i tessuti - Trekkinando

Transcript

i tessuti - Trekkinando
I TESSUTI
La tradizione della lavorazione della lana in Casentino è testimoniata sin dalle epoche
etrusca e romana.
Gli abitanti del castello del Palagio Fiorentino di Stia pagavano già nel Trecento le tasse
ai fiorentini con panni di lana orbace, tessuta per i padri del vicino Eremo di Camaldoli,
e lana del Casentino. Dal secolo successivo con la stessa lana furono rivestiti anche i
frati della Verna ed i primi abiti realizzati non a caso erano piuttosto simili, per forma e
per colori ("fratino", "bigio" e "topo"), al saio dei francescani.
Nella seconda metà dell'Ottocento il lanificio di Stia, sfruttando la proverbiale resistenza
all'usura del panno casentino, produsse e commercializzò a Firenze, a partire dal 1890,
delle "mantelline per cavalcature", destinate alla copertura degli animali da traino.
L'allume di Rocca usato come mordenzante unito, per inesperienza, a dei coloranti
chimici non proprio azzeccati, dette luogo ad un panno resistentissimo dal colore
singolare rosso aranciato. Di lì a poco i barrocciai si cucirono i propri abiti, riciclando le
mantelline dei loro animali. Il caratteristico colore piacque molto alle signore di Firenze
tanto che il lanificio di Stia, per soddisfare le nuove esigenze di mercato, affiancò il
nuovo colore rosso aranciato al verde tradizionale. Apprezzato da personaggi illustri
come il barone Bettino Ricasoli, Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini, l'abito in panno
casentino veniva confezionato a doppio petto, con martingala e collo di volpe, simbolo
di eleganza e raffinatezza, perfetto per andare a caccia o montare a cavallo.
Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento la tradizione tessile casentinese si
sviluppa a livello industriale, con i lanifici di Stia e di Soci (Bibbiena): l'economia dei due
paesi si è legata da allora in maniera indissolubile all'attività laniera. Nel 1878 Stia
contava circa 500 operai, Soci 309 nel 1909.
IL PANNO CASENTINO
Il panno casentino è un tradizionale tessuto di lana.
Il tessuto viene follato (infeltrito) per renderlo impermeabile e garzato per ottenere un
lato peloso.
Il "panno grosso", ricavato dalla tosatura delle pecore della valle, era apprezzato per
l'alta resistenza all'usura e alle intemperie ed era adatto alle necessità di chi doveva
vivere in viaggio o trascorrere fuori, all'aperto, buona parte della giornata.
Sembra inoltre che il suo aspetto esteriore, con il pelo irregolare ed una rifinitura
sommaria, fosse stato dettato dai governanti toscani. Il ricciolo, che contraddistingue gli
abiti in panno casentino, costituisce un funzionale doppio strato, antifreddo e
antipioggia, e veniva inizialmente ottenuto con un finissaggio particolare, con la
garzatura, che estraeva il pelo, e in seguito con la rattinatura. Sfregando la lana con
pietra si otteneva il ricciolo, mentre oggi per produrlo sono usati macchinari
(rattinatrice). Le proprietà del tessuto garantiscono anche il perfetto isolamento
termico, oltre alla traspirazione dei vapori propri del corpo umano.
La garzatura è un'operazione che fa parte del processo di finissaggio dei tessuti: consiste
nel sollevare le fibre dei fili di un tessuto, per renderlo morbido e soffice. Cambia la
mano conferendo un aspetto peloso e vellutato alla superficie, nasconde l'intreccio della
trama e dell'ordito e, aumentando la quantità di aria trattenuta, aumenta le proprietà di
isolamento termico del tessuto.
IL CARDO DEI LANAIOLI.
Un tempo la garzatura veniva effettuata
con i fiori secchi del cardo dei lanaioli o
con pelli irte di aculei del porcospino.
I fiori del cardo, ricchi di spine, venivano
colti secchi, uniti in modo che in un
mazzetto i fiori fossero vicini e disposti in
file parallele, andando a costruire un
specie di spazzola che strusciata sulla
superficie della stoffa tirasse fuori il
pelo.
A queste rudimentali spazzole (garzi)
sono seguite quelle con dentini in
metallo. A tuttoggi i cardi vegetali sono
utilizzati per la lavorazione di fibre
pregiate, come in cashmere, in quanto
conferiscono aspetti differenti dai cardi
metallici. In ambiente laniero la garza
vegetale viene spesso chiamata
guernissaggio.