nella fornace - Edizioni Pei

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i n c o n t r i n CO V E R S TOR Y
NELLA FORNACE
I
l mattone, laterizio. Lo inquadro con una fotografia: argilla impastata
con sabbia e acqua, scottata al sole, cotta nei forni, con il fuoco.
Chiudo gli occhi, ed immagino che potrei essere in una modernissima
fabbrica del ventunesimo secolo, oppure in un cantiere romano dell’età
imperiale. Perchè è così, il mattone: un prodotto, una storia. La storia
delle costruzioni, della tecnica edilizia, con una profonda continuità che
lega il passato al presente, la tradizione alla tecnologia.
Nei secoli, la produzione del mattone è rimasta sempre la stessa,
tremendamente semplice, tremendamente naturale, ed esso ha trovato
e trova continue ragioni di modernità nelle differenti interpretazioni che
riceve da parte di progettisti e costruttori. Grazie a questa lunghissima
storia e a quest’eco di costruire antichi che si porta dietro, una fornace
non è e non può essere visitata come una fabbrica qualunque. No. È
molto di più. Almeno ai miei occhi, quando SanMarco Terreal mi invita
ad oltrepassare i cancelli del proprio stabilimento di Noale, appare
intrisa di romanticismo. Forse perchè sono romantico io o attratto dalla
storia per (de)formazione universitaria, però c’è davvero qualcosa di
molto romantico ed emozionale quando entro nella fornace.
NOALE (VENEZIA), GIUGNO 2011 – Nella fornace. Lo storico edificio in
laterizio, una ciminiera che svetta verso il cielo, anche se inattiva e
sopita come un vecchio vulcano stanco; l’antico forno Hoffmann, con la
volta e le pareti nere di decenni di fuliggine, ora adibito a museo; la
soffitta del forno, infiniti stampi di infinite forme che provengono da
chissà quando. Ma anche, potenti pale gommate al lavoro robo e
avanzati impianti di lavorazione dell’argilla. La fabbrica di mattoni mi si
presenta così, nello scorrere veloce di immagini che percepisco mentre
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Il fascino di un
materiale antichissimo
come il laterizio,
protagonista
dell’architettura
e del costruire di
ogni epoca, in un
viaggio all’interno
degli stabilimenti
produttivi di
SanMarco Terreal a
Noale, Venezia
FILIPPO FERRARI
mi preparo ad incontrare gli architetti
Davide Desiderio e Franco Favaro,
rispettivamente Image & Communication
Manager e Responsabile della Promozione e Sviluppo Prodotti di SanMarco.
La dialettica antico-moderno pare
impregnare ogni spazio ed ogni movimento di questo posto.
Come mi spiega Favaro, «la fornace che
ha dato il via alla storia di SanMarco è
proprio questa in cui ci troviamo: essa
prende origine da un vecchio sito
produttivo dei primissimi anni del Novecento di cui ancora oggi rimane il forno.
Nel corso del tempo, ha subito tutta una
serie di ampliamenti e modifiche, conservandone però la storia e la struttura
antica. La nascita vera e propria della
SanMarco moderna è nell’Ottanta,
quando una famiglia di quattro generazioni di fornaciai intravede in questa
fornace in via di chiusura la possibilità
non solo di continuare la produzione ma
anche di sviluppare l’impasto molle, una
produzione che a partire dalla metà degli
anni Settanta ebbe una seconda rinascita. Con la crisi energetica del 1974-
Da sinistra: Davide Desiderio,
Image & Communication
Manager di SanMarco; Franco
Favaro, Responsabile della
Promozione e Sviluppo Prodotti
di SanMarco
75 infatti – continua Favaro –
c’è stata una forte spinta
verso il rinnovamento costruttivo in aggiunta all’espansione
urbanistica con uno spostamento dalle campagne alle città. Il rialzo
della domanda di materiali industriali ha portato il laterizio verso la
produzione industrializzata di mattoni estrusi, che non hanno evidentemente le stesse caratteristiche di un materiale tradizionale ad impasto
molle. Di fronte al progressivo abbandono del laterizio a pasta molle
fatto a mano, tipico peraltro della nostra storia costruttiva, è partita la
sfida SanMarco: avviare una produzione a impasto molle
meccanizzata». Al di là delle origini, è questo dunque il
principio dell’attività della SanMarco come la conosciamo
oggi: la produzione a mano viene migliorata, rispettandola e
velocizzandola al contempo, mentre la tecnologia produttiva per questo tipo di laterizio viene studiata, importata
dall’Olanda e adattata alle argille italiane. In effetti, se l’uso
dell’argilla si era inizialmente diffuso nei paesi del Mediterraneo dopo essere stato introdotto dalla Mesopotamia, la
meccanizzazione del processo di trasformazione dell’argilla
in laterizio, nasce nei paesi del nord, dove la diversità delle
condizioni climatiche e una diversa cultura avevano portato
alla industrializzazione della produzione. Questa tecnologia
fu quindi ripresa e adattata alle caratteristiche del mercato
italiano. «Occorre sottolineare peraltro – interviene Desiderio – come questa fase sia coincisa anche con un nuovo
trend dell’architettura contemporanea. Sono gli anni in cui
Botta, Portoghesi, Rossi, Zacchiroli e Aulenti e altri grandi
architetti italiani lanciano la linea del faccia a vista. La riscoperta del
faccia a vista da parte di alcuni progettisti è nata come alternativa di
qualità rispetto a un modo di costruire urbano meno rappresentativo,
più anonimo e grossolano. Non che prima non esistesse il faccia a
vista, ma esso veniva realizzato con dell’estruso e quindi privo di
specifiche caratteristiche di durabilità, qualità e credibilità, anche in
termini rappresentativi. Diciamo che c’è stata una vera e propria
evidenziazione dell’uso del laterizio:
mentre prima veniva utilizzato perchè era
la struttura portante, con gli anni Ottanta
si inizia a costruire strutture in laterizio
che perdono valore portante ma acquisiscono valore architettonico, di involucro».
Da una parte, si può quindi affermare
che questo slancio verso il faccia a vista
nacque dal mondo della progettazione:
l’architettura riscoprì l’uso del laterizio
come elemento estetico, l’industria ne
seguì i passi. Dall’altra, è anche vero il
contrario: «Se la SanMarco in quel
momento ha risposto ad un’esigenza del
mercato e della progettazione, è impor-
tante precisare che questo non sarebbe
stato possibile se gli architetti non
avessero trovato nelle aziende una
nuova tecnologia produttiva che assicurasse qualità al materiale». Gli sviluppi
del binomio industria-progettazione,
insomma, portano a cambiamenti
significativi nel mondo delle costruzioni:
il laterizio stava diventando sempre più
pelle dell’edificio. Una sorta di ultimo
strato della costruzione che, grazie alle
sue proprietà, contribuisce al benessere
acustico e termico. Mentre di pari passo
altri materiali divengono dominanti come
elementi strutturali: il calcestruzzo, ad
esempio, ma si pensi anche all’importanza sempre maggiore del legno.
È questo il contesto in cui l’antica
fornace di Noale rinasce dapprima come
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SanMarco Laterizi, poi con il passare degli anni entrando a far parte
della multinazionale Saint Gobain e del Gruppo Terreal. Oggi, l’azienda
è tra i più importanti ed affermati produttori di elementi in laterizio per
l’architettura, in Italia e non solo: dall’originario nucleo di Noale, essa si
è espansa inaugurando un nuovo e modernissimo sito a Valenza, in
provincia di Alessandria, dove vengono prodotti elementi di copertura,
e acquisendo e rimodernando uno stabilimento a Castiglion Fiorentino,
in provincia di Arezzo.
Le due anime SanMarco e la fantasia degli architetti
Come mi spiega l’arch. Favaro, «sono due, le anime SanMarco: il
faccia a vista e gli elementi di copertura. Nel primo caso, il nostro
lavoro è trasformare l’argilla naturale selezionata in piccoli elementi
prefabbricati, ovvero i mattoni, utilizzando la tecnologia produttiva
tradizionale a stampo, per cui parliamo di mattoni a impasto molle o
“fatti a mano”. Grazie a questo sistema, che ci garantisce estrema
flessibilità, produciamo un’infinità di formati, dimensioni, spessori.
Questi elementi prefabbricati trovano impiego in pavimentazioni,
facciate, pareti, soffitti. L’altro elemento produttivo a cui diamo vita nei
nostri stabilimenti sono gli elementi per coperture: coppi e tegole. Si
tratta sempre di elementi in argilla, che subiscono un doppio passaggio
di formatura all’interno del processo industriale che consente di
ottenere degli elementi in laterizio dall’alto contenuto tecnologico.
Detta in parole povere, SanMarco produce elementi piccoli che possono essere giustapposti uno di fianco all’altro in mille modi diversi.
Proprio per questo lasciamo al progettista grande flessibilità ed i nostri
prodotti si adattano alla cifra stilistica di ogni architetto. Per un progettista, il laterizio è come se fosse una continua sfida».
Mi vengono in mente i Lego, quand’ero piccino. Come tutti, compravo
le confezioni con le costruzioni già predefinite, come l’ospedale, il
parcheggio silos, la casa di campagna, e mercanzia del genere. Solo
che poi puntualmente, dopo aver seguito le istruzioni e aver edificato
mezza città, demolivo tutto e ricostruivo a mio piacimento, giustapponendo i pezzi come volevo io... Un architetto o un ingegnere mancato?
Chissà. Ma non credo. Fatto sta che la possibilità di incastrare gli
elementi in qualsiasi modo dava spazio alla fantasia di ogni bambino
che, come me, non si accontentava dell’ordine precostituito. Mutatis
mutandis, in cantiere è un po’ la stessa faccenda, e i mattoni sono
strumenti di fantasia architettonica.
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«Da sempre – continua Favaro –
SanMarco è vicina ai progettisti. È ed è
sempre stato uno dei suoi elementi di
forza. Ogni realtà produttiva, ad esempio,
ha al suo interno un nucleo che si occupa
di ricerca. L’azienda ha poi concentrato
queste risorse in SanMarco Lab, un
laboratorio dedicato specificatamente alla
ricerca e allo sviluppo di soluzioni». Una
scelta importante, che si sta rivelando
decisiva soprattutto in un momento di
crisi del settore delle costruzioni come
l’attuale, quando ricerca e innovazione
diventano chiavi per il successo.
SanMarco Lab è nato dall’esigenza di
rispondere al veloce mutare e moltiplicarsi degli scenari decisionali che
influenzano la progettazione e l’esecuzione delle costruzioni. è l’evoluzione dal
concetto del fatto a mano su misura del
singolo mattone alla realizzazione di
sistemi su misura. Offrire quindi nuove
soluzioni per i progettisti con sistemi
costruttivi specifici di coperture, facciate
e pavimentazioni realizzati assieme a loro
nel pieno rispetto delle norme tecniche e
del risparmio energetico.
Processo di lavorazione
a mano dell’argilla
Dall’argilla al mattone. Viaggio al centro
della fornace
Lasciamo gli uffici e ci dirigiamo verso l’inizio del processo produttivo,
la parte moderna dello stabilimento di Noale. Una grossa pala sta
movimentando la materia prima, l’argilla; alle nostre spalle, un avanzato
impianto di vagliatura lavora a ritmo continuo; in lontananza, minute ed
ordinate collinette apparentemente incolte.
Favaro mi racconta passo dopo passo come avviene il processo di
produzione dei mattoni. La sua voce è scandita dal suono potente della
pala e dell’impianto, la fabbrica moderna al lavoro: «L’argilla arriva
dall’esterno. Essa può arrivare o da cave di nostra proprietà, oppure da
grandi scavi da cui abbiamo
fatto prelievi e successivamente
prove in laboratorio per verificare la compatibilità delle argille
con le nostre esigenze. Vicino
all’innesto del passante sull’A4,
verso Udine, abbiamo ad
esempio una cava da cui
estraiamo l’argilla gialla che
utilizziamo per il giallo paglierino: si tratta di un’area molto
vasta, con un piano di scavo
regionale. Una volta effettuati
gli scavi, predisponiamo le
diverse zone al fine che la
natura si riprenda questi spazi,
attraverso specifici progetti di
riqualificazione ambientale. Già
una parte della cava è stata
data in gestione alla Lipu ed è
oggi un’oasi visitabile». Dalle
cave, l’argilla viene dunque
portata presso lo stabilimento.
L’arch. Desiderio mi spiega che
le collinette che si trovano dietro di noi
sono chiamate “monti”, o “cumuli”. «Si
tratta di depositi a cielo aperto alti circa
12-14 metri. Alle spalle della fornace ci
sono circa 5 ettari di monti, diversi tra
loro e con argille di caratteristiche
differenti. Essi rimangono a riposo per
circa 2 anni, in modo che le argille si
stabilizzino. Poi, in base al programma di
produzione, l’argilla viene prelevata e
portata sotto ad un capannone semichiuso dove subisce una prelavorazione: essa viene infatti sminuzzata e
vengono formate tre miscele base:
giallo, rosato, rosso. Se ad oggi chiudessimo i cancelli della fabbrica – sottolinea Desiderio – grazie a questi monti
avremmo un’autonomia di 6-7 anni...».
Impressionante, ed è davvero curioso e
interessante vedere questi cumuli di
argilla dentro la fabbrica. Nella fornace.
Dopo essere stata prelavorata, l’argilla
viene condotta nello stabilimento e
subisce un processo di vagliatura,
laminazione e mescola. Essa viene poi
impastata con acqua e vapore per
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La mattoniera. Una macchina enorme,
dotata di duecentoventi e più stampi, che
in automatico e di continuo stampa mattoni
chiamati “tipo a mano” perchè esegue le
stesse identiche azioni dell’uomo
ottenere quell’argilla plastica che serve per lo riempimento dello
stampo. «È necessario che l’argilla abbia circa il 30% di umidità interna
– mi spiega Favaro – così che lo stampo venga riempito uniformemente.
Con questo livello di umidità, infatti, l’argilla conserva la struttura
disordinata che ha in natura e questo permette di utilizzare in cantiere
un materiale dal comportamento monolitico e anisotropo. Ciò significa
che quando andiamo ad utilizzare il nostro mattone come elemento
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strutturale, esso reagisce ad una forza
esterna con una foza uguale e contraria
in qualsiasi punto venga caricato. Con i
materiali estrusi, non è così». Di qui
l’importanza del fatto a mano e di una
lavorazione che sia eseguita tecnicamente nel modo corretto. «Nell’impasto
dunque viene messo anche un 30% di
acqua. Si tratta di un elemento fondamentale affinché l’argilla da un lato
mantenga la sua struttura lamellare
disordinata e dall’altra durante l’essiccamento si vengano a formare dei microcanuli all’interno del mattone. Questa
porosità controllata è una caratteristica
fondamentale del mattone, perchè gli
conferisce una maggiore resistenza al
gelo. Da anni, ormai, SanMarco utilizza
non solo acqua ma anche vapore, perchè
in questo modo si ha una maggiore
omogeneità strutturale e migliore distribuzione dei pori, e quindi si crea un
materiale con caratteristiche meccaniche
superiori. Nella realizzazione di materiali
faccia a vista – continua Favaro – e
quindi elementi con una forte valenza
estetica, stiamo molto attenti a limitare la
naturale presenza di inclusioni calcaree
(in quanto eliminarle del tutto è impossibile) che poi danno origine ai puntini
bianchi chiamati calcinelli. Sono dei
sassolini presenti naturalmente nell’argilla e che, se non vengono sminuzzati,
formano dei crateri dal cuore bianco. Per
questo motivo abbiamo due laminatoi,
macchine dotate di cilindri contrapposti che schiacciano l’argilla, la
sgrossano e la raffinano: tutta l’argilla subisce dunque una laminazione
a poco più di mezzo millimetro di spessore, e questo dà una garanzia di
qualità perchè limita il fenomeno dei calcinelli». Una garanzia in più, che
ben evidenzia l’attenzione dell’azienda verso i dettagli, la qualità, tanto
strutturale quanto estetica.
Dopo essere stata prelavorata, l’argilla viene dunque condotta all’interno dello stabilimento e viene vagliata, sgrossata e raffinata. Essa
viene poi portata all’impastatore dove viene aggiunta sia acqua che
vapore, fino ad arrivare alla plasticità che occorre per riempire lo
stampo nella mattoniera. Seguendo il percorso dell’argilla, quindi,
eccola lì, la mattoniera. Me la trovo davanti e si leva di fronte a me in
tutta la sua potenza. È una macchina enorme, dotata di duecentoventi e
più stampi, che in automatico e di continuo stampa mattoni chiamati
“tipo a mano” perchè esegue le stesse identiche azioni dell’uomo.
Come esce dalla mattoniera, il mattone viene definito verde perchè
contiene ancora il 30% di acqua. Da qui, esso passa all’essiccatoio,
una grande stanza dove tramite l’utilizzo di aria calda viene essiccato.
Dopo due giorni il mattone secco e privo di acqua, completamente
evaporata, esce dalla parte opposta dell’essiccatoio, e vengono formati
dei pacchi per la cottura all’interno del
forno. Nel complesso, per la produzione
di un mattone a impasto molle occorrono
almeno 5 giorni, il primo per la lavorazione dell’argilla e la formatura, 2 giorni
per l’evaporazione dell’acqua ed almeno
2 giorni per la cottura. La fase di essiccazione, come precisa Desiderio,
avviene a temperature varie: «L’esterno
è l’ultima parte del mattone che si deve
asciugare perchè, altrimenti, si forma
una sorta di crosta esterna che non
permette all’acqua di uscire, provocando
la rottura del pezzo. Il mattone è come
se dovesse sudare, e l’acqua evaporare
dall’interno: in questo modo, quando il
mattone è secco al suo interno, si
possono aprire i camini e avviare un
processo di asciugatura veloce anche
all’esterno».
SanMarco produce circa 100.000
mattoni al giorno. La mattoniera di per sé
avrebbe una capacità produttiva superiore, ma essa deve comunque rispettare
i tempi di produzione della fornace che
con la cottura in forno subisce un
rallentamento, perchè per fare mattoni di
qualità la cottura deve essere lenta e
uniforme. Tutta la produzione è tarata sui
tempi di cottura del forno. Il cuore
pulsante, il centro della fornace. Il
professor Lidenbrock e suo nipote, nel
loro Viaggio al centro della Terra, arrivarono dentro ad una grande caverna e si
trovarono di fronte un mare. Io mi trovo
di fronte ad un grande forno, ciò che più
caratterizza il mio viaggio in senso
romantico. Perchè è soprattutto lui, il
forno, il cuore della fornace, che risveglia
l’eco di costruire antichi.
L’attuale forno continuo dello stabilimento è un tunnel lungo circa 120 metri.
Un tempo, i mattoni venivano cotti nel
forno Hoffmann, il pavimento, le pareti e
le volte interamente in laterizio, oggi
annerite dal fumo e dalle fiamme. Esso si
trova nella parte vecchia della fornace,
dove si trovano gli spazi in cui tutt’ora
La parte vecchia della fornace. Sopra: il
vecchio forno Hoffmann, oggi adibito a museo. Sotto: la soffitta del forno dove vengono
conservati alcune migliaia di stampi, da quelli
odierni a quelli del passato
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I mattoni sono condotti tramite appositi carri dentro al forno, in pacchi
appositamente progettati per garantire una cottura uniforme dei singoli
mattoni
L’ingresso e l’uscita del forno
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viene lavorata l’argilla a mano e in cui
vengono conservati alcune migliaia di
stampi, da quelli odierni a quelli del
passato, proprio nella soffitta del forno.
Qui, pare davvero di aver fatto un viaggio
a ritroso... Certo il forno a tunnel evoca
meno emozioni, ma la sua funzione è la
stessa e ne mantiene il fascino.
All’uscita dall’essiccatoio, 2 giorni dopo
esservi entrati, i mattoni verdi sono secchi
ed hanno circa un 2% di umidità. Essi
sono quindi condotti tramite appositi carri
dentro al forno, in pacchi appositamente
progettati per garantire una cottura
uniforme dei singoli mattoni. Naturalmente, i mattoni non entrano nel forno uno
ad uno, ma vengono appunto creati questi
moduli di più mattoni che, una volta usciti
dal forno al termine del ciclo di cottura,
dall’altra parte del tunnel, saranno coperti
con un telo in polietilene e spediti per la
commercializzazione proprio in questa
veste. «L’ultima volta che è stato spento è
stata l’estate scorsa, durante la pausa estiva – sottolinea Favaro –. Un
mese di stop, e ne abbiamo approfittato per fare delle manutenzioni
importanti. Il costo di manutenzione di un impianto del genere è come si
può immaginare elevatissimo. Anche perchè non si possono cambiare i
componenti quando sono rotti, ma occorre farlo con un piano di manutenzione programmato e preventivo, per mantenere sempre in efficienza
l’impianto. Del resto, la manutenzione è importante per tutti gli impianti
della fornace, non solo per il forno. Lavorando con la sabbia, un elemento che abrade moltissimo, abbiamo la necessità di verificare costantemente lo stato di usura delle macchine. Per questo tutti i giorni, verso
le quattro, la produzione si ferma e si provvede poi alla pulizia del luogo
di lavoro e dei macchinari, in modo che il giorno dopo possa riprendere
nel migliore dei modi. Non solo. Esiste una specifica procedura per la
verifica della conformità del materiale, dall’analisi delle materie prime in
ingresso sino al prodotto finito e pronto per la vendita. Ad esempio,
ogni due ore – conclude Favaro –, vengono estratte due tavolette dalla
mattoniera e i mattoni verdi subiscono tutta una serie
di prove e test, uno della lunga sequenza di controlli
interni che verranno poi verificati da enti certificatori
esterni, permettendoci la certificazione di qualità del
processo produttivo».
In tutti e tre i siti produttivi esiste una parte dell’azienda specificatamente dedicata a laboratorio, dove
esperti e chimici effettuano test, prove, analisi,
esperimenti. A testimoniare l’attenzione di SanMarco
per la qualità e la costante spinta verso la ricerca e
l’innovazione.
Cito l’arch. Giancarlo De Carlo, tanto caro a Desiderio: «A proposito del cotto, la prima cosa che mi viene
in mente è che è un materiale antico e moderno. [...]
La sua stupefacente singolarità, mirabile qualità, è di
La parte superiore del forno
Una volta effettuati gli scavi
presso le cave da cui viene
estratta l’argilla, SanMarco
predispone le diverse zone al
fine che la natura si riprenda
questi spazi, attraverso specifici progetti di riqualificazione
ambientale
essere stato moderno in ciascuna delle
epoche che ha attraversato, conservando il fascino di essere antico».
Nella fornace, ho visto con occhi e
toccato con mano che non sono solo
parole. Ma realtà e, per me che ho avuto
il privilegio di compiere questo viaggio
all’interno della fabbrica di mattoni, d’ora
in avanti ricordi. Ne conservo uno sulla
scrivania, in ufficio: di mattoni, di ricordi.
Sotto forma di appunti di viaggio, ho
condiviso i miei ricordi e ciò che ho visto
in questo reportage, pensando di farvi
percepire, almeno un pochino, la stessa
vivida realtà. Se il laterizio viene dal
passato ed è e sarà per il futuro, nelle
parole di Desiderio, «materia del linguaggio architettonico», è anche grazie ad
aziende come SanMarco che ne sanno
plasmare la forma, modificare e migliorare le prestazioni rendendolo sempre attuale.
Antichissimo, moderno. Perchè occorrono sì argilla, acqua, aria, fuoco.
Occorre la natura, la stessa o quasi da
secoli. Ma il mattone è là, che nasce.
Nella fornace. n
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