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Mercoledì, 15 Marzo 2017
Il commento
Oltre il masochismo
Meschinità? Cazzismo? Paura di perdere? Chi
ha insegnato loro la politica? Una volta i
‘comunisti’ studiavano ed erano preparati, ma
questi epigoni riformisti? Cosa hanno
imparato? Primum vivere deinde... deinde
cosa? La Città per caso? La collettività? Il
benessere? La vivibilità? L’ambiente? No no,
deinde sempre il ‘vivere’, declinato al loro
sopravvivere da singoli: investitori sociali
nella Politica come autoimprenditoria
Autore: Marika Borrelli
Data di pubblicazione: Martedì, 26 Luglio 2016
L’ho letto (attentamente come il solito) l’editoriale del Direttore Genzale, dal titolo “Signore Disastro”.
Eccerto che mi dispiace che il fallimento politico del Piddì irpino e soprattutto dell’Amministrazione Comunale
della nostra Città chiami a corree (almeno) due donne.
Già, perché il mainstream di genere impone una negatività e una colpa ancor peggiore (se fosse possibile) se a
sbagliare siano le donne, chè l’opinione comune le vuole inesorabilmente incapaci di analisi politica e, quindi, di
soluzione.
(Togliatti diceva: “Se sbagliate l’analisi, sbagliate poi tutto.”)
Nel nostro caso—quindi, aggravante!—si tratta di non (voler) analizzare bene all’interno di un orizzonte peraltro di
minime dimensioni, come è l’importanza della nostra Città. Donne o uomini che siano, i nostri politici, o meglio gli
esponenti locali del Piddì.
Diciamocelo pure: noi ci agitiamo e c’indigniamo, scombattiamo (frequentativo d’inutilità celiante del verbo
‘combattere’) e ci rivolgiamo speranzosi ora a questo ora a quel veltro, mostrando meraviglia se questi mitologici e
danteschi animali nati ed allevati in terra irpina, invece che il pelo lucido e folto della gioventù e del vigore, o il
guizzo affascinante della perspicacia cognitiva, si rivelino piccole volpi spelacchiate, a prescindere dall’età
anagrafica e dal genere.
Meschinità? Cazzismo? Paura di perdere?
Chi ha insegnato loro la politica?
“Chi fuor li maggiori tui?”, mi verrebbe (ancora dantescamente) da chiedere. Chi sono stati i loro modelli?
Una volta i ‘comunisti’ studiavano ed erano preparati, ma questi epigoni riformisti? Cosa hanno imparato? Primum
vivere deinde... deinde cosa? La Città per caso? La collettività? Il benessere? La vivibilità? L’ambiente?
No no, deinde sempre il ‘vivere’, declinato al loro sopravvivere da singoli: investitori sociali nella Politica come
autoimprenditoria.
Più di qualcuno (a livello nazionale e non) ci ha predicato di ‘governabilità’, di agibilità chiedendo tempo, pazienza
e fiducia, che noi abbiamo accordato senza neanche il passaggio formale di elezioni politiche, accettando liste e
listoni di ‘fedelissimi’ (cammellieri o non) da premiare tramite le elezioni amministrative.
Ma a che serve avere la governabilità a livello locale, ovvero a mantenere Consiliature zombie, se il piano
urbanistico non c’è o non viene attuato? Se idee non ce ne sono? Se le ordinanze si fanno per finta, come a
SimCity, con la differenza che nel videogioco, quelle fondazioni urbane sono lussureggianti, mentre da noi
verdeggiano rigogliose solo le sacramentazioni contro i nostri Amministratori.
Non serve cambiare Assessori, immaginare nuove lenzuolate programmatiche se non c’è qualcosa che viene prima
di queste intemerate senza basi. Dov’è il pensiero? Dov’è la visione globale di una Città e la sua vocazione? Come si
può essere del Piddì (centro-sinistra almeno ancora nominale) senza avere/coltivare/declinare una visione pratica
e realizzabile per aiutare la comunità?
Chi di questi esponenti di maggioranza, ex maggioranza, nuova minoranza di governo, oppositori funzionali (alle
prossime amministrative, come al recupero delle rimanenti briciole) coltiva il senso di una sorte comune, invece
che di una sorte solipsistica ed affaristica?
I partiti—e si capisce bene—sono divenuti in Italia un sottosistema dell’economia: non più scelte politiche, ma
ricerca del consenso ad ogni costo, tramite il marketing renziano a livello nazionale e il foro boario a livello locale.
E continua a dispiacermi che le donne in politica non facciano che ripetere gli stessi errori dei loro colleghi uomini,
con l’aggravante dei luoghi comuni.
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