Contesto Francese del XVI sec
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Contesto Francese del XVI sec
Copyright © by Tommaso Ciccarone Firmato digitalmente da Tommaso Ciccarone ND: CN=Tommaso Ciccarone, C=IT, [email protected] Motivo: Sono l'autore del documento Posizione: Data: 04/10/2015 21:42:39 CONTESTO FRANCESE NEL XVII SEC. Premessa all’avvento di Luigi XIV 1 - Introduzione generale All’indomani della Pace di Cateau-Cambresis (siglata tra Francia e la Spagna di Filippo II, erede del dimissionario imperatore Carlo V) e della morte del sovrano Enrico II (figlio di Francesco I, rivale storico di Carlo V), entrambe avvenute nel 1559, la Francia conobbe un periodo di quasi un secolo di vuoti di potere, tensioni interne di stampo sociale, politico e religioso, fino all’avvento di Luigi XIV nel 1660. Dobbiamo quindi tracciare le tappe di quella che è stata una stagione di anarchia e disordini le cui radici sono innanzitutto riconducibili alle lotte di religione tra i Cattolici (Monarchia, Antica nobiltà feudale e Clero) e i protestanti calvinisti francesi, detti “Ugonotti” (i cui aderenti erano in gran parte esponenti del nuovo ceto emergente e produttivo dell’alta borghesia imprenditoriale e amministrativa). Il termine “ugonotto” si riferisce presumibilmente al fatto che in un clima di intolleranza cattolica qual era quello della Francia e altri paesi europei, dopo l’ufficializzazione della Riforma Protestante luterana avvenuta nel 1555, i calvinisti francesi individuarono come base associativa la chiesa sconsacrata parigina di San Ugo ma, d’altro canto, si tratta sicuramente di un termine dispregiativo scelto proprio dai cattolici per contrassegnare i loro rivali come “congiurati” (questo è infatti il significato etimologico del termine tedesco “Eidgenossen”, poi francesizzato – italianizzato in “ugonotti”). Va infatti specificato che, rispetto al Luteranesimo, il Calvinismo non aveva ancora un riconoscimento ufficiale in Europa che, proprio per ottenere ciò, sarà traumatizzata da una delle più grandi Guerre di religione di tutti i tempi che vedrà schierate Nazioni cattoliche contro Nazioni protestanti in difesa del Calvinismo: la Guerra dei Trent’anni Copyright © by Tommaso Ciccarone (1618 – 1648). Il Calvinismo, infatti, si ufficializzerà solo alla fine di questa guerra, con la Pace di Westfalia del 1648. Nel linguaggio della storiografia francese , i vecchi nobili sono chiamati “Nobili di Spada” (appartenenti al cosiddetto Ancien Regime, legati alla tradizione di stampo feudale e ai vecchi privilegi dinastici a partire dalla Monarchia); la nuova aristocrazia borghese, invece, si chiama “Nobiltà di Toga” (la Toga come simbolo dei Giudici e della sfera amministrativa-tecnica-finanziaria, in generale): altrove detti anche “Officiers” per gli Uffici e competenze tecnicheimprenditoriali che la vecchia nobiltà, legata al parassitismo dei privilegi feudali, non possedeva. 2 - Parentesi sul Calvinismo Un’ulteriore premessa va fatta sul nesso Calvinisti – Nobili di Toga, ovvero: dobbiamo preliminarmente capire perché non è casuale che un ceto che abbracciava il Calvinismo fosse anche il ceto più economicamente avanzato della società europea del XVI-XVII sec. Per esempio il Calvinismo era penetrato nei Paesi europei più potenti del mondo: Scozia, Inghilterra (e più avanti gli Stati Uniti d’America), Paesi Bassi e Olanda, parte del Nord Europa (le grandi città portuali – commerciali). Insomma: non è casuale che i Paesi a base calvinista saranno anche i Paesi economicamente più moderni e avanzati e all’opposto, i paesi rimasti fortemente cattolici (Spagna, Portogallo e Italia soprattutto quella dominata dagli spagnoli) abbiano conosciuto con grande ritardo il fenomeno del capitalismo e protagonismo economico. A sostenere questa tesi è il sociologo e storico Max Weber nell’opera “L’Etica protestante e lo spirito del Capitalismo” (pubblicata nel 1904/1905) in cui si dice che l’essenza del calvinismo ha contribuito ad incoraggiare lo spirito del capitalismo e del profitto. In che senso? Nel senso che, differentemente dal Luteranesimo che inchioda l’uomo al suo essere peccatore e predestinato alla salvezza se non per grazia di Dio a prescindere dal suo operato in terra, il Calvinismo, pur mantenendo l’idea della predestinazione e della salvezza, pone l’accento sul fatto che l’uomo, grazie al suo “talento” (termine che insieme a “vocazione” traduce il tedesco “Beruf”) e alla sua iniziativa attraverso il lavoro, non solo può ma deve guadagnarsi la salvezza in Copyright © by Tommaso Ciccarone questo mondo attraverso i frutti del suo lavoro, producendo ricchezza e benessere, a patto che questa ricchezza non sia accumulata come fine a se stessa ma sia reinvestita ai fini del miglioramento della condizione umana. Insomma l’etica del lavoro per il Calvinismo si traduce, senza che ciò generi contraddizione, nel dovere morale dello spirito di imprenditoria e dinamicità in contrapposizione all’accumulo passivo che sarebbe il vero peccato dell’uomo in questo mondo. 3 – La Francia dopo Enrico II Dal 1560 al 1593 Quando il trono è lasciato vuoto, o a causa della morte di un re o a causa della minore età del diretto erede, si instaura il periodo di “reggenza”. In un clima di lotte di fazione sia religiose sia sociali, i periodi di reggenza si espongono per loro stessa natura ad accentuare questo clima. Detto questo, dopo il 1559 la reggenza del trono, essendo il primogenito morto e il secondogenito, Carlo IX, avendo appena 10 anni, fu presa dalla moglie del defunto Enrico II: Caterina de Medici. Caterina de Medici puntò ad una politica moderata, in mezzo alle lotte di fazione tra a) Ultracattolici, che facevano capo alla famiglia dei Guisa e b) gli Ugonotti , rappresentati dalla famiglia dei Borbone. L’orientamento dei cattolici moderati su cui si appoggiava Caterina, costituiva il blocco dei cosiddetti “Politici”. Il tentativo di pacificazione fu ufficializzato con l’Editto di SaintGermain nel 1562: ma questo fu neutralizzato dalla reazione violentissima dei Cattolici (dato che l’Editto si apriva per la prima volta ad una tolleranza religiosa verso gli Ugonotti) in una cornice di attentati e complotti che durò almeno fino al 1598. Tra questi episodi violenti è passata alla storia la “notte di San Bartolomeo” (25 Agosto del 1572), come reazione al matrimonio diplomatico organizzato da Caterina tra sua figlia Margherita e il principe ugonotto Enrico di Borbone (futuro re col nome di Enrico IV). Lo scopo di questo matrimonio diplomatico fu ridimensionare la forza estremista dei Guisa sostenuti dal Papa ma, soprattutto, dalla Spagna, l’antica rivale francese. Copyright © by Tommaso Ciccarone Nella “notte di San Bartolomeo” un influente esponente dei Guisa (anche questo si chiamava Enrico) fa uccidere un leader ugonotto (l’ammiraglio di Coligny): ciò che ne seguirà sarà una strage di ugonotti che parteciparono al matrimonio voluto da Caterina. Nel 1574, morto il re Carlo IX, sale al trono il terzogenito di Caterina ed Enrico II, Enrico III, che tentò di imporsi contro i capi-fazione Enrico di Guisa da una parte e Enrico di Borbone dall’altra. La storia parla, in questo senso, della cosiddetta “Guerra dei 3 Enrichi”. In questa lotta per il potere lo stesso Re Enrico III, nel 1588, è il mandante dell’omicidio del cattolico Enrico di Guisa, nell’intento di realizzare una convergenza e apertura verso la famiglia dei Borbone: Enrico III infatti sfruttò l’improvviso indebolimento del partito cattolico che aveva perso l’appoggio decisivo della Spagna che proprio in quell’anno vide annientata la sua “Invincibile Armada” nella guerra marittima contro l’Inghilterra. L’effetto a catena che ne seguì fu l’attentato ad Enrico III, ucciso da un frate domenicano perché il sovrano, allontanandosi dal partito cattolico, venne considerato un rivoluzionario e un eretico. N.B.: in effetti Enrico III fu a suo modo rivoluzionario. La sua apertura verso gli ugonotti non significa che si convertì al protestantesimo, ma piuttosto che l’apertura era necessaria affinché la Francia si avviasse ad un processo di modernizzazione. Tra l’altro, Enrico III si attirò le opposizioni cattoliche perché avviò, nella stessa volontà di modernizzazione, una politica culturale di tipo rinascimentale nella stessa direzione che ormai da mezzo secolo aveva percorso l’Inghilterra di Elisabetta I. Si tenga presente, per esempio, che nella sua politica culturale Enrico III fu molto sensibile agli aspetti più moderni della filosofia rinascimentale, tanto che accolse e divenne il protettore di Giordano Bruno, filosofo italiano che dovette girovagare per mezza Europa lontano dalla inquisizione della Controriforma cattolica italiana finché, tornato in patria, fu processato come eretico e bruciato vivo nel febbraio del 1600 a Campo de’ Fiori, a Roma. Copyright © by Tommaso Ciccarone 4 – Avvento di Enrico IV e l’Editto di Nantes: Tra Tradizione e Modernità In questa continua turbolenza e anarchia, nel 1593 la famiglia Borbone (un cui ramo era nell’albero genealogico della Monarchia) si ritrova ad occupare il trono proprio con Enrico IV di Borbone. L’evento in sé è rivoluzionario perché per la prima volta un protestante diventa re anche se formalmente, data la tradizione cattolica della monarchia, il nuovo re dovette convertirsi al Cattolicesimo (da qui la famosa affermazione attribuita ad Enrico IV “Parigi val bene una messa”, ossia pur di diventare re la conversione “forzata” non costituiva un problema). Come aveva già tentato di fare Caterina de Medici, anche Enrico IV alla luce del periodo sanguinoso di lotte di fazione, volle instaurare una politica all’insegna della pacificazione ed equilibrio tra gli estremi quindi, al di là della sua appartenenza alla confessione protestante, il vero motivo che lo animava era la modernizzazione della Francia, in un’epoca in cui buona parte dell’Europa stava conoscendo una trasformazione moderna delle istituzioni monarchiche e in cui si stavano affermando teorie politiche sullo “Stato Moderno” fortemente condizionate dallo spirito rinascimentale e dalla razionalità filosofica. Proprio in questa prospettiva nel 1598 Enrico IV emana l’ Editto di Nantes. L’Editto di Nantes è l’espressione del fine ultimo della politica di Stato Moderno, ovvero la realizzazione del principio della “Ragion di Stato”. I punti che ne stanno alla base e che comunque determinano ulteriori focolai di forte opposizione cattolica sono sinteticamente i seguenti: Concessione della libertà di culto e associazione agli Ugonotti, secondo il principio moderno di Tolleranza religiosa; Concessione agli Ugonotti dell’autodifesa militare, attraverso il riconoscimento e mantenimento di un centinaio di fortezze; Possibilità di accesso alle cariche pubbliche (ma non in Parlamento) comunque sotto il criterio ancora tradizionale della fedeltà al sovrano. Come si vede si tratta di un Editto da una parte rivoluzionario, nella evidente apertura alla Nobiltà di Toga; dall’altro esso mantiene fermo Copyright © by Tommaso Ciccarone un piede nella tradizione feudale perché esclude dalle cariche la possibilità che i nuovi nobili potessero decidere sulle leggi e quindi avere un ruolo parlamentare. In questo caso, insomma, vennero mantenuti i vecchi privilegi aristocratici del Vecchio Regime. Questo spiega non solo il perché l’Editto, nella sua ambiguità, non decollò dall’inizio in maniera omogenea e forte, ma anche il perché esso inasprì il contrasto delle fazioni, soprattutto da parte cattolica che si vedeva diminuire il tradizionale protagonismo. Al di là della sua mancata o totale realizzazione comunque Enrico IV avvia un processo ormai irreversibile. Se diamo un’occhiata, a titolo di esempio, alla sua politica economica si vede come egli segua i criteri di modernità che erano teorizzati a partire dal XVI e lo sarebbero stati per tutto il XVII sec. e che diversi paesi europei avrebbero applicato nell’ottica di politiche illuminate, razionali e moderne. (Primi tra tutti Inghilterra e Olanda e più tardi Prussia e Austria). 4.1 - Politica di Enrico IV: “Mercantilismo” e “Paulette” La difficoltà della Francia a causa delle Guerre di religione e conflitti di fazione, fu l’isolamento rispetto alle grandi dinamiche internazionali, rimanendo arretrata in una sorta di macchina del tempo rispetto al processo di modernizzazione che parte dell’Europa borghese stava conoscendo. L’Ancien Regime infatti conservava ancora la sua solidità e tradizione nella dei suoi privilegi nobiliari. Sotto Enrico IV, nell’ottica della pacificazione e Ragion di Stato, ci fu il primo tentativo di modernizzazione almeno sul versante economico. La sua politica, su questo versante, inaugurò il meccanismo di “mercantilismo”. Il Mercantilismo è una dottrina sviluppatasi tra XVI – XVII sec, basata sulla teoria per cui la ricchezza delle nazioni è direttamente proporzionale alla quantità di metalli preziosi posseduti e incamerati. Copyright © by Tommaso Ciccarone In funzione di ciò, lo Stato interviene: nella Politica economica; incoraggiando le esportazioni dei prodotti interni e imponendo dazi/tasse doganali alle importazioni dei prodotti esteri (questo per sconfiggere la concorrenza delle altre nazioni); in generale, questo segna la logica di “protezionismo” dello Stato sul Mercato interno e sui suoi soggetti (in genere sono privati, riuniti in Compagnie mercantili: si pensi al ruolo egemonico delle Compagnie delle Indie). Inoltre lo Stato favorì l’incentivazione e incremento dei settori alternativi ed emergenti rispetto all’agricoltura (che comunque continuava ad essere la base dell’economia nazionale): Settore della industria tessile; Settore del Commercio (che implicò il potenziamento dell’industria navale per le nuove rotte commerciali verso l’Oriente); Settore delle Infrastrutture con il miglioramento delle vie di comunicazione. Altro elemento di risanamento dello Stato sotto il regno di Enrico IV: l’introduzione del meccanismo della “Paulette” (il cui nome deriva dal Ministro delle Finanze Paulet). La Paulette, introdotta nel 1604, è uno strumento che mirava a rafforzare la presenza delle competenze tecniche, amministrative e burocratiche tipiche della Nobiltà di Toga e, fondamentalmente, si basa su due elementi: 1. Compravendita delle Cariche pubbliche; 2. Ereditarietà delle stesse cariche. Soprattutto il criterio dell’ereditarietà mirava ad assicurare una continuità nel tempo del processo di costruzione di una amministrazione efficiente per lo Stato. Ma è anche il criterio alla base dell’esplosione di nuove guerre intestine di fazione. Copyright © by Tommaso Ciccarone La vendita delle cariche (detta anche “Venalità delle cariche”) rientrava nel piano di realizzazione di una efficiente macchina amministrativa e burocratica affidata ai Tecnici e esponenti della Borghesia più avanzata. Comincia così il processo di assolutizzazione dello Stato anche dopo l’assassinio di Enrico IV (avvenuto nel 1610), con il nuovo Re – bambino Luigi XIII. La reggenza fu presa dalla moglie di Enrico IV, Maria de Medici, attraverso una politica di contenimento dei ceti aristocratici, soprattutto quelli ugonotti – borghesi, dal momento che Maria era fedele alla tradizione cattolica e dei privilegi dell’antica nobiltà. Un esempio di questo Assolutismo conservatore fu la chiusura dell’Assemblea degli Stati generali nel 1614, nell’ottica di un potere tendenzialmente arbitrario e incentrato sulla corona anziché allargato agli altri ceti. Va detto, infatti, che questa Assemblea riuniva di tanto in tanto, in periodi di emergenza, tutti gli “Stati” sociali (ovvero i ceti) che erano tre: 1) Antica Nobiltà – 2) Clero cattolico e 3) la Nuova Borghesia (Nobiltà di Toga, detta poi per questo anche “Terzo Stato”). Chiuderla significava voler rendere inoffensiva la Borghesia emergente. Nel 1624 il re, divenuto maggiorenne, decise di allontanare dalla politica monarchica sua madre e affidarsi alla diplomazia organizzativa del suo Primo Ministro, il Card. Richelieu che, sulla scia della politica di Enrico IV non rinunciò al progetto di modernizzazione dello Stato e, anzi, riescì a realizzare un capolavoro amministrativo seguendo i principi della dottrina dello Sato Moderno. 5 – L’Età di Richelieu (1624 – 42) Vediamo da vicino ma schematicamente i fattori che caratterizzano l’Età di Richelieu, che ebbe una considerevole continuità temporale, 1624 – 1642), considerando che fino ad allora la precarietà e instabilità erano state la regola. L’obiettivo principale di Richelieu si condensa tutto nella formula (attribuita a lui e poi seguita anche da Luigi XIV) “Uno Stato, una Copyright © by Tommaso Ciccarone Legge, una Religione”, in direzione di una compattezza assoluta che eliminasse le tensioni interne e i rischi di instabilità continua. Per far ciò dovette strutturare una politica razionale che accontentasse sia nobili di spada sia nobili di toga, ma inevitabilmente anche impedendo il prevalere dell’una o dell’altra fazione, “abbassandone l’orgoglio” ed evitare che si formasse “uno Stato nello Stato” (espressioni entrambe di Richelieu). Alla luce di queste premesse, i punti della sua politica furono: Mantenimento dell’Editto di Nantes e del maccanismo della compravendita delle cariche ma “smilitarizzazione” delle Basi militari degli ugonotti rendendoli così inoffensivi e più controllabili; e per smilitarizzazione si intende che le basi militari ugonotte furono rase al suolo. Tollerenza religiosa verso i calvinisti ma Religione Cattolica come Religione di Stato, cioè direttamente controllata dallo Stato e sottratta al controllo della Chiesa di Roma e del Papa; Mantenimento della politica economica di Mercantilismo, avviata da Enrico IV; Creazione di nuove figure politico-amministrative: gli “Intendenti”. Gli Intendenti costituiscono l’autentica novità e capolavoro politico di Richelieu, perché il loro ruolo doveva essere quello di controllo fiscale, amministrativo e politico (quasi come dei vice-Re), imponendosi come longa manus del Re e di Parigi nelle varie province francesi (che erano un’ottantina). Insomma: la figura dell’intendente era l’applicazione del principio di Centralismo amministrativo dello Stato e doveva dar conto solo al Re. 5.1 – Parentesi di Filosofia Politica: J. Bodin e la dottrina dello “Stato Moderno” La politica centralista di Richelieu non si comprende bene se non si tiene conto che sullo sfondo storico agisce lo sfondo filosoficoculturale che, dal XVI sec è basato sull’interesse per la politica e la formazione degli Stati. La cultura filosofica politica non è una caratteristica solo francese ma europea: le correnti e scuole di pensiero più importanti saranno Copyright © by Tommaso Ciccarone affrontate a parte nel nostro programma ma, in questo caso, è necessario tratteggiare brevemente il modello a cui Richelieu, come del resto lo stesso Enrico IV, si erano ispirati. Si tratta del filosofo della politica Jean Bodin, il teorico dello “Stato Moderno” e autore del testo del 1575 intitolato “I Sei libri della Repubblica”. Il titolo è importante e va subito chiarito: il termine “repubblica” non allude alla volontà di instaurare una istituzione repubblicana o addirittura democratica al posto della Monarchia. Il termine “Repubblica” è usato da Bodin nell’accezione etimologica latina di Res Publica, “la cosa pubblica” e questo per un paio di ragioni: In primo luogo, come ha insegnato la cultura rinascimentale (per esempio con Machiavelli), il modello romano era considerato un punto di riferimento per la razionalità politica, in opposizione a modelli di potere feudale, arbitrario, vassallatico per il quale lo Stato è solo un mezzo per una politica assoluta e personale. La Res Publica romana invece fornisce la base per un potere “impersonale”, ossia un potere organizzato razionalmente attraverso organi di rappresentanza o, si dice, di “collegialità”, pur rimanendo fermo il ruolo del sovrano (anche se in età romana a comandare erano i Consoli, prima dell’avvento dell’impero augusteo). In secondo luogo il termine Res Publica rimanda al fine ultimo della politica: non la persona o il capriccio dei singoli, fazioni o privilegi di sangue, bensì lo Stato nella sua globalità. Lo stato, la sua stabilità e sovranità dunque devono essere intesi come fini a se stessi: le strategie del governo sono solo dei mezzi per il raggiungimento del fine (più o meno questo è il senso della frase attribuita a Machiavelli – anche se non compare mai nei suoi scritti – “Il fine giustifica i mezzi”). Riassumendo, l’opera di Bodin (sicuramente ispirata a quella di Machiavelli: per esempio Il Principe e I Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio) riflette l’oggetto filosofico per eccellenza attraverso i concetti di “Sovranità” e “Ragion di Stato” e per cui la politica, a tutti gli effetti, diventa una scienza e una costruzione razionale a partire Copyright © by Tommaso Ciccarone dallo studio della “realtà effettuale” come aveva insegnato proprio Machiavelli. Gli assi teorici che definiscono lo Stato Moderno e Assoluto in Bodin sono: 1. Assolutismo (non arbitrario) 2. Centralismo (in questa categoria rientrano i mezzi attraverso cui realizzare il Centralismo: forte apparato burocratico-amministrativo; Fiscalismo; presenza di un Esercito Permanente. Non è casuale che per Bodin l’Assolutismo e la sovranità moderna dello Stato debbano prevedere la presenza dei Ministeri più importanti ai fini delle sorti dello Stato stesso: Ministero delle Finanze e Ministero della Guerra; 3. Tolleranza religiosa. (Abbiamo visto come questo principio sia stato alla base dell’Editto di Nantes e anche fonte di ulteriori dissidi tra le fazioni cattoliche e ugonotte. Secondo una visione razionale dello Stato l’intolleranza porta inevitabilmente alla guerra civile ed è la malattia mortale dello Stato stesso). 6 – Dalla morte di Richelieu all’avvento di Luigi XIV: La fase delle “Fronde” Il 1642 è un anno chiave perché muoiono il card. Richelieu e il re Luigi XIII: si tratta di un pericoloso vuoto di potere, considerando che il nuovo re ha appena 5 anni ed è Luigi XIV. Anche in questo caso si è alla presenza di una reggenza ed è tenuta dal nuovo Primo Ministro, il card. Mazzarino con la partecipazione (marginale) di Anna d’Austria, la mamma di Luigi XIV. Richelieu nel suo progetto di centralismo politico - amministrativo, aveva aumentato la pressione fiscale ma anche i contrasti tra la vecchia nobiltà e la nobiltà di toga. Mazzarino ereditò una situazione turbolenta destinata ad esplodere in scontri, soprattutto a due riprese, meglio noti alla storiografia col termine di “Fronde”. L’italianizzazione del termine “Fronda” rimanda, nella lingua francese, al gioco della “fionda” dei bambini e metaforicamente significa la “sassaiola” e scontri che si traducono con una guerra civile. Copyright © by Tommaso Ciccarone Le fazioni opposte all’interno della cornice delle “Fronde” sono ancora una volta i nobili tradizionali, detti in questo contesto “Cavalieri”, come richiamo all’antica carica feudale con la quale venivano investiti gli aristocratici, “di spada” appunto, da una parte, e dall’altra i nobili di toga che in questo contesto sono chiamati “Parlamentari”, perché rivendicavano il potere parlamentare di fare o comunque decidere sulle leggi (soprattutto quelle in materia fiscale). Per la precisione: il potere di decidere o opporsi su o alle leggi si chiama tecnicamente “potere di veto” sulle leggi stesse. Entrambe le fazioni colsero il pretesto di violente agitazioni popolari – contadine e della piccola borghesia che complessivamente costituivano il 90% della popolazione francese ed erano le reali vittime sacrificali delle pressioni fiscali inaugurate da Richelieu. La 1^ Fronda dei Parlamentari scoppia tra il 1648 e il 1649; La 2^ Fronda dei “Cavalieri” scoppia tra il 1650 e il 1653. Entrambe le fazioni erano mosse dal comune obiettivo antiassolutistico, perché entrambe erano state controllate e fortemente ridimensionate dalla logica della Ragion di Stato e del Centralismo monarchico: a) I Parlamentari, infatti, reclamavano più diritti politicolegislativi e l’eliminazione delle figure opprimenti degli Intendenti; b) I Cavalieri, invece, rivendicavano il ritorno ai vecchi privilegi di sangue e feudali, chiedendo l’eliminazione della Paulette che, come abbiamo visto, con l’ereditarietà delle cariche dava un potere stabile e duraturo alla nuovo ceto dei nobili di toga. L’esito delle Fronde fu fallimentare per entrambe le fazioni perché, anche se ci fu un momento in cui Mazzarino e la Corte scapparono da Parigi, Mazzarino stesso e la Monarchia ne uscirono ristabiliti sfruttando il fatto che la lotta tra i due fronti li neutralizzò e indebolì vicendevolmente. Quando Luigi XIV ormai maggiorenne prenderà il potere nel 1660 costruirà la sua macchina statale-politica proprio traendo lezione Copyright © by Tommaso Ciccarone dalle Fronde e determinando un Assolutismo che aveva come presupposti a) il modello di Richelieu/Bodin; b) la totale eliminazione della libertà di manovra delle fazioni.