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n° 377 - ottobre 2016 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori I-20089 Rozzano (Milan, Italy) www.fondazione-menarini.it Cinque secoli per la furia di Orlando Olifante detto “Corno d’Orlando” Tolosa, Musée Paul-Dupuy Ferrara celebra con una serie di iniziative il quinto centenario dalla pubblicazione del capolavoro di Ludovico Ariosto Giorgione: Ritratto di guerriero con scudiero detto “Il Gattamelata” Firenze, Galleria degli Uffizi «Come a ogni poeta, la fortuna o il destino gli die’ una sorte rara: andava per le strade di Ferrara e al tempo stesso andava per la luna» (Jorge Luis Borges, Ariosto e gli Arabi, in L’Artefice) Il 22 aprile 1516, in un’officina tipografica ferrarese si completava la stampa dell’Orlando Furioso, opera simbolo del Rinascimento italiano. Nel quinto centenario dalla sua pubblicazione, Ferrara celebra il poema con un’esposizione dal taglio originale, aperta presso il Palazzo dei Diamanti dal 24 settembre all’8 gennaio 2017: Orlando Furioso 500 Anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, riunisce dipinti, sculture, arazzi, libri, manoscritti miniati, strumenti musicali, ceramiche invetriate, armi e rari manufatti, nell’intento di ricostruire l’universo di immagini che popolavano la mente di Ludovico Ariosto mentre dava vita a episodi e personaggi che componevano lo strardinario e complesso affresco dell’Orlando Furioso. «O città bene avventurosa... / ...la gloria tua salirà tanto, / ch’avria di tutta Italia, il pregio e ‘l vanto». Così, tra le pagine dell’Orlando Furioso, Ludovico Ariosto - uno dei più grandi interpreti della cultura di corte di inizio Cinquecento - parlava di Ferrara, dove arrivò all’età di dieci anni nel 1484 con la famiglia dalla natia Reg- gio Emilia, e dove trascorse praticamente tutta la vita. Dopo gli iniziali studi di diritto, il giovane Ludovico ottenne dal padre, il conte Niccolò, il permesso di dedicarsi alla letteratura; in una capitale della civiltà rinascimentale quale era Ferrara tra 2 Andrea Mantegna: Minerva caccia i Vizi dal Giardino delle Virtù - Parigi, Louvre Quattro e Cinquecento, Ariosto acquisì una buona educazione umanistica, ma in seguito alla morte del padre fu costretto ad abbandonare gli studi; dopo un periodo come segretario presso il cardinale Ippolito d’Este, entrò al servizio del duca Alfonso I, che gli affidò il teatro di corte. Un compito non gravoso, che gli permise di coltivare la propria vocazione poetica: nacque in questo ambito colto e raffinato uno dei capolavori immortali della letteratura mondiale: l’Orlando Furioso. Cosa vedeva dunque il poeta, chiudendo gli occhi, quando si accingeva a narrare una battaglia, un duello di cavalieri o gli esiti di un magico incantesimo? Quali opere d’arte ispirarono le visioni del poema? A queste domande hanno cercato di rispondere i curatori della mostra, individuando i temi conduttori del poema e le fonti iconografiche a cui può essersi ispirata una narrazione così complessa e ricca di vicende, che si intrecciano e sovrappongono come in un arazzo rinascimentale. Il percorso della mostra diviene in tal modo un viaggio nell’universo ariostesco, tra immagini di battaglie e tornei, cavalieri e amori, sogni e magie, seguendo il filo conduttore di opere prodotte dai più grandi artisti contemporanei di Ariosto: da Paolo Uccello ad Andrea Mantegna, da Dosso Dossi a Leonardo da Vinci, da Michelangelo a Tiziano con le loro opere fanno rivivere il favoloso mondo cavalleresco del Furioso e dei suoi pa- Tiziano: Il baccanale degli Andrii - Madrid, Museo del Prado ladini, e offrono al tempo stesso una visione dell’Italia delle corti rinascimentali in cui il libro fu concepito. Un alone di leggenda circonda l’olifante proveniente da Tolosa, del quale si favoleggia sia stato proprio il corno di Orlando che risuonò a Roncisvalle; colto in atteggiamento meditativo e trasognato, il Guerriero di Giorgione proveniente dagli Uffizi, è forse un ritratto del Gattamelata, celebre capitano di ventura del Quattrocento; il dipinto di Andromeda liberata da Perseo di Piero di Cosimo degli Uffizi, può essere visto come fonte dell’episodio di Ruggero che salva Angelica dalle spire del drago - Piero di Cosimo fu uno dei pittori più visionari del Rinascimento, le cui opere Ariosto ebbe modo di conoscere nei suoi soggiorni fiorentini; dalla scena concitata in cui Minerva caccia i vizi dal giardino delle virtù di Andrea Mantegna, che Ariosto vide nel camerino d’Isabella d’Este, il poeta può aver tratto l’ispirazione per il corteo di mostruose creature incontrato da Ruggero nel regno di Alcina. Ariosto non smise mai di rielaborare il suo poema, che fece nuovamente stampare a Ferrara con lievi ritocchi nel 1521 e successivamente, dopo una sostanziale revisione, nel 1532, pochi mesi prima di morire. Gli anni tra la prima e la terza redazione del Furioso videro radicali sconvolgimenti sulla scena politica, a cominciare dalla sconfitta di Francesco I nella battaglia di Pavia (1525), in seguito alla 3 quale le corti padane entrarono nell’orbita politica e culturale della Spagna di Carlo V; nelle arti figurative si andava intanto affermando quella che Vasari chiamerà “maniera moderna”, un linguaggio artistico di ampio respiro di cui furono i massimi rappresentanti Raffaello e Michelangelo. Ariosto ha la possibilità di confrontarsi con l’evoluzione del linguaggio pittorico vedendo di persona i dipinti di Michelangelo e Raffaello che Alfonso I d’Este, signore di Ferrara, ammira e cerca di acquisire, mentre è direttamente coinvolto nella scelta delle tematiche per le opere che artisti come Dosso o Tiziano dipingono per Alfonso; è il caso del Baccanale degli Andrii di Tiziano, uno dei capolavori del Camerino delle pitture di Alfonso, che in occasione della mostra ferrarese torna in Italia dal Museo del Prado di Madrid dopo quasi cinquecento anni dalla sua creazione. Il dipinto è a sua volta fonte di suggestione per il poeta: mentre l’idealizzata Venere di Botticelli appare ispirare la figura di Angelica descritta nel Furioso del 1516 “con bionda chioma lunga et annodata”, i versi che illustrano la sensuale figura di Olimpia nell’edizione del 1532, trovano una corrrispondenza pittorica nel morbido nudo di Arianna, disteso in primo piano nel Baccanale di Tiziano, che conclude il percorso della mostra. L’Orlando Furioso, il poema che in quaranta canti dà vita a uno straordinario affresco, palcoscenico per «le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese» di un mondo remoto e favoloso, riscosse subito un vasto successo. Tra i documenti esposti in mostra che testimoniano la vasta eco suscitata dal poema, figura una lettera nella quale già nel 1517 - dall’alto in senso orario Piero di Cosimo: Andromeda liberata da Perseo - Firenze, Galleria degli Uffizi Paolo Uccello: San Giorgio e il drago Parigi, Musée Jacquemart-André Dosso Dossi: Melissa Roma, Galleria Borghese un anno appena dopo la pubblicazione - Niccolò Machiavelli lamentava il fatto che Ariosto, in un poema «bello tutto et in di molti luoghi mirabile», avesse volontariamente dimenticato di nominarlo. Dipinta nel 1518, la Melissa di Dosso Dossi costituisce il primo esempio di rappresentazione pittorica di un personaggio dell’Orlando: Dosso, pittore di corte di Alfonso I d’Este raffigura la maga Melissa all’interno del cerchio magico, con il libro e il fuoco, strumenti usati da «Quella benigna e saggia incantatrice» per cancellare l’incantesimo con il quale Alcina aveva trasformato i cavalieri in fiori, alberi e animali. Le vicende dell’Orlando sono ambientate nell’VIII secolo e narrano la contrapposizione fra l’Impero di Carlo Magno e i Saraceni, che si erano insediati in Spagna. L’interesse di Ariosto nei confronti del mondo arabo pag. 4 è evocato da alcuni pezzi esposti in mostra, che appartengono alla stessa epoca del poema, come la spada di Boabdil, ultimo sultano di Granada sconfitto da Isabella di Castiglia, e il primo libro a caratteri arabi, stampato a Fano nel 1514. Un aspetto particolare del mondo fantastico creato da Ariosto è quello della geografia immaginaria del poema: «L’Orlando furioso è un’immensa partita a scacchi che si gioca sulla carta geografica del mondo», scrisse Calvino. Nella mostra ferrarese figura la monumentale Carta del Cantino, che appartenne alle collezioni ferraresi degli Estensi fino dal 1502; si tratta di un grande planisfero redatto dai Portoghesi agli inizi del XVI secolo che prende il nome da Alberto Cantino, l’agente del Duca di Ferrara che riuscì avventurosamente a trafugare e portare in Italia la preziosissima mappa. Vi sono illustrati anche alcuni dei luoghi citati nell’Orlando, compresi i Monti della Luna, dai quali parte l’avventura di Astolfo per recuperare il senno di Orlando. federico poletti