Lezione 28 - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione

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Lezione 28 - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione
Corso di laurea in Scienze dell’Educazione
A. A. 2011 / 2012
Istituzioni di Linguistica (M-Z)
Dr. Giorgio Francesco Arcodia
([email protected])
1. Linguaggio umano e lingue dei segni: genesi e apprendimento
XVIII-XIX sec.: interesse da parte di alcuni filosofi (Vico, Locke, Condillac, Diderot) per le
lingue dei segni → importanza dei codici visivo-gestuali per capire il funzionamento e lo
sviluppo del linguaggio e delle lingue storico-naturali
→ segni come oggetto d'indagine per cogliere la natura del rapporto tra pensiero ed espressione
→ codice visivo-gestuale come possibile modello per una lingua universale
→ dopo il congresso di Milano del 1880 si spegne l'interesse dei linguisti per le lingue dei segni
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Gordon Hewes, "Primate communication and the gestual origin of language" (1973):
La nascita del linguaggio non è necessariamente contemporanea a quella dell'espressione verbale
→ ipotesi: prima di avere i requisiti anatomici e neurofisiologici per la produzione verbale,
ominidi anteriori allo Homo sapiens utilizzavano una forma di comunicazione segnata, di
complessità paragonabile alle lingue verbali
→ capacità di espressione orale come raffinamento della facoltà umana del linguaggio; prima
l'articolazione vocale si è affiancata ai gesti, poi la componente vocale è diventata dominante
(Kendon, A., 2002, Historical observations on the relationship between research on sign language and language origins
theory, in Armstrong, D., Karchmer, M., Van Cleeve, J. (eds.) The study of sign language. Essays in honour of William C.
Stokoe, Washington D.C., Gallaudet University Press)
→ cfr. Corballis, M. C., 2002, From hand to mouth. The origins of language. Princeton,
Princeton University Press
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"When people talk, they gesture and those gestures often convey ideas not found in the talk. (...)
Because gestures are produced along with speech and thus in the service of communication, they
take on the intentionality of speech (although they rarely come under conscious control). But
gestures are not part of a codified system – their forms and meanings are constructed in an ad hoc
fashion in the context of the speech they accompany. It is precisely because gestures are produced
as part of an intentional communicative act and are constructed at the moment of speaking that
they are of interest to us. They are communicative acts that are free to take on forms that speech
cannot assume (...)"
(Goldwin-Meadow, S., 2009, From gesture to Word, in Bavin, E. L. (ed.), The Cambridge Handbook of Child Language,
Cambridge, Cambridge University Press"
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Elementi gestuali e lingue verbali: l'esperimento di McNeill (1992)
Narrazione videoregistrata di una storia del gatto Silvestro, riproduzione da parte del soggetto
sperimentale della sequenza
Narratore: "and he came out the pipe" → gesto di 'rimbalzo', su e giù
Riproduzione: "and the cat bounces out the pipe"
→ il soggetto associa l'espressione verbale al gesto che ha visto nella registrazione
→ rapporto inscindibile tra linguaggio verbale e componenti prossemiche, gesti come elementi
del sistema lingua
→ necessità di instaurare relazioni di 'mappatura' cognitiva tra entità linguistiche e entità dello
spazio reale
(Liddell, Scott K., 2003, Grammar, Gesture and Meaning in American Sign Language, Cambridge, Cambridge University
Press)
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Osservazioni sulle basi neurofisiologiche del linguaggio verbale e segnato
(1) Le aree del cervello coinvolte nella produzione linguistica orale sono utilizzate anche nella
comunicazione segnata (es. 'area di Broca'; cfr. Gentilucci et al. 2006)
(http://www.psico.univ.trieste.it/~bernardi/GBCDV06.pdf)
(2) I 'neuroni specchio' presenti nei primati sono attivati nei compiti di manipolazione di oggetti,
negli umani corrispondono all'area di Broca (specializzata per il linguaggio) e nell'imitazione
→ l'attivazione dei neuroni specchio nello svolgimento, nell'osservazione e nella riproduzione di
compiti manipolativi favorisce l'uso di questi schemi d'azione come modello per la
comunicazione (cfr. gli elementi iconici delle lingue dei segni)
(3) Emergere del linguaggio umano connesso con la comunicazione gestuale fondata sulla
manipolazione di oggetti
→ studio sperimentale di Schippers et al. (2010): un soggetto prova a comunicare a gesti con
l'altro; la risonanza magnetica funzionale mostra che il sistema dei neuroni specchio
nell'osservatore viene attivato parallelamente a quello del sistema motorio del soggetto
comunicatore
(http://www.bcn-nic.nl/txt/people/publications/2010_SchippersKeysers_PNAS.pdf)
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Gesti e acquisizione linguistica
Primi mesi di vita: il bambino mette in atto comportamenti gestuali e vocali non intenzionali con
cui comunica con gli adulti; i primi segni spesso non sono accompagnati da alcun suono
→ l'associazione da parte degli adulti di determinati significati ai comportamenti dei bambini
pone le basi per la convenzionalizzazione dei segnali comunicativi
Sviluppo della gestualità: 8-12 mesi di età → i segni sono inizialmente più comprensibili delle
componenti vocali per gli adulti
→ repertorio di gesti: apertura e chiusura del palmo (richiesta), mostrare, dare (attirare
l'attenzione dell'adulto), indicare senza contatto → atti linguistici
→ gesti performativi (o deittici, referente recuperato dal contesto)
→ il gesto può essere più 'economico' per il bambino (→ più facile indicare un oggetto / evento
che articolare vocalmente la parola corrispondente)
→ gesti spesso accompagnati da vocalizzazioni non verbali e, in seguito, da approssimazioni del
linguaggio degli adulti
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12 mesi di età (circa): sviluppo di gesti referenziali (rappresentativi, simbolici)
→ ballare (accompagnato da vocalizzazioni), dormire, telefonare, guidare (accompagnati da
parole dell'area semantica relativa)
→ questi gesti si riferiscono / rappresentano oggetti o eventi; derivano da azioni che il bambino
compie nel mondo reale, ma sono usati come strumenti della comunicazione e pertatnto sono
legati alla dimensione interazionale
Gesti convenzionali: no, ciao, più (= 'non c'è più / non ci sono più')
→ segni 'costruiti' nello scambio comunicativo con gli adulti, usati indipendentemente dal
contesto
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Evoluzione in senso simbolico dei gesti: l'uso dei segni 'liberi' dal contesto
Es.: il gesto di guidare e/o la produzione di brum brum o di (approssimazioni di) auto viene usato
dal bambino per esprimere il desiderio di andare in macchina, o per comunicare che qualcuno si è
allontanato con la macchina, etc.
"Si può parlare di atto simbolico solo quando la convenzione, gestuale o vocale che sia, viene
usata per conoscere ed evocare un dato referente ed è presente in colui che se ne serve una forma
di consapevolezza che il simbolo non è la stessa cosa del referente"
(Russo Cardona, T., Volterra, V., 2007, Le lingue dei segni. Storia e semiotica. Roma, Carocci)
→ i gesti di tipo simbolico compaiono normalmente prima del linguaggio verbale usato in
maniera simbolica
(Goldwin-Meadow, S., 2009, From gesture to Word, in Bavin, E. L. (ed.), The Cambridge Handbook of Child Language,
Cambridge, Cambridge University Press"
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9-16 mesi di età: il bambino produce più gesti che parole nella comunicazione
Prima fase (14 mesi di età): economia nel vocabolario, gesti referenziali spesso non
accompagnati da parole, parole spesso accompagnate da gesti di indicazione
Ess.:
+
mamma!!
gesto 'non c'è più' (braccia allargate e palmi rivolti verso l'alto) senza parole
→ gestione 'economica' delle due modalità, i gesti referenziali e le parole tendono a non
sovrapporsi; quando gesti e parole compaiono insieme, hanno lo stesso significato
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Espansione del repertorio linguistico verbale → sviluppo di combinazioni bimodali
→ in una prima fase, combinazione di gesto e parola / vocalizzazione riferite allo stesso oggetto
Es.:
+
ahm!!
=
'ho fame'
→ successivamente, i bambini riescono a integrare gesto e parola in un messaggio complesso:
Es.:
papà
+
=
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'papà è uscito'
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N.B.: la combinazione di gesto e parola compare prima dell'abilità di combinare parole tra di loro;
tendenzialmente, prima compaiono le combinazioni bimodali, prima compaiono le combinazioni
di due parole
→ i genitori (o gli adulti di riferimento) tendono a dare più importanza al parlato rispetto che ai
gesti; l'input nell'interazione con l'adulto favorisce lo sviluppo dell'oralità a scapito della
manualità
Espansione del vocabolario da 20 parole circa (15-16 mesi) a oltre 100 (20 mesi) → 'sorpasso'
delle parole sui gesti; tuttavia, la gestualità resta importante anche dopo questo periodo
→ Studio sperimentale di Namy & Waxman (1998): insegnamento di nuove parole e di nuovi
gesti a bambini di 18 e 26 mesi in contesto anglofono; entrambi i gruppi di bambini apprandevano
le parole, ma solo i più piccoli apprendevano i gesti → "The older children had already figured
out that words, not gestures, carry the communicative burden in their worlds"
(Goldwin-Meadow, S., 2009, From gesture to Word, in Bavin, E. L. (ed.), The Cambridge Handbook of Child Language,
Cambridge, Cambridge University Press)
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Studio sperimentale di Kelly (2001): due gruppi di bambini, 3 e 4 anni
3 stimoli diversi:
(1) solo verbale: “It’s going to get loud in here”
(2) solo gestuale (indicare la porta aperta)
(3) verbale e gestuale (1 + 2)
→ mentre i bambini di 3 anni rispondevano correttamente allo stimolo molto più facilmente nella
condizione (3); per i bambini di 4 anni, non è stata riscontrata questa discrepanza
(Goldwin-Meadow, S., 2009, From gesture to Word, in Bavin, E. L. (ed.), The Cambridge Handbook of Child Language,
Cambridge, Cambridge University Press)
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N.B.: nei bambini udenti che apprendono una lingua verbale, non è comune l'utilizzo di gesti
combinati; tuttavia, nei bambini non udenti e nei bambini udenti esposti ad una lingua segnata
(componenti di famiglie con un membro segnante) producono combinazioni di segni o gesti
rappresentativi
→ la capacità di utilizzare singoli gesti/segni o combinazioni di gesto e parola è possibile anche
senza stimoli segnati, la combinazione di gesti simbolici si realizza solo viene recepito input
linguistico in modalità segnata
→ le tappe di acquisizione dellle lingue dei segni sono analoghe a quelle per le lingue verbali (a 1
anno circa le prime parole/segni, appena prima dei due anni le prime combinazioni di due
parole/segni, negli anni successivi graduale aumento della competenza nella lingua verbale o
segnata)
→ il linguaggio umano può manifestarsi sia nella modalità acustico-vocale che in quella visivogestuale; la scelta dipenderà dal tipo di input a cui viene esposto il bambino
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2. Lingua dei segni e istruzione dei non udenti
2.1 L'Italia dal XIX secolo al secondo dopoguerra
Apprendimento domestico vs. apprendimento scolastico:
(1) Bambini udenti o sordi in famiglie con genitori non udenti, apprendimento di una forma di
lingua dei segni nella prima infanzia; se udenti, i bambini imparavano anche la lingua verbale
parlata da altri familiari udenti o da altri conoscenti, o a scuola.
(2) Bambini non udenti (3-6 anni) negli istituti per sordi; apprendimento basato sul metodo
oralista, uso dei segni ignorato o addirittura scoraggiato dagli insegnanti
→ apprendimento di una prima forma di comunuicazione segnata tramite l'interazione con i
compagni di istituto; la minoranza di bambini già segnanti aveva un impatto emotivo ridotto
rispetto ai bambini non educati alla comunicazione segnata
→ l'apprendimento di una lingua dei segni permetteva verosimilmente l'apprendimento dellla
lingua italiana, soprattutto scritta, letta sulle labbra e parlata (con scarsi risultati)
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Istituto Statale per Sordi di Roma
(http://www.issr.it/ISSR.html)
Anni '80 del XVIII secolo: abate Tommaso Silvestri si reca in Francia per studiare il metodo di
Charles-Michel de l'Épée; fondazione di un istituto pontificio (in seguito, regio istituto) per
l'educazione dei bambini sordi
1889: collocazione nella sede attuale (via Nomentana)
→ passaggio dal metodo bilingue di de l'Épée al metodo oralista (in seguito al congresso di
Milano); sopravvivenza di forme di comunicazione segnata tra gli alunni (fuori dalla classe)
→ ruolo di 'maestri' di comunicazione segnata dei bambini nati in famiglie segnanti; utilizzo
strumentale dei segni anche da parte degli adulti 'oralisti'
Bassissima standardizzazione: differenze nella lingua usata da maschi e femmine (separati nel
contesto scolastico), lingue diverse tra l'istituto di via Nomentana e quello di Monteverde
→ combinazione di istruzione linguistica e professionale (calzoleria, sartoria, ricamo, etc.)
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Repertorio linguistico dei non udenti scolarizzati
Lingua dei segni (contesto familiare, circoli / associazioni per sordi)
Lingua italiana → competenza variabile
→ tendenza dei non udenti a restare nella città dove hanno frequentato la scuola (Roma, Milano
Napoli)
→ importanza della comunità segnante
N.B.: la lingua dei segni non veniva inizialmente percepita come 'lingua', ma piuttosto come
pantomima
sordi non scolarizzati: generalmente di famiglia benestante, istruiti da tutori privati, piuttosto
isolati dai coetanei (segnanti e talvolta anche udenti); formazione spontanea di sistemi di home
signs (non 'evoluti' come una vera e propria lingua dei segni)
→ frequentemente, contatto con una forma di comunicazione segnata nell'adolescenza o nell'età
adulta → problema dell'età, problema della mancanza di un sistema linguistico compiuto di
riferimento
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2.2 Dagli anni '60 ai nostri giorni
Fine degli anni '60: 'reazione' contro gli istituti speciali, primi esperimenti di inserimento di
bambini non udenti in classi speciali all'interno delle scuole ordinarie
→ maggiori contatti con bamini udenti, maggiore vicinanza con le famiglie di origine, programmi
scolastici più simili per tutti i bambini
→ importanza dell'istruzione di base 'ordinaria' per il proseguimento del percorso scolastico
→ segni sempre banditi, ma usati 'clandestinamente' dagli alunni fuori dall'aula e anche da alcuni
insegnanti
Legge 517/1977: integrazione dei bambini sordi nelle classi scolastiche ordinarie, con la presenza
di insegnanti di sostegno (numero di alunni limitato per classe)
→ forte limitazione dei contatti con altri bambini sordi, riduzione delle possibilità di
apprendimento ed utilizzo di lingue dei segni
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Modelli correnti di istruzione
Bambini non udenti in famiglie con genitori (uno o entrambi) sordi: apprendimento precoce della
lingua dei segni
→ maggiore consapevolezza dell'importanza dell'apprendimento della lingua dei segni da parte
dei genitori
→ attenzione anche verso l'acquisizione precoce dell'italiano (lettura labiale, articolazione orale)
→ utilizzo di protesi, di impianti cocleari, logopedia segnata o bimodale
→ alcune famiglie rimandano l'istruzione esplicita all'inizio della scuola
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Bambini sordi figli di genitori udenti (90-95%): tendenza dei centri diagnostici ad indirizzare le
famiglie verso gli impianti, scarsa attenzione per la dimensione del counseling e per la
comunicazione segnata
→ possibilità di escludere il bambino dall'apprendimento della lingua dei segni
Poche famiglie entrano in contatto con la comunità sorda e con la comunicazione segnata
→ richiesta di educatori sordi in contesto domestico e scolastico, interesse dei familiari per
l'apprendimento della LIS
Riabilitazione dei bambini che hanno protesi o impianto con il metodo bimodale, apprendimento
sia della LIS che dell'italiano
→ metodo bimodale (dagli anni '80): utilizzo dell'italiano parlato accompagnato da segni per le
parole 'piene' (Italiano Segnato, ≠ LIS) e dalla dattilologia per le parole 'vuote' e i morfemi
grammaticali legati (Italiano Segnato Esatto, ISE); modello dominante nell'educazione bilingue
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Legge 104/1992: ogni famiglia può richiedere un assistente segnante in LIS in contesto scolastico
e prescolastico (educatori sordi o assistenti alla comunicazione udenti)
→ nell'istruzione universitaria, i singoli studenti scelgono se richiedere un interprete di LIS
→ solo alcune scuole in Italia adottano programmaticamente un modello bilingue italiano-LIS
che interessi sia gli alunni sordi che gli udenti
Istituto di via Nomentana: scuola per sordi aperta anche agli udenti
Scuola di Cossato (BI): istituto ordinario aperto anche ai sordi
→ enfasi sulla separazione dei codici: gli insegnanti udenti usano l'italiano, gli insegnanti sordi la
LIS; bilanciamento dell'input complessivo nei due sistemi
Contatto precoce dei bambini sordi con l'italiano scritto tramite la lingua dei segni e la dattilologia
(lettura di favole e racconti) già in età prescolare (3-7 anni); i bambini non udenti possono
migliorare l'italiano parlato tramite l'apprendimento precoce della lingua scritta
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