Misurarei risultati di un`esperienza

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Misurarei risultati di un`esperienza
INTERCULTURA
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Misurare i risultati
di un’esperienza
interculturale
L
a preoccupazione di definire i contenuti educativi di una esperienza di vita e di studio in un’altra cultura non è nuova nell’AFS e da almeno
21 anni (“Workshop on Intercultural Learning Content
and Qualità Standards”, Otter Lake, Quebec, Canada
1984) tali contenuti sono stati definiti in un documento
che ha rappresentato il fondamento su cui si articolano i programmi dell’associazione.
Quattro aree sono state indicate nel documento di
Otter Lake.
1. VALORI E CAPACITÀ PERSONALI
Alla base di tutte le esperienze dell’AFS c’è l’allontanamento delle persone dall’ambiente familiare e il loro
inserimento in un nuovo ambiente. In queste nuove
circostanze i partecipanti ai programmi di studio devono affrontare ripetutamente momenti critici di varie
entità trovandosi a dover prendere decisioni e agire senza
poter contare su riferimenti familiari. A tal fine essi vengono preventivamente ben preparati e hanno la garanzia di trovare appoggio e guida ogni volta che se ne presenti la necessità. Così, essi sono in grado di trasformare
queste crisi in opportunità per riesaminare i propri valori, estendere le proprie capacità, praticarne di nuove.
Inoltre essi acquistano una consapevolezza prima sconosciuta di certi aspetti di sé grazie al contatto continuo nel Paese ospitante con persone che organizzano
la propria vita sulla base di premesse diverse. Grazie a
queste situazioni, la maggior parte dei borsisti consegue i seguenti obiettivi di apprendimento:
1. Pensare in modo creativo, verificabile nella capacità di vedere cose, eventi e valori ordinari da un
nuovo punto di vista e di generare idee e soluzioni
innovative.
2. Pensare in modo critico, verificabile nel rifiuto di
accettare superficialemnte le apparenze e nello scetticismo nei confronti degli stereotipi.
3. Accettare una maggiore responsabilità personale, verificabile nella capacità di esercitare autocontrollo nel contesto delle norme e aspettative
sociali.
4. Ridimensionare l’importanza delle cose materiali,
verificabile nella tendenza crescente a definire il
proprio valore e i propri obiettivi in termini di ideali piuttosto che di possesso.
5. Essere più consapevoli di sé, verificabile nella crescente volontà e capacità di vedere la propria persona in modo obiettivo e di riconoscersi profondamente influenzato dalla cultura d’origine.
2. SVILUPPO DI RAPPORTI INTERPERSONALI
Nel nuovo ambiente, ogni partecipante ai programmi AFS si trova totalmente coinvolto nella vita quotidiana e nelle situazioni di lavoro con una grande
varietà di persone. Qualunque sia la sua sistemazione – individuale o come membro di un gruppo di visitatori – il giovane deve sviluppare e mantenere rapporti con altre persone di provenienza culturale e
sociale diversa.
Le capacità interpersonali sviluppate in questo
contesto interculturale sono trasferibili a molte altre
situazioni che i giovani vivranno nel corso della loro
vita e anche coloro che ospitano i ragazzi ricavano
spesso benefici analoghi.
La maggior parte dei partecipanti ai progammi AFS consegue i seguenti obiettivi di apprendimento:
1. Approfondire l’interesse e la sensibilità nei confronti degli altri, verificabile nella maggiore capacità e volontà, al ritorno, di “mettersi nei panni
degli altri”, cioè in una maggiore empatia.
2. Aumentare l’adattabilità a circostanze sociali mutevoli, verificabile in una maggiore flessibilità nel processo di adattamento a nuove persone, situazioni
sociali, norme culturali.
3. Attribuire valore alla diversità umana, verificabile
dalla voglia di comunicare, dal reciproco rispetto e
dall’amicizia con le persone di formazione diversa
dalla propria.
4. Divertirsi in compagnia degli altri, verificabile in
una minore timidezza e una maggiore disponibilità a partecipare con gioia ed entusiasmo a incontri sociali di tipo diverso.
3. CONOSCENZA E SENSIBILITÀ
INTERCULTURALI
Nel corso della loro immersione nella società che li ospita, i partecipanti ai programmi AFS sono esposti a innumerevoli aspetti di quella cultura. Questi aspetti variano dal semplice acquisto delle cose necessarie per la vita
quotidiana alle complesse e sottili distinzioni fra valori, regole di comportamento e modi di pensare diversi.
La maggior parte dei programmi di scambio proposti
da AFS include anche una componente di apprendimento formale in cui il la struttura di accoglienza del
Paese ospitante spiega ai suoi visitatori le proprie strutture sociali, politiche, economiche e religiose.
L’esperienza di vivere un simile coinvolgimento in
così tanti aspetti della vita del Paese ospitante dà modo
ai partecipanti ai programmi AFS di sviluppare una
maggiore consapevolezza della propria cultura di origine oltre a quella del paese ospite.
La maggior parte dei partecipanti ai programmi
AFS consegue i seguenti obiettivi di apprendimento:
1. Approfondire la conoscenza del paese ospitante e della
sua cultura, verificabile nella capacità di spiegarne gli
aspetti chiave assumendo la prospettiva dei nativi.
2. Aumentare la consapevolezza degli aspetti più
profondi della propria cultura, verificabile nella
capacità di vederne tratti mai riconosciuti prima e
di valutarne la forza e la debolezza dal punto di vista
di un estraneo.
3. Comunicare con gli altri usando i loro modi di esprimersi, verificabile nella capacità di conversare con le
persone del Paese ospitante nella loro lingua e di reagire correttamente ai segnali non verbali tipici della
cultura ospitante imparando anche a servirsene.
4. Capire la natura delle differenze culturali, verificabile nella capacità di descrivere le problematiche
fondamentali che riguardano tutti gli esseri umani
e nella disponibilità ad accettare una grande varietà
di soluzioni.
5. Ampliare le proprie capacità e idee, verificabile nel saper
pensare e agire in modi che sono tipici della cultura
del paese ospitante ma trasferibili ad altri ambienti.
4. CONSAPEVOLEZZA DEI PROBLEMI
MONDIALI
Vivere in un luogo diverso dalla propria realtà familiare aiuta spesso le persone a riconoscere che il mondo
è una grande comunità, un’isola globale, in cui certi
problemi sono condivisi da tutti dovunque. I partecipanti ai programmi AFS diventano capaci di relazionarsi con con i loro ospiti e comprendere il loro
punto di vista su alcuni di questi problemi; di comprendere quindi che le soluzioni applicabili devono
essere culturalmente compatibili e non solo tecnologicamente possibili. Una simile consapevolezza è ideale per preparare i giovani ad un posto fra coloro che
si occupano delle crisi che l’umanità ha di fronte.
La maggior parte dei partecipanti ai programmi
AFS consegue i seguenti obiettivi di apprendimento:
1. Approfondire l’interesse negli affari mondiali, verificabile in un maggior impegno volto a ottenere
informazioni da molte fonti sui problemi che l’umanità si trova ad affrontare.
2. Essere consapevoli dei collegamenti internazionali, verificabile nella voglia e nella capacità di compiere scelte personali con la consapevolezza delle
conseguenze delle proprie scelte su chi vive in altre
parti del mondo.
3. Impegnarsi nella ricerca di soluzioni ai problemi
mondiali, verificabile nell’investimento di risorse
personali (tempo, energia e denaro) in situazione
professionali o di volontariato mirate alla ricerca di
soluzioni culturalmente sensibili e tecnologicamente possibili.
Con la ricerca di Mitchell Hammer presentata in
questo numero della rivista, AFS ed Intercultura
hanno inteso misurare uno degli aspetti più imponderabili dell’esperienza AFS: l’acquisizione di conoscenza e sensibilità interculturale. È un contributo
importante non solo
per l’apprezzamento
dei nostri programmi, ma per la scuola e
le scienze umane in
generale, in quanto
sono poche e sporadiche le ricerche effettuate sinora in questo
campo. n
Il gruppo internazionale
di esperti AFS che valuta
le innovazioni operative
scaturite dalla ricerca
di Mitchell Hammer a Colle
di Val d'Elsa il 19 aprile.
Da sinistra: Johanna
Nemeth (Austria), Wayne
Edwards (Nuova Zelanda),
Sandy Mitchell (USA),
Flora Arias (Costa Rica),
Mick Petersmann
(Germania), Betsy Hansel
(USA), Robin Weber (USA),
Elisabeth Hardt
(Belgio-EFIL), Mary Ann
Zaremba (USA), Lucas
Welter (Brasile), Roberto
Ruffino (Italia), Irid Agoes
(Indonesia).
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INTERCULTURA
Quali competenze interculturali si
acquisiscono in un anno all’estero?
Una ricerca di Mitchell Hammer
D
Mitchell Hammer
a più di 20 anni Intercultura ed AFS promuovono ricerche sui risultati dei loro programmi di vita e
studio all’estero per studenti liceali e sui cambiamenti di atteggiamenti e percezioni che maturano
durante un anno in un altro Paese nella fasce adolescenziale.
La ricerca più nota fu realizzata da Cornelius Grove e Betsy Hansel tra il 1980 e il 1985 e mise in luce cinque aree in cui i borsisti AFS si distinguevano nettamente dai compagni di scuola rimasti a casa: l’interesse verso
altri mondi e la capacità di accettarne gli stili di vita, la conoscenza e l’apprezzamento di un’altra cultura, la capacità di comunicare efficacemente in una lingua straniera, l’adattabilità a situazioni nuove ed inattese, il senso di
appartenenza ad una comunità globale. La stessa ricerca aveva anche evidenziato che nei ragazzi tornati da un
soggiorno all’estero – rispetto ai coetanei rimasti a casa – prevalevano:
• un atteggiamento meno materialistico
• meno conformismo
• più capacità di comunicare anche in pubblico
• una consapevolezza maggiore delle proprie radici culturali.
Altre ricerche hanno ribadito queste conclusioni, che sono confermate dai messaggi che la scuola italiana trasmette ad Intercultura negli incontri frequenti con presidi ed insegnanti, nonché dai risultati brillanti che gli exborsisti conseguono negli esami di ammissione all’università e nei curricula di studi e professionali successivi.
Dando perciò per accertato che un anno di vita e di scuola all’estero favorisce l’acquisizione di competenze
generali e la maturazione di un adolescente, Intercultura e AFS – che si definiscono “una ONLUS per costruire il dialogo interculturale” – hanno voluto investigare proprio gli aspetti interculturali della crescita che avviene, durante tale anno, in un ragazzo di 17 anni.
• Quanto si sviluppano le sue capacità comunicative (verbali e non) in un contesto straniero?
• Sino a che livello di spontaneità e naturalezza riesce ad interagire con persone di quel Paese?
• Quanto riesce veramente a comprendere e interpretare della nuova cultura?
• Quali strumenti acquisisce per affrontare in futuro altre situazioni interculturali?
Nel 2002, su iniziativa di Intercultura e altre 8 associazioni nazionali aderenti al circuito AFS (Austria, Brasile,
Costa Rica, Ecuador, Germania, Hong Kong, Giappone e Stati Uniti), AFS Intercultural Programs, l’Associazione
che coordina il lavoro di tutte le associazioni nazionali aderenti al circuito AFS, ha quindi deciso di realizzazione una nuova ricerca.
Lo studio è stato commissionato, sotto forma di ricerca indipendente, al professor Mitchell Hammer Docente
di studi di Pace Internazionale e Risoluzione dei Conflitti alla Facoltà di Amministrazione Internazionale presso l’American University Washington (USA). Il professor Hammer è anche responsabile della Hammer Consulting
LLC, e svolge attività di consulenza e formazione nell’ambito della comunicazione interculturale, della mediazione e della capacità di negoziazione in situazioni di crisi e conflitti per società private, organizzazioni senza scopo
di lucro, studi legali e agenzie federali, tra cui la NASA Johnson Space Center e il Federal Bureau of Investigation.
Il programma-tipo di AFS, nell’ambito del quale si è svolta la ricerca, muove ogni anno circa 10.000 studenti liceali di 54 Paesi che, dopo una accurata selezione ed una preparazione all’esperienza, vengono ospitati
gratuitamente da una famiglia all’estero e là frequentano una
scuola per un intero anno scolastico, assistiti da volontari AFS
% di studenti
Paese
partecipante
(Intercultura in Italia) che li aiutano ad inserirsi nella nuova
alla ricerca
comunità, a comprenderne i valori ed i comportamenti e ad
intrecciare relazioni sociali soddisfacenti.
Germania
32 %
La ricerca ha avuto una durata triennale e ha coinvolto
Giappone
15 %
2100
studenti. Di questi, 1500 erano studenti AFS che hanno
Italia
14 %
partecipato a programmi annuali in 9 Paesi diversi, tra i mesi
USA
12 %
Brasile
9%
di Settembre 2002 e Luglio 2003; i restanti 600 formavano il
Ecuador e Costarica
8%
cosiddetto “gruppo di controllo”, composto da amici e comAustria
6%
pagni di scuola degli studenti partecipanti al programma di
Hong Kong
5%
scambio.
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IL MODELLO DI “SVILUPPO DELLE COMPETENZE INTERCULTURALI”
Nella ricerca sono stati utilizzati due strumenti: un modello innovativo e completo sullo sviluppo delle competenze interculturali (Developmental Model of Intercultural Sensibility, DMIS) insieme a un più sofisticato
strumento di misurazione (Intercultural Development Inventory, IDI).1
La competenza interculturale è stata definita dall’antropologo Milton Bennett, ideatore del DMIS, come
“la capacità di acquisire una certa sensibilità di fronte alle differenze interculturali e di adattare il proprio
comportamento a seconda del contesto culturale in cui ci si trova”. Più ci si confronta con situazioni complesse caratterizzate da elevate differenze culturali più aumenta, secondo il modello DMIS, la competenza
interculturale.
Intercultural Competence
Ability to make increasingly more complex perceptual distinctions around one’s
experience of cultural differences.
As a person’s experience of cultural differences becomes more differentiated,
potential competence in intercultural relations increases.
The ability to construe – and therefore experience – cultural differences in more
complex ways is the central dynamic of the DMIS theory.
The ability to construe cultural differences in more complex ways provides the
platform for cognitive frame-shifting and behavioral code-shifting to cultural
context: deeper, situationally competent adaptation.
Secondo Bennett, gli individui partono in genere da una fase di etnocentrismo che si manifesta come negazione o rifiuto delle differenze culturali (esaltazione della propria cultura e disprezzo per le altre: denial or defense nel linguaggio di Bennett); un etnocentrismo alla rovescia può manifestarsi anche quando si adotta come pro1 Per maggiori informazioni sul modello DMIS e sullo sviluppo del modello IDI si vedano: Hammer, M.R., Bennett, M.J. & Wiseman, R.
(2003). The Intercultural Development Inventory: A measure of intercultural sensitivity. In M. Paige (Guest Editor), International Journal
of Intercultural Relations, 27, 421-443 and Bennett, M.J. (1993). Towards ethnorelativism: A developmental model of intercultural sensitivity. In R. M. Paige (Ed.), Education for the intercultural experience (pp. 21-71). Yarmouth: ME: Intercultural Press.
MITCHELL HAMMER
Mitchell Hammer è specializzato in comunicazione
interculturale e risoluzione
dei conflitti. Ha insegnato
queste materie in varie
università americane e
nell’università di Kuala
Lumpur in Malesia. Le sue
ricerche hanno coperto un
vasto spettro del settore
interculturale ed interetnico: i suoi interessi maggiori sono nel settore dell’efficacia della comunicazione
interculturale, nell’influenza della cultura sulle organizzazioni, nella negoziazione dei conflitti, della
gestione delle crisi, nell’adattamento trans-culturale. Ha pubblicato più di 50
articoli in varie antologie e
pubblicazioni scientifiche.
Nel 1992 ha ricevuto il
Senior Interculturalist
Award dfalla SIETAR,
Society for Intercultural
Edication, Training and
Research.
MILTON BENNETT
Milton Bennett ha un
dottorato in comunicazione
interculturale dall’Università del Minnesota.
Tra il 1968 e il 1970 visse
in Micronesia con il Corpo
della Pace americano.
Passò poi all’Università
Statale di Portland, dove
creò la laurea di secondo
livello in comunicazione
interculturale.
È oggi co-direttore
dell’Intercultural
Communication Institute,
dove tiene corsi a carattere
interculturale tanto
per il mondo accademico,
quanto per quello delle
società multinazionali.
Ha curato la pubblicazione
di Basic Concepts
of Intercultural
Communication, e molte
altre opere sul tema dello
sviluppo della sensibilità
interculturale. Suo è il
“Modello di Sviluppo della
Sensibilità Interculturale
(DMIS)” ampiamente utilizzato nelle ricerche sulle
competenze interculturali
in vari Paesi. Anche a
Bennett è stato conferito il
Senior Interculturalist
Award dfalla SIETAR,
Society for Intercultural
Edication, Training and
Research.
INTERCULTURA
Per studiare in modo scientifico gli effetti di un’esperienza di scambio interculturale come quella proposta
da AFS sono stati utilizzati dei rigorosi test prima dell’inizio del programma all’estero (pre-test), subito dopo la
sua conclusione (post-test) e sei mesi dopo il rientro degli studenti (post-post test). Ai medesimi test si sono sottoposti anche gli studenti appartenente al gruppo di controllo. Questo metodo ha permesso la valutazione degli
effetti dell'esperienza di studio all'estero AFS sui partecipanti, confrontati con la normale evoluzione di un gruppo di studenti analogo, che non hanno partecipato al programma di studio all'estero. Il metodo prescelto ha
permesso di analizzare la permanenza dei risultati anche dopo la conclusione dell’esperienza.
I dati sono stati raccolti utilizzando tre diversi gruppi di destinatari dei questionari. In primo luogo, i questionari completati dai partecipanti ai programmi e dal gruppo di controllo (autovalutazione); in secondo luogo,
i questionari compilati dalle famiglie naturali dei partecipanti ai programmi di studio all’estero; infine l’indagine è stata completata con questionari compilati dalle famiglie ospitanti dei ragazzi che hanno partecipato alla
ricerca. Tutte le misurazioni usate in questo studio sono state sottoposte a test per verificare la loro attendibilità
in contesti culturali differenti.
A completamento della raccolta dati, alcuni studenti selezionati hanno partecipato anche a un processo qualitativo di analisi, rispondendo attraverso un “electronic journal” a quattro domande particolarmente significative, ripetute in quattro fasi diverse dell’esperienza durante il loro soggiorno all’estero.
Per valutare l'impatto educativo dei programmi la ricerca ha preso in esame le seguenti variabili:
1. Sviluppo delle competenze interculturali
2. Diminuzione del livello di ansia derivante dall’interazione con persone di altre culture.
3. Aumento della conoscenza del Paese ospitante.
4. Aumento del livello di conoscenza della lingua straniera.
5. Aumento dell’interazione con persone di altre culture.
6. Aumento del numero di amicizie con persone di altre culture.
7. Aumento delle capacità di mettere in pratica i valori interculturali dell’AFS.
8. Soddisfazione complessiva per l’esperienza di studio all'estero
INTERCULTURA
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pria una cultura altra (è il caso di chi va vivere all’estero e si immedesima totalmente e acriticamente nei
valori e nei comportamenti del nuovo Paese. Bennett
chiama questo atteggiamento “reversal”). Questa fase
può anche essere definita come “fase di polarizzazione”, in quanto è molto forte il contrasto tra un Paese
visto come il migliore possibile (in genere il proprio,
ma può anche essere un Paese estero in cui si desidera vivere) e tutti gli altri, visti come inferiori o comunque peggiori. Si vede solo il proprio mondo come articolato e complesso, mentre quello altrui appare
generico e stereotipato.
Da questa fase iniziale – se si hanno esperienze
interculturali – si può passare ad una fase di universalismo in cui si tende a risolvere e superare la tendenza alla polarizzazione precedente ed a minimizzare le differenze tra le culture (minimalization nel
linguaggio di Bennett: “siamo tutti esseri umani, tutti
sostanzialmente uguali”). È una fase in cui il proprio
mondo è ancora al centro, ma gli altri mondi sono
visti con interesse e positività.
Se le esperienze interculturali proseguono in modo
soddisfacente, si può toccare una fase di etnorelativismo in cui la propria cultura è vista nel contesto
delle altre, senza idealizzazioni, e si impara a sentirsi
a proprio agio a livello internazionale, accettando le
norme ed i comportamenti delle culture con cui si
entra via via in contatto, senza necessariamente condividerle (fase di acceptance and adaptation, secondo
Bennett, dove per acceptance si indica la capacità di
accettare che la cultura altrui è ugualmente complessa e articolata e rispettabile, mentre per adaptation si
indica la capacità di variare il proprio codice cognitivo e comportamentale a seconda delle situazioni culturali in cui ci si viene a trovare).
In aggiunta a questi tre fasi, Bennet individua anche
uno stadio residuo, di rilevanza statistica molto bassa,
che chiama marginality, che corrisponde a un atteggiamento di chi sperimenta un senso di non appartenenza ad una cultura definita e di multi-culturalismo
indefinito: può essere “encapsulated” (ove si ponga un
problema di identità: chi sono io veramente?) o “constructive” (nel caso di una
perfetta integrazione bi- o
pluri-culturale).
Utilizzando lo schema
teorico di Bennett, Mitchell
Hammer ha creato un indice denominato Intercultural
Development Inventory (IDI)
per misurare i livelli di competenza interculturale dei
soggetti ed il loro passaggio
da una fase a quella successiva. È lo strumento utilizzato per la ricerca sui borsisti AFS.
DIVERSE FASI DI EVOLUZIONE
DELLA COMPETENZA
INTERCULTURALE
ESEMPI DI
COMPORTAMENTO
ETNOCENTRISMO
PRINCIPALI STADI
DD
(Denial & Defense)
Negazione o rifiuto
delle differenze culturali.
Esaltazione della propria
cultura e disprezzo
per le altre.
FRASI PRESE DAI DIARI
DEGLI STUDENTI
PARTECIPANTI ALLA RICERCA
“I could not imagine what it is
like to live in another country”
“Their thick make-up is really
disgusting!”
R
(Reversal)
Adesione acritica ai valori “The people are very responsible
e comportamenti del
and honest, everybody here
nuovo Paese
follows rules... that is the reason
why this country has the best
lifestyle in the world.”
UNIVERSALISMO
M
(Minimization)
Identificazione di valori “On the whole, I would say
culturali comuni e
that the cultures are quite
problematiche universali. similar...The differences are just
formalities.”
ETNORELATIVISMO
AA
(Acceptance &
Adaptation)
Comprensione e
“I am nobody to judge them.”
accettazione di differenze
cultuali complesse
“ ...Because one looks at things
from two perspectives and
therefore reasons more rationally.”
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I risultati complessivi della ricerca evidenziano chiaramente l'impatto positivo dei programmi di scambio
interculturale di AFS. È interessante notare che l’esperienza di studio all’estero produce degli effetti stabili,
che permangono nello studente anche dopo il ritorno
a casa. Inoltre, questi stessi effetti non si producono
nell'esperienza educativa ordinaria degli studenti del
gruppo di controllo, che hanno continuato a frequentare gli studi secondari nei loro Paesi d'origine.
Gli indicatori utilizzati per effettuare la ricerca, evidenziano che l’impatto è notevole negli studenti che
prima di iniziare il programma erano risultati essere
nella fase “Etnocentrica” (DD/R); di minore entità
invece risulta essere l’impatto dell’esperienza in quegli
studenti che partivano già da una fase interculturale
più sviluppata di “Universalismo” (M). L'analisi dei
risultati conseguiti da quei giovani che hanno iniziato
il programma nella fase Etnorelativa di Acceptance/
Adaptation non è stata possibile, poiché non c’era un
numero sufficiente di studenti in questa condizione.
Osservando i risultati generali della ricerca, lo studente AFS, rispetto a uno studente coetaneo con caratteristiche analoghe (appartenente al gruppo di controllo), ha significativamente:
• aumentato il livello di competenza interculturale (capacità di affrontare situazioni interculturali);
• aumentato il livello di conoscenza della cultura
ospitante (conoscenza delle variabili culturali);
• aumentato il livello di conoscenza della lingua
parlata del Paese ospitante (efficacia comunicativa in una lingua straniera);
• ridotto il livello di ansia nell'interagire con gente
di culture differenti (abilità ad interagire con persone di altri Paesi);
• aumentato le amicizie con gente di altre culture
(capacità di costruire reti di amicizie e relazioni
con gente straniera).
Soffermando l’attenzione sullo sviluppo delle competenze interculturali, si osserva che all’inizio del programma, l’indice di competenza interculturale medio
(Developmental Score, DS ) dei partecipanti ai programmi AFS si colloca in una fase intermedia tra
Entocentrismo ed Universalismo, con 41% di studenti in fase etnocentrica e 56% in fase universalistica. Alla fine del programma il gruppo etnocentrico è
ridotto al 34% mentre il gruppo universalistico è salito al 61%.
Il gruppo di controllo mostra un indice DS più
basso all’inizio della ricerca (e ciò si spiega con il fatto
che il gruppo AFS è stato selezionato anche in virtù
della propria apertura ad altri Paesi) e tale indice si
abbassa ancora nella misurazione post-post test: inizialmente dà un 57% di etnocentrici ed un 41% di
universalisti, mentre alla fine dà un 61% di etnocentrici contro un 39% di universalisti.
Uno dei risultati più importanti messi in luce dalla
ricerca è proprio questo: che l’indice di competenza
interculturale è diminuto nel gruppo di controllo,
come dimostrato dai risultati del post test (questionario compilato subito dopo il rientro) e post-post test
(questionario compilato 6 mesi dopo il rientro).
Viceversa, il punteggio DS nel post test e nel post-post
test degli studenti AFS è salito a un punteggio che registra un posizionamento più avanzato nel modello di
sviluppo di competenza interculturale.
Gli studenti AFS, come gruppo, hanno quindi
alzato il loro punteggio DS complessivo, anche se ciò
non equivale ancora a una posizione che gli consenta di riconoscere gli aspetti più profondi delle differenze culturali (prevale ancora un atteggiamento che
dà risalto alla comunanza ed alla somiglianza, a scapito di valutazioni più approfondite). Inoltre la stabilità di questi risultati nel tempo é importante.
Per approfondire l’analisi dei risultati sono state fatte
delle comparazioni, studiando nel dettaglio l’evoluzione dell’indice di competenza interculturale tra gli studenti AFS appartenenti (all’inizio del programma) ai
vari stadi del modello DMIS. Anche tali comparazioni
hanno confermato che il programma annuale AFS ha
un impatto maggiore sugli studenti che hanno maggiore
bisogno di aprirsi, ovvero che iniziano il programma ad
uno stadio di competenze interculturali più basso (fase
di etnocentrismo). L’impatto è inevitabilmente più lieve
sugli studenti che sono partiti già da uno stadio più sviluppato (fase di universalismo). Infine, i pochissimi studenti AFS che avevano competenze interculturali già
molto sviluppate non hanno aumentato tali competenze
alla fine del programma di scambio.
INTERCULTURA
LA RICERCA: LE COMPETENZE
INTERCULTURALI DEI PARTECIPANTI
AI PROGRAMMI AFS
INTERCULTURA
8
Soffermandoci sul gruppo che ha conseguito i maggiori risultati, si nota che in media questi studenti hanno
migliorato in modo sostanziale le proprie competenze
interculturali (quasi 8 punti della scala DS) e sono passati da un orientamento etnocentrico ad un orientamento più universalistico. A questo spostamento nelle
competenze interculturali, corrisponde una miglioramento anche delle altre variabili messe sotto osservazione nella ricerca (conoscenza della cultura ospitante,
livello d’ansia, amicizie interculturali, ecc).
Analisi ulteriori si sono focalizzate sull’effetto negativo o meno di un cambio di famiglia ospitante durante l’esperienza di studio all’estero dello studente. I risultati generali indicano che dopo il rientro a casa, non ci
sono differenze nelle competenze interculturali, nel
livello di ansia e nelle altre variabili sotto osservazione
tra gli studenti che hanno vissuto per tutto l’anno in
una sola famiglia ospitante e quelli che hanno vissuto
con più famiglie ospitanti. Di conseguenza si può
dedurre che, mentre cambiare famiglia può comportare delle difficoltà momentanee per lo studente, in termini di esperienza generale non si notano sostanziali
differenze tra chi ha passato l’intero anno presso la stessa famiglia e chi è stato ospitato da più famiglie ospitanti durante il periodo all’estero.
no il 9%). Si tratta sicuramente di un risultato rilevante che consegue uno dei principi obiettivi previsti dal metodo pedagogico dei programmi
Intercultura/AFS.
Aumento della conoscenza
del Paese Ospitante
Le analisi di Hammer rilevano anche differenze significative nella conoscenza della cultura del Paese Ospitante,
sia secondo la valutazione fornita dalla famiglia che ha
ospitato lo studente durante il programma all’estero, sia
per quanto riguarda la stessa autovalutazione fornita dai
partecipanti al programma. Nel gruppo di controllo
invece, come era facile prevedere per questa variabile,
non si riscontrano significative variazioni.
LE ALTRE VARIABILI ANALIZZATE
NELLA RICERCA
Aumento del livello di interazione
con le altre culture
Dopo il rientro, i partecipanti al programma tendono a trascorrere più tempo interagendo con persone
di altre culture e sviluppano un’elevata propensione
a instaurare rapporti con persone di altri Paesi. Se da
un lato tale osservazione non rappresenta una sorpresa, visto che i partecipanti hanno vissuto per 10
mesi all’estero, d’altro canto è molto significativo che
la tendenza ad instaurare nuovi contatti rimanga
anche nella fase post post test (6 mesi dopo il rientro).
Infatti il gruppo dei partecipanti è passato da un tasso
iniziale di interazione con altre culture del 9% ad un
tasso del 13%, mentre il gruppo di controllo rimane
sostanzialmente sulle posizioni iniziali, registrando
addirittura un lieve calo (dal 9 all’8%).
Analogamente, la
percentuale di amicizie con persone di altri
Paesi del gruppo dei
partecipanti prima
della partenza risultava dell’11% e dopo il
termine del programma si è portata al 23%
(il gruppo di controllo rimane stabile attor-
Riduzione dell’ansia nelle relazioni con
persone provenienti da culture diverse
Il gruppo dei partecipanti parte già con un valore leggermente più basso di ansia all’inizio dell’esperienza
(3,3), rispetto al gruppo di controllo (3,5). Probabilmente ciò è anche influenzato dal fatto che l’ansia è
uno dei parametri che vengono tenuti in considerazione durante il processo di selezione con cui
Intercultura/ AFS accerta l’idoneità del candidato e
individua il programma teoricamente più adatto a
lui.
Al termine del programma e 6 mesi dopo la sua
conclusione, il gruppo dei partecipanti mantiene una
significativa ulteriore riduzione, arrivando a un punteggio finale di 2,5 (il gruppo di controllo dopo sei
mesi registra un valore di 3,3).
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• Le competenze interculturali degli studenti AFS,
sia quelle presenti al momento della partenza che
quelle conseguite al termine del programma, variano in maniera considerevole in base al Paese da cui
provengono gli studenti.
Aumento delle competenze linguistiche
Il grado di conoscenza della lingua del Paese Ospitante
è stato fatto valutare dalla Famiglia Ospitante che ha
accolto i partecipanti in casa propria. Per classificare
i vari livelli di conoscenza linguistica è stata utilizzata la scala di valutazione del Foreign Service Institute
statunitense.
Al termine del programma il 47% dei partecipanti ha raggiunto un avanzato grado di conoscenza della
lingua o di bilinguismo, rispetto al dato iniziale del 7%.
• All’inizio del programma, a seconda del Paese di
provenienza, esistono differenze sostanziali nelle
competenze linguistiche degli studenti per quanto
riguarda la lingua del Paese ospitante. Allo
stesso modo gli studenti dimostrano tassi
diversi di apprendimento della lingua
durante il programma, a seconda del loro
Paese di provenienza.
• Vi sono stati riduzioni significative del
livello di ansia per studenti provenienti da
alcuni Paesi, mentre ciò non è accaduto
apparentemente per gli studenti austriaci.
È interessante notare che anche gli studenti che
non avevano alcuna conoscenza della lingua o che partivano da un livello elementare, al termine del programma hanno effettuato degli ottimi progressi linguistici (la maggior parte si attesta al livello 3, come
evidenziato nel grafico sottostante).
• Ci sono delle sostanziali differenze in base
al Paese, sia all’inizio del programma che al
rientro dei ragazzi, per quanto concerne la
capacità di costruire amicizie e reti di conoscenze
interculturali. Studenti provenienti da alcuni Paesi
mostrano incrementi significativi mentre studenti di
altri Paesi mantengono un livello invariato di amicizie interculturali al loro rientro a casa.
• Vi sono significative differenze in base al Paese
riguardo alle valutazioni fatte dalle famiglie naturali e dalle famiglie ospitanti sull’acquisizione e
dimostrazione di valori interculturali da parte degli
studenti AFS, con valutazioni più alte di studenti
provenienti da certi Paesi piuttosto che altri.
• Non sono state invece riscontrate differenze alla fine
del programma tra le conoscenze culturali acquisite sul Paese ospitante o sul livello di soddisfazione
generale sul programmi di scambio a cui hanno partecipato (che era uniformemente alto) tra gli studenti provenienti da Paesi diversi.
INTERCULTURA
Le differenze tra i Paesi
La ricerca ha messo in luce anche alcune differenze
tra i Paesi. I risultati generali indicano che:
INTERCULTURA
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ALCUNI RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Le conclusioni del prof. Hammer convalidano ciò che
AFS ed Intercultura sostengono da tempo nel loro progetto di educazione interculturale attraverso gli scambi, ovvero che un’esperienza di vita e scuola in un altro
Paese in età adolescenziale contribuisce a ridurre i pregiudizi, gli stereotipi, le discriminazioni e a creare una
base comune per una risoluzione dei conflitti culturali.
Ancora più importante è il dato relativo al percorso degli studenti che partono da condizioni di maggiore
marginalità e di etnocentrismo più sostenuto: sono proprio loro ad evidenziare i cambiamenti più forti verso
una visione del mondo più universalistica e di valori
condivisibili. Ciò libera il terreno dal rischio di élitismo
che circonda talvolta i programmi AFS: sembra infatti
beneficiarne di più proprio chi ha avuto meno occasioni di esperienze internazionali precedenti.
Può essere oggetto di indagine ulteriore il fatto che
pochi (5%) tra i soggetti studiati raggiungano la fase di
etnorelativismo. Ciò può essere in parte imputabile
all’età adolescenziale del campione ed in parte alla filosofia che ispira i volontari di AFS e Intercultura nel loro
approccio educativo: è un punto su cui l’Associazione
è chiamata a riflettere nei prossimi anni.
Resta il fatto che il tipo di evoluzione rilevata tra i
partecipanti a questo programma, le competenze linguistiche e culturali acquisite e il livello di soddisfazione dichiarato sono del tutto eccezionali rispetto a quelli rilevati da altri studi e per altri programmi. Ciò è
probabilmente dovuto al metodo di selezione, preparazione e sostegno psico-educativo dei partecipanti
attuato da Intercultura/AFS, secondo i principi pedagogici sviluppati in oltre 50 anni di attività.
La dimensione del campione studiato, la novità
della metodologia applicata e l’indipendenza del ricercatore fanno di questo studio di Mitchell Hammer una
tappa molto importante, su cui si potranno utilmente
confrontare e misurare le ricerche future sull’educazione ai rapporti internazionali ed alla mondialità. n
La testimonianza di uno studente giapponese
che ha partecipato alla ricerca
“There may be people who can see the world through only one window. However, I now have individuality within two cultures. When I go back to
Japan, perhaps, I will feel uncomfortable toward my
culture and feel cuture shock. However, I think
that this is the process of combining two cultures.
And when two are united, and a new individuality
is formed, is it not so that I can see and understand
the world not from one window but from many
standpoints?”
AFS Japanese Exchange Student
La testimonianza di una studentessa italiana
che ha partecipato alla ricerca
“Sto pensando di continuare i miei studi universitari
in economia e relazioni internazionali, in modo da
poter viaggiare e arricchire la mia vita e anche per
essere in grado di contribuire allo sviluppo delle relazioni tra le persone, le culture e le nazioni di tutto il mondo.” Continua dicendo: “Il cambiamento più
importante dopo questa esperienza è il diverso
rapporto che ho con i miei genitori. Non è migliore
o peggiore; è qualcosa di diverso. Mentre all’inizio
non sembrava che avessero notato il mio cambiamento, il fatto di essere maturata, ora loro mi trattano come un adulto, anche se sarò sempre la loro piccola figlia. Da parte mia, mi sono mancati
molto durante il mio periodo all’estero, e ciò mi ha
fatto capire quanto avessi sottostimato il valore
della famiglia; ora sono più aperta con loro, nel limite del possibile, e ho abbandonato quell’atteggiamento di scontro che prima o poi tutti hanno con
i propri genitori.
Oltre a questo, è cambiato il mio modo di pensare alla vita di tutti i giorni, ai miei impegni e sono
più soddisfatta di me stessa e dei rapporti che ho
con i professori a scuola e con gli amici.”
Maria, partecipante italiana al programma Intercultura
Intercultura ringrazia Flaminia Bizzarri, gli insegnanti e i volontari
che hanno collaborato alla raccolta e alla traduzione dei dati per la parte
italiana della ricerca di Mitchell Hammer