apri e stampa la sentenza - Giurisprudenza delle imprese

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apri e stampa la sentenza - Giurisprudenza delle imprese
Sentenza n. 2632/2016 pubbl. il 29/02/2016
RG n. 78570/2013
Repert. n. 2040/2016 del 29/02/2016
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione specializzata in materia di impresa
Sezione A
Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati:
Dott. Marina Tavassi
Presidente
Dott. Paola Maria Gandolfi
Relatore
Dott. Alessandra Dal Moro
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 78570/2013 R.G. promossa da:
“STRATEGIA
SOCIETA’
A
RESPONSABILITA’
LIMITATA”
ENUNCIABILE ANCHE “STRATEGIA S.R.L.” (c.f. 01146180433 ), con il patrocinio
degli avv. ZANETTI MARA e FERRETTI NICCOLO’ (FRRNCL75C07D612F)
VIALE REGINA MARGHERITA, 35 20122 MILANO; ,
ATTRICE;
contro:
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Firmato Da: TAVASSI MARINA ANNA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 10fd82 - Firmato Da: GANDOLFI PAOLA MARIA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 68067
Firmato Da: GAROFALO CARMELO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: deeee
REPUBBLICA ITALIANA
Sentenza n. 2632/2016 pubbl. il 29/02/2016
RG n. 78570/2013
Repert. n. 2040/2016 del 29/02/2016
CINTI GROUP S.R.L. (C.F. 03447880372 ), con il patrocinio dell’avv. BACCHINI
CRISTIANO e
CONVENUTA
Per l’attrice:
-accertare e dichiarare che le calzature commercializzate e distribuite dalla Cinti Group
S.r.l., contraddistinte dal codice 50CWT02 costituiscono violazione dei modelli
comunitari multipli n. 002000661/0018, 002000661/0019 e 002000661/0025 di titolarità
della Strategia S.r.l.;
- accertare e dichiarare che le calzature commercializzate e distribuite dalla Cinti Group
S.r.l. costituiscono, altresì, atti di concorrenza sleale ai sensi e per gli effetti dell’art.
2598 c.c. nn. 1, 2 e 3;
- disporre il ritiro immediato dal mercato e/o la distruzione e/o l’assegnazione in
proprietà della Strategia S.r.l. di tutti gli articoli che costituiscono violazione dei diritti
esclusivi della Strategia S.r.l., il tutto a spese della Cinti Group S.r.l.;
- inibire alla Cinti Group S.r.l. la continuazione degli illeciti di cui sopra;
- vista la condotta illecita tenuta dalla Cinti Group S.r.l., condannarla in persona del
proprio legale rappresentante pro tempore al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi
dalla Strategia S.r.l., nessuno escluso, nella misura che emergerà nel corso del giudizio,
anche a seguito di istruttoria e CTU o in quella che sarà ritenuta di giustizia;
- fissare una penale di € 1.000,00 dovuta dalla Cinti Group S.r.l., per ogni violazione e/o
inosservanza successiva all’emanazione della sentenza, e per ogni giorno di ritardo
nell’esecuzione dei provvedimenti in essa contenuti, e di €. 300,00= per ogni calzatura
importata prodotta, venduta, offerta in vendita, pubblicizzata, in spregio all’emananda
sentenza, il tutto anche nella diversa maggiore o minore somma che verrà ritenuta di
giustizia;
- ordinare la pubblicazione del dispositivo della sentenza, a caratteri doppi rispetto al
normale, nelle prime pagine di due numeri non consecutivi di due quotidiani a tiratura
nazionale quali, a titolo esemplificativo “Il Corriere della Sera” e “Il Sole 24 ore”,
nonché, su due riviste del settore come “Vanity Fair” e “Tu Style” e sulla home page del
sito internet dell’attrice e della convenuta per 45 giorni consecutivi, entro 30 giorni, il
tutto a spese della Cinti Group S.r.l.;
- condannare la Cinti Group S.r.l. ai sensi dell’art. 96 c.p.c., vista la grave condotta
processuale connotata da mala fede o colpa grave.

In via subordinata:
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Firmato Da: TAVASSI MARINA ANNA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 10fd82 - Firmato Da: GANDOLFI PAOLA MARIA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 68067
Firmato Da: GAROFALO CARMELO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: deeee
Conclusioni delle parti, come precisate all’udienza del 28/10/15
- condannare la Cinti Group S.r.l. al pagamento di un indennizzo ai sensi della disciplina
sull’arricchimenti senza giusta causa ai sensi dell’art. 2041 c.c..
In via istruttoria:
- disporre l’acquisizione del fascicolo d’ufficio, relativo alla precedente fase cautelare di
descrizione inibitoria e sequestro (procedimento R.G. n. 49062/13), nonché dei verbali
di sequestro, unitamente alla documentazione, alle calzature ed ai materiali raccolti dagli
Ufficiali Giudiziari custoditi presso la cancelleria della Sezione Specializzata in Materia
di Impresa, sez. A. di codesto Ill.mo Tribunale;
- disporre l’acquisizione del fascicolo d’ufficio, relativo alla precedente fase di reclamo
(procedimento R.G. n. 72054/13).
- disporre CTU contabile volta alla quantificazione dei danni patiti e patiendi
dall’attrice, con riserva di nomina del proprio CTP;
- disporre ai sensi degli artt. 210 c.p.c., 121 e 121-bis c.p.i. l’esibizione e l’acquisizione
di copia delle scritture contabili in possesso della convenuta, relative ai prodotti in
contraffazione e ai contratti eventualmente stipulati con altre società, relativamente alla
fornitura dei prodotti in violazione dei diritti di esclusiva azionati ed agli ordini inerenti.
A tale fine si indicano quali soggetti da interrogare il legale rappresentante pro tempore
della Cinti Group S.r.l. che dovrà chiarire:
- nome e indirizzo dei produttori, fabbricanti, distributori;
- identità di eventuali altri soggetti detentori della merce in contraffazione;
- quantità prodotte e/o importate e/o commercializzate, ricevute e/o ordinate, nonché, il
relativo prezzo e utile netto realizzato.
- disporre ai sensi degli artt. 213 del c.p.c., la richiesta alle autorità doganali del rilascio
della documentazione in loro possesso, relativa all’importazione da parte di CINTI delle
calzature in contraffazione dei diritti attorei, anche, al fine di conoscere l’identità dei
soggetti coinvolti nell’illecito e le quantità importate.
Per la convenuta: vedi verbale udienza
****
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 4/11/13 la s.r.l. Strategia, impresa operante da oltre 40
anni sul mercato calzaturiero, ha chiamato in giudizio la Cinti Group s.r.l. per fare
accertare la contraffazione dei design comunitari n.002000661-0018, 0019 e 0025, di cui
l’attrice è titolare, nonché la condotta di concorrenza sleale, con conseguenti ordine di
ritiro dal mercato, inibitoria assistita da sanzione, risarcimento dei danni e
pubblicazione della sentenza.
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Si è costituita Cinti Group s.r.l., chiedendo il rigetto delle domande svolte nei suoi
confronti e, in via riconvenzionale, dichiararsi l’invalidità della privativa attorea.
La causa è stata preceduta da una procedura cautelare, nella quale il G.Des. aveva inibito
a Cinti Group s.r.l. la fabbricazione, importazione, esportazione commercializzazione,
pubblicità, promozione, anche via web, delle calzature riproducenti le forme del design
comunitario n. 002000661-0018, 0019 e 002ll5, con fissazione di penale di euro 200,00,
nonché autorizzato il sequestro delle calzature imitative in questione, del relativo
materiale promo pubblicitario e documentazione contabile, ed anche disposto la
pubblicazione del provvedimento sulla pagina web della ricorrente e su quella della
resistente.
Il provvedimento è stato confermato dal Collegio in sede di reclamo ex art. 669
terdecies c.p.c.
Concessi i termini di cui all’art. 183,VI c.p.c., il G.I. ha emesso ordine di esibizione
delle scritture contabili di Cinti Group, che è stato eseguito dalla convenuta, ed infine,
all’udienza del 28/10/15 la causa è stata rimessa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Innanzitutto pare del tutto infondata la doglianza di inammissibilità della comparsa
conclusionale telematica di Strategia per “violazione della norme tecniche sul formato
dei documenti informatici”, disposizioni evidentemente finalizzate al più agevole
funzionamento materiale del PCT, ma certamente prive di ricadute sulla regolarità del
processo, ove non impediscano, come nel caso di specie, il pieno dispiegarsi del
contraddittorio.
Nel merito, come già accennato, l’attrice è titolare di tre registrazioni per modello
comunitario n. 002000661-0018, 0019 e 0025, depositate in data 1/3/12, relative alla
forma di una particolare calzatura, che rappresenta una evoluzione della scarpa a
stivaletto di tipo “runner”, commercializzata da Strategia con la denominazione “Marta”.
La convenuta contesta recisamente la validità della privativa, per mancanza di novità e/o
carattere individuale, nonché per la marcata funzionalità tecnica delle caratteristiche di
aspetto del prodotto.
Come è noto, il primo requisito è di non identità rispetto alle anteriorità rilevanti, da
considerarsi l’una isolatamente dall’altra e confrontate con la privativa azionata, per
valutare se sussista un’ oggettiva identità di forme, essendo sufficiente anche un
modesto gradiente di differenziazione per la sussistenza della novità.
Quanto al requisito principale di protezione, cioè il carattere individuale, è ormai
pacifico che lo stesso, introdotto dalle riforme normative imposte dall’ adeguamento alla
direttiva CE 98/71, risulta assai meno pregnante rispetto a quella vera e propria
potenzialità di far evolvere il gusto richiesta dalla normativa previgente (“speciale
ornamento”), sicchè l’ ambito delle forme tutelabili ne risulta ampliato a tutte quelle che
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presentano una originalità estetica che possa da sola orientare le scelte di acquisto del
consumatore finale.
Il “carattere individuale” presuppone infatti che la forma sia distinguibile sul mercato
per l’ utilizzatore informato, che -nel campo che ci occupa- è rappresentato da quell’
acquirente finale sensibile alle forme dei prodotti e che possiede una conoscenza del
settore merceologico di riferimento, in quanto attento alle novità del mercato. Siffatto
utilizzatore, se non coincide con il professionista del settore, è comunque titolare -grazie
alle informazioni che possiede, riguardanti i modelli anteriori e l’evoluzione del settore
stesso- di elevate capacità, che gli consentono di rilevare compiutamente le differenti
caratteristiche dei prodotti.
Certamente tale figura non può invece essere fatta coincidere, come vorrebbe la
convenuta, con quella di un consumatore medio scarsamente informato, quale l’anonima
blogger che si limita a cogliere le assonanze tra il modello Strategia con quello -reso
particolarmente famoso dall’essere stato indossato da una nota cantante- di Isabel
Marant (su cui infra).
Trattandosi di prodotti con limitazioni indotte da esigenze funzionali, e quindi con
ridotto margine di differenziazione, è necessario che l’ impressione di insieme offerta
dal modello susciti in un siffatto consumatore un’impressione di evidente dissomiglianza
rispetto alle anteriorità rilevanti.
Inoltre la forma protetta deve avere un livello di individualità tale non solo da attirare l’
attenzione del consumatore, ma anche da costituire motivo di preferenza per l’ acquisto.
Spetta al registrante, laddove la registrazione, come d’ uso, non sia accompagnata da
rivendicazioni specifiche, allegare gli elementi che conferiscono al disegno/ modello
siffatto carattere individuale –così definendo i confini della privativa- mentre è onere di
chi sia convenuto in contraffazione la rigorosa prova della carenza di entrambi i
requisiti, offrendo al giudice un panorama dei modelli e prodotti presenti sul mercato,
che consenta un’adeguata valutazione della privativa e comunque la definizione dei suoi
confini.
Ora, l’attrice, sin dal procedimento cautelare ha chiarito ciò che comunque risulta
evidente dall’esame della privativa, e cioè che lo sneaker in questione, oltre ad essere a
stivaletto e con zeppa interna (caratteristiche condivise con una molteplicità di altre
calzature), presenta una chiusura combinata a strappo e lacci, la linguetta imbottita, una
suola a tre strati -che va assottigliandosi verso la punta con linee che evidenziano
cromaticamente tre strati- con fondo seghettato, e soprattutto una tomaia con specifiche
impunture, cuciture e rinforzi che -mediante anche sovrapposizione di materiali e l’uso
di colori contrastanti- forma un particolare disegno, dissimile da tutti gli altri presenti sul
mercato prima della registrazione e comprendente linee ondulate che tendono a risalire
come effetto ottico dalla punta della scarpa verso il collo del piede.
Cinti Group ha prodotto, in sede cautelare e nella presente fase di merito una
molteplicità di registrazioni per modello e pubblicazioni pubblicitarie di calzature che
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evidenziano la diffusione sul mercato della particolare tipologia di sneaker a stivaletto
con zeppa interna, che ha visto come capostipite il modello di Isabel Marant (reg.
CD1221584-23 e -25, CD1252266-49).
Tuttavia, proprio dalle produzioni documentali della convenuta emerge come tale
tipologia sia stata poi oggetto di una molteplicità di interpretazioni, ciascuna dotata di
elementi di originalità ed individualità, tali da essere riconosciute dissimili
dall’utilizzatore informato e costituire ragione per orientarne l’acquisto.
In particolare, con riferimento al modello “Marant”, proprio nell’elemento che appare
maggiormente qualificante l’effettiva individualità della registrazione di Startegia –e
cioè l’alternanza e sovrapposizione di materiali e di colori che determina il disegno della
tomaia– vi è uno stacco netto tra i contrapposti prodotti.
La scarpa-capostipite presenta invero un motivo sulla tomaia che appare simile ad una
ragnatela, ottenuta con una serie di strisce in colore più scuro, che risaltano sul fianco
più chiaro, con un puntale in tinta scura che si raccorda con un bordo, della medesima
tinta, che si estende lungo il perimetro della tomaia sino al tallone.
Invece, il modello Strategia presenta una serie di volute di andamento differente, che si
interrompono a metà della tomaia, mentre nessun elemento di raccordo è presente tra
tallone e punta, pure di colore scuro contrastante.
Inoltre, i modelli Marant sono chiusi esclusivamente attraverso cinturini raccordati con
le strisce laterali, mentre quello Stategia presenta un solo cinturino ed una stringatura
tradizionale.
L’effetto complessivo di siffatte lavorazioni è tale da ingenerare nel consumatore
informato un’impressione di evidente dissomiglianza.
Gli altri modelli presentati si discostano ancora di più, trattandosi o di scarpe sportive
con lavorazioni sulla tomaia (es. modello Adidas) che talora presentano qualche
particolare in comune con il modello Stategia, discostandosi ampiamente per tutti gli
altri, sino a realizzare un aspetto esteriore della calzatura del tutto dissimile.
Come osservato dal Collegio in sede di reclamo: nessun prodotto anteriore scalfisce la
valutazione di dissomiglianza “ove si osservi che la maggior parte di essi ripropongano
un disegno della tomaia a carattere più geometrico (utilizzando strisce ad andamento
rettilineo, anche incrociate tra loro) o comunque che realizzano un disegno del tutto
differente e che comunque nessuno di essi comprende anche tutti gli altri elementi
ulteriori (chiusure, sagoma della suola) che realizzano nel loro complesso una delle
modalità alternative di realizzazione di alcuni particolari aventi anche una loro
funzionalità specifica ma che possono comporre utilmente – insieme al preponderante
rilievo del disegno della tomaia – il quadro proprio di una forma al quale è possibile
attribuire una specifica individualità in un settore connotato dalla presenza di una
miriade di prodotti”
Anche la presenza di registrazioni -tutte peraltro successive a quelle di Strategia,
seppure avvenute a breve distanza- di modelli e che appartengono al settore dello
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sneaker a stivaletto con zeppa, apparentemente più vicini a “Marta”, di per sé non
comprova l’ intervenuta standardizzazione della forma in questione, in quanto nessuna
ripropone unitariamente tutte le caratteristiche sopra ricordate, che uniscono le
specifiche linee ornamentali della tomaia con la forma dell’allacciatura e della suola.
In presenza di dissomiglianze tali, nella forma di insieme, da essere percepite e valutate
dall’utilizzatore informato ai fini dell’acquisto, pare di dovere disattendere anche
l’ulteriore doglianza di non registrabilità per preminenza delle caratteristiche funzionali
dell’aspetto del prodotto registrato.
La difesa della convenuta richiama in proposito la giurisprudenza della Corte di
Giustizia, resa in tema di marchi di forma.
Peraltro, laddove l’effetto tecnico possa essere perseguito attraverso una molteplicità di
forme alternative tra loro surrogabili (si pensi alle rugosità della suola o agli elementi a
strappo per la chiusura) il divieto di registrazione potrebbe forse operare nel solo caso in
cui l’elemento estetico percepibile dall’utilizzatore informato sia del tutto trascurabile
rispetto a quello tecnico.
In ogni caso, osserva il Collegio come degli elementi asseritamente funzionali indicati
dalla convenuta non si è tenuto conto nel valutare il carattere individuale del modello, se
non (nei casi sopra indicati della suola e dei cinturini) come unitariamente ed
inscindibilmente connessi agli altri (soprattutto al disegno della tomaia).
Deve quindi confermarsi, anche in questa sede di merito, la validità del modello
registrato da Strategia s.r.l..
Può quindi procedersi alla valutazione della dedotta contraffazione, considerando se il
carattere individuale -cioè l’ impressione di insieme prodotta nel consumatore
informato- dei due modelli (quello registrato e quello della calzatura contestata) coincida
o comunque presenti differenze impercettibili (soprattutto ad una comparazione non
contestuale), oppure se se ne discosti adeguatamente.
Ora, risulta del tutto evidente che tutti gli elementi che conferiscono carattere
individuale, nessuno escluso, risultano pedissequamente riprodotti nelle calzature di
Cinti Group.
Né vale ad escludere la contraffazione la circostanza che i predetti elementi siano ripresi
su un prodotto imitativo in materiale meno pregiato e contrassegnato da altro segno
denominativo -che secondo la convenuta eviterebbe qualsiasi rischio di confusionetrattandosi non di imitazione servile, bensì di sfruttamento indebito di linee stilistiche di
per sé oggetto di privativa per modello, indipendentemente dai materiali utilizzati.
La convenuta allega una serie di dettagli che differenzierebbero le sue scarpe da quelle
registrate: le altezze interne ed esterne, la fodera ed il sistema del sottopiede, la parte
posteriore in prossimità del tallone e la zigrinature della suola, le asole e l’imbottitura
del collare il copri-linguetta.
Come già osservato dal Collegio in sede di reclamo, siffatte minime e quasi inavvertibili
differenze risultano del tutto irrilevanti, ove si proceda ad una più corretta comparazione
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che tenga conto che il consumatore in concreto non ha di fronte a sé i due prodotti, ma
sceglie sulla base del ricordo del prodotto originale visto in altre occasioni.
Se quindi può ritenersi che la calzatura commercializzata da Cinti Group s.r.l. non sia
idonea a suscitare un’impressione generale diversa rispetto alle forme proprie del
disegno registrato, deve concludersi che i prodotti commercializzati dalla convenuta
costituiscano contraffazione delle valide privative di Strategia.
Di conseguenza, può inibirsi a Cinti Group s.r.l. la fabbricazione, importazione,
esportazione commercializzazione, pubblicità, promozione, anche via web, delle
calzature riproducenti le forme del design comunitario n. 002000661-0018, 0019 e 0025,
in tutte le varianti e colori, con fissazione di penale di euro 200,00 per ogni prodotto che
venga commercializzato a far tempo di trenta giorni da oggi.
Può inoltre essere disposto ex art. 124,I CPI l’ordine di ritiro delle stesse dal commercio,
a cura e spese della convenuta, nonché ex art. 124,IV CPI l’assegnazione in proprietà
delle calzature in contraffazione a Strategia (che così eventualmente potrà disporne, in
alternativa alla distruzione, la devoluzione in beneficienza).
L’identità di fatto costitutivo fa sì che la riconosciuta violazione della valida privativa,
con le conseguenze di cui agli artt. 124 e segg. CPI, assorba ogni profilo di illecito
concorrenziale ex art. 2598 c.c. fondato sui medesimi fatti.
Pertanto, la convenuta deve essere condannata a risarcire i danni, da liquidarsi alla luce
dei criteri dettati dall’art. 125 CPI.
La norma certamente richiama le disposizioni codicistiche sia in tema di presupposti
soggettivi che di nesso causale, ma impone di tenere conto di “tutti gli aspetti
pertinenti” nella valutazione delle conseguenze economiche negative, esaltando i poteri
equitativi del giudice, laddove, al secondo comma, autorizza alla liquidazione di una
“somma globale, stabilita in base agli atti della causa ed alle presunzioni che ne
derivano”, secondo i criteri del primo comma, peraltro con una soglia minima (royalties
figurate). L’obbligo di assicurare un risarcimento effettivo ed adeguato al titolare del
diritto leso è stato infatti imposto dalla Dir. CE 2004/48 e rende necessaria la
considerazione anche di elementi che potrebbero non essere rilevanti ex art. 1223 e 2056
c.c.
Sotto il profilo dell’elemento psicologico, nel caso che ci occupa risulta del tutto
evidente come, ricorrendo alla necessaria diligenza, non poteva sfuggire alle convenute
che le calzature commercializzate rappresentavano una vera e propria copia pantografica
di quanto registrato da terzi (considerato anche che, attualmente, la ricerca, via web,
risulta molto facilitata rispetto al passato)
Dal punto di vista oggettivo, innanzitutto sotto il profilo del danno emergente, l’attrice
chiede la rifusione delle spese che ha dovuto affrontare per fare fronte alla
contraffazione.
Tuttavia, le fatture prodotte sub. 23 sono tutte relative a spese legali, come tali oggetto di
valutazione ex art. 91 c.p.c.
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Non pare poi al Tribunale che possano essere divenuti parzialmente inutili, a causa della
condotta della convenuta, i costi di registrazione delle privative, quelli per creare e
produrre “Marta”, per esporla nelle fiere di settore, o, ancora, quelli (provvigioni) per la
sua commercializzazione.
Strategia chiede inoltre di considerare una sostanziale sottrazione parassitaria degli
investimenti pubblicitari.
A tal fine, pare al Collegio che debba positivamente valutarsi l’indubbio effetto di traino
parassitario di cui la convenuta ha goduto in forza degli investimenti pubblicitari
dell’attrice.
In proposito, Strategia ha documentato di avere negli anni 2012-2014 sostenuto spese
promozionali per circa 400.000,00 euro (doc. 25), sia pure per pubblicizzare l’intera
collezione.
Il Tribunale ritiene che una, sia pur minima, parte di queste spese sia andata a vantaggio
della convenuta, nella commercializzazione della scarpa in contraffazione.
Considerato che l’art. 125,II CPI enfatizza il ruolo della liquidazione equitativa,
l’importo speso dall’attrice offre comunque al Collegio un criterio sulla scorta del quale
compiere la propria valutazione globale alla luce degli atti di causa, pervenendo ad una
quantificazioni pari a 10.000,00 euro (circa il 2,5%), in moneta attuale, comprensiva di
interessi ad oggi.
Sotto il profilo poi del lucro cessante, l’attrice chiede di considerare la perdita di quote
di mercato, conseguente allo sviamento di clientela.
Siffatta prospettazione imporrebbe una valutazione “controfattuale” sui maggiori profitti
che le attrici avrebbero potuto conseguire in assenza della violazione, innanzitutto
stabilendo se gli acquirenti che hanno acquistato il prodotto delle convenute si sarebbero
rivolti a quello delle attrici.
Appare invece altamente improbabile che le vendite realizzate dalla convenuta si siano
in qualche modo riverberate negativamente su quelle di Strategia, stante la diversa cura e
i diversi materiali con cui è realizzata la scarpa dell’attrice, non surrogabili, nelle pretese
dei consumatori (disposti per questo a pagare un prezzo rilevante), con quelle della
convenuta.
Mancano quindi adeguati elementi, anche indiziari, per ritenere sussistente un nesso
causale tra le vendite delle convenute e potenziali mancate vendite di Strategia, che
infatti concentra le sue difese con riferimento all’utile del contraffattore, di cui si chiede
la reversione ex art. 125 CPI.
La norma del CPI (modificata sempre in adempimento della direttiva CE 2004/48)
afferma chiaramente che nel campo della proprietà industriale il risarcimento può andare
oltre il semplice lucro cessante, ma non introduce una forma di danno punitivo,
ponendosi in una prospettiva non strettamente indennitaria bensì riparatoria, che si
propone di annullare le conseguenze negative che l’illecito ha avuto sul corretto
equilibrio di mercato.
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Firmato Da: TAVASSI MARINA ANNA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 10fd82 - Firmato Da: GANDOLFI PAOLA MARIA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 68067
Firmato Da: GAROFALO CARMELO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: deeee
Sentenza n. 2632/2016 pubbl. il 29/02/2016
RG n. 78570/2013
Repert. n. 2040/2016 del 29/02/2016
La disposizione legislativa impone quindi all’interprete di procedere secondo una logica
“differenziale”, che chiede di regolare i diritti del titolare e gli obblighi del contraffattore
stabilendo in via ipotetica cosa sarebbe accaduto se l’illecito non fosse stato compiuto.
Il Collegio ritiene infatti di concordare con quelle impostazioni dottrinali che
sottolineano come il risarcimento del danno in materia industrialistica opera anche quale
aspetto del ripristino di corrette condizioni della concorrenza, della quale fanno parte le
legittime esclusive (anche nella prospettiva di tutela dei consumatori da condotte
decettive, particolarmente evidenti nel nostro caso), definendo i comportamenti da
tenere nella legittima competizione. Così il danno risarcibile ex art. 125 CPI si avvicina
al “danno concorrenziale”, che considera le alterazioni del mercato conseguenti
all’illecito e vieta ogni forma di parassitismo.
Vengono pertanto attribuite al titolare della privativa tutte quelle utilità, a lui riservate in
via esclusiva, realizzate da terzi sfruttandola, anche se non strettamente valutabili sotto il
profilo del lucro cessante in una rigorosa prospettiva controfattuale.
La quantificazione analitica dell’utile dell’autore dell’illecito imporrebbe l’esatta
conoscenza, oltre che del totale del fatturato, dei costi variabili diretti ed eventualmente
di quella quota di costi fissi direttamente ed esclusivamente imputabile alle vendite del
prodotto di cui si controverte.
La convenuta, all’esito dell’ordine di esibizione, ha prodotto documentazione da cui si
evidenzia come Cinti abbia acquistato 2.308 paia di calzature dal fornitore e ne abbia
rivendute 2.144 esemplari (di cui alcuni a clienti, per un prezzo ridotto).
Per quanto molta della documentazione appaia incompleta o nella forma di
autodichiarazione, considerato il prezzo di rivendita di ciascuna calzatura (euro 79,00),
pare al Tribunale, sulla scorta di quanto usualmente accade nei casi di semplice
importatore/rivenditore (che non subisce i costi ed i rischi della produzione) quantificare
il MOL nel 30% del prezzo finale.
Con siffatti criteri, può pervenirsi alla quantificazione del danno per tale voce in euro
50.000,00 in moneta attuale.
Deve infine considerarsi che la possibilità di riconoscere un danno morale è stata
prevista dal legislatore, sia pure riservata ai soli “casi appropriati”, nei quali l’uso del
diritto altrui determini una lesione dell’immagine commerciale del titolare non
altrimenti ristorabile (sotto il profilo del danno emergente). Nella concreta fattispecie
l’uso delle medesime forme per una scarpa di prezzo ridotto, svilisce l’accreditamento
commerciale di un prodotto ben più pregiato, quale quello di Strategia.
La liquidazione del danno conseguente alla lesione di diritto siffatto può avvenire solo in
via equitativa, in misura pari a circa il 40% del danno patrimoniale da lucro cessante,
quindi in euro 20.000,00, sempre in moneta attuale e comprensiva di interessi ad oggi.
In conclusione, considerato che la presente liquidazione avviene in via equitativa, al
valore attuale della moneta, il danno può essere complessivamente ritenuto pari ad euro
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Firmato Da: GAROFALO CARMELO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: deeee
Sentenza n. 2632/2016 pubbl. il 29/02/2016
RG n. 78570/2013
Repert. n. 2040/2016 del 29/02/2016
70.000,00, comprensivi di interessi ad oggi e su cui decorrono gli interessi legali, dalla
pubblicazione della sentenza al saldo effettivo.
Non pare invece al Tribunale, considerata la non rilevante entità della contraffazione e la
sua collocazione nel tempo, che sia necessario, ai fini riparatori, disporre la
pubblicazione del dispositivo della presente sentenza (essendo peraltro già stata ordinata
la pubblicazione via web dell’ordinanza cautelare).
La convenuta deve altresì essere condannata a rifondere all’attrice le spese di lite, qui
liquidate in euro 13.296,64, di cui euro 11.200,00 per compensi, euro 558,25 per spese,
oltre IVA, CPA.
P.Q.M.
Il Tribunale definitivamente pronunciando sulle domande proposte con atto di citazione
notificato il 4/11/13 dalla s.r.l. Strategia nei confronti della Cinti Group s.r.l., ogni altra
domanda ed eccezione disattesa,
- accerta che le calzature commercializzate da Cinti Group s.r.l. con il codice 50CWT02,
costituiscono contraffazione dei design comunitari n.002000661-0018, 0019 e 0025, di
cui l’attrice è titolare;
- inibisce a Cinti Group s.r.l. la fabbricazione, importazione, esportazione
commercializzazione, pubblicità, promozione, anche via web, delle calzature
riproducenti le forme del design comunitario n. 002000661-0018, 0019 e 0025, in tutte
le varianti e colori, con fissazione di penale di euro 200,00 per ogni prodotto che venga
commercializzato a far tempo di trenta giorni dalla pubblicazione della resente sentenza;
-ordina ex art. 124,I CPI il ritiro delle stesse dal commercio, a cura e spese della
convenuta;
- assegna ex art. 124,IV CPI le calzature in contraffazione in proprietà a Strategia s.r.l.;
-condanna la convenuta Cinti Group s.r.l. a rifondere all’attrice Strategia s.r.l. i danni,
come sopra liquidati in euro 70.000,00, in moneta attuale, comprensivi di interessi ad
oggi e su cui decorrono gli interessi legali, dalla pubblicazione della sentenza al saldo
effettivo;
-condanna la convenuta a rifondere all’attrice le spese di lite, come sopra liquidate in
euro 13.296,64, oltre IVA, CPA.
Così deciso in Milano, Camera di Consiglio del 28/1/15
Il Presidente
Dott. Marina Tavassi
Il giudice est.
Dott. Paola Gandolfi
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Repert. n. 2040/2016 del 29/02/2016