menesta maritata Invitare a pranzo un napoletano

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menesta maritata Invitare a pranzo un napoletano
"menesta maritata
Invitare a pranzo un napoletano ed offrire loro una qualsiasi minestra in brodo, anche se
un ottimo consommè di pollo o di manzo, vi domanderà o si domanderà subito se non si
trova per caso in ospedale. Il brodo infatti è per noi napoletani qualcosa di poco diverso da
un medicinale o, al massimo, un ricostituente da propinare ai convalescenti da lunghe e
debilitanti malattie.
A Napoli infatti non si ama molto, come in altre zone d'Italia, la liquida minestra come
primo piatto, ed anche quando, a volte, si rinuncia all'abituale piatto di maccheroni si
preferiscono dense zuppe a base di pasta.
Eppure per almeno tre secoli, dal XVI al XVIII, la cucina e le mense dei napoletani erano
note nel regno ed altrove soprattutto per una minestra: la cosidetta "menesta maritata" o
"pignato maritato" o "pignato grasso".
Questa minestra deliziosa, ora caduta un po' in disuso, ma ancora confezionata in alcune
famiglie tradizionaliste ed in alcuni ristoranti che vorrebbero mantenere viva una
tradizione, celebra con il suo nome le felici nozze fra il nobile e ricco vigore della carne e la
povera e bella saporosità della verdura, quasi come nella favola della Gatta Cenerentola,
scritta nel secolo XVII dal napoletano G.B. Basile e poi fatta propria da altri favolisti fino a
diventare celebre opera musicale italiana.
Attenendoci alla ricetta che ne dà il Tardacino nelle sue annotazioni alla Vaiasseide, essa
consiste in un brodo molto grasso fatto di ossa con midollo o osso di prosciutto non
completamente scarnificato, carne di vitella, capone ripieno, gallina casareccia, pancetta o
"verrinia" (la vulva di maiale), salsicce e salame nostrano in cui vengono cotte a dolce
bollore "scarolelle, borraccelle, cicorielle, vrucculille, cappucce e torzelle" vale a dire foglie
verdi e tenere di prima crescita di indivie, boraggini, cicorie, broccoletti, verze e torsoletti
(un ortaggio quest'ultimo oggi difficile a trovarsi) con un bel pezzo di formaggio
caciocavallo piccante e del peperoncino da assaporare poi dopo averla per un poco
lasciata riposare nella pignata.
La torzella era un po' la protagonista della minestra maritata... anche chiamata cavolo
greco o torza riccia, la torzella, dal luglio 2006 nell’elenco dei prodotti agroalimentari
tradizionali della Campania, è una pianta rustica che si consuma sia cruda, che cotta a
vapore, lessata o saltata in padella. Ha un gusto vivace e pungente, a metà tra il Friariello
e la Cima di Rapa, ed è ricca di Vitamine A e C, Calcio e Glucosinolati, protettivi contro il
cancro. E’ un dono dell’inverno, visto che ha un’ottima resistenza al freddo. Si raccoglie,
infatti, in più riprese tra novembre e marzo.
Che la minestra maritata derivasse dalla spagnola olla podrida era riconosciuto allora dagli
stessi napoletani ma rispetto alla spagnola la minestra napoletana escludeva i ceci, i
fagioli e, più tardi, le patate sostituendole con le foglie verdi degli svariati ortaggi che si
coltivavano negli orti vesuviani ed al posto del corizo, salamino piccante iberico, poneva
l'altrettanto infuocato sauciccione della costa oppure le "pezzentelle" (salsicce ricavate
lalle parti di scarto del maiale), le sacicce 'e paglioccola (salsicce di interiora) e la 'nnoglia
(salsicce simili alle "andouilles" francesi).In alcuni paesi dell'avellinesi sono note anche
come sasicce e' murzelle. Ne serbo ancora un lieto ricordo della mia infanzia...
Questo piatto soddisfaceva con il ricco brodo di carne il
bisogno di proteine animali e di grassi, di cui la dieta povera del popolo abitualmente
scarseggiava, e, con le dolci e saporite verdure degli orti vesuviani, appagava il gusto e
forniva l'altrettanto necessario apporto di vitamine vegetali. Ma con il passaggio, nei
secoli successivi, alla cucina dei maccheroni, questo piatto leggendario venne a poco a
poco trascurato se non dimenticato dai napoletani.
La "menesta maretata", a base di verdure e carne bollita, è quindi un piatto popolano e
grossolano, elaborato con povere cose, ma trasformato con raffinata sapienza.
La dicitura maritata deriva dal fatto che gli ingredienti di carne e verdura, si sposano in una
esplosione di gusto e bontà. La ricetta nel corso degli anni è stata notevolmente
rimaneggiata eliminando o modificandone gli ingredienti che sono sempre più rari da
reperire in commercio.
Si tratta, come abbiamo visto, di un piatto a base di verdure e carne bollita.
Più che un primo si tratta di un piatto unico e, secondo la tradizione napoletana, viene
preparato il giorno di Santo Stefano per "ripulirsi" dai bagordi delle feste, anche se viene
preparata anche a Pasqua.
Ma se preparate la "menesta maretata" secondo la ricetta originale, capirete che non sarà
certamente un piatto leggero ...
Le dosi degli ingredienti sono assolutamente libere. Le verdure piu' consigliate sono: le
scarole, i broccoli e le cime di rapa, e come carni le costine di maiale, le salsicce nnoglia
(salsicciotto di intestini di maiale salati, pepe e finocchietto) e la cotica di maiale
Cosa serve:
Per 4 persone
1 verza
200 gr di broccoletti
200 gr di broccoli neri
200 gr. di spinaci
1 cespo di cicoria
100 gr di cotica di maiale
50 gr di pancetta
200 gr di costine di maiale
100 gr di salsiccia di maiale
50 gr di caciocavallo stagionato
qualche crosta di parmigiano (opzionale)
un osso di prosciutto con un po' di carne (opzionale)
1 peperoncino rosso
1 spicchio d'aglio
1 mazzetto aromatico (prezzemolo, timo, alloro)
1 cipolla
sale
Come si prepara:
La ricetta in fondo è semplice anche se richiede più di 2 ore di preparazione.
Naturamente non è necessario che utilizziate tutti gli ingredienti e, allo stesso tempo,
potete aggiungerne in base al vostro gusto personale.
Lavate e tagliate le verdure ad eccezione della cipolla, dell'aglio e del mazzetto di odori.
Tagliate a pezzi la cotica e la pancetta.
Fate cuocere nella stessa pentola la cotica, la pancetta, le costine di maiale (tracchiolelle),
l'eventuale osso di prosciutto di maiale, la cipolla, l'aglio e il mazzetto aromatico.
Aggiungete 1,5 Lt. d'acqua, salate e portate a ebollizione, quindi proseguite la cottura a
fuoco lento per 2 ore.
Togliete le costine dalla pentola e tagliatele a piccoli pezzi.
Per sgrassare il brodo, eliminate durante la cottura la schiumetta che si forma in
superficie. Se invece avete tempo a vostra disposizione preparate il brodo con molto
anticipo e fatelo raffreddare. La parte grassa tenderà ad addensarsi in superficie e non
dovrete fare altro che toglierla con un mestolo o un cucchiaio.
In ogni caso assaggiate il brodo solo dopo aver aggiunto i pezzi più grassi e,
all'occorrenza, regolate di sale.
Trascorse le 2 ore di cottura il brodo sarà pronto.
Filtrate il brodo e rimettetelo in pentola con la carne, unite la salsiccia intera e portate
nuovamente a ebollizione.
La tradizione vorrebbe che si usasse la "nnoglia" (salsicciotto di intestini di maiale salati)
ma data la sua difficile reperibilità sul mercato, potrete usare la salsiccia normale.
In un'altra pentola fate cuocere, in poca acqua salata, le verdure per 10 minuti.
Scolatele e aggiungetele al brodo e alla carne; unite il caciocavallo tagliato a dadini e il
peperoncino.
Fate cuocere per ulteriori 10 minuti e fatela riposare per almeno mezz'ora.
Servite la minestra con fette di pane tostate.
Eventualmente potete aggiungere anche un po' di formaggio grattugiato (meglio se
pecorino).