolare, coronaropatia, diabete di tipo 2, presenta
sindrome coronarica acuta
Una donna 81enne con FA permanente presenta un senso di tensione al torace e dispnea.
Storia clinica:
•
•
•
•
diabete di tipo 2;
attacco ischemico transitorio (TIA) (2002);
ulcera duodenale con emorragia grave (2004);
intervento di by-pass coronarico con posizionamento di anello protesico per RM (2005).
Trattamento farmacologico corrente:
•
•
Warfarina
Metformina
Studi/Interventi
Peso: 58 kg
Clearance della creatinina: ~50 mL/min
Ecocardiografia: buona funzionalità VS, RM moderato, dimensioni dell’atrio sinistro: 5,0 cm
Angiografia:
•
•
•
•
graft in vena safena dall’arteria mammaria interna sinistra all’arteria circonflessa sinistra aperto;
graft in vena safena all'arteria coronaria destra occluso al 100%;
arteria coronaria destra nativa con lunga lesione significativa e ostiale;
stent a eluizione di farmaco posizionato nell’arteria coronaria destra
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Quale regime antitrombotico?
Sebbene vi siano dati limitati, si raccomanda un periodo di triterapia (OAC più aspirina più l’inibitore del
recettore piastrinico P2Y12) per 1 anno dopo impianto di stent/intervento coronarico percutaneo.[4]
Terapia antitrombotica a lungo termine?
Questa paziente ha un rischio elevato di stroke: Punteggio CHA2DS2-VASc pari a 7 (età ≥ 75 anni, TIA
[2 punti ciascuno], diabete, sesso femminile, vasculopatia) e dovrebbe essere sottoposta a terapia
antitrombotica a lungo termine.
Dopo 1 anno, OAC con VKA a dose aggiustata o solo NOAC risulta sufficiente nei pazienti stabili (ossia
nessun evento acuto o rivascolarizzazione).[4]
Dabigatran o rivaroxaban possono essere somministrati alla dose superiore (150 mg dabigatran due
volte/die, 20 mg rivaroxaban 1 volta/die). Se si opta per l’apixaban, sarebbe opportuno utilizzare la
dose inferiore (2,5 mg due volte/die) a causa dell’età e del basso peso corporeo.[1-3]
È questo un caso di FA valvolare?
L’aggiornamento 2012 delle linee guida ESC su FA afferma che non vi è una definizione uniforme di FA
valvolare e gli autori utilizzano il termine “valvolare” per comprendere la malattia valvolare reumatica (in
genere stenosi mitralica) e le valvole prostetiche. La riparazione della valvola mitrale eseguita in questo
caso non ricade in questa definizione.[4]
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Dovrebbe assumere un inibitore della pompa protonica?
Questa paziente ha una storia clinica di ulcera duodenale, causa di una grave emorragia alcuni anni
prima. Il suo rischio emorragico è elevato, considerate la storia clinica, l’età e una TIA pregressa.
Sarebbe opportuno considerare fattori di rischio modificabili per emorragia, ivi incluso l’utilizzo di un
inibitore della pompa protonica (IPP).
Gli IPP sono induttori del citocromo P450 e, pertanto, possono ridurre l’effetto della warfarina,
contribuendo a una diminuzione di INR.[15]
Sebbene l’assorbimento intestinale del dabigatran sia pH-dipendente ed appaia ridotto in pazienti che
assumono IPP, nelle informazioni prescrittive si afferma che i campioni di dabigatran plasmatico
raccolti nel trial RE-LY evidenziano che: “L’utilizzo concomitante di inibitori della pompa protonica... non
ha portato a modifiche sensibili nella concentrazione di valle del dabigatran.”[1,4]
Nelle informazioni prescrittive sul rivaroxaban si afferma che la somministrazione di omeprazolo 40
mg/die “… non ha evidenziato un effetto sulla biodisponibilità ed esposizione a rivaroxaban.”[2]
Le informazioni prescrittive per l’apixaban non fanno alcuna menzione degli IPP.[3]
Caso 3: FA parossistica, INR labile
Una donna di 70 anni con FA parossistica che si manifesta 1 volta al mese circa, per alcune ore,
lamenta dispnea da sforzo, coerente con una diagnosi di insufficienza cardiaca. La paziente soffre di
ipertensione ed è attualmente trattata con metoprolol XL 100 mg/die. È stata sottoposta a
cardioversione già una volta.
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Esami fisici/di laboratorio:
Peso: 50 kg
Creatinina: 1,4 mg/dL
NT-proBNP: 751
Ecocardiografia: EF > 55%, ipertrofia ventricolare sinistra (LVH) moderata, dimensioni dell’atrio sinistro:
5,0 cm
Assume warfarina da 1 anno. Negli ultimi 6 mesi, 4 INR su 10 erano nel range 2-3, senza storia di
emorragia. È soddisfatta della terapia con warfarina e dell’interazione con lo staff presso la clinica
specializzata in terapie anticoagulanti.
Dovrebbe passare a un NOAC?
Questa paziente ha un rischio moderato di stroke e un punteggio CHA2DS2-VASc pari a 3 (sesso
femminile, età compresa tra 65 e 74 anni, ipertensione), pertanto la terapia con OAC è sicuramente
indicata. Tuttavia, sta manifestando INR labile, con meno della metà delle rilevazioni nel range
terapeutico di 2-3 negli ultimi 6 mesi. Sarebbe opportuno considerare seriamente il passaggio al
trattamento con NOAC.[4]
Un’insufficienza cardiaca moderata con frazione di eiezione ventricolare sinistra preservata è un
fattore di rischio per lo stroke?
In base all’aggiornamento ESC 2012 delle linee guida 2010 su FA: “Una storia clinica di ‘qualunque
insufficienza cardiaca’ in sé e per sé non è omogeneamente definita come fattore di rischio.” La “C” nel
punteggio CHA2DS2-VASc si riferisce a disfunzione sistolica di grado da moderato a severo
documentata o a un’insufficienza cardiaca scompensata recente che ha richiesto l’ospedalizzazione del
paziente.[4,16,17]
http://www.medscape.org/viewarticle/771542
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Nel caso di passaggio ad altro farmaco, come dovrebbe avvenire la transizione?
L’aggiornamento 2012 delle linee guida ESC su FA raccomanda di consentire a INR di scendere fino a
circa 2,0. Gli autori evidenziano l’importanza di seguire i prospetti dettagliati contenuti nelle
informazioni prescrittive di ciascun NOAC.[4]
Come è possibile garantire o migliorare l’aderenza con NOAC?
L’educazione del paziente è di importanza critica per il successo della terapia con OAC,
indipendentemente dal farmaco scelto. I NOAC hanno emivite brevi, e le conseguenze di una dose
saltata dovrebbero essere discusse, e prese le misure del caso per assicurare l’aderenza al
trattamento.[4]
Caso 4: FA permanente, alto rischio di emorragia con warfarina
Un uomo di 81 anni con FA permanente è affetto da diabete ed evidenzia neuropatia periferica,
ipertensione controllata, un peso corporeo di 70 kg e livelli di creatinina pari a 1,4 mg/dL. Dieci anni
prima era stato sottoposto ad angioplastica per dolore toracico. Viene trattato con warfarina e aspirina
e alcuni mesi prima aveva avuto una lieve emorragia dal naso. Dopo di che, è caduto e si è rotto il
femore. All’epoca, il medico di base ha suggerito che la warfarina poteva essere troppo rischiosa e che
poteva essere sufficiente la sola aspirina.
Ha una leggera forma di demenza ma vive autonomamente con sua moglie; a volte utilizza un
deambulatore.
Questo paziente dovrebbe essere trattato con OAC?
Questo paziente ha un rischio significativo di stroke FA-collegato, con un punteggio CHA2DS2-VASc di
5 (età ≥ 75 anni, diabete, ipertensione, anamnesi di vasculopatia). In assenza di chiare
controindicazioni, dovrebbe senz’altro essere sottoposto a terapia con OAC. Presenta fattori di rischio
per emorragia che non sono insignificanti: età avanzata, storia di cadute (fragilità) e, cosa ancora più
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importante, utilizzo di aspirina. Fortunatamente, l’utilizzo di aspirina è un fattore di rischio modificabile
per l’emorragia.[5]
Sebbene abbia una forma leggera di demenza, il fatto che viva in maniera autonoma con sua moglie
non dovrebbe costituire una controindicazione alla terapia con OAC, e il suo uso di un deambulatore
può ridurre il rischio di cadute.
Se si opta per una terapia con OAC, quale farmaco e a quale dosaggio?
Sebbene non abbiamo un record dei suoi INR all’interno del range, non sembra che il paziente abbia
evidenziato alcuna emorragia grave durante il trattamento con warfarina (e aspirina). Un NOAC
sembrerebbe una scelta ragionevole in questo paziente, considerato il suo rischio di emorragia. Una
dose completa di dabigatran, rivaroxaban o apixaban sembra appropriata.[1-4]
È necessario ricorrere all’aspirina?
Gli autori dell’aggiornamento hanno concluso come segue:
“Le evidenze per una prevenzione efficace dello stroke con aspirina in FA sono deboli, evidenziando
invece un potenziale effetto dannoso,[18-20] in quanto i dati indicano che il rischio di emorragia grave o
emorragia intracranica (ICH) con aspirina non è significativamente diverso da quello di OAC,
specialmente nei pazienti anziani.”[16,21-23]
La task force ESC sulla fibrillazione atriale raccomanda che l’utilizzo della terapia anti-aggregante, ivi
incluse monoterapia con aspirina nonché trattamento combinato aspirina-clopidogrel, sia limitato ai
pochi pazienti che rifiutano qualunque forma di OAC, siano essi warfarina a dose aggiustata ben
controllata o uno dei nuovi farmaci.[4]
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Nuove idee per la prevenzione dello stroke nella fibrillazione atriale (FA):
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Conclusioni
La disponibilità di NOAC spiana la strada a un’epoca nuova nella terapia OAC, con l’effettiva possibilità
di far aumentare in maniera significativa il numero di pazienti FA che possono trarre beneficio dalla
prevenzione dello stroke. Con l’emergere di nuovi dati, e una comprensione sempre migliore di questi
farmaci, sarà possibile ottimizzare la terapia con OAC per ogni singolo paziente, diminuendo i tassi di
stroke e aumentando la sicurezza.
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