monica mainikka mainardi

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Monica Mainikka
INSEGNANTE FORMATRICE
ANIMATRICE CULTURALE
LE FUNZIONI DEI CASI:
NOMINATIVO: Caso del nominare chi o che cosa compie o subisce l’azione: è proprio del soggetto e di tutto
ciò che ad esso si riferisce (attrib.: caratteristica, apposiz.: dettaglio in più, “cioè”, c. predicativo del sogg.:
come?, c. di denominazione). Ricorda: il latino preferisce la costruzione passiva personale!
GENITIVO: Caso del determinare: esprime appartenenza: di chi o che cosa? (soggettivo: c. di specificazione;
possessivo; dichiarartivo; partitivo; di pertinenza; con interest e refert; qualità; età; misura, stima e prezzo)
o relazione: di o per chi o che cosa? (oggettivo: di fine, effetto o causa; con agg. e verbi; di colpa; di pena).
DATIVO: Caso del destinare: esprime attribuzione: a chi o a che cosa? (termine, direzione; con aggettivi) o
interesse: per chi o per che cosa? (vantaggio e svantaggio; di relazione; etico; di possesso; d’agente) o
destinazione (fine; effetto).
*AD-CUSATIVO: Caso del movimento verso: esprime l’oggetto diretto e tutto ciò che ad esso si riferisce
(attrib.: caratteristica, apposiz.: dettaglio in più, “cioè”, c. predicativo dell’ogg.: come?, c. di denominazione);
l’esclamazione; la relazione: in, per, riguardo a chi o a che cosa? (anche quando è avverbiale); l’estensione
nel e per il luogo; dove? per dove? e nel tempo: quando, per quanto tempo?; l’estensione dell’intenzione: c.
di fine: a o in che cosa? per che cosa?
VOCATIVO: Caso del chiamare, del nominare e dell’invocare.
*AB-LATIVO: Caso sincretico: esprime separazione: da chi o da che cosa? da dove? da quando? (c. di origine
e allontanamento, privazione, provenienza, partitivo, agente, materia, argomento, paragone);
funzione strumentale – sociativa: con, di o per chi o che cosa? (mezzo; abbondanza; compagnia; causa
(anche efficiente) e limitazione; modo, colpa, pena, misura e qualità), anche retto da verbi o aggettivi;
funzione locativa (fissità nello spazio e nel tempo): dove? quando? in o a quale luogo o tempo?
*N.B. Sono gli unici due casi che possono essere preceduti da preposizioni
Monica Mainardi
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ETIMOLOGIA
ἔτυµος (ètymos): vero, reale
λόγος (lògos): parola
l’etimologia spiega la verità delle parole, il loro intimo significato, ricercandone l’origine.
9 lingue romanze (lingue nate dal latino, ma anticamente era così designata la lingua volgare
parlata, a differenza del latino usato dagli eruditi, soprattutto nella scrittura):
portoghese, spagnolo castigliano, catalano; francese, provenzale; sardo, italiano; ladino alpino e
friulano; romeno.
a) Etimologia remota (Devoto): intende fissare al di là della derivazione immediata di una parola
(ad es. la forma latina o greca da cui deriva una parola italiana) il procedimento che le ha
dato vita anche in età lontanissime (per es. l’origine indoeuropea).
- Etimologia prossima (Migliorini): tendenza più diffusa, si limita, per ragioni di opportunità e di
semplificazione, a riconoscere l’etimo delle voci romanze nella forma latina, o greca, da cui esse
derivano.
Alterazioni
Incroci
Prestiti
Calchi
Formazioni analogiche
Derivazioni sinonimiche
Es.: camisia, propriamente veste usata dai militari, voce del linguaggio popolare proveniente dalla
Gallia (da qualcuno associata con poca probabilità all’arabo qamiç, tunica)
Isidoro di Siviglia (dottore della chiesa, VI/VII sec., autore delle enciclopediche Etymologiae, o
Origines) connette il termine allo spagnolo cama, letto: ipotesi storicamente insostenibile, dovuta al
fatto che ai tempi di Isidoro il significato originario era stato sostituito da quello di indumento per la
notte.
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ALFABETO GRECO
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C. Valerio Catullo
° All’amico Fabullo, invitandolo a cena
Cenabis bene, mi Fabulle, apud me
paucis, si tibi di favent, diebus,
si tecum attuleris bonam atque magnam
cenam, non sine candida puella
et vino et sale et omnibus cachinnis.
haec si, inquam, attuleris, venuste noster,
cenabis bene; nam tui Catulli
plenus sacculus est aranearum.
sed contra accipies meros amores
seu quid suavius elegantiusve est:
nam unguentum dabo, quod meae puellae
donarunt Veneres Cupidinesque,
quod tu cum olfacies, deos rogabis,
totum ut te faciant, Fabulle, nasum.
Mangerai bene da me, o Fabullo, tra pochi
giorni, se gli dei ti saranno favorevoli
Se però porterai con te un buon pasto e
abbondante,
senza dimenticare una splendida ragazza
e il vino e il sale e tante risate.
O bello mio, se porterai tutto questo cenerai
bene, ti dico! Perché il borsellino del tuo Catullo
è pieno solo… di ragnatele!
Ma in cambio riceverai affetto puro
O qualcosa di più dolce e di più raffinato: ti
offrirò il profumo che le Veneri e gli Amorini
donarono alla mia ragazza.
E quando tu l’avrai fiutato, Fabullo, pregherai gli
dei che ti facciano diventare… tutto naso!
° Dammi mille baci
° Vivamus mea Lesbia,
atque amemus,
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis!
Soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum
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Viviamo, mia Lesbia, e amiamoci,
e i brontolii dei vecchi troppo severi
stimiamoli tutti meno di una cicca!
I giorni possono tramontare e ritornare…
A noi, una volta che sarà tramontata la breve
luce del giorno, non rimarrà che dormire
un’unica notte eterna.
E allora dammi mille baci e poi cento e poi altri
mille; poi ancora cento e mille altri ancora,
e ancora cento. Infine, dopo che ne avremo
fatto un mucchio, li confonderemo tutti,
per non sapere quanti sono o perché nessun
invidioso possa farci il malocchio
sapendo che i baci sono tanti
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