scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 25 febbraio 2013
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
23/02/2013 Corriere della Sera - Bergamo
Ricerca scientifica Il «Mario Negri» nella stanza dei bottoni
8
23/02/2013 Corriere della Sera - Bergamo
E Parigi si affida all'eccellenza bergamasca
10
23/02/2013 Corriere della Sera - Milano
Profumo: per il San Raffaele serve un cda «equilibrato»
11
24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Carne di cavallo anche in lasagne italiane
12
24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Malattie rare Malati Dimenticati
13
24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Rischio cardiovascolare Prevenzione in farmacia
14
24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
I reni meritano maggiore attenzione e più protezione
15
24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Sicurezza con la dialisi pubblica
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24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
«Peritoneale» poco utilizzata
18
24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Contro lo stress bisogna darsi davvero una mossa
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24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Contro lo stress bisogna darsi davvero una mossa
21
24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Legame stretto con il cuore
23
24/02/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Cure sbagliate in ospedale A rischio i risarcimenti
24
24/02/2013 Corriere della Sera - Milano
«Regaliamo ai bimbi malati un ospedale anti-leucemia»
26
25/02/2013 Corriere della Sera - Milano
Dono di nozze? I neuroni «affettivi»
27
25/02/2013 Corriere della Sera - Roma
LO SCUDO E IL MALAFFARE
28
25/02/2013 Corriere della Sera - Milano
L'ex primario Iori, dall'ergastolo alla pagina Facebook
29
25/02/2013 Corriere della Sera - Roma
Natalia, donati gli organi «Così salveremo altre vite»
31
24/02/2013 Il Sole 24 Ore
La chiave a stella del Nobel
33
24/02/2013 Il Sole 24 Ore
Mortale danza di Huntington
35
25/02/2013 Il Sole 24 Ore
Pagamenti, la trasparenza non va online
37
25/02/2013 Il Sole 24 Ore
Meno risorse disponibili portano scelte più attente
40
25/02/2013 Il Sole 24 Ore
Premiati gli interventi negli ambiti di prossimità
41
25/02/2013 Il Sole 24 Ore
Gestione del personale con il marchio di qualità
42
25/02/2013 Il Sole 24 Ore
Buone pratiche ai massimi livelli
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23/02/2013 La Repubblica - Bari
Madre ricercatrice trova una cura per il figlio down grazie alla Francia
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23/02/2013 La Repubblica - Firenze
Muore all'ospedale dalla Asl solo silenzio
47
23/02/2013 La Repubblica - Genova
Sanità, la Regione nega 138 assunzioni
48
24/02/2013 La Repubblica - Genova
Sanità, nel 2012 tagliati 1.100 posti
49
24/02/2013 La Repubblica - Palermo
Atenei a caccia di baby-cervelli I fuori sede sono 36 mila
50
25/02/2013 La Repubblica - Nazionale
La fabbrica del genio
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25/02/2013 La Repubblica - Firenze
Chiude l'Opg ma la villa diventerà un carcere
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23/02/2013 La Stampa - Nazionale
Tumore alla prostata c'è la terapia in 5 giorni
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24/02/2013 La Stampa - Nazionale
L'URGENZA DI RINNOVARE GLI OSPEDALI
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24/02/2013 La Stampa - Nazionale
Sanità, no a nuovi tagli In ordine sparso sui ticket
58
25/02/2013 La Stampa - Nazionale
Così è svanito il sogno del telelavoro
60
25/02/2013 La Stampa - Nazionale
Torre Pellice, l'ospedale senza medici
62
25/02/2013 La Stampa - Torino
"Ragazzi, contro l'Aids fate il test" I medici scommettono su Facebook
63
25/02/2013 Il Messaggero - Nazionale
Manganelli operato «Condizioni buone»
64
23/02/2013 Il Giornale - Milano
San Raffaele, continua la protesta l'assessore rassicura gli studenti
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23/02/2013 Il Giornale - Milano
Dopo 50 anni l'istituto Negri diventa Irccs
66
24/02/2013 Il Giornale - Milano
«Dannoso abolire il ticket» La Cisl è per la linea Formigoni
67
24/02/2013 Il Giornale - Nazionale
Forme tumorali e infezioni da papilloma virus: ecco le ultime ricerche
68
24/02/2013 Il Giornale - Nazionale
Il processo degenerativo delle cartilagini rivelato dai dolori articolari a mani e piedi
69
25/02/2013 Il Giornale - Nazionale
Ecco quanto ci costa la «Tobin tax»
70
23/02/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Sistema informatico troppo lento, stop alle ricette elettroniche
72
25/02/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Occhio alla linea, esami in farmacia «Il punto debole è nel girovita»
73
25/02/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Ritocchini salutari «Ci fanno sentire attraenti come star»
74
25/02/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Una mela al giorno, fa bene anche la buccia
75
25/02/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Deficit muscolari Un sostegno in rete
76
25/02/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Occhio speciale dedicato a chi ha perso la vista
77
25/02/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
La materia grigia resiste ai traumi E ci sorprende
78
25/02/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Oncologia Dallo Ieo radioterapia per curare la prostata
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24/02/2013 Avvenire - Nazionale
Efficienza, via segnata anche per gli Irccs
80
24/02/2013 Avvenire - Nazionale
Il manager: c'è ostilità nelle istituzioni verso gli ospedali religiosi classificati
81
24/02/2013 Avvenire - Nazionale
Carne di cavallo trovata in lasagne
82
24/02/2013 Avvenire - Milano
San Raffaele, licenziamenti vicini? Lavoratori della sanità mobilitati
83
24/02/2013 Avvenire - Milano
All'ospedale S. Anna la senologia compie vent'anni
84
24/02/2013 Il Gazzettino - Nazionale
La carne di cavallo trovata nelle lasagne
85
25/02/2013 Il Gazzettino - Venezia
All'ex monoblocco il polo riabilitativo
86
25/02/2013 Il Gazzettino - Venezia
Invalidità civile, mille in lista d'attesa
87
23/02/2013 Il Secolo XIX - Genova
PRIMA DI FARE NUOVI OSPEDALI CHIARIAMO IL MODELLO DI SANITÀ
88
24/02/2013 Il Secolo XIX - Nazionale
CARNE EQUINA ANCHE NELLE LASAGNE VENDUTE IN LIGURIA
89
24/02/2013 Il Secolo XIX - Genova
Pronto soccorso ko quaranta pazienti per ore sulle barelle
90
25/02/2013 Il Secolo XIX - Genova
LEUCEMIA, BATTUTE LE CELLULE IMMORTALI
91
25/02/2013 La Repubblica - Affari Finanza
Watson dai telequiz alla medicina un database per la lotta al tumore
92
25/02/2013 ItaliaOggi Sette - Nazionale
Fondi ai progetti di ricerca sulla Sla
94
23/02/2013 Milano Finanza - Nazionale
Combinare posizioni lunghe e corte in Europa è la mossa giusta
95
23/02/2013 Milano Finanza - Nazionale
La ricetta del tele-paziente
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23/02/2013 Milano Finanza - Nazionale
Ambizioni Oltreoceano
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23/02/2013 Corriere Medico
Leucemia mieloide cronica prove mondiali di guarigione
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23/02/2013 Corriere Medico
Via libera al vaccino contro la meningite B si può somministrare dall'età di due mesi
99
23/02/2013 Corriere Medico
Vaccino anti-pneumococcico 13-valente l'Europa approva l'estensione d'impiego
100
23/02/2013 Corriere Medico
Malattie rare in età pediatrica, si diffonde la possibilità di curare i pazienti a domicilio
101
25/02/2013 Prima Pagina
Distribuzione medicinali porta a porta, è nato il servizio "Prontofarmaco"
102
22/02/2013 Nuovo
ATTENTA A CIO CHE MANGI, PUOI ALTERARE L'EFFETTO DEI FARMACI, E RISCHI
ANCHE REAZIONI PERICOLOSE
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
76 articoli
23/02/2013
Corriere della Sera - Bergamo
Pag. 13
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Il titolo Un decreto lo riconosce come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico
Ricerca scientifica Il «Mario Negri» nella stanza dei bottoni
Ora possibili maggiori finanziamenti Un atto di fiducia, uno stimolo e un impegno a fare meglio, dalla parte
degli ammalati Silvio Garattini Villa Camozzi Martedì aperto al pubblico il centro di studio di Ranica sulle
malattie rare
Silvia Seminati
La notizia è di quelle che danno prestigio: dopo mezzo secolo di attività, un decreto ministeriale riconosce il
«Mario Negri» come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs). Il «Negri», in una nota, spiega
che «la farmacologia e la sperimentazione clinica dei trattamenti farmacologici entrano così nell'ambito dei
problemi per cui si ritiene utile e necessaria una base scientifica. L'appartenenza al gruppo degli Irccs
permette una presenza diretta nel Sistema sanitario nazionale». Con questo nuovo titolo, l'istituto potrà ora
competere con gli altri Irccs - oltre 40 in tutta Italia, di cui la maggior parte in Lombardia - per partecipare a
bandi di ricerca sia italiani sia internazionali, riservati agli enti del Sistema sanitario nazionale.
Orgoglioso del risultato, il direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Silvio Garattini: «Questo
riconoscimento - dice - è molto importante e rappresenta un atto di fiducia, un grande stimolo e impegno a
fare sempre meglio, dalla parte degli ammalati, affinché il Sistema sanitario nazionale, avendo alla base
l'evidenza scientifica, sia sempre più efficiente». C'è poi un auspicio: «Ci auguriamo - aggiunge Garattini che questo riconoscimento comporti anche un rafforzamento delle ricerche del "Mario Negri" relative alla
farmacologia e alla sperimentazione clinica sulle malattie neurologiche, rare e ambientali, nelle tre sedi di
Milano, Bergamo e Ranica».
Il «Mario Negri» ha potuto ottenere questo riconoscimento dopo le modifiche della legge del 2003 istitutiva
degli Irccs, in base alla quale non è più ritenuto necessario avere letti da degenza per l'assistenza sanitaria,
ma si considera altrettanto importante l'eccellenza scientifica in campo biomedico per sostenere e migliorare
il Sistema sanitario nazionale. L'accreditamento da Irccs fa sperare che l'istituto possa ottenere più risorse
per la sua attività. «Purtroppo i fondi per la ricerca in Italia sono pochi, ma ora potremo accedere direttamente
a bandi nazionali ed europei - dice Giuseppe Remuzzi, coordinatore delle ricerche nelle due sedi
bergamasche del "Mario Negri" -. Prima potevamo solo aggregarci ad altri istituti di ricerca, collaborando con
gli Irccs e gli istituti zooprofilattici. In questo modo il "Mario Negri" avrà più autonomia, che potrebbe
trasformarsi in maggiore disponibilità di risorse. Nel panorama italiano la nostra produzione scientifica è tra
quelle di più alto livello: un risultato di grande rilievo raggiunto anche grazie all'impegno profuso nella struttura
di Villa Camozzi, a Ranica, dove si studiano le malattie rare».
A questo proposito martedì 26 febbraio, in occasione della sesta Giornata Internazionale delle Malattie Rare
(se ne conoscono più di 7 mila), il Centro Aldo e Cele Daccò di Ranica aprirà le sue porte al pubblico. Guidati
dai ricercatori, si potranno visitare i laboratori e conoscerne l'attività (alle 15 e alle 16.30, con prenotazione
obbligatoria allo 035-42131). In oltre 20 anni di attività, il Centro ha raccolto un patrimonio di informazioni, sul
quale ha avviato progetti di ricerca per alcune malattie rare, in particolare quelle che colpiscono il rene.
Medici, infermieri, biologi, farmacologi, bioingegneri, tecnici di laboratorio ed esperti in statistica e informatica
lavorano insieme con un approccio multidisciplinare. A Ranica, dal 1992 a oggi, sono stati archiviati dati
relativi a 11.769 pazienti affetti da oltre 920 diverse malattie rare (che per l'80% sono di origine genetica), poi
raccolti e conservati 2.175 campioni biologici di malati e loro familiari.
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La scheda La sigla
L'acronimo Irccs indica gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Sono degli ospedali che dimostrano
eccellenza sia nell'organizzazione e nella gestione dei servizi sanitari sia nello sviluppo della ricerca
biomedica. Il riconoscimento viene dato dopo una valutazione del Ministero della Salute e dà a queste
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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23/02/2013
Corriere della Sera - Bergamo
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(diffusione:619980, tiratura:779916)
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strutture il diritto di ricevere finanziamenti pubblici da destinare, in modo esclusivo, alla ricerca scientifica sulle
materie riconosciute.
Quaranta strutture
In Italia esistono più di 40 Irccs e la maggior parte si trova in Lombardia e nel Lazio. Sono Irccs lombardi
l'Istituto Eugenio Medea di Bosisio Parini (Lecco), il Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia e
poi, a Pavia, la Fondazione Salvatore Maugeri, la Fondazione Istituto Neurologico Casimiro Mondino e la
Fondazione Policlinico San Matteo. Sono Irccs anche l'Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e il
Policlinico di San Donato a San Donato Milanese e molte altre strutture nel capoluogo lombardo, tra cui
l'Istituto Europeo di Oncologia e l'Ospedale San Raffaele
Foto: Futuro Foto d'archivio, una ricercatrice del Negri di Bergamo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Corriere della Sera - Bergamo
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E Parigi si affida all'eccellenza bergamasca
In Francia ci sono più fondi e si fanno programmi Ariela Benigni
S.S.
Tra le eccellenze che fanno grande il «Mario Negri», c'è una donna bergamasca. È Ariela Benigni,
responsabile del Dipartimento di Medicina molecolare dell'istituto bergamasco e braccio destro del professor
Giuseppe Remuzzi. Classe 1955, ha da poco ottenuto un prestigioso incarico dall'Aeres, l'Agenzia di
valutazione della ricerca e della formazione superiore. Nella capitale francese farà parte di un gruppo formato
da 12 esperti europei (tra i quali è l'unica italiana operante in Italia) per valutare il lavoro di circa 250
ricercatori all'Hôpital Necker di Parigi, che attualmente operano divisi in 13 team. L'obiettivo è farli lavorare
insieme - tra un paio d'anni - in un nuovo istituto, l'Inem (Institut Necker Enfants Malades), che verrà costruito
nei prossimi mesi. «È un importante capitale umano che, diviso, non interagisce. Noi dobbiamo valutare la
bontà di questo assemblaggio - spiega Benigni, che ha iniziato a lavorare al "Mario Negri" nel 1977, quando
stava preparando la sua tesi sperimentale -. Io e gli altri 11 esperti siamo stati chiamati in Francia sulla base
delle nostre pubblicazioni e del curriculum. Il nuovo istituto avrà due dipartimenti: uno si occuperà di biologia
molecolare con studi nell'ambito del metabolismo, della nutrizione, delle malattie del fegato e del rene, l'altro
metterà insieme l'immunologia, le malattie infettive e l'ematologia. Io - aggiunge Benigni - devo occuparmi
della valutazione della ricerca che ha affinità con l'ambito delle malattie renali o la biologia molecolare». Il
grosso del lavoro inizierà tra due anni e durerà per altri cinque. «Stiamo già operando in attesa che venga
costruita questa nuova struttura - spiega Benigni -. Ciò dimostra che in un Paese come la Francia dove ci
sono molti più fondi rispetto all'Italia si può avere una visione futura sulla ricerca e fare programmazione».
Attualmente Benigni, insieme al suo team di lavoro, si sta occupando di medicina rigenerativa con l'obiettivo
di capire se le cellule staminali possono curare le malattie renali e anche studiare come il rene sia capace di
rigenerarsi. L'anno scorso l'impegno della ricercatrice, ai primi posti della classifica dei Top Italian Scientists,
è stato riconosciuto da Bergamo con la benemerenza civica.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La ricercatrice Ariela Benigni
23/02/2013
Corriere della Sera - Milano
Pag. 7
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Profumo: per il San Raffaele serve un cda «equilibrato»
Simona Ravizza
Gli studenti di Medicina dell'ateneo Vita Salute del San Raffaele sono da tre giorni per protesta sotto il
Cupolone con l'Arcangelo Gabriele. Così arriva l'appello del ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo,
impegnato a risolvere la situazione. Qui è in corso da mesi, infatti, un braccio di ferro tra le fedelissime di don
Verzé (le Sigille Raffaella Voltolini e Gianna Zoppei) e i nuovi vertici dell'ospedale (guidato dall'imprenditore
Giuseppe Rotelli), tenuti fuori dal consiglio di amministrazione dell'ateneo e decisi di conseguenza a fondare
una nuova università. «Da parte mia ci sono una grande attenzione e il massimo rispetto per una istituzione
di grande valore per la ricerca e la formazione», dice al Corriere Profumo che spiega, per la prima volta
pubblicamente, qual è il suo tentativo di mediazione: «La mia proposta mira alla composizione di un consiglio
di amministrazione con una rappresentanza equilibrata delle due parti, più un componente indicato dal
ministero, con funzioni di presidente a garanzia del sistema complessivo».
Studenti e docenti chiedono di ripristinare la collaborazione tra l'attività dell'ospedale e quella dell'ateneo, una
sinergia possibile solo se il cda si apre anche agli uomini di Rotelli. «Le mie indicazioni sono anche nella
direzione di conferire al cda il mandato di riscrivere lo statuto (che accentra il potere di nomina del cda nelle
mani dei fedelissimi di don Luigi Verzé, ndr) in un'ottica di potenziamento e rilancio delle istituzioni, con una
forte integrazione sul territorio - sottolinea Profumo -. Auspico che la riscrittura dello statuto possa concludersi
entro novembre, e che nel frattempo si assicuri una regolare gestione dell'anno accademico 2013-2014, a
tutela degli studenti, delle loro famiglie e del corpo accademico».
Adesso resta da capire se le Sigille tenderanno la mano ai nuovi vertici dell'ospedale. E viceversa.
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Foto: Ministro Francesco Profumo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Il caso Il ministro interviene sulla divisione per la guida dell'ateneo
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 23
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Carne di cavallo anche in lasagne italiane
Sequestri in un'azienda di Bologna. Negativi i test sul macinato bovino della Nestlé La scoperta I test positivi
effettuati dall'Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell'Emilia Romagna Dall'estero I rischi dell'acquisto di
materie prime in Stati dove i controlli sono meno attenti di quelli italiani
Margherita De Bac
ROMA - Non c'è da stupirsi che sia successo anche in Italia. Carne di cavallo rinvenuta in un campione di
lasagne alla bolognese della ditta Primia di San Giovanni in Persiceto, provincia di Bologna. È il primo caso
nazionale.
La scoperta è dell'Istituto zooprofilattico sperimentale di Lombardia e Emilia Romagna dopo le analisi su
materiale prelevato dai Nas a Brescia. È la prova di quanto il mercato europeo sia esposto a queste frodi, in
gran parte riconducibili a Paesi dove i controlli lasciano a desiderare e non è molto difficile mandare al
macello animali di provenienza dubbia, ad esempio gli ippodromi. Anelli deboli di una catena che va
assolutamente rinforzata.
Sul piano della salute, ha ribadito ieri il ministro della Salute, Renato Balduzzi «non ci sono pericoli, tutti i
controlli sono stati attivati. Una sorveglianza costante, qui da noi. Carni e allevamenti sono monitorati da
tecnici di ministero, Regioni, Asl e carabinieri antisofisticazioni». I Nas hanno raccolto quasi 300 campioni
inviati agli istituti di zooprofilassi. Finora i ritrovamenti hanno riguardato Gran Bretagna (lasagne Findus) e
ravioli e tortellini Nestlé che utilizzava un fornitore tedesco. Negativi i test sul macinato di bovino della
multinazionale svizzera sequestrato il 21 febbraio presso lo stabilimento Safim di None, Torino. Non c'è
traccia di equino.
Il problema non è la carne prodotta in Italia dove i cavalli destinati all'alimentazione hanno il patentino di
macellazione di cui sono sprovvisti quelli da lavoro. Da noi il controllo degli animali dipende dal servizio
veterinario a differenza di molti Paesi occidentali dove è competenza del ministero dell'Agricoltura. Il rischio
dipende dal fatto che, anche per questioni di risparmio, molto spesso le aziende si riforniscono all'estero.
Evidentemente non ci sono sistemi efficaci per tutelarsi e accertare in via preventiva la composizione del
macinato spacciato per bovino, come è riportato sull'etichetta.
L'Ue dopo questa vicenda dovrà riorganizzare la rete, come ha giustamente chiesto l'Italia nel discutere a
Bruxelles dei test comunitari che scatteranno la prossima settimana in tutti gli Stati membri su carne
macinata, hamburger congelati, sughi tipo ragù, carne in scatola, tortellini, ravioli, cannelloni e lasagne.
I kit per identificare attraverso l'analisi del Dna la presenza di carne di cavallo sono stati messi a punto a
novembre 2012 dall'agenzia irlandese per la sicurezza alimentare. Ecco perché il fenomeno della
contaminazione di carne di specie diversa da quella dichiarata in etichetta sale sulla ribalta solo adesso.
Scrive Bartolomeo Griglio, direttore del servizio veterinario di Torino Asl 5 in un editoriale pubblicato da
Anmvioggi (Associazione italiana medici veterinari): «E' forse successo che alcune aziende produttrici di carni
lavorate con sedi nel triangolo tra Belgio, Olanda, Gran Bretagna, abbiano fatto lauti guadagni mescolando
quantità variabili di carne equine, acquistate in Paesi dell'Est dove il costo è molto inferiore a quello di carni
bovine».
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Alimentazione Il primo caso rilevato nel nostro Paese. Il ministero: «Cibi sicuri, tutti i controlli sono stati
attivati»
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 55
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Una situazione surreale di diritti negati per errori non corretti da dieci anni
SERGIO HARARI*
C i sono molti settori nella sanità del nostro Paese nei quali si registrano disparità di accesso alle cure e di
trattamento, ma in uno la situazione
è particolarmente grave: quello delle malattie rare. In Italia molto si è fatto in questi anni
per chi ne soffre, grazie alla sensibilità delle istituzioni, allo straordinario lavoro delle associazioni dei pazienti
e all'abnegazione dei medici che se ne occupano. Moltissimo resta ancora da fare: da troppi anni si
trascinano problemi irrisolti che ricadono, come handicap su handicap, sulle spalle dei nostri concittadini
malati. Mi riferisco, in particolare, a un'inaccettabile disuguaglianza: molti pazienti ancora oggi sono esclusi
dai programmi nazionali e dall'esenzione dal ticket perché hanno come unica colpa quella di essere portatori
di patologie non comprese nell'elenco nazionale delle malattie rare, ampiamente deficitario e mai aggiornato.
Interi capitoli di malattie, come, ad esempio, tutte quelle respiratorie, sono stati dimenticati nella stesura
dell'elenco, oltre 10 anni fa; un vulnus mai sanato, per quanto incredibile possa sembrare. A rimediare la
situazione ci provò l'ex ministro Livia Turco, in articulo mortis del governo Prodi, ma il provvedimento cadde
col successivo governo per la supposta mancanza di copertura finanziaria. Ci riprova oggi il ministro
Balduzzi, ma l'impressione che il tutto possa finire come la scorsa volta è forte. Ma tutto questo non basta, ad
aggravare la situazione si aggiungono
i tempi irragionevoli per la commercializzazione dei farmaci utili, talvolta indispensabili, per alcune di queste
malattie, tempi spesi non per condurre studi clinici
o particolari valutazioni ma solo perché venga concordato il prezzo di vendita. Si aggiungano poi
le disparità di trattamento a seconda delle regioni
di residenza, la sempre maggiore difficoltà a ottenere terapie spesso costose (ma meno di tante altre) e poco
conosciute. Il 28 febbraio è la Giornata mondiale delle malattie rare: la speranza è che qualcosa in questo
Paese cambi anche per questi malati.
* direttore U.O. di Pneumologia
Ospedale San Giuseppe, Milano, Centro regionale
di riferimento per le malattie rare polmonari
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Malattie rare Malati Dimenticati
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 55
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Rischio cardiovascolare Prevenzione in farmacia
Come intercettare gli italiani poco inclini a visite mediche, screening e quant'altro, perché convinti di stare
bene? Ha provato a dare una risposta, adottando modelli di «Clinical Pharmacy», il progetto «Ci sta a cuore il
tuo cuore» di Apoteca Natura, con il patrocinio della Società italiana di medicina generale e dell'Associazione
medici diabetologi e la partecipazione dell'Istituto superiore di Sanità. In effetti sulle oltre 25 mila persone
esaminate, 2.399 presentavano fattori di rischio per gravi patologie. Alcune fra queste persone presentavano
già vere malattie, come il diabete, senza esserne consapevoli. L'iniziativa prevedeva la misurazione di alcuni
parametri (pressione arteriosa, peso, altezza, indice di massa corporea, circonferenza addominale,
colesterolemia totale) e la compilazione di un questionario, nelle 500 farmacie aderenti ad Apoteca Natura.
Gli utenti coinvolti hanno ricevuto una relazione con i risultati della valutazione e un opuscolo informativo con
le regole della prevenzione. In caso di rischio elevato, sono stati indirizzati al medico di famiglia per impostare
un'adeguata terapia. 25 mila È il numero di persone esaminate per il rischio cardiovascolare
in 500 farmacie. In circa
il 10% dei casi è stata segnalata la necessità di rivolgersi
al medico
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il numero
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 56
(diffusione:619980, tiratura:779916)
I reni meritano maggiore attenzione e più protezione
Perché si mantengano a lungo efficienti servono uno stile di vita corretto e controlli regolari Abitudini Le prime
regole: dieta mediterranea, buon apporto di acqua, poco sale e attività fisica Indagini Creatininemia e analisi
delle urine sono i due riferimenti fondamentali
ANTONELLA SPARVOLI
Il rischio che i reni si ammalino è quadruplicato in pochi anni. E a farne le spese non sono soltanto le persone
più in là con gli anni, ma anche tanti giovani. Lo rivela uno studio italiano pubblicato di recente sul Journal of
Nephrology. Dall'indagine condotta su 5 mila studenti della scuola secondaria e 7 mila adulti è infatti emerso
che il 9% degli under 20 presenta proteine nelle urine, indice che qualcosa non funziona come dovrebbe a
livello renale. Una quota non certo trascurabile, anche se sono ancora gli over 70 ad avere più problemi: ben
4 su 10 si trovano a fare i conti con la malattia renale cronica.
Se si vuole invertire questa tendenza bisogna innanzitutto imparare a conoscere questi preziosi filtri e a
prendersene cura, offrendo loro quello di cui hanno bisogno, eliminando ciò che fa male, ma soprattutto
tenendoli d'occhio con controlli regolari.
Non a caso, gran parte delle iniziative organizzate per la prossima Giornata mondiale del rene, il 14 marzo,
sarà dedicata alla prevenzione delle malattie renali (vedi box).
«Il primo passo per assicurare ai nostri reni un vita lunga e in salute è un corretto stile di vita - dice
Giovambattista Capasso, presidente della Società italiana di nefrologia (Sin) e professore di Nefrologia alla
Seconda Università di Napoli -. Dieta mediterranea, adeguato apporto di acqua, poco sale, regolare attività
fisica e pressione controllata sono validi alleati, per diversi motivi. La dieta mediterranea, con il suo equilibrio
tra i diversi nutrienti, permette di non sovraccaricare i reni. Assicurare all'organismo un buon apporto idrico
aiuta, invece, a scongiurare fenomeni di disidratazione e l'accumulo di sali minerali, che possono mettere in
pericolo questi filtri. L'eccesso di sale è un acerrimo nemico di tutto l'organismo e favorisce l'ipertensione, che
raddoppia le possibilità di sviluppare la malattia renale cronica. Infine, l'attività fisica è un vero toccasana. Uno
studio pubblicato di recente sul Clinical Journal of the American Society of Nephrology dimostra che
l'esercizio regolare fa addirittura vivere più a lungo chi è in dialisi e quindi ha già i reni fuori uso».
Un corretto stile di vita, però, non basta a salvaguardare la salute renale se non viene affiancato da controlli
regolari. «La maggior parte delle malattie renali, fatta eccezione per i calcoli che possono dare coliche molto
dolorose, non dà sintomi eclatanti, per cui è alto il rischio di non accorgersi di nulla finché il danno non è
ormai avanzato - puntualizza Capasso -. Ecco perché è importante inserire nei controlli di routine anche la
misurazione di parametri collegati alla funzione renale, a partire dalla creatinina nel sangue. Questa sostanza
è un prodotto del metabolismo muscolare e il rene sano è in grado di eliminarla completamente. Un suo
aumento nel sangue potrebbe indicare un cattivo funzionamento renale. Conoscendo i valori della creatinina,
l'età e il sesso del paziente si può inoltre risalire, con specifiche formule, alla velocità di filtrazione glomerulare
(Gfr, in inglese Glomerular Filtration Rate): questo parametro permette di confermare l'esistenza di una
riduzione della funzione del rene».
«Così come la maggior parte delle persone oggi sa che è pericoloso avere il colesterolo alto o la glicemia
fuori dai range di normalità, bisogna aumentare la consapevolezza che un valore di creatinina elevato può
indicare problemi renali seri che possono compromettere la salute di tutto l'organismo e non vanno
sottovalutati» sottolinea Alessandro Balducci, presidente della Fondazione italiana del rene (Fir) e docente
della Scuola di specializzazione in Nefrologia dell'Università di Roma Tor Vergata.
Accanto alla misurazione della creatinina nel sangue, anche un banale esame delle urine può fornire
informazione preziose. «Con questo test si può valutare l'eventuale presenza di proteine e sangue, entrambi
potenziali segnali di danno renale - puntualizza Balducci -. Partendo da questi semplici esami si può quindi
passare a indagini più approfondite sotto la guida di un nefrologo».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Prevenzione In aumento i problemi per i «filtri» del nostro organismo
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Una volta appurata la presenza di una malattia renale non bisogna comunque darsi per vinti, perché scoprirla
quando è ancora in fase iniziale permette di prendere subito i giusti accorgimenti per rallentarne l'evoluzione.
«Oggi, quando c'è un'insufficienza renale, anche di grado lieve o moderato, possiamo mettere in atto terapie
molto efficaci in grado di rallentare la perdita della funzione renale» spiega Giuseppe Remuzzi, direttore del
Dipartimento di immunologia e clinica dei trapianti degli Ospedali Riuniti di Bergamo e coordinatore delle
ricerche dell'Istituto Mario Negri di Bergamo.
«Studi pionieristici condotti già agli inizi degli anni Ottanta - spiega Remuzzi, che dal prossimo giugno sarà
presidente della Società mondiale di nefrologia - hanno mostrato che certi farmaci capaci di ridurre la
pressione arteriosa possono rallentare la velocità di riduzione del filtrato glomerulare (Gfr) nel tempo in
pazienti affetti da malattie renali con perdite di proteine associate o meno al diabete. Sulla base di queste
evidenze, l'ipertensione arteriosa è andata progressivamente identificandosi come un importante
determinante della progressione del danno renale e la sua riduzione come l'intervento terapeutico più efficace
nel rallentare l'evoluzione delle malattie renali croniche. Ben presto, però, si è osservato che, oltre
all'ipertensione arteriosa, anche l'aumentata escrezione di proteine nelle urine si associa invariabilmente a un
più rapido deterioramento della funzione renale: così, anche la riduzione della proteinuria è diventata un
importante obiettivo della moderne terapie, che si poggiano soprattutto sull'uso di due categorie di farmaci
antipertensivi: gli ace-inibitori o gli antagonisti recettoriali dell'angiotensina II (sartani), rivelatisi
particolarmente efficaci nel rallentare la velocità di riduzione del filtrato glomerulare. E si è visto che questi
farmaci possono avere effetti positivi sulla proteinuria e che questo effetto è anche maggiore se il trattamento
viene associato a una dieta iposodica (povera di sale, ndr). Ancora, si è visto che nei casi più refrattari può
essere presa in considerazione la possibilità di associare questi farmaci seguendo un protocollo ben
codificato, che abbiamo chiamato Remission clinic».
«Insomma, agendo su più fronti è possibile prevenire o quanto meno rallentare l'evoluzione delle malattie
renali croniche con notevoli ricadute non solo sulla salute e la qualità di vita delle persone, ma anche sul
fronte dei costi - conclude Capasso -. Basti pensare che oggi per curare i circa 50 mila pazienti che sono
arrivati alla dialisi si spendono più di 2 miliardi di euro all'anno, vale a dire circa il 2 per cento dell'intera spesa
sanitaria».
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Nefrologia
Un apparato fondamentale ancora troppo trascurato
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 57
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Sicurezza con la dialisi pubblica
La dialisi costa alla sanità italiana più di 2 miliardi all'anno: una spesa molto impegnativa, che potrebbe
essere abbattuta aumentando gli sforzi per prevenire le malattie renali e per curarle precocemente,
rallentando la progressione verso la dialisi. C'è invece chi pensa di poter ridurre i costi affidando tutta la filiera
della dialisi ai privati, come già accade negli Stati Uniti, dove grandi multinazionali trattano più del 60% degli
emodializzati. «In Italia la dialisi privata può essere presa in considerazione, solo in casi particolari, come
supporto alla sanità pubblica, mai in sua sostituzione - sostiene Giovambattista Capasso, presidente della
Società italiana di nefrologia -. L'esperienza insegna che in Italia le strutture pubbliche offrono maggiori
garanzie in termini di assistenza sanitaria globale. Infatti, il privato spesso non è autosufficiente, soprattutto
nei casi in cui si devono assistere pazienti con situazioni complesse che richiedono un intervento altamente
specialistico. Inoltre, l'esperienza americana, con una mortalità dei pazienti pressoché doppia di quella
italiana, non può essere presa a modello». L'esperienza americana in tema di dialisi privata, infatti, è
deludente: si è visto che, nei centri privati, la sopravvivenza dei pazienti è più breve e sono anche minori le
possibilità di avere un trapianto di rene. Le spiegazioni sono molteplici, ma è ipotizzabile un minor uso di
farmaci o una riduzione del tempo di dialisi.
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Strategie
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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«Peritoneale» poco utilizzata
Limite Il peritoneo non nasce per svolgere il compito di «depuratore», quindi dopo alcuni anni tende a
esaurire questa capacità
Franco Marchetti
M eno di un decimo dei circa 45 mila pazienti in dialisi in Italia ricorre alla dialisi peritoneale domiciliare.
Eppure questa tecnica, che per depurare il sangue dalle scorie usa un «filtro» naturale, il peritoneo - la
membrana che riveste gli organi all'interno dell'addome -, potrebbe essere una soluzione per circa il 30% dei
malati di reni. Ne sono più che convinti i nefrologi italiani che in occasione del 53° Congresso nazionale della
Società italiana di nefrologia (Sin) si sono posti l'obiettivo di raddoppiare, nei prossimi 5 anni, il numero dei
pazienti sottoposti a questa modalità di dialisi, che dovrebbe quindi passare dal 9 al 18%. «I pazienti in dialisi
peritoneale possono farla a casa, recandosi in ospedale solo una volta ogni 30-40 giorni - spiega
Giovambattista Capasso, presidente della Sin -. Oltretutto, uno studio pubblicato alcuni mesi fa ha
documentato una migliore sopravvivenza dopo il trapianto nei pazienti che in precedenza erano ricorsi a
questo tipo di dialisi».
Inoltre, negli ultimi decenni l'età media dei pazienti con insufficienza renale destinati a entrare in dialisi è
progressivamente aumentata, tanto che oggi è di 71 anni, e sono diventati sempre più numerosi i pazienti
«complessi» perché portatori di altre malattie (per esempio cardiovascolari e di diabete): questo sta
producendo un carico che le strutture sanitarie hanno sempre più difficoltà a fronteggiare e a cui proprio la
«deospedalizzazione» potrebbe offrire una risposta. «E la dialisi peritoneale costa il 30-40% in meno rispetto
all'emodialisi» aggiunge Capasso.
Bisogna però ricordare che anche questa tecnica ha un limite: il peritoneo non è «nato» per fare la dialisi e
quindi dopo un certo numero di anni tende a esaurire questa sua capacità. Ciò significa che la dialisi
peritoneale andrebbe vista come possibile approccio iniziale, in particolare in previsione di un trapianto a
breve termine.
Un altro aspetto che i nefrologi sottolineano è l'eterogeneità dell'uso della dialisi nelle diverse regioni: al di
sotto della media nazionale sono per esempio il Trentino Alto Adige, la Sardegna, la Puglia, il Lazio. «Una
differenza che dipende in parte dalla cultura dei nefrologi e in parte del fatto che, nelle regioni in cui la dialisi
viene fatta prevalentemente in strutture private, vi è una maggiore propensione all'emodialisi - spiega
Rosanna Coppo, Direttore di nefrologia, dialisi e trapianto pediatrico dell'Ospedale Regina Margherita di
Torino. Ciò significa che in alcune regioni molte strutture non sono attrezzate per proporre ai pazienti la dialisi
peritoneale. «Al di là di problemi clinici particolari, nella scelta del metodo dialitico il paziente deve poter
valutare se andare presso il centro dialisi tre volte alla settimana o optare per una dialisi domiciliare puntualizza Anna Maria Bernasconi, presidente dell'Associazione nazionale emodializzati, dialisi e trapianto -.
Si tratta però di una scelta che il paziente può fare solo se gli sono garantiti completa informazione, persone
certe di riferimento e adeguata assistenza in caso di complicazioni».
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L'alternativa La membrana addominale
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Contro lo stress bisogna darsi davvero una mossa
Piacere La continuità è essenziale, quindi l'attività scelta non deve essere «punitiva» Sinergie Il movimento
contribuisce a migliorare i risultati della psicoterapia
Roberta Villa
È secondo molti il vero male del nostro tempo, quello da cui sono in pochi a sfuggire. Chi infatti non si
lamenta dello stress?
Eppure, limitarne gli effetti non è impossibile: per ottenere buoni risultati basta decidere di alzarsi dal divano e
dedicare almeno due ore e mezza la settimana - distribuite su almeno tre giorni - all'attività fisica che si ama
di più.
«Diversi studi hanno documentato come l'esercizio fisico possa avere una azione sovrapponibile ai farmaci
nel ridurre irritabilità, ansia e depressione che spesso sono associate allo stress cronico» puntualizza
Gianfranco Beltrami, cardiologo e medico dello sport dell'Università di Parma. Tra le ricerche più recenti
vanno segnalate una revisione su una trentina di studi condotta l'estate scorsa dal gruppo Cochrane (che
abitualmente verifica la validità delle affermazioni basate sulla produzione scientifica) per quanto riguarda la
depressione, e l'analisi di otto ricerche sui disturbi d'ansia appena pubblicata sul British Journal of Sport
Medicine da un gruppo di ricercatori dell'Università di Leeds, in Gran Bretagna: in entrambi i casi è emerso
che l'attività fisica non può sostituirsi alle medicine nei casi più gravi, tuttavia può rappresentare un valido
aiuto in più.
«Anche nelle situazioni in cui non occorrono farmaci, l'esercizio migliora i risultati che si possono ottenere con
la psicoterapia - aggiunge Luigi Discalzi, psicologo dello sport di Milano -. Vinte le resistenze iniziali, tutti
traggono vantaggio da uno stile di vita meno sedentario: il corpo è il mezzo con cui anche la mente esprime il
suo disagio e attraverso il corpo la si può aiutare a superarlo».
Il movimento infatti agisce su molti fronti: «Contribuisce a ridurre le tensioni muscolari e favorisce il riposo
notturno; migliora l'ossigenazione alle cellule cerebrali, determina il rilascio di endorfine, sostanze ormonali
che favoriscono calma e benessere psicofisico e fa utilizzare all'organismo gli ormoni - come il cortisolo - che
si sono accumulati in conseguenza dello stress» rinforza Beltrami.
«Quando poi si cominciano a vedere i primi risultati aumenta la soddisfazione e l'autostima e migliora il modo
in cui ci si percepisce - riprende lo psicologo -. Se poi l'attività fisica è svolta insieme ad altre persone, si
arricchisce di ulteriori valenze, facilitando le relazioni. Anche se si sceglie un'attività individuale, tuttavia, quel
che conta è che sia considerata piacevole da chi la deve praticare».
Dalle ricerche scientifiche, infatti, sembra che, ai fini del benessere psicologico, il tipo di attività conti poco.
«Per essere utile contro lo stress, l'attività fisica, oltre che divertente, non deve essere esasperata da un
eccessivo agonismo - raccomanda Beltrami -. Meglio ancora se è praticata all'aperto, in compagnia,
possibilmente in un ambiente distensivo e rilassante».
Anche in relazione all'età, alle esigenze, ad attitudini e condizioni di salute individuali, quindi, lo stesso effetto
antistress di una corsa al parco o di una partita a calcetto può essere ottenuto con una bella passeggiata o
lavorando in giardino, giocando a golf, o andando a ballare, purché l'attività sia svolta con continuità, con una
frequenza minima di tre volte alla settimana. «Si potrà iniziare con venti minuti-mezz'ora, per poi
incrementare progressivamente la durata dell'esercizio fino a un'ora» precisa il medico dello sport.
Specialmente per i soggetti più anziani sono particolarmente utili anche quelle attività a impegno fisico più
blando e che favoriscono il rilassamento, come lo yoga, il tai chi, il pilates.
Oltre che una cura, infine, l'attività è anche un sistema di prevenzione dell'ansia, molto più del relax in
poltrona. In una sperimentazione condotta su una quarantina di volontari, Carson Smith, dell'Università del
Maryland, ha recentemente dimostrato che lo sforzo fisico rende le persone meno suscettibili alle
conseguenze di forti stimoli emotivi.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Nuovi studi Confermati i benefici psicologici dell'esercizio
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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«Chi intraprende un programma di attività fisica acquisisce progressivamente un miglior controllo delle
proprie emozioni e delle reazioni fisiologiche mediate dallo stress, - conclude Beltrami - fra le quali
tachicardia, tensione muscolare, sudorazione, incremento della pressione arteriosa».
Insomma, l'attività fisica non solo è una medicina, che secondo molti andrebbe prescritta su ricetta come
pillole e iniezioni, ma può diventare anche un efficace vaccino contro il logorio della vita moderna.
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Mente e corpo
Severe analisi dei dati «promuovono» una terapia a basso costo
24/02/2013
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Contro lo stress bisogna darsi davvero una mossa
Piacere La continuità è essenziale, quindi l'attività scelta non deve essere «punitiva» Sinergie Il movimento
contribuisce a migliorare i risultati della psicoterapia
Roberta Villa
È secondo molti il vero male del nostro tempo, quello da cui sono in pochi a sfuggire. Chi infatti non si
lamenta dello stress?
Eppure, limitarne gli effetti non è impossibile: per ottenere buoni risultati basta decidere di alzarsi dal divano e
dedicare almeno due ore e mezza la settimana - distribuite su almeno tre giorni - all'attività fisica che si ama
di più.
«Diversi studi hanno documentato come l'esercizio fisico possa avere una azione sovrapponibile ai farmaci
nel ridurre irritabilità, ansia e depressione che spesso sono associate allo stress cronico» puntualizza
Gianfranco Beltrami, cardiologo e medico dello sport dell'Università di Parma. Tra le ricerche più recenti
vanno segnalate una revisione su una trentina di studi condotta l'estate scorsa dal gruppo Cochrane (che
abitualmente verifica la validità delle affermazioni basate sulla produzione scientifica) per quanto riguarda la
depressione, e l'analisi di otto ricerche sui disturbi d'ansia appena pubblicata sul British Journal of Sport
Medicine da un gruppo di ricercatori dell'Università di Leeds, in Gran Bretagna: in entrambi i casi è emerso
che l'attività fisica non può sostituirsi alle medicine nei casi più gravi, tuttavia può rappresentare un valido
aiuto in più.
«Anche nelle situazioni in cui non occorrono farmaci, l'esercizio migliora i risultati che si possono ottenere con
la psicoterapia - aggiunge Luigi Discalzi, psicologo dello sport di Milano -. Vinte le resistenze iniziali, tutti
traggono vantaggio da uno stile di vita meno sedentario: il corpo è il mezzo con cui anche la mente esprime il
suo disagio e attraverso il corpo la si può aiutare a superarlo».
Il movimento infatti agisce su molti fronti: «Contribuisce a ridurre le tensioni muscolari e favorisce il riposo
notturno; migliora l'ossigenazione alle cellule cerebrali, determina il rilascio di endorfine, sostanze ormonali
che favoriscono calma e benessere psicofisico e fa utilizzare all'organismo gli ormoni - come il cortisolo - che
si sono accumulati in conseguenza dello stress» rinforza Beltrami.
«Quando poi si cominciano a vedere i primi risultati aumenta la soddisfazione e l'autostima e migliora il modo
in cui ci si percepisce - riprende lo psicologo -. Se poi l'attività fisica è svolta insieme ad altre persone, si
arricchisce di ulteriori valenze, facilitando le relazioni. Anche se si sceglie un'attività individuale, tuttavia, quel
che conta è che sia considerata piacevole da chi la deve praticare».
Dalle ricerche scientifiche, infatti, sembra che, ai fini del benessere psicologico, il tipo di attività conti poco.
«Per essere utile contro lo stress, l'attività fisica, oltre che divertente, non deve essere esasperata da un
eccessivo agonismo - raccomanda Beltrami -. Meglio ancora se è praticata all'aperto, in compagnia,
possibilmente in un ambiente distensivo e rilassante».
Anche in relazione all'età, alle esigenze, ad attitudini e condizioni di salute individuali, quindi, lo stesso effetto
antistress di una corsa al parco o di una partita a calcetto può essere ottenuto con una bella passeggiata o
lavorando in giardino, giocando a golf, o andando a ballare, purché l'attività sia svolta con continuità, con una
frequenza minima di tre volte alla settimana. «Si potrà iniziare con venti minuti-mezz'ora, per poi
incrementare progressivamente la durata dell'esercizio fino a un'ora» precisa il medico dello sport.
Specialmente per i soggetti più anziani sono particolarmente utili anche quelle attività a impegno fisico più
blando e che favoriscono il rilassamento, come lo yoga, il tai chi, il pilates.
Oltre che una cura, infine, l'attività è anche un sistema di prevenzione dell'ansia, molto più del relax in
poltrona. In una sperimentazione condotta su una quarantina di volontari, Carson Smith, dell'Università del
Maryland, ha recentemente dimostrato che lo sforzo fisico rende le persone meno suscettibili alle
conseguenze di forti stimoli emotivi.
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Nuovi studi Confermati i benefici psicologici dell'esercizio
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«Chi intraprende un programma di attività fisica acquisisce progressivamente un miglior controllo delle
proprie emozioni e delle reazioni fisiologiche mediate dallo stress, - conclude Beltrami - fra le quali
tachicardia, tensione muscolare, sudorazione, incremento della pressione arteriosa».
Insomma, l'attività fisica non solo è una medicina, che secondo molti andrebbe prescritta su ricetta come
pillole e iniezioni, ma può diventare anche un efficace vaccino contro il logorio della vita moderna.
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Mente e corpo
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24/02/2013
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Legame stretto con il cuore
Sotto accusa ora anche l'eccesso di fosforo L'obesità può avere un impatto negativo sulla malattia renale e
sull'apparato cardiovascolare Un danno renale può complicare la gestione delle terapie oncologiche
I reni vanno protetti perché, se non funzionano bene, a risentirne è tutto l'organismo, a partire da cuore e
vasi. «La malattia renale cronica è un fattore di rischio per tutti gli organi, in particolare per l'apparato
cardiovascolare - conferma il professor Giancarlo Marinangeli, dell'Unità operativa complessa di nefrologia e
dialisi dell'Ospedale Maria Santissima dello Splendore, di Giulianova (Te), nonché segretario della Sin -. Chi
presenta un danno renale lieve ha un rischio di incidenti cardiovascolari 2-3 volte superiore alla norma e chi
ha reni che funzionano al 40% ha 10 volte più probabilità di avere un infarto».
«L'infiammazione, l'ipertensione, ma anche l'eccesso di fosforo nel sangue, associati al cattivo funzionamento
renale, sono fattori che possono mettere in pericolo il cuore e che vanno combattuti - osserva il professor
Piergiorgio Messa, direttore dell'Unità operativa complessa di nefrologia e dialisi del Policlinico di Milano -. Da
studi recenti, si è appreso che alcuni alimenti (bibite contenenti coloranti, cibi conservati o surgelati, insaccati,
ecc.) hanno un contenuto nascosto di fosforo che può essere persino superiore a quello contenuto in tutto il
resto dell'alimentazione, e costituiscono un fattore di possibile danno sia per i reni che per il cuore.
L'intervento sulla dieta è perciò importante per la protezione dei reni e dell'apparato cardiovascolare. E
quando la dieta non basta, come può capitare nei pazienti con malattia renale avanzata, si può prendere in
considerazione il ricorso a farmaci che riducono l'assorbimento intestinale del fosforo».
Le relazioni tra reni e cuore si possono complicare ulteriormente quando si aggiunge l'obesità, come
sottolinea un recente studio di ricercatori italiani guidati dal professor Carmine Zoccali, direttore della Unità
operativa complessa di nefrologia, dialisi e trapianto di Reggio Calabria, pubblicato sulla rivista Nephrology
Dialysis Transplantation: dalla ricerca è emerso che il rischio di morte cardiovascolare aumenta del 42% per i
malati ai reni portatori di un particolare gene correlato all'obesità, denominato Fat-mass and Obesityassociated gene (Fto). «L'obesità può avere un impatto negativo sulla malattia renale e sul cuore, soprattutto
quando rientra in un quadro più generale di sindrome metabolica e quindi risulta associata ad altri potenziali
"nemici", come un elevato livello di trigliceridi nel sangue, un aumento del colesterolo più nocivo (Ldl), valori
di pressione arteriosa elevati e glicemia a digiuno più alta del normale» dice il professor Messa. E un cattivo
funzionamento renale non si limita purtroppo a danneggiare il cuore: può avere conseguenze negative anche
sulle malattie tumorali, come dimostra un recente studio dell'Anderson Cancer Center di Houston. La ricerca,
condotta su più di 3.500 pazienti oncologici, ha evidenziato che la sopravvivenza si riduce di 5 volte se al
cancro si aggiunge il danno renale. «La presenza di un danno renale ha un impatto negativo sulla malattia
oncologica perché complica la gestione delle cure farmacologiche. I farmaci antitumorali sono sempre più
potenti, ma anche tossici e tocca al rene eliminarli dall'organismo dopo che hanno svolto la loro funzione spiega Marinangeli -. Per questo motivo la collaborazione continua tra nefrologo e oncologo può fare la
differenza, così come la può fare la collaborazione con gli altri specialisti che si trovano ad affrontare le altre
problematiche che vanno di pari passo con la malattia renale, come cardiologi, geriatri e, naturalmente,
diabetologi».
RIPRODUZIONE RISERVATA L'esperto risponde
alle domande dei lettori sulle malattie renali all'indirizzo Internet
forum.corriere.it/malattie_renali
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Relazioni pericolose Ipertensione e infiammazione nemici di sempre
24/02/2013
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Cure sbagliate in ospedale A rischio i risarcimenti
Le polizze stanno raggiungendo prezzi proibitivi Il problema non è soltanto disporre delle risorse per stipulare
la copertura, ma anche trovare la Compagnia disposta ad assumersi il rischio Nessun vincolo Al momento
non c'è alcun obbligo di dotarsi di «copertura» Scarso interesse Per molte Compagnie le cause sono troppe e
molto onerose
Luciano Benedetti
O gni paziente riconosciuto vittima di un danno in conseguenza di un trattamento sbagliato, per colpa di un
medico e di un altro operatore all'interno di una struttura sanitaria ha il diritto a essere risarcito, nella misura
concordata tra le parti o stabilita dal Tribunale.
Ogni struttura pubblica o privata (ospedale, Asl o casa di cura) è tenuta a risarcire quel danno, anche se
derivante da colpa grave di medici e di altri operatori (salvo poi rivalersi su questi ultimi).
Per garantire che il diritto del paziente al risarcimento sia effettivo, la soluzione ritenuta migliore, fino a ieri, è
stata quella che la struttura sanitaria si fornisse di una copertura assicurativa. Oggi, però, questo sistema sta
mostrando preoccupanti falle, come conferma un recente rapporto della Commissione parlamentare
d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali. Vediamo perché.
Innanzitutto, le strutture sanitarie non hanno l'obbligo di stipulare assicurazioni per responsabilità civile nei
confronti dei loro assistiti e, comunque, non possono assicurarsi per il danno da colpa grave del medico o di
altro operatore sanitario. In effetti, secondo il rapporto della Commissione parlamentare, il 26 per cento delle
strutture pubbliche censite, ha ugualmente stipulato polizze di questo tipo, esponendosi però al rischio di
procedimento da parte della Corte dei conti.
E i singoli medici? I medici liberi professionisti o operanti in strutture private saranno obbligati ad assicurarsi
per la responsabilità civile derivante da colpa grave dal prossimo 13 agosto (ai sensi del cosiddetto "Decreto
Balduzzi", 13 settembre 2012 n.158, e legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189). Non lo sono, invece, i
medici dipendenti di strutture pubbliche.
Dal canto loro, le compagnie assicuratrici non sono obbligate ad assicurare le strutture sanitarie. E sono
comunque sempre meno interessate a farlo, perché, dicono, i rischi superano i benefici. Così, fissano premi
sempre più elevati, oppure disertano le gare indette dagli ospedali per la scelta della compagnia con cui
assicurarsi.
Il risultato? Nonostante tutto, oltre il 72 per cento delle aziende sanitarie - secondo la ricognizione fatta
dall'indagine della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario - si tutela ancora dal
rischio risarcimenti destinando ingenti somme per premi assicurativi sempre più onerosi. Alcune strutture,
però, non sono state più in grado di riassicurarsi, mentre altre faticano a trovare compagnie disposte ad
assicurarle.
E i paziente danneggiato? A parte il rischio di non essere risarcito per mancanza di copertura delle strutture o
di riuscire a ottenere (parziale) soddisfazione solo dopo un lungo calvario legale, il cittadino-paziente rischia
anche di diventare più temuto che assistito, oppure curato più in funzione delle ansie del medico e delle
precauzioni della struttura che per l'obiettività dei propri disturbi, in un clima di sospetto reciproco invece che
di fiducia e alleanza.
Secondo i dati ricavati dalla Commissione parlamentare d'inchiesta, nel periodo 2006-2011, il premio
assicurativo medio pagato dalle aziende sanitarie è aumentato del 35 per cento. I risarcimenti liquidati dalle
compagnie, invece, sono diminuiti del 75 per cento come valore complessivo. In pratica, le strutture sanitarie
spendono di più e i cittadini ottengono di meno.
«Una "forbice", quella tra i premi assicurativi pagati dalle strutture sanitarie e i risarcimenti liquidati, che si è
via via allargata - commenta Antonio Palagiano, presidente della Commissione - perché le assicurazioni
liquidano meno 'volentierì e accantonano di più, anche nella previsione che con il passar del tempo i ricorrenti
si accontentino di liquidazioni meno onerose».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Pazienti danneggiati Le strutture sanitarie hanno sempre più difficoltà ad assicurarsi
24/02/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 61
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
25
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Una delle cause di questa situazione - spiegano all'Ania, l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici
- risiede nell'aumento del contenzioso medico-legale, che ha raggiunto dimensioni tali da condizionare in
maniera rilevante sia i bilanci delle strutture sanitarie, sia la relazione fra medico e paziente: secondo le
compagnie di assicurazione (dati del Rapporto Marsh 2012), dal 2010 al 2011 il tasso di rischio clinico (cioè
la probabilità che una persona subisca un "danno o disagio" imputabile, anche se in modo involontario, a cure
mediche durante un ricovero) è aumentato di circa l'8%.
Di recente si vanno cercando soluzioni alternative al caro-polizze che rischia di lasciare "scoperte" le
strutture, i medici, e di conseguenza i pazienti danneggiati: per esempio, quella di un fondo regionale
assicurativo, cioè di una copertura assicurativa gestita direttamente dalle Regioni, oppure quella di
un'integrazione Regione-ospedali con risarcimenti a carico delle strutture fino ad una certa cifra, oltre la quale
"viene in aiuto" la Regione (vedi articolo sotto).
«Comunque, al cittadino-paziente che ritiene di aver subito un danno consiglierei di rivolgersi con serenità
agli uffici competenti della struttura sanitaria, per metterli al corrente della propria valutazione dell'esperienza
vissuta, - dice l'avvocato Anna D'Andrea, che si occupa di gestione delle problematiche assicurative e del risk
management per l'Azienda ospedaliera Niguarda Cà Granda di Milano - in modo che la struttura e il
personale possano condividere la sua personale percezione degli eventi. Questo contatto può consentire
l'avvio di un percorso di chiarimento, lasciando libero il cittadino-paziente di attivare in qualsiasi momento
tutte le forme di tutela che riterrà necessarie, qualora non si trovi un punto d'incontro condiviso e laddove ne
sussistano i presupposti».
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Dati allarmanti
Rapporto della Commissione parlamentare errori e disavanzi nella sanità La vostra opinione
Potete commentare gli articoli
di questa pagina all'indirizzo Internet
www.corriere.it/salute
24/02/2013
Corriere della Sera - Milano
Pag. 11
(diffusione:619980, tiratura:779916)
«Regaliamo ai bimbi malati un ospedale anti-leucemia»
Eli. An.
In troppi abbiamo scordato come si sogna in grande, ed è forse l'effetto più devastante della crisi: quello che
porta molti - anche le onlus - a rivedere tutti gli obiettivi e a immaginare soltanto progetti di breve periodo nel
timore che a «guardare troppo in là» il rischio diventi insostenibile.
Eppure c'è chi non si arrende. Chi continua a volare alto, a rendere concreti grandi desideri assicurandone un
respiro di lunga durata. Il comitato Maria Letizia Verga ad esempio, formato da medici, ricercatori e genitori i
cui figli sono stati colpiti dal dramma della leucemia.
«Una volta nove bambini malati su dieci morivano, oggi si salvano in otto. La sfida più grande resta quel 20%
che non risponde alle cure», racconta Giovanni Verga, papà di Maria Letizia che è mancata 32 anni fa, e
fondatore della onlus che non solo è una certezza da molti anni, ma addirittura punta al futuro. «Nascerà a
Monza un nuovo Centro per ricerca e cura delle leucemie: un ospedale pubblico ma realizzato da non profit e
gestito in piena autonomia e con criteri di efficienza dalla nostra Fondazione - annuncia Verga -. Presto molti
reparti del San Gerardo verranno chiusi o trasferiti per una lunga ristrutturazione (non meno di otto anni, ndr
). Da qui, d'intesa con Regione e ospedale, abbiamo deciso di correre ai ripari».
E cioè di costruire ex novo una struttura che verrà poi donata al San Gerardo, specializzata nella ricerca e
nella ematologia pediatrica.
Il nuovo Centro sulla carta esiste già: quattro piani per 7.700 metri quadrati di superficie con reparti di
degenza, day hospital, un enorme centro per i trapianti di midollo osseo e un laboratorio di ricerca
d'avanguardia, potenziato grazie al contributo dei ricercatori della Bicocca. E le risorse? «Servivano dieci
milioni ma il Comitato con la sua Fondazione Tettamanti ne ha già reperiti più di tre. Per il resto contiamo
sulla raccolta di fondi che partirà a breve e coinvolgerà le aziende del territorio, i sostenitori privati, le
associazioni».
Vero che la onlus in 30 anni è riuscita a raccogliere oltre 50 milioni, ma in questa fase così difficile non avete
paura di non farcela? «Sì, abbiamo paura. Ma siamo in tanti e vorremmo diventare anche di più», replica
Verga che unisce romanticismo e concretezza tutta milanese. Del resto, dice, nello scalare montagne
«bisogna guardare lontano, non sotto i piedi. Sennò nemmeno si parte». E diamine se ha ragione.
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Foto: In corsia I volontari dell'associazione Maria Letizia Verga si battono contro le leucemie infantili
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Comitato Maria Letizia Verga
25/02/2013
Corriere della Sera - Milano
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Dono di nozze? I neuroni «affettivi»
Le chiavi dell'empatia I neuroni specchio ci fanno riconoscere le emozioni altrui, sono i «mattoni» dell'empatia
SIMONA RAVIZZA
Come regalo di nozze, un convegno sui neuroni specchio. E, per chi conosce dal punto di vista scientifico la
questione, quello di una coppia di Milano - che lo scorso agosto per il suo matrimonio ha chiesto fondi per
organizzare una due giorni sui disordini motori infantili e le nuove possibilità di cura - non appare solo come
un gesto di solidarietà, ma sembra avere a che fare anche con l'empatia.
Giacomo Rizzolatti, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Parma, autore della scoperta
dei neuroni specchio, li definisce così: «Sono un meccanismo fondamentale non solo per apprendere
attraverso l'imitazione (come fa una ballerina che impara un passo nuovo), ma anche per rendere partecipe
l'osservatore delle emozioni altrui. È il meccanismo dell'empatia (dal greco en, dentro, e pathos, sentimento,
ndr), che ci permette di commuoverci e di immedesimarci». Il sistema dei neuroni specchio ha anche
importanti ricadute nella clinica riabilitativa. Niente di più normale dunque - davanti agli straordinari
miglioramenti del proprio bimbo - che chiedere ai medici: «Cosa possiamo fare noi, adesso, per essere
utili?». Di qui, l'idea del convegno. Sarà il 12 e 13 aprile, all'auditorium San Fedele di via Hoepli 3/b: il primo
giorno, dalle 18.30 alle 19.30, i medici - guidati da Adriano Ferrari (primario dell'ospedale Santa Maria Nuova
di Reggio Emilia) - saranno a disposizione di chi desidera conoscere i progressi della scienza sul trattamento
rieducativo dei neuroni specchio.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Coppia di sposi chiede fondi per un convegno sui disturbi motori infantili
25/02/2013
Corriere della Sera - Roma
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
LO SCUDO E IL MALAFFARE
SERGIO HARARI
La vicenda dell'Idi ha dell'incredibile ma purtroppo è più che verosimile. La realtà rischia di superare
l'immaginazione in questo incubo della sanità italiana, così come è già avvenuto per il San Raffaele a Milano.
Chi non conosce la deriva della sanità religiosa del nostro Paese potrebbe stupirsi per la gestione
personalistica, confusa e disonesta, ma dietro la regola dell'obbedienza si nascondono molti intrighi e umane
debolezze. Anche la recente scoperta che 1,5 milioni di euro di fondi che erano stati destinati da Enrico Bondi
all'ospedale sono stati dirottati alla Congregazione non deve stupire più di tanto: negli ordini religiosi e nelle
congregazioni la commistione nei bilanci (che non hanno l'obbligo di dover essere resi pubblici) tra le diverse
opere e missioni non è l'eccezione ma spesso la regola. Talvolta questo serve per nobili fini di finanziamento
alle missioni più povere e in difficoltà, ma non di rado diventa il facile scudo per ogni tipo di malaffare e
terrena tentazione. Qui l'uso della res publica (l'Idi come tutti gli ospedali pubblici o privati accreditati vive
grazie ai finanziamenti del Sistema Sanitario Regionale) come res privatissima gestita truffaldinamente
sembra essere stata la regola quotidiana.
Il Vaticano ha infine scelto il commissariamento, un atto quasi dovuto, contro cui per lungo tempo con
superbia e arroganza la Congregazione si era opposta. La scelta è avvenuta in extremis e a pochi giorni dal
termine del mandato di Papa Benedetto XVI mentre veniva a galla l'ennesima distorsione di fondi. Il Vaticano
nell'annunciarla ha però detto chiaramente che di soldi non se ne parla, nessun finanziamento o
coinvolgimento diretto economico. Questo è anche un chiaro messaggio alle molte altre istituzioni
ecclesiastiche in difficoltà: vi copriremo (salvo poi lavare i panni sporchi al riparo da occhi indiscreti) e
aiuteremo, ma che non si pensi che il Vaticano ripiani i vostri debiti. Ordini e congregazioni sono incapaci di
far fronte alle difficoltà di un mondo che cambia rapidamente e di adeguarsi alle nuove regole, nella sanità
come in altri settori; spesso continuano a operare confidando nella provvidenza e nel convincimento che in
qualche modo comunque le cose si aggiusteranno. Così almeno pensavano, probabilmente, due persone tra
loro molto diverse come Don Verzè, con la sua terrena megalomania, e Franco Decaminada, anche lui uso a
comportamenti che con il celeste hanno poco a che fare.
Ora la sfida è non perdere il patrimonio di professionalità e storia che rappresenta l'Idi, capire il preciso
ammontare dei suoi debiti (quelli di San Raffaele sono lievitati a ogni aprire di dossier), studiarne un nuovo
assetto organizzativo snello e adeguato alla sua mission, sperando che qualcuno sia ancora disposto a
investire nel suo rilancio. Ma è anche giunta l'ora che, prima che si scoprano altri «Idi», qualcuno pensi a
mettere ordine e a instillare un po' di trasparenza tra i bilanci e le attività della sanità religiosa del nostro
Paese.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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RISCHI PER LA SANITÀ PRIVATA
25/02/2013
Corriere della Sera - Milano
Pag. 10
(diffusione:619980, tiratura:779916)
L'ex primario Iori, dall'ergastolo alla pagina Facebook
«Dal web proclamo la mia innocenza» La condanna? Non c'è riscontro, è parapsicologia. Voglio una finestra
sul mondo dopo 16 mesi di silenzio.
Gilberto Bazoli
CREMONA - Il grande volto di un bambino, una poesia e, nel riquadro, la foto del suo viso come non si è mai
visto durante il processo: mentre sorride. È la pagina su Facebook di Maurizio Iori, il primario oculista
dell'ospedale di Crema condannato all'ergastolo per l'uccisione, con un cocktail di Xanax e gas, di Claudia
Ornesi, la sua ex compagna, e di Livia, la bambina di due anni nata dalla loro relazione.
Iori è rinchiuso nel carcere di Cremona, in una cella che divide con altri due detenuti. Ovviamente, non è lui a
gestire direttamente il profilo sul web. «Nessun recluso - spiega la direttrice del penitenziario, Ornella
Bellezza - può dialogare con il mondo fuori attraverso i social network o twitter. L'uso dei computer è ben
regolamentato, anche da una precisa circolare del ministero. Questo non impedisce ai carcerati di poter
dialogare con l'esterno attraverso i colloqui o con il fax».
È quello che Iori fa: consegna i suoi messaggi alla moglie e agli altri familiari che vanno a trovarlo dietro le
sbarre e che poi pubblicano le sue considerazioni. Una catena per rendere possibile, come dice Marco
Giusto, il difensore del medico, «un progetto che lui aveva». E che Iori, nel suo primo post, spiega così: «Ho
aperto questo profilo per avere una finestra sul mondo. Sono stato 16 mesi in silenzio, chiuso in carcere
ingiustamente, in attesa di un processo che ho affrontato con serenità perché sono innocente».
Ma i giudici non gli hanno creduto. «Un mese fa ho ricevuto una condanna ingiusta, senza prove. Sono in
gabbia, costretto ad assistere impotente alla distruzione totale della mia vita e allo strazio di tutta la mia
grande e meravigliosa famiglia. In questa pagina, aperta il 9 febbraio scorso e resa possibile dall'impegno di
chi mi vuole bene, vorrei riportare i miei pensieri».
Come quello, di pochi giorni fa, sulla neve «che si deposita lievemente nei cortili. La posso toccare, posso
ascoltare il dolce silenzio di quando scende a formare la coltre splendente». Divagazioni dal tema ricorrente:
la sentenza. «Perché sono stato privato della libertà prima che iniziassero tutte le indagini scientifiche? scrive in un altro commento che il "postino" ha poi messo in rete -. Questo è un metodo scientifico? Si tratta
di scienza e razionalità, oppure di fantascienza e parapsicologia? Una cosa assurda».
Al momento Iori ha 74 amici. Vecchi compagni del liceo, alcuni ex pazienti, persino qualche politico locale.
C'è una persona che non ha visitato e probabilmente non visiterà mai quella pagina su Facebook: Pasqua
Facchi, mamma di Claudia Ornesi, nonna di Livia. «Mi hanno parlato del profilo, non l'ho visto. Mi sembra una
cosa ai limiti della legalità, considerata la gravità di ciò di cui deve rispondere Iori. Sapevo della sua
intenzione: ancora una volta si conferma come la mente di tutto».
In un post, Iori si rivolge anche a chi nutre «perplessità» sulla sua innocenza «Le prove contro di lui sono
schiaccianti - dice quella donna minuta dalla memoria di ferro che non si persa un'udienza -. Se spera di
convincere di non essere stato lui a uccidere, si illude: nessuno cambierà idea».
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La storia La tragedia
La mattina del 15 luglio 2011 vengono trovate prive di vita nella loro casa di via Dogali a Crema Claudia
Ornesi, 46 anni e la figlioletta Livia, di 2, nata da una relazione extraconiugale con il primario oculista
Maurizio Iori. All'inizio si pensa si tratti di un caso di suicidio allargato, dettato dal fatto che Iori aveva già
un'altra moglie.
Il processo
A ottobre 2011 viene arrestato Iori per omicidio premeditato: tutti i suoi alibi per la sera precedente la morte
di Claudia sono caduti, la commessa di un supermercato riconosce nel medico l'uomo che acquistò le
bombole di gas trovate nell'appartamento di via Dogali. A gennaio il primario viene condannato all'ergastolo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Cremona E' condannato per l'omicidio dell'amante e della figlia
25/02/2013
Corriere della Sera - Milano
Pag. 10
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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per l'uccisione di Claudia e della piccola Livia.
Foto: Dentro e fuori In alto, la pagina aperta su Facebook dal dottor Maurizio Iori e un'immagine del medico
tra i suoi avvocati scattata durante il processo davanti alla Corte d'Assise di Cremona (foto Rastelli).
25/02/2013
Corriere della Sera - Roma
Pag. 5
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Natalia, donati gli organi «Così salveremo altre vite»
La bimba caduta nel fiume e l'atto d'amore dei genitori L'incidente È scivolata nel Tevere mentre il papà
tagliava la legna: messa in salvo, era già in condizioni gravissime Florin, il papà «Aspettiamo la restituzione
del corpo. Non abbiamo soldi, qualcuno ci aiuti a riportarla in Romania»
Rinaldo Frignani
Raffiche di vento gelido spazzano il greto del Tevere. Florin e Liliana gettano pezzi di legno in un braciere,
l'unica fonte di riscaldamento sotto ponte Testaccio per i due ragazzi e per il gruppo di romeni di etnia rom
che da mesi cercano di sopravvivere così a due passi dal centro. Questa era anche la «casa» della piccola
Natalia, 14 mesi, scivolata giovedì sera nel fiume e morta sabato pomeriggio al Policlinico Gemelli. Poche ore
più tardi papà Florin e mamma Liliana hanno parlato con i medici e dato il consenso alla donazione degli
organi.
«Così salveremo la vita ad altri bambini», hanno spiegato ai responsabili del Gemelli, colpiti dal gesto dei
genitori di Natalia. «Siamo arrivati tre mesi fa da Craiova - racconta il padre della piccola, Florin Tomescu, 32
anni -, in Romania abbiamo lasciato altri quattro figli. A Roma abbiamo girato per alcuni campi nomadi, ma
non c'era posto e così siamo finiti qui». Liliana (22 anni) ha acceso una candela rosa per ricordare la
figlioletta scomparsa, e per non far spegnere la fiamma l'hanno messa in una pentola con il coperchio. Mostra
il passaporto della figlioletta: alla voce nazionalità c'è scritto «romana» - romena nella lingua madre - ma
basta leggerlo per capire che è più di un gioco del destino. Da tre giorni il papà rifiuta il cibo nonostante gli
amici gli dicano di farsi coraggio. «Non ce la faccio, con mia figlia sono morto anch'io», mormora con un
sospiro stringendosi nella felpa con il Cavallino della Ferrari, l'unico riparo dal freddo. La tragedia ha investito
all'improvviso lui e Liliana. Erano le otto di giovedì sera.
«Spaccavo un po' di legna - ricorda il giovane rom -, Natalia giocava qui intorno con il girello. All'improvviso
non l'ho più vista, l'ho cercata e l'ho vista nel fiume. Non ho pensato a nient'altro - dice ancora sconvolto - mi
sono tuffato subito e l'ho riportata a riva». Le condizioni di Natalia sono apparse subito molto gravi. Portata al
San Camillo è stata poi trasferita al Gemelli. «Nonostante il rapido intervento del papà che ne aveva
scongiurato l'annegamento, aveva purtroppo subìto un protratto arresto cardiaco», spiegano proprio dal
Policlinico. «Siamo rimasti tre giorni e tre notti in ospedale sperando che i medici la salvassero, ma non c'è
stato niente da fare - aggiunge Florin -. Adesso aspettiamo che ci restituiscano Natalia per riportarla in
Romania. Ma chiediamo aiuto, non abbiamo soldi per il viaggio in aereo. Ripeto: qualcuno ci aiuti». Fra i primi
a mettersi in moto ci sono proprio i medici del Gemelli che cercheranno di trovare un modo per stare vicini
alla famiglia di Natalia per farla tornare a casa. «Un atto d'amore, in un dramma così profondo è encomiabile
il gesto di sensibilità e di solidarietà dei genitori della piccola», è stato il commento del vice sindaco Sveva
Belviso, mentre Giovanni Barbera, presidente del consiglio del XVII Municipio, ha invece proposto di
«intitolare ponte Testaccio alla bambina».
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Il campo È uno dei primi punti sul Tevere che i vigili urbani sgomberano per sicurezza quando il fiume rischia
di esondare, dal quale è più facile scivolare in acqua. È il campo abusivo di ponte Testaccio, smantellato a
più riprese negli anni passati (a partire dal giugno 2008), ma sempre ricostruito. Ora ci vivono alcuni rom
provenienti dall'insediamento di via Candoni e da altri campi dove non c'era più posto. Sopra alle baracche
c'è solo il giardino, abbastanza curato ma sul quale vengono gettati bottiglie e rifiuti, al confine con l'ex
Mattatoio: il ricordo di un investimento del Comune di cinque anni fa, per 150 mila euro. GUARDA video e
foto a ponte Testaccio
su roma.corriere.it
Foto: Disperazione I genitori nel punto in cui è caduta in acqua Natalia
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
31
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Ponte Testaccio Quattordici mesi, morta dopo due giorni in ospedale
25/02/2013
Corriere della Sera - Roma
Pag. 5
(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Foto: Liliana, la mamma La giovane romena con il documento della figlia
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
32
24/02/2013
Il Sole 24 Ore - Domenica
Pag. 33
(diffusione:334076, tiratura:405061)
La chiave a stella del Nobel
Alberto Mantovani
Un anno fa moriva Renato Dulbecco, premio Nobel per la Medicina. Dulbecco è stato e viene generalmente
ricordato per il suo contributo a definire le basi molecolari del cancro e per la sua capacità di visione. Fu sua,
infatti, la proposta lanciata sulla rivista Science di una grande impresa scientifica: il sequenziamento
dell'intero genoma umano, superando così il tempo della corsa all'identificazione dei singoli geni che lo
compongono. Il sequenziamento del genoma umano ha costituito un passo avanti fondamentale sia dal punto
di vista della conoscenza che della applicazione in Medicina, aprendo ad esempio la strada alla
identificazione dei fattori di rischio genetico per diverse malattie e alla scoperta dei meccanismi di regolazione
fine dell'accensione e spegnimento dei geni.
Non meno importante, tuttavia, e forse più duraturo nel tempo è stato il contributo tecnologico di Renato
Dulbecco: lo sviluppo di un terreno di coltura grazie al quale far crescere le cellule in vitro in modo più
efficiente. La coltura delle cellule e dei tessuti era negli anni Cinquanta e Sessanta una vera e propria
tecnologia di frontiera, e Dulbecco mise a punto un terreno di coltura che costituiva un deciso passo avanti in
quanto consentiva di far crescere cellule di origine diversa (ad esempio del sistema immunitario o dai tumori)
in modo più facile ed efficiente. Questa sorta di «ricetta di cucina», nota come il Dulbecco's modified minimal
essential medium (Dmem) costituisce ancora oggi, a distanza di oltre 50 anni, uno dei terreni di coltura più
utilizzati, fondamentale per il progresso della Scienza e della Medicina, nei settori più diversi: delle
Neuroscienze, alla Ricerca contro il cancro, all'Immunologia. Ad esempio, senza il Dmem le terapie cellulari
contro il cancro non solo non sarebbero una realtà, ma non sarebbero neppure state pensabili. Il terreno di
coltura è infatti fondamentale per far crescere le cellule che preleviamo dai pazienti, «educarle» ad esempio
insegnando loro ad attaccare un preciso bersaglio (il cancro appunto) e poi reinfonderle nei pazienti come
una vera e propria pattuglia anticancro. Il Dmem, che nei laboratori di Fondazione Humanitas per la Ricerca,
ad esempio, tutti i miei giovani ricercatori usano quotidianamente - forse in molti casi ignorando il significato
di quella D! - è dunque un contributo di Dulbecco non meno importante di altre scoperte e visioni. Ancora, è
stata l'evoluzione dei terreni di coltura che ha consentito di ottenere in vitro ed espandere le cellule staminali
embrionali e di generare da cellule non embrionali cellule staminali pluripotenti, aprendo così la strada allo
sviluppo di una nuova frontiera, quella della Medicina rigenerativa.
Questo contributo fondamentale, ingiustamente dimenticato nelle celebrazioni, ci deve far riflettere
sull'importanza della tecnica e della tecnologia nel divenire concreto della scienza e nei reali progressi di
quest'ultima. Ci ricorda con forza tale importanza ad esempio uno spettacolo come «Itis Galileo» di Paolini al
Piccolo Teatro, che ha ben sottolineato l'importanza dell'artigianato, della tecnica e dell'impresa «industriale»,
nella storia personale e scientifica di Galileo Galilei. Da qui l'avvicinare l'acronimo di scuola professionale
(Itis) allo scienziato che dialogava sui massimi sistemi. Ancora, Primo Levi in libri come La chiave a stella ci
ha ricordato il valore e la dimensione umana della tecnica e del fare tecnologico.
Dunque tecnica e tecnici essenziali per il progresso scientifico ed addirittura - in casi come quello di Primo
Levi - per la salvezza umana. Quello della formazione tecnica è un tema centrale largamente sottovalutato
nel nostro Paese. La cultura del fare, soprattutto in un momento di crisi come questo, è fondamentale per il
progresso non solo scientifico ma anche umano e civile. È motivo di imbarazzo come, troppo spesso, i
processi di formazione di tipo tecnico siano oggetto di scarsa attenzione, e come nei corsi universitari si dia
scarsa importanza alla cultura del «sapere fare». Il «Galileo» di Marco Paolini, Primo Levi e Renato Dulbecco
ci ricordano l'importanza della cultura del fare tecnico e dei tecnici. Fare tecnico e tecnici possono apparire il
lato oscuro, meno sotto i riflettori rispetto agli scienziati, delle scoperte della scienza, che tuttavia senza di
loro non potrebbero aver luogo.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
33
La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
dulbecco (1914-2012)
24/02/2013
Il Sole 24 Ore - Domenica
Pag. 33
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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Fondazione Humanitas per la Ricerca
e Università degli Studi di Milano
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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24/02/2013
Il Sole 24 Ore - Domenica
Pag. 33
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Mortale danza di Huntington
Come è cambiata la percezione sociale di una patologia che spesso ha suscitato persecuzioni contro uomini
«violenti» e presunte streghe. Un convegno a Milano Nel 1983 il gene della malattia fu il primo a essere
mappato su un cromosoma umano grazie anche all'utilizzo del genoma di una popolazione venezuelana
Gilberto Corbellini
Esattamente vent'anni fa veniva raggiunto uno dei traguardi scientifici più importanti nella storia della
genetica umana e medica: l'identificazione, grazie all'imponente sforzo coordinato di 58 ricercatori suddivisi in
6 gruppi, del gene che quando si presenta con particolari varianti, cioè ripetizioni eccessive di una specifica
tripletta di nucleotidi, causa la còrea di Huntington. Che è una malattia neurodegenerativa rara ma devastante
e letale, la cui insorgenza ha luogo prevalentemente (ma non esclusivamente) in età adulta, mediamente
intorno a 35 anni, e si manifesta con movimenti involontari anomali e scoordinati (da cui còrea, che significa
danza), progressivo declino delle capacità cognitive e disturbi della personalità e dell'umore. Il gene codifica
una proteina, l'huntingtina, che nella forma normale concorre a numerose funzioni biochimiche e cellulari del
tessuto nervoso, mentre nelle forme alterate è tossica per i neuroni del nucleo striato: una struttura del
cervello cruciale per la modulazione dei movimenti e processi cognitivi che sono fondamentali, come la
memoria operativa, per le cosiddette «funzioni esecutive».
L'isolamento del gene faceva seguito a un'altra tappa storica per la genetica, che nel 1983 aveva visto già
protagonista la ricerca sulla còrea di Huntington: in quel l'anno, grazie alla collaborazione tra Nancy Wexler,
David Housman e James Gusella il gene implicato nella malattia era il primo a essere mappato su un
cromosoma umano sfruttando i polimorfismi del Dna, le tecniche dell'ingegneria genetica e il genoma di una
popolazione venezuelana con un'elevatissima incidenza della malattia.
Il convegno organizzato alla Bicocca di Milano sul «pensiero sociale» generatosi a partire dalle sfide culturali
generate dalla malattia di Huntington è un'occasione per riflettere sul cammino fatto, su come è cambiata la
percezione e gestione della malattia e sulle prospettive della ricerca e dei supporti socio-psicologici per
alleviare le sofferenze che essa trascina con sé.
La còrea di Huntington, porta il nome di un medico statunitense, George Huntington, che nel 1872
descriveva in modo preciso la clinica e la natura ereditaria della malattia, che si trasmette in forma
autosomica dominante, per cui i portatori del gene mutato patogenicamente si ammalano e i figli hanno un
rischio del 50% di ereditare il gene. Prima dello studio che Huntington condusse su alcuni casi ricorrenti in
famiglie di East Hampton (Long Island), usando anche le descrizioni del padre e del nonno, medici anch'essi,
che risalivano fino al 1797, questa malattia si osserva raramente. La breve durata della vita non ne
consentiva infatti sempre l'esordio. Chi però arrivava ad ammalarsi era oggetto spesso di persecuzioni. Le
donne erano accusate di stregoneria per i disturbi di personalità e i movimenti coreici, mentre gli uomini erano
stereotipizzati come dediti alla violenza, all'alcolismo e alla follia. Conseguenze tragiche dell'ignoranza e delle
credenze superstiziose delle culture locali premoderne, peraltro ancora così amate dagli intellettuali snob
occidentali.
Data l'evidente natura ereditaria e le manifestazioni neuromotorie e psichiatriche, la malattia divenne una
sorta di malattia modello per giustificare e pianificare le legislazioni eugeniche, che imponevano la
sterilizzazione obbligatoria dei portatori. La condizione era specificamente indicata per applicare la legge
nazista del 1933, che prevedeva la sterilizzazione forzata «per la prevenzione della nascita di persone affette
da malattie ereditarie». Ma anche negli Stati Uniti democratici gli eugenisti predicavano la sterilizzazione per
sradicare la malattia. L'atteggiamento fatalista e stigmatizzante ha persistito, oltre che nella società, anche
nel mondo medico ben dopo la liquidazione delle dottrine eugeniche e razziste.
Che cosa ha dato speranza e valorizzato socialmente i malati e i loro problemi, promuovendo le condizioni
che hanno progressivamente messo questa malattia al centro dell'interesse dei ricercatori e della politica
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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genetica medica
24/02/2013
Il Sole 24 Ore - Domenica
Pag. 33
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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sanitaria in occidente? Forse si può rispondere sinteticamente: la famiglia Wexler. Milton Wexler,
psicoanalista californiano morto nel 2007 quasi centenario, creò nel 1967, dopo la straziante morte della
moglie colpita dall'Huntington, la Hereditary Disease Foundation. Con l'aiuto delle giovani figlie Nancy e Alice,
entrambe a rischio di aver ereditato il gene malato, hanno arruolato influenti scienziati e generosi benefattori,
con lo scopo di promuovere la ricerca scientifica su questa malattia. La fondazione dei Wexler ha spinto con
successo perché il governo statunitense finanziasse nel 1979 il progetto della caccia al gene. E Nancy
Wexler, in origine psicologa e diventata genetista, è stata protagonista in prima persona sia della ricerca
genetica sulla popolazione venezuelana del villaggio venezuelano nei pressi del lago Maracaibo, che ha
portato a mappare e poi identificare il gene, sia del complesso lavoro di preparazione delle modalità per
offrire il test genetico quando è diventato disponibile. La preparazione di procedure efficaci per alleviare
l'impatto psicologico di un'indagine genetica presintomatica che può consegnare una sentenza di morte, ha
rappresentato un altro ambito della ricerca biomedica, quella della consulenza genetica e delle complesse
dimensioni etiche delle eventuali scelte riproduttive per l'uso della diagnosi prenatale, per cui la malattia di
Huntington ha ancora rappresentato un modello. Per la cronaca Nancy e Alice, quest'ultima autrice di
Mapping Fate (1996) e The woman who walked into the sea (2008) che raccontano l'epopea dei Wexler,
della ricerca sulla natura della malattia e di come è cambiata la percezione sociale della malattia, non hanno
fatto il test. Hanno preferito non sapere, decidendo però di non fare figli.
Le fondazioni e associazioni dedicate allo studio dell'Huntington e all'aiuto ai malati sono state, soprattutto
negli Stati Uniti, esempi formidabili di forza civile e morale. E a quei modelli si ispira l'Associazione Italiana
Còrea di Huntington (Aich) che organizza il convegno in Bicocca. Oggi il motore della ricerca è la Cure
Huntington Disease Initiative (Chdi) con sede a New York che distribuisce oltre 200milioni di euro all'anno.
Roba da far impallidire lo stato italiano, che ha stanziato un terzo per PRIN e FIRB!
Si racconta molto sulla storia tragicamente affascinante dell'Huntington, incluso quanto ha insegnato di
importante sulla biologia normale del cervello (per esempio il ruolo chiave dei gangli basali nei processi
cognitivi superiori e la sfida per capire la funzione adattativa sul piano evolutivo e fisiologico dei
poliformorfismi dell'huntingtina) e sullo sviluppo delle biotecnologie genetiche e cellulari innovative o di
modelli animali della malattia, nonché di strategie di cura tra le più avanzate in corso di studio. Ma
l'insegnamento sociale e morale più importante è aver dimostrato possibile una cooperazione scientifica
internazionale, senza precedenti per una malattia genetica peraltro molto rara, dove il cemento intellettuale è
stata la passione e la dedizione per la ricerca di base. Uno sforzo premiato con successi di portata storica. La
comunità scientifica, e chi pianifica la politica della ricerca biomedica dovrebbero guardare a questa impresa
umana come un esempio a cui ispirarsi.
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Foto: menestrello disperato Woody Guthrie (1912-1967), figura mitica della canzone folk statunitense e
autore della celeberrima «This land is your land». Ucciso dall'Huntington a 55 anni, dopo aver trascorso gli
ultimi 12 in ospedale psichiatrico
25/02/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 9
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Pagamenti, la trasparenza non va online
Gli enti disattendono l'obbligo di pubblicazione sui siti delle spese oltre mille euro in vigore da gennaio
Valeria Uva
Valeria Uva
Quanto spende il tuo sindaco? In teoria dal primo gennaio dovrebbe bastare un click per saperlo. In pratica,
invece, il sipario sui pagamenti della pubblica amministrazione non si è ancora alzato.
A distanza di due mesi dall'entrata in vigore dell'obbligo di mettere on line tutti i pagamenti oltre i mille euro
sono veramente pochissime le amministrazioni pubbliche in regola con le nuove disposizioni (articolo 18 del
Dl 83/2012).
Un censimento ufficiale non è ancora disponibile, ma un monitoraggio ufficioso, svolto dal sito «L'era della
trasparenza» e coordinato da Agorà digitale, segnala a fine gennaio un tasso di regolarità praticamente nullo:
su circa mille siti pubblici censiti sono poco più di una trentina - molte le Province - quelli con l'elenco.
Tra questi, c'è la Regione Lombardia. Il monitoraggio fornisce uno spaccato rappresentativo di tutte le
provvidenze, le fatture, le spese grandi e piccole dell'era Formigoni. Tutto visibile, fin nei minimi dettagli: dai
363mila euro richiesti dal Centro studi interregionale Cinsedo come quota associativa 2013 ai 2.860 versati
alla Royal Food (rinfresco o tramezzini?) per spese di rappresentanza. La Regione Lazio, invece, rende noti
solo i dati del microcredito, dei sussidi agricoli e per il diritto allo studio. Ancora un po' poco per l'ente di
Fiorito.
Buio pesto, poi, nelle aziende sanitarie locali lombarde. A fronte di 797 milioni di servizi acquistati (bilancio
2010), ad esempio, dalla Asl 2 di Milano, non un centesimo è ancora visibile nella sezione "Trasparenza,
valutazione e merito" dell'azienda. Zero anche per le medesime realtà di Bergamo. Ma non è un fatto
territoriale: nulla cambia, per esempio, nelle Asl di Alessandria o di Livorno.
Tra le amministrazioni centrali rispetta l'obiettivo la Presidenza del Consiglio dei ministri, ma non l'enorme
centro di spesa rappresentato dal ministero delle Infrastrutture.
L'intento della norma è chiaro: fare luce sulla gestione della spesa pubblica, sui 140 miliardi di euro solo per
gli acquisti (stima Istat), senza contare i mille rivoli dei finanziamenti e contributi a pioggia. Da qui l'obbligo di
mettere in rete, in formato aperto, qualsiasi uscita (fatture, contributi) sopra i modesti mille euro.
Alla Pa è stato dato un po' di tempo per organizzarsi di fronte alla ciclopica sfida: l'obbligo è in vigore da
agosto scorso, ma solo da gennaio è accompagnato da pesanti «sanzioni». Innanzitutto per i beneficiari dei
pagamenti: la pubblicazione preventiva degli importi è «condizione legale di efficacia del titolo» di pagamento.
In altre parole se si aggira la norma, il pagamento diventa un fatto indebito (e va restituito). Una vera e
propria spada di Damocle che dal primo gennaio pende su milioni di cittadini (e pochi lo sanno): dall'impresa
appaltatrice di un lavoro pubblico, fino allo studente che incassa il sussidio scolastico. Possono tutelarsi solo
segnalando l'inadempienza. Anche i dirigenti dell'amministrazione rischiano in proprio: per loro può scattare
la responsabilità patrimoniale e devono risarcire i danni.
Eppure l'opacità resta. «In realtà sappiamo che molte amministrazioni stanno cercando di mettersi in regola spiega Antonio Naddeo, capo dipartimento della Funzione pubblica - ma hanno difficoltà organizzative, e
nessuna risorsa aggiuntiva». Ancora più difficile per le realtà più grandi e articolate sul territorio organizzare il
flusso di informazioni e centralizzarle.
Per Ernesto Belisario di Agorà digitale a rallentare le scelte degli enti hanno contribuito «le prime bozze del
decreto di riordino della trasparenza amministrativa che sembravano rimensionare questi obblighi e
sospenderli per sei mesi». Proprio Agorà rivendica di essere riuscita «con un emendamento a ripristinare il
testo vigente». La riforma è stata approvata il 15 febbraio dal Consiglio dei ministri. Se come sembra anche si
confermerà il rigore sulla spesa non è più tempo di sconti. Dopo la stretta sui tempi di pagamento dei fornitori,
anche la mancata trasparenza sui destinatari dei soldi pubblici può costare molto cara alle amministrazioni.
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Pubblica amministrazione IL MONITORAGGIO
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Il Sole 24 Ore
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La spesa pubblica in un click
L'OBBLIGO
Dal primo gennaio di quest'anno le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali devono pubblicare sul
proprio sito nella sezione «Trasparenza, valutazione e merito» tutti i pagamenti superiori a mille euro, in
formato aperto ed editabile.
A stabilirlo è l'articolo 18 del decreto sviluppo (Dl 83/2012)
I pagamenti sono quelli effettuati, a qualsiasi titolo, a partire dalla data di entrata in vigore della norma,
ovvero dal 12 agosto 2012
I DESTINATARI
Tutte le amministrazioni pubbliche, centrali,regionali e locali, nonché le aziende speciali e le società in house
delle pubbliche amministrazioni sono le destinatarie della norma che impone loro la pubblicazione online.
A rafforzare l'importanza di adempiere c'è la precisazione che questo obbligo rappresenta diretta attuazione
dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell'articolo 97 della Costituzione
I PAGAMENTI
La norma è molta ampia e comprende i versamenti da effettuare a persone, professionisti, imprese, enti
pubblici e privati, di fatto a qualsiasi titolo. Nell'elenco dei pagamenti da rendere noti sul sito figurano infatti:
8sovvenzioni
8contributi
8sussidi
8ausili finanziari alle imprese
8corrispettivi e compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e pubblici
LE INFORMAZIONI
L'elenco dei dati obbligatori è lungo. Si tratta di:
8nome del beneficiario
8dati fiscali
8importo
8titolo in base al quale è dovuto il pagamento
8responsabile del procedimento
8modalità di individuazione del destinatario (gara, trattativa privata eccetera)
8link al progetto
8curriculum
8contratto
8capitolato d'appalto
I BENEFICIARI
Persone, imprese, fornitori tutti e enti pubblici che devono ricevere una somma superiore a mille euro da una
Pa devono verificare la pubblicazione preventiva del corrispettivo sul sito dell'ente, perché è condizione
legale di efficacia del titolo.
In altre parole, senza la pubblicazione il pagamento è illegittimo. Per evitare questo però il beneficiario
stesso può denunciare la mancata, incompleta o tardiva pubblicazione e chiedere il risarcimento del danno
LE SANZIONI
Per i beneficiari del pagamento
il rischio è che chiunque abbia interesse possa far valere l'illegittimità del versamento effettuato senza
preventiva pubblicazione sul sito.
Per la Pa l'inadempienza può essere rilevata d'ufficio dai dirigenti e dagli organi di controllo, che ne
rispondono sia sotto il profilo amministrativo che contabile e persino patrimoniale. Possono cioè vedersi
chiamati a risarcire i danni provocati all'ente di appartenenza
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Il Sole 24 Ore
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LE DIFFICOLTÀ
Le informazioni devono essere pubblicate seguendo un particolare modello, in formato tabellare aperto (in
modo da consentire il trattamento e la rielaborazione dei dati) e vanno conservate per cinque anni. Questo
impone uno sforzo sia in termini di risorse umane che tecnologico, di ammodernamento e continuo
aggiornamento dei siti. Ma né il decreto sviluppo, né il futuro codice della trasparenza prevedono però
stanziamenti per attuare queste disposizioni
I PROSSIMI PASSI
Il Dpr di riordino degli obblighi di trasparenza della Pa, varato dal Consiglio dei ministri del 16 febbraio e non
ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale, da un lato abroga la norma (articolo 18 Dl 83/2012), dall'altro ne fa
propri i contenuti (con qualche informazione obbbligatoria in meno).
Inoltre l'entrata in vigore differita di sei mesi del nuovo obbligo (prevista in una bozza) non dovrebbe più
essere confermata nel testo definitivo
25/02/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 11
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Meno risorse disponibili portano scelte più attente
Antonio
Noto L'indagine sulla propensione alla donazione realizzata da IPR si rivela, anche quest'anno, un indicatore
fedele delle più generali condizioni di vita degli italiani. A emergere è innanzitutto - non potrebbe essere
altrimenti - il peso della crisi economica nel pregiudicare le possibilità di spesa collettive, tanto sul versante
dei consumi privati, quanto su quello nobile e disinteressato della filantropia. Anche se in leggerissimo
aumento, infatti, quella dei donatori è oggi una realtà esigua, pari a circa un terzo della popolazione totale. Se
si considera che solo tre anni fa - prima del precipitare della crisi - gli individui interessati erano circa uno su
due, si ha la misura del salto indietro fatto dal Paese in questo breve lasso di tempo.
L'origine del decremento, appunto, è chiara. Evidenziata dagli stessi intervistati che, nel motivare il proprio
disimpegno, ricorrono sempre più a ragioni di impossibilità materiale. In sostanza, nella propria - più o meno
egoistica - economia dei bisogni l'astensione dal donare non è una scelta, ma una necessità. Gli indicatori di
questo impoverimento generalizzato sono anche altri: per esempio, il profilo qualitativo di coloro che
beneficiano della residua generosità concessa.
Fatto salvo il primato inossidabile degli enti per la ricerca scientifica, a essere premiate sono sempre meno
organizzazioni internazionali calate in remoti contesti di disagio e sofferenza, e sempre di più Onlus dedite
all'assistenza sociale e sanitaria all'interno dei nostri confini. Così come, nel mutato contesto, assumono
rilevanza le coordinate geografiche e anagrafiche dei donatori. Anche se mediamente sono gli individui in età
da lavoro a offrire le cifre più consistenti, l'impegno per l'altro, oggi, si concentra presso le generazioni
protette da forme di welfare ormai in estinzione e nelle aree più ricche del Paese. I donatori, va da sé, sanno
di non potersi permettere passi falsi: dunque, l'attenzione nell'individuazione dei propri interlocutori tende a
evolvere in legami stabili e difficilmente sostituibili. Chi trova "la propria Onlus", insomma, difficilmente
l'abbandona. Anche perché le opportunità allargate offerte dai nuovi media non sembrano accrescere
automaticamente la credibilità percepita delle organizzazioni. È ancora la conoscenza diretta a costituire il
primo viatico per la donazione, ed è un dato che prescinde dalla familiarità con le nuove tecnologie, dal
momento che sono proprio i più giovani a privilegiare l'assenza di mediazioni.
Nel generalizzato clima di sfiducia verso le prospettive del Paese e, per osmosi, delle proprie opportunità di
interrelazione, un segnale positivo però c'è, e proviene proprio dalle organizzazioni non profit. Che, indotte
dal mutato clima sociale e dalla magra disponibilità di risorse, investono con maggiore decisione
sull'esaustività della propria rendicontazione e sulla qualità delle proprie credenziali. Una premessa
incoraggiante per il futuro, quando in un contesto più florido e favorevole il flusso economico potrà confluire
con minore difficoltà in questo bacino di risorse essenziale e prezioso.
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L'ANALISI
25/02/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 11
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Premiati gli interventi negli ambiti di prossimità
L'indagine sulle donazioni nel periodo natalizio conferma anche quest'anno il forte gradimento e la grande
fiducia che gli italiani riservano agli enti di ricerca scientifica, premiati da più di un donatore su tre (37%). Il
dato, però, segna un arretramento rispetto al 43% dell'edizione passata. La vera novità, semmai, è l'ascesa
dal 29 al 36% delle Onlus sanitarie e assistenziali, unica categoria a presentare risultati in ascesa.
Il binomio vincente (ricerca scientifica e assistenza sanitaria) sembra accreditare l'immagine di una platea di
benefattori più attenta ai bisogni della propria sfera familiare e della comunità di riferimento. Vengono, così,
preferite le azioni di sostegno a interventi di prossimità, con ricadute più dirette, immediate e, tutto sommato,
agevolmente verificabili.
Questo trend finisce, però, con il complicare l'esistenza alle cause umanitarie e alle Onlus impegnate nei
Paesi in via di sviluppo: le opzioni in loro favore sono crollate in un solo anno di 19 punti, dal 49 al 30%,
probabilmente perché, in un contesto di minori risorse erogabili, c'è chi decide di sacrificare gli aiuti alle realtà
più geograficamente lontane.
La fase di difficoltà non risparmia, poi, nemmeno il sostegno all'infanzia: le organizzazioni che si occupano
dei minori vedono scendere la quota di donazioni dal 28% del 2011 al 20% di fine 2012 e l'andamento si
conferma negativo anche per le adozioni a distanza.
Un altro dato allarmante, che indirettamente conferma il contesto di crescente difficoltà a donare per obiettivi
lontani e non immediati, in questo caso anche nel tempo, è la riduzione all'unità percentuale delle scelte in
favore delle organizzazioni ambientali, che ancora l'anno scorso raccoglievano il 10% delle preferenze. Il non
profit che si occupa di temi ecologici finisce, così, nella pattuglia dei fanalini di coda, dove già dalle scorse
edizioni dell'indagine IPR stazionano stabilmente cause altrettanto strategiche, quali la cultura e la tutela dei
beni artistici, lo sport e il tempo libero, le attività a favore degli anziani.
Si assiste, in definitiva, a una concentrazione delle erogazioni in ambiti considerati essenziali, quali la salute
e l'assistenza: per ridare un po' di fiato anche agli altri campi di intervento c'è solo da sperare che il contesto
economico generale renda possibile un respiro meno affannoso anche nelle donazioni.
E. Si.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Le attività. Alto gradimento per ricerca scientifica e sanitaria
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Il Sole 24 Ore
Pag. 18
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Gestione del personale con il marchio di qualità
I premiati sono passati dai 28 nel 2009 ai 45 attuali
Andrea Curiat
PAGINE A CURA DI
Andrea Curiat
Ci sono aziende che prospettano brillanti carriere. Altre che offrono benefit e indennità allettanti. E altre
ancora che promettono l'ambiente di lavoro ideale per chi vuole conciliare le esigenze della vita privata e
professionale. L'obiettivo è sempre lo stesso: attrarre e trattenere professionisti di talento, junior o senior che
siano. Perché, soprattutto in tempi di crisi, ogni dipendente rappresenta per un'azienda un investimento che
deve fruttare al massimo. Anche quando l'occupazione complessiva diminuisce e le risorse per creare nuovi
posti di lavoro mancano.
Ma non sempre le promesse delle aziende corrispondono al vero. E quella che poteva sembrare una
brillante mossa di carriera rischia di tramutarsi in una decisione sbagliata. Ogni anno, la certificazione Top
Employers aiuta il mercato del lavoro a individuare i migliori datori di lavoro tra le grandi aziende attive in
Italia. Soltanto le imprese che puntano in alto, e che mantengono gli impegni in buone pratiche di gestione Hr
(human resources), riescono a ottenere il marchio di qualità riconosciuto dal CRF Institute.
L'istituto è stato fondato nel 1991 grazie all'impegno comune di accademici, giornalisti, associazioni di
mercato, ricercatori ed editori internazionali con lo scopo di condividere e diffondere le migliori procedure nel
campo Hr. Da più di due decenni emette una certificazione indipendente di qualità aziendale la cui validità è
riconosciuta dal ministero degli Affari economici olandese. In Italia, il CRF Institute è attivo ormai dal 2009 e
ha ottenuto un successo crescente presso le grandi imprese interessate alla certificazione. Si è passati così
dai 28 Top Employers identificati nel 2009 ai 45 del l'edizione 2013.
L'Information technology e l'elettronica rappresentano sicuramente i settori che hanno contribuito
maggiormente alla crescita della classifica. Dieci delle aziende certificate quest'anno sono specializzate in
questi campi di attività, forse proprio perché l'innovazione è la parola d'ordine per il loro successo e c'è
bisogno di un costante aggiornamento del personale. Ma tra i Top Employers ci sono anche società
farmaceutiche, alimentari, di abbigliamento e della Gdo, e poi ancora grandi realtà provenienti dal mondo
della finanza, della consulenza e dei servizi.
Tutte, però, si sono distinte per iniziative di formazione, programmi per fortificare lo spirito di squadra e il
benessere organizzativo, attenzione alla diversity e al work-life balance, opportunità di crescita e assessment
del personale. Il 98%, ad esempio, offre rimborsi pasto o servizi mensa ai propri dipendenti; il 79% presenta
un servizio di assistenza sanitaria convenzionata; il 40% permette l'uso privato del telefono aziendale e il
37% mette a disposizione asili nido o strutture per la custodia dei bambini. Ma c'è anche chi offre la palestra
(il 23%), un supporto finanziario al proseguimento degli studi (il 33%), un'indennità di trasferimento da casa al
lavoro (il 23%), una maternità prolungata rispetto ai requisiti legali (53%) e addirittura una struttura religiosa
interna alla sede (5%). Uno sforzo e un investimento notevoli, tutto per avvicinarsi all'ambito titolo di "luogo
ideale" di lavoro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Le 45 leader L'elenco in ordine alfabetico delle società chehanno ottenuto
la certificazione Top Employers 2013 di CRF Institute
Società Settore I punti di forza Abbott Farmaceutico Cultura, benefit innovativi, sostenibilità, impegno sociale
Accenture Consulenza e servizi Eccellenza formativa, internazionaliz., management adidas Italy Beni e
servizi di consumo Valori sportivi, engagement, fiducia, teamwork, benessere Autostrade per l'Italia
Infrastrutture Innovazione, know-how, collaborazioni con le Università avanade IT Piani di formazione mirati,
carriere femminili, partecipazione Birra Peroni Alimentare Alta priorità allo sviluppo sostenibile, forte impegno
sociale BNL Gruppo BNP Paribas Bancario Piani di crescita personalizzati, internazionalità, flessibilità British
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Lavoro. Il CRF Institute certifica i migliori datori tra le grandi aziende attive in Italia
25/02/2013
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American Tobacco Italia Tabacco Personalizzazione, valore della diversità, piani di successione Capgemini
IT Integrazione, sviluppo, spirito di squadra, competitività Cariparma Crédit Agricole Bancario Cultura, rispetto
delle diversità, sostenibilità sociale Chiesi Farmaceutici Farmaceutico Ricerca, innovazione, internazionaliz.,
work life balance Conforama Italia Grande distribuzione Comunicazione capillare, trasparenza,
personalizzazione Datalogic Elettronica Sviluppo glocal, multiculturalità, innovazione, ricerca Dedagroup ICT
Network IT Innovazione, trasparenza, crescita in team, ambiente di lavoro Electrolux Produzione Cultura,
etica, trasparenza, flessibilità, sostenibilità Elica Produzione Ascolto, confronto, internazionalità, ambiente di
lavoro Enel Energia Cultura, ambiente di lavoro, percorsi di crescita, condivisione Ernst & Young Consulenza
aziendale Formazione, internazionalizzazione, carriere femminili Finmeccanica Difesa e sicurezza Cultura,
tradizione, integrazione generazionale, globalità Goodyear Dunlop Tires Italia Automotive Dinamismo,
innovazione, velocità, condivisione, crescita Gruppo Hera Energia e multiutility Crescita personale,
valorizzazione diversità, sostenibilità Indesit Company Grandi elettrodomestici Innovazione, dinamismo,
internazionalità, carriere interne ING Direct Bancario Innovazione, trasparenza, engagement Istituto Europeo
di Oncologia Sanità Integrazione, personalizzazione, innovazione in ambito sanità International Italia Servizi
Crescita, mobilità internazionale, integrazione, cultura Mediamarket Elettronica di consumo Formazione,
spirito di squadra, benessere organizzativo Novartis Farma Farmaceutico Integrazione, internazionalità,
trasparenza, flessibilità Olympus Italia Medicale Modello organizzativo, innovazione, cultura aziendale
PepsiCo Alimentare Crescita personale, welfare, integrazione, sostenibilità Philip Morris Italia Tabacco
Formazione, internazionalità, piani di carriera, dinamismo Samsung Electronics Italia Elettronica Dinamismo,
integrazione culturale, innovazione Sanofi Farmaceutico Formazione e sviluppo, sostenibilità sociale, welfare
aziendale SAS IT Cultura, formazione, trasparenza, comunicazione, flessibilità SIA IT Innovazione, crescita
personale, flessibilità Sigma-Aldrich Chimico Innovazione, dinamismo, flessibilità, internazionalità Starwood
Turismo alberghiero Formazione, multiculturalità, valore della diversità, sostenibilità Techint Industrial
Corporation Ingegneria e sanità Formazione, competenze tecniche, innovazione, cultura Technip Italy
Ingegneria Innovazione, tecnologia, carriere, internazionalità Telecom Italia IT e telecomunicazione Cultura,
tradizione, affidabilità, formazione, work life balance TenarisDalmine Siderurgia e metalmeccanica
Formazione, mobilità internazionale, welfare aziendale Tetra Pak Ingegneria e produzione Cultura,
innovazione, ambiente di lavoro, work life balance UniCredit Bancario Cultura, integrazione multiculturale,
benefit e welfare Valeo Automotive Innovazione,formazione, tecnologia, spiritodi squadra, multiculturalità
Vitec Group Imaging Division Elettronica Crescita, internazionalità, flessibilità, work life balance Volkswagen
Group Italia Automotive Cultura, tecnologia, grandi numeri, sostenibilità
LA PREMIAZIONE
pLe 45 aziende certificate Top Employers 2013 saranno rese note e premiate ufficialmente nel corso
dell'Awards gala dinner che si terrà domani, martedì 26 febbraio, nella sala Colonne del Museo della scienza
e della tecnologia "Leonardo da Vinci", in via San Vittore a Milano.
Gli award saranno consegnati da David Plink, Ceo di CRF Institute. Sarà presente, come ospite d'onore,
Filippo Abramo, presidente Aidp (Associazione italiana direzione del personale).
Nel corso della serata Alessio Tanganelli, country manager Italia di CRF Institute, illustrerà il progetto Top
Employers e la metodologia relativa alla certificazione.
25/02/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 19
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Buone pratiche ai massimi livelli
Tra i punti di forza benefit modulari, presenza femminile, programmi di sviluppo
Cinque "top" tra i Top Employers. Sono Tetra Pak, Abbott, PepsiCo, Avanade ed Elica: le aziende che si
sono classificate ai massimi livelli, in Italia, per buone pratiche di gestione Hr. Conseguendo i punteggi più alti
nella certificazione Top Employers 2013.
Al primo posto in assoluto c'è Tetra Pak (www.tetrapak.com), multinazionale specializzata nella produzione
di sistemi per il trattamento e il confezionamento degli alimenti. Fondata nel 1952 a Lund, in Svezia, da
Ruben Rausing, e oggi controllata dalla terza generazione della sua famiglia. La sede centrale italiana di
Modena ha oltre 800 dipendenti ed è focalizzata sulla ricerca e sviluppo, oltre che sull'innovazione di prodotto
e di processo. «Per noi fiducia e flessibilità rivestono un ruolo fondamentale - commenta Ivano Selmi, ad di
Tetra Pak - abbiamo abolito il cartellino inserendo un sistema online di autogestione. Abbiamo numerose
iniziative di work life balance e pacchetti benefit modulari per i dipendenti».
Abbott, al secondo posto, rientra invece tra le principali aziende del settore salute a livello globale. Fondata a
Chicago 125 anni fa, è presente in 150 Paesi con un fatturato di circa 22 miliardi di dollari e oltre 70mila
dipendenti. In Italia è attiva dal 1949 e ha sede a Campoverde (Lt). «Ottenere la qualifica Top Employer per il
quinto anno consecutivo è il riconoscimento dell'impegno di Abbott per il benessere dei dipendenti - dichiara
Stefano Zangara, direttore delle risorse umane di Abbott in Italia -. Da noi le donne rappresentano il 28% dei
dirigenti e il 47% della forza lavoro».
Al terzo posto c'è PepsiCo (www.pepsico.co.it), seconda azienda alimentare nel mondo con un fatturato di
60 miliardi di dollari, presente in 200 paesi e con 300mila dipendenti. In Italia ha una sede a Milano e uno
stabilimento nel Nord-Est che impiegano complessivamente 200 persone. «Offriamo ai dipendenti opportunità
di crescita, di continuo sviluppo, ma anche un ambiente di lavoro aperto, rispettoso, diversificato, multigenerazionale e inclusivo» dichiara Eleonora Pagani, human resources director di PepsiCo.
Avanade (www.avanade.com), quarta tra i Top Employers del 2013, è una società specializzata nella
fornitura di servizi tecnologici aziendali. Fondata nel 2000 da Accenture e Microsoft Corp, conta 17mila
consulenti in oltre 20 Paesi. Stefano Angilella, direttore del personale di Avanade, commenta così le ragioni
del riconoscimento: «Chi entra in Avanade ha l'opportunità di inserirsi in un contesto dinamico e sfidante. Le
politiche di gestione puntano su piani di formazione e di crescita mirati, momenti di scambio di conoscenze, di
team building e di informazione interna volti a creare l'atmosfera positiva ed entusiasta che ci caratterizza».
Infine, al quinto posto c'è Elica (www.elica.it), società specializzata nella produzione di motori elettrici per
cappe e caldaie. Con 3mila dipendenti e una produzione di oltre 18 milioni di pezzi, ha 9 stabilimenti tra Italia,
Polonia, Messico, Germania, India e Cina. «Il percorso di internazionalizzazione di Elica - afferma l'ad
Giuseppe Perrucchetti - è stato accompagnato da un importante lavoro fatto all'interno. Stiamo fortemente
investendo sul processo industriale secondo il modello del world class manufacturing: l'obiettivo è rendere il
più possibile efficiente il processo per poter affrontare il mercato con prodotti qualitativamente ineccepibili e
fortemente innovativi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Politiche diffuse
1
Guida del dipendente
Utilizzata per l'integrazione delle nuove leve: specifica
politica e norme Hr dell'azienda
2
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Cinque ai vertici. Le multinazionali con i voti migliori nei settori imballaggio, salute, alimentare, consulenza e
motori elettrici
25/02/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 19
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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Corso di avvio
A inizio carriera spesso sono previsti corsi su missione, visione e valori dell'impresa
3
Sondaggi
Anche il dipendente può talvolta esprimere il suo parere tramite sondaggi o sessioni di dialogo
Attività di networking
Adottate e promosse dalle aziende con l'obiettivo di rafforzare lo spirito di squadra
5
Formazione e sviluppo
Sono previsti corsi di formazione generali e specifici; per i più giovani stage e tirocini
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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23/02/2013
La Repubblica - Bari
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Madre ricercatrice trova una cura per il figlio down grazie alla Francia
ANTONELLO CASSANO
QUESTA è la storia di una ricerca barese, fatta con i soldi di una fondazione francese, che si è guadagnata le
pagine di un'importante rivista scientifica americana. Ma è anche la storia di una ricercatrice barese che per
amore materno nei confronti di suo figlio affetto da sindrome di Down ha creduto doppiamente nel suo lavoro
e ha studiato con i suoi colleghi un modo per ridurre le sofferenze dei malati di Ds, come si chiama il malattia
in ambito scientifico. In fondo questa storia riunisce tutte le vicende dei ricercatori italiani, alle prese con pochi
soldi e molti problemi. Ne sa qualcosa Rosa Anna Vacca, ricercatrice di biomembranee di bioenergetica del
Cnr di Bari. È qui che la ricercatrice e altri tre colleghi hanno fatto una scoperta sensazionale:
l'epigallocatechina 3-gallato, non lo conoscono in molti, ma è una molecola di origine naturale, estratta dal tè
verde. I ricercatori baresi hanno scoperto che questa molecola è in grado di rallentare l'invecchiamento
precoce, tipico dei pazienti affetti da sindrome di Down. Sono trascorsi più di 50 anni dall'individuazione della
causa genetica della sindrome, ovvero la presenza di una terza copia del cromosoma 21, ma sono ancora
poco chiari i meccanismi mediante i quali questa alterazione genetica produce il quadro clinico della malattia,
tra cui proprio l'invecchiamento precoce. Di certo, nei pazienti aumenta lo stress ossidativo ed è fortemente
compromessa la funzionalità mitocondriale, che determinano il deficit cognitivo tipico della sindrome.
QUI si inserisce la ricerca barese: «Abbiamo notato che questa ha un'efficacia notevolissima e interagisce su
diverse vie di segnalazione della cellula - dice Rosa Vacca, nata a Canosa ma residente da 20 anni a
Bisceglie - e abbiamo anche notato un ripristino totale nella capacità bioenergetica dei mitocondri». Tutto ciò
presuppone grandi possibilità terapeutiche.
La molecola non è commercializzata: «Prima dell'utilizzo è necessario uno studio clinico.
Sappiamo già che diverse istituzioni stanno pensando di lavorarci per la sperimentazione sull'uomo. Nel
frattempo - dice ancora Vacca - rispondo alle molte lettere di genitori di pazienti con sindrome di Down, che
mi chiedono se possono utilizzare il tè verde. Ho spiegato a tutti loro che la scienza ha i suoi tempi, ma posso
capire benissimo la loro fretta».
I risultati della ricerca, realizzata dal Cnr di Bari in collaborazione con i dipartimenti di scienze dell'università
di Bari, Pisa e della Federico II di Napoli, sono già stati pubblicati sulla rivista specializzata "Biochimica et
Biophysica Acta-Molecular Basis of Disease". Tutto questo però non basta a risolvere i problemi. Questa
ricerca è stata realizzata grazie ai soldi giunti dalla fondazione francese "Jerome Lejeune", oltre che da una
parte di finanziamenti governativi. (a. c.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La storia
23/02/2013
La Repubblica - Firenze
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Muore all'ospedale dalla Asl solo silenzio
f.s.
IL 21 ottobre 2011 un fisioterapista di 54 anni, Ernesto Nanni, unico sostegno della sua famiglia, è morto
all'ospedale di Ponte a Niccheri poche ore dopo aver perso il controllo del suo motorino ed essere finito a
terra in via di Ripoli, a Firenze. Da allora è in corso una battaglia di perizie che non si è ancora conclusa.
Intanto la Asl di Firenze non ha mai risposto ai legali della famiglia, neppure per opporsi alla loro richiesta di
risarcimento, neanche per comunicare gli estremi della polizza assicurativa. Ernesto Nanni ha lasciato senza
alcun reddito la moglie Anna e il figlio Lorenzo, che studia all'università.
Tutti e due hanno trovato lavoretti part time per poter andare avanti. L'incidente avvenne alle 23 del 20
ottobre 2011. Ernesto Nanni arrivò al pronto soccorso coscientee raccontò ai medici di aver fatto tutto da
solo. Alle 23,45 la moglie Anna e il figlio Lorenzo furono raggiunti in ospedale da Sergio, il fratello di Ernesto,
che poi ha ricostruito quelle ore terribili. A mezzanotte videro Ernesto entrare in sala operatoria su una
barella. Dopo circa un'ora il chirurgo li informò che l'urto era stato violento, che aveva dovuto asportare la
milza, che l'intervento era andato bene e l'addome era a posto ma era stata rilevata anche una lesione al
polmone sinistro per cui era stato praticato un drenaggio e c'era anche una probabile frattura alla spalla.
Circa mezz'ora più tardi dalla sala uscì un anestesista.
Disse che «la situazione non era affatto brillante» e «si era verificato un problema di sanguinamento dai
bronchi».
VENNE disposta una Tac ma non ci fu tempo per eseguirla. Alle 2,30 Ernesto Nanni morì. Una costola rotta
aveva perforato il polmone, che si era riempito di aria e aveva finito per schiacciare e occludere i vasi
sanguigni. Secondo i consulenti nominati dagli avvocati della famiglia Niccolò Lombardi, Vincenzo De
Francoe Letizia Merciai, le lesione del polmone, che fu diagnosticata correttamente, avrebbe imposto un
immediato drenaggio, che invece fu eseguito più tardi. Troppo tardi, per la famiglia. Il consulente del pm
Paolo Barlucchi e i periti del gip ritengono invece che il medico del pronto soccorso, il chirurgo e l'anestesista,
indagati per omicidio colposo, abbiano agito correttamente. Però non hanno confutato le osservazioni dei
consulenti dei familiari. L'incidente probatorio si conclude il 27 febbraio.
Intanto la famiglia attende un cenno dalla Asl.
(f.s.)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La storia
23/02/2013
La Repubblica - Genova
Pag. 9
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Le Asl avevano chiesto una pioggia di deroghe, l'assessorato ne concede solo 18 I sindacati protestano La
replica "Il settore deve dimagrire"
GIUSEPPE FILETTO
SOLTANTO 18 deroghe per l'assunzione di altrettanti dipendenti della sanità pubblica, per poter coprire i
posti vuoti dopoi pensionamenti. Poco più di un decimo di autorizzazioni firmate dalla Regione, a fronte di 156
richieste inoltrate dalle 10 aziende sanitarie liguri per tappare i buchi in organico.
La tabella (pubblicata a fianco) racconta ancora lacrime e sangue. Basti leggere che dei 7 medici e dei 6
dirigenti medici chiesti dalla Asl Tre di Genova, l'assessorato regionale alla Sanità ha autorizzato zero
assunzioni. Che per i 24 infermieri e tecnici invocati dalla Asl 5 di La Spezia non è giunta alcuna deroga. La
stessa sorte è toccata alle 6 assunzioni di medici ed alle 27 per infermieri avanzate dall'ospedale Galliera.
Ancora, le 22 richieste del "San Martino-Ist", completamente ignorate. «Un disastro annunciato, che si
riverserà pesantemente sul servizio pubblico ed inevitabilmente sull'utenza - sentenzia il sindacalista Mario
Iannuzzi, segretario provinciale della Fials -.
Inoltre, delle 18 assunzioni autorizzate, almeno 8 sono deroghe già concesse nel 2012 e non utilizzate dalle
varie aziende sanitarie». D'altra parte, la giunta regionale a chiusura del 2012 ha approvato la delibera 1553,
con la quale blocca le assunzioni del personale di tutti i ruoli, compresi i contrattia tempo determinato, di
collaborazione continuativa, dei liberi professionisti ed ogni altro incarico. Il provvedimento in un solo colpo
cancella ogni tipo di contratto, compresi quelli atipici, gli interinali, sui quali ormai si reggono tanti servizi
ospedalieri.
Un provvedimento proposto dall'assessore regionale Claudio Montaldo, che secondo quanto sostengono i
sindacati di categoria metterebbe in ginocchio la sanità pubblica, minacciando la chiusura e la cancellazione
di interi servizi. Tant'è che fino all'ultimo si è sperato che la Regione confermasse le condizioni del 2012,
richiamasse la legge nazionale, cioè il Decreto-Monti, che stabilisce 4 assunzioni su 10 pensionamenti. Così
non è stato, in Liguria è passata l'interpretazione più restrittiva, e le ragioni sono spiegate dal direttore
dell'assessorato regionale alla Sanità. «Lo scorso anno, per arrivare ad un equilibrio di bilancio economico,
tra le voci abbiamo inserito la riduzione di personale - precisa Franco Bonanni - nel 2013 valutiamo un'uscita
di 250 dipendenti, mentre le aziende ci hanno chiesto deroghe per un numero superiore». Per i primi sei mesi
del 2013, infatti, la domanda è di 156 posti. Si ipotizza che sia altrettanta per il secondo semestre. «Non
vogliamo giocare sulla pelle della gente - dice Bonanni - ma si sta cercando di sopravvivere, tanto che
cercheremo di firmare le autorizzazioni in rapporto ad uni sistema di controllo del carico di lavoro dei vari
reparti. Anche se ci rendiamo conto che la riduzione di personale non è più contraibile». © RIPRODUZIONE
RISERVATA GENOVA.IT Servizi sul sito di Repubblica Genova PER SAPERNE DI PIÙ
www.regione.liguria.it genova.repubblica.it Medici e Dirigenza di cui autorizzati Comparto di cui autorizzati
ASL 1 Imperia ASL 2 Savona ASL 3 Genovese ASL 4 Chiavari ASL 5 la Spezia S. Martino Ist.
Gaslini Galliera Evangelico TOTALE Fonte: Aziende e Regione Liguria
Foto: Deroghe richieste dalle aziende per le assunzioni 2013 Primo semestre
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Sanità, la Regione nega 138 assunzioni
24/02/2013
La Repubblica - Genova
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
La Regione risparmia 40 milioni di euro. Ma i sindacati attaccano "Colpiti soprattutto infermieri e tecnici e le
conseguenze sono sotto gli occhi di tutti"
GIUSEPPE FILETTO
MILLE e cento posti di lavoro spariti, cancellati nel corso del 2012 nelle strutture della sanità pubblica.
Un'operazione di "chirurgia finanziaria" che ha permesso alla Regione di risparmiare più di 40 milioni di euro.
Lo dice quasi con orgoglio Franco Bonanni, direttore dell'assessorato regionale alla Sanità, che però ricorda
come tutto questo sia stato dettato dalla necessità di ottenere il pareggio di bilancio: in linea con la spending
review. Anche se Bonanni confessa che "non si può più giocare sulla pelle della gente". All'inizio del 2011 i
dipendenti delle 10 aziende sanitarie liguri erano 27.200. Alla fine del 2012 ne sono rimasti 26.100. Mille e
cento persone, tra medici, infermieri, tecnici, Osa, amministrativi che sono andati in pensione oppure si sono
dimesse volontariamente (si contano sulle dita di una mano) e che secondo il Decreto-Monti non sono stati
rimpiazzati. «C'è ben poco da commentare - dice Mario Iannuzzi, segretario provinciale della Fials - è un
taglio che colpisce tutti, ma soprattutto infermieri, tecnici ed Osa: le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti,
con aumenti dei carichi di lavoro, crescita esponenziale degli straordinari, riduzione dei minimi di sicurezza
nell'assistenza diretta». Di fronte al blocco delle assunzioni, di contratti che avrebbero potuto rimpinguare i
vuoti in organico, fino all'ultimo si è sperato che vi fosse un recupero con la concessione di deroghe.
Nella delibera, adottata a fine dicembre dalla giunta regionale, era stata scritta la clausola secondo la quale
si sarebbero potute chiedere autorizzazioni per assunzioni straordinarie, in settori particolarmente critici e in
sofferenza. Si è atteso che la Regione concedesse ai direttori generali la possibilità di firmare contratti anche
temporanei o interinali per il 2013. La "fucilata" è giunta nei giorni scorsi, quando Claudio Burlando e
l'assessore Claudio Montaldo hanno respinto 138 richieste, avanzate dalle cinque Asl e dalle altrettante
aziende ospedaliere. Per il primo semestre ne hanno accolte soltanto 18, di cui 8 erano state concesse già
nel 2012 e non utilizzate dalle varie aziende sanitarie.
Così, il San Martino si è visto ignorare tutte le 22 richieste; zero assunzioni anche per la Asl Tre Genovese;
così come per le 25 istanze della Asl Cinque della Spezia; 6 le domande di assunzione di medici e le 27 di
infermieri che avrebbe voluto fare l'ospedale Galliera. PER SAPERNE DI PIÙ www.regione.liguria.it
genova.repubblica.it
Foto: Una foto simbolica di medici in corsia
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Sanità, nel 2012 tagliati 1.100 posti
24/02/2013
La Repubblica - Palermo
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Atenei a caccia di baby-cervelli I fuori sede sono 36 mila
LORENZO TONDO
LA CACCIA allo studente è appena cominciata. Armati di tutor, depliant informativi e parole come futuro e
prospettive, le più prestigiose università del Centro nord invadono i licei dell'Isola alla ricerca di nuove reclute
tra i giovani prossimi alla maturità. Conseguito il diploma si vola sempre più altrove. Nei grandi centri di
arruolamento dei migliori atenei italiani.
Milano, Bologna, Padova, Torino. Ma anche Pisa, Roma e Siena. È lì che quasi tre su dieci neo-diplomati - e
le loro famiglie - investono le risorse per il futuro. E non solo. L'esodo dei baby cervelli lascia una Sicilia
sempre più acefala, incapace di trattenere i suoi talenti per rimpolpare - di contro - le finanze dei grandi poli
universitari. Più organizzati, più efficienti gli atenei al di là del Mezzogiorno. Troppo lenti e caotici, al
confronto, quelli siciliani. LORENZO TONDO A PARLARE sono i dati: quello relativo alla classifica delle
migliori facoltà, stilata dal Censis in collaborazione con Repubblica, vede l'Università di Palermo e Catania
rispettivamente al settimo e al nono posto sugli 11 mega atenei, con più di 40.000 iscritti. Quattordicesima
l'Università di Messina sui 15 poli con meno di 39 mila studenti.
LA FUGA IN NUMERI Secondo i dati ufficiali del ministero dell'Istruzione, sono circa 36.000 gli universitari
siciliani fuorisede, quasi il 25 per cento dei 167.000 residenti dell'Isola che attualmente proseguono gli studi
dopo il diploma. E sono il 38 per cento in più rispetto al 2007: un esercito di "scappati" grande quanto
Monreale. Per convincerli a restare non bastano nemmeno le tasse, secondo Federconsumatori più basse
quelle degli atenei siciliani di quasi il 70 per cento rispetto al Nord per le fasce più alte di reddito. Un
esempio? Per iscriversi all'Università di Parma gli studenti devono pagare una retta annua di 1005 euro per le
facoltà scientifiche e di 890 per quelle umanistiche. Una tassa chea Palermo varia in media dai 150 ai 300
euro. Poco importa. L'esercito di siciliani in fuga non bada a spese e lascia ogni anno nelle casse di due tra le
più prestigiose università private, come la Luiss e la Bocconi, quasi 12 milioni di euro. Un dato
impressionante se si pensa che nel 2011 i fondi statali destinati alla ricerca dell'Università di Palermo erano di
appena 1,2 milioni.
Nelli Scilabra, il neo-assessore alla formazione, studentessa classe '83, da tanti anni in prima linea nella
rappresentanza degli universitari, parla di «vero e proprio dramma che impoverisce anno dopo anno la Sicilia.
Stiamo lavorando a una legge sulla ricerca scientifica.
Dobbiamo arginare il fenomeno o perderemo i nostri migliori talenti».
LE METE PREFERITE La meta più battuta è il Lazio con 10.000 studenti. Qui, la Sapienza di Roma conta
circa 3000 iscritti provenienti dall'Isola. L'università con il maggior numero di siciliani è Pisa (3350).
Bologna ne ha 1948, Torino 1363. Padova ne conta 829 e la Bocconi di Milano 800. Sono invece 200 gli
immatricolati alla Bicocca e 555 quelli della Luiss, dove l'Isola si conferma ancora una volta bacino privilegiato
di provenienza delle domande di ammissione: quelle della provincia di Palermo sono il 93 per cento in più
rispetto allo scorso anno. In aumento anche le province di Catania (più 33 per cento), Messina (più 21,1 per
cento) ed Enna (più 67 per cento). Cataldo Salerno, psicologo ed ex presidente della Provincia di Enna, tra i
fondatori dell'Università Kore, punta l'indice sulle «scelte accademiche degli studenti dettate dalla crisi. «Negli
ultimi anni - spiega Salerno - i neo-diplomati siciliani hanno privilegiato le facoltà dell'area sanitaria. Medicina,
infermieristica, fisioterapia. Sono corsi di laurea che in un periodo di crisi come questo possono assicurare
più delle altre un lavoro stabile. La Sicilia non ha la capacità di assorbire le richieste.
Dovrebbe triplicare le sue strutture per accoglierle tutte».
A CACCIA DI STUDENTI Oltre a medicina e infermieristica, in pole position anche economia e commercio,
marketing, giurisprudenza e psicologia. Il reclutamento delle università del Nord comincia nell'Isola. Parole
come finance, meeting e management circolano sempre più frequentemente frai liceie le sale conferenze
siciliane dove le università private promuovono i loro corsi agli studenti, presentando piani di studio e
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Inchiesta in Sicilia
24/02/2013
La Repubblica - Palermo
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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opportunità di lavoro all'estero. La Bicocca di Milano lo ha già fatto lo scorso ottobre. Due settimane fa è stato
il turno della Bocconi, con il tutto esaurito nella sala Wagner dell'Hotel delle Palme, mentre la Luiss, cinque
giorni dopo, all'istituto Cusmano ha incontrato i genitori dei ragazzi interessati alla loro offerta accademica. «I
fondi destinati alle università scarseggiano - spiega Gianluca Salemi, palermitano doc laureato alla Luiss e
oggi responsabile dell'orientamento dell'ateneo - ed è anche normale che molte di loro abbiano incrementato
la "pubblicità" nelle altre regioni. Il rischio però è che questi incontri rischiano di scadere in una sorta di
televendita di pentole. Per noi della Luiss non è così. A parlare sono numeri e classifiche».
CHI SONO I "FUGGITIVI" Seguendo un trend evidenziato qualche mese fa in un rapporto dalla Banca
d'Italia, anche in Sicilia più di tre quarti dei laureati proviene dalle famiglie con redditi superiori ai 50 mila euro
all'anno. Sono i rampolli di medici e avvocati. Figli di liberi professionisti e vertici dell'amministrazione
pubblica. Chi, insomma, può permettersi rate annue anche di 10 mila euro. È il caso di Antonino Clemente,
20 anni, figlio di un dirigente della Regione, che non ha mai preso in considerazione la possibilità di studiare
nella sua terra. Frequenta un corso di laurea in Scienze Politiche alla Luiss di Roma e vorrebbe trasferirsi alla
Bocconi. «Mia madre insegna all'Università di Palermo - dice - Ed è stata lei la prima a sconsigliarmi di
rimanere qui».
LA SPESA DELLE FAMIGLIE Ma quanto costa mantenere gli studi di un figlio "fuorisede" alle famiglie
siciliane? Secondo un'indagine di Federconsumatori mamma e papà spenderebbero annualmente circa
10.000 euro muovendo un mercato che si aggira intorno ai 360 milioni. È la cifra che le famiglie siciliane
sborsano ogni anno per dare un futuro al di là del Mezzogiorno ai propri figli.
Dall'affitto - più alti i costi al Centro nord (3600 euro all'anno) - al cibo (2860). E poi ancora tasse (1.100), libri
(390), trasporti (145) e tempo libero (2000 euro). Una spesa pari al 29 per cento del budget familiare medio.
«È un grosso sacrificio», dice Rosaria Puglisi, impiegata nel settore pubblico, una delle tante mamme
presenti all'incontro organizzato dalla Luiss all'istituto Cusmano di Palermo. «Un sacrificio - continua- che
sono dispostaa fare per dare un futuro a mio figlio. Questa città è diventata invivibile anche per me. Se avessi
io 18 anni e la possibilità di andarmene lo farei. Non è solo un investimento. È il più importante degli
investimenti per una famiglia».
QUANDO L'ITALIA STA STRETTA Ma non c'è solo il Nord.A far concorrenza alle Università dell'Isola ci siè
messa anche L'Europa. Aumenta il numero degli studenti siciliani diretti in Inghilterra, Francia, Spagna,
Scozia e Irlanda per proseguire gli studi. Giovani con la "patente d'alto mare". Quelli d'ampi orizzonti, a cui
sta stretta anche l'Italia. Come Rosangela Tuso, che pensa ad un corso in gestione dei Musei a Nottingham.
O Francesco Gallerano, partito a Madrid per un corso di laurea in odontoiatria. Ed è proprio la penisola
iberica, insieme alla Romania, la destinazione più battuta dagli studenti siciliani delle aree sanitarie
(infermieristica, tecnici di radiologia). Ad oggi infatti sono circa 1600 i giovani partiti dalla regione per
intraprendere corsi di specialistica e master in Spagna. Quasi 1400 in Romania. Le cifre della fondazione
Migrantes stimano intorno ai 60.000 il numero degli studenti italiani in giro per il mondo, fra chi ha scelto di
iscriversi ad un ateneo straniero e chi, invece, è partito in Erasmus. Circa il 18 per cento viene dalla Sicilia.
Scarseggia invece l'appeal degli atenei siciliani anche fra gli studenti delle altre regioni italiane. Escludendo
l'Università di Messina, facilmente raggiungibile dagli universitari calabresi, a Catania e Palermo la
percentuale degli studenti provenienti da altre regione è dello 0,7 per cento.
PERCHÉ PARTIRE? La risposta è forse da ricercare nelle recenti fotografie scattate da Censis e Svimez
sulle condizioni sociali della regione. Una disoccupazione che sfiora il 20 per cento. Quando c'è, il lavoro, una
volta su 5 è in nero. Uno studente su quattro che lascia gli studi prima della laurea. Sicilia al palo anche per
numero di laureati in ambito scientifico-tecnologico: appena 8,6 persone ogni mille abitanti. Un individuo su 3
è costretto a vivere con un reddito mensile inferiore ai mille euro. E la generazione dei Neet (Not in
Education, Employment or Training), ovvero i giovani di età compresa tra 15 e 29 anni che non studiano e
non lavorano, che qui raggiunge il 35,7 per cento. Dato che supera il 37 per cento se si considera solo la
componente femminile. È questa la Sicilia abbandonata dalle sue menti. La stessa che difficilmente li vedrà
24/02/2013
La Repubblica - Palermo
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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far ritorno.
I costi
Diecimila euro annui di spese e altrettanti di tasse e iscrizione Studiare oltre lo Stretto è una scelta riservata
ai ricchi?
360
MILIONI DI SPESA È il mercato mosso dalle famiglie dei fuori sede: 10 mila euro annui l'una
167
MIGLIAIA DI ISCRITTI È il totale dei residenti in Sicilia che prosegue gli studi dopo il diploma
38%
L'AUMENTO Dei fuori sede dal 2007 al 2012PALERMO.IT
Sul sito Internet di Repubblica Palermo suggerimenti e commenti all'Inchiesta in Sicilia
3350
A PISA È l'ateneo con più siciliani
800
ALLA BOCCONI Gli iscritti che provengono dalla Sicilia
PER SAPERNE DI PIÙ www.palermo.repubblica.it www.studenti.it
Foto: LE IMMAGINI Casa e testi sono tra le maggiori voci di spesa per gli studenti fuori sede A destra Nelli
Scilabra e Cataldo Salerno
25/02/2013
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 45
(diffusione:556325, tiratura:710716)
La fabbrica del genio
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI
NEW YORK Èl'equivalente della gara nello spazio che appassionò il mondo negli anni Sessanta e Settanta.
Allora Stati Uniti e Unione sovietica si contendevano il primato nelle esplorazioni astronautiche. Le due
superpotenze di oggi, America e Cina, si sfidano per la conquista di uno spazio molto più vicino: il cervello
umano. Uno dei frutti di questa competizione potrebbe essere una Fabbrica dei Geni. La costruzione in
laboratorio di super-cervelli: non computer, esseri umani. Il sogno del Superuomo è a portata di mano, con
tutte le angosce e le controversie etiche che questo può sollevare.
Nonè un caso che nella stessa settimana siano uscite qui in America due notizie. Da una parte, Barack
Obama ha annunciato " The Brain Activity Map ", piano decennale per la mappatura del cervello umano. È un
progetto che ricalca da vicino la ricostruzione del genoma umano, ma applicato alla nostra materia grigia. Ed
è il più ambizioso piano federale per la ricerca scientifica che venga lanciato da molti decenni a questa parte.
Incorpora altri sforzi già avviati da tempo, come lo Human Connectome Project (Harvard e Washington
University) che studia le "autostrade neuronali" e tutte le connessioni a livello cellulare che sono l'architettura
portante dell'attività cerebrale.
In contemporanea, il Wall Street Journal ha svelato il progetto cinese per scoprire «la chiave genetica
dell'intelligenza», andando a esplorarne il centro di ricerca di avanguardia. È un laboratorio pubblicoprivato
con sedi a Hong Kong e Shenzhen.
(segue dalla copertina) Lo dirige un enfant prodige della biogenetica, il ventenne Zhao Bowen, che è già
stato definito «il Bill Gates cinese». L'organizzazione più direttamente coinvolta è la Bgi, azienda privata ma
che tra i suoi azionisti ha diversi enti di Stato compreso il governo del Guangdong (la più ricca provincia della
Repubblica Popolare).
In un solo laboratorio di Hong Kong, descritto nell'inchiesta del Wall Street Journal, un centinaio di supercomputer con software specializzati per ricostruire la sequenza dei geni, sono al lavoro su 2.200 campioni di
Dna. Tutti prelevati da individui con un'intelligenza fuori del comune. Dal mondo intero. Il criterio di selezione
per quei campioni di Dna è semplice: i "donatori" devono avere un "QI" (quoziente d'intelligenza) superiore a
160. Per capire quanto l'asticella sia stata messa in alto dai ricercatori cinesi, basta ricordare che il quoziente
d'intelligenza medio è fissato a quota 100 per la popolazione mondiale. La media dei premi Nobel è a quota
145. Un QI a 160 si riscontra solo su un individuo ogni 30mila abitanti del pianeta.
La finalità del progetto cinese è chiara: scoprire i fattori genetici che spiegano queste intelligenze al di fuori
del comune. E naturalmente non si tratta di una curiosità fine a se stessa. Una volta individuato «il Dna del
genio», si apre la sfida successiva: come sfruttarlo, identificarlo prima della nascita, eventualmente replicarlo
in provetta? Ecco la Fabbrica dei Geni. Naturalmente non mancano le obiezioni. Una volta messo a punto il
"kit" per la diagnosi precoce delle intelligenze superiori, andremo verso una società sempre più gerarchica e
ineguale, con percorsi di carriera riservati fin dalla nascita ai cervelloni? Chi può impedire che di queste
informazioni s'impadroniscano le aziende a fini di reclutamento, selezione del personale? Prima ancora di
arrivare sul mercato del lavoro, sarà il sistema scolastico e universitario a rimodellarsi secondo "classi
differenziate", velocità di apprendimento pre-determinate in base alla genetica? Non è un caso che la
Fabbrica dei Geni stia vedendo la luce in Cina: una società che ha portato fino alle estreme conseguenze la
visione darwiniana applicata all'economia, la competizione sfrenata per il successo economico, la
meritocrazia esasperata nelle università. La selezione della specie nel capitalismo cinese si sposa con
un'antica cultura delle gerarchie etniche, il razzismo verso le minoranze. Ma la Fabbrica dei Geni della Bgi, a
cavallo tra Hong Kong e Shenzhen, non è un progetto esclusivamente cinese, tutt'altro. Attira attenzione e
risorse anche dalla superpotenza rivale. Agli americani fa comodo poter delocalizzare delle ricerche
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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R2 È l'ultima sfida tra super potenze. Usa e Cina alla conquista del cervello umano. Costruito in laboratorio.
Con qualche rischio
25/02/2013
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 45
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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genetiche ad alto tasso di controversia, in un paese come la Cina dove ci sono meno controlli, meno remore
etiche, zero resistenze religiose (è già accaduto qualcosa di simile per la ricerca sulle staminali). Così la
Fabbrica dei Geni si avvale della collaborazione di uno scienziato fisico cino-americano, Stephen Hsu che si
è formato alla University of Oregon e ora dirige tutte le attività di ricerca alla Michigan State University. Un
altro scienziato occidentale coinvolto in quel progetto è Robert Plomin, studioso di "genetica del
comportamento umano" al King's College di Londra.
Grazie a loro, i campioni di Dna usati nel laboratorio di Hong Kong non sono soltanto cinesi. I migliori
quozienti d'intelligenza dell'Occidente sono ben rappresentati nella campionatura genetica. Per la parte
cinese, Zhao Bowen ha attinto soprattutto ai giovani che partecipano annualmente alle "Olimpiadi di
matematica" organizzate nel suo paese. Il Professor Plomin del King's College ha raccolto campioni di Dna
negli Stati Uniti attraverso un progetto chiamato "Study of Mathematically Precocious Youth" che da
quarant'anni va a caccia dei piccoli geni della matematica fin dalla più tenera infanzia. Il professor Hsu a sua
volta ha lanciato appelli per reclutare donatori volontari in varie istituzioni: tra i dipendenti di Google, al
California Institute of Technology, all'Accademia delle Scienze di Taiwan. È importante che il materiale
genetico raccolto sia molto vasto. Gli scienziati coinvolti in questa ricerca pensano che si debba partire
almeno da diecimila individui per ottenere risultati affidabili.
Di fronte alla Fabbrica dei Geni cinesi, com'è stata svelata al pubblico dal Wall Street Journal, un'obiezione
forte è stata espressa dallo scienziato Jeremy Gruber a nome del Council for Responsible Genetics di
Cambrdige, associazione che "vigila" sull'etica della ricerca. Secondo Gruber «il mondo della genetica è
tuttora dominato da tendenze di pensiero deterministiche», c'è quindi il rischio che la ricerca sull'intelligenza
si traduca in forme di discriminazione. I fautori della Fabbrica dei Geni non la pensano così, e sottolineano
l'aspetto opposto: per esempio la possibilità di individuare precocemente attraverso i test genetici quei
bambini che hanno difficoltà di apprendimento, per dedicargli attenzioni e metodi pedagogici adeguati.
Un'obiezione più fondamentale riguarda la misurazione del genio: i test sul quoziente d'intelligenza sono stati
più volte contestati, la loro validità universale incontra molti detrattori. Forme di genio artistico e letterario
rischiano di sfuggire a una misurazione che sembra dominata dalla dimensione scientifico-matematica. Il
piano di Obama da questo punto di vista è più rassicurante. La mappatura del cervello umano annunciata
dalla Casa Bianca, si prefigge in partenza degli importanti obiettivi medici. La cura del Parkinson e
dell'Alzheimer, figura tra le priorità individuate dal presidente. Con una longevità media che continua ad
allungarsi, "far durare" un cervello sano diventa un problema di massa, che ha ricadute sociali ed
economiche di grande importanza. Prevenire le malattie cerebrali più distruttive, o allevare eserciti di
intelligenze superiori? La sfida per la conquista della materia grigia è appena cominciata. © RIPRODUZIONE
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PER SAPERNE DI PIÙ www.genomics.cn/en www.mensa.it
25/02/2013
La Repubblica - Firenze
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Chiude l'Opg ma la villa diventerà un carcere
LAURA MONTANARI
IL CONTO alla rovescia è di quelli che tolgono il fiato: entro il 31 marzo l'Opg di Montelupo Fiorentino,
l'ospedale psichiatrico giudiziario, dovrà chiudere e trovare una sistemazione adeguata per i suoi detenuti
pazienti. Trentacinque sono quelli toscani, gli altri torneranno nelle regioni di appartenenza: Liguria,
Sardegna, Umbria. Sono circa cento gli attuali pazienti dell'Opg: il 30% degli ospiti di Montelupo hanno reati
di omicidio alle spalle, gli altri lesioni, maltrattamenti, rapine.
Sono tutti uomini e tutti hanno bisogno di trovare strutture attrezzate per curarli. Domani al ministero si terrà
una riunione con gli assessori regionali per fare il punto sulla situazione.
«Stiamo pensando di creare piccoli centri per venti pazienti al massimo - spiega il dottor Franco Scarpa,
psichiatra che è stato per anni direttore dell'Opg e che adesso è responsabile di una unità operativa della Asl
11 - i luoghi distribuiti nelle varie aree vaste, saranno strutture sanitarie in grado di seguire meglio i pazienti
con problematiche anche gravi». Fra le location accreditate c'è una struttura a San Miniato nell'empolese.
Altre strade invece sono ancora da esplorare. Fra i pazienti che dovranno rientrare in Toscana anche una
donna attualmente ospite a Castiglione delle Stiviere. La struttura di Montelupo, antica (era una villa
medicea), è inadatta a curare quel genere di pazienti, ma non resterà abbandonata. «Noi ci auguriamo non
torni ad essere un carcere» spiega il sindaco Rosanna Mori.
«AVEVAMO sollevato da tempo il problema della inadeguatezza di quella struttura, adesso ci auguriamo che
la villa medicea venga destinata ad usi diversi». Un augurio che probabilmente non è destinato ad andare in
porto dal momento che il provveditore della Toscana all'amministrazione carceraria, Carmelo Cantone
spiega: «Il progetto è di sostituire l'Opg con una struttura di reclusione per detenuti con lunghe condanne, ma
con un basso livello di pericolosità». Cantone spiega anche che nell'area dell'Opg si è creata una
interessante interazione fra carcere e associazioni di volontariato che non va dispersa perché è in qualche
modo un patrimonio di esperienza e collaborazione che può essere applicato anche a realtà diverse e che
aiuta chi è detenuto a relazionarsi con il mondo esterno.
C'è anche un'altra possibilità: l'ospedale psichiatrico giudiziario ha diversi padiglioni (in tempi non lontani ha
ospitato anche 180 detenuti-pazienti), in uno, ancora da individuare, verrebbe realizzato un centro di
osservazione psichiatrica con al massimo una capienza di dieci letti. Si tratta ospitare detenuti per esempio
che hanno dato segni di squilibrio mentale e che da un istituto carcerario classico potrebbero avere bisogno
di un'assistenza diversa, più di carattere sanitario. Ma l'urgenza in questo momento è quella di individuare sul
territorio toscano due o tre luoghi in cui creare le nuove strutture per l'assistenza e cura di chi è ancora
«prigioniero» dell'Opg. Il tempo ormai è poco, il 31 marzo è dietro l'angolo.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Il caso
23/02/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 18
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Tumore alla prostata c'è la terapia in 5 giorni
MILANO Cinque giorni contro le consuete 8 settimane. È la cura «express» contro il tumore alla prostata
lanciata a Milano dall'Ieo (Istituto europeo di oncologia) di Umberto Veronesi. L'idea è quella di
«bombardare» con armi intelligenti e super distruttive il tumore. Lo strumento, presentato ieri all'Irccs, è una
radioterapia superconcentrata che esaurisce un intero ciclo di cura in 5 sedute, durante le quali si raggiunge
una dose molto alta (pari a 7 Gy contro i 2 di una normale seduta). La cura vale in totale 35 Gy, potenza
necessaria per eradicare il tumore, che equivale agli 84 Gy di un trattamento convenzionale dato in 6
settimane. La radioterapia rapida si somministrerà a pazienti selezionati in base alla tipologia di tumore da cui
sono affetti, al centro Arc dell'Ieo che riunisce le apparecchiature più moderne per trattamenti radioterapici di
alta precisione (10 pazienti hanno seguito questo protocollo in istituto). Ogni seduta dura 40-45 minuti: circa
80-90 impulsi sono scatenati contro il tumore contemporaneamente e con forza diversa, maggiore dove c'è la
malattia. Le percentuali di guarigione a 5-10 anni sono sovrapponibili alla chirurgia: si aggirano al 95-96%. Il
tumore della prostata (25 mila nuovi casi l'anno; un uomo su 16 si ammala, dopo i 65 anni 2 su 3), «sarà
presto una malattia curabile nella maggioranza dei casi con un'ottima qualità della vita - ha dichiarato
Umberto Veronesi, direttore scientifico dell'Ieo - Grazie a una diagnosi precoce efficace e a trattamenti brevi e
oncologicamente radicali come la radioterapia robotica in 5 giorni, terapia che ci ha visto primi in Italia e tra i
primi in Europa, possiamo garantire un rapido recupero e il ritorno alla vita personale, familiare e lavorativa
con minimi effetti collaterali».
Foto: Innovazione
Foto: La cura «express» dell'Istituto europeo di Oncologia di Umberto Veronesi richiede 5 giorni invece delle
consuete otto settimane
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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LA NUOVA TECNICA DELL'IEO DI VERONESI
24/02/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 6
(diffusione:309253, tiratura:418328)
L'URGENZA DI RINNOVARE GLI OSPEDALI
UMBERTO VERONESI
Il sistema sanitario pubblico nazionale, che posiziona il nostro Paese fra quelli più civilmente avanzati al
mondo, non e' in discussione. Questo è il punto fermo e positivo emerso dai programmi elettorali per la
sanità. Certo, occorre far fronte a risorse limitate, che ci obbligano a trovare soluzioni che innovino la sanità
pubblica senza tradirne i valori. Fra le proposte più coerenti c'è l'abolizione dei ticket su visite ed esami, che
sono una tassa ingiusta sulla malattia: chi è più malato più paga. La nostra Costituzione parla chiaro: lo Stato
assicura cure gratuite agli indigenti. Ci indica così la via: i ticket vanno pagati in base al reddito e dunque i più
abbienti devono contribuire di più. Ci sono inoltre possibilità concrete per recuperare risorse, solo accennate
in campagna elettorale e invece da assumere come impegno. La prima è ridurre le spese per gli armamenti e
la Difesa. Il successo della mobilitazione contro l'acquisto dei cacciabombardieri F 35 - che ci costerebbero
15 miliardi di euro - ha dimostrato che i cittadini sono ben consapevoli che gli sprechi non avvengono solo
nella gestione di alcuni ospedali o nella prescrizione dei farmaci. A parte l'aspetto finanziario, altre proposte
ottime per innovare il sistema pubblico sono state il potenziamento della prevenzione ed educazione alla
salute e la valorizzazione dei medici di famiglia, che devono dimenticare il ruolo di prescrittori per diventare
«custodi della salute» e organizzarsi in studi associati con apparecchiature diagnostiche di base. Ciò che non
ho letto nei programmi e invece in molti vorremmo, è un rinnovamento profondo del sistema ospedaliero. La
nostra eccellenza nella ricerca e nella cura merita ospedali eccellenti perché tutti ne usufruiscano: efficienti e
soprattutto più umani, che mettano il paziente al centro dell'organizzazione. Non è utopia. Esiste un progetto
sostenibile che ho preparato nel 2000 come ministro della Sanità nel 2000 e che attende solo la volontà di
essere realizzato.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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L'impegno che manca
24/02/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 6
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Sanità, no a nuovi tagli In ordine sparso sui ticket
Accordo sul libero accesso alle cure, ma le ricette sono contrapposte
PAOLO RUSSO
Tutti pronti a giurare fedeltà al servizio sanitario pubblico e al sistema universalistico che garantisce a poveri
e ricchi libero accesso alle cure. Promessa unanime di non rimettere mano alle forbici, che alla sanità hanno
tagliato 31 miliardi dal 2009 al 2014, come attestato dalla Corte dei conti. Un sol coro nel dichiarare guerra
all'invasione dei partiti in asl e ospedali. Sono costellati di buoni propositi i programmi dei partiti, anche se poi
le ricette per conseguire quegli obiettivi divergono. C'è chi come il Pd difende a spada tratta il ruolo del
pubblico e chi come il Pdl e Giannino ammicca a un maggior ruolo del privato, visto come un peso dai grillini,
mentre i montiani puntano a rafforzare il ruolo centrale dello Stato, a dare più spazio ai fondi integrativi e a
rivedere i criteri di finanziamento delle aziende premiando le più efficienti. Alte strategie che intanto dovranno
fare i conti coi 2 miliardi di aumento dei ticket che entreranno in vigore dal 2014. I centristi propongono un
sistema di pagamento con franchigie commisurate al reddito Isee. Fino a una certa quota si paga di tasca
propria, anche i ricoveri, oltre interviene lo Stato. Proposta respinta al mittente dal Pd che vuole abrogare
invece il super ticket su specialistica e diagnostica abolendo tutte le consulenze delle asl. Idee giudicate
irrealizzabili dal Pdl che punta invece sull'aumento della detraibilità delle spese sanitarie, mentre escluso Fare
per il resto è tutto un promettere riduzioni dei ticket già esistenti. Ignorando che nel 2013 e per i prossimi due
anni il Fondo sanitario resterà fermo a quota 117 miliardi mentre la spesa crescerà di circa 6 miliardi l'anno.
Anche per questo forse in campagna elettorale la sanità è rimasta un po' sullo sfondo: toni bassi visto che
sarà poi difficile mantenere gli impegni.
I programmi a confronto Ospedali Urgenti nuovi investimenti n Non è vero che questo sistema sanitario non
ce lo possiamo più permettere. Anzi, dobbiamo tornare ad investire puntando sulla fiscalità generale per
reperire risorse. Piano di rinnovamento degli ospedali dividendo i reparti in base alla complessità dei casi da
trattare. Estendere i costi standard n Nessun nuovo taglio ma per evitare sprechi si propone di applicare a più
voci di spesa il meccanismo dei costi standard. Prevista la chiusura di buona pare degli oltre 160 ospedali
con meno di 120 posti letto, considerati inutili e pericolosi perché non attrezzati ad affrontare le emergenze.
Partenariato pubblico-privato n Previsto un piano di investimenti da 6 miliardi in 3 anni, «da reperire anche
attraverso idonei partnerariati pubblicoprivato». Coi soldi non spesi per l'edilizia ospedaliera costruzione di 34
ospedali ad alta specializzazione, soprattutto al Centro-Sud. Dietro front sul federalismo n Si al sistema
pubblico con tutela estesa a tutti ma dietrofront sul federalismo sanitario perché avere affidato alle regioni
l'assistenza e il finanziamento della sanità ha finito per accentuare le differenze territoriali. Freno alla sanità
privata «che sottrae risorse e talenti al pubblico». Centralizzare gli acquisti n «Si può risparmiare ricorrendo
alla centralizzazione degli acquisti e all'introduzione dei costi standard», per evitare che in una Asl un servizio
costi anche il 1200% in più rispetto a un'altra. I piccoli ospedali vanno riconvertiti in strutture per l'assistenza
territoriale. Aumentare la concorrenza n E' necessario introdurre forti iniezioni di concorrenza tra pubblico e
privato, sulla falsariga di quanto avvenuto in Germania, dove il maggior peso della componente privata ha
consentito il contenimento dei costi. Massima attenzione agli sprechi legati agli acquisti per asl e ospedali.
Ticket Via quello sulla specialistica n Tagliare il super-ticket di 10 euro (rimodulato da diverse Regioni) che
grava su visite specialistiche e accertamenti diagnostici. Costo: 834 milioni che verrebbero largamente coperti
tagliando le consulenze Asl che costano 790 milioni. Le esenzioni vanno riviste agganciandole al nuovo Isee.
Taglio irrealistico n Il taglio dei ticket è giudicato irrealistico e in alternativa si propone di aumentare la quota
di spese sanitarie detraibili dalla denuncia dei redditi. Nel programma si fa riferimento anche al «buono-dote»
e al «credito d'imposta per la libera scelta nei servizi del welfare», sanità compresa. Introdurre le franchigie n
L'attuale sistema dei ticket va superato perché metà degli italiani è esente e chi paga subisce veri salassi per
specialistica e diagnostica. In alternativa si propone un sistema «a franchigia»: fino a una certa cifra
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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L'Italia vota Dossier
24/02/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 6
(diffusione:309253, tiratura:418328)
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rapportata al reddito Isee paga il cittadino, oltre lo Stato. Contributi legati al reddito n L'obiettivo dichiarato è
quello di garantire a tutti l'equità e l'accesso alle prestazioni sanitarie essenziali. Per questo il movimento di
Beppe Grillo ritiene che i ticket devono essere più «proporzionali al reddito» e applicati esclusivamente alle
prestazioni «non essenziali». Riduzione sui più deboli n La parola d'ordine è «ridurre i ticket, divenuti
insopportabili per le fasce deboli». Come non viene detto, ma è ipotizzabile l'innalzamento dei tetti di reddito
che danno diritto all'esenzione. Per abrogare anche il «ticket occulto» imposto dalle liste d'attesa stop al
doppio lavoro dei medici. Prima i risparmi n Il Movimento di Oscar Giannino ha calcolato che le famiglie per
ticket e prestazioni sanitarie acquistate di tasca propria spendono il 2% del Pil. Troppo. Ma per ridurre questi
costi è necessario prima risparmiare, prima di tutto orientando le risorse sui centri clinici più efficienti. Farmaci
Più concorrenza n La parola d'ordine è più concorrenza, aprendo la vendita di tutti i farmaci a carico dei
cittadini anche a parafarmacie e corner dei supermarket. Per abbassare i costi si punta sulla concorrenza
anche tra industrie e distribuzione. Farmacie aperte oltre gli orari fissati dai regolamenti. No ai supermarket n
Il modello vincente resta quello della farmacia tradizionale, che deve però aprirsi anche ad altri servizi, come
piccoli accertamenti o prenotazioni di visite e analisi. Quindi porte chiuse alla vendita dei medicinali nelle
parafarmacie e nei supermarket. Sì a un piano di sostegno alla ricerca. Franchigie legate all'Isee n Anche sui
farmaci i ticket verrebbero sostituiti dalle franchigie commisurate al reddito Isee. Sulla vendita dei medicinali
c'è la volontà di mantenere il sistema esistente, che può essere però migliorato. Si a misure per potenziare la
ricerca e in particolare quella sui farmaci biotecnologici. Priorità ai generici n La priorità è quella di
«promuovere l'uso dei farmaci generici e fuori brevetto, equivalenti e meno costosi rispetto a quelli di marca».
I medici devono prescrivere il principio attivo e non il nome del farmaco «griffato». Proibire gli incentivi agli
informatori farmaceutici sulle vendite. Gratis anche la fascia C n La gratuità va estesa anche a quei farmaci
della fascia C a pagamento che non hanno prodotti equivalenti nella fascia dei mutuabili. Maggior numero di
farmaci va garantito soprattutto a pensionati e bassi redditi. Le farmacie devono diventare «piccoli centri
sanitari territoriali». Liberalizzare la fascia C n Per ridurre i prezzi bisogna liberalizzare la vendita di tutti i
farmaci di fascia C, quelli a totale carico dell'assistito, purché sia sempre garantita la presenza di un laureato
in farmacia. Piano di rilancio per l'industria farmaceutica che ha subito 11 miliardi di tagli in 4 anni. Politica e
sanità Nomine, trasparenza e merito n Per evitare che la politica entri nella gestione sanitaria la selezione dei
direttori di Asl e ospedali, di dirigenti e primari «deve avvenire secondo chiari, motivati e visibili criteri di
merito». La selezione va resa pubblica in Rete e seguire una verifica dei risultati sui quali basare le
riconferme. Nuove regole di selezione n Il programma su questo punto non lancia alcuna proposta. Ma
Sandro Bondi ha annunciato un meccanismo nuovo di selezione dei manager, basato su criteri di qualità e
controllo e su una selezione basata esclusivamente su competenze e formazione acquisite ante-nomina.
Misurare i risultati n Condurre una lotta efficace agli sprechi e alla corruzione significa collocare la sanità «in
una zona franca dalla politica». Il «decretone sanità» ha già introdotto regole più selettive per le nomine di
manager e primari, ora bisogna introdurre criteri oggettivi e misurabili di qualità per giudicarli. «Pagelle» per i
primari n Criteri di maggior trasparenza e merito nelle nomine e limitare l'influenza dei direttori delle asl di
nomina politica introducendo consigli di amministrazioni aperti a rappresentanti degli assistiti. Tassi di
successo delle cure da rendere pubblici e sui quali basare le conferme dei primari. Recidere ogni legame n
Recidere il legame perverso della sanità dalla politica è «il primo passo per ripulirla da corruzione e
clientelismo». Per questo anche il movimento di Ingroia punta tutto sulla trasparenza delle nomine di
manager e primari, mettendo on line curriculum e risultati ottenuti da asl e ospedali. Esperti esterni per le
nomine n La politica «deve indicare gli indirizzi strategici e definire le risorse, non gestire le asl e ospedali,
scegliere i primari e il management aziendale». Per evitare influenze indebite della politica i dg delle asl non
devono più essere scelti dalle Regioni ma da commissioni di esperti esterni.
25/02/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Così è svanito il sogno del telelavoro
Era la nuova frontiera dell'innovazione, ma in Italia non è decollato. E ora ci ripensa pure Silicon Valley GLI
IMPRENDITORI Temono soprattutto la perdita di controllo sui dipendenti e lo Stato non dà incentivi
GIUSEPPE BOTTERO TORINO
Ci eravamo illusi di poter barattare il completo formale con un pigiama, il traffico delle otto di mattina con
un'ora in più sonno, le riunioni infinite con una pausa caffè con la vicina di pianerottolo. Un sogno per nove
italiani su dieci, che alla prova dei fatti si è dimostrato irrealizzabile. Il telelavoro, che si sta eclissando anche
nella iper tecnologica Silicon Valley - il nuovo Ceo di Yahoo! ha deciso di eliminarlo, portando tutto i
dipendenti in ufficio - in Italia non è mai decollato. Un errore, probabilmente, perché lontani dalla scrivania,
spiega un rapporto di Manageritalia, i dipendenti sono più produttivi e meno stressati. Ma i numeri sono chiari:
se nell'occupazione in Europa l'Italia è tra gli ultimi posti, nel telelavoro le cose vanno ancora peggio. Chi
lavora da casa, armato solo di pc e collegamento internet, rappresenta il 3,9 per cento degli occupati, mentre
la media tra i Ventisette supera l'8 per cento, con picchi del 16 per cento in Danimarca. I motivi del ritardo?
Un sistema economico fatto soltanto da piccole aziende, ritardi tecnologici, norme inesistenti. Da anni,
ragiona il presidente di Manageritalia Guido Carella, «ci sono tutte le premesse perché il telelavoro possa
diventare il "cavallo di troia" per imprimere un forte cambiamento al mondo del lavoro: aumentare produttività
e competitività, rendere i compiti più piacevoli e migliorare la conciliazione con la vita privata. Un salto
culturale che i dirigenti auspicano e che dovrà partire proprio dalla capacità loro e di tutto il sistema di
lavorare sempre più per obiettivi, valutare le persone non sul controllo fisico, ma sui risultati raggiunti e quindi
valorizzare il merito». Per ora, però, l'Italia è rimasta al palo. L'ostacolo maggiore, spiega Domenico De Masi,
professore di Sociologia del lavoro all'università La Sapienza di Roma, sta proprio nell'arretratezza di troppe
imprese e dalla mancanza di regole: «Il telelavoro c'è già, esiste e fa parte della vita quotidiana di tanti di noi,
ma non ci sono regole formali che lo istituzionalizzino- dice-. L'azienda, che è stata uno dei maggiori driver
degli ultimi cento anni, è oggi il grumo più invincibile di conservatorismo». Secondo un dossier di
Astraricerche, il timore più grande, per gli imprenditori, è la perdita del controllo sui dipendenti. Seguono la
mancanza di incentivi da parte dello Stato, lo scarso entusiasmo dei sindacati e infine la mancanza di
infrastrutture tecnologiche. È il caso di Cecilia Felici, «personal planner» che offre servizi di segreteria on line,
costretta ad affrontare un trasloco faticoso- e costoso- perché nel suo ufficio romano la connessione Internet
funzionava a singhiozzo. E così per decine di « wwworkers», i lavoratori della Rete che si sono uniti per
mandare un messaggio al prossimo governo: «In Italia i lavoratori digitali sono 700 mila, ma vengono ancora
trattati come misteriosi innovatori. Creano oltre il 2% del Pil, ma sembrano ancora invisibili», si legge
nell'appello pubblicato on line alla vigilia del voto. Si parla di decentramento, responsabilità diffusa,
autonomia. Per ora, un miraggio. «Il telelavoro - dice Chiara Cornelli, responsabile delle risorse umane di
Amgen Dompé - si basa anche su un rapporto fiduciario tra azienda e dipendente». Che troppo spesso,
invece di barattarli, finisce per indossare vestiti eleganti e pigiami contemporaneamente, pronto a sfilare la
giacca non appena il capo abbassa lo sguardo.
3,9% di italiani Sono quelli che lavorano da casa, armati di personal computer, cellulare e collegamento
Internet
8% Sono i di europei telelavoratori del continente: la percentuale raggiunge un picco del 16 per cento in
Danimarca
11 anni fa L'Accordo-quadro europeo sul telelavoro, recepito in Italia 2 anni dopo, nel 2004: principio
fondamentale è la volontarietà
2% del Pil Tanto vale il lavoro dei 700 mila telelavoratori italiani: «Ma sembriamo ancora invisibili», lamentano
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
il caso In Europa Dietro di noi solo il Portogallo anche per i ritardi tecnologici: coinvolti in 700 mila, che però si
sentono «invisibili» I numeri Secondo i sondaggi, il 90% degli italiani sarebbe favorevole a lavorare da casa:
meno del 4% ci riesce davvero
25/02/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:309253, tiratura:418328)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Foto: In pigiama
Foto: Lavorare da casa, gestendo in autonomia il proprio tempo anche grazie a Internet e alle nuove
tecnologie, è il sogno di chi vuole «telelavorare»
25/02/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 50
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Assunti a consulenza per i turni di notte. I cittadini: "Ci hanno tolto anche il pronto soccorso" SPESE INUTILI
«Hanno aggiustato le verande e cambiato la carta intestata» I TRASPORTI «Chi non ha l'auto impiegherà un
giorno per le analisi»
ANTONELLA MARIOTTI INVIATA A TORRE PELLICE
Prosegue il nostro viaggio negli ospedali che rischiano di chiudere per la riforma regionale della Sanità. Ci
hanno portato via tutto. Non abb i a m o più il cinema e adesso neanche l'ospedale». Torre Pellice e
Pomaretto - territorio valdese - sono due ospedali anche più in là dell'agonia, non ci sono abbastanza medici
per coprire i turni di notte, tanto che ne vengono assunti a «consulenza»: 250 euro a notte. «Era nell'aria da
tempo che sarebbe finita così. Però avrebbero potuto anche evitare spese inutili». I reparti sono due:
lungodegenza e riabilitazione, non c'è il Pronto soccorso. Il silenzio A parlare sono alcuni dipendenti («ma il
nome per carità meglio di no») che elencano una serie di interventi inutili e costosi, come la sistemazione di
alcune verande «giusto l'altro giorno», un lavoro rimandato e fatto alla vigilia della chiusura. «E quella carta
intestata? Cambiata già una volta, con tanto di studio del logo, e dopo un paio di mesi o poco più l'Asl ha
cambiato territorialità, e si è rifatta tutta la modulistica ». Il personale, medici compresi, ha provato a
protestare: all'ingresso di via Gay 34 campeggia da Natale uno striscione: «Vendesi ospedale». Ledistanze
«Qui il problema è che il primo ospedale raggiungibile è a Pinerolo. E chi non ha una macchina? Io per
esempio non guido....». Stephanie Atzeni ha 40 anni, sta dietro il banco del bar «Il Camaleonte », lo gestisce
con il compagno da qualche mese: «I mezzi pubblici ci mettono parecchio, per un esame del sangue servirà
una giornata. Come faranno gli anziani?». E poi ci sono gli abitanti di Bobbio, un paesino a otto chilometri da
Torre, per raggiungere Pinerolo devono prendere due autobus. L'emergenza «Mio figlio si è rotto un dito, ho
preferito andare a Savigliano (provincia di Cuneo; ndr) - racconta Francesca Biglieri, 37 anni, della libreria
Claudiana -, il pronto soccorso di Pinerolo è sempre superaffollato superaffollato. A Savigliano in due ore
abbiamo fatto tutto. Ai politici dico: non restituiteci le tasse, io le pago, ma dateci i servizi». Pinerolo-Torre
sono 20 chilometri e in caso di emergenza molti si chiedono quali siano i rischi : «Una persona con l'infarto ce
la farà a raggiungere in tempo l'ospedale? ». E poi «non è che all'Agnelli di Pinerolo ci sia poi quest'efficienza
- dice un po' desolata Iolanda Armand Ugon -, sono due mesi che mio marito chiede un modulo di esenzione
per malattie rare: ci vuole una password per scaricarlo dal sito della Regione, e ce l'ha un medico solo». Ne
sa qualcosa un'anziana di 95 anni con il femore rotto, in ambulanza è stata trasportata a Pinerolo un paio di
volte per poi tornare a Torre: non c'erano letti disponibili. «Sono venuta ad abitare qui perché mi piaceva
Torre e c'era l'ospedale, ma adesso..». Si lamenta così Mirella Antonione Casale (ci tiene al doppio
cognome) che ha 87 anni. «Certo l'ospedale così costa l'ira di Dio - dice Adriana Torno -, riapritelo sì ma
come si deve, con tutti i servizi. Altrimenti chiudetelo ».
20
posti letto I reparti sono solo lungo degenza (16 posti letto) e riabilitazione (14 posti letto).
250
euro a notte La spesa per ogni turno di notte. L'ospedale si affida a medici «esterni» per la copertura notturna
Foto: Camere col nastro adesivo
Foto: Le camere del reparto di Geriatria sigillate con il nastro adesivo
Foto: I pazienti sono tutti anziani
Foto: Pochi i pazienti ma ce n'è uno che «vive» nell'ospedale da quasi due anni. Gli altri degenti sono tutti
anziani, come capita in altre strutture che dovranno chiudere trasformate in Rsa
Foto: Lo striscione di protesta
Foto: È comparso a Natale lo striscione di protesta contro la chiusura, autore un medico
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Torre Pellice, l'ospedale senza medici
25/02/2013
La Stampa - Torino
Pag. 59
(diffusione:309253, tiratura:418328)
«Per convincere i più giovani bisogna utilizzare il loro linguaggio» L'allarme resta Di Aids si parla meno ma i
contagi non si fermano: nella foto un'immagine dell'ultima campagna del ministero della Salute Nascerà su
Facebook e avrà il linguaggio dei social network la prossima campagna contro l'Hiv. Alla vigilia del secondo
workshop nazionale sul test a risposta rapida in programma a Torino il prossimo 21 marzo, l'ospedale
Amedeo di Savoia si rivolge a chi ha tra i 18 e i 25 anni e lancia un concorso per la realizzazione di uno spot
che inviti i giovani a sottoporsi al test che può rivelare in pochi istanti il contagio. Un minuto di video sul social
network più cliccato. Spiega il dottor Giancarlo Orofino, infettivologo all'Amedeo di Savoia e vicepresidente
dell'Associazione Arcobaleno Aids Onlus: «E' necessario che la prevenzione si propaghi anche attraverso
canali moderni, con un linguaggio adatto a coloro che sono direttamente coinvolti nella sfida per non
ammalarsi: l'Hiv viaggia veloce, veloce come certi tipi di rapporti sessuali che si "consumano" senza pensare
troppo alle conseguenze della non protezione, perché la testa magari è stordita dall'alcol o da altre sostanze
tossiche». Il test Hiv «rimane il pilastro centrale della prevenzione, e tutto ciò che può avvicinare le persone
giovani al test va sostenuto e incoraggiato». Lo spot dovrà essere caricato sulla pagina Facebook dedicata
(www.facebook.com/ p a g e s / I - C o n c o r s o - Te s t HIV/594752440541203) entro l'11 marzo. Titolo: «Il
Test HIV visto dai giovani». La premiazione si svolgerà il 21 marzo al Museo di Scienze Naturali, a
conclusione del Workshop sul test a risposta rapida. Fanno parte della giuria il giornalista del «Tg scientifico
Leonardo» Girolamo Mangano, l'infettivologo Sinibaldo Carosella, l'antropologa e counsellor Lina Jaramillo, il
presidente dell'associazione Arcobaleno Aids Pietro Altini, poi Alessio Mantegna, front-end web developer, e
la presidente dell'associazione Sieropositivo.it Franca Ferrario. Di Aids si parla oggi molto meno rispetto a
qualche anno fa, ma i medici sostengono non si debba abbassare la guardia: soltanto in Piemonte sono 7600
i pazienti affetti da Hiv, un terzo dei quali seguiti all'Amedeo di Savoia. Secondo i dati del servizio regionale di
Epidemiologia di Alessandria (Seremi), Torino ha una delle incidenze più alte di malati, quasi 7 casi ogni 100
mila abitanti. Nel 2012 all'Amedeo di Savoia sono stati effettuati 16 mila test, il 13 per cento dei quali a
risposta rapida entro un'ora, sia attraverso l'analisi del sangue sia attraverso quella della saliva. Il video deve
avere durata massima di 1 minuto e si potranno inviare al massimo due video. L'unico volto riconoscibile che
potrà apparire nel filmato è quello dell'autore. «Particolare importanza spiegano gli organizzatori sarà data
dalla giuria al messaggio del video, piuttosto che alla tecnica di realizzazione. Saranno scelti l'originalità, la
creatività e la comunicazione efficace». [email protected]
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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"Ragazzi, contro l'Aids fate il test" I medici scommettono su Facebook
25/02/2013
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Manganelli operato «Condizioni buone»
Mangani e Picchi
Il capo della Polizia, Antonio Manganelli, è stato ricoverato d'urgenza nell'ospedale San Giovanni di Roma
per la rimozione di un ematoma cerebrale conseguenza di una emorragia. Mangani e Picchi a pag. 17 LA
MALATTIA LA STORIA R O M A Ore d'ansia per il capo della Polizia Antonio Manganelli. Nel primo
pomeriggio di ieri si è sentito male mentre era in casa ed è stato ricoverato d'urgenza all'ospedale San
Giovanni in Laterano, dove è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico per una emorragia cerebrale.
L'edema è stato rimosso dopo due ore di intervento e le condizioni del prefetto sono state definite buone,
anche se - come vuole il protocollo - si trova in rianimazione e viene tenuto in coma farmacologico. L'equipe
che aggiorna di continuo il suo bollettino medico non sa dire, però, quali possano essere i danni provocati
dalla rottura del vaso intracranico che ha provocato l'emorragia. Sono stati anni molto duri, quelli appena
trascorsi, per il capo della Polizia. Dal 2010 si è ammalato di tumore e - come lui stesso ha detto
pubblicamente - è stato sottoposto a trattamenti sanitari negli Stati Uniti. Ha 62 anni, questo super poliziotto
che vanta un lunghissimo palmares. È stato capo dello Sco e in questa veste ha catturato il boss Nitto
Santapaola. Ha partecipato alla liberazione del giovane Augusto De Megni, e il suo nome compare tra le
maggiori operazioni anticrimine che si sono svolte in Italia. Dopo la laurea in Giurisprudenza all'Università di
Napoli si è specializzato in Criminologia clinica. Negli anni ottanta è diventato numero due del Nucleo
anticrimine della Polizia e ha collaborato con i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nel 1991 è
arrivata la nomina a direttore dello Sco, il Servizio centrale operativo, mentre dal '97 ha diretto la questura di
Palermo e due anni dopo quella di Napoli. Nel 2001 viene nominato vicario del capo della polizia Gianni De
Gennaro e dal 25 giugno del 2007 viene incaricato dal Consiglio dei ministri di dirigere il Dipartimento della
pubblica sicurezza. Di recente, Manganelli, sembrava tornato in forma, tanto che ha preso posizione su fatti
di cronaca come il caso di Leonardo, il bambino prelevato con la forza a Padova, o come l'omicidio di
Pasquale Romano, vittima innocente della camorra. Il 15 febbraio, intervenendo alla cerimonia pubblica per
l'inaugurazione dell'anno accademico 2013 della Scuola superiore di polizia, ha confermato ancora una volta
il suo impegno per «coniugare la sicurezza con la libertà, due cose ha detto - che spesso confliggono tra
loro». La malattia, però, sembra essersi riaffacciata impietosa e le sue condizioni cliniche sono di nuovo
peggiorate, tanto che in più di un'occasione è arrivato a pensare di lasciare l'incarico. Ma il ministro
Annamaria Cancellieri gli ha sempre confermato la fiducia. La responsabilità del Dipartimento pubblica
sicurezza passa ora temporaneamente al vicario Alessandro Marangoni. Cristiana Mangani
Foto: L'ALLARME Antonio Manganelli, capo della polizia, ricoverato all'ospedale San Giovanni
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Capo della Polizia
23/02/2013
Il Giornale - Milano
Pag. 1
(diffusione:192677, tiratura:292798)
San Raffaele, continua la protesta l'assessore rassicura gli studenti
Maria Sorbi
a pagina 8 San Raffaele, continua la protesta l'assessore rassicura gli studenti È un'occupazione garbata ma
tenace. Gli specializzandi dell'Università Vita e Salute non hanno intenzione di mollare il colpo e
proseguiranno la loro protesta a oltranza. Fino a quando avranno precise garanzie di poter lavorare, una volta
finiti gli studi, nei reparti dell'ospedale San Raffaele. I giovani medici si sono organizzati con sacchi a pelo,
computer e caffè a volontà per proseguire l'occupazione del rettorato anche di notte. E ieri hanno ricevuto la
visita dell'assessore lombardo alla Sanità Mario Melazzini, accompagnato dal preside di Medicina, Massimo
Clementi. «Ragazzi - ha promesso l'assessore -, vi assicuro che la giunta regionale lavorerà a stretto contatto
con l'ateneo e con il ministero per risolvere questa situazione». Se verrà riconfermato, Melazzini, subito dopo
la pausa elettorale, cercherà di sbrogliare tutto «in tempi rapidi e garantendo il legame tra ateneo e
ospedale». «Quelle dell'assessore - commenta Luca Vago, specializzando in ematologia al quarto anno sono parole rassicuranti. Ci sentiamo più motivati a proseguire la nostra battaglia. Non abbiamo intenzione di
cedere fino a quando non sarà raggiunto un accordo ufficiale». La richiesta degli specializzandi è semplice:
loro si sono iscritti all'università Vita e Salute per poter lavorare al San Raffaele, e non altrove. Altrimenti,
molti di loro avrebbero scelto un altro ateneo per studiare medicina, facendo risparmiare anche un bel po' di
denaro alla famiglia. Ora che si ventila l'ipotesi di una nuova convenzione dell'università con un altro
ospedale, gli studenti si sentono «raggirati» e traditi. A scatenare la protesta è stata una lettera del presidente
del cda dell'università, Raffaella Voltolini, inviata al ministro dell'Università e ricerca, Francesco Profumo, in
cui spiega che, alla luce della disponibilità dell'ospedale San Raffaele a «limitare il rapporto convenzionale
per il solo anno accademico 2013-2014», ora «è in fase di valutazione un rapporto convenzionale con altro
ente ospedaliero di grande prestigio, sicuramente idoneo a fornire la formazione di studenti di area medica».
La partita si gioca tra università e ministero. Il patron dell'ospedale Giuseppe Rotelli non si pronuncia.
Qualche mese fa Rotelli aveva pensato di lasciar scadere la convenzione con Vita e Salute e di fondare un
nuovo ateneo fotocopia, la Libera Università San Raffaele, per svincolarsi dal potere assoluto dei Sigilli e
chiudere definitivamente con l'era e le regole alla Don Verzé. A mediare era intervenuto il ministero e si era
ipotizzata una soluzione alternativa: anziché aprire una seconda università, si sarebbe potuto strutturare in
maniera equa il cda: quattro membri scelti tra i fedelissimi di Don Verzé, quattro nominati dall'ospedale di
Rotelli e un «garante» indicato dal ministero dell'Università. Le trattative sono ferme a questo punto. E la
convenzione con un ospedale che non sia il San Raffaele è un elemento che spiazza nuovamente gli
studenti. Soprattutto quelli che cinque o dieci anni fa si sono iscritti all'università di via Olgettina sognando di
diventare medici al San Raffaele e senza sospettare nessuna «separazione in casa».
Foto: A OLTRANZA La protesta degli specializzandi proseguirà a oltranza: fino a quando spiegano loro - non
avremo garanzie su un accordo per poter diventare medici del San Raffaele
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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UNIVERSITÀ
23/02/2013
Il Giornale - Milano
Pag. 8
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Dopo 50 anni l'istituto Negri diventa Irccs
L'istituto di ricerche farmacologiche Mario Negrì è stato riconosciuto tra gli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico. La farmacologia e la sperimentazione clinica dei trattamenti farmacologici entrano, così,
nell'ambito dei problemi per cui si ritiene utile e necessaria una base scientifica. L'appartenenza a pieno titolo
dell'Istituto Mario Negri al gruppo degli Irccs permette, dopo 50 anni di attività, una presenza diretta nel
servizio sanitario nazionale. Una conseguenza del riconoscimento è anche la possibilità di competere con gli
altri Irccs per bandi di ricerca nazionali e internazionali. «Questo riconoscimento - afferma Silvio Garattini,
Direttore dell'istituto - rappresenta un atto di fiducia, un grande stimolo e impegno a fare meglio».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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RICONOSCIMENTO
24/02/2013
Il Giornale - Milano
Pag. 1
(diffusione:192677, tiratura:292798)
«Dannoso abolire il ticket» La Cisl è per la linea Formigoni
Maria Sorbi
«Dannoso abolire il ticket» La Cisl è per la linea Formigoni a pagina 4 C'è un punto, nei programmi elettorali,
che riguarda un lombardo su due: i ticket sanitari sulle visite specialistiche e sui farmaci. E c'è il rischio che le
promesse elettorali facciano tracollare un sistema che funziona già ora. Facile dire «abbassiamoli». Ancor più
facile dire «eliminiamoli». Intenzioni che hanno un buon appeal pre voto ma che poi, vien da chiedersi, sono
realmente applicabili? A porsi la domanda sono i medici della Cisl che, a sorpresa, mentre i lombardi sono in
cerca della tessera elettorale e stanno per recarsi alle urne, lanciano un allarme. «Attenzione mette in guardia
Danilo Mazzacane, membro della segreteria regionale della Cisl medici - a non smantellare il sistema in
vigore adesso e a non cancellare quanto di buono è stato fatto in Regione Lombardia». Al di là delle battaglie
di bandiera, il medico sindacalista chiede di non distruggere le regole varate dalla giunta Formigoni nel luglio
del 2011. Regole approvate per rimediare ai tagli del governo che, due anni fa, eliminò il contributo di 10 euro
su ogni ticket. In quel momento tutte le Regioni furono costrette ad aumentare il costo dei ticket a carico dei
cittadini. E la Lombardia, per non infierire troppo sulle tasche dei lombardi, scelse di rendere gli aumenti
proporzionali, senza fissare una quota aggiuntiva a prescindere dalla visita o dall'esame specialistico.
Innanzitutto era stato stabilito di non far pagare nessun ticket per le prestazioni sotto i 5 euro. Al di sopra di
quella soglia, erano stati fissato aumenti pari al 30% del valore dell'impegnativa, fino ad un massimo di 30
euro. Gli stessi sindacati ora chiedono di mantenere queste regole, «garanzia di equità e proporzionalità».
Funzionano, non avrebbe senso cambiarle. L'eliminazione del ticket? Secondo Mazzacane è dura da
realizzare. «Il centrodestra riuscirebbe a farlo solo se riuscisse a mantenere in Lombardia il 75% delle tasse».
E il centrosinistra? Il Pd di Bersani sembra motivato sulla cancellazione della tassa sanitaria. «Già commenta il medico della Cisl - ma riuscirebbe a farlo solo tagliando le consulenze. E teniamo presente che
tra le consulenze non si sono solo gli amici degli amici ma anche fior fior di medici liberi professionisti che
prestano consulenza agli ospedali e alle Asl. Per far quadrare i conti verrebbero tagliati anche quelli?». Se
dovesse vincere la coalizione di centrodestra, Roberto Maroni nominerebbe come assessore alla Sanità
Mario Melazzini (Pdl). E lui, che già ora ricopre l'incarico nella giunta «di transizione», ha già in mente un
piano per i ticket. Tenterebbe di ridurli, ma i tagli sarebbero concentrati soprattutto sui ticket dei farmaci,
abbattendo la barriera di prevenzione sui farmaci generici. L'obbiettivo è abbattere i pregiudizi dei lombardi
sui farmaci senza griffe che invece farebbero risparmiare parecchio denari. Si lavorerebbe poi sulle categorie
esenti dal pagamento, tenendo conto che già adesso il 55 per cento dei lombardi è esente.
Foto: DIRE E FARE Al di là dell'appeal pre elettorale di promesse sulla eliminazione del ticket, la Cisl invita a
salvare il metodo Formigoni varato nel 2011
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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IL CASO
24/02/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 33
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Forme tumorali e infezioni da papilloma virus: ecco le ultime ricerche
Gloria Saccani Jotti
Il Centro multidisciplinare per lo studio dell'infezione da papilloma virus attivo presso gli Istituti Regina Elena e
San Gallicano di Roma ha un ruolo prioritario. É una realtà polispecialistica che può avvalersi di elevate
competenze presenti in entrambi gli Irccs. Si occupa di prevenzione, diagnosi e terapia, ma soprattutto di
corretta informazione rivolta a medici e cittadini. L'infezione da HPV è molto comune e frequente, può
regredire spontaneamente come può dar luogo a lesioni pre-cancerose. Sebbene l'avvento dei vaccini renda
possibile una prevenzione primaria «l'arma più efficace - ha sottolineato Jack Cuzick, epidemiologo e capo
del Centro per la prevenzione del cancro in Inghilterra - resta lo screening eseguito con test convalidati
scientificamente». Al papillomavirus umano (HPV) sono correlate varie forme tumorali e non, nella donna
come nell'uomo. Si osserva negli Usa, così come in Italia, un aumento di casi di tumore orofaringeo edanale
associati all'HPV. Gli uomini non sono solo portatori di HPV, «ma soffrono di tumori associati all'HPV
prettamente maschili». Per questo è importante focalizzare l'attenzione anche sulla vaccinazione maschile,
nonché sulla prevenzione. «L'informazione dell'opinione pubblica è abbastanza confusa e la formazione delle
figure mediche è ancora insoddisfacente», spiegano i coordinatori dell'HPV Unit Luciano Mariani, ginecologo
ed Aldo Venuti, virologo. «Negli ultimi 20 anni si è verificata una vera e propria esplosione di studi sul virus
HPV, ma non corrisponde una capacità di trasferimento di conoscenze chiaro e puntuale alla classe medica».
Riesce difficile anche per gli specialisti rimanere al passo con le nuove scoperte scientifiche ed è imperativo
un costante aggiornamento, così da dare all'utenza un'informazione corretta, non allarmistica. «I costibenefici della vaccinazione ai maschi, che è uno degli argomenti verso cui la comunità scientifica rivolge la
massima attenzionesottolinea Mariani - devono tenere conto non solo degli effetti indiretti sulla patologia
femminile, ma anche dei possibili vantaggi diretti derivanti dai potenziali risparmi di spesa generati nelle
lesioni ano-genitali e nei tumori maschili correlati all'HPV». [email protected]
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
68
La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Malati & Malattie
24/02/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 33
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Il processo degenerativo delle cartilagini rivelato dai dolori articolari a
mani e piedi
TERAPIE Un nuovo trattamento per i disturbi muscolo-scheletrici
Luisa Romagnoni
Fastidiosi dolori articolari. Spesso concentrati nelle piccole e grandi articolazioni, come mani, piedi o
ginocchia. Una condizione frequente nel 34 per cento della popolazione che ha superato il traguardo dei 55
anni, soprattutto se di sesso femminile (64%) o in sovrappeso (56%). In Italia ne soffrono oltre 9milioni di
persone. Il dolore articolare è stato oggetto di una recente ricerca Eurisko per Novartis. Sono dolori che non
vanno trascurati, potrebbero essere il sintomo di un processo infiammatorio o degenerativo delle cartilagini.
Spesso rivelano la presenza di una malattia reumatica, come l'osteoartrosi. La diagnosi tempestiva è
fondamentale. La ricerca ha messo a punto un trattamento al dolore articolare cronico con un gel
antinfiammatorio per uso cutaneo, a base di diclofenac al 2 per cento, in grado di offrire sollievo fino a 12 ore,
applicabile solo 2 volte al giorno. «La formulazione topica di diclofenac 2 per cento sottolinea Silvano Adami,
direttore della divisione di reumatologia dell'università di Veroconsente trattamenti mirati nei siti del ginocchio,
gomiti, mani e piedi, con un'efficacia e una comodità di somministrazione (solo due volte al giorno), pari a
quella degli antinfiammatori orali. Il vantaggio è la migliore tollerabilità». La nuova formulazione, infatti, offre
nuove possibilità nel trattamento del dolore muscolo-scheletrico, specie in soggetti in multi-terapia (come gli
anziani) e più a rischio di eventi avversi gastrointestinali ai farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans),
assunti per bocca. «Le concentrazioni del farmaco sui siti infiammati - prosegue Adami - consentono un
maggior effetto sul dolore e nel medio termine sull'infiammazione».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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INDAGINE EURISKO-NOVARTIS
25/02/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 26
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Ecco quanto ci costa la «Tobin tax»
Chi investe sui big di Piazza Affari verserà un'imposta dello 0,12%. Penalizzati i «cassettisti», ma c'è una via
d'uscita
Ennio Montagnani
Dal primo marzo entra in vigore una nuova tassa per chi investe in Piazza Affari. Si tratta della cosiddetta
«Tobin Tax» e sarà applicata sulle operazioni di compra-vendita di titoli azionari; dal primo luglio l'imposta
sarà poi estesa agli scambi sugli strumenti derivati. Le aliquote previste per le transazioni sui titoli azionari
saranno di due tipi: lo 0,12% (che diventerà 0,1% a partire dal 2014) per i mercati regolamentati, e lo 0,22%
(e poi 0,2% dal 2014) per i mercato non regolamentati (anche noti come «Otc», «over-thecounter»). In
pratica, per ogni 10mila euro di acquisto di titoli azionari quotati sul listino della Borsa italiana, l'investitore
verserà 12 euro (oppure 22 euro). Paga chi compra le azioni Ma chi pagherà questa nuova tassa? La legge
prescrive che l'imposta dovrà essere a carico dei soggetti che intervengono in veste di acquirenti, tranne che
nel caso in cui la transazione abbia per oggetto contratti derivati; in quest'ultima situazione l'imposta è a
carico di entrambe le parti contraenti. Quindi, rimanendo nell'ambito delle azioni, il cassettista è il soggetto più
penalizzato dalla Tobin Tax. La norma, infatti, prevede di tassare il netto delle posizioni alla chiusura della
giornata, cioè la differenza tra titoli acquistati e titoli venduti. Chi realizza molte compra-vendite, e chiude la
sua operatività durante la seduta, non è soggetto all'imposta: in pratica se un investitore compra 1.000 titoli
azionari italiani e li rivende nel corso della stessa seduta di Borsa non deve pagare la Tobin Tax, anche se
«muove» i titoli più volte in un giorno. Escluse donazioni e successioni Tra le altre operazioni escluse
dall'applicazione della Tobin tax, figurano an»che le donazioni, le successioni, i titoli di finanza etica e i titoli
azionari italiani per i quali la capitalizzazione media nel mese di novembre 2012 risultava inferiore a 500
milioni di euro. In pratica, sono 76 le azioni italiane negoziate a Piazza Affari che saranno assoggettate
all'imposta su un totale di 275 presenti sul listino (vedere tabella). Questi 76 titoli, che numericamente sono il
29% del totale dei titoli italiani quotati in Piazza Affari, rappresentano il 90% circa della capitalizzazione e
degli scambi. Da notare che, tra le azioni escluse dall'applicazione della Tobin tax ci sono anche i titoli Marr,
Credito Valtellinese, Astaldi e Safilo che venerdi 22 febbraio capitalizzavano oltre i 500 milioni di euro: questo
perché, nelle statistiche di novembre, il loro valore di Borsa era inferiore alla soglia di attenzione. Niente
imposta per le azioni estere Guardando da vicino la normativa, si scopre che la tassa non si paga pure nel
caso di investimento in azioni estere quotate sulla Borsa Italiana, ad esempio le tre società con sede legale
estera (Bbiotech, Stmicroelectronics e Tenaris) e le 36 del segmento Mta International, tra le quali figurano
nomi del calibro di Basf, Bayer, Bmw, Bnp Paribas, Danone, Deutsche Bank, E.on, Lvmh, Nokia, Philips,
Siemens, Total, Unilever. Sono inoltre esclusi dalla Tobin Tax i fondi comuni e i comparti di Sicav, e gli Etf.
Quindi, per essere pratici, gli Etf dbtrackers FtseMib index, Amundi etf FtseMib, Lyxor Etf FtseMib, iShares
FtseMib e Cs etf in Ftse Mib consentono di investire nei 40 big di Piazza Affari senza pagare la Tobin Tax,
sebbene tutti i titoli in portafoglio siano tassabili singolarmente con la Tobin tax nel caso in cui l'investitore li
acquistasse con il fai-da-te.
QUANDO SI PAGA Titoli quotati in Piazza Affari sui quali si applica la Tobin Tax A2a, Acea, Amplifon,
Ansaldo Sts, Atlantia, Autogrill, Autostrada Torino Milano, Azimut Banca Carige, Banca Generali, Banca
Popolare di Milano Banca Popolare di Sondrio Banco Popolare, Beni Stabili Bper, Brembo, Buzzi Unicem C
Campari, Cattolica assicurazioni, Cir, Credem, Credito Bergamasco, Cucinelli Danieli, De' Longhi, Diasorin El
Towers, Enel, Enel Green Power, Eni, Erg, Exor, Exor privilegio Fiat, Fiat industrial, Finmeccanica, Fondiaria
Sai Gemina, Generali, Geox Ima, Impregilo, Indesit, Interpump, Intesa Sanpaolo, Intesa Sanpaolo rnc, Iren,
Italcementi Hera Lottomatica, Luxottica Mediaset, Mediobanca, Mediolanum, Milano Assicurazioni, Mps
Parmalat, Piaggio, Pirelli & C, Prysmian Rcs Mediagroup, Recordati Saipem, Salvatore Ferragamo, Saras,
Sias, Snam, Sorin Telecom Italia, Telecom Italia rnc, Terna, Tod's Ubi Banca, Unicredit, Unipol Yoox
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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I NOSTRI SOLDI Dal primo marzo scatta la nuova tassa sull'acquisto delle azioni
25/02/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 26
(diffusione:192677, tiratura:292798)
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76 La Tobin tax ricade su chi acquisterà le azioni di 76 società quotate sul listino di Piazza Affari
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
71
23/02/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 21
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Sistema informatico troppo lento, stop alle ricette elettroniche
ANCONA SISTEMA INFORMATICO antiquato, i medici di base non inviano le ricette elettroniche. Gli oltre
1.200 medici di medicina generale e i quasi 400 pediatri lanciano un allarme e mettono alle strette la
Regione: «Vogliono costringerci a lavorare con un sistema lento e inefficace - attaccano Massimo Magi e
Costantino Gobbi, segretari regionali Fimmg e Fimp - Basta, non vogliamo rivivere un 'Cup-bis'. Noi ci
rifiutiamo, lo abbiamo iniziato a fare dal luglio scorso. Ora attendiamo di riaprire il dialogo. Lo faremo proprio il
26 febbraio, il giorno dopo il voto, ma se la Regione continuerà a dimostrarsi sorda alle nostre richieste,
siamo pronti a mettere in campo iniziative clamorose. No, non stiamo parlando di scioperi». La Fimmg ha
lanciato le sue proposte: «In Vallesina abbiamo messo tutto in rete spendendo pochi soldi - denuncia Sergio
Cascia, segretario provinciale di Ancona - Con 450mila euro potremmo legare tutte le Marche, invece la
Regione sta avviando un sistema costato 17 milioni. Un sistema che richiede tempi lunghi per le ricette.
Hanno speso quasi 3 milioni di euro per i pc, ma quelli ce li abbiamo, serve altro». Il problema
dell'informatizzazione è solo uno dei nodi al centro della discussione sulla sanità regionale. I tagli lineari
hanno già prodotto disagi e polemiche, vedi il taglio dei pannoloni per gli incontinenti. L'Area Vasta di Ancona
ha tagliato 7 infermieri domiciliari, contratti precari non rinnovati e territorio sguarnito. E non finisce qui: «Alla
fine si andrà a risparmiare colpendo soggetti e fasce deboli - rincara la dose Gobbi, rappresentante dei
pediatri - Pagheranno i bambini nati con problemi, chi è colpito da patologie terribili come paralisi cerebrali,
traumi da parto». Tornando all'informatizzazione, i rappresentanti dei medici di base denunciano
l'arretratezza della Regione: «Le Marche sono le uniche in Italia a non avere un sistema in rete efficiente afferma Massimo Magi -, il sistema doveva diventare operativo nel luglio scorso. Non è stato fatto e adesso si
rischia di pagarne le conseguenze: una penalizzazione di 60 milioni di euro».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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LA PROTESTA I MEDICI CRITICANO LA REGIONE E ANNUNCIANO INIZIATIVE CLAMOROSE: «MA NON
FAREMO SCIOPERI»
25/02/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 31
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Alessandro Malpelo UNA GRANDE campagna di prevenzione, con più di 25mila contatti e un incalcolabile
numero di vite umane salvate dal rischio di andare incontro a ictus, infarto e altri inconvenienti poco simpatici.
Un esercito di camici bianchi si è mobilitato attorno a uno slogan che da solo dice tutto: ci sta a cuore il tuo
cuore. Parliamo delle farmacie della rete Apoteca Natura che si sono rese protagoniste di una capillare
campagna con il sostegno della Società Italiana di Medicina Generale (Simg) e degli specialisti
dell'Associazione Medici Diabetologi. Persone che mai si sarebbero sognate di sottoporsi ad analisi, e che
hanno aderito volontariamente al protocollo, hanno scoperto di correre seri pericoli a causa di killer silenziosi
come l'ipertensione, il colesterolo e la glicemia alterata. Uno su dieci, tanto le donne quanto gli uomini, hanno
compreso la loro condizione di rischio regolandosi di conseguenza per correre ai ripari giusto in tempo.
«FUMO, SOVRAPPESO e pressione alta sono le tre principali minacce per il nostro cuore - spiega Giuseppe
Ventriglia dell'organizzazione dei medici di medicina generale (Simg) alla presentazione dei risultati presso
l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) - la nostra campagna ha permesso di sensibilizzare anche persone che, se
trascurate, avrebbero potuto vedere compromessa la qualità di vita e il benessere cardiovascolare».
Conviene dunque, nel caso, abbandonare le sigarette senza rimpianti, sforzarsi di fare attività fisica anche se
il lavoro e le abitudini sedentarie ti spingono sul divano di casa, e mantenere una condotta alimentare
spartana: il campanello d'allarme è legato anche alla misura del girovita. Troppo grossi alla cintura non va
bene, una circonferenza addominale dilatata fa aumentare la probabilità di ammalarsi. «Tra tutte le persone
esaminate, 3.724 avevano uno score pari o superiore a 15 - avverte Carlo Giorda presidente dei medici
diabetologi - ossia da una probabilità su 6 ad una su 2 di contrarre il diabete mellito nel giro di dieci anni.
Queste persone sono state invitate a contattare il medico di famiglia, mentre nei casi di rischio inferiore (da
una probabilità su 100 a una su 25) è stato praticato un intervento educativo». NELL'INDAGINE sono stati
utilizzati due strumenti: la carta di previsione del rischio cardiovascolare globale del Progetto Cuore finanziato
dal Fondo sanitario nazionale e il test consigliato dall'Oms sulla probabilità di sviluppare il diabete mellito. Per
un mese, nella rete delle 500 farmacie italiane aderenti ad Apoteca Natura si sono raccolti i dati di pressione
arteriosa, peso, altezza, indice di massa corporea, dati sulla circonferenza addominale, i livelli di
colesterolemia totale e si chiedeva la compilazione di un questionario. «Il messaggio - spiega Massimo
Mercati, amministratore di Apoteca Natura - doveva arrivare in modo che tutti ne comprendessero
l'importanza, e il modello della clinical pharmacy che è stato adottato ci dava l'opportunità di diffondere
corretti stili di vita» AL TERMINE del percorso il farmacista consegnava a ognuno la relazione con il profilo
individuale e un opuscolo con le regole della prevenzione. Quando si evidenziava un rischio elevato (le
cosiddette bandierine rosse) scattava il consiglio di rivolgersi al medico di famiglia per impostare appropriate
terapie: «Il punto di forza dell'iniziativa - ribadisce Simona Giampaoli, epidemiologa del Centro nazionale di
sorveglianza e promozione della salute dell'ISS - è rappresentato dalla diffusione della consapevolezza che è
fondamentale impegnarsi per il mantenimento del proprio stato di salute».
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Occhio alla linea, esami in farmacia «Il punto debole è nel girovita»
25/02/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 32
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Pietro Lorenzetti * UNA RECENTE indagine ci rivela che gli italiani sono al 6° posto nel mondo per interventi
di chirurgia plastica e il trend è in crescita. Al primo posto delle richieste la mastoplastica per aumentare il
volume del seno, la liposuzione e al terzo la blefaroplastica che ringiovanisce gli occhi e lo sguardo, per non
parlare delle migliaia di ritocchi senza bisturi. Nei momenti di crisi economica e sociale le persone tendono a
investire sul corpo, la salute e la bellezza. RICERCHE di psicologia sociale hanno dimostrato che l'aspetto
esteriore, l'altezza e la magrezza sono fattori che incidono sia sulla possibilità di ottenere un lavoro sia sul
reddito. Uomini e donne attraenti infatti possono aspirare a guadagni dall'8 al 15% in più l'anno, così come
studenti di bell'aspetto a parità di preparazione ottengono voti maggiori. Ecco allora come il ritocco fa parte di
una strategia di più ampio respiro e serve a migliorare la fiducia in sé e l'autostima, purchè realizzato insieme
ad un miglioramento delle competenze come corsi professionali o lo studio delle lingue. Ma il volto non è un
puzzle. Le pazienti si rivolgono al chirurgo e si presentano alla visita con la foto di una celebrities, chiedono il
naso di Kate Middleton, le guance di Cheryl Cole, le labbra di Angelina Jolie, gli zigomi di Janet Jackson. Un
comportamento che va immediatamente corretto: il volto non è un collage a cui è possibile 'attaccare' un
pezzo. Ogni volto ha il 'suo' naso ideale, la correzione si deve ispirare innanzitutto a due criteri: simmetria e
proporzioni. Questo tipo di pazienti sono quelle a maggior rischio insoddisfazione, delusione e interventi
secondari. In questo settore un chiaro dialogo medico-paziente è fondamentale per aiutare la persona ad
avere aspettative realistiche. Il vero lavoro avviene quindi durante la prima visita quando va spiegato con
chiarezza che una quarta misura di seno in una donna minuta e alta 1,60 non sarebbe adatta o che un viso
delicato non può migliorare con una bocca molto carnosa. *Medico Specialista in Chirurgia Plastica,
Ricostruttiva ed Estetica
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Ritocchini salutari «Ci fanno sentire attraenti come star»
25/02/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 33
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Maurizio Maria Fossati UNA MELA al giorno toglie il medico di torno. È risaputo, ma non è solo il saggio
consiglio della nonna, bensì un detto ben supportato dai risultati della ricerca scientifica. La polpa della mela,
ma soprattutto la buccia, hanno infatti la proprietà di combattere l'ipertensione, le malattie cardiache e di
abbassare il colesterolo LDL, per intenderci quello «cattivo». Un vero e proprio farmaco naturale. SECONDO
UNO STUDIO condotto da un gruppo di ricercatori del Nova Scotia Agricultural College, in Canada, e
pubblicato sulla rivista Food Chemistry, la buccia della mela sarebbe in grado di abbassare la pressione
arteriosa grazie agli antiossidanti che contiene in grande quantità. In particolare, spiegano gli esperti, la
buccia della mela è ricca di flavonoidi che sono in grado di inibire l'enzima identificato con l'acronimo di ACE
(enzima di conversione dell'angiotensina). Un enzima che riveste un ruolo fondamentale nei meccanismi
collegati all'ipertensione arteriosa perché regola la pressione sanguigna, il volume plasmatico e il tono della
muscolatura arteriosa. E si noti bene che nell'analisi dei ricercatori, la buccia della mela ha dimostrato di
essere almeno sei volte più efficace della polpa. Quindi, si tratta di un ottimo elisir naturale per mettere in atto
la più sana delle prevenzioni cardiovascolari, anche perché la mela può essere mangiata senza problemi da
chi ha il diabete, è astringente, aiuta a tenere sotto controllo la glicemia e grazie alle vitamine contenute
contribuisce, come antiossidante, a combattere l'invecchiamento cellulare e quindi della pelle. AD
APPURARE l'azione di contrasto della mela al colesterolo è stato invece un recente studio condotto da
un'équipe di ricercatori coordinata da Bahram Arjmandi alla Florida University di Tallahassee, negli Stati Uniti.
La ricerca è stata effettuata su 160 donne tra i 45 ed i 65 anni divise in due gruppi di 80. Uno dei due gruppi
ha mangiato per un intero anno 75 grammi al giorno di mele essicate, mentre all'altro gruppo veniva
somministrata quotidianamente la stessa quantità di prugne secche. Al termine della sperimentazione la
differenza emersa dalle analisi del sangue è stata evidente: il gruppo di donne che quotidianamente aveva
consumato mele ha fatto registrale un tasso di colesterolo mediamente inferiore del 23% rispetto al gruppo
che aveva nella dieta le prugne.
BENEFICI VEGETALI Antistress I frutti rossi Depurazione Le fragoline di bosco sono particolarmente ricche
di vitamina C, sali minerali (calcio, potassio, ferro, magnesio, fosforo) e pare che possano contrastare lo
stress e contribuire a regolare i livelli ormonali Anche le fragoline di bosco sono un alleato contro
l'ipertensione. Questi frutti, dal sapore intenso, sono noti per le loro proprietà diuretiche. Le fragoline possono
tranquillamente essere consumate dai diabetici Tra le proteine vegetali il lupino ottiene un calo del
colesterolo. Mentre per il mais si è visto che le sostanze contenute in questo cereale sembrano in grado di
combattere i danni provocati dallo smog sull'organismo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Una mela al giorno, fa bene anche la buccia
25/02/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 34
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Giovanni Meola* IL REGISTRO nazionale delle distrofie miotoniche (malattie neuromuscolari degenerative)
istituito in Italia mira ad assicurare ai pazienti un accesso continuo alle informazioni relative alla loro patologia
e a nuove terapie non appena queste diventano disponibili anche attraverso l'arruolamento in eventuali studi
clinici e di ricerca. La partecipazione è gratuita e non prevede compensi, fa parte di un progetto nazionale che
coinvolge 16 Centri in Italia ed è condiviso a livello europeo e internazionale. La sede nazionale è presso il
Policlinico San Donato e coinvolge 15 Centri in tutta Italia da Nord a Sud. IN PRESENZA di malattie rare, il
registro permette di reclutare tutti i pazienti e di fornire una via di accesso a pazienti finora non afferenti a
Centri specializzati così da costituire un gold-standard di cura e presa in carico per tutti. L'importanza di avere
accesso a larghe coorti di pazienti è evidente nel caso in cui sia necessario stratificare la popolazione in base
alla gravità, al sintomo che potrebbe essere il target principale di quel potenziale trattamento. Questo si
applica particolarmente alle distrofie miotoniche in cui i sintomi sono vari e potenziali trattamenti potrebbero
essere mirati ad alcuni piuttosto che ad altri sintomi. La caratterizzazione genetica e clinica fornirebbe le basi
necessarie per le correlazioni genotipo-fenotipo, utili anche per i pazienti ai fini prognostici. (*) Ordinario di
Neurologia Università di Milano
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Deficit muscolari Un sostegno in rete
25/02/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 35
(diffusione:165207, tiratura:206221)
SONO 15 MILA gli italiani (30 nuovi casi ogni anno) con retinite pigmentosa, patologia di natura ereditaria che
può portare alla cecità. Una malattia che da qualche anno può essere affrontata con un sistema ideato dalla
californiana Second Sight. L'ospedale universitario di Pisa ha al suo attivo la casistica più importante: otto
interventi tutti riusciti. «Con la protesi retinica - afferma Stanislao Rizzo, direttore del reparto di chirurgia
oftalmica - le immagini catturate da una minitelecamera situata sugli occhiali vengono elaborate da un
microcomputer e inviati, con sistema senza fili, da una piccola antenna, a un microchip collegato alle cellule
nervose della retina ancora attive». Non tutti i pazienti possono essere ammessi all'intervento: devono
superare una selezione in base a requisiti di anamnesi, acuità visiva e condizioni generali di salute. Fino ad
oggi l'azienda ospedaliera toscana ha sostenuto i primi interventi, ma in futuro non può continuare a gestire i
costi della tecnologia per pazienti provenienti da tutta Italia. Per garantire criteri di accessibilità e rimborso
dell' impianto (tra dispositivo e intervento il costo è di 82 mila euro) è stato istituito un comitato scientifico,
presieduto da Elio Borgonovi, docente di economia alla Bocconi.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Occhio speciale dedicato a chi ha perso la vista
25/02/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 35
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Federica Cappelletti DOPO IL GENOMA, il prossimo obiettivo del presidente USA Barack Obama è il Brain
Activity Map Project. Tre miliardi di dollari per spiegare la funzione di ciascuno dei miliardi di neuroni attivi del
cervello umano. Intanto in Europa parte il progetto Human brain, la mappatura dei nostri emisferi. Per la
prima volta un gruppo di scienziati del Center for Cognitive Brain Imaging della Carnegie Mellon University ha
utilizzato una combinazione di metodi di imaging neurali per scoprire esattamente come il cervello umano si
adatti alle lesioni. La ricerca, pubblicata sulla rivista Cerebral Cortex dimostra che quando una zona del
cervello perde funzionalità un'area secondaria si attiva immediatamente. «Il cervello umano ha una notevole
capacità di adattarsi a vari tipi di insulto, come il trauma cranico e l'ictus, permettendo di mantenere saldo il
suo funzionamento anche dopo che aree fondamentali sono state danneggiate», ha spiegato Marcel Just,
autore della ricerca con Robert Mason e Chantel Prat dell'Università di Washington. Lo studio ha analizzato
attraverso la risonanza magnetica funzionale come i cervelli di soggetti adulti si siano adattati alla
temporanea incapacità dell'area di Wernicke, regione chiave per la comprensione del linguaggio. SU QUESTI
e altri temi di attualità, dall'11 al 17 marzo, si celebra la Settimana Mondiale del Cervello. In Italia, l'evento è
organizzato e promosso dalla Società Italiana di Neurologia (Sin) attraverso conferenze nelle scuole, incontri
pubblici, convegni, visite guidate all'interno di reparti e laboratori ospedalieri nell'ambito del progetto Porte
Aperte in Neurologia (info su www.neuro.it). «IL GRANDE TEMA di questa edizione - sottolinea Giancarlo
Comi, neurologo di fama internazionale e presidente Sin - è l'importanza della diagnosi precoce nelle malattie
neurologiche come il Parkinson, la malattia di Alzheimer, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica:
dati sperimentali ci permettono con più certezza di riconoscere in una fase pre-clinica i pazienti affetti da
patologie neurodegenerative, per le quali solo un intervento terapeutico in fase iniziale potrebbe consentire di
rallentarne o addirittura arrestare la progressione». Tra le altre novità in neurologia, lo sviluppo in ambito
diagnostico si un radiofarmaco per la malattia di Alzheimer, recentemente approvato dall'Fda e dall'ente
regolatorio europeo, che permette di visualizzare, attraverso esami di neuroimmagini, l'amiloide cerebrale e
identificare così i pazienti in una fase molto precoce, addirittura diversi anni prima che compaia la malattia.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La materia grigia resiste ai traumi E ci sorprende
25/02/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 35
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Dall'Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano nuove armi contro il tumore della prostata. Nel centro ARC
di radioterapia avanzata, in particolare, è stata introdotta una nuova tecnica che si avvale della robotica
abbinata agli ioni carbonio, somministrata in un ciclo di soli 5 giorni. Alla conferenza di presentazione della
nuova tecnologia hanno preso parte Umberto Veronesi, direttore scientifico IEO e Roberto Orecchia, direttore
della divisione di radioterapia.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Oncologia Dallo Ieo radioterapia per curare la prostata
24/02/2013
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 8
(diffusione:105812, tiratura:151233)
ENRICO NEGROTTI
DA MILANO li Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) sono una specificità italiana, orientati al
trasferimento delle conoscenze dalla ricerca alla clinica: «Perché la medicina è un'arte per guarire, e deve
essere orientata all'innovazione da condividere poi in tutto il sistema sanitario» spiega il direttore generale
della ricerca sanitaria del ministero della Salute, Massimo Casciello. Ultimo arrivato tra gli Irccs (ora sono 46)
è l'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri" di Milano: «È un riconoscimento di oltre 50 anni di ricerca
indipendente - osserva il direttore Silvio Garattini - e uno stimolo a lavorare per far progredire il sistema
sanitario». Recente è anche la fondazione dell'Istituto di Scienze neurologiche di Bologna «il primo Irccs a far
parte di una grande azienda sanitaria» sottolinea il direttore generale Francesco Ripa di Meana. «Gli Irccs
hanno origine negli anni Trenta del secolo scorso - spiega Casciello - quando chi curava i malati era vicino al
laboratorio di ricerca. È importante riconoscere la logica che guida la istituzione di un Irccs: la Regione che lo
richiede deve dimostrare che la tematica di cui l'istituto si occupa (neurologia, cardiologia) fa parte della sua
programmazione, e che c'è un interesse diretto della Regione a puntare su quel tipo di ricerca». Tra gli Irccs
vengono distribuiti gran parte dei finanziamenti riservati alla ricerca del Servizio sanitario, secondo criteri che
misurino con oggettività la produzione scientifica: «Valutiamo le linee di ricerca attraverso le pubblicazioni su
riviste scientifiche con "impact factor" - aggiunge Casciello -. E di recente abbiamo condotto un'analisi della
produzione di 9.500 ricercatori attraverso un sistema innovativo, realizzato da SciVal (gruppo Elsevier) che
ha confermato l'ottimo lavoro che viene svolto». Che si evince anche da altri dati: «Da quando i bandi di
ricerca sono stati aperti, è cresciuto in modo esponenziale il numero di progetti presentati, e più della metà
sono stati vinti da ricercatori degli Irccs». Il tutto all'insegna della trasparenza: «I bandi e i risultati sono
pubblicati sul nostro sito. Anche i dati relativi alla scelta dei direttori scientifici, rimasta al ministero dopo la
legge 288/2003: la selezione avviene dopo un bando pubblico e la presentazione al ministro della terna di
candidati più qualificati». In futuro, secondo il decreto Balduzzi, sono previste modifiche organizzative: «Da
un lato la durata del riconoscimento, che passa da tre a due anni; dall'altro la classificazione degli Irccs sulla
base di indicatori di valore internazionale». «Ci pare importante l'apertura degli Irccs alla ricerca
farmacologica - osserva Garattini -, che noi abbiamo sempre approfondito per valutare efficacia ed effetti
collaterali dei farmaci. Non abbiamo ricoverati, ma grazie alle nostre ricerche abbiamo circa 80mila pazienti in
Italia. Ora come Irccs entriamo ufficialmente nel Servizio sanitario e potremo concorrere ai bandi del
ministero della Salute». L'Istituto delle Scienze neurologiche di Bologna, spiega Ripa di Meana, può portare
rapidamente la ricerca nell'assistenza: «Abbiamo entro la nostra Usl l'ospedale di Bellaria, specialistico sulle
neuroscienze, e l'ospedale Maggiore, che opera anche nell'urgenza. Questo ci permette una rapida presa in
carico scientifica e assistenziale di malati di sclerosi multipla, epilessia, mielolesioni, e anche di ictus».
SONO PRESENTI IN TREDICI REGIONI Gli Irccs ora riconosciuti sono 46, di cui 20 di diritto pubblico e 26 di
diritto privato, e sono presenti in 13 regioni: Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia,
Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto. Quasi tutte coperte le aree
mediche: la più presente è l'oncologia (11 istituti), frequente la riabilitazione, in diverse sottospecie (6 istituti)
e l'ampio quadro delle neuroscienze (5 istituti), tre gli istituti dediti alla ricerca in campo cardiovascolare,
altrettanti in pediatria e materno-infantile e in dermatologia. Uno ciascuno gli Irccs che si occupano di:
diagnostica per immagini e di laboratorio; ortopedia e traumatologia; oftalmologia; Aids e altre malattie
infettive; malattie psichiatriche; medicina molecolare; riparazione e sostituzione di cellule, organi e tessuti;
urgenza-emergenza; malattie dell'apparato locomotore; farmacologia e sperimentazione clinica sulle malattie
neurologiche, rare e ambientali; medicina del lavoro; trapiantologia; malattie internistiche; malattie
immunodegenerative; geriatria; gastroenterologia; malattie genetiche; ritardo mentale e involuzione cerebrale
senile; neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
80
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Efficienza, via segnata anche per gli Irccs
24/02/2013
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 8
(diffusione:105812, tiratura:151233)
(P. V.)
Casa Sollievo della Sofferenza è sull'orlo del crac? Lo escludo decisamente - risponde CDomenico Crupi,
vicepresidente e direttore generale dell'ospedale di San Giovanni Rotondo -. Lo afferma solo chi non conosce
la situazione finanziaria della sanità pugliese e nazionale, che provoca sofferenze esogene. A quali
sofferenze si riferisce? Quelle generate dalle modalità di determinazione delle tariffe dei ricoveri e delle
prestazioni ambulatoriali, che sono frutto di alchimie burocratiche, che prescindono dalla rilevazione dei costi
standard pugliesi, i quali remunerano solo alcuni fattori produttivi. Le tariffe vengono imposte sovente con
effetto retroattivo e ci costringono, per mantenere gli alti standard di questa struttura, a colmare il buco con le
donazioni, che a noi servono per comprare le attrezzature, visto che la regione non le finanzia. Altre
sofferenze derivano dagli enormi crediti accumulati negli anni sulle prestazioni convenzionate con il servizio
sanitario regionale e mai rimborsate dall'ente locale. Senza contare l'Irap: ci chiedono di rendere circa 5
milioni di euro del finanziamento, mentre quest'imposta viene restituita agli ospedali pubblici in fase di ripiano
dei disavanzi. La causa del buco è quindi la Regione Puglia? Certamente, ma c'è anche un certo clima di
ostilità istituzionale, di cui è difficile comprendere il senso: per esempio l'Agenzia Regionale delle Entrate, in
contrasto con quanto già accertato e definito per gli anni di imposta 2004-2005, ha ritenuto rilevanti ai fini
fiscali e quindi tassabili anche le offerte dei benefattori ,che noi utilizziamo, tra l'altro, per ospitare
gratuitamente le famiglie che assistono i loro figli colpiti da tumore. Settecento famiglie in due anni.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il manager: c'è ostilità nelle istituzioni verso gli ospedali religiosi
classificati
24/02/2013
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 10
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Carne di cavallo trovata in lasagne
Test positivo in ditta di confezionamento ' C Manfredini (Coldiretti): sono 10 anni che chiediamo che sia
imposta la tracciabilità
VITO SALINARO
DA MILANO C'è anche carne di cavallo in un campione di "Lasagne alla bolognese" confezionate dalla ditta
Primia di San Giovanni in Persiceto (Bologna). Si tratta del primo test in Italia positivo ai controlli. Le autorità
hanno quindi disposto il ritiro del prodotto: sequestrate 6 tonnellate di macinato e 2.400 confezioni di
"Lasagne alla bolognese". «Noi la carne la comperiamo, non la produciamo - ha stigmatizzato
l'amministratore delegato dell'azienda bolognese -. Ci arriva già confezionata. La comperiamo come carne di
manzo. Abbiamo la documentazione, con le previste analisi e certificazioni che abbiamo già consegnato ai
carabinieri». L'azienda, ha aggiunto il dirigente, ha comperato la carne da una azienda della provincia di
Bergamo, «nella certezza che si trattasse esclusivamente di carne di manzo». «Qui c'è anche l'Asl - ha
dichiarato -, ed ha trovato che è tutto regolare. Martedì ci sono le contro-analisi: se dovessero confermare
che c'è carne di cavallo, ci riserviamo di rivalerci sui fornitori». «Da 10 anni sollecitiamo maggiore trasparenza
nel settore - ha tuonato Rolando Manfredini, responsabile Qualità di Coldiretti -: non essendo prevista la
tracciabilità per il cavallo ci si accorge di questi "casi" solo quando è tardi. Ma il sistema deve prevenire non
intervenire quando il danno è fatto. Occorre apporre le etichettatura all'origine. Spero che le istituzioni, Ue in
testa, sappiano trarre le dovute conclusioni da questa vicenda. Adoperandosi per arrivare a soluzioni
strutturali. Sarebbe anche ora». Per Confagricoltura, non si dovrebbero creare «nuovi casi mediatici, che
disaffezionano i consumatori e i buyer, e rischiano di penalizzare i produttori onesti che portano nel mondo il
made in Italy di qualità. Le nostre aziende sono fortemente impegnate nell'export e l'allarmismo le penalizza ha evidenziato l'organizzazione di categoria -. Non c'è nessun pericolo per la salute umana e i prodotti in
vendita sono sicuri. Sia chiaro che questo non vuol dire che chi ha frodato non debba essere punito. Al
contrario, occorre essere rigorosi e intransigenti. Il fatto che le frodi vengano scoperte vuol dire che il sistema
dei controlli europei funziona a dovere. In questo caso, l'allarme non sempre è scattato immediatamente
perché ci sono stati comportamenti criminali che hanno impedito che ciò accadesse, come le triangolazioni di
carne equina tra vari Paesi». Così come predisposto dal ministero della Salute che ha recepito una
Raccomandazione europea, i Nas dei Carabinieri continuano a setacciare stabilimenti in tutta Italia alla
ricerca di carne di cavallo non dichiarata. Già prelevati 292 campioni (ben oltre i 200 richiesti dall'Ue) di 121
etichette diverse in centri di produzione, piattaforme e catene commerciali di distribuzione. In merito ai
controlli effettuati, invece, nella carne bovina macinata, cotta e surgelata dalla Nestlè nello stabilimento Safim
di None (Torino) e sequestrata il 21 febbraio dai Nas, si è appreso che non è stata rilevata traccia di Dna di
cavallo. Il ministero della Salute, ha fatto dissequestrare la carne.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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LA SALUTE NEL PIATTO La ditta: non produciamo potremmo rivalerci Verifiche in tutta Italia Nestlè, controlli
a norma
24/02/2013
Avvenire - Milano
Pag. 3
(diffusione:105812, tiratura:151233)
(En.Ne.)
ra qualche giorno potrebbero partire le lettere di licenziamento. Come Rsu stiamo raccogliendo le firme per
riaprire il tavolo del dialogo, ma l'azienda ci ha detto che la trattativa è chiusa». Lo riferisce Margherita
Napoletano, delegata Rsu dell'ospedale San Raffaele, all'assemblea organizzata ieri dal Coordinamento dei
lavoratori della sanità, cui ha partecipato un centinaio di persone, in gran parte delegati delle Rsu di ospedali
milanesi. In effetti giovedì l'amministratore delegato Nicola Bedin con una lettera ha ribadito che «nessun
"tavolo negoziale" né nessun "trattativa" possono essere riaperti» dopo il rifiuto - da parte della Rsu - di
accogliere la proposta del prefetto. E che le lettere di licenziamento possano essere in arrivo è confermata da
un'altra lettera con cui l'azienda ha comunicato alla Rsu criteri e punteggi per individuare i lavoratori
considerati in esubero. La Rsu ha avviato la cassa di solidarietà per raccogliere fondi da destinare ai
dipendenti eventualmente licenziati. Anche i lavoratori del mondo della sanità milanese sono pronti a
mobilitarsi ed è prevista una manifestazione alla prima seduta del nuovo consiglio regionale
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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San Raffaele, licenziamenti vicini? Lavoratori della sanità mobilitati
24/02/2013
Avvenire - Milano
Pag. 4
(diffusione:105812, tiratura:151233)
All'ospedale S. Anna la senologia compie vent'anni
Nel tempo sono cresciuti esperienza e tecnica, più attenzione alla persona
raguardo importante per l'Unità di Senologia dell'Ospedale Sant'Anna di Como-San Fermo. Il servizio, che
raccoglie molteplici specialità, oncologia, diagnostica, chirurgia, radio terapia, ginecologia, fisioterapia,
psicologia, compie vent'anni. «Due decadi accanto alle donne - dice il direttore medico del presidio comasco
Fabio Banfi -, confermando, con il potenziamento dell'assistenza in campo senologico e della dotazione
tecnologica, la vocazione di questo ospedale alla diagnosi e alla cura dei tumori». Dal 1993 a oggi sono state
seguite quasi tremila pazienti. «L'esperienza ci ha permesso di mettere a punto un percorso che segue la
persona, dal primo contatto alla fase dei controlli periodici - spiega Monica Giordano, primario di Oncologia
del nosocomio -. C'è inoltre un approccio multidisciplinare per la discussione dei singoli casi clinici. A questo
si aggiungono le visite collegiali, programmate con cadenza settimanale o quindicinale, per ampliare e
migliorare, con la collaborazione dello psicologo, la comunicazione del programma terapeutico alla paziente».
«Metodi e trattamenti - aggiunge il coordinatore dell'Unità, Aldo Battaini - si sono modificati e aggiornati.
Siamo sempre stati al passo con i cambiamenti, promuovendo, a nostra volta, delle novità. Da qualche mese
è stato introdotto un intervento che permette di rimuovere la neoplasia e, contemporaneamente, di ricostruire.
Dallo scorso luglio c'è il "ricovero in giornata": in presenza di alcune caratteristiche (la residenza in un raggio
di venti chilometri dall'ospedale, le ridotte dimensioni delle lesioni e l'assenza di rischio-complicanze) la
paziente viene curata e subito dimessa e, nel caso di necessità, torna per un secondo "Day Surgery"». Sono
già sette le donne che hanno usufruito di questo servizio, che, riducendo al minimo l'ospedalizzazione, ha
positivi risvolti psicologici. In provincia di Como sono circa 300 le donne che, ogni anno, scoprono di avere un
tumore mammario. Intervenire presto e bene è fondamentale.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Como
24/02/2013
Il Gazzettino - Ed. nazionale
Pag. 10
(diffusione:86966, tiratura:114104)
ROMA - Fino ad ora in Italia solo un test è risultato positivo, permettendo ai Nas di trovare la carne di cavallo
in una confezione di «Lasagne alla Bolognese», confezionate dalla ditta Primia di San Giovanni in Persiceto
(Bologna) che ha acquistato la carne, come bovina, da un'altra ditta. Oltre al ritiro del prodotto è stato
disposto il sequestro di 6 tonnellate di macinato e di 2.400 confezioni. Saranno ulteriori esami ora a vedere se
si può ipotizzare solo una frode in commercio (per la vendita di un prodotto diverso da quello indicato) o se
c'è un rischio per la salute per l'eventuale presenza di carne di animali sottoposti, ad esempio, a doping. Non
c'è traccia di Dna di cavallo, invece, nella carne bovina macinata cotta e surgelata della Nestlé sequestrata il
21 febbraio dai Nas. I test dell'Istituto zooprofilattico di Torino su tutti i campioni prelevati allo stabilimento
Safim di None, in provincia di Torino, sono negativi. Tolti quindi i sigilli a 26 tonnellate di carne. Ma, mentre
proseguono i controlli, fa discutere la proposta del ministro per lo Sviluppo del governo tedesco Dirk Niebel
che condividendo l'idea, lanciata da un parlamentare della Cdu, propone di non mandare al macero i prodotti
sequestrati, ma di darli ai poveri. Un'ipotesi che aveva subito suscitato la reazione piccata delle associazioni
che si occupano dei bisognosi. «Oltre 800 milioni di persone soffrono la fame nel mondo», ha detto il ministro
liberale alla Bild. «E anche in Germania purtroppo esistono persone che hanno difficoltà finanziarie per
sostentarsi. Penso che non dovremmo dare al macero nel nostro Paese prodotti alimentari buoni». La
proposta di destinare ai poveri i prodotti a base di carne di cavallo, presentata da Harting Fischer, ha aperto
un dibattito in Germania. In Italia i carabinieri hanno prelevato finora 292 campioni di 121 diverse marche, sia
presso gli stabilimenti di produzione, sia nelle piattaforme e catene commerciali di distribuzione. Il numero di
campioni acquisiti è già superiore ai 200 richiesti dalla Raccomandazione europea. Resta aperta, in attesa
della misura annunciata dal ministro della Salute Renato Balduzzi di un sistema di tracciabilità dei controlli
sanitari sui cavalli, la questione generale delle etichette trasparenti. In Italia nel 2012 sono stati prodotti nei
macelli 16,5 milioni di chili di carne equina (che comprende anche la carne di asino ma per la maggioranza
riguarda quella di cavallo), ma si stima che appena il 25 per cento derivi da animali nati, allevati e macellati a
livello nazionale. Sono stati importati 30 milioni di chili di carne di cavallo senza l'obbligo di indicarne la
provenienza in etichetta nella vendita al dettaglio tal quale o come ingrediente nei prodotti trasformati. Quasi
la metà dalla Polonia, da Francia e Spagna mentre poco più di un milione di chili proviene dalla Romania che
sembra essere uno dei principali imputati dell'«horsegate» che sta travolgendo l'Europa, emerge da una
analisi della Coldiretti. La Coldiretti: «È necessario estendere immediatamente l'obbligo di indicare in etichetta
la provenienza di tutti gli alimenti».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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La carne di cavallo trovata nelle lasagne
25/02/2013
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 5
(diffusione:86966, tiratura:114104)
All'ex monoblocco il polo riabilitativo
Il distretto sanitario del Lido si specializza nella riabilitazione dei post-operati. Al monoblocco dell'ex ospedale
al mare sono stati prolungati gli orari di apertura al pubblico di molti ambulatori, ma verrà potenziata anche
l'assistenza domiciliare. Anche se la nuova struttura che dovrebbe ospitare il nuovo distretto continua ad
essere un'incognita, l'attività prosegue nel segno della positività e della crescita realizzata negli ultimi anni.
Eccola, la mappa di tutti i servizi i sanitari aperti al Lido in questo 2013. Complessivamente sono operative
ben una trentina di specialità, che offrono una mappa dell'assistenza sanitaria ricca e variegata. Unico neo
l'assenza ancora della Radiologia (c'è quella convenzionata al San Camillo però solo in determinati giorni).
Per il resto l'immagine del distretto sanitario dell'Estuario, diretto da Danilo Corrà, offre un quadro in grande
crescita. Rispetto all'inizio del 2012 sono molte le novità. Nella "Cittadella sanitaria" del Lido sono tornate
alcune specialità importanti: dal primo marzo verrà riaperto, come già annunciato dal governatore del Veneto
Luca Zaia, il Centro diabetologico, è operativo l'ambulatorio di chirurgia plastica, una novità al Lido, per
potenziare l'assistenza ai minori in organico c'è una nuova psicomotricità, mentre un occhio di riguardo è
stato posto per l'intero comparto dell'assistenza domiciliare. Ecco spiegato l'ingresso di un altro coordinatore
infermieristico, per crescere in tutti i settori più "caldi". Percorsi agevolati sono stati studiati poi per i postoperati, i grande maggioranza ortopedici, e per l'accesso alla piscina riabilitativa per la talassoterapia, per
garantire il suo funzionamento è stato ottenuto un quarto bagnino. Una cura per il nuovo distretto che ha
portato ad un positivo incremento delle prestazioni. La struttura, poi, è diventata un punto di riferimento non
solo per i pazienti lidensi, ma anche per quelli provenenti dal centro storico. Dal punto di vista strutturale,
infine, proprio per questo incremento di utenza andranno affrontati urgentemente due problemi: il parcheggio
e la viabilità esterna, nonché la porta di accesso al monoblocco stesso che si presenta, pur in una struttura
sanitaria, non a norma e di difficile accesso, soprattutto per chi arriva in carrozzina o con deambulazione
ridotta. © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Lorenzo Mayer
25/02/2013
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 6
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Invalidità civile, mille in lista d'attesa
«Da due mesi più di mille persone attendono di essere visitate dalle commissioni mediche per il
riconoscimento dell'invalidità civile». A denunciare lo stallo che si è determinato con l'inizio del 2013 per
quanto concerne l'ammissione delle persone invalide ai contributi e alle agevolazioni previste dalla legge, è il
coordinatore regionale della Uildm Gianfranco Bastianello, che attraverso un comunicato stampa chiede alla
Regione di rivedere la propria posizione, al fine di non aggravare la situazione di chi già versa in condizioni di
difficoltà. «In questi giorni di clima elettorale - scrive Bastianello - pochi si sono accorti del dramma strisciante
che colpisce da gennaio migliaia di famiglie nel Veneto». Tantissime persone, infatti, attendono di essere
visitate dalle commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile. «È la conseguenza - spiega - di una
disposizione della Regione che, per adeguarsi al taglio della spesa negli enti pubblici, previsto dal governo,
ha stabilito che i medici che partecipano alle commissioni per il riconoscimento delle invalidità civili, lo
facciano unicamente in orario di lavoro». Va spiegato che i medici che compongono queste commissioni,
sono sanitari che già lavorano secondo un orario prestabilito negli ambulatori pubblici. Fino ad un paio di
mesi fa operavano con un gettone di presenza oltre il loro orario, ma da gennaio questo non è più possibile. È
evidente, quindi, che se un medico esaurisce le ore lavorative, per esempio in ospedale, non è più in grado di
partecipare ai lavori della commissione medica. «Il risultato - sottolinea il coordinatore della Uildm - è il blocco
pressochè totale delle visite per l'accertamento dell'invalidità, visto che le commissioni attualmente riescono a
dare corso solo alle "revisioni" o a visitare i pazienti affetti da patologie tumorali. Si pensi che nella Ulss 12
veneziana, che era una delle poche a regime, si è passati da 650 a 250 visite mensili, determinando un
arretro di oltre mille pazienti, mentre nella Ulss 10 - prosegue - ci sono persone che attendono di essere
visitate ancora da luglio 2012. Tutto ciò - conclude Bastianello - crea danni non indifferenti, perché in assenza
dell'attestazione medica non è possibile usufruire né dei contributi economici, né delle agevolazioni previste
dalla legge 104 o per l'acquisto di vetture e di ausili». © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Mauro De Lazzari
23/02/2013
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 30
(diffusione:103223, tiratura:127026)
PRIMA DI FARE NUOVI OSPEDALI CHIARIAMO IL MODELLO DI SANITÀ
RAFFAELLA DELLA BIANCA
CONTINUO a leggere interventi pro o contro la localizzazione del "nuovo" ospedale di ponente ai piedi della
collina degli Erzelli. Si è saputo anche che la Regione Liguria avrebbe commissionato alla Società
Infrastrutture Liguria uno studio di fattibilità comparato tra i due siti alternativi di villa Bombrini o, appunto, gli
Erzelli. Temo che la questione, ancora una volta, sia stata posta male, con uno sguardo più sui fantasmi del
passato che sulle necessità del futuro. Prima che sui "contenitori" (gli ospedali) bisognerebbe chiarirsi le idee
sui contenuti e cioè su quale tipo di assistenza sanitaria abbiamo in mente per i prossimi decenni . Un
approccio di politica sanitaria fondato su criteri scientifici, basato sui contenuti e non finalizzato a operazioni
di consenso elettorale, ci farebbe capire che un nuovo ospedale per acuti così come lo vediamo oggi, così
come immaginiamo di progettarlo e costruirlo, così come entrerà in funzione tra sei o sette anni - così si
promette agli elettori - è un non senso assoluto. Sappiamo infatti che nel giro di due decenni quelle patologie
che caratterizzano l'attività appropriata degli ospedali per acuti (patologie a cura chirurgica complessa o
richiedenti l'impiego di tecnologie pesanti e/o di equipe multispecialistiche) necessiteranno di un fabbisogno
di posti letto di molto inferiore all'attuale : 1,5 - 2 posti letto ogni mille abitanti (contro i 3 - 3,5 attuali). Per
l'area urbana genovese il fabbisogno assistenziale per acuti ospedalieri sarà soddisfatto appropriatamente
cioè da di 1000-1200 posti letto contro i 2.500 posti letto attuali. Tanto per capirci una struttura con i volumi
del San Martino potrebbe coprire adeguatamente le necessità di tutta la città. Paesi come la Spagna, la Gran
Bretagna e organizzazioni assistenziali come Kaiser Permanente negli Usa lavorano da almeno un decennio
su queste tematiche ed hanno seriamente avviato una riconversione delle proprie risorse assistenziali. La
questione perciò non è tanto se costruire nuovi ospedali o dove. È piuttosto un'altra: come reimpostare
complessivamente l'assistenza e soprattutto come prepararsi a garantire ai cittadini quell'assistenza per gli
anziani e per le patologie croniche che fino ad oggi o stiamo ignorando (la Liguria è tra le regioni con la più
povera offerta in strutture residenziali non ospedaliere) o stiamo erogando in setting assistenziali impropri e
inefficienti (gli ospedali per acuti). Le macro questioni da affrontare sono almeno cinque: 1) come realizzare
l'assistenza primaria, di "prossimità" sulla quale andrà reimpostata tutta l'offerta assistenziale, sia dal punto di
vista delle risorse umane (i gestori saranno i medici di medicina generale? oppure i distretti ? che ruolo
dovranno avere i sanitari non medici ?), sia strutturali (ospedali di quartiere ?, case della salute ? strutture
miste socioassistenziali ? studi associati e poliambulatori ? telemedicina domiciliare ?), sia per quanto
concerne le formule organizzative (solo pubblico? pubblico/accreditato ? competizione privato/privato?). 2) a
quale livello "intrecciare" assistenza sanitaria e assistenza sociale; 3) con quali assetti concentrare le attività
specialistiche ospedaliere; 4) come razionalizzare la rete dell'emergenza, non solo dal punto di vista
assistenziale, ma anche dal punto di vista della viabilità; 5) come far viaggiare e trattare le informazioni
attraverso le quali diagnostichiamo, curiamo e gestiamo nel lungo termine la salute delle persone. Se non ci
facciamo prima una idea concreta su questi cinque punti dirimenti, progettare e costruire nuovi ospedali è
roba da stolti. Perché la necessità primaria, da qui a dieci anni, sarà come dismettere o riconvertire la metà
dei posti letto "generalisti ospedalieri" oggi esistenti e come rimpiazzarli con strutture di media/bassa intensità
assistenziale.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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L'INTERVENTO
24/02/2013
Il Secolo XIX - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:103223, tiratura:127026)
CARNE EQUINA ANCHE NELLE LASAGNE VENDUTE IN LIGURIA
GNECCO
e altri servizi >> 11 ROMA. Fino ad ora in Italia solo un test è risultato positivo, permettendo ai Nas di trovare
la carne di cavallo in una confezione di "Lasagne alla Bolognese", confezionate dalla ditta Primia di San
Giovanni in Persiceto (Bologna) che ha acquistato la carne, come bovina, da un'altra ditta. Oltre al ritiro del
prodotto è stato disposto il sequestro di 6 tonnellate di macinato e di 2.400 confezioni. L'azienda, in una nota
firmata dall'amministratore delegato, Franco Bignami, ha ribadito «di acquistare la materia prima, carne
bovina, con regolari documenti che escludono la contaminazione di carne equina» e annuncia che si rivarrà
sul fornitore qualora l'irregolarità venisse confermata nelle controanalisi». Ci saranno ulteriori esami per
vedere se si può ipotizzare solo una frode in commercio (per la vendita di un prodotto diverso da quello
indicato) o se c'è un rischio per la salute per l'eventuale presenza di carne di animali sottoposti, ad esempio,
a doping. Non c'è traccia di Dna di cavallo, invece, nella carne bovina macinata cotta e surgelata della
Buitoni-Nestlè sequestrata il 21 febbraio dai Nas. I test su tutti i campioni prelevati allo stabilimento Safim di
None in provincia di Torino sono negativi. Permettendo così il dissequestro di 26 tonnellate di carne che finirà
in tortelli e ravioli. Ma, mentre proseguono i controlli, fa discutere la proposta del ministro per lo Sviluppo del
governo tedesco Dirk Niebel che condividendo l'idea, lanciata ieri da un parlamentare della Cdu, propone di
non mandare al macero i prodotti sequestrati ma di darli ai poveri. «Oltre 800 milioni di persone soffrono la
fame nel mondo», ha detto il ministro liberale alla Bild . «E anche in Germania purtroppo esistono persone
che hanno difficoltà finanziarie. Penso che non dovremmo dare al macero prodotti alimentari buoni». La
proposta di destinare ai poveri i prodotti con carne di cavallo non dichiarata, ha aperto un dibattito in
Germania. Dal mondo dell'associazionismo si è sollevata la protesta di chi pensa che «i poveri non siano una
classe di serie B, cui destinare prodotti che altri non vogliono consumare». O nocivi: in Francia sono in
commercio tre carcasse al fenilbutazone, antiinfiammatorio tossico per l'uomo, che si somministra ai cavalli.
In Italia e in Europa i controlli proseguono a tappeto. Il presidente francese Hollande chiede nuove leggi
europee sulla tracciabilità e anche il ministro della Salute Renato Balduzzi parla di «etichette trasparenti». In
Italia nel 2012 sono stati prodotti nei macelli 16,5 milioni di chili di carne equina ma si stima che appena il
25% derivi da animali nati, allevati e macellati a livello nazionale mentre la stragrande maggioranza viene
dall'estero. Sotto accusa, in particolare, la Romania.
Foto: Controllo dei Nas su carni bovine in un supermercato ANSA
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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IL MARCHIO PRIMIA
24/02/2013
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 19
(diffusione:103223, tiratura:127026)
Pronto soccorso ko quaranta pazienti per ore sulle barelle
Più di 100 ricoveri in mezza giornata: scoppia il caos «Virus di stagione e basse temperature accentuano
quadri clinici già seri di per sé»
PABLO CALZERONI
PIU' DI CENTO pazienti arrivati in poco meno di 12 ore. È ancora allarme sovraffollamento al pronto soccorso
del San Martino. L'altro ieri la direzione sanitaria dell'ospedale aveva dovuto chiedere un alleggerimento alla
centrale operativa del 118, ovvero il blocco dei ricoveri dei pazienti meno gravi, perché in un colpo solo i
medici avevano dovuto gestire l'arrivo di sei persone in pericolo di vita nel giro di pochi minuti. Ieri mattina la
situazione è arrivata al limite per colpa del freddo e della neve, che hanno riversato nelle salette al piano terra
un esercito di genovesi afflitti da problemi respiratori, scompensi cardiaci, febbre e chi più ne ha più ne metta.
Intorno a mezzogiorno, al primo piano della struttura ogni centimetro quadrato era occupato da barelle: 40,
tra la sala monitor e gli open space. Alle 14, quando è smontato il medico di guardia dall'unità di crisi, tutto è
ricaduto sulle spalle dei tre colleghi rimasti, che hanno dovuto assistere più di 70 malati
contemporaneamente. Al Galliera e al Villa Scassi, per fortuna, le cifre erano di gran lunga inferiori. «Medici e
infermieri sono troppo pochi e solo grazie a sforzi inimmaginabili riescono a mantenere il servizio ai massimi
livelli - spiega un operatore dell'ospedale - Ma i tempi di attesa si allungano inevitabilmente e capita ormai
troppo spesso che un ricoverato debba rimanere in barelle per più giorni di seguito». Di solito, quando il
freddo è meno intenso, i giorni neri del sovraffollamento si registrano all'inizio della settimana. Ma ieri le
temperature in picchiata hanno sparigliato le carte, presentando il conto stagionale in un colpo solo. Se di
mattina le stanze al piano terra del pronto soccorso del San Martino non erano così piene come quelle al
piano superiore, nel pomeriggio si è raggiunto un drammatico equilibrio, per l'arrivo di nuovi malati. «Alle
17.30 abbiamo chiesto un alleggerimento degli accessi alla centrale operativa del 118 - dice il primario Paolo
Moscatelli - È chiaro che il freddo e la neve hanno avuto il loro peso in questo incremento dei ricoveri». Il
nesso è evidente se si considera che l'età media dei ricoverati è di circa 80 anni: «Con le basse temperature
e in generale durante tutto l'inverno, chi sta già male per condizioni fisiche precarie dovute a patologie
croniche può aggravarsi. È un dato di fatto: la maggior parte delle persone che curiamo nel nostro
dipartimento rientra in questa categoria e presenta quadri clinici molto seri». Uno dei problemi principali, che
discende direttamente dall'età avanzata dell'utenza, riguarda proprio il periodo di degenza, troppo elevato
secondo gli addetti ai lavori. La soluzione, secondo gli esperti, sta nell'attivazione di strutture alternative su
tutto il territorio. A peggiorare le cose ci pensano poi i batteri e i virus di stagione: le epidemie cosiddette
invernali hanno raggiunto il picco massimo proprio alcuni giorni fa e il trend non è affatto diminuito. Lo si può
dedurre dal numero di codici bianchi (i codici dei pazienti che presentano problemi risolvibili con una visita
ambulatoriale e che si recano al pronto soccorso senza una reale necessità): all'ora di pranzo erano 20,
contro 52 verdi (i casi meno gravi sulla scala delle urgenze), 29 gialli (quelli medio gravi) e 3 rossi (quelli più
urgenti). «Il fatto che tre medici assistano 70 malati contemporaneamente è purtroppo del tutto nella norma dice il primario Paolo Moscatelli - Le difficoltà vengono superate grazie allo spirito di sacrificio e all'alta
professionalità del personale sanitario. Le misure adottate dai reparti dell'ospedale per accogliere il maggior
numero di malati funzionano, ma a volte non sono sufficienti soprattutto quando si registrano afflussi record».
«Certo è che il sistema dell'emergenza in generale potrebbe essere migliorato - aggiunge Moscatelli - Penso
al progetto "Semaforo digitale", un sistema che permetterebbe alla centrale del 118 di leggere in tempo reale
la disponibilità delle strutture per indirizzare i malati in quelle meno affollate».
Foto: Ennesima giornata difficile al pronto soccorso del San Martino
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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EMERGENZA ALL'OSPEDALE SAN MARTINO
25/02/2013
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 13
(diffusione:103223, tiratura:127026)
LEUCEMIA, BATTUTE LE CELLULE IMMORTALI
ANGELO MICHELE CARELLA
FINO a qualche tempo fa, la leucemia mieloide cronica portava alla morte la maggior parte dei pazienti entro
quattro anni e l'unica opportunità di cura era il trapianto di midollo osseo, attuabile solo in alcuni casi. Oggi,
invece, il 70-80 per cento dei pazienti a nove, dieci anni dalla diagnosi continua la cura e conduce una vita
normale. La rivoluzione nella terapia di questa malattia che colpisce la cellula staminale, quella che dà origine
a tutte le cellule del sangue, è stata possibile grazie a un farmaco chiamato imatinib. Che agisce sulla tirosinchinasi, un enzima specifico dalla cui attivazione dipende l'immortalizzazione della cellula leucemica che
diventa anarchica rispetto ai sistemi di controllo dell'organismo. E quindi fa sviluppare la patologia. Ma la
scienza ovviamente non si ferma. Oggi i test di laboratorio ci consentono di sapere come sta andando la
malattia e di prevederne il percorso. Se un paziente dopo tre mesi di cura risponde particolarmente bene, la
sua prognosi sarà nettamente migliore e avrà anche moltissime probabilità di avere una lunga sopravvivenza
e forse guarire. Quindi i test di laboratorio molecolari sono fondamentali per poter seguire il malato e definire
la risposta alle cure. Per questo, in base a questi parametri, oggi per i pazienti a basso rischio di progressione
di malattia alla diagnosi, imatinib resta il farmaco di prima linea, tenendosi sempre pronti a intervenire con
altri due medicinali, nilotinib o dasatinib. Nei pazienti più complessi è invece preferibile utilizzare da subito un
farmaco di seconda generazione. Ciò che conta è che si segua regolarmente la terapia nel tempo, perché
dall'adesione alle cure dipende la vita del malato. Da questo punto di vista, ci sono ovviamente meno
problemi con un'unica compressa al giorno, che sicuramente viene accettata più volentieri. Infine, tra le
novità, è stato recentemente dimostrato dal nostro gruppo di ricerca di Genova che il trattamento con farmaci
come quelli citati associati ad un vecchio antibiotico, claritromicina, è in grado di bloccare l'autofagia, un
processo che può consentire alle cellule leucemiche di diventare inerti e quindi sopravvivere anche in
situazioni di disagio. Con questa associazione sono state raggiunte notevoli risposte molecolari in quattro
pazienti con malattia in fase avanzata. Si tratta di piccoli, ma importanti passi avanti nella lotta alla malattia.
PROF. ANGELO MICHELE CARELLA Direttore, Unità Operativa Complessa Ematologia 1 IRCCS AOU San
Martino IST Genova
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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LE NUOVE CURE
25/02/2013
La Repubblica - Affari Finanza - N.7 - 25 febbraio 2013
Pag. 25
(diffusione:581000)
IL SUPERCOMPUTER DELL'IBM DIVENTATO CELEBRE PER AVER VINTO A "JEOPARDY" ORA METTE
LE SUE SCONFINATE CAPACITÀ DI CALCOLO AL SERVIZIO DELLE TERAPIE ONCOLOGICHE PIÙ
AVANZATE, CHE RICHIEDONO L'ELABORAZIONI DI NUMERI ELEVATISSIMI DI STATISTICHE
Patrizia Feletig
Roma Finito il tempo dei giochi, ora Watson trova un lavoro. Il supercomputer dell'Ibm, divenuto famoso nel
2011 per aver sbaragliato tutti i concorrenti di Jeopardy, il popolarissimo quiz televisivo americano, è entrato
nelle corsie dello SloanKettering di New York, uno dei centro di eccellenza nella lotta contro il tumore, e
affianca gli oncologi nella diagnosi e nella scelta dei trattamenti. Sottoposto per mesi a un martellante
addestramento, ha imparato a immagazzinare nel suo database tutte le conoscenze sui tumori oggi
disponibili al mondo. Durante i due anni propedeutici, Watson ha assimilato milioni di pagine di manuali e
riviste mediche, divorato centinaia di migliaia di cartelle cliniche di malati, aggiornato costantemente la
casistica integrandola con quella di pazienti di altri istituti di punta nella lotta al tumore, per costruirsi un
bagaglio di conoscenze che sfida ogni capacità umana. Un esempio? Watson assorbe 200 milioni di pagine
in tre secondi, una voracità cognitiva paragonabile solo a quella dell'extraterrestre ET. Un'onniscienza
preziosa in un settore, quello medico, dove ogni cinque anni le informazioni raddoppiano e mediamente un
paziente su 5 riceve una diagnosi errata o incompleta. A differenza degli altri computer, Watson supera il
classico concetto di calcolatore per approdare a quello di macchina evoluta che pensa e impara con gli stessi
percorsi di apprendimento di un cervello umano. Infatti, man mano che arricchisce la sua esperienza,
acquisendo nuovi sintomi, altri test, ulteriori riscontri sugli effetti curativi, Watson rimodula e affina la sua
proposta terapeutica rendendola più personalizzata al profilo del paziente. Il risultato è stupefacente: le
probabilità che il trattamento suggerito dalla macchina sia giusto, dicono non solo dall'azienda ma anche dai
centri medici coinvolti nella sperimentazione, superano 90%. Così l'Ibm ha deciso di proporre una versione
commerciale del servizio di Watson agli ospedali statunitensi che ora attraverso la nuvola digitale possono
accedere alla sua sapienza. Rispetto alle prime versioni del super-computer sviluppato da 90 ricercatori tra
cui anche tre ingegneri italiani, nei laboratori di Yorktown Heights (New York), il "dottor Watson" ha
moltiplicato per 240 volte la sua potenza computazionale, riuscendo al contempo a rimpicciolire l'ingombro di
75% visto che funziona su un unico server Power 750. Il gruppo guidato dal Ceo Virginia Rometty investe
pesantemente in R&S. Nel 2012 la spesa ha raggiunto 6,3 miliardi di dollari, in ulteriore pur lieve crescita
rispetto al 2011. Watson, capace di una potenza di calcolo di 80 teraflop, ossia 80 volte mille miliardi di
operazioni al secondo, abbinata alla sua facoltà di comprendere e rispondere a comandi verbali espressi in
linguaggio naturale nonché interagire senza barriere con umani anche non informatici, è un modello di
Intelligenza Artificiale senza rivali con una ricca promessa di ritorni economici. Si stima che entro il 2015, i
prodotti commerciali di Watson faranno confluire nelle casse di Big Blue 16 miliardi di dollari. Nel campo della
salute è in corso un'altra sperimentazione con WellPoint, la più grande mutua privata statunitense. Qui il
sistema computazionale cognitivo del supercomputer contribuisce a ridurre gli sprechi, evitare di duplicare i
test clinici, ottimizzare le opzioni terapeutiche e accelerare l'iter per l'approvazione di un trattamento
all'assicurato. Nell'ambito oncologico dove il costo delle cure cresce a velocità tripla rispetto ad altre
patologie, l'apporto tecnologico può fare la differenza. Basandosi sull'analisi e sull'interpretazione di migliaia
di cartelle cliniche di casi reali, appunti dei medici, feedback clinici, con quasi 15mila ore di addestramento,
Watson guida il management di WellPoint nell'analisi delle richieste di trattamento e nell'interazione con gli
operatori sanitari abbreviando i tempi decisionali. Il successo del progetto pilota fa ritenere all'azienda che
oltre 1.600 operatori della prevenzione sanitaria utilizzeranno il prodotto targato Ibm entro la fine dell'anno. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA IBM
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Watson dai telequiz alla medicina un database per la lotta al tumore
25/02/2013
La Repubblica - Affari Finanza - N.7 - 25 febbraio 2013
Pag. 25
(diffusione:581000)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Foto: Nella foto sopra, il supercomputer Watson dell' Ibm (dal nome del fondatore): l'azienda ha scoperto il
grande business di affittarne la capacità di calcolo ai centri medici d'avanguardia
25/02/2013
ItaliaOggi Sette - Ed. nazionale
Pag. 33
(diffusione:91794, tiratura:136577)
Fondi ai progetti di ricerca sulla Sla
AriSLA, Fondazione italiana di ricerca per la sclerosi laterale amiotrofica, apre il nuovo bando di concorso per
l'assegnazione di finanziamenti per la ricerca scientifica sulla Sla. I finanziamenti saranno assegnati a
ricerche che portano avanti ambiti di studio promettenti (fino a 300 mila euro) e studi che hanno l'obiettivo di
sperimentare nuove strade (fino a 60 mila euro). Si possono presentare i progetti di ricerca fino al 20 marzo.
Per informazioni: www. arisla.org.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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SCELTI & PRESCELTI
23/02/2013
Milano Finanza - Ed. nazionale
Pag. 36
(diffusione:100933, tiratura:169909)
Francesca Vercesi
In Europa il contesto macro resterà complesso e il sentiment degli investitori ancora debole. Per sfruttare
allora le opportunità dei prossimi mesi è necessario assumere posizioni sia lunghe sia corte. Parola di
Michael Barakos, cio dell'azionario europeo di Jp Morgan am e gestore del fondo Europe equity plus.
«L'azionario europeo nonè guidato dalla crescita domestica ma dall'esposizione ai mercati esteri», spiega il
gestore che investe direttamente nelle società europeee fa uso di strumenti derivati. E continua: «Le
valutazioni attuali sono il presupposto di rendimenti interessanti. I titoli di alta qualità e utili positivi non
mancano». Qualche esempio? Novo nordisk. «La societàè leader nel mercato farmaceutico con il 25% di
quota di mercato di prodotti per la cura del diabete e si prevede che la popolazione globale con problemi
legati all'obesità crescerà, secondo un'indagine di Commerzabank, dai 366 milioni del 2011 ai circa 552
milioni del 2030. Il gruppo ha mantenuto nel tempo un rendimento del capitale investito significativamente
superiore al costo del capitale», precisa il money manager. A seguire, Aggreko. «Questo è un esempio di
come si possa trarre vantaggio dall'assunzione di posizioni short», continua Barakos. Il provider di generatori
mobili di elettricità e strumenti per il controllo della temperatura aveva un elevato rating supportato da utili in
rialzo ma che in estate hanno cominciato a scendere. Questo, il rallentamento del settore e la debolezza della
domanda hanno fatto sì che le valutazioni diventassero eccessive. Il gestore ha assunto una posizione corta
sul titolo due settimane prima che la notizia del calo degli utili diventasse pubblica. Il titolo è crollato del
21,7% in un giorno. Segno più anche su Easyjet, «che ha ridotto le rotte con minori margini di guadagno e
che si sta concentrando sulla clientela business e sul servizio per la scelta de posti a pagamento» e sui titoli
dell'energia, da Total a Royal Dutch Shell, da Eni a Erg. E poi finanziari, tlc e pharma come Hsbc holdings,
Novartis, Roche, Vodafone, Bayer, Nestlé, Anheuser-Busch Inbev. Sul fatto che la valutazione delle azioni di
qualità europee sia ancora molto convincente, anche e soprattutto per effetto dei timori sulla macroeconomia,
è Vincent Strauss, ceo di Comgest am. La società sta puntando sul fondo Comgest growth europe che
investe attivamente su società europee a grande capitalizzazione con alto potenziale di crescita nel lungo
periodo. E, in questo caso, i settori preferiti sono piuttosto i leader in settori come vendita al dettaglio di moda
e tessuti, beni di lusso, biotech, trasformazione dei prodotti alimentari, software e tecnologie mobili.
(riproduzione riservata)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Combinare posizioni lunghe e corte in Europa è la mossa giusta
23/02/2013
Milano Finanza - Ed. nazionale
Pag. 89
(diffusione:100933, tiratura:169909)
La ricetta del tele-paziente
Gianluca Zapponini
La rivoluzione tecnologica bussa anche alla porta della medicina. Malattie croniche come il diabete e
l'ipertensione, tanto per citarne qualcuna, potranno infatti da oggi essere comodamente curate a casa
propria. Come? Grazie a un sistema presentato pochi giorni fa a Roma e messo a punto dal gruppo Telbios,
attivo nei servizi di tele-medicina, in collaborazione con Qualcomm Life. Un progetto pilota grazie al quale il
paziente potrà ricevere tutte le cure necessarie direttamente a domicilio, assistito dal medico personale e
utilizzando specifiche apparecchiature di tele-monitoraggio come elettrocardiografo, bilancia, ossimetro,
glucometro, misuratore di pressione e termometro. Il tutto, con la costante supervisione di un triage
infermieristico fornito dal Centro servizi Telbios Tutto questo avrà un impatto significativo sul Sistema
sanitario nazionale. Curare i pazienti a distanza significa risparmiare sui già enormi oneri della sanità «dal
momento che oggi circa l'80% dei costi sanitari riguarda la cura delle malattie croniche», spiega a MF-Milano
Finanza l'ad di Telbios, Renato Botti. «Questo nuovo metodo mira a rendere sostenibile il Servizio sanitario
nazionale, dandone un drastico taglio ai costi». Monitorare i pazienti a casa significa infatti decongestionare
le corsie degli ospedali e i pronto soccorso. «Il nostro progetto potrà contribuire allo snellimento del lavoro e
quindi alla riduzione dei costi» aggiunge Botti. Gli obiettivi sono quindi quelli di uguagliare i risultati rilevati
dallo studio clinico effettuato dal National Healthcare System nel Regno Unito denominato Whole System
Demonstrator, riducendo gli accessi al pronto soccorso (-20%), diminuendo i ricoveri ospedalieri (-11%),
contrastando la progressione della patologia cronica e migliorando la qualità della vita dei pazienti. Evidente
l'impatto positivo sulla spesa sanitaria complessiva, considerando che le patologie croniche interessano il
27% della popolazione, incidendo sul 70%-80% sui costi totali. Il monitoraggio a distanza delle patologie
croniche partirà proprio in questi giorni: «Entro questo mese avremo già 100 pazienti mentre da qui a un anno
puntiamo ad averne almeno 1.500». Al momento inoltre, hanno aderito al progetto su base volontaria oltre
300 medici di famiglia organizzati in cooperativa con al seguito 37 mila loro pazienti. (riproduzione riservata)
TELBIOS
Foto: Renato Botti
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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MEDICINA
23/02/2013
Milano Finanza - Ed. nazionale
Pag. 90
(diffusione:100933, tiratura:169909)
Ambizioni Oltreoceano
Giorgio Naccari
L'obiettivo è conquistare anche l'estero dopo essere entrati in oltre 10 mila delle 22 mila farmacie italiavne.
Un ambizioso programma export che dovrà concretizzarsi entro i prossimi due anni, con sicure puntate negli
Stati Unitie in molti altri paesi oltreoceano. Al momento Zeta Farmaceutici, l'azienda di Sandrigo che può
contare anche su Marco Viti e Idea Natura, lavora per grosse società estere. Nata nel '49 ma di fatto
cresciuta nei primi anni 70 Zeta Farmaceutici produce il 20% del suo fatturato con farmaci per conto terzi, il
25% con farmaci propri a il rimanente con i cosmetici e gli integratori alimentari con vari brand che vanno da
Euphidra, indubbiamente il più conosciuto, a Kaleido,a Zetafooting,a Prolife,a Zetavit passando per tutto ciò
che è benessere per il corpo all'igiene, ai solari, alla bellezza e, appunto, agli integratori. «In Italia abbiamo
ancora la volontà di crescere», confida a Milano Finanza, Cesare Benedetti, presidente del gruppo vicentino,
«il mercato del cosmetico è in continua evoluzione. Le farmacie puntano molto sui prodotti non farmaceutici
perché contribuiscono al loro giro d'affari e perché donne e uomini credono sempre più nella cura e nel
benessere del proprio corpo. Oggi abbiamo circa 200 dipendenti ed oltre 120 venditori esternie siamo in oltre
10 mila farmacie. Calcolando che esse sono 22 mila abbiamo ancora molto da lavorare». Sessantaquattro
milioni di euro di fatturato con previsioni di un ulteriore crescita tra l'8 e il 12% per quest'anno, il gruppo Zeta
farmaceutici pur avendo un 55% della produzione rivolta al cosmetico e agli integratori punta molto anche sui
farmaci. «Un tempo», dice ancora Benedetti, «venivano indicati come farmaci galenici, quelli che il farmacista
riusciva a creare nel retro della bottega. Oggi vengono chiamati prodotti generici e sono sempre più richiesti».
Con Euphidra e tutti gli altri brand del cosmetico e dell'integrazione alimentare il gruppo vicentino punta molto
sulla collaborazione dei farmacisti, sulla visibilità del prodotto nello scaffale, nella preparazione dei venditori
che, spesso, vengono chiamati nella sede di Sandrigo per essere informati sulle novità, sul lancio di nuovi
prodotti che, spesso, sono più di una trentina all'anno. Presente in modo massiccio e costante in tutte le
regioni del nostro Paese, Zeta farmaceutici riesce a fornire un prodotto di qualità ad un prezzo competitivo e
da qualche tempo stanno crescendo, in stagione, i solari sempre più usati da tutti, le donne per se stesse e
per i bambini e molto anche gli uomini. «Il prossimo biennio», spiega ancora Cesare Benedetti,
«rappresenterà per noi un importante passo per entrare nell'export dove oggi lavoriamo solo per conto terzi e
con i farmaceutici. Siamo convinti che il Made in Italy di qualità è sempre molto richiesto. Abbiamo come
obiettivo primario gli Stati Uniti, ma cercheremo di entrare in molti paesi anche europei. Sarà una naturale
espansione del gruppo. Con Ephidra spaziamo dalle creme corpo e viso al make up, al trattamento dei
capelli, alle pelli sensibili. Abbiamo una esperienza tale da poter pensare a un successo anche nell'export».
(riproduzione riservata)
Foto: Cesare Benedetti
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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ZETA FARMACI
23/02/2013
Corriere Medico - N.23 - dic/gen 2013
Pag. 13
(diffusione:37939, tiratura:38635)
Leucemia mieloide cronica prove mondiali di guarigione
Path to thè cure, progetto internazionale destinato a cambiare la vita dei pazienti Lmc
Bologna - CECILIA RANZA
Obiettivo: libertà definitiva dalla terapia grazie a una parola, guarigione, sempre più a portata per la Lmc,
leucemia mieloide cronica (Philadelphia positiva). La filiera, aperta da Novartis con imatinib (1998), si è
rinsaldata con nilotinib, inibitore evoluto della tirosinchinasi, e concretizzata nel progetto "Path to thè cure",
che oggi approda alla ricerca ENESTFreedom. Sospendere la terapia Le premesse nascono da osservazioni
scaturite circa tre anni fa in piccoli numeri di pazienti, così significative da essere "proof of concept": «II 50%
dei pazienti che raggiungeva lo stadio di malattia minima residua non aveva recidive, nonostante la
sospensione della terapia» spiega Giuseppe Saglio, ospedale clinico-universitario San Luigi Gonzaga,
Orbassano (Torino). Ecco perché ENESTFreedom vagherà nilotinib (300 mg x 2 v/die) rispetto alla
remissione molecolare completa e, a seguire, alla sospensione del trattamento strettamente monitorata, per
dichiarare la guarigione o, se necessario, per riprendere le somministrazioni: «Sappiamo già che la risposta a
un nuovo ciclo di terapia non cambia» assicura Saglio. Per ENESTFreedom il coinvolgimento è mondiale e
ben otto sono i centri italiani già arruolati, a riprova del prestigio, conquistato sul campo, dell'ematologia di
casa nostra. «Garantiamo diagnosi e monitoraggio ad altissimo livello grazie a Labnet, rete di 36 laboratori
distribuiti sul territorio, nata nel 2007. Nella Lmc, le indagini fondamentali (esame citogenetico, analisi
molecolare con Per, quantizzazione del residuo cellulare, ricerca di mutazioni nel sito catalico), sono
sofisticate e indispensabili: Labnet le garantisce senza ostacoli legati alla regionalizzazione. E così che si
orienta la terapia migliore per il paziente, monitorando la risposta con accuratezza assoluta. Del resto, il
primo studio con nilotinib su pazienti di nuova diagnosi è stato italiano» precisa Fabrizio Pane, presidente
della Società italiana di ematologia. Path to thè cure indagherà anche altro: «Imatinib è stato un passaggio
fondamentale nel trattamento della Lmc, ma ci sono pazienti che non rispondono con l'efficienza sperata.
Ebbene, Path to thè cure vagherà se il passaggio a nilotinib può essere risolutivo. Ancora: si vuole
confermare che una certa percentuale di pazienti in terapia con imatinib in remissione molecolare completa,
può sospendere del tutto il farmaco» precisa Michele Baccarani, università di Bologna. «Ricordo inoltre che la
Lmc è un arcipelago di malattie, in alcuni casi resistente a qualunque attacco. Per questo si studiano
protocolli di associazione tra nilotinib e interferon». Se nilotinib confermasse la propria efficacia (e la buona
tollerabilità, dichiarata da curanti e trattati), anche i conti del Ssn prenderebbero fiato: «II costo della Lmc in
Italia è oggi di 150 milioni euro/anno, con un aumento di 20 milioni ogni anno. Capire quali forme di Lmc
rispondono a nilotinib, e quanto, è essenziale per ottimizzare i costi» aggiunge Baccarani. In Italia 700 nuovi
casi/anno Conclude Baccarani: «La Lmc, per la maggior parte, viene diagnosticata casualmente. Letà media
è attorno ai 55 anni, con un'incidenza annuale, in Italia, di 700-800 nuovi pazienti. L'unica associazione
riconosciuta è quella con l'esposizione alle radiazioni ionizzanti. Disporre di una terapia in grado sia di
abbattere il rischio di progressione verso la fase accelerata, sia di raddoppiare la percentuale di pazienti con
risposta molecolare completa (e che, in prospettiva, potrà dichiararsi guarita) è un'autentica svolta».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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MEDICINA RICERCA E NUOVE TECNICHE
23/02/2013
Corriere Medico - N.23 - dic/gen 2013
Pag. 14
(diffusione:37939, tiratura:38635)
Via libera al vaccino contro la meningite B si può somministrare dall'età di
due mesi
E' IL PRIMO VACCINO che garantisce protezione contro il meningococco di tipo B per tutte le fasce d'età,
inclusi i lattanti. A dare il via libera all'immissione in commercio di MenB è la Commissione europea: «Si tratta
di una svolta determinante nella lotta alla malattia meningococcica» ha affermato Gianni Bona, direttore della
Clinica Pediatrica di Novara e ordinario di Pediatria, Università del Piemonte Orientale "A. Avogadro".
«Grazie a questo nuovo vaccino abbiamo finalmente tutti gli strumenti per sconfiggere la malattia
meningococcica, evitando tanta sofferenza ai bambini piccoli, la fascia di età maggiormente colpita, e alle loro
famiglie». La prevenzione è determinante: ricordiamo che un paziente con meningite su 10 decede
nonostante la terapia. A partire dai due mesi di età, il vaccino multicomponente contro il meningococco B,
frutto della ricerca Novartis, può essere somministrato secondo diverse schedule di vaccinazione che
possono integrarsi con il calendario delle vaccinazioni di routine.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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brevi MEDICINA AMBULATORIO
23/02/2013
Corriere Medico - N.23 - dic/gen 2013
Pag. 14
(diffusione:37939, tiratura:38635)
Vaccino anti-pneumococcico 13-valente l'Europa approva l'estensione
d'impiego
LA COMMISSIONE europea ha approvato l'estensione d'uso del vaccino pneumococcico coniugato Prevenar
13. L'impiego quindi è ora permesso anche nei bambini e adolescenti di età compresa tra 6 e 17 anni. I
bambini che in precedenza non hanno mai ricevuto Prevenar 13 possono essere trattati con una singola dose
di vaccino. Prevenar era stato introdotto in Europa nel 2009 per neonati e bambini dalla sesta settimana ai 5
anni. Il suo impiego è consentito anche nell'adulto a partire dall'età di 50 anni. L'indicazione del vaccino 13
valente della Pfizer consiste nell'immunizzazione attiva per la prevenzione delle malattie invasive, polmonite e
otite media acuta da S. pneumoniae nei giovani e della malattia pneumococcica a partire dai cinquant'anni.
La decisione della Commissione Europea di approvare l'estensione dell'indicazione è stata presa sulla base
dei risultati di uno studio clinico in aperto, di fase 3, nel quale Prevenar 13 è stato somministrato a 592
bambini e adolescenti sani.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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brevi MEDICINA AMBULATORIO
23/02/2013
Corriere Medico - N.23 - dic/gen 2013
Pag. 15
(diffusione:37939, tiratura:38635)
Malattie rare in età pediatrica, si diffonde la possibilità di curare i pazienti
a domicilio
Dopo Gaucher e Fabry ora si può fare per la sindrome di Hunter
BUONE NOTIZIE per i piccoli affetti da malattie rare: anche i pazienti con sindrome di Hunter potranno
ricevere a casa la loro terapia enzimatica infusionale. Questo grazie al programma di terapia domiciliare
hunter@home, sostenuto da Shire, che si aggiunge ad analoghe iniziative a supporto di altre due Malattie da
accumulo lisosomiale: fabry@home, per i pazienti con malattia di Fabry e gaucher@home per quelli colpiti
dalla malattia di Gaucher. Il programma hunter@home supporta 30 centri ospedalieri ed è eseguibile in 11
regioni d'Italia, prevalentemente ne! Centro-Sud. La Sindrome di Hunter, detta anche Mucopolisaccaridosi II
(MPS II) è caratterizzata da un enzima cellulare difettoso o mancante che purtroppo colpisce i bambini
intorno ai due anni d'età, proprio quando iniziano a crescere, costringendoli a una irreversibile regressione e
a complicanze sempre più invalidanti. La terapia, disponibile dal 2006, si basa su idursulfasi (Elaprase®), una
copia dell'enzima mancante realizzato con una sofisticata tecnologia del DNA ricombinante. Per quanto
riguarda, invece, la malattia di Gaucher si è resa disponibile l'applicazione Gaucher.App, realizzata da
Genzyme. Si tratta di un diario elettronico in grado di segnalare in modo veloce e intuitivo esami, infusioni e
visite mediche, permettendo una più semplice gestione della malattia. L'applicazione si scarica gratuitamente
dall'Apple store.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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MEDICINA AMBULATORIO
25/02/2013
Prima Pagina
Pag. 11
CARPI rontofar maco", è questo il nome del servizio, messo a punto grazie alla collaborazione tra Croce
Rossa, Federfarma e Comune di Carpi, che permette di garantire la consegna dei farmaci a domicilio e
l'assistenza in alcune piccole pratiche burocratiche come ad esempio la prenotazione di un esame. L'accordo
è rivolto a tutte quelle persone, anziani, ammalati o momentaneamente impossibilitati a lasciare l'abi tazione,
che non sono in grado di recarsi autonomamente in farmacia per l'acquisto di un farmaco, o la prenotazione
di un esame specialistico. Su richiesta dei cittadini, gli operatori delle Croce Rossa si faranno carico di queste
commissioni, recandosi presso le abitazioni per ritirare la documentazione necessaria, con la quale poi
presentarsi in farmacia e svolgere l'operazione richiesta. L'iniziativa è stata presentata l'altra mattina alla
presenza d el l 'assessore alle Politiche sociali e sanitarie del Comune di Carpi Alberto Bellelli, il presidente di
Federfarma Modena Silvana Casale e il presidente del Comitato di Carpi della Croce Rossa Italiana Massimo
Re, e sarà operativa a partire dal primo marzo. « L'assistenza sanitaria ai cittadini è da sempre un aspetto
molto importante del nostro lavoro, che va ben oltre la semplice distribuzione di medicinali - spiega Silvana
Casale, presidente di Federfarma Modena - Siamo felici di poter dare il nostro contributo a questo progetto, il
diritto alla salute è un aspetto fondamentale».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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Distribuzione medicinali porta a porta, è nato il servizio "Prontofarmaco"
22/02/2013
Nuovo - N.8 - 28 febbraio 2013
Pag. 112
ATTENTA A CIO CHE MANGI, PUOI ALTERARE L'EFFETTO DEI FARMACI,
E RISCHI ANCHE REAZIONI PERICOLOSE
Paola Scaccabarozzi Milano, febbraio
Quasi mai queste informazioni si leggono nelle istruzioni del farmaco. Però di certo l'alimentazione può
interferire con l'efficacia delle cure che seguiamo. Molti cibi alterano l'azione di centinaia di medicinali. Non è
sufficiente quindi chiedere al medico di famiglia la posologia del farmaco, cioè la quantità da assumere e le
modalità. Bisogna pure sapere che cosa non mangiare. E un'informazione importante per tutti; soprattutto per
gli over 50 che, consumando di solito più farmaci, sono maggiormente a rischio. L'agrume che mette ko 85
farmaci • NO AL POMPELMO Secondo uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Canadian
Medicai Assocìation Journal, il pompelmo interagisce con ben 85 farmaci (chemioterapici; antibiotici; per la
pressione, il colesterolo e il cuore). Tra questi, sono 43 i medicinali che possono dare reazioni pericolose:
dall'insufficienza renale o respiratoria al sanguinamento gastrointestinale, dalla tossicità su reni e midollo
osseo fino, addirittura, alla morte improvvisa. La causa va ricercata nelle furanocumarine, enzimi contenuti
nel frutto, capaci di moltiplicare l'effetto dei farmaci, sottoponendoci così a una "overdose" di quello che
stiamo assumendo. Per avere problemi non serve bere un litro di spremuta né farlo in contemporanea con
l'assunzione della medicina. Per esempio, nel caso della simvastatina (usata per ridurre il colesterolo) è
sufficiente un bicchiere per tre giorni, bevuto anche diverse ore prima, per incrementare del 330 per cento la
concentrazione di farmaco nel sangue. Il fegato può filtrare uova e antibiotici • ATTENTI A LATTE E CARNE
Dalle ultime ricerche è emerso che, sotto antibiotici, bisogna evitare latticini, carne rossa e spinaci. Sono tutti
alimenti ad alto contenuto di calcio e ferro, sostanze che inibiscono l'efficacia del farmaco, rendendolo più
debole. Sì, invece, all'assunzione di legumi, frutta, pomodori e broccoli. • UOVA, UN MITO DA SFATARE
«Contrariamente a quanto si crede, le uova non creano alcun problema di interazione con l'antibiotico»,
spiega il professor Walter Ricciardi, direttore del Dipartimento di Sanità pubblica e dirigente medico
responsabile della struttura complessa di Igiene ospedaliera del Policlinico Gemelli di Roma. «La credenza
nasce dal fatto che le uova, come questi farmaci, sono metabolizzate dal fegato. Quindi si pensa che, se
vengono assunti assieme, possano affaticare questo organo. In realtà, il fegato ha proprio tale compito.
Quindi solo in rari casi si hanno disturbi. Anticoagulanti: no alla vitamina K • L'INSOSPETTABILE ANANAS Di
solito, durante l'assunzione di antibiotici, i medici consigliano di integrare vitamine e fermenti che il medicinale
riduce. Spesso accade, quindi, che si assumano succhi di frutta; tra questi, uno dei più consumati è quello
all'ananas. Eppure fa male perché contiene la bromelina, sostanza che aumenta l'assorbimento degli
antibiotici. • OCCHIO Al CAVOLI Se stiamo assumendo anticoati (i medicinali usati per rendere il sangue più
fluido) non dobbiamo mangiare lattuga, cavolfiore, broccoli, verdura verde in genere e fegato: perché sono
ricchi di vitamina K, capace di ridurre drasticamente l'effetto del farmaco. • POCO SALE CON IL
CORTISONE Infine, quando siamo sotto terapia cortisonica, se prendiamo psicofarmaci o insulina dobbiamo
limitare al massimo il consumo di tutti gli alimenti ricchi di sale: aumentano ulteriormente la ritenzione idrica
già indotta da questi medicinali. Dunque, no a insaccati, formaggi stagionati e piatti pronti. Mettete invece in
tavola tanta frutta e verdura. •
Prima di assumere un farmaco è importante leggere il cosiddetto "bugiardino", cioè le istruzioni allegate, per
apprendere controindicazioni e dosaggio. In più bisogna conoscere i cibi che ne alterano l'efficacia. Il
pompelmo, per esempio, interferisce con molti principi attivi, i latticini con gli antibiotici, il cavolo con gli
anticoagulanti.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 25/02/2013
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SALUTE I più esposti sono gli ultra cinquantenni: assumono moite medicine. Chi le consuma con cibi errati
rischia gravi patologie, come l'insufficienza renaie